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Filosofia Musica e Filosofia, due sorelle tanto diverse quanto uguali per importanza e profondità dei contenuti . Spesso questo aspetto, il senso di profondità, è più un indicatore di quello che non comprendiamo che di quello che si palesa ai cinque sensi. Sia l’Una che l’Altra, contengono concetti che vivono al limite dei nostri sensi, e che ci consentono di estendere i nostri orizzonti mentali. La Filosofia non è una scienza in grado di penetrare profondamente un settore della realtà come se fosse una disciplina specializzata: essa ha sempre avuto il compito di unificare tutte le conoscenze, proponendosi come conoscenza suprema, e il suo linguaggio specialistico, dove appare, è motivato dalla necessità di concetti adatti all’unificazione del sapere. La Musica, di contro, è un’Arte diversa dalle altre, il suo dominio é tra l’Arte e la Scienza. La collocazione di Musica e Filosofia , sapienze parallele, nella zona più alta dell’intelligenza, sarebbe la condizione ideale perché l’una possa fondersi con l’altra, o almeno esserle di potente aiuto per illuminare meglio la comprensione ultima e definitiva del reale. Nella storia della cultura, quasi sempre il rapporto tra filosofo e musicista è stato difficile, o almeno vissuto con freddezza da entrambe le parti; Musica e Filosofia, eccetto rare circostanze, si sono ignorate, e come forme di conoscenza hanno mostrato la tendenza ad escludersi a vicenda. L’ “Armonia Perfetta”, il nodo indissolubile tra le due supreme forme di sapienza, é la promessa di una conoscenza penetrante che arrivi al Paradiso dell’Intelletto. Arthur Schopenhauer Per Schopenhauer, la musica non e’ altro che una delle vie di liberazione dal dolore , ma non viene considerata come soluzione finale. La vita e’ fatta di desideri, di ambizioni e voleri; l’uomo, però, non potrà mai arrivare al soddisfacimento di tutti i suoi desideri, e tale situazione lo porterà al dolore. Da questa considerazione, emerge il suo pessimismo, che si sviluppa nell’affermazione “vivere è soffrire ”.

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Filosofia

Musica e Filosofia,  due sorelle tanto diverse quanto uguali per importanza e profondità dei contenuti .Spesso questo aspetto, il senso di profondità, è più un indicatore di quello che non comprendiamo che di quello che si palesa ai cinque sensi.Sia  l’Una che l’Altra, contengono concetti che vivono al limite dei nostri sensi, e che ci consentono di estendere i nostri orizzonti mentali.La Filosofia non è una scienza in grado di penetrare profondamente un settore della realtà come se fosse una disciplina specializzata: essa ha sempre avuto il compito di unificare tutte le conoscenze, proponendosi come conoscenza suprema, e il suo linguaggio specialistico, dove appare, è motivato dalla necessità di concetti adatti all’unificazione del sapere.La Musica, di contro, è un’Arte diversa dalle altre, il suo dominio é tra l’Arte e la Scienza.La collocazione di Musica e Filosofia, sapienze parallele, nella zona più alta dell’intelligenza, sarebbe la condizione ideale perché l’una possa fondersi con l’altra, o almeno esserle di potente aiuto per illuminare meglio la comprensione ultima e definitiva del reale.Nella storia della cultura, quasi sempre il rapporto tra filosofo e musicista è stato difficile, o almeno vissuto con freddezza da entrambe le parti; Musica e Filosofia, eccetto rare circostanze, si sono ignorate, e come forme di conoscenza hanno mostrato la tendenza ad escludersi a vicenda.L’ “Armonia Perfetta”, il nodo indissolubile tra le due supreme forme di sapienza, é la promessa di una conoscenza      penetrante    che arrivi al Paradiso dell’Intelletto.

Arthur Schopenhauer Per Schopenhauer, la musica non e’ altro che una delle vie di liberazione dal dolore , ma non viene considerata come soluzione finale.

La vita e’ fatta di desideri, di ambizioni e voleri; l’uomo, però, non potrà mai arrivare al soddisfacimento di tutti i suoi desideri, e tale situazione lo porterà al dolore. Da questa considerazione, emerge il suo pessimismo, che si sviluppa nell’affermazione “vivere è soffrire”.

“La musica è staccata da tutte le altre arti. In lei non conosciamo l'immagine, la riproduzione di una qualsiasi idea degli esseri che sono al mondo; eppure la musica è

un'arte così grande e sublime e così potentemente agisce sull'intimo dell'uomo, così appieno e a fondo viene da questo compresa, quali lingua universale più limpida dello

stesso mondo intuitivo; - che in lei di certo dobbiamo cercare ben di più delle relazioni matematiche tra numeri e intervalli. [...]

L'ineffabile senso intimo d'ogni musica, in grazia del quale ella ci passa davanti come un paradiso a noi ben famigliare, e pur eternamente lontano, affatto comprensibile e

pur tanto incomprensibile, proviene dal riflettere tutti i moti del nostro essere più segreto, ma senza la realtà loro, e tenendosi lungi dal loro tormento.”

da “Il mondo come volontà e rappresentazione”

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Valore catartico della musica.

Al pari delle altre arti la musica è in grado di sottrarci momentaneamente alla sofferenza, ma non solo. Vista la sua natura è in grado d’influire sulla volontà, riproducendo in noi gli infiniti moti di quest’ultima. Non è tuttavia da ritenere che per questo motivo perda il suo potere catartico. Infatti non è in grado di farci soffrire veramente essendo solo pura, distaccata, rappresentazione. Come tutte le arti anche la musica esige che “la volontà resti fuori dal gioco e che noi ci limitiamo ad essere puro soggetto conoscente” .

Valore teoretico della musica.

Essendo l’immagine stessa della volontà ci consente di cogliere l’essenza di ogni fenomeno, la forma pura privata della materia .Ma cos’è la volontà se non impulso cieco e irrazionale, passione, sentimento?Proprio questo è infatti il linguaggio della musica: il sentimento, contrapposto al concetto della ragione. Questo esprime la musica : ci racconta la vita più intima e segreta della volontà, attraverso i gradi della sua oggettivazione, dal mondo inorganico all’uomo, dalla forza bruta ai più delicati moti e sentimenti dell’animo umano.Così come poi le idee sono ordinate secondo una precisa gerarchia di consapevolezza che culmina nell’uomo (l’essere che, in quanto dotato di ragione è fra tutti il più consapevole) e si moltiplicano attraverso le dimensioni spazio-temporali e causali originando tutti i fenomeni esistenti, così la musica stessa è ordinata in una gerarchia di suoni di altezza crescente che sono in diretto parallelismo con le varie idee ed i fenomeni in cui esse si oggettivano e particolarizzano .La musica nella sua struttura raccoglie perciò l’intero mondo. Di conseguenza Schopenhauer procede nella sua analisi metafisica della musica, instaurando una serie di parallelismi e analogie fra mondo e musica. Infatti al pari delle idee la musica è immediata oggettivazione e copia della medesima volontà e differisce perciò dalle idee solo nella forma.

Il basso fondamentale

Il basso fondamentale è quello che si muove in modo più pesante e non è altro che il rappresentante della massa bruta : il suo salire e discendere si fa solo per grandi passaggi. Soltanto nella melodia la musica diventa discorso, linguaggio, non della ragione, ma del sentimento.Il basso fondamentale corrisponde alla voce più grave di una composizione. Per analogia con questa sua collocazione e per l’intrinseca natura, è assimilato da Schopenhauer ai gradi più bassi in cui la volontà si  oggettivizza: il mondo inorganico, la massa planetaria. Infatti è possibile rintracciare le seguenti analogie:  1. Dal basso fondamentale trae origine la successione dei suoni armonici superiori, fra cui si ritrovano i suoni della triade perfetta maggiore costruita su tale grado; 2. Il basso è grave e pesante. Infatti, vista la ridotta velocità delle vibrazioni che lo generano esso si muove lentamente ed (in genere) per grandi intervalli, dando la sensazione della pesantezza; 3. La distanza del basso dalle altre voci è più marcata di queste fra di loro (in genere supera l’ottava). 

1. “Tutti gli organismi si debbono considerare come sorti dalla graduale evoluzione della massa planetaria, che è il sostegno e l’origine” 2.  Ciò che contraddistingue la materia bruta è appunto la gravità, la pesantezza. Inoltre in essa la volontà si estrinseca in moti retti da leggi generali, ampi e “grezzi” che non conoscono le sfumature della sensibilità 

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3. Il salto di qualità fra la massa primordiale e i successivi regni (minerale, vegetale, animale) è più marcato di quello esistente fra questi ultimi.

Nietzsche e il rapporto con Wagner

“Senza musica la vita sarebbe un errore.”         (Nietzsche)      

Il celebre Caso Wagner, compiuto nel luglio del 1888,  riesce a far parlare le gazzette così squallidamente mute prima per Nietzsche, per il carattere pamphletaire di quest'opera del terribile specialista. Wagner è per Nietzsche artista moderno per eccellenza, senza natura, senza cultura, senza istinto. Ma Wagner ha saputo, con acutissima perspicacia, scoprire i bisogni, le necessità interiori, dell'anima dei suoi tempi. Wagner è un ciarlatano che ha suonato insieme tutte le campane: la brutalità, l'idiozia, l'artificio sono le sue armi. Wagner, narcotizzatore misterioso, sbigottisce come un sogno cupo, come un incubo, le anime malate. Gli istinti nichilisti, la fatica, la morte sono glorificati dal Maestro che ha reso musicalmente l'antipotenza e l'antivolontà. Wagner è il decadente per eccellenza, quello che Nietzsche, nella "Volontà di potenza" definirà "un grande punto interrogativo del nostro secolo". La musica secondo Nietzsche é stata privata del suo carattere affermativo e “trasfiguratore” del mondo per diventare una vera e propria musica di decadenza, e non più il flauto di Dioniso: in essa non é più insita una volontà di vivere che permea tutte le opere, bensì predominano i temi cupi di chi rifiuta la vita. Tutto "Il caso Wagner" non é altro che un enorme "problema musicale", come lo definisce Nietzsche stesso in "Ecce homo": e Nietzsche si proclama pronto a muover guerra contro Wagner, il suo grande amico del passato, schierando i campo i "pezzi più grossi della mia artiglieria". Nietzsche era particolarmente affascinato dalla Musica in quanto forma artistica, per di più tipicamente dionisiaca ed egli arriva più volte a sostenere che l'arte sia più importante della verità .Il grande pensatore tedesco dice di disprezzare in Wagner l'eccessivo spirito religioso e l'antisemitismo sfrenato (e qui abbiamo la conferma decisiva dell'errata interpretazione nazista del pensiero nietzschiano che, indebitamente, lo ha sempre fatto passare per antisemita) . 

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Ma la critica aspra e polemica mossa al musicista tedesco non trova le sue radici in complessi edifici argomentativi, quanto piuttosto nel mettere in luce i danni arrecati da Wagner alla cultura tedesca: sì, perché "Wagner è una malattia" che se non trattata con la giusta terapia può infettare l'intero mondo tedesco ed europeo. Ed ecco allora che troviamo Nietzsche nei panni di medico indaffarato a trovare un rimedio a questa malattia di nome "Wagner". Wagner secondo Nietzsche ha tutte le istanze dell'uomo moderno: il sovreccitamento e l'esaltazione, la pomposità delle rappresentazioni, il teatro rivolto alle masse, all' 'armento'. Strettamente congiunto alla decadenza wagneriana é l'idealismo stesso che caratterizza il musicista tedesco: il cercare in modo esasperato la redenzione dell'uomo , la conoscenza. Wagner é poi imbevuto del pessimismo di Schopenhauer, da cui Nietzsche si é saggiamente distaccato. Non mancano poi le critiche all'ideale wagneriano secondo il quale la musica non sarebbe un punto di arrivo, ma solo un mezzo per arrivare oltre, a qualcosa di superiore: Nietzsche non può accettare questo, da grande estimatore dell'arte quale egli é: non vi é un "oltre la musica", non vi é una verità recondita cui l'uomo può accedere tramite le leggiadre sinfonie musicali: tutta la verità é insita nella musica stessa, massima espressione artistica di tipo dionisiaco. Certo, Wagner si può ammirare: è un seduttore in grande stile, convince gli incerti senza condurli alla consapevolezza di ciò che viene fatto loro credere, occulta il più nero oscurantismo nei luminosi involucri dell' "ideale". I giovani con Wagner diventano imbecilli, cioè "idealisti.”

Dunque, l'adesione a Wagner deve far sì che la vita riesca in singoli individui, in singoli esemplari e non realizzi la felicità della maggior parte delle persone. Il "dramma di sè" deve essere "ritrovamento di sè". Occorre prendere potere su se stessi: ciò significa anche prendere potere sui nostri "pro" e sui nostri "contro" ("aver potere sul bene e sul male") .Questo ci libera dall'obbligo di solidarizzare con gli altri i quali invece ostacolano proprio la formazione del super uomo. Nel 1854 Wagner si avvicina a Schopenhauer concependo il mito non solo come passato inverato dalla storia, ma come il presente che spiega il passato, poi supera Schopenhauer affermando la possibilità di un' azione redentrice.

Wagner infonde nei personaggi uno spirito universale sì che l'angoscia degli dei antichi, le passioni dei nani e dei giganti, l'anima degli eroi si identificano con le nostre angosce, con le nostre passioni, con i nostri stessi ideali. Due le idee madri in Wagner: l'idea di una caduta originale e quella di una redenzione. Il male entra nel mondo per una colpa, e fatalmente allarga il proprio influsso fino a dominare tutti gli esseri viventi e persino gli stessi dei. La caduta da uno stato di innocenza e la coscienza della colpa spingono i personaggi wagneriani al bisogno di un riscatto: siamo alla vigilia dell'idea della redenzione. E poiché nessuno può essere nello stesso tempo colpevole e redentore, ecco allora profilarsi l'eroe redentore: l'uomo puro tra i puri potrà essere l'eroe degno della missione e riportare l'umanità alla purezza, perdonando e obliando la "caduta". 

Niente di più lontano da Nietzsche. Il filosofo rifiuta decisamente l'equivalenza pena = colpa. E' vero che la sofferenza conferisce distinzione, virtù, valore e nobiltà, ma l'ascesi di Nietzsche ha un'altra direzione; ciò che è terribile è la mancanza di senso del dolore, è la sua gratuità che suscita ribellione. Occorre dunque trovarne una interpretazione. Poiché il senso del dolore ha varie interpretazioni, trovare il "senso in sé " è cosa che non esiste. E' compito rimesso a ciascuno di noi trovare l'interpretazione del nostro dolore personale. Solo così avrà "senso" per ciascuno di noi e ne renderà possibile l'accettazione. Dunque il dolore 

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può assumere più forme perché di per sé non ha valore, ma riceve il valore di "riflesso", il valore che ogni uomo dà al proprio dolore. La sofferenza non deriva da colpa, c'è e basta; è la lotta titanica con il dolore che ci porta a rinascere alla vita. Morale, religione, metafisica sono solo giustificazioni. Il dolore ha senso nel preciso momento in cui io gliene do uno. Dice Nietzsche: "davanti al tiranno (dolore) io sono senza colpa". Profonde divergenze ideologiche e filosofiche allontanano quindi Nietzsche da Wagner, per quanto Nietzsche abbia indubbiamente sentito il fascino della musica wagneriana, e non solo. Dopo l'allontanamento da Wagner, Nietzsche farà l'elogio della Carmen di Bizet, dimostrando di amare un altro tipo di musica. Anche Wagner era stato grande ammiratore di Nietzsche fervente entusiasta allorché nel 1872 era uscita "La nascita della tragedia dallo spirito della musica". Persino Cosima Wagner riceve con gratitudine gli omaggi e le dediche letterarie e musicali che le indirizzò il filosofo. Ma già nel luglio 1876, quando esce la quarta "inattuale": "Richard Wagner a Bayreuth", il filosofo avverte il suo congedo da Wagner. Intanto le condizioni di salute di Nietzsche si aggravano sempre più e allorché esce nel 1878 "Umano, troppo Umano", Cosima e Richard Wagner si chiudono in un silenzio ostile. Di lì a poco Wagner non esisterà più per Nietzsche se non nelle opere e nei brani che lo riguardano. Solo nel 1889, in piena crisi psichica e ormai prossimo al manicomio, Nietzsche ricorderà il nome Wagner, scrivendo a Cosima di amarla.

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Storia

LA MUSICA E IL NAZISMO

La musica fu, per diverse ragioni, un elemento fondamentale della  politica culturale nazista.Il nazismo fece della musica un elemento fondante dell’identità nazionale, tanto da arrivare a mescolare, nell’iconografia, un simbolo nazista come l’aquila, con un organo ( la scritta dice “Germania, terra della musica”).  Di conseguenza, il regime nazista creò un’organizzazione formidabile della vita musicale facendone una potente ed efficiente macchina di propaganda.Le funzioni della musica erano per lo più legate all’esaltazione della forza e della gloria della Germania, all’amore per la purezza della cultura tedesca e alla valorizzazione dell’ideologia di razze superiori sulle inferiori. L’intera attività musicale fu regolata attraverso un’istituzione che aveva il compito di dirigere, controllare ed eventualmente censurare la vita musicale del Reich. Oggetto degli attacchi nazisti erano quindi il jazz perché appartenente ad cultura 

inferiore, la dodecafonia, le canzoni del cabaret e qualunque altra musica che non rientrasse nella tradizione dei grandi autori tedeschi.Ma qual era secondo i nazisti la vera incontaminata musica tedesca?E’ noto che Hitler aveva una personale, sterminata ammirazione per Wagner. Tuttavia , al di là dell’ammirazione che il Fuhrer aveva per il compositore,altre profonde ragioni contribuirono a far si che i nazisti erigessero Wagner a fondatore dell’identità , non solo musicale, tedesca.I soggetti narrativi delle sue opere e la magniloquenza della sua musica ben si adattavano alla propaganda , tanto che i  congressi del partito ed altre ricorrenze ufficiali si aprivano con  l’esecuzione di musiche di Wagner. Egualmente venivano organizzati dal regime concerti nei luoghi di lavoro e di ricreazione in cui la musica di Wagner costituiva spesso l’unico repertorio eseguito.Bisogna inoltre ricordare che Wagner era amato dai nazisti per le sue idee antisemita, avendo lui pubblicato un opuscolo contenente chiare idee razziste. Più sfumata fu invece la posizione del nazismo verso Beethoven, che seppure eseguito nei concerti pubblici e considerato nella sua peraltro indiscutibile grandezza, non venne mai usato nelle celebrazioni di regime.

Otto giorni prima del Putsch di Monaco dell' 8 novembre 1923 Adolf Hitler andò in visita a Bayreuth. Non solo era un accanito estimatore della musica e degli scritti antisemiti di Wagner, ma apprezzava molto anche il pensiero dell'inglese naturalizzato tedesco Houston Stewart Chamberlain, marito di Eva Wagner eautore del libro Die Grundlagen des XIX Jahrhunderts, 1200 pagine sulla "superiorità della razza germanica cui Dio aveva affidato la missione di civilizzare il mondo e di dare origine a una nuova, forte, pura, civiltà occidentale". Con Chamberlain ebbe un lungo colloquio, dopo il quale Chamberlain scrisse a Hitler una solenne lettera in cui lo definiva "un dono di Dio", un essere che il Signore aveva inviato sulla terra a testimoniare la grande vitalità della nazione.Adolf Hitler riteneva che "chiunque voglia comprendere la Germania nazionalsocialista deve conoscere Wagner".

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I nazisti misero al bando i libri del critico musicale Eduard Hanslick, contemporaneo di Wagner, un ebreo che, pur riconoscendone la grandezza dello sforzo artistico, fu implacabile contestatore delle sue idee e del suo stile musicale.Altri critici musicali hanno descritto i nazisti che si inebriavano di potenza ascoltando Wagner come biechi strumentalizzatori di insuperabili pagine musicali. Ma c'è qualcosa nella musica di Wagner che entra in consonanza con il Nazismo, anche senza tenere conto degli stessi scritti politici antisemiti del musicista?Thomas Mann descrive l'effetto prodotto dalla musica di Richard Wagner:“Una musica totalizzante, oltre la quale sembra non esserci più nulla. E per ciò stesso, una musica "pericolosa".”Nell'esame che il musicologo Paolo Isotta dedica alla musica nell'opera letteraria di Thomas Mann, non può mancare una pagina a proposito del Lindenbaum, canzone dal tono popolare solo apparentemente innocua. E che il significato di un'opera d'arte può ampiamente travalicare l'opera stessa. […] V'è qualcosa di più importante della bellezza, l'amore per la Zivilisation. La musica tedesca può essere amata solo nella misura in cui non osti alle disposizioni umanitarie. Schubert è scelto quale emblema d'un sentimento del mondo, ma a più forte ragione le parole che lo riguardano intendono riferirsi a Wagner. […] Nell'interesse della salute morale dell'umanità, nell'interesse della democrazia, non si dovrebbe consentire liberoaccesso alla musica tedesca, da Bach a Wagner. Occorrerebbe un'opera di educazione preventiva, che inoculasse nel popolo il contravveleno atto a renderlo immune dal suo pericoloso fascino. Ecco una delle più importanti conclusioni che vanno tratte dalla Montagna incantata. […] È significativo, ripetiamo, ch'egli non circoscriva il suo discorso al solo Wagner, ma rienga tutta la musica tedesca in quanto tale possibilegeneratrice di quel sentimento del mondo cui, sul terreno dell'azione politica, si conviene dare il nome di 'Nazismo'.La fascinazione della musica tedesca, che fa parte della Kultur, si contrappone dunque alla Zivilisation. I due concetti Kultur e Zivilisation già in Nietzsche e in Burckhardt sono un'alternativa inconciliabile. Per Thomas Mann sono il perno di una svolta politica che negli anni dopo la prima guerra mondiale lo porterà dalle posizioni conservatrici delle Confessioni di un impolitico al rifiuto del regime hitleriano e all'esilio:Civilizzazione e cultura non soltanto non sono un'unica e stessa cosa, ma termini antitetici; formano una delle molteplici manifestazioni dell'eterna discordanza della nostra umantà e del contrasto tra spirito e natura. […] Evidentemente cultura non è l'opposto di barbarie; essa è più verosimilmente e abbastanza spesso una primitività stilizzata, e d'altronde civilizzati, tra tutti i popoli dell'antichità, lo furono forse solo icinesi. Cultura significa unità, stile, forma, compostezza, gusto; è una certa organizzazione spirituale del mondo, sia pur tutto ciò avventuroso, scurrile, selvaggio, sanguinoso, pauroso. La cultura può comprendere l'oracolo, la magia, la pederastia, il cannibalismo, culti orgiastici, inquisizione, autodafé, ballo di S. Vito, processi di streghe, fiorir di venefici e delle più varie atrocità. Civilizzazione è invece ragione, illuminismo, distensione, ritegno, compostezza, scetticismo, chiarificazione… spirito. Praticamente tutta la musica tedesca, Wagner in testa, è, secondo Thomas Mann, se non “colpevole” certo strettamente connessa con gli aspetti più torbidi del regime hitleriano. Perché è popolare, radicata Kultur invece di essere responsabile, razionale Zivilisation.Il nazionalsocialismo, in tutta la sua incredibilmente empirica volgarità, è la tragica conseguenza della estraneità (di tipo mitico) alla politica da parte dello spirito tedesco. […] Io trovo l'elemento nazista non solo nella problematica 'letteratura' di Wagner, ma lo trovo anche nella sua “musica”, nella sua, e sia pure nel senso più elevato, problematica opera. […] L'entusiasmo che genera, il senso di grandiosità che così spesso ascoltando Wagner si impadronisce di noi, ed è paragonabile soltanto alle sensazioni che in noi suscita la natura nei suoi aspetti più grandiosi, le vette delle montagne al crepuscolo, il mare in tempesta, non ci può far dimenticare che quest'opera (la quale è stata creata “contro la civilizzazione”, contro la cultura e l'educazione nel loro complesso, quali si sono affermate e ancora predominano dal Rinascimento), è espressione dell'epoca umanistico-borghese tanto quanto la dottrina hitleriana; non possiamo dimenticare che […] con le sue rime allitteranti, con la sua mistura di primitivismo e di futurismo, con il suo appello ad un popolo-massa senza divisione di classe, con il suo rivoluzionarismo reazionario-mitico, essa è l'esatta prefigurazione spirituale di quel movimento “metapolitico” che oggi incute terrore al mondo intero.La struttura della frase e l’impianto armonico sono di una semplicità studiata nei minimiparticolari, affinchè possano essere ascoltati, ricordati, intonati senza difficoltà.

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Si hanno melodie ripetitive, giocate sul sistema tonica-dominante, senza intervalli di difficile intonazione. Si procede per gradi congiunti o percorrono gli intervalli delle triadi. Vi è il ripetersi del tema, come una nenia rassicurante, anche nell’ Horst-Wessel-Lied ( inno tedesco) che è monotematico.

Il tema si sviluppa sull’estensione di una ottava: tutti devono essere in grado di cantarlo

La musica nei lager assunse un ruolo fondamentale nell’esaltazione dell’orrore e nell’annientamento della dignità umana. La musica era suonata di continuo, e scandiva il ritmo incalzante della vita di un prigioniero, durante le adunate, ma soprattutto nel corso delle esecuzioni, quando, a secondo del campo di concentramento, un’orchestra costituita da detenuti, oppure un singolo solista, accompagnava l’evento con il cosiddetto “ Tango della morte”. Questo era un palese insulto alla dignità dell’individuo, che preludeva all’annientamento, pressoché totale della sua personalità. Allo stesso tempo però , la musica fu vista dai detenuti come un modo per stemperare l’odio.A Terezìn, cittadella fortificata trasformata in ghetto per l’eliminazione degli ebrei, fu girato un film-documentario dal titolo “ Il Fuhrer dona una città agli ebrei”, di evidente funzione propagandistica. Grazia a questo documentario possiamo avere testimonianza di molte composizioni di artisti internati. La musica a Terezìn non fu sin da subito autorizzata, le prime prove e i primi concerti avvenivano di nascosto, solo in un secondo momento, le SS si resero conto di poter approfittare della necessità degli artisti di fare musica per i loro scopi di tortura, e legalizzarono l’attività musicale, senza però accorgersi di innescare “ una machina formidabile di resistenza”.L’apoteosi di quest’attività musicale si ebbe con la messa in scena del Requiem musicato da Giuseppe Verdi.Ciò che colpisce maggiormente nell’ascoltare musiche composte da autori internati è la fortissima allusività che esse assumono in quel preciso contesto. Brundibar è un’opera per dieci bambini solisti, in cui viene descritta la sconfitta di un tiranno.SI ha dunque una presa di posizione da parte dei detenuti: la musica diventa arma di ribellione, ed è usata come strumento per infondere sia la speranza in una possibile liberazione dal tiranno, sia la forza morale per poter agire in una tale condizione di dolore e disperazione.La fiaba offriva pertanto ai detenuti una via per allontanarsi dalla realtà e rifugiarsi in un altro mondo, per dare sfogo alle fantasie e ai desideri collettivi.L’arte assume una funzione catartica, di purificazione dei traumi vissuti attraverso la rievocazione degli stessi che quasi va sfumando nel comico o nel grottesco.Il Requiem poi è l’invocazione alla libertà eterna, quella stessa libertà negata ai prigionieri, il passaggio a una vita nuova, forse migliori.“ Libera me! Libera nos!”Ma i tedeschi ridono, proprio non lo capiscono, non capiscono che gli ebrei cantano per se stessi. Pur essendo così, essi continuano a cantare, come a voler ribadire la loro resistenza fino alla fine.

MUSICA FASCISTA

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I  contenuti politici del nuovo regime, ossia  i  presunti impegni sociali,  furono diffusi anche attraverso la musica, elemento propagandistico per la persuasione tra i più efficaci, usato con grande importanza dalle dittature, dai partiti più in vista, dalle religioni.Il fascismo, ormai saldamente al potere, cominciò ad esercitare un rigorosissimo controllo anche in quel campo: nel 1924 «una circolare del Partito nazionale fascista recava l’ordine di presentare tutte le canzoni straniere con parole “comunque tradotte”. Il cognac diventava “arzente” e il pullover “farsetto”, il nome di Louis Armstrong veniva tradotto in quello di Luigi Braccioforte e quello di Benny Goodman in quello di Beniamino Buonomo…».In quanto alle rime, comparvero spessissimo abbinamenti come valore-onore, battaglia-mitraglia, valore-tricolore,  bellezza-ebbrezza,  ardire-avvenire,   cimento-ardimento,   libertà-fedeltà,  e  quant’altro,  mentre   il “vincere o morir…” rappresentò l’epilogo della maggior parte dei canti, senza contare l’altra terminologia, relativa, in modo diretto o allusivo, a fattori politici.Il padre storico del canzoniere fascista fu Giuseppe Blanc (nato a Bardonecchia l’11 aprile del 1886 e morto a Santa Margherita Ligure il 7 dicembre del 1969), allievo intelligente ed assiduo del Liceo Musicale, ove studiò armonia e contrappunto; giovane montanaro, piemontese, sapeva suonare tutti gli strumenti, dalla fisarmonica al violino. Ma il genere dell’operetta non godette i favori di Mussolini al potere, il quale, pur consacrando   il   Blanc   iniziatore   del   canzoniere   di   regime,   tuttavia   si   scagliò   contro   quel   genere   poco marziale. Blanc non sempre riuscì a restare completamente fuori da trame banali e da motivetti scontati

Giuseppe BlancOltre alle marce, il fascismo ha prodotto anche molte canzoni ruraliste che dovevano servire per sostenere la "battaglia del grano" o le bonifiche delle paludi: per esempio "Reginella campagnola" o "Se vuoi goder la vita".   Sempre   agli   anni   Trenta   risalgono   canzoni   quali   "Parlami   d’amore   Mariù",   "Gli   uomini   che mascalzoni", "Mille lire al mese", ecc..Tra le canzoni tipiche fascista ricordiamo “Giovinezza” 

GIOVINEZZAInno  degli   studenti  universitari,   inno   trionfale  del  Partito  Nazionale  Fascista,   fu  una  delle   canzoni  più importanti della prima metà del XX secolo in Italia ed ebbe vasta eco anche all'estero.La  canzone nacque nel  1909 con  il  titolo  Il  Commiato,  come canto goliardico di  addio  agli   studi  degli universitari di Torino, dalla penna di Nino Oxilia e sulle note di Giuseppe Blanc, laureando in giurisprudenza e, allora, allievo del Liceo Musicale.  Le parole gioiose e malinconiche dell'Oxilia celebravano la fine della spensierata età degli studi, ma anche le sue gioie, gli amori e il vigore.La sera stessa del giorno della sua composizione, l'inno fu eseguito nella sala della trattoria al termine della cena di fine corso, per poi essere cantato tutta la notte per le vie deserte di Torino.L'anno seguente, 1910, il Blanc, ormai sottotenente del Genio, partecipò ad un corso sciatori e una sera eseguì "Il Commiato" di fronte ad alpini ed ufficiali. Costoro si entusiasmarono e elessero il pezzo "Inno degli   sciatori".   Il   Corpo  degli  Alpini   lo   innalzò  quindi   a  proprio   canto  ufficiale   suonandolo  durante   la campagna di Libia.Dunque nella parabola del canto di Giuseppe Blanc si può vedere tutta l'evoluzione sociale che ha portato al Regime fascista: dalla canzone goliardica dei giovani studenti interventisti, all'inno dei reparti alpini e poi di quelli d'assalto; passa a infondere coraggio alle squadre d'azione dei primi Fasci divenendo esaltazione della rivoluzione fascista, per poi terminare con la celebrazione solenne e retorica del Regime e della sua

Italiano

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Giacomo Leopardi

“La musica, se non è la mia prima, è certo una gran mia passione, e dev’esserlo di tutte le anime capaci d’entusiasmo...”

Leopardi dichiara espressamente di aver cominciato tardi ad ascoltar musica e che prima del 1816 (egli aveva 18 anni all’epoca) la sua conoscenza musicale si fermava ai soli canti popolari che giravano per Recanati.

Il primo dilemma musicale di Leopardi si aggira attorno al bello in natura e quindi anche nella musica. 

Scioglie allora la musica secondo ciò che per lui erano i suoi due cardini fondamentali: il suono e l’armonia. 

Il suono determina l’effetto generico della musica, la sua forza si estende non solo agli uomini ma anche a 

tutto il mondo animale. Tocca all’uomo a quel punto fare in modo che la propria voce si elevi a significato di 

musica per diventar anima di godimento artistico. 

Rispetto all’armonia il suono ha un importanza rilevante, poichè l’armonia stessa deriva dal “primitivo 

suono” e anche perchè la più bella melodia eseguita da una brutta voce o da un cattivo strumento risulta a 

noi detestabile. 

L’armonia d’altronde è ciò che in musica determina il bello ed è variabile a seconda delle conoscenze 

umane (come nel caso dell’odierna società occidentale che ha una conoscenza relativa a 5 note ovvero 

“pentatonica” rispetto alle 12 esistenti). 

Suono e armonia sono quindi inscindibili. Uno rafforza l’altra. Il suono senza armonia non è abbastanza 

forte e durevole mentre l’armonia senza suono sarebbe totalmente inutile (anche se Leopardi continua a 

far prevalere il suono poichè “basta sol quello per smuovere l’animo umano”). La musica infine è qualcosa 

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di profondamente soggettivo e intimo ed è il vero tramite tra noi e le emozioni in quanto non si tratta di 

accogliere dall’esterno un emozione, ma muovere dentro l’espressione musicale i nostri sentimenti.

Come si ascolta la musica?

Leopardi però dà completo sfoggio della sua capacità musicologica quando si dedica all’argomento 

dell’ascolto della musica. Il primo termine che Leopardi cita è l’assuefazione. Leopardi nota che in musica 

(che gli pareva “la più universale delle bellezze”) l’orecchio dell’ignorante è diverso da quello dell’artista 

poiché il primo da giudizi nulli o rudimentali mentre il secondo ricchi ed eleganti. Il diletto e il bello in 

musica quindi derivano da una continua assuefazione che portano ad una abitudine generale alla melodia. 

Infatti le musiche più apprezzate sono le cosiddette “popolari” che il pubblico ascoltandole riesce 

immediatamente a coglierne il mezzo, il fine e tutto l’andamento. Il pubblico infatti preferisce questo tipo di 

musica perché intuitiva e non necessita di numerosi ascolti per essere apprezzata. 

Questa “assuefazione popolare” (nata appunto da successioni di suoni  universalmente piacevoli) è 

appunto alla base anche della nostra musica pop (senza contare il fatto che l’analfabetizzazione musicale 

oggigiorno è maggiore). 

Il problema alla base è sempre l’ascolto. Più musica si ascolta, più l’orecchio si affina a melodie differenti 

creando così una facoltà di giudicare le melodie in maniera migliore, varia ed estesa.

La musica è inoltre un campo difficile poiché la novità, a differenza delle altre arti (come la poesia, la 

scultura e la pittura), significherebbe “disarmonia e sconvolgimento delle assuefazioni generali” (poi in 

seguito Schonberg introdurrà la dodecafonia che porterà la musica classica verso nuovi orizzonti). 

Per Leopardi questo problema non è tanto nelle successioni di suoni (che sono infinite), ma nelle 

successioni di suoni che creano “il diletto che nasce dal senso della melodia”. Quindi concludendo è 

complicato abituarsi alla musica. Essa non è visiva, a differenza delle altre arti, non possiede sostanziali 

novità (anche se questo però è un concetto legato ad un mondo musicale abbastanza lontano dal nostro) 

ed è strettamente legata ai costumi di ogni luogo in cui viene composta.

Sulla musica Leopardi ragiona lungamente nella quotidiana stesura dello Zibaldone. Di essa scrive: 

·      "Le altre arti imitano ed esprimono la natura da cui si trae il sentimento, ma la musica non imita e non esprime che lo stesso sentimento in persona. Continua dicendo che la poesia per esprimere "il vago e l'infinito del sentimento" deve "applicarsi a degli oggetti" perdendo di immediatezza rispetto alla musica. 

·      L'influenza della musica sull'animo spetta al canto (al suono, come lo definisce Leopardi), apportatore di un "effetto naturale" e indipendente dall'arte, mentre l'armonia, dipendente dall'arte, frutto di un'astrazione umana e di un particolare processo storico, arreca, a chi abbia i mezzi per coglierlo, il senso di bellezza (che evidentemente dipende dal particolare periodo storico, così che, ad esempio nel Rinascimento non potrebbe considerarsi "bella" l'armonia romantica) .

·      Il poeta pone giustamente in evidenza che tutta la nostra cultura musicale affonda le sue radici nella teorizzazione greca e il nostro gusto musicale e i giudizi estetici in merito alla musica, poggiano sull'assuefazione al genere musicale iniziato in Grecia con Pitagora .

·      Dai Ricordi di infanzia e adolescenza, quasi invidiando i musicisti, (è noto l'amore di Leopardi per il melodramma, in particolare per i lavori di Rossini) vorrebbe poter dire con la musica ciò che non gli riesce con le parole, perché ineffabile . 

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La musica è anche una componente essenziale della produzione poetica leopardiana. Numerosi sono i riferimenti al suono, al canto, al tuono, al vento ed ai rumori di cui è ignota la fonte (si pensi al "solitario canto" dell'artigiano ne "La sera del dì di festa"; o al "perpetuo canto" di Silvia e il "suon della" sua "voce"; o alla "voce" di Nerina, o al "canto notturno di un pastore errante dell'Asia" etc.), privilegiati nella poetica del vago e dell'indefinito, e ritenuti "poeticissimi". La musica è sublimata nell'eco della lontananza e del ricordo, e più che ogni altra sensazione evoca l'immagine dell'infinito e dell'eterno. Infatti, essendo la musica arte in movimento, sviluppandosi, cioè, nella dimensione temporale, qualora essa sia resa ancor più evanescente dalla lontananza, tanto da non poter più distinguerne un inizio o una fine, sembrerà essere eterna oltre che infinita (la musica è intrinsecamente caratterizzata dall'assenza della spazialità, dissolta nell'infinito), con somma gioia dell'animo dell'ascoltatore, trascinato in un "dolce naufragrare". E proprio ne "L'infinito" emergono più compiutamente questi aspetti e riflessioni. Come, infatti, l'esclusione dell'orizzonte alla vista del poeta, gli consente di "fingere" nel pensiero "interminati spazi" e "sovrumani silenzi" ; così comparando "quello infinito silenzio" alla "voce" del vento gli "sovvien l'eterno". Dunque la sensazione uditiva del vento (si usa parlare anche di sensismo a proposito dei temi e dei metodi di analisi del poeta) stimola la percezione dell'eternità, a cui il poeta non può giungere attraverso la poesia; a quest'ultima è invece destinato il resoconto dell'esperienza vissuta - come si usa fare con un diario – la quale sarà così preservata nella memoria dall'oblio del tempo. Gli stessi versi, nella componente metrico-sintattica e lessicale sono riusciti a molti critici e lettori intrisi di grande musicalità. Infatti la struttura così libera e aperta della canzone libera leopardiana (canzone in cui le strofe si succedono con libertà di lunghezza e struttura) sembra riprodurre, trascrivere, l'andamento ondeggiante della musica pura, ed emana musicalità ogni silenzio, ogni pausa ogni enjambement, ogni singola vocale e consonante. Tanto che diversi compositori (Mascagni, Petrassi, Malipiero, Busoni) si sono cimentati nell'accompagnamento di testi del Leopardi. Secondo me però (ammetto di non conoscere direttamente questa produzione), è impossibile tradurre in musica ciò che è già di per sé musica. Si rischia, insomma, di ridurre e costringere i vari echi, suoni e canti sublimati dal poeta nell'infinità e nell'eternità, ad una forma musicale finita e determinata. 

L'infinito

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,E questa siepe, che da tanta parteDell'ultimo orizzonte il guardo esclude.Ma sedendo e mirando, interminatiSpazi di là da quella, e sovrumaniSilenzi, e profondissima quieteIo nel pensier mi fingo; ove per pocoIl cor non si spaura. E come il ventoOdo stormir tra queste piante, io quelloInfinito silenzio a questa voceVo comparando: e mi sovvien l'eterno,E le morte stagioni, e la presenteE viva, e il suon di lei. Così tra questaImmensità s'annega il pensier mio:E naufragar m'è dolce in questo mare

Letteratura Latina

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Sant’Agostino e il De Musica

Agostino legittimizza la musica agli occhi della Chiesa, ma la cosa più interessante è che lo fa attraverso un tormento interiore che non ha paura di illustrare nelle Confessioni, e che si tratta di un tormento tutto mediato dal rapporto con la madre. Agostino inizia ad apprezzare la musica, per la precisione il canto liturgico, ascoltando la madre Monica cantare nella chiesa di Milano. Da quel momento, per lui, l'ascolto della musica, la riflessione sulle strutture ritmiche del verso e del canto (alle quali dedicherà un intero libro, il De musica appunto) sono indisgiungibili dal profondo rapporto che intrattiene con sua madre. Le pagine sulla morte di S. Monica, nelle Confessioni, sono attraversate dal tema della musica e del silenzio, che è poi musica interiore, e le oscillazioni agostiniane successive sul tema dell'utilità o della peccaminosità del canto (che se è troppo bello distrae dal contenuto della preghiera) non possono prescindere dalla dolcezza del ricordo della madre. Agostino non può condannare la musica perché così facendo condannerebbe sua madre, e implicitamente condannerebbe la gioia e l'estasi della preghiera a voce spiegata, che aveva imparato ad apprezzare nella basilica di Milano, ascoltando i fedeli che si facevano coraggio a vicenda, mentre temevano che l'imperatrice Giustina scatenasse i suoi eserciti contro la città per contrastare il potere del suo vescovo. Commentando il Salmo 99, Agostino giunge perfino a dire che il fedele gode, cantando, proprio di quelle parole divine che comunque non saprebbe spiegare. La musica e il canto, questo ho cercato di spiegare nel mio libro, per Agostino sono una forma di partecipazione a quelle "parole non transeunti" che Dio pronuncia, a quel "Verbum" che è la Rivelazione e che dunque non è soggetto al passare del tempo. Attraverso Agostino, la musica mostra così il suo volto contraddittorio: espone la verità dell'eterno, pur essendo legata a doppio filo allo scorrere del tempo e alla sua scansione in uno o più ritmi. Agostino non può risolvere razionalmente questo doppio statuto della musica. Lo porta però alla luce, in una maniera che si combina mirabilmente con la sua filosofia del tempo e della memoria, così come è espressa dalle Confessioni fino alla Città di Dio. È per questo che Agostino ha trovato il suo posto in una ricerca su Lo spazio materno dell'ispirazione

Letteratura Greca

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La musica nella Tragedia Greca

La poesia tragica si configura essenzialmente come mimesis (imitazione) della realtà, raggiunta con tre mezzi: rhythmos (ritmo), logos (parola) e harmonia (musica). Oserei azzardare che l’unione delle tre arti performative (poesia, musica e danza) in tragedia era capace di un’imitazione veramente icastica della realtà, soprattutto della sua tridimensionalità, in quanto la poesia sembrerebbe rievocare la dimensione della lunghezza (il “metro” appunto), la musica quella dell’altezza (anche se originariamente “acuto” e “grave” non dovevano essere percepiti proprio come “alto” e “basso”) e la danza quella della profondità (per lo spazio interessato dalle sue evoluzioni).Il tropos (stile) tragico operava su un registro grave, a differenza dei tropoi ditirambico, di registro medio, e nomico, di registro acuto. Per l’estensione che ricoprivano, i canti tragici potevano essere destinati ad un coro di non professionisti composto da uomini adulti, mentre i canti ditirambici potevano essere eseguiti anche da un coro di ragazzi; lo stile citarodico invece pretendeva l’abilità propria di un cantante solista.Lo strumento musicale principalmente adoperato per la musica della tragedia è l’aulos, strumento a fiato ad ancia doppia. Al suonatore di aulo spettava l’accompagnamento dei canti e l’esecuzione di mesauli (intermezzi auletici). Veniva scelto sempre un musicista professionista specializzato proprio in musica tragica. Sofocle ed Euripide prevedevano anche altri strumenti per le loro tragedie, seppure in misura minore rispetto all’aulos: lyra, kithara, barbitos, tympana, kymbala, krotala, rhombos, trigonon, pektis, magadis, salpinx, syrinx. Gli antichi Greci avevano teorizzato un sistema di associazioni tra le strutture musicali e la sfera affettiva dell’uomo, attribuendo a ciascun modello melodico o ritmico un particolare ethos, cioè un carattere capace d’influenzare lo stato d’animo e la volontà stessa dell’ascoltatore. Per esempio nelle tragedie più antiche le melodie rispecchiavano in special modo il genere enarmonico, dotato di un ethos eroico, e venivano utilizzate principalmente le harmoniai dorica, dal carattere solenne, e mixolidia, dal carattere triste e lamentoso.Poichè per il gusto dell’epoca risultava più gradita una musica già nota all’ascoltatore (affinchè questi potesse cantarla mentalmente in contemporanea con l’esecutore), la tecnica compositiva consisteva nella scelta di un determinato nomos, cioè una formula melodica d’antichissima origine, e nella sua riproposizione in forma parzialmente variata purchè non ne venisse pregiudicata la riconoscibilità da parte del pubblico: poter riascoltare melodie famose poteva costituire una grande attrattiva per chi andava a teatro (e nei testi troviamo espliciti riferimenti a queste melodie).Sofocle fin da fanciullo fu educato alla danza e alla musica alla scuola di Lampro: fu un ottimo citarista e curò con particolare attenzione l’aspetto coreografico delle sue tragedie. Introdusse in tragedia le harmoniai frigia e lidia e strumenti musicali fino ad allora non utilizzati. Si può riconoscere una svolta decisiva di Euripide con l’adesione a tali innovazioni nelle Troiane (415 a.C.): è un dato molto significativo, in quanto la “nuova musica” adottò per i cori tragici un registro più acuto, e ciò potrebbe collegarsi alla scelta sempre più frequente di Euripide di fare impersonare ai coreuti personaggi femminili da questo momento in poi.

Platone e la Musica

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Nei suoi dialoghi Platone riserva una parte importante alla Musica, e l’idea del valore etico, già presente in Pitagora  diventa fondamentale.Nel pensiero di Platone la Musica aveva però due aspetti differenti e molto lontani tra loro.Il primo era quello “reale” per cui la Musica si produceva e si fruiva con altrettanti mezzi “reali”.Il secondo, per Platone infinitamente superiore, era quello “ideale”.Questa concezione, e l’influenza che il pensiero platonico ebbe sulla cultura ellenica, è probabilmente la ragione per cui della Musica Greca abbiamo molti trattati teorici, molti accostamenti filosofici,  ma pochi documenti delle pratiche e delle tecniche adottate.Platone, anche nella Republica, condanna la pratica musicale in quanto foriera di “distrazioni” e assimilabile a spettacoli o fiere o a riti dionisiaci. Nel tanto sospirato Stato Ideale la “sdolcinata Musa lirica” deve essere bandita per evitare il regno del piacere e del dolore  e per mantenere il regno della legge.Quand’anche Platone accetta la pratica musicale, lo fa con riserva, invitando all’utilizzo di armonie non dannose, ovvero tali da non indurre comportamenti incontrollati.Se la Musica diventa oggetto della Ragione e non dei Sensi allora diventa una Forma Altissima di Sapienza e si avvicina alla Filosofia.L’Avversione di Platone è verso l’innovazione musicale che è tipica di un intero movimento di rinnovamento che coinvolge per esempio il teatro di Euripide. Quella non era la Musica Divina, quella dell’Armonia Cosmica. D’altro canto sarebbe stato un controsenso accettare il cambiamento per un concetto di Musica divino ed eterno  e quindi immutabile.

La Musica, per Platone, doveva mantenere il suo valore di Legge ovvero nomos, doveva educare.

In definitiva Platone, riprendendo le idee già espresse da Pitagora e da Damone, afferma che, benché il musicista possa essere corruttore dei giovani, egli stesso può essere educatore.

I giovani “divenuti più euritmici e armoniosi siano valenti nel parlare e nell’agire che l’intera vita umana ha bisogno di ritmo e di armonia” (Protagora).

Letteratura Inglese

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James JoyceThe music plays in the life and work of Joyce a central role in all the key moments of his whole existential journey.In his youth he wanted to pursue a career as a tenor and he always had an adversarial relationship with Wagner, who still has a formal reference in his important work.It is evident that the exact definition of musical textures is the main line of his work, as is obvious in the "Chamber Music".In the style of Joyce, numerous figures emerge, such as Epiphany and the stream of consciousness.The "epiphany" or "representation" is the technique whereby the image of an everyday object, the sound of music or the smell of something, reminds a precise moment in the past, through flashbacks.The "stream of consciousness', however, is the way in which Joyce reports directly the thoughts of the 

character as well as they emerge in his mind, without any personal or structural connection, abolishing every punctuation mark.Another technique is the musicalization  of Joyce's prose, which allows you to read a page simultaneously horizontally and vertically as if it were a musical score, some sentences moving from one section and inserting them into another, the author makes evident the presence of action in different places.His critical nature of Irish society and the Catholic Church shines through in works like "Dubliners" and especially "Portrait of the Artist as a Young Man.”

"Dubliners"Dubliners is a book that collects 15 short stories published in the weekly The Irish Homestead, edited by Joyce under the pseudonym of Stephen Daedalus.The protagonists of the book are people of Dublin, and are told their stories of daily life; describes ordinary people who do normal things.The book focuses on two aspects common to all stories: paralysis and escape.The first is primarily a moral paralysis, caused by politics and religion of the time. The escape is a result of paralysis, when the players understand their condition, which however is always destined to fail.

In the short story "Eveline", emerges the theme of music, which has an important role in a precise moment in the life of the protagonist, is the instrument which, through a simple sound, will remember his mother.

"Down the avenue rose the sound of an organ. I knew the reason. Strange that came that night to remind her of the promise made to his mother, promising to keep the family together as long as he could. [...] And 

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while he was there to meditate, the painful vision of the life of the mother was working in the depths of his being a sort of curse, a life of petty sacrifices final ended in madness. "

“Chamber Music”Chamber Music  is a collection of poems written by Joyce, and published by Elkin Matthews in May 1907.The collection originally consisted of 34 love poems, but they were later added two before publication.Strictly speaking, the poems that make up this volume written by Joyce does not fall into the category of "musical allusions," but rather are themselves the "so ngs" (metaphorically speaking), which were then converted and then musically represented by various composers and artists in over the years.The musicality of the poetry of Joyce was noticed immediately, the first composer to appreciate their suitability to the musical was the Irish composer Geoffrey Molyneux Palmer (1882-1957), who began to encourage Joyce since 1907, converting his poems to music (he represented 32 of the 36 poems).The quality and distinction of the work of Joyce's poems is due in part to the rigorous musical instruction author.

In fact, in 1908, Joyce took singing lessons at the Music Conservatory of Trieste and the following year took part in the opera "The Mastersingers of Nuremberg" by Richard Wagner.He was also a popular tenor, so that he thought to singing as a main activity of his life.

Stream of consciousness describes the continuous flow of sense‐perceptions, thoughts, feelings, and memories in the human mind. It was introduced to the field of literary studies from that of psychology, as a method of representing the mental processes in fictional characters.

Biologia 

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Il ritmo cardiaco

Il ritmo cardiaco è il susseguirsi in maniera regolare di una sequenza di eventi elettrici e meccanici che permettono al cuore di funzionare come pompa.

Il cuore è un organo costituito da tessuto muscolare cardiaco, il miocardio, ed è suddiviso in quattro cavità: 2 atri e 2 ventricoli.Non vi è alcuna comunicazione fra atrio destro e atrio sinistro , lo stesso dicasi per i due ventricoli;invece ogni atrio comunica con il ventricolo sottostante tramite le valvole atrioventricolaridestra e sinistra. La prima prende il nome di valvola mitrale, la seconda valvola tricuspidale.

 L’irrorazione del cuore avviene ad opera di vasi chiamati coronarie. 

Le funzioni del sangue sono molteplici:

1) trasporto di ossigeno dai polmoni ai tessuti ed anidride carbonica e prodotti di rifiuto   dalle cellule ai polmoni e agli organi escretori;

2) trasporto delle sostanze nutritizie, assorbite dall’intestino, alle cellule dell’intero organismo;3) trasporto degli ormoni;4) regolazione della temperatura corporea attraverso cessione o assorbimento del calore.

La circolazione del sangue avviene ad opera del cuore che contraendosi e rilasciandosi come una pompa spinge  il   sangue nei  vasi   sanguigni.   Il  movimento di  contrazione è detto  sistole,  quello  di  dilatazione diastole.

 Nella diastole gli atri aspirano il sangue dalle vene e i ventricoli dagli atri; nella sistole gli atri spingono il sangue nei sottostanti ventricoli e questi lo spingono a loro volta nelle arterie. 

Sarà bene chiarire che il  cuore non si contrae né si dilata contemporaneamente in tutte le sue sezioni. Quando gli  atri  sono in sistole,   i  ventricoli  sono in diastole,  onde poter accogliere  il  sangue spinto dal rispettivo atrio in contrazione. In un secondo tempo, a ventricoli pieni di sangue, sono questi a contrarsi, cioè ad entrare in sistole, mentre  i corrispondenti atri entrano in diastole, sì da poter aspirare il sangue refluo dalla grande e dalla piccola circolazione. In altri termini, vi è una sistole atriale e una sistole ventricolare, come pure vi è una diastole atriale e una diastole ventricolare. 

- Nella fase sistolica atriale il sangue viene immesso dall’atrio nel sottostante ventricolo; - nella  fase sistolica ventricolare,   dal   ventricolo   destro   il   sangue   viene   spinto  nell’arteria 

polmonare, dal ventricolo sinistro viene spinto invece nell’arteria aorta. A questa alterna e ritmica contrazione degli atri e dei ventricoli si dà il nome di ciclo cardiaco.Esso dura in media ¾ di secondo e si manifesta con i fenomeni del battito; in un minuto si compiono circa 70 cicli cardiaci , detta frequenza cardiaca, corrispondenti a 70 battiti del cuore.

La sincronizzazione del battito cardiaco parte da un   centro nervoso situato nell’  atrio destro,   il  nodo

senoatriale  . Da esso dipende l’ origine del ritmo di base, che può essere modificato, cioè accelerato o diminuito, dal sistema nervoso autonomo; il parasimpatico decelera, il simpatico accelera.

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Si distinguono una grande e una piccola circolazione così schematizzabili:

GRANDE CIRCOLAZIONE:

ventricolo sinistro  aorta arterie  arteriole  capillari  venule  vene  vena cava superiore ed 

inferiore atrio destro.

PICCOLA CIRCOLAZIONE:

Ventricolo destro  arteria polmonare  capillari alveolari polmonari  arteria polmonare  

                                                                     vene polmonari  atrio sinistro

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