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#11 NOVEMBRE - DICEMBRE 2012 www.theartship.it MICHELE SPANGHERO - YOKO ONO - VALENTINO VIVIAN MAIER - ROUBEN MAMOULIAN LARS NYBERG & LINA NORDENSTROM IT’S NOT THE END OF THE WORLD BARBARA NATIVI - NI DIEU NI MAÎTRE

The Artship #11

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Bulletin of Visual Culture

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#11 NOVEMBRE - DICEMBRE 2012

www.theartship.it

MICHELE SPANGHERO - YOKO ONO - VALENTINOVIVIAN MAIER - ROUBEN MAMOULIANLARS NYBERG & LINA NORDENSTROMIT’S NOT THE END OF THE WORLDBARBARA NATIVI - NI DIEU NI MAÎTRE

Proprietario e direttore responsabile: Paola PluchinoVicedirettore: Andrea M. CampoResponsabile di redazione: Giuditta NaselliResponsabili di sezione: Vincenzo B. Conti, Pasquale Fameli, Gabriella Mancuso, Elisa Daniela Montanari, C.S., Elena ScaliaResponsabili rapporti esterni: Margaux Buyck, Valeria TaurisanoHanno collaborato a questo numero: Maria Livia Brunelli, Alessandro Cochetti, Ada Distefano, Federica Fiumelli, Francesco Mammarella, Federica MelisIllustrazioni: Elisa Sartori e Agata MatteucciGraphic Editor: Damiano Friscira

Registrato presso la Cancelleria del Tribunale di Bologna Num. R.G. 261/2012, al N. 8228 in data 03/02/2012.

In copertina:Michele Spanghero, Voice of Space, 2012,Iron capsule, speaker, audio cable, media player 32 h x 30 x 30 cmCOURTESY GALERIE MARIO MAZZOLI

Con il Patrocinio:

INDICE5 Editoriale L’arte non è bomba intelligente ma stupido cuore di Paola Pluchino

6 I Racconti di Fedra L’orchidea del diavolo di Andrea M. Campo

8 Macadam Museum Gli opposti si attraggono di Elisa Daniela Montanari

10 Urban Addicted Valentino: Master of Couture di Ada Distefano

13 In Conversation With Guido Bartorelli. Curatore della mostra Augmented Place di Paola Pluchino

16 Punctum L’arte inconsapevole di Vivian Maier di Federica Melis

18 Imagine. What else? di Federica Fiumelli

20 Sound Forward Houston, ricevete?

21 Young District Per una storia dell’arte del domani la Redazione

22 Cahiers d'Histoire Les Bohèmes s’invitent au Grand Palais di Margaux Buyck

24 Peanut Gallery Nervi e cuore di Elena Scalia

26 E-Bomb La fine del mondo termina a Beirut, ma passa per Torino di Francesco Mammarella

27 Il Proiettore di Oloferne

La magia di Broadway sul grande schermo di Giuditta Naselli

28 OPEN CALL di Gabriella Mancuso

29 (p)Ars Construens Ci saranno pietre da raccogliere dopo un terremoto? Loro alla fine faranno cattedrali di Maria Livia Brunelli

30 Balloon Il Lucca Comics dei record di Alessandro Cochetti

31 Bookanear32 Routes di Gabriella Mancuso

35 L’Immanente e il Trascendente Conversazioni da sorseggiare di Vincenzo B. Conti

Elisa Sartori, L’uomo muro

Elisa Sartori, nata a Cremona nel 1990, dopo aver frequentato il Liceo artistico Bruno Munari della sua città, si sposta a Venezia dove ora, a febbraio, si laureerà all’Accademia di Belle Arti di Venezia, in Decorazione. Attualmente sta lavo-rando alla tesi sul tema dell’adolescenza in relazione all’immagine e ai media, in un progetto che si sviluppa su Face-book, attraverso una pagina di illustrazioni dedicata a questa delicata fase di età (la pagina si chiama: BASTA PASTA).Da poco ha partecipato ad una collettiva, con il Progetto Giovani, del Comune di Padova.Elisa ha sempre basato il proprio lavoro sull’illustrazione e il fumetto ma ha provato a cimentarsi anche in altri ambiti, stimolata dai suoi studi da decoratrice, come quello dell’incisione e della performance.Ciò che mira a esprimere nelle sue opere è la condizione umana dell’errore, servendosi della leggerezza sarcastica che caratterizza la sua produzione.E’ possibile visionare i suoi lavori sul suo blog: dettotraparentesi.blogspot.it

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EDIT

ORIA

LE

La storia dell’arte contemporanea ha visto nell’ultimo secolo il proliferare di nuove tendenze e brillanti intuizioni, molteplici modi di dirsi mondo, linguaggi eterogenei.

Questo ha generato, nei pensatori e nei teorici della nostra generazione, la volontà stringente di trovare delle categorie fenomeniche che avessero la forza intrinseca di contenere così tante spinte contrapposte, così numerosi desideri d’espressione. A ben guardare, la maggior parte di questi desideri di parola, non sono altro che mere speculazioni individuali, forze che la vanità compone e porta avanti e in nessun modo hanno la capacità di guidare il cambiamento, di essere feconde, di reggere le basi di un nuovo atteggiamento visuale.

Il problema di più difficile risoluzione, per gli addetti ai lavori che agiscono dietro le quinte, è quello di trovare dei nuovi strumenti capaci di sondare, con piglio certo e chiarezza nei risultati, fenomeni e prodotti culturali socialmente interessanti, diversi, dal magma stantio e sterile che frequentemente circonda gli ambienti dell’arte.

Accanto a imbrattatele e corniciai, fotografi della domenica e improvvisati performer, si assiste ad un abbassamento generale del livello medio di creatività, di bravura, di eclettismo reale e non paventato. Ciò che preoccupa all’oggi è la grande inconsistenza di molti artisti, curatori e critici, che arrogano diritti di parola proponendo uno spessore culturale sempre più spesso simile alla chiacchera da bar.

Probabilmente demerito stesso di coloro che abitano gli interni del palazzo dell’arte, aver ceduto troppo presto al compromesso di semplificare pur di farsi comprendere, senza compiere lo sforzo di mantenere come ombra lunga la tensione che l’arte porta con sé, il frutto odoroso, sfaccettato e non completamente comprensibile, solo intuitivamente afferrabile.

Per essere competitivi, la cultura dovrebbe porsi per differenza sul mercato, diffidando da coloro che provano a costruire necessariamente reti, ponti e legamenti, che gettano a caso fili d’alleanze, che stringono patti aleatori con la volontà di trarre un profitto contingente. La cultura è un’altra cosa, praticamente il contrario. È colore netto, nell’iride vorticosa del nostro contemporaneo, in nessun modo onnisciente e onnicomprensiva, ma solo nella somma delle parti che la compongono superiore a se stessa, lontana da quella moda del simile che rende ogni discussione banale, già sentita, noiosa, grigia come un cielo carico di smog, senz’anima.

Paola Pluchino

L’arte non è bomba intelligente ma stupido cuore

♬ Fabrizio de André - Disamistade

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I RACCONTI DI FEDRA

Nel giardino di Anna è spuntato un fiore. Ha petali neri come il petrolio, incrociati come mani in preghiera che salgono giunte sul gambo, fino in cima. Gli speroni guardano la terra e il suo cuore non produce mai altro fiore. Spuntano per caso, improvvisamente, vicino a una casa annunciando la morte di chi vi abita. Trasportati lì da un’ape esasperata dai sapori di un girasole morente. Anna è troppo piccola perché comprenda ma sua madre, non appena visto il fiore, ha soffocato un pianto, amaro come il polline di quel fiore su cui nessun insetto vuole posarsi. La leggenda narra che il fiore del Diavolo, in principio, fosse un’orchidea gialla con lunghi pistilli arancioni volti al sole. Ogni giorno una giovane portava l’acqua allo sventurato fiore, cresciuto tra due rocce in un terreno arido. Un mattino la Morte, in cerca di un’anima da falciare, vide la bella ragazza dormire accanto al suo fiore. Si avvicinò silenziosa ma, prima che potesse assestare il colpo, il fiore iniziò a cantare svegliando la giovane che fuggì ed ebbe salva la vita. La Morte, furiosa, invocò il Diavolo che portò pece e zolfo dagli inferi e ricoprì di fuliggine il piccolo fiore, condannandolo per sempre al suo presagio di morte.

“Mamma mi porti un po’ d’acqua” chiese la piccola Anna. Cancellando le tracce del pianto, la madre trascinò le gambe fino su in cima tra gli scalini traballanti.“Ciao Creaturina, come stai?” domandò con dolcezza. La voce tremante svelava il suo dolore. Accanto al letto della bimba, la finestra faceva da cornice al fiore maledetto. Avvolto da un’aura cupa, esalava un profumo zuccherino, mieloso ma privo di vita; l’odore artefatto della morte.“Mamma io morirò?”.“Non morirai, te lo prometto”.Mentiva più a sé che alla piccola. Mentiva impotente davanti alla crudeltà del destino, mentiva per fuggire al cappio della paura: lenta e inesorabile le stringeva il collo lasciandola senza fiato. E lei provava a rifugiarsi in quei grandi occhi blu spaventati, innocenti e stanchi, segnati da un dolore troppo grande per un corpo ancora acerbo. Anna si addormentò e lei chiuse gli occhi tenendole la mano. Passarono ore o forse mille anni. Misurare il tempo era impossibile e, quando riaprì le palpebre, Anna respirava affannosamente. Guardò fuori e il fiore non c’era più ma avvertì il freddo intenso del sonno eterno. Si voltò. Un manto nero copriva una figura esile e inquietante, un vuoto immenso da cui giungevano le urla delle anime dannate. Gli Occhi imperscrutabili del Nulla raccontavano la guerra, le malattie, l’odio delle epoche passate e l’incertezza dell’avvenire. Una voce profonda e grave parlò. “E’ giunta l’ora. Devi venire con me”.“Lasciala stare maledetta. Figlia del diavolo, invisa a Dio e alle creature viventi” urlò la madre disperata.“Perché prendi lei, innocente e pura? Non è ancora giunto il suo tempo, perché non prendi me? Il mio corpo è stanco e invalido e la mia mente non è lucida ma cosa cambia per te che mieti le ombre, vivi nell’oscurità e risorgi solo per pochi attimi dal buio?”.La Morte si fermò e sfiancata si sedette accanto alla madre.“Quante volte una madre, un padre, un fratello o una sorella, un figlio o un amante, mi ha accusato di essere ingiusta. Se prendessi la tua anima anziché la sua, lei piangerebbe ogni giorno per la tua condanna. Sola e abbandonata si rimprovererebbe per il resto della vita di aver avuto indietro la sua vita per la tua. E voi umani non chiamate questo, egoismo? Tu soffri per il tuo dolore, non per il suo. Piangi lacrime per quello che dovrai patire ma lei sarà libera”.Anna non aveva paura, non conosceva abbastanza la vita da temere la morte. Poggiò la guancia nivea sul cuscino e serena si rivolse alla tetra figura.“Parlerò a mia madre e, rassicurata, non si opporrà; prima, però, vorrei avere una risposta da te”.Persuasa dalla sicurezza della piccola Anna, la Morte chiese al Tempo un momento per esaudirne il desiderio. Secondo il libro del Destino la morte di una bimba sarebbe avvenuta allo scoccare della mezzanotte: al dodicesimo rintocco l’eterno debito verso Dio sarebbe stato saldato. Per undici volte l’antico orologio a parete lasciò riecheggiare il suo canto inesorabile attraverso le stanze della casa, poi, le lancette si fermarono.“Parla piccola, chiedimi pure ciò che vuoi, ma concederò una sola domanda” disse la voce tenebrosa.

L’orchidea del diavolodi Andrea M. Campo

♬ Bud Powell - Time Waits

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“Ho trascorso poco tempo su questa terra, la vita non ha né senso né valore per me, e ancora di meno ne ha la morte” disse Anna “Non mi è stata offerta la possibilità di guadagnarmi il paradiso o l’inferno. Il tempo è tutto ciò che ho per essere degna. O per meritare l’eterna condanna. Come può essere giudicato chi, come me, non ha avuto vita?”.“L’essenza dell’eternità, che costituisce i mondi di cui tu parli, è per me incomprensibile. La nostra sostanza è diversa. Io sono figlia del Destino. E il Destino agisce attraverso le tre fanciulle che governano la vita. La più giovane fila lo stame, la seconda lo svolge dal fuso e infine la più anziana lo recide. Quest’ultima ha il compito più ingrato, piange senza sosta e con la vista offuscata dalle lacrime non vede dove feriranno le sue cesoie. Alcune volte le fanciulle generano una fibra densa, di valore e resistente, altre volte invece il filo non riesce a fare neanche un giro attorno al fuso. Così, alcuni uomini avranno un’esistenza lunga e felice, altri conosceranno solo il dolore, e altri ancora avranno così poco tempo a loro disposizione che non conosceranno né l’uno né l’altro. Al Caso non importa che tu abbia vissuto un minuto o cento anni, sarà la tua anima a essere giudicata e non il tuo corpo”.Anna non comprendeva. Ogni singolo istante della vita perdeva significato. Improvvisamente da una culla rosa salì il vagito disperato della sorella di Anna appena nata. La madre prese in braccio la neonata e l’adagiò sul petto della bimba per darle l’ultimo saluto. “Non c’è più tempo ormai” disse la Morte e l’orologio batté il dodicesimo rintocco.“Non ho paura” rispose sicura la piccola Anna “sono pronta” e chiuse gli occhi stringendo forte a sé la sorellina.“Io non sono qui per te, sono qui per lei” precisò la Morte indicando l’esserino che piangeva nell’abbraccio. Sollevò la falce ma la madre mostrò il petto al fendente.“Fermati ti prego, prendi me” supplicava la donna. La lama la trapassò senza ferirla e si conficcò nel cuore di Anna, che si era posta fra la falce e la sorellina. Anna non fiatò e continuo a stringere forte a sé la piccola. La falce cominciò a decomporsi spargendo una polvere nera ai piedi del letto. Anna non provava alcun dolore aspettando di cadere a terra esanime da un momento all’altro. Non accade nulla. Si voltò e vide la Morte placarsi nel buio della stanza.“Il filo è stato già reciso, non puoi cambiare ciò che è stato scritto” disse svanendo, a poco a poco, in un angolo remoto. Anna allentò la presa e guardò la sua sorellina. Aveva smesso di respirare.La Morte, però, le aveva concesso un altro istante di vita. Un secondo in cui tutto l’amore della madre e della sorella poté avvolgere la neonata e il cui calore l’avrebbe protetta nel cammino verso l’Aldilà. Sul seno ancora acerbo di Anna si formò una piccola cicatrice a forma di fiore, quel fiore maledetto, che, innamorato di Anna, durante una notte di luna piena, le aveva svelato il segreto della Morte: solo un cuore candido e sincero come il suo avrebbe potuto combattere l’inesorabile cammino del Destino. La Morte aveva fatto quel che doveva ma prima di rimettersi in cammino si rivolse alla piccola coraggiosa. “Il tuo amore e la tua audacia saranno ricordati per sempre. La terra porterà il segno della bimba che ha osato sfidare la Morte. Sei coraggiosa piccola Anna, sei una bimba coraggiosa” e così dicendo sparì del tutto.

La madre aprì lentamente le palpebre. Nel torpore non riusciva ancora a distinguere la figura di Anna. Era stato un sogno o il lontano ricordo di un’anima lacerata. Anna dormiva serena e la sua mano lentamente addolciva la presa. Uno strano brivido percorse le membra della madre: un tepore delizioso e lacerante; nonostante il crudele destino, la piccola Anna non avrebbe conosciuto dolore e paura.

A pochi giorni dalla sua morte, sulla tomba spuntò un piccolo fiore dai petali iridescenti: era il fiore maledetto che, persa la fuliggine del Diavolo, si era tinto del rosso sangue del cuore di Anna. Il suo gambo era resistente al freddo invernale e superava le più aride estati. Al mattino volgeva lo sguardo al sole e la sera si inchinava al cielo pregando per la bimba. E ogni volta che la luna piena appariva tra le stelle, allo scoccare del dodicesimo rintocco, la piccola orchidea rossa si apriva e versava una lacrima della propria essenza, come la coraggiosa Anna, che nel sogno di sua madre, aveva offerto una lacrima della propria anima per proteggere la sorellina mai nata.

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Dublino – Ventuno gior-ni per ammirare la piena e minimale nordicità dei due artisti svedesi protagoni-sti della nuova mostra alla galleria GRAPHIC STUDIO specializzata in arte grafi-ca. 8-29 Novembre le date in cui saranno esposte le nuove opere della coppia Lina Nordenstrom e Lars Nyberg. Uniti nella vita non po-trebbero essere più diver-si nell’arte: concettuale e astratto il lavoro di lei, figurativo e realista quello di lui. Opposti ma complementari, i loro lavori sembrano esaltarsi a vicenda in un connubio senza dubbio ben riuscito.

Lina Nordenstrom, fautrice di importanti lavori di Arte Pubblica in Svezia, approfondisce in questa mostra al-cuni aspetti della sua arte emersi nei lavori realizzati a Uppsala, a Falun e nella piazza Moa Martinson a Stoc-colma, inaugurati quest’anno. “La prima volta che ho visto un film di Tarkovskij cer-cavo con tutti i miei sforzi di comprenderne il significa-to, poi ho realizzato, forse non è così importante sco-prire il perché di ogni cosa, forse bisogna solo godersi il film e lasciare che la pellicola scorra. In quel momen-to ho provato un grande sentimento di sollievo”. Con quest’aneddoto Lina Nordenstrom espone il suo lavo-

ro. Le lettere, le parole, così come le mappe e i disegni architettonici, a loro modo sono tutti lin-guaggi, ciò che l’artista vuole mettere veramen-te in luce non è il con-tenuto del messaggio, ma il vettore. “Non è im-portante il luogo rappre-sentato dalla mappa, ciò che è affascinante è la raffigurazione della map-pa in sé; così come non è importante l’oggetto rappresentato da una parola, è la lettera stessa che ha un valore grafico e visivo autonomo”. Tutti i linguaggi possono esse-re letti solo dopo la deco-dificazione dei loro elementi secondo regole precise, l’intento dell’artista è di dislocare l’oggetto dal suo abi-tuale contesto rendendone impossibile la decifrazione secondo le regole usuali; nella mente dello spettatore si crea una sorta di cortocircuito nel momento in cui vede una parola, una mappa o un disegno, che ricono-sce come elemento ordinario e dal quale si aspetta una precisa corrispondenza a un elemento del mondo reale ed esperibile, che però risulta inesistente. Il linguag-

MACADAM MUSEUMGli opposti si attraggonoSilenzio e suono, presenza e assenza, convivono e si completano nella coppia svedese Lars Nyberg & Lina Nordenstom in mostra a Dublinodi Elisa Daniela Montanari

♬ Sigur Ros - Hoppipolla

Lars & Lina Show in Graphic Studio Gallery, Dublino 2012

Lina Nordenstrom, Vinkelkomposition III,2012, incisione in linoleum

Lars Nyberg, Solitude, 2012, incisione a secco

Lina Nordenstrom, Untitled, 2012, disegno su carta realizzata a mano

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gio diventa un elemento puramente astratto, sebbene ancora riconoscibile. E’ interessante come la reazione del pubblico alle opere di Lina si divida in due catego-rie: una parte reagisce come l’artista, con sollievo alla notizia dell’assenza di un significato nascosto e all’invi-to a godere semplicemente dell’immagine; l’altra parte con delusione.

Una volta perso il valore funzionale, le parole e le let-tere si trasformano in mattoncini lego con cui giocare alla creazione di mondi paralleli: “28 lettere nell’alfa-

beto svedese sono come pietre trovate e raccolte per strada, collezionale, mescolale e disponile come vuoi, ma attenzione a non occuparti di troppe cose alla vol-ta; 28 è un numero più che sufficiente”. Questo è l’av-vertimento che lancia l’artista in uno dei testi presen-tati alla mostra. Le parole e le lettere diventano gioco e si trasformano in puro suono. Queste sperimentazioni hanno forse un antenato co-mune alle ricerche sonoro-grafiche futuriste, e all’as-sociazione libera surrealista o forse più semplicemen-te, derivano dall’inarrestabile e ansiogena ricerca che porta l’essere umano a creare simboli sempre più com-plessi, per poi distruggerli, come un bambino agisce contro il suo stesso castello di sabbia.

Suono, segno grafico e libera associazione rendono la parola finalmente sinestetica, e nel frattempo la lega-no alla delicatezza della rappresentazione figurativa appartenente ai lavori di Lars Nyberg. Le sue opere finemente dettagliate trattano elementi naturalistici e paesaggi in una maniera profondamente intima e quasi spirituale. Il silenzio, la solitudine, il raccoglimento è ciò che emerge da queste piccole immagini, renden-dole assolutamente complementari a quelle della sua compagna. Due vite, due lavori artistici, due facce della stessa me-daglia, due modi opposti ma paralleli per raccontare un universo e il suo opposto. Il suono delle parole con-vive con il silenzio della solitudine, così come la pre-senza di un luogo e uno spazio riconoscibili convivono con la loro assenza.

“La prima volta che ho visto un film di Tarkovskij cercavo con tutti i miei sforzi di comprenderne il significato, poi ho realizzato, forse non è così importante scoprire il perché di ogni cosa, forse bisogna solo godersi il film e lasciare che la pellicola scorra. In quel momento ho provato un grande sentimento di sollievo”.

Lina Nordenstrom, opera di Arte Pubblica presente nella piazza Moa Martinsons, Stoccolma, 2012

Lars & Lina, Show in Graphic Studio Gallery, Dublino 2012 – Lina Nordenstrom

Lars Nyberg, Dublin Bay, 2012, incisione a secco

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Un abito rosso, il “suo rosso”, dalla linea elegante, fluida, curato nel dettaglio e la firma inconfondibile di colui che è considerato l’Imperatore della moda, Valentino Garavani.

Allo stile e alla vita di Valentino Londra rende omaggio con la mostra- evento “ Valentino:Master of Couture” ospitata alla Somerset House dal 29 novembre 2012 al 3 marzo 2013.

La mostra, organizzata in tre sezioni: History of Valentino, The Catwalk e The Atelier, si snoda in un percorso volto a celebrare la vita, lo stile ed il lavoro del couturier italiano.

L’esposizione inizia con una prima panoramica sulla storia dello stilista italiano composta di fotografie, disegni, inviti, lettere e cimeli personali che offrono un ritratto

intimo del couturier. Il percorso espositivo prosegue con una sfilata in cui sono invertiti i ruoli, dove sono i visitatori a percorrere una passerella di moda per ammirare gli oltre 130 abiti di haute couture in esposizione, molti dei quali indossati da splendide icone come Grace Kelly, Jackie Kennedy, Sofia Loren, Elizabeth Taylor, Gwyneth Paltrow, Anne Hathaway, Scarlett Johansson e molti dei quali memorabili e famosi come l’abito lungo nero con particolari in bianco che Julia Roberts sfoggiò nel 2001 in occasione del premio Oscar per il film “Erin Brockovich - Forte come la verità” o come l’abito da sposa disegnato per Jackie Kennedy per il matrimonio con Onassis. L’ultima sezione della mostra celebra ed illustra l’artigianale e meticoloso percorso di lavorazione che porta alla realizzazione di un abito haute couture dello stilista e lo fa mostrando la creazione dell’abito da sposa della Principessa Marie Chantal di Grecia, meraviglioso esempio di lavoro realizzato a mano, in ogni singolo e prezioso dettaglio, dalle sarte della maison.

A completare la mostra dedicata allo stilista italiano la proiezione di una serie di filmati, video, dibattiti come quello tra Valentino e Giancarlo Giammetti con Colin

McDowell, uno dei più autorevoli commentatori e scrittori di moda al mondo.

Ad esplicare e sintetizzare l’importanza e l’unicità di questa mostra alla Somerset House le parole dello stesso Valentino Garavani nel comunicato stampa di presentazione: “Ognuno di questi vestiti ha una storia incredibile, le sarte dell’atelier li hanno realizzati a mano uno per uno, impiegando ore, a volte giorni, per ciascuno. I dettagli sono incredibilmente complicati. Pochissimi di loro sono stati visti fuori dalla passerella e dal tappeto rosso, quindi mettere in mostra queste creazioni alla Somerset House, dove possono essere ammirati in tutti i loro particolari, è un’opportunità unica”.

URBAN ADDICTEDValentino: Master of CoutureLondra celebra Valentino, l’Imperatore della Moda, con una mostra alla Somerset Housedi Ada Distefano

♬ Annie Lennox - No more I love you’s

Valentino tra i suoi abitiCOURTESY OF

THE REAL VALENTINO GARAVANI WEB PAGE

Dettaglio abito ValentinoCOURTESY OF

THE REAL VALENTINO GARAVANI WEB PAGE

Abito Valentino in esposizioneCOURTESY OFTHE REAL VALENTINO GARAVANI WEB PAGE

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Valentino compie 80 anni e Londra ed il mondo della moda lo celebrano con una mostra unica e raffinata, in linea con lo stile del couturier italiano che per anni ha dominato, emozionando le passerelle di moda sino al suo commovente addio nel 2008.

La storia. Valentino Garavani nasce a Voghera nel 1932 e sin da giovanissimo ha le idee ben chiare su quale sia il suo sogno. Frequenta una scuola di Figurino a Milano, dopo la quale viaggia all’estero e si trasferisce a Parigi. Studia stilismo all’École de La Chambre Syndacale.

Negli anni cinquanta inizia la sua collaborazione nella Casa di Moda di Jean Dessès e nell’atelier di Guy Laroche. E’ il 1957 quando Valentino decide di far ritorno in Italia e a Roma, in via Condotti, apre il suo primo atelier. Ma il successo e l’approvazione arrivano solo nel 1962 con la collezione presentata sulle passerelle fiorentine di Pitti Moda.

Il mondo intero plaude lo stile di Valentino ed è la nascita di un mito.

Il Woman Wear Daily scrive:”Gli americani impazziscono per questo italiano diventato re della moda in così poco tempo”.

In quegli anni con Valentino entra in società Giancarlo Giammetti. Tra i due si crea un connubio perfetto che durerà per oltre 50 anni. Valentino è il creatore, è l’artista della moda, è colui che sogna e realizza un abito capace di esaltare la bellezza della donna che lo indossa con le sue linee morbide, fluide e la cura dei dettagli; Giammetti, dal canto suo, cura magistralmente l’organizzazione delle sfilate, tutti gli eventi, i rapporti con la stampa e si occupa del business della maison.

Per Valentino ciò che conta è la creazione del bello. Disegna figurini dalla linea fluida, elegante, dal tratto sicuro e iperfemminile, utilizza

Valentino tra le sue modelleCOURTESY OF

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Valentino in uno scatto d'archivioCOURTESY OF

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Dettaglio abito ValentinoCOURTESY OF

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Il famoso Peace Dress disegnato durante il periodo della Guerra del Golfo con la parola PACE scritta in 14 lingueCOURTESY OF THE REAL VALENTINO GARAVANI WEB PAGE

Valentino lavora ai costumi del NY City Ballet Fall openingCOURTESY OF THE REAL VALENTINO GARAVANI WEB PAGE

Abito Valentino in esposizioneCOURTESY OF

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tessuti preziosi che nelle sue mani prendono forma divenendo ancor più pregiati, esalta ed enfatizza un colore, il rosso, sino a creare un genere cromatico a se, riconosciuto e ricercato, il rosso Valentino, che diviene subito l’elemento, il colore, immancabile in ogni sua collezione.

I suoi abiti sono curati in ogni dettaglio, le sue creazione sono di altissima qualità, ogni abito, ogni dettaglio, ogni particolare è interamente cucito a mano dalle sarte del suo atelier.

Valentino crea sogni, i suoi abiti sono sintesi di eleganza, di grazia, di lusso, devono esaltare la bellezza della donna, devono emozionare.

Esprime al meglio la sua creatività ed il suo stile nell’ Haute Couture, con collezioni dal carattere elegante, femminile, romantico e suntuoso ma mai eccessivo.

Il mondo intero acclama Valentino e le sue creazioni. Principesse, First Lady, attrici vogliono essere vestite, esaltate nella loro bellezza dal couturier italiano e le più famose modelle sfilano per lui. Valentino stringe con molte di queste

meravigliose donne rapporti di stima e amicizia ed a queste dedica abiti e collezioni, come la White Collection, composta da abiti e mantelle dalle linee morbide e sinuose declinati in tutte le tonalità del bianco e dedicata a Jackie Kennedy, per la quale, nel 1968, crea anche il leggendario abito da sposa corto di pizzo beige per le nozze con Onassis. L’abito di Jackie Kennedy Onassis compare in tutte le riviste del mondo ed è un enorme successo per Valentino che, di lì a poco, ne crea una reinterpretazione per un’altra grande icona di stile, Audrey Hepburn, che era rimasta affascinata da quell’abito di pizzo beige.

Valentino diviene emblema di eleganza, di lusso, di femminilità, diviene il “sogno di moda”.

È il 1998 quando, tra le lacrime, Valentino, mantenendo la sua posizione al vertice creativo, vende la griffe alla Hpd Holding. Nel 2002 la casa di moda viene acquisita dal gruppo Marzotto per poi passare successivamente al gruppo Permira.

L’interesse del mondo verso Valentino è sempre elevato e nel 2008 Matt Tyrnauer, giornalista per Vanity Fair, celebra il couturier con un film- documentario, Valentino: The Last Emperor, presentato alla 65° Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, in cui racconta due anni, quelli tra il 2005 ed il 2007, di attività dello stilista italiano.

Nel 2008 a Parigi, con una indimenticabile ed emozionante collezione di Haute Couture primavera-estate 2008, Valentino dà il suo commovente addio alle passerelle.

Una collezione unica, in cui il carattere stilistico del couturier

è espresso al massimo, in cui l’emozione è estremamente palpabile quando, dopo una passerella finale animata da abiti in “rosso Valentino” che sembrano voler essere il suo saluto personale, Valentino esce e commosso dà il suo addio alle passerelle.

Il mondo della moda e non solo hanno salutato il grande couturier con corrisposta commozione e affetto e con la profonda consapevolezza che la moda non sarà più la stessa senza Valentino, l’Imperatore della moda.

“Come dicono gli inglesi, meglio lasciare la festa finchè c’è gente”

Valentino Garavani

Valentino Garavani e Giancarlo GiammettiCOURTESY OF

THE REAL VALENTINO GARAVANI WEB PAGE

Valentino e Jackie Kennedy a CapriCOURTESY OFTHE REAL VALENTINO GARAVANI WEB PAGE

Foto della Mostra di Valentino: Master of cultureCOURTESY OF THE REAL VALENTINO GARAVANI WEB

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Focus onGuido Bartorelli, docente di Storia dell’arte contempo-ranea presso l’ateneo di Padova, si fa conoscere grazie alla pubblicazione del volume monografico Numeri innamorati. Sintesi e dinamiche del Secondo Fu-turismo (Torino, 2001), al quale seguono Fernand Léger cubista 1909-1914 (Padova, 2009) e I miei eroi. Note su un decennio di arte da Mtv a You-Tube 1999-2009 (Padova, 2010). Già nel 1999 cura, assieme a Fabriano Fabbri, l’originale progetto espo-sitivo ArtBeat. Arte Narrativa Videoclip (Bologna-Milano-Roma, 1999-2000), con artisti quali Botto & Bruno, Loris Cecchini, Ottonella Mocellin, Giovanna Ricotta, Antonio Riello affiancati a scrittori quali Nic-colò Ammaniti, Mauro Covacich, Giulio Mozzi, Aldo Nove, Tiziano Scarpa e ai più belli videoclip musicali dell’epoca. Di dieci anni dopo è Art//Tube. L’arte alla prova della creatività amatoriale (Padova, 2010), che vede gli artisti Botto & Bruno, Stefano Cagol, Ni-cola Gobbetto, Kensuke Koike, ZimmerFrei affiancati questa volta alla creatività amatoriale del web.

Vuole raccontare la sua carriera e le indagini che sta seguendo in questo periodo?Devo riconoscere che ho avuto la fortuna di studiare a Bologna in un periodo di grandi stimoli culturali. Maestri come Renato Barilli e Alessandra Borgogelli, così come un compagno come Fabriano Fabbri hanno favorito un’attitudine di ricerca volta a considerare come fondante il radicamento che l’arte ha nel suo contesto. Negli anni Novanta, ad esempio, buona parte dell’arte è segnata dal rapporto con il mondo delle espressioni mediatiche più avanzate, una delle quali è stata senz’altro il videoclip musicale, straordinario territorio di sperimentazione audiovisiva, capace di esprimere sia un’autentica ricerca, sia di farsi apprezzare da intere generazioni. L’idea, molto diffusa, dell’“artista come star” nasce proprio dal desiderio di emulazione delle star musicali. Oggi il rapporto si è naturalmente spostato verso l’ambito delle espressioni online prodotte dagli stessi utenti, che non si limitano più, come il pubblico televisivo, ad “assistere allo spettacolo”, ma vi partecipano con il proprio contributo attivo. Quale giovane passa ancora davanti alla tv la quantità di tempo che vi si dedicava vent’anni fa? La tv, con tutti i suoi programmi nostalgia, resta lo svago prediletto da chi ha dai trenta/quarant’anni in su. Gli

altri sono al computer. La mia indagine attuale sta nel capire in che termini chi entra oggi da protagonista nel mondo dell’arte porti con sé un’estetica del tutto diversa. Un’estetica basata sulla bassa definizione, mentre prima prevaleva la definizione patinata.

Com’è nata l’idea di Augmented Place?Augmented Place c’entra con tutto questo in quanto riconosce la presenza fortissima di un nuovo concettuale che può fare affidamento sulle tecnologie digitali. La de-materializzazione concettuale della fine degli anni Sessanta è stata un grande obiettivo, ma di fatto allora irrealizzato. Quale mezzo dell’epoca poteva consentire davvero la circolazione dei concetti svincolati dal gravame della materia? Forse il video o la parola scritta, ma in definitiva nessuno è stato

IN CONVERSATION WITHGuido Bartorelli. Curatore della mostra Augmented PlaceL’arte aumenta la realtà, fino al 9 dicembre presso la Galleria Ca-vour di Padovadi Paola Pluchino

♬ Massive Attack - Inertia Creeps

Cosimo Terlizzi, Pausa Morfeo, 2011, performance e installazione 2011

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davvero soddisfacente, tanto che più di qualcuno si è spinto a vagheggiare l’ausilio della “telepatia”. Va da sé che questo stato di cose ha reso l’arte quanto mai intellettualistica, terribilmente ostica agli occhi del pubblico. Oggi, viceversa, si potrebbe dire che la telepatia ha finalmente trovato una strumentazione alla portata di tutti: il telefono cellulare e il wi-fi. Di qui il carattere nuovo del concettuale odierno, che non ha più niente di élitario, ma è una vasta forma di comunicazione popolare. È successa una sorta di fusione tra concettuale e pop, un tempo antagonisti.Augmented Place riprende alcuni esperimenti del concettuale storico, che consistevano nella diffusione più o meno telepatica di opere del tutto immateriali. L’idea portante è di trasmettere in piazza Cavour, a Padova, sei opere immateriali da ricevere tramite wi-fi. Poi il visitatore incuriosito può approfondire la conoscenza con l’arte contemporanea scendendo nella galleria civica sottostante la piazza.

Alterazioni Video, Fausto Falchi, Gregory Fong, IOCOSE, Antonio Riello e Cosimo Terlizzi sono gli artisti presentati, vuole parlarci di loro?Gli artisti sono stati scelti dal comitato curatoriale, cui fanno parte, oltre a me, Elisa De Marchi, Fabrizio Montini, Giada Pellicari, Elena Tonelli e Stefano Volpato. Ognuno di noi ha fatto la sua proposta, che è stata attentamente discussa da tutto il gruppo. Ogni artista invitato ha una sua peculiare vocazione nel lavorare con l’immaterialità e la relazione, indispensabile nel proporre le opere ai passanti di una piazza. Riello è stato tra i primi a intuire che Internet è il nuovo spazio pubblico. La sua opera in galleria è un videogioco sparatutto dai contenuti estremamente problematici, posto online nel 1997, un tempo davvero pionieristico se si pensa ai ritmi dell’evoluzione di Internet. Fausto Falchi e Gregory Fong hanno dimostrato che l’immaterialità può avere effetti realissimi, perfino pericolosi, tanto da poter divenire illegale. Ne è conseguito che le loro opere sono state vietate. Nel caso di Falchi si sarebbe dovuta creare una zona molto limitata e circoscritta di piazza Cavour in cui sarebbe risultato assente il campo dei cellulari e di qualsiasi altro dispositivo wi-fi. Una sorta di isola per eremiti dell’epoca digitale. Fong, da parte sua, aveva proposto di sostituire parte dei neon della galleria con neon abbronzanti. La luce come opera, silenziosamente capace di lasciare il segno sulla pelle dei visitatori. I progetti di Falchi e di Fong presentavano rischi insormontabili e quindi ci siamo fermati. È molto interessante, però, scoprire come entrambi hanno risolto la situazione volgendola, mi sembra, a proprio vantaggio. I contenuti problematici, cui accennavo a riguardo dell’opera di Riello, sono gli stessi del lavoro di Alterazioni Video: sia Riello sia Alterazioni Video

prendono a soggetto il dramma dell’immigrazione clandestina, dandocene un’immagine davvero sorprendente, nell’uno e nell’altro caso ben al di là di qualsiasi opinione ce ne siamo fatti finora. IOCOSE utilizzano Internet per lanciare un’offerta pubblica di lavoro. In cambio di pochi soldi una moltitudine di persone, per lo più abitanti dei paesi del Terzo Mondo, ha accettato di contribuire a una produzione artistica. Un modo di delegare parte dell’autorialità che fa molto riflettere, sia per i risvolti sociali, sia per quelli relativi al concetto di arte. Infine Cosimo Terlizzi propone un toccante omaggio al vuoto, un concetto che ha a che vedere sia con la religione, sia con un’aspirazione di elevazione non necessariamente religiosa. Inutile dire che in una mostra come Augmented Place il vuoto consuona con il brusio immateriale-digitale che ci avvolge tutti. Forse Internet è la nostra laicissima trascendenza.

Quali sono le potenzialità dei nuovi mezzi di comunicazione e che ruolo giocano nel modificare l’arte e la sua fruizione?

A tal proposito credo di dovere limitarmi a porre a mia volta delle domande. Che conseguenze ha sulla nostra sensibilità l’essere esposti quotidianamente a mezzi che, senza quasi che ce ne accorgiamo, ci impongono una propria estetica, molto diversa da quella che abbiamo conosciuto finora? È esplosa tra le fruizioni più diffuse un’estetica da prodotto amatoriale che è un enorme dato di fatto inedito. In genere il dilettante non è interessato a rifinire il suo prodotto sigillandolo nell’alta definizione. Il prodotto amatoriale resta aperto, sgranato, traballante, e pertanto invoglia alla partecipazione. Attenzione, però, al fatto che con definizione non intendo riferirmi semplicemente al numero di pixel presenti in un’immagine. La definizione riguarda le pratiche complessive con cui si realizza un prodotto. Un dilettante è a bassa definizione anche se usa strumenti in HD. Ebbene, detto questo, bisogna aggiungere che l’estetica amatoriale a bassa definizione non può affatto essere intesa come un semplice difetto di qualità. Essa apporta una nuova entusiasmante qualità: la partecipazione. L’estetica amatoriale è un’estetica della partecipazione.

Ad accompagnare la mostra tre conferenze curate insieme a lei da Elisa De Marchi, Fabrizio Montini, Giada Pellicari, Elena Tonelli e Stefano Volpato, vuole presentarci questi relatori?Sono quattro promettenti professionisti del mondo dell’arte che hanno da poco concluso gli studi. Essi hanno svolto un ruolo di grande responsabilità in Augmented Place, cui hanno risposto alla grande.

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Sono convinto, per esperienza, che non ci siano forze migliori per la ricerca di quelle di un giovane di talento ben motivato. Nel nostro caso si tratta di personalità molto diverse tra loro, e questa è un’ulteriore risorsa. Tutti hanno svolto gli studi triennali all’Università Padova per poi frequentare la magistrale, come è auspicabile, là dove potevano sviluppare al meglio le proprie rispettive inclinazioni: chi a Bologna, chi a Venezia, chi restando a Padova.

Che ruolo svolge l’Università nella promozione dei giovani artisti e curatori?Oltre a critico e storico dell’arte mi piace considerarmi un insegnate. Il rapporto con gli studenti è una grande opportunità di aggiornamento, una risorsa inestimabile per chi, come me, si occupa di contemporaneo. Tramite stage, laboratori e collaborazioni dirette l’Università fa il possibile per instradare i ragazzi verso il mondo del lavoro. Vi assicuro che è così, almeno per la situazione che conosco direttamente. La meritocrazia è un giusto criterio, anzi l’unico giusto criterio. Ma è anche molto crudele. Ci sarebbe molto da discutere, ma mi pare di poter così sintetizzare quel che aspetta i giovani che si vogliono occupare di arte contemporanea nei tempi che corrono: molto da lavorare, poco da guadagnare, richiesta assoluta di competenza e preparazione.

Fausto Falchi, Bored Machine, 2009installazione, 100 x 60 x 35 cm

COURTESY DELL’ARTISTA

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“Era socialista, femminista, critica cinemato-grafica, ma soprattutto una persona diretta ed esplicita. Imparò l’inglese andando a teatro. Ve-stiva con giacche e pantaloni da uomo e portava sempre un largo cappello. Scattava sempre fo-tografie che però non mostrava mai a nessuno”. Così è descritta Vivian Maier dai tre ragazzi di cui si prese cura per anni come baby sitter. Perché Vivian Maier, oggi riconosciuta dalla critica quale straordinaria street photographer, era sem-plicemente una bambinaia. Ogni riconoscimento artistico è giun-to postumo e, solo di recente, la sua sbalorditiva opera privata è stata consegna-ta alla pubblica notorietà. Poco si conosce della sua vita, le esigue informazioni conducono a New York, dove nacque il 1 febbraio del 1926 da padre austriaco e madre francese, e poi in Francia dove trascorse parte dell’infanzia e il definitivo ritorno negli Stati Uniti, nel 1951, prima a New York e poi a Chicago dove lavorò come nanny presso alcu-ne ricche famiglie borghesi. Ignoto è il suo per-corso di studi e sconosciuta, fino alla sua morte nel 2009, era anche la sua vastissima produzione fotografica (circa 100.000 scatti custoditi in oltre 200 scatole di cartone).

Vivian Maier era una fotografa tanto talentuosa quanto inconsapevole della sua arte e, probabil-mente, mai avrebbe immaginato di essere pro-tagonista di mostre internazionali e di avere un seguito di facoltosi collezionisti ammiratori dei suoi lavori.

Schiva e solitaria, come ricordano gli impiegati del Chicago Central Camera (negozio di fotogra-fia presso il quale spesso si recava), trascorreva il tempo libero passeggiando per le strade di Chi-cago con la sola compagnia della sua Rolleiflex 6x6, con cui immortalava, annotandole come in un diario, le forme del mondo che catturavano la sua attenzione e sollecitavano la sua notevo-le sensibilità artistica. Nasce così, fra le strade di città, un lavoro che racconta la vita americana del dopoguerra, una realtà registrata con l’intensità e la profondità proprie di chi è visceralmente ca-lato nello straordinario della vita quotidiana. E non è un caso che fra i suoi soggetti preferiti vi

fossero i bambini: non accidentali intromissioni dell’ufficiale mestiere di bambinaia in quello uffi-cioso di fotografa ma rappresentazioni del fascino esclusivo che solo la speciale fase della vita che è l’infanzia riesce a promanare; perché l’immagine dell’infanzia, come ricorda la stessa Maier in una lettera ai suoi bambini, è l’unica apparentemente immutabile.

“Ho fotografato i momenti della vo-stra eternità perché non andassero perduti”.

Nel diario per immagini di Vivian Maier è impressa, con sorpren-

dente potenza poetica, una porzione della realtà soggetta a rimozione, quel quotidiano che inav-vertitamente risiede nell’automatismo del gesto irrilevante ma attraverso cui scorre la vita stessa nella sua essenzialità. Oltre centomila scatti che, pur innestandosi nella caotica sfera della realtà, riescono con sublime poesia a dispiegarla nell’or-dine del reale, correggendo quei fuori norma sin-tattici che distinguono il racconto dal frettoloso appunto. Scopriamo così la storia di una donna che, con l’obbiettivo puntato al paesaggio urba-no, attraverso il fuori ci racconta il dentro, fino a giungere alla più intima ricerca del sé con autori-

PUNCTUML’arte inconsapevole di Vivian Maierdi Federica Melis

♬ Mad World - Gary Jules

Quel quotidianoattraverso cui scorrela vita stessa nellasua essenzialità

Vivian Maier, Autoritratto, giugno 1953COURTESY THE JEFFREY GOLDSTEIN COLLECTION

VivianMaierPhotography.com

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tratti mai irriverenti né autocelebrativi ma sem-pre riflessivi. Autoritratti che mettono a fuoco le domande lasciando le soluzioni fuori inqua-dratura, così saturi d’interrogativi da produrre consistenti precipitati d’incertezza. Immagini che sorprendono l’altro da sé nel suo timido palesarsi sulla superficie riflettente di uno spec-chio o che lo imprigionano in sagome d’ombra rivelandone il carattere d’incognita e che river-berano l’incessante chi sono di palazzeschiana memoria: “Io metto una lente davanti al mio cuore per farlo vedere alla gente. Chi sono? Il saltimbanco dell’anima mia”.

Vivian Maier, New York, settembre 1953COURTESY THE JEFFREY GOLDSTEIN COLLECTIONVivianMaierPhotography.com

Vivian Maier, Senza titolo(una bambina colta nell'espressione del pianto)

COURTESY THE JEFFREY GOLDSTEIN COLLECTIONVivianMaierPhotography.com

Vivian Maier, Autoritratto (ombra su legno), 1960 ca.COURTESY THE JEFFREY GOLDSTEIN COLLECTION

VivianMaierPhotography.com

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“You may say I’m dreamer but I’m not the only one.”

Così cantava John Lennon nel 1971, nel video insieme alla sua amata Yoko Ono.

Donna dai misteri e profumi esotici ed orientali, grande artista del Novecento, portatrice sana di una smaterializzazione concettuale dell’universo, artista all’avanguardia da sempre.

Il loro, simbolo dell’amour fou, che brucia le anime af-fini e complementari.

Vista da molti come la rottura e la discordia tra i mem-bri dei Beatles, in realtà Yoko Ono, è stata a detta dalla stesso Lennon, insegnante, moglie, amante e migliore amica, punto riferimento centrale ed essenziale de-gli ultimi anni di vita del cantante membro della band più famosa del Novecento.

Figlia di benestanti giapponesi, da subito la Ono, intraprese relazione con il mondo dell’arte.

L’incontro con Lennon non a caso avvenne in una galleria newyorkese durante una mo-stra della stessa. I caldi anni sessanta vedono la Ono protagonista di numerose e significative produzioni artistiche. Nel 1964 diede vita ad una performance che ha tutti i diritti di annoverarsi tra le più impor-tanti della storia, Cut Piece, vede la Ono protagonista in una stanza vuota inizialmente vestita, nell’evolversi della situazione, i partecipanti potranno interagire con la stessa attraverso un atto altamente simbolico come quello di tagliare i vestiti indossati.

Attraverso intereventi di questo tipo l’artista ha sem-pre voluto risvegliare la mente della gente, ridestarli dal torpore dell’usuale, dell’ordinario, del quotidiano e

del senso comune.

“L’unico suono che esiste per me è il suono della men-te”, “I miei lavori vogliono solo stimolare la musica della mente nella gente”, e ancora “Occorre sbloccare il cer-vello” dichiara l’artista.

Maestra del think different, sempre nel 1964 è autri-ce di un’opera chiave per la sua poetica, un libretto di Istruzioni per l’arte e per la vita, Grapefruit.

Scritto dai consigli inusuali, veri e propri haiku in li-nea con la filosofia esistenzialista e zen della quale la Ono è intrisa.

“Metti su nastro il suono delle stelle in movimento. Non ascoltare il nastro. Tagliuzzalo e dallo alla gente

in strada.” Oppure, “Ascolta il suo-no della terra che gira” e ancora “Ridi per una settimana” o “Fuma tutto ciò che puoi. Compresi i tuoi peli pubici.”

Ambiente, cosmo, smaterializzazio-ne, pensiero, leggerezza, condivi-sione.

Come non si può pensare ad uno straordinario antici-po di piattaforme sociali di instant condivision come

Imagine. What else?di Federica Fiumelli

♬ John Lennon - Imagine

Yoko Ono, Cut Piece, 1964 Yoko Ono, SmilesFilm, 2012. Instagram

Portatrice sana di una smaterializzazione

concettuale dell’universo, artista all’avanguardia

da sempre

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Facebook, Twitter, o Instagram, mezzi, i quale l’ar-tista tutt’oggi usa, comunicando con i suoi fans follo-wers.

Tra quest’ultimi posso esplicitamente in prima perso-na collocarmi, sentendomi come gli altri parte di ope-razioni artistiche recenti come Smiles Film o il web-site event 100acorns fresco fresco di pochi giorni fa, attraverso il quale su Instagram, tramite illustrazioni in bianco e nero, ripropone Grapefruit, con consigli come: Summer. Imagine a dolphin dancing in the sky. Let it damce with joy. Think of yourself at the bottom of the ocean watching. Mage a group of dolphins danc-ing in the sky. Blow kisses to them in your mind.

Piace a 70 persone. Commenti, confronti, la people that imagine all is possible, in situazioni paradossali aprendo la mente senza ogni tipo di paracadute, segue l’artista.

La descrizione, intro di 100Acorns è: Feel free to ques-tion, discuss, and/or report what your mind tells you. I’m just planting the seeds. Have faun. Love, yoko.

Con affetto e amore la Ono, rimane in contatto con i suoi stimatori, attraverso la parola chiave Imagine, tanto cara anche a Lennon.

La serie recentemente caricata su Instagram riporta un cielo graffiato da soffici bianche nuvole sfumate, leggere, ed ecco che al centro una parola sovrasta: Imagine Peace, e la Ono ripete l’operazione ogni vol-ta in lingue diverse, cinese, arabo, francese, italiano, giapponese, indiano, nessuno è escluso dal sogno di immaginare la pace.

L’ultimo obiettivo nel film-making è quello di assem-

blare in un filmato tutti i sorrisi del mondo.

“Io amo questa donna!” E’ stato il primo pensiero che ha accampato la mia mente mentre sul web quest’esta-te mi sono imbattuta nella notizia.

La partecipazione è delle più semplici, occorre carica-re la foto di un sorriso, vostro, o di persone che cono-scete, su Instagram o Twitter con il tag #smilesfilm.

Tutti e dico tutti, nessuno escluso, anche tu, curioso lettore che stai leggendo per caso queste righe e non ne sapevi niente prima, puoi esserci.

Democratica, troppo commerciale?

La relatività pirandelliana ci lascia libero arbitrio, la-sciando alle persone di decidere se amare o dubitare delle intenzioni dell’artista.

La certezza è che dopo Forget It del 1966, le Chiavi di vetro per aprire il cielo del 1967, il Distributore d’aria del 1971, A box of smile del 1967 e tante altre opere, la Ono colpisce ancora, la volontà di un grande cerchio di persone che si abbracciano intorno ad un fascio di luce che sembra unire cielo e terra come nel-la foto dell’Imagine Peace Tower dedicata a Lennon, sembra essere un progetto duraturo, che riflette la po-etica dell’artista giapponese.

E stavolta con un consiglio al giorno volenteroso di togliere da torno qualsiasi ipotetico medico, e con un sorriso (ammontano attualmente a 12.117 i sorrisi rac-colti), Yoko ci spinge a volare lassù nel blu dipinto di blu, a immaginare la pace.

Yoko Ono, Forget It, 1966Yoko Ono, Imagine Peace, 2012. Yokoonoofficial, Instagram

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Il suono delle sfere celesti è da sempre stato lume per speculazioni complesse, ardite ipotesi, congetture, avvicinamenti fisici al limite con la certezza. La ratio comune a questo tipo di paradigmi sostiene che l’universo emetta delle onde, vibrazioni impercettibili, ipotizzabili come suoni simili alle variazioni tonali di un violoncello. C’è un’opera del 2009, Almost Solo, che sembra ricordare queste teorie, ipnotizzando con una sonorità quasi aliena.

Quando si parla d’arte, la maggior parte pensa visivo. Le regole dell’oggi invero hanno sovvertito questa fruizione calda (per dirla con Marshall McLuhan), favorendo una germinazione di artisti che ibridano gli strumenti della comunicazione attraverso una modalità espressiva veramente d’avanguardia.

Questo artista fa parte di quell’entourage di talenti sonori, che scardinano radicalmente i modelli convenzionali e spesso stantii dell’arte. Uno dei talenti più interessanti all’interno di un panorama che vede gli italiani come teste di serie in questa competizione: Michele Spanghero, vincitore del premio Icona ArtVerona 2012.

Il lavoro di questo compositore – che è anche fotografo di indubbia bravura – ricorda gli illustri padri John Cage e Philippe Glass. Avvalendosi di vere e proprie sculture sonore, figure geometriche elementari come sfere, Spanghero ridensifica il rapporto dell’uomo con la musica, e lo fa ingannando l’occhio dello spettatore. Le sue opere infatti, sono architetture tornite e

affascinanti, monoliti lucidi e politi che di per sé costituirebbero un’opera. Con la volontà di aggiungere un quid alla percezione, l’artista installa (ed è Voice of Space l’ultimo pregnante esempio), degli amplificatori all’interno delle opere producendo un suono che è incontro di armonie, mantra, traccia relazionale nella sinfonia prodotta.

Sommando così una poetica Minimale che ha come precipuo obiettivo la costruzione di geometrie esatte e compiute in sé, alla fascinazione estetica prodotta dalle architetture sonore, questo artista si rivela audace e coerente.

October 28-December 2, Palinsesti 2012 – Scatole sonore, curated by D. Viva, San Vito, Pordenone November 24- December 23, Premio Francesco Fabbri, mostra finalisti e vincitori, Pieve di Soligo, TrevisoDecember 7-12, Pixxelpoint 13, curated by A. Abrahamsberg and M. Pelihan, Nova Gorica (SLO)

Houston, ricevete?Michele Spanghero o della natura del suonola Redazione

♬ David Bowie - Life On Mars?

AGAMENNONE: O vecchio, vien qui, presso questo padiglione.VECCHIO: Son qui. Che novelli pensieri, Agamennone, volgi?AGAMENNONE: T’affretti?VECCHIO: M’affretto. È la mia tarda età molto insonne, e ben lieve sui cigli mi pesa.AGAMENNONE: Che stella è quella che in cielo veleggia?VECCHIO: è Sirio, che, presso alla Plèiade settemplice, in mezzo alla volta del cielo, s’affretta.AGAMENNONE: Non s’ode né voce d’uccello né d’onde sciacquío. Su l’Eurípo i venti son muti.

Euripide, Ifigenia in Aulide

Michele Spanghero, Voice of Space, 2012,Iron capsule, speaker, audio cable, media player 32 h x 30 x 30 cmCOURTESY GALERIE MARIO MAZZOLI

SOUND FORWARD

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Con sette artisti nati sotto il segno degli ’80 - Paola An-gelini, Thomas Braida, Giulia Cenci, Teresa Cos, Toma-so De Luca, Giorgio Guidi, Vito Stassi ed Elisa Strin-na – la Galleria Massimo De Luca inaugura la seconda collettiva di giovanissimi (fino al 28 dicembre 2012), in quella terraferma veneziana (Mestre), sempre più spesso al centro del dibattito sul contemporaneo, fu-cina di nuovi talenti, inaspettata officina dell’under-ground.

Esauriti i fasti della prima collettiva da poco conclusa - che portato al pubblico i lavori di Graziano Folata, Francesco Fonassi, Riccardo Giacconi, Rebecca Moc-cia, Valerio Nicolai, Dario Pecoraro, Nicola Ruben Mon-tini e Manuel Scano - il 23 novembre la Galleria bissa il colpo, proponendo la mostra Ni Dieu Ni Maître, da un’idea del curatore Andrea Bruciati, proveniente alla Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfal-cone, dal 2002, carica che ha ricoperto fino al 2011.

La proiezione del curatore, votato alla ricerca e pro-mozione di giovani talenti sul territorio italiano, tesse una storyboard in divenire, un canovaccio di opere di giovani artisti che segnano la storia dell’arte coglien-dole statu nascenti.

Nelle intenzioni di Massimo De Luca (nella cui collezio-ne sono presenti i lavori del gruppo Gutaj e di Vanessa Beecroft), si coglie la volontà di innescare una nuo-va sfida al mercato italiano: riuscire a posizionare sul mercato opere di giovani artisti emergenti, allontanan-dosi da quei masterpiece che hanno la peculiarità di avere già un mercato di riferimento e degli acquirenti.

Oltre le logiche di speculare compra-vendita, sempre più spesso distanti e slegate dall’idea stessa di artistici-tà e promozione della giovane cre-atività, massimo de luca rivela una profonda sensibi-lità nei confronti delle nuove ten-denze, dell’ardito virtuosismo che lega gli affari al mecenatismo.

Dall’incontro tra queste due anime, legate in somma verso una direzione comune, si arricchisce un filone, prolifico e stimolante, in antitesi con la moda delle mo-stre sandwich che spinge verso una maggiore ricerca e comprensione del contemporaneo giovane.

Dai bestiari di Paola Angelini alle visioni secessioniste di Thomas Braida, dai lavori in situ di Giulia Cenci all’indagine umana di Teresa Cos, legando all’ecfrasi di Tomaso De Luca il riciclo di Giorgio Guidi, per giun-gere ai segni minimi di Vito Stassi e alle variazioni di Elisa Strinna, questa collettiva promette di scardinare il modo dell’arte così come siamo abituati a conoscer-lo: un tempio sì ma molto più umano e comprensibile, vicino alle riflessioni di chi il domani lo costruisce oggi.

YOUNG DISTRICTPer una storia dell’arte del domanila Redazione

♬ Giorgio Gaber - Un’idea

Thomas Braida, Ulisse e le sirene, 267x238 cm, olio su tela, 2012COURTESY GALLERIAMASSIMODELUCA

Teresa Cos, dalla serie Through the spaces betwe-en moments, 2011.

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Du 26 septembre 2012 au 14 janvier 2013, au Grand Palais à Paris se tient l’exposition Bohèmes, organisée par la réunion des musées nationaux. Elle sera ensuite présentée à Madrid à la Fundación Mapfre, du 6 février au 5 mai 2013.

«Bohème:Nom donné, par comparaison avec la vie errante et va-gabonde des Bohémiens, à une classe de jeunes littéra-teurs ou artistes parisiens, qui vivent au jour le jour du produit précaire de leur intelligence […]. Moeurs, habitudes, genre de vie des mêmes individus […]. Un genre fantaisiste, désordonné et désargenté […]. Homme gai et insouciant, qui supporte en riant tous les maux de la vie.»

Grand dictionnaire universel du XIXe siècle,Pierre Larousse, 1867

L’exposition Bohèmes se tenant actuellement au Grand Palais à Paris et ce jusqu’en janvier 2013 s’attache à faire revivre l’un des plus grands mythes de l’époque moderne: l’esprit bohème. Le parti pris des organisa-teurs a été de souligner la polysémie du terme. En ef-fet, il ne s’agissait pas seulement de retracer les étapes du courant artistique et social apparaissant au cours du XIXe siècle, mais aussi de mettre en avant la contribu-

tion des bohémiens à la production de l’art bohème.

La période longue que recouvre Bo-hèmes était un pari risqué tant la profu-sion de chefs d’œuvre présentés est impor-tante. L’exposition rassemble en effet plus de 200 œuvres s’étalant sur une période de près de cinq siècles, allant de Léonard de Vinci à Picasso. On pouvait

alors craindre la te-nue d’une exposition un peu «fourre-tout» placée sous une thé-matique ample et fédératrice telle que la Liberté, la trans-gression et la mar-ginalité qui unissent bohémiens et artistes maudits. L’événement malgré quelques rac-courcis simplistes échappe à l’embus-cade, servi par une scénographie intéres-sante.

«Mettre en scène» l’exposition.

La scénographie de Bohèmes a été confiée à Robert Carsen, metteur en scène pour l’opéra et le théâtre qui a signé la mise en scène de l’un des derniers évé-nements à succès du Grand Palais: Marie Antoinette. Pour Robert Carsen, l’objectif était ««d’apporter une certaine dramaturgie à l’exposition». Il répond ainsi à une requête de plus en plus répandue dans les musées. L’accrochage muséal classique est en en effet de plus en plus délaissé au profit d’un véritable mise en scène

ayant pour finalité d’immerger littéralement le visiteur dans un univers artistique et dans son contexte. Le spectateur ne se rend plus seulement au musée pour «regarder» les œuvres mais aussi pour ressentir l’émo-tion d’une thématique, et se plonger dans une époque. Plus qu’une exposition, il s’agit d’une véritable mise en abîme du contexte social. Sans cette scénographie adéquate, Bohèmes aurait pu tourner à l’inventaire de grands maîtres et des chefs-d’œuvre et lasser plus d’un visiteur.

Deux visions fantasmées de la Bohème

Bohèmes pourrait être séquencée en deux parties: deux visions fantasmées de la Bohème, comme les deux pans d’une définition plurielle.

CAHIERS D'HISTOIRELes Bohèmes s’invitent au Grand Palaisdi Margaux Buyck

♬ Charles Aznavour - La Bohème

Attribué à Théodore Géricault, Portrait d'un artiste dans son atelier, Paris, Musée du Louvre, département des peintures© RMN (Musée du Louvre)/Gérard Blot

Edgar Degas, Dans un café (L'absinthe), Paris, Musée d'Orsay

© RMN (Musée d'Orsay)/Hervé Lewandowski

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D’un côté, on retrouve les bohémiens. Les œuvres sont mises en scène dans une grande salle ocre toute en lon-gueur dont le sol, semblable à de la terre battue, semble avoir été foulé par des centaines de personnes. Le visi-teur est entrainé dans un voyage peuplé de diseuses de bonnes aventures, de saltimbanques et de voleurs… On retrouve sur une période de près de quatre siècles, les représentations de ce peuple insoumis, ivre de Liberté. C’est un voyage à la fois temporel et physique, puisque l’on traverse au cours de ce premier chapitre nombre de paysages français, italiens, espagnols… Notons que cette partie de l’exposition rassemble quelques prêts exceptionnels comme le sublime homme trompé par des tsiganes de Léonard de Vinci ou encore la diseuse de bonne aventure de Georges de la Tour.

La transition entre bohémiens et bohémianisme s’opère en douceur grâce à un espace privilégiant une vision musicale et littéraire de la thématique. On retrouve bien sûr Rimbaud et Verlaine, mais aussi les partitions originales de la Bohême de Giacomo Puccini, les aqua-relles du décor du fameux opéra provenant de l’Archi-vio Storico Ricordi de Milan.

La suite de l’exposition nous entraine dans les man-sardes, les ateliers d’artistes où l’on mange où l’on dort, dans les cafés aux effluves d’absinthe et dans les caba-rets... On redécouvre ici la Bohème que nous connais-sons bien, celle du XIXe siècle. Cette Bohème qui fait partie intégrante de l’imaginaire collectif: courant ar-tistique mais aussi mouvance sociale ayant marqué de manière indélébile le quartier latin et Montmartre. La mise en scène s’attache ainsi à restituer l’émotion d’une époque dont la figure représentative est celle de l’ ar-tiste libre mais maudit, solitaire, sans le sou, amateur de boissons et de femmes, se noyant dans les méandres de la création artistique.

L’exposition s’achève de manière assez surprenante. Les effets de la fée verte s’estompent, on délaisse l’ima-ginaire des bohémiens et du XIXe siècle parisien pour se confronter à une réalité violente et acerbe: celle de l’exposition sur l’Art dégénéré organisée à Munich en 1937 et de ses conséquences. Le visiteur quitte ainsi un univers de fantasmes pour revenir à la réalité crue d’une thématique résolument actuelle comme le sou-ligne Sylvain Amic, commissaire général de l’exposition: « On tolère une image dans univers virtuel et on ne to-lère pas la réalité qui est à notre porte».

Aller plus loin:

«Bohèmes au Grand Palais: «ce divorce entre le réel et l’image», entretien avec le commissaire général de l’ex-position Bohèmes, Sylvain Amic, réalisé par Siegfried Forster, rfi, 08/10/12.

Photos de la scénographie© Didier Plowy pour la Réunion des musées nationaux - Grand Palais

Charles Amable Lenoir, Rêverie, Collection particulière© Mille / Realis

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In Italia la drammaturgia femminile contemporanea è un campo di ricerca ancora inesplorato; l’intento che ci proponiamo è quello di portare alla luce e dare spazio a quel fertile sottobosco di drammaturghe e autrici di testi teatrali che si fanno veicolo di una innovativa “grammatica della comunicazione”. Accanto a questo riteniamo importante “riconfigurare” e dare senso al lavoro di personalità artistiche che hanno sondato l’orizzonte italiano creando connessioni e contaminazioni internazionali tra le voci del teatro contemporaneo. Barbara Nativi, artista fiorentina scomparsa nel 2005, è stata una delle pioniere di un nuovo “sentire teatrale”; fonda nel 1982 il centro di ricerca e sperimentazione teatrale Laboratorio Nove che attualmente opera sia nella produzione di spettacoli che nella dialettica teatrale e formazione professionale. Il suo debutto come regista viene sancito nel 1987 con l’opera da Woyzeck messa in scena poco prima di fondare l’Associazione culturale della Limonaia dove contribuisce alla nascita di una scuola d’attori tra «le più vivaci del nostro paese» (http://www.ubulibri.it/pagine/archivio_recensioni_fq.htm Franco Quadri). In questo contesto la Nativi ha dato vita all’Intercity Festival, uno spazio per le nuove voci del teatro contemporaneo che, nato nel 1988, prende il nome dai treni che in Italia collegavano grandi città. La manifestazione altrettanto

efficacemente intende mettere in comunicazione ogni anno Firenze e Sesto Fiorentino con una metropoli del mondo cercando di promuovere l’incontro tra il pubblico italiano e una realtà teatrale “altra”, diversa. Partendo nei primi tre anni rispettivamente da New York, Mosca e Stoccolma, il programma del festival che dura tre settimane, comprende oltre all’ospitalità di varie compagnie straniere, due o tre produzioni, dirette da registi stranieri e italiani, su testi di drammaturgia contemporanea del paese prescelto tradotte in italiano. Dal 1992 in poi Intercity affianca alle produzioni una serie di mises en espace, a cui si aggiunge nel 1993 la pubblicazione delle opere tradotte, sia in coedizione con importanti case editrici nazionali (Ubu Libri,

ADN-Kronos, Gremese, Editoria & Spettacolo) sia attraverso una pubblicazione autonoma, Intercity Plays, distribuita gratuitamente su tutto il territorio nazionale a teatri, autori, registi e compagnie. Inoltre tutti i testi raccolti dal festival sono consultabili presso la biblioteca del teatro della Limonaia suddivisa per paesi e costantemente aggiornata1. Il festival (dal 2005 sotto la direzione di Dimitri Milopulos) veniva

preceduto da accurate ispezioni e da studi guidati dalla «generosa inventiva» della Nativi (http://www.ubulibri.it/pagine/archivio_recensioni_fq.htm Franco Quadri) destinata a incentivare gli scambi ed il ritorno delle compagnie straniere. Molto importante fu l’edizione di Intercity dedicata a Montreal che ha portato in Italia autori e registi del Quebèc come Michael Tremblay con l’opera Le cognate diretta dalla Nativi. Si deve a questo festival la scoperta di grandi autori contemporanei come Rodrigo Garcìa, Martin Crimp, Sarah Kane, Mark Ravenhill, Claire Dowie, e il giovane talento italiano Fausto Paravidino. Dal 1997 il festival si arricchisce con il progetto Intercity Connections ; una collaborazione tra il teatro della Limonaia e di Sestoidee con il National Theatre di Londra che ogni anno commissiona ad autori di prestigio testi per ragazzi under 18 con lo scopo di incentivare l’interesse dei più giovani per il teatro, la drammaturgia e la scrittura. Ne sono nati testi «freschi, divertenti, intelligenti » presentati in Inghilterra da oltre 150 gruppi di adolescenti tradotti e messi in scena dalla

PEANUT GALLERYNervi e cuoreIl teatro di Barbara Natividi Elena Scalia

♬ Nuvole Bianche - Ludovico Einaudi

La Nativi ha dato vita all’Intercity Festival, uno spazio per le nuove voci del teatro contempora-neo, un grande esempio italiano di ricerca, riaf-fermando la vitalità e la

forza della Parola

Still dallo spettacolo BlastedCOURTESY TEATRO DELLA LIMONAIA, SESTO FIORENTINO, FIRENZE

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Limonaia e dal Laboratorio Nove. La Nativi è stata attrice, regista, traduttrice ma anche autrice: nel 2006 la Ubulibri ha pubblicato un volume illustrato con dieci testi drammatici scritti tra il 1988 ed il 2003. Nella prefazione Franco Quadri riferendosi all’autrice scrive: «La sua adesione al teatro era così totalizzante da non permettere di isolare una funzione principale in questo suo darsi» non si tratta dunque di un teatro politico «ma di un teatro di emozioni condivise». Il primo testo è ispirato al personaggio di Girolamo Gigli, scrittore senese del

Settecento in polemica coi fiorentini e discusso per i contenuti scabrosi delle sue opere. Segue nel 1991 il testo Io e un altro, ad Arthur Rimbaud e nel 1993 Nervi e cuore, un viaggio con Artaud in cui i personaggi sono dèi fatti a immagine degli uomini, allegorie di vizi e passioni. Seguono poi il testo dal titolo Dracula allestito nel 1995 ad Asti teatro, il monologo Non solo per me e due testi in forma di “lettera” Lettera del soldato e Lettera di bambola in versi da ballata popolare o filastrocca. Il testo Resistere del 1995 è dedicato alla resistenza sestese mentre Ritratti di fine secolo del 1999 ripercorre 100 anni di storia sestese. Infine il Prologo delle domande del 2003 e l’abbozzo incompiuto di Stakanov allù del 2004 concludono l’opera. L’eclettismo della Nativi, evidenziando un interesse predominante verso una scrittura teatrale fortemente attuale, contemporanea, violenta e trasgressiva, ha catalizzato le forze, le idee e le persone attorno al testo poetico e letterario dando

vita ad una personale e autentica modalità di “ agire il teatro” di fruirlo, di scriverlo e di condividerlo. Intercity Festival rilancia il sogno di un’alternativa radicale all’allarme dell’incomunicabilità e si pone come grande esempio italiano di ricerca riaffermando la vitalità e la forza della Parola.

1 Per approfondire la conoscenza di Intercity Festival si rimanda al sito http://www.teatrodellalimonaia.it/

Si deve a questo festival la scoperta di grandi

autori contemporanei come Rodrigo Garcìa,

Martin Crimp, Sarah Kane, Mark Ravenhill, Claire

Dowie, e il giovane talento italiano Fausto Paravidino

Still dallo spettacolo Binario MortoCOURTESY TEATRO DELLA LIMONAIA, SESTO FIORENTINO, FIRENZE

Still dallo spettacolo Binario MortoCOURTESY TEATRO DELLA LIMONAIA, SESTO FIORENTINO, FIRENZE

Still dallo spettacolo BlastedCOURTESY TEATRO DELLA LIMONAIA, SESTO FIORENTINO, FIRENZE

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Esiste una sottile linea rossa che collega direttamente la prossima profezia maya con la nostra più recente condi-zione esistenziale. Dati alla mano, senza aspettare apo-calittiche divinazioni, ci si rende già conto di come la fine del mondo sia in realtà già iniziata, salvo non considera-re l’incalzante disoccupazione giovanile salita al 39,3 %, o la paventata ipotesi di spegnere i riscaldamenti all’in-terno delle scuole pubbliche (per conseguire “ipotetici risparmi”), alla stessa stregua delle piaghe d’Egitto al tempo della cattività ebraica nella terra dei faraoni. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se aleggia nell’aria un velo di pessimismo cosmico, né c’è da meravigliarsi se talu-ni artisti, incaricatisi di raccontare drammi e problemi esistenziali, abbiano deciso di dare un forte segnale alla società contemporanea, annichilita da tempo nell’inca-pacità gestionale della cosa pubblica. È il caso della gio-vane artista libanese, ma nata a Londra, Zena el Khalil, altresì scrittrice ed attivista politica. In occasione di Ar-tissima 18 (Torino 9 – 11 Novembre), la giovane artista ha presentato il suo ultimo lavoro: Beirut, I love you – A work in progress, in collaborazione col regista Gigi Roccati. Presentato alla Fondazione Merz all’interno del progetto, ideato da Artissima, It’s not the end of the world (lapalissiano il riferimento all’oggi storico: dal 9 al 6 gennaio 2013, fatta eccezione per la sezione di Palazzo Madama, che si chiuderà il giorno 8 dicembre). Cinque rinomati artisti internazionali (Paola Pivi, Va-lery Koshlyakov, Ragnar Kjartansson e Dan Perjovschi, oltre a Zena el Khalil) costruiranno un percorso unico formato da cinque progetti espositivi, in cui l’opera di Zena si mostra quale video-istallazione fatta da immagi-ni documentarie, archivi familiari e scene di vita girate tra Beirut e New York, estrapolate dalla sua originale esperienza di vita, a partire dal momento in cui, sotto il fracassare delle bombe, iniziò, nel luglio del 2006, l’in-vasione israeliana del Libano e la giovane, dal suo ap-partamento nella capitale libanese, aprì un blog, affin-ché – dice l’artista – “se dovevamo morire di una morte senza senso, volevo assicurarmi che il mondo intero sa-pesse come e perché. Non volevo che diventassimo un altro numero, un’altra statistica senza nome” . Durante

i trentatré giorni d’asse-dio, Zena ha r a c c o n t a t o sul suo blog (beirutupda-te.blogspot.com) quanto accadeva nel-la città e nelle persone che aveva intor-

no, a partire dalla sua famiglia e da Maya, la migliore amica, a cui da poco i medici avevano diagnosticato un cancro e che morì poche settimane dopo la conclusione delle operazioni militari a Beirut. L’elaborazione del lut-to per Zena fu mediata ancora una volta dalla scrittura in rete, mai paga di emozioni, in cui predomina la paura per un futuro che non ci sarà. Nei due anni successivi l’invasione, Zena continuò a tenere in vita il blog, da cui da li a poco prenderà le mosse per redigere il libro di memorie Beirut, I love you. La video-istallazione di Ar-tissima si inserisce nel più recente processo creativo di Zena come tappa mediana, e altresì punto di snodo, di un più lungo progetto, come suggerisce anche il sottoti-tolo “a work in progress”, che porterà la stessa artista a concepire un lungometraggio sul medesimo soggetto da realizzare insieme allo stesso Roccati. Siamo certi che il video della Fondazione Merz sarà il punto di partenza nella futura realizzazione cinematografica, imprescindi-bile punto di partenza per un’operazione di così ampio respiro. Infine, una tale storia di amore e di amicizia uni-versali, sommati alla necessità di lottare insieme per la propria sopravvivenza dietro la continua minaccia della guerra, può e deve essere una speranza per tutti: que-sta non è la fine! Nel frattempo i due artisti, nel par-tecipare a laboratori e seminari, continuano a ricevere premi e onorificenze di tutto rispetto come il contributo del Fondo Europeo allo sviluppo cinema di Media o i tre premi al Torino Film Lab Framework Awards. Al-lora, auguri ad entrambi, e grazie ancora per averci fat-to assaporare il gusto del do-lore, ma ancora di più il sapore della speranza.

E-BOMBLa fine del mondo termina a Beirut, ma passa per Torinodi Francesco Mammarella

♬ The Velvet Underground - The Black angel’s death song

Zena el Khalil, Beirut, I love you. Still da video, 2012COURTESY FONDAZIONE MERZ

Zena el Khalil, Beirut, I love you. Still da video, 2012COURTESY FONDAZIONE MERZ

Zena el Khalil, Beirut, I love you. Still da video, 2012COURTESY FONDAZIONE MERZ

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Giuditta Naselli. Quando W. H. Auden scrive “Una buona trama d’opera non seguirà mai le leggi del buon senso, perché la gente che segue il buon senso non si abbandona mai al canto” sembra quasi presagire ironi-camente il principio fondatore del musical, prima tea-trale e poi cinematografico. Nato nel 1866 da un’idea dell’impresario William Wheatley, direttore del teatro Niblo Garden di New York, il musical ebbe immedia-tamente un successo senza precedenti, raggiungendo presto i palcoscenici di Broadway. Ma è necessario giungere alla fine degli anni Venti del Novecento per poter camminare per le strade di Broadway ed esse-re ammaliati dal fulgore delle luci al neon delle insegne teatrali, sulle quali risplendevano nomi del cali-bro di George e Ira Gershwin, Cole Porter, Richard Rodgers e Lo-renz Hart. Proprio questi ultimi sono gli autori delle musiche e del-le parole di Amami stanotte (Love Me Tonight), film del 1932 diretto dallo straordinario Rouben Ma-moulian. Adattato dall’omonima opera teatrale di Paul Armont e Léopold Marchand, il film presenta brani entrati a pieno diritto nella storia della musica come “Love Me Tonight” e “Isn’t it Ro-mantic?”. Autori di grandi capolavori del repertorio jazzistico, come “Blue moon”, “My funny valentine”, “Bewitched” etc… Richard Rodgers e Lorenz Hart, dalla fine de-gli anni Venti, insieme allo straordinario composito-re Cole Porter, rivoluzionano lo scenario del musical statunitense creando delle musiche che diventano parte integrante del racconto filmico, influenzandone lo sviluppo e lo stile. Il sodalizio artistico tra Rodgers e Hart comincia con un contratto alla Warner e dura ventiquattro anni di collaborazione fino alla sostitu-zione di Hart, a causa della morte precoce, con Oscar Hammerstein II. La coppia di compositori, fautrice di quel genere di spettacolo composto di musica, recitazione e danza che coniuga la vecchia operetta europea con i nuo-vi stili americani, alla scadenza del contratto con la Warner, viene assunta dalla Paramount, per la quale compone le musiche di Amami stanotte. Il film, di-retto da Rouben Mamoulian, regista della prima tea-trale di Porgy and Bess, racconta la storia d’amore tra un sarto parigino e una dolce principessa, interpre-tati rispettivamente da Maurice Chevalier e Jeanette MacDonald, coppia già acclamata dal pubblico grazie

alle operette musicali di Ernst Lubitsch. A differenza di quest’ultimo però Mamoulian sperimenta un nuovo linguaggio cinematografico, rompendo la situazione spaziale e sfruttando tutto il dinamismo che permet-te la macchina da presa. Debuttato giovanissimo alla regia teatrale, il regista di origine armena Rouben Ma-oumilian viene, nel 1923, chiamato negli Stati Uniti da George Eastman, magnate della pellicola, per dirigere il teatro e la scuola d’arte drammatica di Rochester. Pochi anni dopo, nel 1926, approda a Broadway, dove ha la possibilità di palesare quel gusto innovativo che ritroveremo presto nei suoi film. Maoumilian si distin-

gue nel panorama dell’epoca per un cinema estremamente denso, complesso, raffinato e che si dimo-stra in continua e instancabile spe-rimentazione. Amami stanotte rappresenta l’uf-ficiale data di nascita di quel musi-cal cinematografico che non rical-ca, in maniera ossessiva, i numeri della rivista teatrale, apportando piuttosto dei cambiamenti talmen-

te innovativi da sancirne l’indipendenza semantica. Rouben Maoumilan, ispirandosi al grande regista Ernst Lubitsch, propone un cinema popolare e divistico, arruolando Maurice Chevalier e Jeanette MacDonald e sfruttando la carica satirica che la coppia di attori aveva già magistral-mente dimo-strata nel 1929 con Il principe consorte (Love Parade) di Lu-bitsch. Ma il ca-rattere “popola-re” del suo cine-ma non si arena nella prosaicità che il termine potrebbe richia-mare, permet-tendo, piutto-sto, un fiorire di idee che modi-ficheranno per sempre il lin-

La magia di Broadway sul grande schermoLove me tonight di Rouben Mamouliandi Giuditta Naselli

♬ Ella Fitzgerald - Isn’t it Romantic?

Maoumilian si distingue nel panorama dell’epoca per un cinema estrema-

mente denso, complesso, raffinato e che si dimostra in continua e instancabile

sperimentazione

Rouben Mamoulian, Locandina diAmami stanotte (Love me tonight), 1932

IL PROIETTOREDI OLOFERNE

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guaggio cinematografico. L’arditezza che la macchina da presa dimostra con carrellate e inquadrature mai viste si ritrova specularmente nella sceneggiatura. Il film inizia con una sequenza innovativa per l’epoca e che rimarrà nell’immaginario popolare: l’affascinante Maurice Chevalier inizia la giornata lavorativa cantan-do “Isnt’it romantic”, contagiando, così, rapidamente una serie di personaggi in una staffetta musicale che s’interromperà sulle labbra di quella che sarà presto la sua amata, Jeanette MacDonald. Il personaggio di quest’ultima, inoltre, dimostra la sua modernità quan-do, nonostante i pareri avversi della famiglia di prove-nienza nobiliare, combatte per vivere la storia d’amore con umile sarto fino, contrariamente all’Anna Kareni-na di Tolstoj, a fermare una locomotiva. Nonostante siano trascorsi diversi anni e oggi sia im-possibile riproporre la magistralità con cui i grandi musical americani venivano girati, il fulgore di quelle luci di Broadway non si è spento, alimentando anco-ra l’immaginazione di migliaia di spettatori di tutto il mondo.

Rouben Mamoulian, Amami stanotte (Love me tonight), 1932

OPEN CALL di Gabriella Mancuso

PREMI E CONCORSI

Firenze, Shakespeare and his Contemporaries Graduate Conferencesezione: letteraturaprimo premio: pubblicazionetermine ultimo di partecipazione: 17 dicembre 2012info: www.britishinstitute.it

Giffoni Valle Piana, Contest Forever Youngprimo premio: progettazione del manifesto del Giffoni Experiencetermine ultimo di partecipazione: 10 gennaio 2013info: www.giffonifilmfestival.it

Milano, Un logo per la Fondazione Achille Castiglioniideazione del logo che diventerà il simbolo ufficiale della Fondazioneprimo premio: premio pecuniario e lampada disegnata da Achilla Castiglionitermine ultimo di partecipazione: 30 novembre 2012info: www.achillecastiglioni.it

Roma, Concorso Grafico Crea il logo Gutenberg #Labprimo premio: creazione del logo ufficialetermine ultimo di partecipazione: 10 gennaio 2012info: www.gutenberglab.it

Roma, Selezioni per la Biennale Martelivesettore: pitturaprimo premio: partecipazione all’eventotermine ultimo di partecipazione: 30 novembre 2012info: www.martelive.it

Terni, Istanti al Femminile: Attualità in Immaginisettore: fotografiaprimo premio: esposizione, donazione dell’opera ad Enti e Istituzioni e viag-gio premiotermine ultimo di partecipazione: 30 novembre 2012info: www.comune.terni.it

Trieste, Artefattoprimo premio: mostra collettivatermine ultimo di partecipazione: 15 dicembre 2012info: www.artefatto.infov

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Dal violento terremoto in Emilia Romagna sono trascorsi sei mesi. Può sembrare già un ricordo lontano, immagini dimenticate. Ma non è così. Esiste nell’aria un coro di voci, storie, volti e anime ancora da narrare. Sono tanti i racconti che emergono da questo coro e, qui come altrove, l’universo femminile è in prima linea. Cento donne si sono riunite dando vita al network EmiliAmo: la crasi sentimentale del nome Emilia con il verbo amare. Mogli, madri, imprenditrici e negozianti della bassa Modenese e dell’alto Ferrarese si sono unite in un unico progetto finalizzato alla rinascita delle attività economiche e alla ricostruzione dei centri storici, che restano i cuori pulsanti di una terra nota proprio per la sua bellezza. Coordinato da Claudia Miglia, questo gruppo di donne va avanti e vuole tornare a vendere, attraverso il marchio EmiliAmo, tutti i prodotti delle loro aziende. Un nuovo business da cui ripartire.

Cita una lettera apparsa su “Il Resto del Carlino” e girata dappertutto su internet Leonardo Tondelli, insegnante di italiano, storia e geografia in una scuola media di Carpi, e autore di un ebook, La Scossa, disponibile in formato digitale al costo di 2,99 euro: il ricavato delle vendite verrà devoluto alla ricostruzione del comune di Cavezzo, paese in cui Tondelli vive. L’autore della lettera dipinge così lo spirito emiliano: “Gli emiliano-romagnoli sono così. Devono fare una macchina? Loro ti fanno una Ferrari, una Maserati e una Lamborghini. Devono fare una moto? Loro costruiscono una Ducati. Devono fare un formaggio? Loro si inventano il Parmigiano Reggiano. Devono fare due spaghetti? Loro mettono in piedi la Barilla. Devono farti un caffè? Loro ti fanno la Saeco. Devono trovare qualcuno che scriva canzonette? Loro ti fanno nascere gente come Dalla, Morandi, Vasco, Ligabue e la Pausini. Devono farti una siringa? Loro ti tirano su un’azienda biomedicale. Devono fare quattro piastrelle? Loro se ne escono con delle maioliche. Sono come i giapponesi, non si fermano, non si stancano, e se devono fare una cosa, a loro piace farla bene e bella, ed utile a tutti… Ci saranno pietre da raccogliere dopo un terremoto? Loro alla fine faranno cattedrali”.

Ma, spiega Tondelli, “noi però non siamo così (…). Se davvero c’è una caratteristica emiliana che abbiamo conservato, forse è quella sensazione di incredulità, di scetticismo nei confronti dei mali del mondo, che non

ci ha reso un buon servizio: noi nell’eventualità di un terremoto del genere semplicemente non ci credevamo, non sono cose che potevano accadere da noi, perché da noi non accade mai niente di male”.

Racconta bene questa realtà il documentario Agorà. Storie di Emiliani dopo il terremoto, di Zebra Production, diretto da Cristina Mazza, in collaborazione con Rosa Vicari. Un cinema-verità in cui gli attori sono i passanti della strada, un doc-web che uscirà prossimamente sia sul web che in dvd. Agorà è una serie di interviste registrate in un bar omonimo, situato nella piazza centrale di Finale Emilia, e a parlare è la voce della gente comune. In quel bar tutti si ritrovano, si conoscono e confrontano, nel bene e nel male. E lì il barista non ha mai smesso di servire caffè, persino quella domenica del 20 maggio quando tutto tremò. Caffè per tutti tra i cocci di vetro dei bicchieri infranti, e il pensiero fisso di quei brevi venticinque secondi che hanno cancellato intere vite. Ad oggi, come ricorda in una delle interviste il delegato della CGIL Valerio Spinelli, nessun soldo è stato visto dalle aziende private e da tutti quei lavoratori che hanno perso lavoro e casa in quei famosi venticinque secondi. Quella notte, insieme alle strutture, sono crollate certezze e punti di riferimento di cui tutti sentono la mancanza. Ricordi, speranze e riflessioni nella voce degli intervistati perché, dopotutto, non dimenticare sarebbe già un buon inizio.

(P)ARS CONSTRUENSCi saranno pietre da raccogliere dopo un terremoto? Loro alla fine faranno cattedralidi Maria Livia Brunelli

♬ La sera dei miracoli - Lucio Dalla

Cartelli per annunciare la ripresa delle attività commerciali attaccati alleimpalcature per la ricostruzione

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Si è conclusa il 4 novembre la manifestazione legata al fumetto più importante d’Italia con un nuovo record di presenze: 180.000 partecipanti hanno infatti letteral-mente assediato per quattro giorni Lucca per parte-cipare al Lucca Comics and Games 2012 che, come ogni anno, ha presentato un ricchissimo programma di eventi. Dalla presentazione di autori nazionali ed inter-nazionali a sfide per talenti emergenti, in più mostre, dibattiti, premiazioni e aree per la compra-vendita di fumetti nuovi e d’annata. Ma non solo questo: oltre al mondo dei fumetti tantissime sono state le novità e gli eventi legati al mondo video-ludico, cinematografico e musicale. Immersi nel bellissimo contesto urbano della città toscana infatti, coloro che hanno avuto la fortuna di partecipare al festival hanno potuto visitare i nume-rosissimi padiglioni (oltre i 20, ripartiti in varie zone del-la città) divisi in base alle cinque categorie tematiche proposte dall’organizzazione: ovvero comics, games, cosplay&music, movie e junior. Ma hanno potuto anche assistere a concerti e rivisitazioni storiche all’aperto e fotografare i numerosissimi cosplay che hanno invaso la città.

Di tutti gli eventi però i più importanti sono stati sicu-ramente l’incontro con gli autori negli stand dedicati (oltre 15 case editrici hanno infatti portato almeno una decina di autori circa dalle loro scuderie per far firmare autografi e disegni) e la promozione di autori emergenti tramite incontri organizzati ad hoc dalle case editrici, alle quali i giovani aspiranti fumettisti hanno potuto consegnare il loro portfolio per avere un colloquio di-retto, che hanno fatto registrare un vero boom di av-ventori. Ma la partecipazione, fa sapere il direttore della manifestazione Renato Genovese, non è stata da meno anche per eventi meno di punta come mostre, proie-zioni cinematografiche o concerti, che sono comunque

stati sempre pieni di visitatori nonostante gli orari o il maltempo.

Come ogni anno poi si è tenuto il concorso interno “Gran Guinigi”, dove una giuria selezionata ha assegna-to i premi per le otto categorie in gara: tra i vari vincitori ricordiamo Blain & Lanzac, che si aggiudicano il premio per la miglior storia lunga con il loro volume I segreti del Quai d’Orsay (Coconino Press – Fandango); Zero-calcare che invece vince quello per la miglior storia bre-ve con La profezia dell’armadillo (Bao Publishing); Naoki Urasawa, che vince quello per il miglior fumetto seriale con il suo Billy Bat (GP Publishing).

Con un total di oltre 500 eventi organizzati il Lucca Co-mics si mostra nuovamente come una delle principali manifestazioni mondiali legate al fumetto insieme al festival di An-goulême in Francia e quel-lo di San Diego negli Sati Uniti, a dimostrazio-ne dell’impor-tanza e della fortuna che questo medium comunicativo sta raggiungen-do da qualche anno a questa parte anche nel nostro paese.

BALLOONIl Lucca Comics dei recorddi Alessandro Cochetti

♬ Doris Day - Dream A Little Dream of Me

Cosplay 2012

Wolverine

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BOOKANEAR

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ROUTESdi Gabriella Mancuso

Mostre nazionali

Acqui Terme, GlobalArt Gallery, Carlo Nangeroni. Il colore della musica,Dal 10 novembre al 10 dicembre 2012Info: www.globartgallery.it

Bologna, Mambo, Bridget Baker - The Remains of the Father. Fragments of a Trilogy (Transhu-mance),Dal 27 ottobre 2012 al 6 gennaio 2013Biglietto intero: 6 euroBiglietto ridotto: 4 euroInfo: www.mambo-bologna.org

Bologna, Palazzo Pepoli Museo della Storia, Faces & Places,Dal 14 novembre 2012 al 6 gennaio 2013Ingresso liberoInfo: www.festivaljazzbologna.it, www.genusbononiae.it

Bologna, Otto Gallery, Andrea Fac-co. Bonjour Monsieur F.Dal 11 ottobre al 2 dicembre 2012Ingresso liberoInfo: www.otto-gallery.it

Bologna, P420 Arte Contempora-nea, Hanne Darboven. Index,Dal 27 ottobre 2012 al 13 gennaio 2013Info: www.p420.it

Bologna, Spazio San Giorgio, Wop. World of Pao,Dal 17 novembre al 1 dicembre 2012Ingresso liberoInfo: www.spaziosangiorgio.it

Brescia, Galleria Agnellini Arte Moderna, American Dream. Mostra Collettiva,Dal 27 ottobre 2012 al 13 marzo 2013Info: www.agnelliniartemoderna.it

Firenze, Museo Marino Marini, Eu-genia Vanni - Sturm und Drang

,Dal 19 ottobre al 1 dicembre 2012Biglietto intero: 4 euroBiglietto ridotto: 2 euroInfo: www.museomarinomarini.it

La Spezia, Loggia Dè Banchi, Hans Burger. Guardami. Ritratti in cerca di anime,Dal 31 ottobre al 30 novembre 2012Info: [email protected]

Milano, Casa delle Associazioni, Karl Evver. De Lumine,Dal 17 novembre al 22 dicembre 2012Info: www.comune.milano.it ; [email protected]

Milano, Lisson Gallery, Spencer Finch - Not precisely knowing, not precisely knowing not,Dal 15 novembre 2012 al 11gen-naio 2013Info: www.lissongallery.com

Milano, Museo del Novecento, Pro-grammare l’Arte. Olivetti e le neoa-vanguardie cinetiche,Dal 9 novembre 2012 al 3 marzo 2013Info: www.museodelnovecento.org

Milano, Museo Pecci, Progressive Riot,Dal 15 novembre 2012 al 6 gennaio 2013Ingresso liberoInfo: www.centropecci.it

Napoli, Pan. Palazzo delle Arti di Napoli, Jutta Bauer - La Regina delle Linee,Dal 26 ottobre al 30 novembre 2012Ingresso liberoInfo: www.palazzoartinapoli.net

Parma, Salone delle Scuderie, Palazzo della Pilotta, Medhat Shafik,Dal 10 novembre al 9 dicembre 2012

Info: [email protected]

Roma, MAXXI, Grazia Toderi. Mi-rabilia Urbis,Dal 31 ottobre 2012 al 3 marzo 2013Biglietto intero: 11 euroBiglietto ridotto: 8 euroInfo www.fondazionemaxxi.it

Roma, MAXXI, William Kentridge | Vertical Thinking,Dal 17 novembre 2012 al 3 marzo 2013Biglietto intero: 11 euroBiglietto ridotto: 8 euroInfo: www.fondazionemaxxi.it

Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, QUI arte contemporanea 1966-1977,Dal 20 ottobre 2013 al 27 gennaio 2013Info: www.gnam.beniculturali.it

Roma, RAM radioArteMobile, Michelangelo Pistoletto Arte dello Squallore, 1985-1986,Dal 28 ottobre al 21 dicembre 2012Info: www.radioartemobile.it

Roma, Terme di Caracalla, Cara-calla Paradiso Contemporaneo “Il Terzo Paradiso” di Michelangelo Pistoletto,Dal 29 settembre al 2012 al 6 gen-naio 2013Biglietto intero: 6 euroBiglietto ridotto: 3 euroInfo: archeoroma.beniculturali.it; www.coopculture.it

Salerno, A3 Arte Contemporanea, Roberta Conti. Soft Idol,Dal 17 al 30 novembre 2012Info: www.a3artecontemporanea.it

Torino, Mazzoleni Galleria d’Arte, Emilio Vedova, La vitalità dell’Espressione,Dal 16 novembre 2012 al 28 feb-braio 2013Info: www.mazzoleniarte.it

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Torino, Pav - Parco d’Arte Vivente, Ettore Favini. He He. The Sun Be-hind The Clouds,Dal 30 ottobre 2012 al 13 gennaio 2013Biglietto intero: 3 euroBiglietto ridotto: 2 euroInfo: www.parcoartevivente.it

Torino, Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli, Freedom Not Ge-nius. Opere dalla collezione Mur-derme di Damien Hirst,Dal 10 novembre 2012 al 10 marzo 2013Info: www.pinacoteca-agnelli.it

Torino, Superflash, Akos Czigany :Skies Omaggio a Hiroshi Sugimoto,Dal 17 novembre 2012 al 1 gennaio 2013Ingresso liberoInfo: [email protected]

Udine, Casa Cavazzini, Metamorfosi - Le collezioni Moroso fra design e arti visive,Dal 5 ottobre 2012 al 7 gennaio 2013Info: www.moroso.it

Verona, Galleria Studio la Città, Emil Lukas. Curvature,Dal 10 novembre 2012 al 23 gen-naio 2013Info: www.studiolacitta.it

MostreInternazionaliBerlino, Blain Southern, Jannis Kounellis,Dal 17 novembre 2012 al 26 gen-naio 2013Info: www.blainsouthern.com

Goteborg, Gallery Konster, An-cora...Arte Italiana a Gotenborg. Mostra collettiva,Dal 17 novembre 2012 al 30 gen-naio 2013Info: www.kirkgallery.com

Londra, Tate Modern Gallery, A Bigger Splash: Painting after Per-formance,Dal 14 novembre 2012 al 1 aprile

2013Info: www.tate.org.uk

Parigi, Museo Toulousse-Lautrec, La Belle Epoque di Jules Chéret,Dal 29 settembre al 31 dicembre 2012Info: www.museetoulouselautrec.net

Vernissage nazionaliAcri, Maca, Museo Arte Contem-poranea Acri, Pop Art a Torino!?Dal 8 dicembre 2012 al 10 febbraio 2013Info: www.museovigliaturo.it

Bologna, Spazio San Giorgio, Be Smart...Buy Art!Dal 8 al 22 dicembre 2012Ingresso liberoInfo: www.spaziosangiorgio.it

Catanzaro, Complesso Monumen-tale del San Giovanni, Lo Sguardo EspansoCinema d’artista italiano in mostra,Dal 30 novembre 2012 al 3 marzo 2013Info: [email protected]

La Spezia, Camec Centro di Arte Moderna e Contemporanea, Luca Matti. Nuovimondi,Dal 30 novembre 2012 al 10 feb-braio 2013Biglietto intero: 6.50 euroBiglietto ridotto: 4 euroInfo: camec.spezianet.it

Lucca, Fondazione Banca del Mon-te, European Photo Exhibition,Dal 25 novembre 2012 al 6 gennaio 2013Info: www.fondazionebmlucca.it

Milano, Galleria Allegra Ravizza, Paolo Scirpa. Luce Vera-Spazio Simulato,Dal 28 novembre 2012 al 18 gen-naio 2013Info: www.allegraravizza.com

Milano, Studio Giangaleazzo Vis-conti, Alighiero e Boetti,

Dal 28 novembre 2012 al 22 marzo 2013Info: www.studiovisconti.net

Roma, Macro,Jimmie Durham. Streets of Rome and Other Stories,Dal 29 novembre 2012 al 10 feb-braio 2013Info: www.museomacro.org

Viareggio, Mercurio Arte Contem-poranea, 50s Through 70s. Mostra Collettiva,Dal 1 al 30 dicembre 2012Info: www.mercurioviareggio.com

VernissageInternazionaliLondra, Ronchini Gallery, Olivo Barbieri, Site Specific,Dal 30 novembre 2012 al 12 gen-naio 2013Ingresso liberoInfo: www.ronchinigallery.com

Pittsburgh, Christine Frechard Gallery, Eva Rorandelli. Fractures,Dal 1 dicembre 2012 al 11 gennaio 2013Info: www.christinefrechardgal-lery.com

Da vedereRoma, Macro Testaccio, Big Bam-bù, installazione Enel Contempora-nea 2012Dal 11 dicembre 2012 al 11 gen-naio 2013Ingresso liberoInfo: enelcontemporanea.enel.com

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EventiFirenze, Cinema Odeon, Lo Scher-mo dell’Arte Film Festival 2012,21-25 novembre 2012Info: www. odeon.intoscana.it

Latina, Varie Sedi, Mad. Rassegna d’Arte Contemporanea,Dal 3 novembre al 31 dicembre 2012Ingresso liberoInfo: www.madarte.it

Roma, Museo Pigorini, Idee Mi-granti. Installazioni / Performance / Incontri,Dal 27 ottobre al 15 dicembre 2012Info: www.pigorini.beniculturali.it

Roma,Varie sedi, Attraversamenti Multipli 2012,teatro, danza, musica, performance, videoDal 29 novembre al 8 dicembre 2012Ingresso gratuitoInfo: www.attraversamentimulti-pli.it

Senigallia, Varie sedi, A casa di Jack Fisher,rassegna di video arteDal 23 novembre al 15 dicembre 2012Info: [email protected]

Spoleto, Albornoz Palace Hotel, Solidali con l’Arte. Asta di Arte Contemporanea a scopo benefico,8 dicembre 2012Info: www.albornozpalace.com

Torino, Varie Sedi, Contemporary-art edizione 2012-2013,Dal 3 novembre 2012 al 31 gennaio 2013Info: www.contemporarytorino-piemonte.it

IncontriCava de’ Tirreni, Marte Mediateca, Incontri: la storia dell’arte libera la testa,23 novembre, 7 - 19 dicembre 2012Info: www.marteonline.com

Roma, Sala di Santa Rita, I mer-coledì del libro d’arte,Dal 9 maggio al 12 dicembre 2012Info: salasantarita.wordpress.com

Roma, Teatro Lo Spazio, Il corpo del poeta / Il poeta attore,laboratorio teatrale18 dicembre 2012Info: www.teatrolospazio.it

FiereIstanbul, Convention and Exhibition Center, Contemporary Istanbul Art Fair,Dal 22 al 25 dicembre 2012Info: www.contemporaryistanbul.com

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Il filo della narrazione interrotta tra passato e presente esige un delicato intervento di condivisione che annulli gli ostacoli dei passi del tempo. E’ qui che l’uomo interviene modellando il dubbio e l’equivoco secondo una nuova fuga verso il suo moderno dire e -a volte stupendosi- trova nuove risposte e nuovi orizzonti: “Homo Faber - Il ritorno del fare nell’arte contemporanea” racconta il rapporto tra i lavori realizzati da oltre trenta artisti contemporanei e i tesori del Castello Sforzesco delle sale della Rocchetta (Civiche Raccolte d’Arte Applicata e il Museo degli Strumenti Musicali). Tra gli artisti in mostra Alighiero Boetti, Michaël Borremans, Nathalie Djurberg, Bertozzi e Casoni, Luigi Ontani.

La tradizione del Valpolicella affonda le sue radici in epoca romana quando per la prima volta si parlò di questo vino, che prendeva il suo nome di valle dalle celle (cantine) utilizzate per la vinificazione. Il vino non era ancora perfezionato e nonostante l’appassionata ricerca sviluppatasi nel corso dei secoli, è solamente grazie a un caso fortuito che oggi possiamo celebrare le nostre tavole con una realtà affermata in ogni angolo del globo, una delizia chiamata amarone. Nato per la distrazione di qualche cantiniere, l’amarone rappresenta una delle migliori interpretazioni territoriali in ambito enologico dagli inizi degli anni ’50, pur giungendo al grande pubblico solo negli anni ‘90. La storia è leggenda e aggiunge fascino a una bottiglia che già fa parlare di sé grazie a un bouquet complesso e importante: Adelino Lucchese scoprì per caso, nella Cantina Sociale della Valpolicella, una botte dimenticata da alcuni, anni al cui interno vi è un recioto, dolce e antico vino che ottenuto dalle “orecchie” dei grappoli di uva corvina e rondinella dai cui è prodotto. Spillando dal fusto il primo bicchiere del fortunato nettare, trovando qualcosa di completamente diverso dal tipico sapore zuccherino del vino principe di questa valle, esclamò “Questo non è amaro, è amarone!”. In questo modo ha inizio la grande storia -se pur ancora breve- dell’amarone classico della Valpolicella cantine Bolla. Con il suo classico, la cantina offre un vino di colore rubino con profumi che spaziano dalla confettura ai fiori passiti, fino ad arrivare a note di vaniglia e caffè. Alla bocca si presenta con un tannino adeguato che non impegnare troppo il palato, grazie anche a un’evoluzione in botte per sei mesi cui segue un affinamento in bottiglia di circa un anno. Sulle nostre tavole giunge con un prezzo equilibrato.

Amarone della Valpolicella classico Le Origini 2007 rosso DOC uvaggio prevalentemente Corvina e Corvinone, gradazione alcolica 15,5% € 40 da abbinare a pietanze importanti speziate e preferibilmente selvaggina.

L’IMMANENTEE IL TRASCENDENTE

Conversazioni da sorseggiaredi Vincenzo B. Conti

♬ Belle & Sebastian - Expectations

Lee Sung-Kuen, Senza titolo, 2001COURTESY TORNABUONI ARTE

Thanks to Elisa Sartori

I bimbi, come sappiamo, hanno un universo parallelo contrapposto a quello degli adulti, molto elaborato e fatto di fantasie, di regole e di realtà più o meno distorte. Molte delle verità indiscusse che apprendiamo da bambini - imparate di solito da un compagno di scuola a cui l'ha detto”suo cugino”- si sedimentano nella nostra memoria provocando a volte dei veri e propri traumi, dei segreti tabù personali che ci trasciniamo fino all'età adulta, alimentando le nostre insicurezze e nevrosi personali.

Agata Matteucci per The Artship

CREDITSBao Publishing - Via Leopardi, 8 (Milano); 0321 424861 - www.baopublishing.itCantina Fratelli Bolla - Via A. Bolla, 3 (Pedemonte - San Pietro in Cariano, VR); 045 6836555 - www.bolla.itCastello Sforzesco - Piazza Castello, 3 (Milano); 02 88463700 - www.milanocastello.itCoconino Press s.r.l - Via de’ Buttieri, 7/B (Bologna); 051 325 516 - www.coconinopress.itFandango s.r.l - Via Gorizia, 19 (Roma); 06 85218112 - www.fandango.itFondazione Merz - Via Limone, 24 (Torino); 011 19719437 - www.contemporarytorinopiemonte.it/ita/Luoghi/Fondazione-MerzGalerie Mario Mazzoli - Potsdamer Straße, 132 (Berlin, D); (0)30 75459560 - www.galeriemazzoli.comGalerie Vedovi - 11, boulevard de Waterloo (Bruxelles, B) – (0) 32 25133838 - www.vedovigallery.comGalleria Cavour - Piazza Cavour (Padova) - 049 8752747 - augmentedplace.blogspot.itGalleria Massimo De Luca - via Torino, 105/Q (Mestre, VE); 366 6875619 - www.massimodeluca.it GP Publishing - Via Dell’Artigianato, 25(Bastiglia, MO); 059 816411 - www.gppublishing.itGrand Palais – 3, Avenue du Général Eisenhower (Paris, F); 01 44131717 - www.grandpalais.fr Graphic Studio Gallery - 8a Cope St, Temple Bar (Dublin 2, IRL); 01 679 8021- www.graphicstudiodublin.comMusée d’Orsay – 5, Quai Anatole France (Paris, F); 01 40494814 - www.musee-orsay.frMusée du Louvre - 99 Rue de Rivoli (Paris, F); 01 40205050 - www.louvre.frMuseo dell’Ara Pacis - Lungotevere in Augusta (Roma); 06 820771 - www.arapacis.itTeatro della Limonaia - Via Antonio Gramsci, 426 (Sesto Fiorentino, FI); 055 440852 -www.teatrodellalimonaia.itThomas Masters Gallery - 245 W North Avenue 115 (Chicago, U.S.); (312) 440-2322 -www.thomasmastersgallery.comTornabuoni arte - Lungarno Benvenuto Cellini, 13/a (Firenze); 055 6812697 - www.tornabuoniarte.it

Si ringraziano inoltre gli uffici stampa delle gallerie che con la loro disponibilità hanno sostenuto la nostra ricerca.

Il famoso Peace Dress disegnato durante il periodo della Guerra del Golfo con la parola PACE scritta in 14 lingue

La dissipazione finale dell’energia trascinerà con sé la mancanza di comunicazione e il disordine. A forza di scambi e tentativi di raggiungere equilibri, l’universo sarà tiepido e morto. (…) il mondo sarà un fortuito incontro di atomi.

Argentina, Identità nella diversità, catalogo della 13.ma Biennale d’Architettura, 2012, p. 45.