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Indice Introduzione Pag 2 Capitolo I : La famiglia nell’Islam Pag 4 1.1 I rapporti tra uomo e donna nel Pag 4 1.2 Il matrimonio Pag 5 1.3 La poligamia Pag 7 1.4 Il ripudio Pag 8 Capitolo II : Il nuovo e il vecchio Pag 10 2.1 Il vecchio Codice Pag 10 2.2 La riforma del 1993 Pag 11 2.3 Il Codice dopo la riforma del Pag 12 2.4 I principali cambiamenti Pag 13 2.5 Il percorso che ha portato alla Pag 18 Capitolo III : I limiti e il Pag 22 3.1 I limiti del Codice Pag 22 3.2 Il matrimonio dei minori Pag 24 3.3 Come i marocchini hanno accolto Pag 25 3.4 Le voci degli intellettuali Pag 26 3.5 Gli effetti del Codice quattro Pag 29 3.6 I marocchini presenti in Italia Pag 30 Bibliografia Pag 32

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Il nuovo Codice di famiglia del Marocco

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Indice

Introduzione Pag 2

Capitolo I : La famiglia nell’Islam Pag 4

1.1 I rapporti tra uomo e donna nel Corano Pag 4

1.2 Il matrimonio Pag 5

1.3 La poligamia Pag 7

1.4 Il ripudio Pag 8

Capitolo II : Il nuovo e il vecchio Codice Pag 10

2.1 Il vecchio Codice Pag 10

2.2 La riforma del 1993 Pag 11

2.3 Il Codice dopo la riforma del 2004 Pag 12

2.4 I principali cambiamenti Pag 13

2.5 Il percorso che ha portato alla riforma Pag 18

Capitolo III : I limiti e il dibattito sul Codice Pag 22

3.1 I limiti del Codice Pag 22

3.2 Il matrimonio dei minori Pag 24

3.3 Come i marocchini hanno accolto la riforma Pag 25

3.4 Le voci degli intellettuali Pag 26

3.5 Gli effetti del Codice quattro anni dopo Pag 29

3.6 I marocchini presenti in Italia Pag 30

Bibliografia Pag 32

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Introduzione

Il 5 febbraio 2004 è entrato in vigore il nuovo Codice di famiglia del Marocco, denominato Mudawwana.Nonostante questa riforma, che rappresenta un importante passo avanti per i diritti delle donne, la strada da percorrere in Marocco è ancora lunga perché la mentalità della maggioranza della popolazione (soprattutto nelle campagne), è ancora molto conservatrice e sembra cambiare molto lentamente.Le donne vivono in Marocco una doppia situazione: sono soggetti autonomi e “maggiorenni” nello spazio pubblico, ma dipendenti e “minorenni” in quello privato. Questo accade perché lo spazio pubblico si ispira ai principi della democrazia e della modernità secondo i quali le donne sono responsabili e uguali agli uomini.La costituzione marocchina, infatti, afferma l’uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzioni di genere, per quanto riguarda la cittadinanza, i diritti politici e le libertà di espressione, riunione e associazione.Al contrario, i rapporti privati si inscrivono in una concezione di ispirazione religiosa, che consacra l’ineguaglianza reale delle donne nella società e nel suo nucleo di base, la famiglia. Diverse statistiche forniscono dati particolarmente preoccupanti per quanto riguarda la condizione della donna in Marocco.Il dato più sconcertante è il tasso di analfabetismo: nel 2001 esso era il 62,8%1

sul totale della popolazione femminile sopra i 15 anni e l’82% nelle aree rurali. Nella popolazione giovanile (15-24 anni) si registra una più diffusa alfabetizzazione, ma il tasso di analfabetismo è comunque molto elevato.Per quanto riguarda l’accesso all’istruzione, esso è cresciuto a livello primario (74% delle bambine, pur con grandi differenze tra città e campagna), ma rimane molto ridotto ai livelli superiori (il 27% delle ragazze accede alla scuola secondaria, il 9% agli studi superiori).Le donne, inoltre, sono la fascia di popolazione più toccata dalla povertà, e molto spesso sono dipendenti economicamente dal marito.L’ingresso della popolazione femminile sul mercato del lavoro ha comunque subito un incremento negli ultimi anni. Alcuni settori hanno conosciuto una netta femminizzazione, in particolare l’insegnamento, il settore sanitario e la pubblica amministrazione.Le donne hanno anche avuto accesso a posti un tempo riservati agli uomini (ad esempio nell’aeronautica civile) e si registra un aumento seppur timido delle donne ingegnere o dirigente di impresa.

1 Tutti i dati statistici presenti in questa introduzione sono tratti da “ La condizione della donna nel Marocco contemporaneo” presente nel sito: http://www.pianetapossibile.it/Portals/0/Materiali/Marocco/Condizione_donna_marocco.pdf

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Tuttavia, nonostante i molti sforzi, soprattutto da parte della società civile, l’accesso al mercato del lavoro per le donne è più difficile a causa del loro debole livello di scolarizzazione e formazione, che le penalizza rispetto ai coetanei maschi, e anche per le pratiche discriminatorie nell’assunzione e nella retribuzione.Un altro dato particolarmente significativo è l’indice di fecondità che nel 1960 era di 7 figli per donna; nel 1994 si era ridotto a 3,3 per scendere ulteriormente a 2,7 nel 1998. Le ragioni alla base di tale mutamento sono diverse: la volontà sempre più diffusa tra le ragazze di proseguire gli studi, l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, l’urbanizzazione, il superamento del modello della famiglia tradizionale patriarcale e allargata a favore del modello di famiglia mononucleare, le difficoltà economiche, in particolare la disoccupazione e la penuria di alloggi.

In questa difficile situazione s’inserisce un’altra novità voluta dal sovrano Mohammed VI: le murshidāt, ovvero le guide religiose femminili. È la prima volta in un paese musulmano che ciò avviene.Nel maggio 2005, a Rabat, 50 marocchine hanno ricevuto il primo diploma post-laurea di murshidāt. Il corso di studi, che viene tenuto dall’Università di Rabat, ha come scopo quello di formare le donne sulle regole del Corano per poterle mandare in giro ad aiutare i fedeli, e per fare ciò il governo mette a disposizione di ognuna anche un motorino.Tuttavia, al contrario degli imam, che devono conoscere a memoria tutto il Corano, le murshidāt ne devono imparare solo metà.La preghiera del venerdì resta appannaggio degli imam. Ma le murshidāt, che sono assunte dallo Stato a tempo indeterminato, possono operare nelle carceri, nelle scuole, negli ospedali e nei quartieri degradati, aiutando i credenti a risolvere i loro dubbi sulle questioni religiose.Esse si occupano soprattutto delle donne a cui danno anche informazioni sulla nuova Mudawwana e sui nuovi diritti che hanno acquistato. Ma la nomina delle 50 donne come guide religiose ha anche un altro importante significato. La loro missione, come ha affermato il Ministro degli Affari Religiosi Ahmed Tawfiq, è anche quella di opporsi a chi non crede nella tradizione e nei valori di tolleranza. Un mandato “pacifista”, quindi, volto a contrastare il diffondersi dei movimenti islamici più estremi.

Lo studio del nuovo Codice di famiglia del Marocco è stato un lavoro molto interessante che mi ha permesso di conoscere la situazione in cui si trovano le donne marocchine. La strada è ancora lunga, ma gli studi che ho condotto mi fanno pensare che le donne marocchine, con la grande determinazione che hanno dimostrato, riusciranno a ottenere nuovi diritti.

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Capitolo I La famiglia nell’Islam

1.1 I rapporti tra uomo e donna nel Corano

I sostenitori dell’Islam sottolineano spesso, che il Corano1 ha avuto un ruolo innovativo per quanto riguarda i rapporti tra uomo e donna.Storicamente, si può dire che grazie a Maometto la situazione delle donne in Arabia migliorò molto: prima della sua predicazione, sia fra i nomadi e sia nei villaggi, dominava un modello patriarcale a discendenza maschile che dava all’uomo il possesso esclusivo della donna.Alcune sure meccane2 del Corano ribadiscono, che all’epoca della ğāhiliyya (ovvero dell’ignoranza precedente la Rivelazione), l’infanticidio femminile e l’abbandono delle vedove e degli orfani erano molto diffusi.Oltre a stabilire che fosse rispettato il pudore femminile, il Corano diede alle donne alcuni diritti: le autorizzò ad avere proprietà a proprio nome, le liberò dall’obbligo di contribuire con i loro beni al sostentamento della famiglia, e in caso di ripudio veniva loro lasciato il donativo nuziale.Tuttavia, nel Corano ci sono dei riferimenti a un’esplicita sottomissione della donna all’uomo, per esempio: «Le vostre donne sono come un campo per voi, venite dunque al campo a vostro piacere, ma premettete qualche atto pio, utile a voi, e temete Iddio…»3.O ancora il versetto: «Esse agiscano con i mariti come i mariti agiscono con loro, con gentilezza; tuttavia gli uomini sono un gradino più in alto..»4 Inoltre, alcuni versetti sanciscono l’inferiorità giuridica della donna, ad esempio, nel diritto di successione, la parte di eredità destinata alla sorella rappresenta la metà di quella del fratello.Ci sono però, anche degli obblighi verso la moglie :«O voi che credete ! Non vi è lecito ereditare mogli contro la loro volontà, né di impedire loro di rimaritarsi allo scopo di riprendervi parte di quel che avete loro dato, a meno che non abbiano commesso infamia provata, trattatele comunque con gentilezza, che, se le trattate con disprezzo, può darsi che voi disprezziate cosa in cui Dio ha invece posto un bene grande».5

Nel Corano, si trova dunque un insieme di posizioni diverse, da quelle più conservatrici, a quelle più attente a stabilire la reciprocità dei ruoli, mentre

1 Il Corano, il testo sacro dell’Islam, è composto da 114 capitoli, detti sure, di diversa ampiezza. Nelle citazioni il primo numero indica la sura, il secondo il versetto.2 A seconda dell’epoca della Rivelazione, il Corano si divide in sure meccane e sure medinesi, rivelate rispettivamente prima del 622 e dopo il 622.3 Corano II, 223. 4 Corano II, 228.5 Corano IV, 19.

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sullo sfondo c’è l’auspicio che giustizia ed equilibrio tra i coniugi siano il cardine della loro unione.

1.2 Il matrimonio

Nell’Islam, il matrimonio è fortemente raccomandato ed è considerato un atto lodevole e meritorio.Un hadith6 attribuito a Maometto recita «L’uomo benestante che non prende moglie non appartiene a me».In arabo, l’unione matrimoniale viene indicata col termine nikāh, che letteralmente significa “accoppiamento”.Il matrimonio non è un sacramento, bensì un contratto giuridico tra uomo e donna, e si rifà alle norme della sharî‘a.7

In questo modo, si contrappone il nikāh a qualsiasi altra forma di relazione tra uomo e donna, considerata invece zinā ( ovvero “fornicazione” o “adulterio”). Perché il nikāh, sia valido secondo la sharî‘a, ci devono essere quattro condizioni indispensabili: a) la capacità giuridica delle parti; b) il consenso dei futuri coniugi; c) l’intervento del tutore (wali); d) la costituzione del donativo nuziale a vantaggio esclusivo della futura sposa (mahr).Da ciò deriva che tutto il resto, (la recita di alcune sure, le cerimonie, le feste nuziali, il corredo) non è previsto dalla sharî‘a, ma fa parte dei rituali tradizionali.Queste cerimonie sono comunque molto importanti dal punto di vista sociale, perché servono ad assicurare la pubblicità dell’atto, così da distinguerlo dalla zinā.In questo modo si spiega perché alcune scuole giuridiche richiedono la presenza di due testimoni, come un modo con cui la comunità controlla la presenza delle quattro condizioni indispensabili.Queste cerimonie, del resto, sono importanti perché rappresentano un rituale antropologico di passaggio in cui si intrecciano norme di origine divina, simbolismi religiosi e usanze sociali.La religione musulmana, quindi, glorifica l’istituzione del matrimonio, mentre la tradizione lo considera l’istituzione sociale più importante. Esso è considerato come l’unico destino per la donna, come una finalità da raggiungere.Nella società del Marocco, è la madre o la katba (una donna anziana o una vedova del paese) che cerca una sposa o uno sposo.I due sposi, non devono necessariamente conoscersi se non durante la notte di nozze. Questo patto sociale, in alcuni casi, è stabilito durante l’infanzia della donna, tra i padri dei futuri coniugi.

6 6 Ovvero i detti e fatti di Maometto, che raccolti formano la Sunna, seconda fonte del diritto (fiqh).7 7 La Legge divina.

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La futura sposa viene avvertita solo poco tempo prima la data del suo matrimonio, in quanto il padre si avvale del diritto di scegliere al suo posto.Generalmente, una domanda di matrimonio non viene rifiutata mai, perché viene percepita come un dono del cielo e nella credenza popolare, un rifiuto equivale a creare una maledizione verso le altre donne della famiglia.Nella sharî‘a non si trova alcun riferimento alla presenza di celebranti come i nostri sacerdoti. Tuttavia, in tutta la dar al-islam8, durante la celebrazione del nikāh avviene la recitazione della prima sura del Corano, la fatiha9.In alcune zone,10 quest’uso è talmente diffuso che il matrimonio viene indicato direttamente col termine “ recitare la fatiha”.Tra le quattro condizioni fondamentali per lo svolgimento del matrimonio, grande importanza viene data alla figura del tutore, ovvero il wali, che ha il compito di rendere manifesto alla controparte l’accordo della donna e di concederla al futuro sposo.Infatti, mentre lo sposo agisce in prima persona, la sposa agisce solo tramite il tutore che può essere solo maschio, e di solito è il padre o un fratello maggiore. Ciò perché alla donna, secondo l’ideologia dell’Islam, non è consentito intervenire nella vita pubblica.Fra gli esperti si discute molto se il wali abbia ha anche il diritto di imporre alla donna la propria volontà sulla scelta dello sposo. Questa ipotesi non è prevista dal Corano, ed anzi, sembra venisse condannata dal Profeta.Infatti, un episodio racconta che Maometto avesse chiesto la mano, ottenendola, al tutore di una ragazza famosa per la sua bellezza.La ragazza, però era contraria a questo matrimonio, e Maometto la rimandò nella sua famiglia, facendo prevalere la sua volontà su quella del tutore.Un'altra condizione importante nel nikāh è il mahr, che nell’Arabia preislamica era un corrispettivo pagato ai familiari della sposa, e solo una parte di questo spettava alla donna.Il Corano, invece, ha stabilito che il mahr venga dato unicamente alla donna a cui spetta l’esclusivo possesso. Pagato dal marito o dalla sua famiglia, il mahr, è obbligatorio anche nel caso di matrimoni contratti tra un musulmano e donne cristiane o ebree.11

8 8 La Casa dell’Islam, le terre abitate da popolazioni a predominanza musulmana.9 9 Corano I: « Nel nome di Dio, clemente e misericordioso ! Sia lode a Dio, il Signor del Creato, il Clemente, il Misericordioso, il Padrone del dì del Giudizio ! Te noi adoriamo, Te invochiamo in aiuto: guidaci per la retta via, la via di coloro sui quali hai effuso la Tua grazia, la via di coloro coi quali non sei adirato, la via di quelli che non vagolano nell’errore ! ».1 10 In Marocco esiste un legame matrimoniale giuridicamente accettato dalla comunità (e che si

contrappone a quello definito dalla legge statale), basato solo sulla consuetudine, ed è conosciuto semplicemente come fatiha.

1 11 Si tratta di una situazione particolare, perché in questo caso la comunità musulmana si priva dei suoi beni

per darli ad un’infedele.

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Infatti il Corano recita: «e vi sono permesse come mogli, le donne oneste di fra le credenti, come anche le donne oneste di fra coloro cui fu dato il Libro prima di voi purché diate loro le doti..».12 Bisogna precisare che mentre l’uomo può sposare una donna non musulmana, non è permesso il contrario, ovvero la donna non può sposare un non-musulmano.Questo perché, secondo la tradizionale giustificazione, mentre i mariti musulmani sono tenuti a rispettare i diritti religiosi delle mogli cristiane ed ebree, non c’è alcuna garanzia che i mariti ebrei e cristiani rispettino la libertà di culto delle mogli musulmane.

1.3 La poligamia

In tutto il Corano, esiste un solo versetto che autorizza la poligamia: «Se temete di non essere equi con gli orfani, sposate allora di fra le donne che vi piacciono, due o tre o quattro, e se temete di non essere giusti con loro, una sola, o le ancelle in vostro possesso; questo sarà più atto a non farvi deviare».13 La frase «Se temete di non essere equi con gli orfani», viene spiegata col fatto che questo versetto fu rivelato dopo la Battaglia di Uhud14 che creò numerosi problemi per l’aumento del numero di orfani e vedove.Tuttavia, la parte del versetto che viene ritenuta più importante è: «…e se temete di non essere giusti con loro, una sola».Lo stesso Corano ripete che, seppur mosso dalle migliori intenzioni, l’uomo non è in grado di soddisfare una simile condizione: «Anche se lo desiderate non potete agire con equità con le vostre mogli».15 Per una piccola minoranza di ulamâ16, il versetto del Corano autorizza non quattro mogli, ma nove in quanto i numeri dovrebbero essere sommati due+tre+quattro, inoltre sempre secondo la loro opinione, la sharî‘a non prevede nessuna punizione morale o materiale per l’uomo che si sposasse per la quinta volta.Stranamente in arabo non esiste una apposita parola per indicare la poligamia, si usa solo l’espressione “ta‘addud al-zawjat”, e non ci sono neanche dei termini specifici con cui distinguere le diverse mogli.Si discute molto sulla poligamia, e per secoli gli arabi e i musulmani furono accusati dagli occidentali di essere dei lussuriosi.

1 12 Corano V, 5.1 13 Corano IV, 3.1 14 Nel 625, sull’altura di Uhud, i musulmani furono sconfitti dall’esercito di Abū Sufyân, e lo stesso

Maometto fu ferito. 1 15 Corano IV, 129.1 16 Nell’Islam sunnita sono gli studiosi della sharî‘a.

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Di fatto, però la poligamia sembra sia stata diffusa solo fra un ridotto gruppo della popolazione, e anche fra i sovrani stessi era poco utilizzata nonostante l’importanza che poteva avere nelle alleanze politiche.L’armeno Mouradgea D’Ohsson, un interprete dell’ambasciata svedese a Costantinopoli nella seconda metà del Settecento, nella sua opera17 ha scritto che un uomo con due mogli era assai più raro di quanto si potesse immaginare in Occidente, mentre un uomo con quattro mogli era addirittura un’eccezione.Si suppone invece che la forma più diffusa di poligamia fosse stata quella diacronica , ovvero più donne sposate però a grande distanza nel tempo.Spesso infatti, accadeva che un uomo si sposasse una seconda volta quando la prima moglie era ormai anziana e generalmente quest’ultima dava la sua autorizzazione e approvazione.Questo si spiega col fatto che in questo modo essa si liberava dei lavori domestici, e a causa della sua età e del suo prestigio non subiva danni economici.La poligamia sincronica (ovvero più mogli contemporaneamente), invece, era rara e limitata alle classi più agiate della società.Diverse scuole giuridiche inoltre, prevedevano norme che consentivano alla donna di inserire nel contratto di matrimonio delle clausole che proibivano al marito di prendere altre mogli finché durava la loro unione, oppure si dava alla donna il diritto al ripudio in caso di nuovo matrimonio.La Tunisia ha abolito la poligamia nel 1956, mentre esistono limitazioni di vario tipo in altri paesi come Egitto, Siria e Iraq.In quasi tutti gli altri paesi del Medio Oriente, esiste ancora la poligamia legale.La Tunisia, quindi è oggi l’unico paese (insieme alla Turchia) che ha abolito del tutto la poligamia: «La poligamia è vietata. Chiunque sia legato in matrimonio e ne abbia contratto un secondo prima della dissoluzione del precedente sarà passibile di incarcerazione per un anno e di un’ammenda pari a 240.000 franchi oppure di una sola delle suddette pene anche nel caso in cui il nuovo matrimonio non sia stato contratto in maniera conforme alla legge».Questo appena citato è l’articolo 18 del Libro I dedicato al matrimonio del Codice dello statuto personale tunisino entrato in vigore il 13 agosto 1956.

1.4 Il ripudio

Un altro elemento importante nei rapporti tra uomo e donna e nell’istituzione matrimoniale del mondo musulmano è il ripudio (talāq).Il talāq è un istituto previsto dal Corano che ne sancisce le modalità e i tempi. Il Corano infatti recita: «Il ripudio v’è concesso due volte: poi dovete o ritenerla con gentilezza presso di voi o rimandarla con dolcezza..»18.

1 17 Intitolata «Tableau général de l’Empire ottoman », Paris 1787-1824.1 18 Corano II, 229.

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Tuttavia, il Corano auspica che possa verificarsi una riconciliazione e non ha esitazioni nell’accettare eventuali ripensamenti: «A coloro che giurano di separarsi dalle loro donne è imposta un’attesa di quattro mesi. Se ritornano sul loro proposito, ebbene Dio è indulgente e perdona»19.Inoltre, in caso di problemi tra moglie e marito, il Corano prevede la possibilità di fare ricorso a un arbitrato familiare per tentare una riconciliazione.Il ripudio viene dunque visto come un male inevitabile e anche un hadith attribuito al Profeta esprime l’avversione verso questa pratica: «Tra le cose lecite il ripudio è la più odiosa al cospetto di Dio».Il Corano attribuisce solo all’uomo il diritto incondizionato ed extragiudiziario di ottenere il ripudio.È sufficiente che egli pronunci per tre volte la formula «Io ti ripudio»; le prime due dichiarazioni devono essere seguite dall’‘idda, un periodo di attesa della durata di tre cicli mestruali, al fine di appurare che la donna non sia incinta o, nel caso lo sia, stabilire con certezza la paternità del marito.Durante il periodo dell’‘idda, i familiari e gli amici devono cercare di riconciliare i coniugi, e se il tentativo fallisce, la terza e ultima ripetizione della formula sancisce la separazione, senza dover ricorrere a un tribunale.Se il marito ha ripudiato la moglie tre volte (due se è una schiava), può risposarla solo se la donna nel frattempo ha sposato un altro uomo.Alla donna ripudiata viene riconosciuto un compenso speciale il “grazioso congedo”, o mut‘a, e in caso di morte del marito, una quota fissa sulla successione.Vi sono diversi tipi di ripudio tra cui: il ripudio condizionato che ha effetto solo se si verifica un determinato evento, il tafwid, ovvero la possibilità per la donna di ripudiare se stessa, e la mubara‘a, cioè lo scioglimento del matrimonio di comune accordo con la reciproca rinuncia a ogni obbligazione finanziaria.Lo strumento del ripudio, anche nelle forme previste in origine dalla sharî‘a che tendevano a limitare l’arbitrarietà della decisione maschile, determina di fatto una grande instabilità nell’istituto familiare musulmano.Anche più della poligamia costituisce il vero pericolo interno della società islamica, in quanto disorganizza la famiglia eliminando ogni sicurezza effettiva dei suoi membri.La maggior parte dei “bambini di strada” sono ancora oggi la conseguenza dei ripudi, in quanto la donna si trova abbandonata con i figli senza casa e senza nessuna risorsa economica oltre agli aiuti familiari.

19 Corano II, 226.

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Capitolo II Il nuovo e il vecchio Codice

2.1 Il vecchio Codice

Il Codice dello Statuto personale fu emanato attraverso cinque decreti successivi (dahīr), tra il 1957 e il 1958.Il titolo stesso ne indica lo spirito: Mudawwana in arabo significa “raccolta” ed esprime la volontà del legislatore di restare fedele al diritto di scuola malikita1

che era tradizionalmente usato nel paese.Le regole sono dettagliate e minuziose, le riforme limitate e la terminologia molto tradizionale.Significativo è il frequente rinvio “all’opinione prevalente o dominante” allo scopo di colmare eventuali lacune della legge.Il Codice suscita da subito osservazioni e suggerimenti di riforma, ma tutti gli emendamenti proposti restano senza seguito.Il matrimonio è l’atto fondante la famiglia e l’uomo è il capo della famiglia.L’articolo 1, infatti, consacra l’autorità dell’uomo all’interno della famiglia, sostenendo che il matrimonio si deve svolgere “sotto la direzione del marito”.Il contratto di matrimonio viene concluso attraverso lo scambio del consenso tra il marito e il tutore della sposa, che viene considerato il suo mandatario.Secondo l’articolo 8 l’uomo acquisisce la capacità al matrimonio con il compimento del diciottesimo anno di vita, mentre la donna al compimento del quindicesimo anno.Lo scambio ha luogo alla presenza di due adul che ricevono le dichiarazioni e redigono un atto destinato a fornirne la prova: esso viene sottoposto al giudice per il visto, dopo il quale verrà registrato nell’apposito registro del Tribunale. Anche se il contratto è stipulato dal tutore, il consenso della sposa è necessario, e l’esistenza di tale consenso risulta dalla firma che la donna appone all’estratto dell’atto. Il tutore non può costringere la donna al matrimonio, né può opporsi senza un motivo al contratto. Il marito deve mantenere la moglie, mentre la donna deve obbedire al marito, allattare i suoi figli, curare il buon andamento della casa e rispettare i genitori e i parenti del marito.

1 1Il suo fondatore fu Mâlik b. Anas ( 712-796); questa scuola dà molta importanza alle consuetudini e ai costumi dei musulmani della prima generazione di Medina e si diffuse nel Maghreb e nell’Africa sub-sahariana; oggi è la scuola dominante in Marocco, Algeria, Tunisia e Libia. Lo stesso termine Mudawwana indica la raccolta del pensiero del maestro compilata dai suoi discepoli.

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I motivi per cui una donna può chiedere il divorzio sono: il danno che l’uomo cagiona alla moglie o il dissenso tra i coniugi, l’assenza del marito o il suo astenersi dai rapporti con la donna.L’uomo conserva la facoltà al ripudio tradizionalmente attribuitagli dalla shari‘a.La poligamia è ammessa nei limiti quantitativi tradizionali (ovvero col limite di quattro mogli).I due coniugi possono accordarsi sul ripudio dietro un corrispettivo; inoltre la donna può inserire nel contratto una clausola di autoripudio, in virtù del quale il marito le dà mandato a dichiarare il ripudio contro se stessa.In seguito allo scioglimento del matrimonio, il bambino è affidato alla custodia della madre, e in mancanza della madre, al padre. La custodia dura fino al compimento del dodicesimo anno per i maschi, e del quindicesimo anno per le femmine: dopo tale età il minore sceglie con chi vivere.La madre di religione diversa sa quella del padre perde il diritto alla custodia se c’è il timore che allontani il figlio dalla religione paterna.La madre perde la custodia se si risposa o se si trasferisce in posti in cui al padre risulta difficile esercitare la sua potestà sui figli.

2.2 La riforma del 1993

Il 10 settembre 1993, con diversi dahīr, sono state apportate delle innovazioni significative con lo scopo di migliorare la condizione della donna. Le principali modifiche riguardano la poligamia e il ripudio.L’uomo infatti, deve ottenere dal giudice l’autorizzazione al nuovo matrimonio, che gli sarà negata se vi è ragione di temere un ingiusto trattamento delle diverse mogli.L’articolo 30 precisa che: «la prima moglie deve essere informata del desiderio del marito di sposarsi di nuovo…. e se ritiene di subire un danno può sottoporre la questione al giudice …».La donna può chiedere l’inserimento nel contratto di matrimonio della clausola della monogamia, e se tale clausola viene violata, si apre la via del divorzio.Tuttavia, non è prevista alcuna sanzione penale nel caso in cui il marito contragga un nuovo matrimonio senza autorizzazione.Per quanto riguarda il ripudio, la riforma ha cercato di limitare il potere del marito sottomettendo il ripudio al controllo del giudice che deve dare la sua autorizzazione.Il Codice di procedura civile specifica nell’articolo 179 che il giudice deve tentare una riconciliazione prima di autorizzare il ripudio. Se questo tentativo fallisce, il giudice dà l’autorizzazione, dopo aver fissato il deposito con cui il marito garantisce l’adempimento delle obbligazioni che nasceranno a suo carico dal ripudio.

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L’atto di ripudio viene quindi omologato e il giudice fissa con ordinanza il mantenimento della donna durante il periodo di ritiro legale, il dono di consolazione e le questioni relative ai figli.

2.3 Il Codice dopo la riforma del 2004

Il nuovo Codice, che è composto da sette libri e da quattrocento articoli, ha costituito una piccola rivoluzione, non solo nei contenuti, ma anche in tutto il processo che ha portato alla sua approvazione.Anche se il testo non risolve ancora tutti i problemi, e su molti punti è in continuità col vecchio Codice, (ripudio e poligamia) l’elemento di maggiore portata innovatrice consiste nell’affermazione dell’uguaglianza tra uomo e donna nella sfera dei rapporti privati.Inoltre, è importante la dinamica che si è sviluppata intorno alla sua elaborazione e approvazione: il dibattito pubblico, la partecipazione di vasti strati della società e la possibilità di una lettura più moderna ed attuale dei testi sacri.Entrato in vigore il 5 febbraio 2004, il nuovo Codice era già stato presentato alla nazione dal sovrano Mohammed VI2 in un discorso il 10 ottobre 2003.Apprezzando molto l’opera del sovrano, il Parlamento ha approvato la riforma all’unanimità.Un ruolo importante deve essere riconosciuto al sovrano Mohammed VI, che si è impegnato personalmente nel progetto attraverso la nomina di una commissione che ha lavorato sulla questione per oltre due anni.Ed ora che il nuovo Codice è stato approvato egli ha affermato che: «… non è solo per la donna, ma per la famiglia: padre, madre e figli. Deve dunque occuparsi di tre questioni fondamentali: sgombrare il campo dai pregiudizi che gravano sulla donna, garantire la tutela dei diritti dei minori e garantire la dignità dell'uomo. Si tratta di una conquista non solo per la donna ma per tutta la famiglia.»3

Il ministro della Giustizia del Marocco ha definito il Codice come il coronamento di un processo storico teso a modificare le condizioni della vita familiare secondo un principio di giustizia equa, moderna ed efficace.Già durante il discorso tenuto per il suo insediamento al trono, il sovrano aveva sottolineato che il Marocco non avrebbe potuto progredire se le donne, che rappresentano la metà della popolazione, non fossero state tutelate nei loro diritti.Il re Mohammed, inoltre, ha fatto della propria famiglia un esempio di modernizzazione. Egli, infatti, è il primo re marocchino ad aver permesso a sua moglie4 di farsi vedere in pubblico (oltre ad aver celebrato le nozze in forma 2 È salito al trono nel 1999, dopo la morte di suo padre Hassan II avvenuta il 23 luglio 1999.3 Tratto dal sito: http://www.pontemollo.it/interna_poll.asp?ID_NOTIZIA=6354 Sua moglie è la principessa Lalla Salma dal luglio 2002. In quell’occasione, peraltro, il re ha compiuto due azioni importanti per le donne: ha istituito corsi di formazione per le donne che volevano candidarsi alle

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pubblica) concedendole di contribuire ai dibattiti sulle questioni politiche e sociali del paese.Sapendo che tutta la stampa occidentale avrebbe seguito attentamente la sua riforma, Mohammed VI si è mostrato aperto verso l’occidente ma allo stesso tempo ha cercato di costituire un esempio verso tutti gli altri paesi musulmani.L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno acclamato queste riforme come un coraggioso passo in avanti verso i diritti per le donne in un paese tradizionalmente islamico.A causa dell’interesse suscitato all’estero, è emersa la necessità di tradurre il Codice nelle lingue dei paesi di accoglienza dei marocchini residenti all’estero.Quindi sono state fatte diverse pubblicazioni ufficiali in francese, inglese e spagnolo.Bisogna sottolineare che già a partire dagli anni 90 il Marocco ha attuato delle modifiche giuridiche e istituzionali nel campo dei diritti dell’uomo.Fra queste nel maggio 1990 la creazione del Consiglio consultativo dei diritti delle persone e nel giugno 1993 la ratifica della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei riguardi delle donne5 (Convenzione di Copenaghen o CEDAW) e della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

2.4 I principali cambiamenti

Secondo l’articolo 2 il Codice si applica: a tutti i marocchini, anche se hanno un’altra nazionalità; ai rifugiati, compresi gli apolidi, conformemente alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 19516; a tutte le relazioni tra due persone quando una di esse è marocchina; a tutte le relazioni tra due persone di nazionalità marocchina se una di esse è musulmana.Al contrario del precedente Codice, la nuova Mudawwana dà la definizione di matrimonio solo nell’articolo 4 che recita : «Le mariage est un pacte fondé sur le consentement mutuel en vue d'établir une union légale et durable, entre un homme et une femme. Il a pour but la vie dans la fidélité réciproque, la pureté et la fondation d’une famille stable sous la direction des deux époux...».Mentre secondo il vecchio Codice il matrimonio doveva svolgersi sotto la direzione del marito, ora deve svolgersi sotto la direzione di entrambi i coniugi.

Tra i primi articoli, e più precisamente negli articoli 14 e 15, vengono indicate le nuove regole sui matrimoni dei marocchini che vivono all’estero.

elezioni e ha concesso la grazia alle detenute in gravidanza o in fase di allattamento.5 La ratifica della Convenzione di Copenaghen è avvenuta per il Marocco, così come per gli altri stati maghrebini, con alcune riserve. La riserva principale riguarda l’art. 16, che sancisce l’uguaglianza di diritti e doveri dei coniugi durante e dopo il matrimonio.6 Il Marocco l’ha ratificata nel novembre 1956.

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Prima erano validi solo i matrimoni celebrati sul territorio nazionale o in un consolato, mentre adesso i marocchini residenti all’estero potranno concludere il loro matrimonio con le procedure amministrative del paese in cui si trovano.L’articolo 14 recita: «Les marocains résidant à l’étranger peuvent conclure leur mariage, selon les procédures administratives locales du pays de résidence....». Però devono essere rispettate alcune condizioni: il consenso di entrambi gli sposi, il rispetto dell’età minima, l’assenza di impedimenti (tra cui la differenza di religione, per cui una donna musulmana non può sposare un uomo di un’altra religione, mentre il contrario è permesso), la presenza di due testimoni.Per alcuni osservatori del Codice, per la prima volta viene permessa una forma di matrimonio “civile” perché non è richiesta come condizione la presenza di notai musulmani.

Grazie alla riforma7, l’età del matrimonio è passata da 15 a 18 anni sia per le donne che per gli uomini, in accordo con la “Convenzione dei diritti dei bambini” ratificata dal Marocco nel giugno del 1993. Quindi ora le donne potranno sposarsi soltanto dopo avere raggiunto la maggiore età, eccetto i casi in cui l’intervento di un giudice renda lecito e per una causa giustificata il matrimonio di una minorenne.Una donna potrà decidere liberamente del suo futuro matrimoniale, senza dovere ottenere l’autorizzazione del padre o di un membro maschio della famiglia. E di conseguenza non potrà sposarsi contro la sua volontà.La figura del tutore matrimoniale (walì) non è stata abolita, ma la scelta del tutore, in base all’articolo 24 « ….est un droit qui appartient à la femme. La femme majeure exerce ce droit selon son choix et son intérêt».Questo vuol dire che il tutore non è più un obbligo per la donna ma un suo diritto che sarà libera di esercitare o meno. Inoltre per la prima volta, il tutore potrà anche appartenere al ramo materno, cosa prima impossibile.L’articolo 25 precisa: «La femme majeure peut contracter elle-même son mariage ou déléguer à cet effet son père ou l’un de ses proches».Il riconoscimento di questo diritto modificherà parecchio la struttura attuale della famiglia e della società marocchina: il vecchio Codice, infatti, riconosceva l’organizzazione di matrimoni combinati in cui la donna aveva solo un ruolo passivo.

La poligamia (prevista nel Corano) non è stata abolita e sostanzialmente le regole restano le stesse del precedente Codice8.Ciò rappresenta uno dei punti deboli del nuovo Codice anche se ormai è un dato di fatto che, almeno in Marocco, la poligamia è in declino non solo per motivi culturali ma anche economici (la percentuale di poligami non supera l’1,5% ).

7 7 La riforma prevede anche l’istituzione di Tribunali della Famiglia, per garantire la sua stessa applicazione.8 8 Ricordiamo che queste regole sulla poligamia sono state introdotte dalla riforma del 1993.

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La moglie stessa, come già visto, può stabilire nel contratto di matrimonio la non ammissione di altre mogli. Nel caso in cui la sposa non imponesse tale limitazione, essa viene applicata dal giudice, al quale si deve rivolgere obbligatoriamente il marito al fine di ottenere l’autorizzazione per convolare a seconde nozze.L’articolo 41 ci dice che: «le tribunal n’autorise pas la polygamie dans les cas suivants: lorsque sa justification objective et son caractère exceptionnel n’ont pas été établis; lorsque le demandeur ne dispose pas de ressources suffisantes pour pourvoir aux besoins des deux foyers et leur assurer équitablement l’entretien, le logement et les autres exigences de la vie».Il giudice autorizza dunque la poligamia, se il marito dimostra di poter trattare la nuova moglie e i suoi figli in modo simile rispetto alla prima moglie e di garantirgli le stesse condizioni di vita.Questa ulteriore restrizione è stata posta in quanto nel Corano compaiono l’imposizione per l’uomo di essere equo con tutte le mogli e il dovere di assicurare alle donne il medesimo tenore di vita. (Corano, IV, 3)Questi limiti scoraggiano dunque la poligamia perché l’uomo dovrebbe disporre di una grande ricchezza. Inoltre, sempre secondo l’articolo 41, l’uomo deve disporre di una motivazione oggettiva eccezionale per giustificare il ricorso alla poligamia.Il nuovo Codice, per salvaguardare le donne che già vivono all’interno di una famiglia composta da un marito e più mogli, prevede il diritto alla coabitazione delle spose all’interno della casa del marito e assicura l’impossibilità di perdere tale diritto per eventuale volontà di una delle mogli. In poche parole nessuna delle mogli ha il potere di cacciare via l’altra.

Entrambi gli sposi si divideranno le responsabilità familiari e potranno, d’altra parte, stabilire un contratto per gestire i beni acquisiti durante il matrimonio.L’articolo 49 dice: «Les deux époux disposent chacun d’un patrimoine propre.Toutefois, les époux peuvent se mettre d'accord sur les conditions de fructification et de répartition des biens qu'ils auront acquis pendant leur mariage».Al marito e alla moglie viene riconosciuta una responsabilità congiunta e inoltre, la donna smette di dover obbedire al marito.Nel vecchio Codice, soltanto il marito era considerato responsabile e alla donna non veniva riconosciuta la dignità di adulto. L’articolo 51 indica quali sono i diritti e i doveri dei coniugi: «Les droits et devoirs réciproques entre conjoints sont: 1. la cohabitation légale, qui implique les bons rapports conjugaux, la justice, l’égalité de traitement entre épouses en cas de polygamie; 2. les bons rapports de la vie commune, le respect; 3. la prise en charge par l’épouse avec l’époux de la responsabilité de la gestion des affaires du foyer et de la protection des enfants; 4. la concertation dans les décisions relatives à la gestion des affaires de la famille, des enfants et du planning familial; 5. les droits de succession mutuels».

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Per non urtare i valori religiosi, il ripudio non è stato abolito e di fatto rimane una delle possibili modalità di separazione.L’uomo dovrà chiedere l’autorizzazione del tribunale che gli verrà concessa se il tentativo di riconciliazione fallisce.Inoltre, il ripudio sarà valido solo dopo che il marito avrà versato alla donna tutto ciò che le deve, e la somma per il mantenimento dei figli sarà fissata in modo tale da consentire loro lo stesso tenore di vita di cui godevano durante il matrimonio dei genitori. La donna, inoltre, potrà conservare, con i figli, il tetto coniugale o dovrà ottenere un alloggio equivalente.Inoltre, il testo di legge prevede anche la spartizione dei beni acquistati durante il matrimonio. Queste modalità sono applicate a tutte le forme di divorzio,e di conseguenza, aumentano sensibilmente il costo della separazione per gli uomini.

Anche per quanto riguarda il divorzio la riforma ha apportato dei cambiamenti.Prima la donna lo subiva e poteva chiederlo solo in determinati casi, e per di più doveva portare davanti al giudice prove e testimoni (preferibilmente di sesso maschile).Adesso secondo l’articolo 98, la moglie può chiedere il divorzio per una di queste cause: 1) le manquement de l'époux à l’une des conditions stipulées dans l'acte de mariage; 2) le préjudice subi; 3) le défaut d'entretien; 4) l’absence du conjoint; 5) le vice rédhibitoire chez le conjoint9 ; 6) le serment de continence ou le délaissement.Ogni procedura di divorzio deve avvenire di fronte a un giudice e in presenza di entrambi i coniugi. Il giudice ha il dovere di avviare la procedura di divorzio entro sei mesi dalla richiesta di uno dei due coniugi e deve definire gli obblighi di mantenimento10 e i doveri nei confronti dei figli.Inoltre, in base all’articolo 121, se la coabitazione dei coniugi in attesa di divorzio diventa impossibile, il tribunale può prendere delle misure provvisorie come per esempio, trovare un alloggio alla donna presso dei parenti.

Per quanto riguarda l’affidamento dei figli in caso di divorzio, l’articolo 171 dice che: «La garde est confiée en premier lieu à la mère, puis au père et puis àla grand-mère maternelle de l'enfant. A défaut, le tribunal décide, en fonction des présomptions dont il dispose, et toujours dans l'intérêt de l'enfant, d’attribuer la garde à l’un des proches parents les plus aptes à l’assumer».

9 Secondo l’articolo 107: « Sont considérés comme vices rédhibitoires pouvant compromettre la vie conjugale et permettant de demander d’y mettre fin: 1) les vices empêchant les rapports conjugaux; 2) les maladies mettant en danger la vie de l’autre époux ou sa santé et dont on ne peut espérer la guérison dans le délai d’une année.10 Sono stati creati dei “Fonds d’aide de solidaritè pour les femmes divorciées“ che hanno lo scopo di aiutare economicamente le donne divorziate che si trovano in condizioni di difficoltà (per esempio quando il marito non paga gli alimenti).

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I diritti dei figli devono essere garantiti anche attraverso l’assegnazione della casa al coniuge che ne ottiene l’affidamento e attraverso un assegno di mantenimento. Ciò rappresenta un fatto importante se si considera che in passato la donna non poteva gestire i beni dei suoi figli minori, e non poteva essere neppure la loro tutrice legale (neanche in caso di morte del coniuge). Secondo l’articolo 175 la donna che si risposa perde l’affidamento dei figli tranne nei casi in cui: il bambino ha meno di sette anni e la separazione dalla madre gli causa un pregiudizio; il bambino è malato o portatore di un handicap ed è difficile affidarlo ad un’altra persona; il marito è un parente del bambino o infine, se la madre è il rappresentante legale del figlio.

Rimane il problema dell’eredità: ovvero la nuova Mudawwana non è stata dettata dalla sharî‘a ma si ispira comunque alla cultura dell’islam. Per questo gli articoli relativi all’eredità non sono stati modificati: non si possono toccare perché provengono direttamente dal Corano (la Sura delle donne): la sposa ha diritto a un ottavo del patrimonio del marito, e la figlia eredita la metà della parte che spetta al figlio.Si tratta quindi di una questione delicata e né il re né i membri della commissione (composta anche da donne) hanno osato modificare il sistema dell’eredità.L’unica innovazione, che però modifica una legge marocchina e non un precetto coranico, è la possibilità per i nipoti, sia di parte materna che paterna, di ereditare dal nonno, se il genitore gli è premorto. Per quanto riguarda l’adozione, diciamo che è possibile adottare, ma senza dare al bambino il proprio cognome, in modo da evitare problemi di eredità e di incesto.L’articolo 149 recita: «L’adoption est juridiquement nulle et n’entraîne aucun

des effets de la filiation parentale légitime». Il motivo di ciò deve essere ricercato nel Corano e nella tradizione islamica11.Infine, un altro importante cambiamento riguarda i casi in cui il Codice presenti delle lacune. L’articolo 400 dice infatti : «Pour tout ce qui n’a pas été expressément énoncé dans le présent Code, il y a lieu de se référer aux prescriptions du Rite Malékite et/ou aux conclusions de l’effort jurisprudentiel (ijtihad), aux fins de donner leur expression concrète aux valeurs de justice, d'égalité et de coexistence harmonieuse dans la vie commune, que prône l’Islam».

11 Il versetto 4 della sura al-Ahzab (Sura delle fazioni alleate) recita: «Dio non ha fatto […] dei vostri figli adottivi dei veri figli». Lo stesso profeta Maometto aveva adottato un ragazzo chiamato Zayd, uno schiavo affrancato, e lo fece sposare con Zaynab. Quando Zayd ripudiò Zaynab, fu il profeta a sposarla, per dimostrare che il figlio adottato non ha lo stesso status del figlio biologico.

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Con il vecchio Codice, in caso di lacune si poteva utilizzare solo l’interpretazione secondo la dottrina malekita, mentre ora, l’articolo 400 permette anche il ricorso all’ijtihat, cioè allo sforzo interpretativo del giurista.

2.5 Il percorso che ha portato alla riforma

Il 7 marzo 1992, alla vigilia della Giornata internazionale della donna, l’Union de l’action féminine12 (UAF), lancia una campagna per il cambiamento della Mudawwana.In una lettera aperta alla Camera dei deputati, l’UAF dice «che una vera democrazia non può funzionare se non c’è l’uguaglianza dei cittadini e delle cittadine di fronte alla legge: la Moudawana è in contraddizione con la costituzione che è la legge suprema del paese; redatta da più di 30 anni, essa è superata dalla realtà quotidiana, ed è diventata non solo incapace di risolvere i problemi della donna marocchina, ma anche un fattore di crisi…».13

Per tutti questi motivi l’UAF chiede una riforma profonda del Codice di Famiglia, nella necessità di dare alle donne il diritto di sposarsi senza ricorrere al tutore, di eliminare la poligamia, raggiungere l’uguaglianza dei diritti successori e l’istituzione del divorzio per via giudiziaria.Questa organizzazione di difesa della donna non è necessariamente d’ispirazione laica, e non si esprime contro l’Islam, ma contro ciò che essa definisce una sua interpretazione sbagliata.L’UAF si pose l’ambizioso obbiettivo di raccogliere un milione di firme per il suo progetto.L’utilizzo di questo nuovo modo di comunicare, estraneo alla cultura politica locale, mette alla prova la capacità di adattamento del Palazzo reale.Per bloccare subito il contrasto che si stava sviluppando tra gli ulamâ più conservatori e le sostenitrici dell’UAF, il re decide di prendere il monopolio della situazione e di pronunciarsi.Nel suo discorso, il 2 agosto 1992, il re Hassan II si rivolge direttamente alle donne: «Sappiate, mie care figlie, donne marocchine, che la Moudawana è un affare fuori dalle mie competenze».14

Il messaggio è chiaro, il re non vuole occuparsi di un problema che riguarda la società civile, e lo affida ad una commissione.Il lavoro di tale commissione porta ad una riforma incompiuta della Mudawwana che non soddisfa nessuno.A questo punto però, emerge la contrapposizione tra le femministe che sostengono la campagna dell’UAF e le islamiste.

12 L’UAF è stata creata nel 1987 dal comitato a sostegno della “Revue du 8 mars”. La sua presidente è Latìfa Jbaboli, giornalista e brillante sociologa.

1 13 Vedi: Mohamed Tozy, “Monarchie et islam politique au Maroc ” Presses de Sciences Po, 1999, pag 2501 14 Ibidem

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Queste ultime, in un comunicato al popolo marocchino del 21 aprile 1992, stigmatizzano la raccolta di firme e chiedono agli ulamâ di fare il loro dovere di interpreti della legge religiosa.Habib Tajakani, studioso delle fonti del diritto musulmano a Tétouan, pronuncia una fatwa,15 che condanna questa offensiva femminista e accusa di apostasia le vecchie e le future firmatarie della petizione.Tajakani non esitò a considerare la firma della petizione come un atto d’apostasia e disse: «Cercare di abrogare un versetto coranico o un detto del Profeta è considerato come un atto completo di apostasia che riunisce le due condizioni del crimine: quella materiale e quella morale. Per questo motivo la firma della petizione è punibile in funzione di ciò che deciderà l’imam o la gente del consiglio. »Tuttavia, il 10 settembre del 1993, sorprendendo gli osservatori internazionali, il re16 promulga diversi dahīr con cui vengono introdotte modifiche non solo al Codice dello statuto personale, ma anche al Codice di procedura civile.Questi interventi avevano lo scopo di migliorare la condizione della donna in relazione alla questione del mantenimento e alla procedura di ripudio.Un’altra importante azione condotta nel 1999 fu il Plan d’Action National pour l’Intégration de la Femme au Devéloppement17 (Panifid) .Si tratta di un documento elaborato dal primo ministro Abderrahman Youssoufi (che lo ha presentato anche alla Banca mondiale), che ha dato una nuova dinamica alle politiche di promozione della donna.Per la prima volta si ricorre alla nozione di “genere” per identificare i meccanismi sociali che sono alla base delle discriminazioni e disuguaglianze che la donna subisce.Tra le numerose misure che il Panifid proponeva, vi erano quelle destinate a facilitare l’entrata delle donne nel mondo politico18. Lo scopo era quello di assicurare una rappresentanza significativa delle donne in tutte le alte funzioni, nei dipartimenti ministeriali e garantire il loro intervento in tutte le questioni nazionali, regionali e internazionali.Inoltre, per la formulazione del Panifd, per la prima volta nella storia del Marocco, si utilizza la collaborazione con le associazioni non governative.In questo stesso periodo, Zoulikha Nasri, prima consigliere donna del re, e Said Sadi, Secrétaire d’Etat à la Protection sociale, à la famille et l’enfant , si preparano a guidare una riforma che modernizzerà lo status della donna e la farà uscire dal suo stato di minore.

Il re Hassan II muore nel luglio 1999 e il trono passa a suo figlio Mohammed VI, il quale, nel suo discorso di insediamento al trono, sottolinea l’importanza

1 15 Risposta a una questione pratica, di natura giuridico-religiosa, formulata da un dotto o da un’istituzione della comunità islamica.1 16 Il re in Marocco è insieme capo dello stato e capo religioso, “protettore dei credenti”.1 17 Piano per l’integrazione delle donne nello sviluppo.1 18 Viene anche proposto di inserire una quota femminile del 33% nel Parlamento, nei partiti politici e nei sindacati.

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della donna nella società marocchina; contrariamente al ritratto della madre, l’immagine della sua giovane moglie, circolerà pubblicamente.Ma il tentativo di emanare il Panifid fu bloccato da un’ondata di proteste che sfociarono in una grande manifestazione a Casablanca il 12 marzo del 2000.Le islamiste che si opponevano al progetto, tra cui quelle del PJD19 e del movimento Giustizia e Carità20, organizzano una grande manifestazione a Casablanca che impressiona per le migliaia di donne e uomini che sfilano su due file separate.Esse denunciavano il piano come pro-occidentale e anti-musulmano e consideravano i rappresentanti del governo come “subalterni dell’Occidente”.Tra di esse, Nadia Yassine21 sostiene che la Mudawwana non è un testo sacro e che esso è perfettibile, ma non può essere modificato senza fare riferimento alla cornice islamica, per cui è attraverso il lavoro sul Corano e sulla Sunna che si possono apportare dei miglioramenti al Codice di famiglia.Anche le sostenitrici della riforma sfilano a Rabat, ma il loro numero è decisamente minore, anche se partecipano diversi movimenti dei diritti umani e alcuni partiti politici compresi anche sei ministri in carica.La brusca polarizzazione che si è creata nel paese (che sembra diviso in due) porta il governo ad abbandonare il progetto.Tuttavia, il re Mohammed VI continuò e l’8 marzo 2001 ricevette una delegazione di rappresentanti del movimento femminile marocchino, annunciando la sua intenzione di voler attuare un processo di riforma della Mudawwana. La lettura del discorso con cui il re ha annunciato la nuova legge è esemplare: il contenuto è identico a quello proposto nel 1999 ma, per evitare problemi di carattere religioso, ogni singola riforma è legittimata da un riferimento al Corano e alle tradizioni profetiche.Il 27 aprile 2001, il re designa la commissione che dovrà occuparsi della riforma. Tale commissione era formata da 16 membri, di cui solo 3 donne ed una maggioranza di uomini religiosi.In conseguenza di tale composizione, da subito si nota l’emergere delle posizioni più conservatrici.Diverse associazioni decidono di fondare il Collettivo “Printemps de l’egalité” come strumento di controllo e valutazione dell’operato della commissione.Nel primo anno di lavoro, la commissione si sottopone a consultazioni con più di settanta associazioni, partiti, sindacati, per raccogliere le loro proposte.

19 Partito della Giustizia e della Democrazia; proviene dal movimento islamista e pone l’Islam al centro della sua teoria.

2 20 Movimento islamico radicale fondato da Abd al-Salam, che trae ispirazione dalla mistica sufi e che agisce nella società civile con lo scopo di creare uno stato islamico e instaurare la sharî‘a. 2 21 Figlia di Abd al-Salam, è un’attivista politica particolarmente impegnata come portavoce ufficiosa del movimento di Giustizia e Carità.

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L’efficacia di questa commissione è però limitata, perché al suo interno ci sono profonde divisioni sopratutto a causa delle forze islamiste, che nell’elezione del 27 settembre 200222 hanno ottenuto un grande consenso.I lavori, quindi, non procedono. Per rimediare a questa fase di stallo il re, il 25 giugno 2003, nomina M’hammed Boucetta come nuovo presidente della commissione.Tre mesi dopo23, Boucetta consegna al re le proposte per la riforma, corrispondenti alle richieste delle associazioni. Il re fa proprie tali proposte e il 10 ottobre 2003, in occasione dell’apertura della sessione autunnale del Parlamento, annuncia la sua determinazione a riformare il Codice.«Chi tra voi accetterebbe che la sua famiglia, la sua donna e suoi figli siano buttati in strada, o che la propria figlia o sorella siano maltrattate? ». Questa è la domanda che il re pone ai deputati mentre annuncia la riformaEgli sottolinea che la riforma si basa sul metodo dell’ijtihad (ovvero l’interpretazione evolutiva dei testi sacri); essa è dunque conforme all’Islam e non può essere contestata in nome della religione.Per la prima volta, la riforma seguirà un iter legislativo, cioè dovrà avere il voto favorevole delle due Camere.Il nuovo Codice viene votato dal Parlamento nel gennaio 2004, dopo essere stato discusso in una commissione parlamentare preseduta dal nuovo ministro degli Affari Esteri, Ahmed Tawfiq.Composto da sette libri e da quattrocento articoli, il nuovo Codice è entrato in vigore il 5 febbraio 2004.Il PJD e il movimento Giustizia e Carità accettano pubblicamente il testo della legge. Bassima Hakkaoui, deputata del PJD, dichiara: «Noi siamo in disaccordo con la sinistra sulla riforma del codice di famiglia ma abbiamo chiesto l’arbitrato del re e accettiamo le sue decisioni»24.Le associazioni femminili festeggiano la vittoria, vedendo nel nuovo Codice il riconoscimento e il risultato di lunghi anni di mobilitazione.

22 Il partito dell’indipendenza/Istiqlal è emerso alle elezioni come secondo partito del paese con 48 seggi, mentre il PJD si è posizionato al terzo posto con 42 seggi.

23 I cinque attentati suicidi che il 16 maggio 2003 hanno ucciso 45 persone a Casablanca hanno fatto accelerare tutto il procedimento, in quanto gli islamisti più radicali sono stati accusati di essere corresponsabili dell’attentato.

2 24 Vedi: Malika Zeghal, “Les islamistes marocaine. Le défi à la monarchie”, La Découvert, Paris, 2005, pag 253

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Capitolo III I limiti e il dibattito sul Codice

3.1 I limiti del Codice

La modifica del Codice è stata una tappa importante, ma da sola non è sufficiente. Infatti, è necessario lavorare alla sua diffusione, alla promozione dei suoi valori e al rispetto della legge.Le statistiche diffuse dal Ministero della Giustizia sono ottimiste, ma le analisi compiute da diverse ONG marocchine sollevano dei dubbi sull’effettiva applicazione delle nuove disposizioni e sulla situazione reale nei tribunali.Innanzitutto il nuovo Codice dà un ruolo importante e un vasto margine di discrezionalità ai giudici nelle decisioni che riguardano ripudio, poligamia e divorzio.Conseguenze di ciò sono la saturazione dei tribunali e l’aumento del numero di abusi. Secondo il parere di alcuni avvocati, per poter attuare una giusta applicazione della Mudawwana bisognerebbe riformare la giustizia in quanto i giudici spesso si trovano a dover lavorare su centinaia di dossier e ciò spiega i frequenti ritardi nelle procedure.Ad esempio, la nuova legge consente un lasso di tempo di un mese per il trattamento dei dossier. Ma in realtà solo per un dossier su cento viene rispettato questo termine, mentre il 99% delle pratiche richiede più tempo.L’articolo 1211dà al tribunale il potere di trovare un alloggio per la donna e i bambini presso dei parenti nel caso in cui la coabitazione degli sposi in attesa di divorzio diventi impossibile.Però tante associazioni evidenziano che, di fatto, avvengono tante espulsioni della moglie dalla casa, senza nessuna garanzia d’alloggio come prevede la riforma.Inoltre, l’assenza di inchieste sulle procedure di formalizzazione del matrimonio corrisponde spesso a delle operazioni di frode per imporre la poligamia attraverso la falsificazione.2

Infine, alcuni giudici non autorizzati hanno trovato in questa legge un nuovo modo per farsi corrompere.

I magistrati che tendenzialmente sono conservatori, dovrebbero essere anche formati e sensibilizzati.

1 Articolo 121: Si le litige entre les époux est porté devant la justice et que leur cohabitation s’avère impossible, le tribunal peut, d’office ou sur requête, prendre les mesures provisoires qu’il juge appropriées à l’égard de l’épouse et des enfants, y compris le choix d’habiter chez l’un des proches parents de l’épouse.... Ces mesures sont immédiatement exécutoires, sur minute, par l’intermédiaire du ministère public.2 Ad esempio, alcuni uomini dichiarano di essere celibi falsificando l’attestazione del “uzuba” (certificato di celibato) e in questo modo l’atto del matrimonio si registra con la procedura normale.

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Alcune associazioni evidenziano che ci sono due modalità diverse di considerare il nuovo Codice da parte della magistratura: la prima di chi ha effettivamente compreso gli obiettivi della nuova legge e cerca di stabilire un certo equilibrio e ridurre i pregiudizi; la seconda riguarda coloro che continuano a riprodurre lo spirito della vecchia Mudawwana e lo applicano alle nuove norme.Il tribunale di Larache3 è un esempio della interpretazione sbagliata del nuovo Codice.In questo tribunale, infatti, vige ancora lo spirito e la filosofia del precedente Codice; l’incapacità della donna a farsi carico dei lavori domestici viene considerata come un giustificazione (anche se eccezionale) alla poligamia, e inoltre vengono ancora concesse tante autorizzazioni al matrimonio di minori in contraddizione con le disposizioni della legge. Inoltre, insieme al tribunale di Casablanca, il tribunale di Larache si è rifiutato di collaborare con le associazioni femminili che stavano svolgendo le loro ricerche sull’applicazione della legge, sostenendo che si tratta di segreti professionali.

Molti dei diritti riconosciuti alle donne sono difficili da mettere in atto in una società che resta sostanzialmente rurale e legata a valori patriarcali, in cui le donne (per la stragrande maggioranza) sono analfabete e dipendenti economicamente dai mariti.Le condizioni sociali e amministrative che dovrebbero dare una spinta a questa nuova legge sono dunque critiche e, inoltre, anche la società stessa ha dei problemi in quanto da secoli non ha conosciuto un vero percorso di rilettura del proprio patrimonio culturale.L’elemento più importante è proprio l’educazione della popolazione e della donna in particolare, affinché essa, una volta acquisiti gli strumenti e la coscienza, possa rivendicare i propri diritti e l’uguaglianza reale.Questa situazione rischia di limitare non solo l’efficacia del Codice, ma anche la sua diffusione a livello di informazione.Il settimanale marocchino Tel Quel ha denunciato la mancanza di informazione dedicando un intero dossier ad un inchiesta di strada sulla Mudawwana.I risultati sono stati eloquenti: la maggior parte degli articoli è sconosciuto dalle persone intervistate.Il grosso del lavoro di diffusione delle norme è ad opera delle associazioni di donne che, con pochi mezzi a disposizione, si stanno impegnando per diffondere il Codice, sia attraverso la televisione, sia attraverso campagne nelle zone rurali.Il limite maggiore è rappresentato dalla lingua: la divulgazione compiuta dal governo è avvenuta in lingua araba classica, estromettendo in questo modo le donne analfabete che conoscono solo il dialetto e le donne berbere che parlano i dialetti amazigh.

3 3 Città del Marocco settentrionale che si affaccia sull’Oceano Atlantico.

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Ogni organizzazione si è attivata secondo i suoi mezzi e le sue priorità. Naturalmente le zone in cui sono state condotte maggiormente le azioni sono quelle più arretrate e più povere.Per risolvere il problema della lingua, alcune organizzazioni hanno riscritto il testo del Codice in dialetto arabo, in tachelhit (uno dei dialetti della lingua berbera), in tamazight per renderlo più familiare. Queste azioni non sono dirette solo alle donne ma anche ai loro padri, fratelli e mariti per educarli ai valori del rispetto e dell’uguaglianza.A partire dal 14 marzo 2005 un collettivo di sei associazioni sostenute dall’ambasciata inglese a Rabat, ha iniziato una campagna d’informazione sul nuovo Codice diretta alle donne che vivono nelle campagne.Tra i mezzi di sensibilizzazione ci sono delle guide pedagogiche pubblicate sotto forma di libretto illustrato.Sono stati condotti anche degli studi per capire quali fossero gli ostacoli ad una buona applicazione del Codice. Quarantamila uomini e donne che partecipavano ai corsi di alfabetizzazione sono stati invitati a prendere parte a dei laboratori dove si parla del nuovo Codice e si distribuisce il materiale informativo.

3.2 Il matrimonio dei minori

I matrimoni in giovane età sono ancora un problema: nel 2006 i giudici hanno accettato il 90% delle domande di autorizzazione al matrimonio di minori.Le cifre sono dunque allarmanti e i matrimoni di minori rappresentano circa l’8,34 % sul totale dei matrimoni (21.660 su un totale di 259.612).L’Association démocratique des Femmes du Maroc (ADFM) non nasconde le sue preoccupazioni e in occasione della giornata mondiale della donna, l’8 marzo 2008, ha affermato che questa situazione rischia di compromettere il nuovo Codice adottato nel 2004.La legge è però molto chiara in quanto l’articolo 19 recita: «La capacité matrimoniale s’acquiert, pour le garçon et la fille jouissant de leurs facultés mentales, à dix-huit ans grégoriens révolus».Una dispensa sull’età è prevista dall’articolo 204 che in determinate circostante, e in seguito all’autorizzazione del giudice, permette il matrimonio di un minore.Le militanti dei diritti delle donne criticano questa eccezione in quanto dichiarano di non comprendere su che base le autorizzazioni vengano concesse e soprattutto, esse contestano il verificarsi di numerose violazioni delle procedure.

4 Articolo 20: Le juge de la famille chargé du mariage peut autoriser le mariage du garçon et de la fille avant l’âge de la capacité matrimoniale.par décision motivée précisant l’intérêt et les motifs justifiant ce mariage.

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Secondo un rapporto della Lega Democratica per i Diritti delle Donne (LDDF), durante le indagini per l’autorizzazione, non viene permesso ai minori di esprimere la loro volontà.Non ci sono delle indagini approfondite e precise che permettano di individuare eventuali pressioni o la presenza di costrizioni morali o materiali.Il rapporto indica anche le ragioni invocate dai magistrati per autorizzare il matrimonio, e tra queste ci sono le condizioni sociali ed economiche del minore, la presenza di un legame di parentela con il futuro coniuge e le tradizioni dominanti nella regione.Uno dei magistrati interpellati dice: «Se a 14 anni, una ragazza è forte ed in buona salute, perché non dovrebbe sposarsi ? Ai tempi dei nostri genitori, le donne si sposavano anche prima»5.Agli occhi delle sostenitrici dei diritti delle donne, si tratta di una “pedofilia autorizzata e mascherata” e anche l’Unicef lancia lo stesso appello di condanna.Ancora oggi (a quattro anni dall’adozione del nuovo Codice) a Taounate, nella regione di Fés, l’età media di matrimonio delle ragazze è 15 anni.Questa pratica non è priva di conseguenze, ad esempio vengono impedite le occasioni di studio e di crescita personale e, soprattutto per le donne, ciò rappresenta ben presto l’arrivo delle gravidanze e quindi la mortalità materna o le nascite premature e un esistenza caratterizzata dal totale asservimento domestico.

3.3 Come i marocchini hanno accolto la riforma

In generale, sembra che l’opinione pubblica marocchina abbia bene accolto questa riforma della Mudawwana.Secondo un sondaggio pubblicato dal quotidiano L’Economist subito dopo la promulgazione del Codice, i due terzi dei marocchini (64,7%) sono favorevoli ad essa.Tuttavia, a partire dal primo anno dall’entrata in vigore, sono emersi dei pareri negativi da parte della popolazione.Diminuzione dei matrimoni, aumento dei divorzi, la nuova Mudawwana viene accusata di essere la responsabile di tutto ciò.Secondo una ricerca condotta dal Centre des droits des gens6 sulla percezione della popolazione sul Codice di famiglia, il 52% dei marocchini pensa che il nuovo Codice protegga innanzitutto l’unità della famiglia.

5Tratto da “Moudawana, quatre ans pour rien” presente nel sito: http://www.bladi.net/17125-bilan-moudawana.html

6 È stato creato nel 1999 da un gruppo di attivisti dei diritti dell’uomo della regione di Fés. Il suo scopo è quello di creare una rete nazionale di difesa e diffusione dei diritti dell’uomo.

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Il 30% delle persone intervistate pensa che il Codice protegga i diritti delle donne.Tuttavia, lo studio, che ha riguardato 10.000 marocchini di entrambi i sessi, ha messo in evidenza la scarsa conoscenza delle nuove disposizioni.Il 24% dei marocchini ha un’idea sbagliata sulle disposizioni anche perché, secondo Mohamed Karou, consigliere giuridico dell’Omef7, c’è stata la tendenza a confondere le rivendicazioni delle associazioni con le reali disposizioni del testo.La maggior parte delle persone interrogate è mal informato ed ha appreso tali informazioni da parenti e amici, a loro volta poco informati.Lo studio ha infatti evidenziato il debole ruolo svolto dai media, soprattutto la televisione, nella diffusione delle nuove disposizioni.Sono emerse l’errata comprensione delle disposizioni, soprattutto di quelle relative al divorzio e alla divisione dei beni acquistati durante il matrimonio.Per le donne sono mal compresi gli articoli relativi ai diritti che il nuovo Codice garantisce, soprattutto sulle questioni della poligamia, della pensione alimentare, del divorzio e della custodia dei figli.Fra le disposizioni mal interpretate c’è quella relativa alla poligamia, in quanto la maggior parte delle persone pensa che per potersi sposare una seconda volta sia necessaria solo l’autorizzazione della prima moglie, dimenticandosi che è necessaria anche quella del giudice. Secondo le persone intervistate questa cattiva informazione deriva dalla complessità delle procedure giudiziarie attuate. Per alcuni uomini intervistati, la nuova legge ha solo aumentato l’insolenza delle donne costringendo gli uomini a disciplinarle e da ciò deriva l’aumento delle richieste d’aiuto ai centri di assistenza delle donne vittime di violenza.

3.4 Le voci degli intellettuali

Una delle tre donne che ha fatto parte della commissione che ha riformato il Codice, è Nouzha Guessous.Professore alla facoltà di medicina e farmacologia di Casablanca e tra i fondatori dell'Organizzazione marocchina per i diritti umani (Omdh), si dichiara femminista, ma in senso ampio, ovvero in un contesto universale. A suo giudizio, la denuncia del preteso carattere anti-musulmano del Piano proposto dal governo nel 1999, ha obbligato «gli intellettuali marocchini e le organizzazioni delle donne a elaborare argomenti molto solidi, basati sulla cultura musulmana, proprio per dimostrare che le loro proposte non sono

7 7 Organisation marocaine puor l’équité familiale.

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dettate dalle organizzazioni internazionali o dalle culture occidentali, ma sono invece ben ancorate nel patrimonio arabo-musulmano»8.Il politologo marocchino Mohamed Tozy considera rivoluzionaria la riforma del codice di famiglia ma, allo stesso tempo, pensa che dovrà essere accompagnata da un grande lavoro di educazione e da profondi cambiamenti sociali.Della stessa opinione è Leila Rhiwi, insegnante di comunicazione all'università di Rabat e coordinatrice del movimento “Primavera dell'uguaglianza”, la quale esprime una preoccupazione molto diffusa nel paese: «Questa legge è di capitale importanza; mette l'uguaglianza al posto della sottomissione. Ma ho paura che nella pratica, nei vari tribunali sparsi per il Marocco, non venga applicata. I magistrati hanno una libertà eccessiva. C'è ancora molto lavoro da fare (….) Sono musulmana dal punto di vista dell'apporto culturale dell'islam, ma scelgo la laicità. Non rifiuto di essere considerata una "femminista laica". Soprattutto dopo il 16 maggio 2003, si è cominciato a mettere insieme laicità e democrazia...»9.Vediamo cosa ne pensano le donne islamiste, come Nadia Yassin, portavoce di Jama'a al-Adl wal-Ishan (Giustizia e carità), il cui padre, lo sceicco Ahmad Yassin, 76 anni, fondatore del movimento, ha scritto in un libro, intitolato “La Révolution à l'heure de l'Islam”, che bisogna «islamizzare la modernità e non modernizzare l'Islam».Nadia Yassin si considera una «militante sociale neo-sufista» e rifiuta il termine di femminista.Ammette che la decisione di manifestare contro la riforma, nel 2000, è stato «un errore tattico. Era un gesto politico, destinato a mostrare la forza degli islamisti. Ma ci opponevamo alla riforma anche perché era emersa dalla conferenza di Pechino10 ed era imposta dall'esterno. Forse la nostra società è malata, ma siamo noi a dover trovare i rimedi. Le donne occidentali, che non avevano alcun diritto, hanno dovuto lottare per conquistarli. Da noi, è successo esattamente l'opposto: poco a poco ne siamo state private.11

Non ci opponevamo alla riforma del Codice della famiglia, anzi siamo state le prime a dire che andava cambiato. Io l'ho detto negli anni Ottanta, ed ero l'unica. Di quelle manifestazioni è passato il messaggio sbagliato: siamo scesi in strada per protestare politicamente contro il piano di integrazione della donna nello sviluppo. Non perché non vogliamo uno sviluppo per la donna, ma perché sono state seguite direttive imposte dall’estero, invece che priorità che arrivavano dal Paese.8 Tratto da “Dibattito tra donne in terra d’Islam” presente nel sito: http://www.donnamed.unina.it/valori_cron02.php9 Tratto da “Dibattito tra donne in terra d’Islam” presente nel sito: http://www.donnamed.unina.it/valori_cron02.php10 Conferenza internazionale sui diritti delle donne. Avvenuta sotto l'egida dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, si è svolta a Pechino nel 1995.11 Tratto da “Dibattito tra donne in terra d’Islam” presente nel sito: http://www.donnamed.unina.it/valori_cron02.php

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Noi vogliamo una crescita reale, duratura: che sia garantita l'educazione delle donne, che possano frequentare l'università, che arrivino a poter decidere del futuro del Paese. Dal punto di vista dei diritti, le conquiste ottenute con la Mudawwana ci vanno bene»12.Essa sostiene che il suo movimento rivendica nuovi diritti, ma solo per una migliore armonia tra tutti i membri della famiglia, in quanto i diritti delle donne possono diventare deleteri e portare alla disgregazione della famiglia, e naturalmente ciò deve essere evitato.Secondo la sua opinione, l’interpretazione tradizionale del Corano e della Sunna ha eclissato gli elementi di liberazione presenti nel messaggio originario dell’Islam.La presa del potere degli Omayyadi, in particolare l’epoca del califfo Mu’awiya13, e la scissione religiosa14 tra sunniti e sciiti, sono stati i principali eventi che hanno eliminato la questione della donna dalla riflessione politica.Questi eventi, inoltre, hanno ritardato l’abolizione della schiavitù avviata dal Corano e accentuato la propensione dei musulmani a distinguere le proprie donne dalle schiave, velandole e facendo loro condurre una vita separata.La Yassine critica infine le insufficienze della riforma: «La nuova legge dovrebbe offrire di più e accordare alle donne il diritto di decidere in prima persona a quali condizioni accettare la poligamia e il ripudio. Inoltre non viene toccato per niente il problema dell'eredità delle donne».Ghita El Khayat, psichiatra marocchina, è stata, nel 1999, la prima donna della storia del Marocco a scrivere una lettera al sovrano.La lettera, intitolata “Epitre d’une femme à un jeune monarque”, era indirizzata al giovane sovrano Mohammed VI, quattro mesi dopo la sua incoronazione, e fu pubblicata sui principali quotidiani marocchini.Scritta per contrastare un movimento islamista e reazionario che voleva il ritorno a casa delle donne, la lettera conteneva una serie di richieste per la modifica della Mudawwana.La Khayat infatti, scriveva: «Voi potete ottenere che nessuna donna subisca ancora l’infamia del ripudio, voi potete fare che la donna abbia diritto a chiedere il divorzio quando le sue condizioni di vita sono intollerabili. Voi, capo religioso, potete abolire la poligamia, le cui vittime sono le donne ma ancor più i figli, destinati a crescere in rapporti di fratellanza anomali. Oggi le donne non hanno più bisogno di un tutore maschio quando muore il marito.»15

Le sue richieste sono state accolte solo in parte dalla riforma.

12 Tratto da “La nonviolenza marocchina” presente nel sito: http://www.cosinrete.it/2007_12/cosinrete3447_07.htm

1 13 Primo califfo della dinastia degli Omayyadi (661-680).14 I conflitti per la successione del califfato dopo la morte di Maometto portano alla divisione tra sunniti e sciiti. I sunniti considerano legittimi i primi quattro califfi, mentre gli sciiti ritengono legittimo solo Alì, cugino e genero di Maometto, e gli imam suoi discendenti.15 Vedi: Negri Augusto, Islam.Conoscere e capire la religione musulmana, Utet Università, 2007, pag 133.

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Anche Fatima Mernissi, autrice di tanti libri sulla condizione delle donne nell’Islam, si dichiara contenta della nuova Mudawwana: «La riforma della Mudawwana, il Codice di statuto personale, sta portando molti cambiamenti. Certo, la tradizione è lenta a morire, ma una legge ha anche effetti immediati. Per esempio, i nuovi diritti della donna in caso di divorzio hanno scoraggiato molti uomini al matrimonio, mentre ci sono donne che, piuttosto che scegliere le vite delle loro madri, rinunciano alle nozze in giovane età. Se negli anni ’60 le donne che si sposavano prima dei vent’anni erano l’80%, oggi sono il 20%»16.

3.5 Gli effetti del Codice quattro anni dopo

Nella tabella17 sottostante, possiamo vedere un confronto tra il 2004 e il 2005 relativo agli aspetti (matrimonio, poligamia, divorzio) su cui il Codice ha prodotto degli effetti.

Anno matrimoni

maggiorenni che hanno contratto il matrimonio da soli poligamia

divorzio e divorzio giudiziario

divorzio consensuale

2004 236.574 34.475 904 26.914 1.8602005 244.975 49.175 841 29.668 4.948

% +3,475 +42,640 -7,000 +10,230 +66,020

Possiamo dunque vedere che si è verificata una diminuzione del 7 % dei casi di poligamia, mentre il numero di matrimoni, contrariamente alle aspettative, è aumentato.Un altro aspetto positivo che si può notare è l’aumento del 66% del numero di divorzi avvenuto col consenso di entrambi i coniugi.Per quanto riguarda la poligamia, confrontando le cifre ufficiali dei tribunali di Rabat e di Marrakesh, si evidenzia che mentre a Rabat si è verificata una diminuzione dei casi di poligamia del 23,60%, a Marrakesh si è avuto un aumento del 12,73%.A Marrakesh è stato rilevato un aumento del numero di autorizzazioni alla poligamia soprattutto in base alla capacità finanziaria del marito e in base all’età avanzata della prima moglie. Ciò è in contraddizione con il nuovo Codice che ha fatto della poligamia un’eccezione.

16 Tratto da “Un’intervista a Fatima Mernissi” presente nel sito: http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=124717 Vedi: “Rapport sur l’application du Code de la famille deux ans après son entrée en viguer” presente nel sito: http://www.lddf.ma/ciofem/publications.html

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Confrontando gli stessi aspetti però nel 200618, possiamo evidenziare che :- si è verificato un aumento del 11,64 % del numero di matrimoni (che sono passati da 259.612 a 289.821).- il numero delle donne che hanno deciso di sposarsi autonomamente (senza l’intervento del tutore) è aumentato del 22,21%.- la poligamia è diminuita del 3,57% (passando da 841 casi a 811).- il numero dei divorzi è diminuito del 4,82% (da 29.668 a 28.239) mentre nel 1997 il loro numero era 74.872.

Nell’istituto della magistratura di Rabat, il mondo dei giuristi e le diverse associazioni femminili si sono riuniti per festeggiare i quattro anni dall’entrata in vigore del nuovo Codice e per fare un bilancio.Un bilancio che in generale è positivo anche se rimangono ancora degli aspetti negativi soprattutto in relazione al matrimonio dei minori.Rispetto al 2006 si è verificato un aumento del numero di matrimoni del 9% (nel 2007 sono stati celebrati 300.000 matrimoni). La poligamia è diminuita e la sua percentuale sul numero totale di matrimoni è dello 0,3%.Anche se in alcune zone è ancora alto il numero di autorizzazioni concesse, come a Mohammedia dove sono state accettate l’83,33% delle domande di autorizzazione della poligamia.Il matrimonio dei minori resta ancora un grave problema e rappresenta il 10% sul totale dei matrimoni celebrati.Il numero dei divorzi è aumentato del 14% e sono soprattutto le donne a chiederlo ( 26000 donne contro 14000 uomini ).

3.6 I marocchini presenti in Italia

La Mudawwana si applica a tutti i cittadini marocchini che vivono in Marocco ma anche a quelli che sono emigrati e sono residenti all’estero19.Quindi anche i marocchini che vivono in Italia devono sottostare in ambito familiare alle nuove disposizioni.In seguito alle pressioni delle associazioni di donne in Marocco, è stata inviata una relazione governativa ai Consolati affinché promuovano l’informazione sul nuovo Codice di famiglia all’interno delle comunità marocchine all’estero.

18 Vedi : “Rapport annuel sur l’application du Code de la Famille 3 ans après son entrée en vigueur” presente nel sito: http://www.lddf.ma/ciofem/publications.html 19 Secondo le statistiche del sociologo marocchino Mohamed Hamadi Bekouchi, i marocchini residenti all’estero sono oltre due milioni e mezzo. Con 800.000 presenze è la Francia il paese dove è concentrato il maggior numero di marocchini. In Italia invece, sono presenti 170.000 marocchini.

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Recentemente, in Marocco si è formata anche una commissione di esperti della riforma, che hanno il compito di organizzare all’estero degli incontri informativi, con lo scopo di raccogliere anche pareri e critiche.Tuttavia, le trasformazioni legislative avvenute in Marocco non sembra siano giunte nelle comunità marocchine presenti in Italia, per lo più fossilizzate su tradizioni e comportamenti che nelle città della madrepatria stanno scomparendo.Anche la violenza domestica, il ripudio unilaterale, il rifiuto del marito a concedere il divorzio alla moglie, anziché scomparire a poco a poco per effetto delle nuove leggi, in terra straniera sembrano radicalizzarsi.La Mudawwana innovata pare non essere ancora giunta tra le famiglie maghrebine di Torino, Milano, Roma, ecc.Questo fenomeno, tuttavia, è spiegabile solo con una radicalizzazione difensiva dell’identità sociale e tradizionale, che viene percepita come “in pericolo”, minacciata dall’esterno, dalla condizione stessa dell’essere immigrati stranieri. Un altro elemento da tenere in considerazione è il livello culturale: in Marocco, l’analfabetismo sta lasciando il posto alla scolarizzazione, ai diplomi e alle lauree, mentre in Italia la maggior parte dei cittadini maghrebini proviene dalle aree più arretrate e possiede un basso livello culturale.

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