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« PREMIATI I CORTOMETRAGGI VINCITORI DELL’XI EDIZIONE DEL SARDINIA FILM FESTIVAL TOTTUS IN PARI, 625: AL SERVIZIO DELL’ARTE E DELLA NATURA (il percorso professionale della microbiologa Annalisa Balloi) » 04 07 2016 L’UNICITA’ DELL’ISOLA DELLE STORIE DI GAVOI: MARCELLO FOIS, UNO SCRITTORE CHE PROMUOVE GLI ALTRI SCRITTORI Scritto da: Tottus in Pari in Personaggi della Sardegna , tags: gavoi , l'isola delle storie , marcello fois ph: Marcello Fois di Cinzia Marongiu Prigionieri delle loro torri d’avorio, staccati dalla massa e quasi incapaci di comunicare con gli altri nel loro sdegno inconfessato per tutto ciò che è contemporaneità, peggio se popolare. Oppure invasi e invasati da quella mondanità chiassosa che tra un moijto e un prosecco ti ruba l’anima, tra “grandi bellezze” e riedizioni vintage di quel radical chic che non passa mai di moda. Per gli intellettuali di casa nostra la via di mezzo è una rarità, di sicuro non gratuita, che ha l’aria di appartenere ai più generosi nel dare e nel darsi. Uno di questi è sicuramente Marcello Fois, scrittore sardo trapiantato da 30 anni a Bologna, tradotto in 14 lingue, autore oltre che di romanzi e saggi, anche di soggetti e sceneggiature per cinema e tv e di testi per il teatro. E soprattutto così poco concentrato su di sé da essere artefice di uno dei più bei festival letterari italiani, quell’Isola delle Storie che anche quest’anno come da 13 anni a questa parte ha portato a Gavoi, nel cuore della Barbagia, migliaia di appassionati lettori e tanti autori, famosi ma anche lontani dal mainstream letterario. Insomma Fois, converrà che uno scrittore che si occupa di far conoscere e mettere in luce gli altri scrittori ha qualcosa di inusuale, se non di strano. “Questo fatto rende evidente che molti di noi non fanno il loro mestiere. Dal mio punto di vista è naturale stare in mezzo alla gente, inserito e immerso in un lavoro che senza gli altri non esisterebbe, non avrebbe senso. È un tale privilegio per me fare lo scrittore che mi sembra il minimo restituirne la condizione di grazia condividendola con gli altri”. Ma io mi riferivo a suoi colleghi che lei invita a Gavoi: immaginare autori divisi da rivalità e invidie non deve essere così lontano dalla realtà. Chi glielo fa fare? “Credo che un atteggiamento di questo tipo sia meno altruista di quanto sembri. Formare dei lettori 1. TOTTUS IN PARI 610 1. TOTTUS IN PARI 609 1. TOTTUS IN PARI 608 1. TOTTUS IN PARI 607

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TOTTUS IN PARI, 625: AL SERVIZIO DELL’ARTE E DELLA NATURA (il percorso professionale della microbiologa

Annalisa Balloi) »

04 07 2016

L’UNICITA’ DELL’ISOLA DELLE STORIE DI GAVOI: MARCELLOFOIS, UNO SCRITTORE CHE PROMUOVE GLI ALTRI SCRITTORIScritto da: Tottus in Pari in Personaggi della Sardegna, tags: gavoi, l'isola delle storie, marcello fois

ph: Marcello Fois

di Cinzia Marongiu

Prigionieri delle  loro torri d’avorio, staccati dalla massa e quasi  incapaci di comunicare con gli

altri  nel  loro  sdegno  inconfessato  per  tutto  ciò  che  è  contemporaneità,  peggio  se  popolare.

Oppure invasi e invasati da quella mondanità chiassosa che tra un moijto e un prosecco ti ruba

l’anima,  tra  “grandi  bellezze”  e  riedizioni  vintage  di  quel  radical  chic  che  non  passa  mai  di

moda. Per gli intellettuali di casa nostra la via di mezzo è una rarità, di sicuro non gratuita, che

ha  l’aria  di  appartenere  ai  più  generosi  nel  dare  e  nel  darsi.  Uno  di  questi  è

sicuramente  Marcello  Fois,  scrittore  sardo  trapiantato  da  30  anni  a  Bologna,  tradotto  in  14

lingue, autore oltre che di romanzi e saggi, anche di soggetti e sceneggiature per cinema e tv e

di testi per il teatro. E soprattutto così poco concentrato su di sé da essere artefice di uno dei

più bei festival letterari italiani, quell’Isola delle Storie che anche quest’anno come da 13 anni a

questa  parte  ha portato  a Gavoi,    nel  cuore  della  Barbagia, migliaia  di  appassionati  lettori  e

tanti  autori,  famosi ma anche  lontani dal mainstream  letterario.  Insomma Fois,  converrà  che

uno scrittore che si occupa di  far conoscere e mettere  in  luce gli altri  scrittori ha qualcosa di

inusuale, se non di strano.

“Questo fatto rende evidente che molti di noi non fanno il loro mestiere. Dal mio punto di vista

è naturale  stare  in mezzo alla gente,  inserito  e  immerso  in un  lavoro  che  senza gli  altri  non

esisterebbe, non avrebbe senso. È un tale privilegio per me fare  lo scrittore che mi sembra  il

minimo restituirne la condizione di grazia condividendola con gli altri”.

Ma  io mi  riferivo  a  suoi  colleghi  che  lei  invita  a Gavoi:  immaginare  autori  divisi  darivalità e  invidie non deve essere così  lontano dalla realtà. Chi glielo  fa  fare? “Credoche un atteggiamento di questo  tipo sia meno altruista di quanto sembri.  Formare dei  lettori

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consapevoli dà un senso al mio lavoro. Nella vita faccio due cose con grande passione, oltre la

scrittura. La prima è proprio quella di organizzare questo evento annuale facendo in modo che

per gli scrittori non sia una mera promozione di se stessi, come avviene in tanti altri Festival,

ma  una  promozione  della  lettura  e  della  scrittura.  La  seconda  è  andare  nelle  scuole  per

plasmare nuove sensibilità. Credo che costruire  il  tuo pubblico sia doveroso anche se qualche

volta finisci per farlo contro te stesso perché il lettore creativo è un’arma a doppio taglio. È lui a

scegliere. Non si fa teleguidare o omogenizzare. Tu che lo hai formato in antitesi alle mode sei

soltanto  responsabile di quel  senso di  libertà  che naturalmente comporta dei  rischi, magnifici

comunque da correre. Perché poi i tuoi lettori cresceranno ma non ti abbandoneranno mai”.

È questo atteggiamento a rendere unico il Festival di Gavoi? “In Italia ogni anno vengono

organizzati oltre 1200  festival  letterari e Gavoi, per  importanza e prestigio, è nel  ranking dei

primi  10.  Un  risultato  ancora  più  eclatante  se  si  pensa  che  invece  da  un  punto  di  vista  dei

finanziamenti,  siamo  al  novecentesimo  posto,  visto  che  ne  riceviamo  davvero  pochi.  E

comunque non troverete mai nemmeno una mia frase di protesta rispetto al fatto che a Gavoi

vengano dati meno contributi di tanti altri Festival sardi. La forza del nostro Festival sta nel non

farne un prolungamento televisivo dei consigli per gli acquisti. Sta nella consapevolezza di avere

di fronte dei lettori e non dei telespettatori o, peggio, dei consumatori. Una griffe inimitabile per

cui mentre gli altri devono pagare per avere certi ospiti, noi abbiamo chi fa  la fila per venire.

L’importanza di un Festival la stabilisce chi vuole andarci. E il più ricco non coincide quasi mai

con il più importante”.

Dopo 13 anni densi di incontri, spettacoli, mostre, eventi, che cosa si è appuntato sul

cuore? “Tutte  le  volte  che  riusciamo a portare  in una piazza 10 mila persone per un autore

sconosciuto e fuori dal circuito dello star system letterario io mi sento felice. Abbiamo portato lo

scrittore  cinese Mo  Yan  l’anno  prima  che  vincesse  il  Nobel,  abbiamo  invitato  Paolo  Giordano

quando ancora nessuno sapeva chi fosse”.

Quindi  a  parte  Gavoi  gli  altri  Festival  letterari  sono  tutti  venduti  allo  star  system

letterario? “Beh, no. Mantova ad esempio ha un progetto. È un  luogo di  ideazione e non di

passerelle. D’altra parte a Mantova come a Gavoi si vendono tanti libri. Negli altri Festival ben

pochi”.

L’edizione di quest’anno, ha previsto degli omaggi a Umberto Eco, al maestro Albino

Bernardini e alla scrittrice algerina Assia Djebar, è dedicata a Pinuccio Sciola, l’autore

delle “sculture sonore” recentemente scomparso. L’ha conosciuto? Se sì, di cosa era

fatta la vostra frequentazione? “Vorrei precisare che è una dedica soprattutto alla persona

che  è  stata  Pinuccio  Sciola  perché  non  sempre  a  un  grande  artista  corrisponde  una  grande

persona. Con Pinuccio ci vedevamo raramente, ma siamo stati molto solidali. Nel senso che a

ogni mia o sua esternazione, in entrambi i casi piuttosto rare, ci davamo manforte a vicenda. Mi

ricordo,  ad  esempio,  l’ultima  volta  che  ci  siamo  sentiti.  Mi  aveva  chiamato  e  aveva  esordito

così: “Grande Marcello, hai scritto proprio quello che penso io. Anzi, mi sembra quasi di averlo

scritto  io  da  tanto mi  ci  riconosco”.  Si  riferiva  alla  mia  risposta  alle  bestialità  sostenute  dal

procuratore  Roberto  Saieva  che  all’apertura  dell’anno  giudiziario  aveva  parlato  di  “istinto

predatorio  tipico della mentalità barbaricina che stava alla base dei sequestri di persona”. Un

pregiudizio  legale  che  ci  riportava  al  tempo di  Lombroso  e  che  io,  in  un  articolo  sul  Corriere

della  Sera,  portavo  alle  estreme  conseguenze  logiche:  “Giusto  per  capirci  è  come  se  io

procuratore generale a Palermo avessi detto che i siciliani sono gelosi o a Milano avessi definito

i milanesi mafiosi o tangentisti, anzi endemicamente tangentisti”. Ecco, Pinuccio rideva contento

di quello che avevo scritto. Era una persona priva di schermi, quasi infantile nella sua assoluta

purezza  che  a  volte,  in  pubblico,  gli  poteva  procurare  qualche  grattacapo:  in  certi  ambienti

radical chic lui si alzava senza curarsi di niente e di nessuno e magari li smontava così: “Non ho

capito proprio niente. Ma di che state parlando?”. Un matto vero che disseminava l’Italia con le

sue  opere  senza  curarsi  di  altro  se  non  dell’essere.  Eravamo  diametralmente  opposti  per

formazione,  cultura,  estrazione,  come  accade  tra  barbaricini  e  campidanesi ma  gli  ho  voluto

molto bene”.

Mi  illustra  i  due  opposti,  tanto  più  che  sta  parlando  con  una  campidanese?  “Lui

campidanese, e quindi con un’abitudine alla mescolanza, con un’idea più ampia del mondo. Io

barbaricino, più chiuso e diffidente, ma non meno tollerante. Voi campidanesi siete più scafati,

avete  più  sapienza  del  mondo.  La  Storia  vi  ha  approcciato.  A  noi  tutt’al  più  ci  ha  dato  un

buffetto. Non si tratta di differenze genetiche ma culturali. Sono sedimenti che hanno a che fare

con l’imponderabile, con una visione del mondo. Pinuccio aveva di sé l’idea di essere un perfetto

ignorante,  “sono  le  mie  mani  che  fanno  tutto”,  diceva.  Io  sono  un  calvinista  incapace  di

organizzare  niente  se  non  con  la  testa.  Diversi  e  complementari,  io  e  Pinuccio.  Così  come

sappiamo essere noi  sardi quando ci  troviamo  fuori dalla Sardegna.  Il patrimonio  letterario e

quello  creativo  ed  espansivo  uniti  in  una  generazione  di  eccellenze  pazzesche  non  solo  nella

letteratura,  ma  anche  nell’arte,  nella  musica,  di  cui  Gavoi  finisce  per  essere  un  grande

ricettacolo e allo stesso tempo un ponte verso  il mondo. Quest’anno tutti  i palchi del Festival

saranno dedicati alla strage di Orlando e alla comunità LGTB.”.

A  proposito cosa ne pensa della nuova legge sulle unioni civili? “Una soluzione piuttosto

blanda.  Evidentemente  è  quello  che  ci  possiamo  permettere  in  questo  momento  ma  non

abbiamo finito qui”.

Nella  maglietta  dei  volontari  del  Festival  quest’anno  c’era  scritto  “Odio  gli

indifferenti”,  famoso  incipit  di  un  brano  di  Antonio  Gramsci.  Perché  questa  scelta?

“Perché mi ci  riconosco. Perché sono gramsciano, perché oggi più che mai non ha senso non

prendere posizione e soprattutto non ha senso non avere una posizione. Tutte le posizioni sono

lecite  a  patto  che  ci  siano.  Basta  con  questa  melma  in  cui  siamo  immersi  e  in  cui  non

esercitiamo il nostro dovere di cittadini. Mi riconosco nei valori di sinistra e credo che il sono di

sinistra ma anche no” di veltroniana memoria abbia prodotto non pochi danni. Sono di sinistra?

E allora non mi possono andare bene delle cose che sono di destra. Basta con  il “ma anche”,

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E allora non mi possono andare bene delle cose che sono di destra. Basta con  il “ma anche”,con il “sì, però”. Ma perché? Ma dove? Ma quando? Non dico che non si possa cambiare idea mada  qui  ad  ammettere  tutto  e  il  suo  contrario  ce  ne  passa.  Io  resto  con  Gramsci.  Un  po’  dichiarezza, per favore”.

Fois  per  quanto  lei  non  ami  lo  star  system  letterario  non  potrà  negare  di  esserediventato  uno  scrittore  molto  amato  e  conosciuto.  E  visto  che  noi  lettori  siamoterribilmente  curiosi  mi  piacerebbe  sapere  quando  scrive  dove  sta.  Se  ha  dei  ritioppure no. E quale stato d’animo l’attraversa. “Come scrittore sono un secchione, uno chenon è mai contento di ciò che ha scritto e che appena ha finito di scrivere un libro viene assalitodall’ansia:  “Riuscirò  mai  a  scriverne  un  altro?”.  In  quanto  al  luogo  fisico,  non  ho  regole  diquesto  tipo.  Quando  devo  scrivere  lo  so.  Semplicemente.  Sento  una  vocina  che  mi  dice:“Marcello, ok, procedi”. Oltre che uno scrittore, poi, sono un padre e un marito. E a casa mianon  vige  nessuna  regola  del  tipo  “zitti  tutti  che  papà  sta  scrivendo”.  Zero.  E  devo  dire  chequesto mi aiuta a separare le cose e a vivere in un’altra dimensione. Non ho mai permesso chelo scrittore prendesse il sopravvento. Sono felice di fare questo mestiere. Ma se mi generasseinfelicità smetterei subito. Appartengo a quegli scrittori che hanno passione per il mondo, per lagente,  per  la  vita,  che  amano  farsi  influenzare  e  contaminare.  Se  sono  felice  non  scrivo.Preferisco vivere. Solo di leggere non smetterei mai”.

Già alla sua passione per la lettura ha dedicato anche il suo ultimo libro che si intitolaManuale  del  lettore  creativo  (Einaudi).  Nell’introduzione  c’è  una  sua  divertentedescrizione in quanto lettore onnivoro che in bagno, in mancanza di meglio, è capacedi  studiarsi  la  composizione  di  detersivi  e  bagnoschiuma.  In  tanti  ci  sisono  riconosciuti.    “Come  lettore  credo  di  avere  pochi  rivali.  È  quello  il  mio  vero  grandetalento”.

Mi dà alcune sue coordinate esistenziali in tema di lettura? “Nell’area infantile “L’isola deltesoro” e “Cuore”. Nell’area più giovanile, “I  tre moschettieri” e “Le città  invisibili” di Calvino.Nell’area  più  vicina  al  me  di  oggi,  “Il  giorno  del  giudizio”  di  Sebastiano  Satta  e  i  “Quattroquartetti” di Eliot. Ma in realtà me ne vengono in mente a centinaia di libri”.

E ora cosa sta leggendo? “Uno scrittore norvegese Karl Ove Knausgard. Ha scritto un’operacolossale. Ho appena finito di leggere “La morte del padre” e “Un uomo innamorato”. Al maremi porterò “L’isola dell’infanzia”, perché poi sempre lì si torna”.

http://www.tiscali.it/

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Questo articolo è stato pubblicato il Lunedì, Luglio 4th, 2016 alle 19:09 e archiviato in Personaggi della Sardegna. Puoi seguire i commenti aquesto articolo utilizzando RSS 2.0 feed. Puoi andare alla fine e lasciare un commento. Pinging non sono attualmente consentiti.

One Response to “L’UNICITA’ DELL’ISOLA DELLE STORIE DI GAVOI: MARCELLO FOIS,UNO SCRITTORE CHE PROMUOVE GLI ALTRI SCRITTORI”

1.   Giuseppe Sanna Says: 4 Luglio 2016 at 20:37

I Gavoesi sparsi x il mondo lo saranno senz’altro. Noi siamo molto attaccati al nostro paese e alle nostre tradizioni.Il festival dell’isola delle storie ormai è diventato importante e seguito in tutta la Sardegna e non solo visto anche ipersonaggi che partecipano all’evento dando lustro alla manifestazione. Ne eri al corrente spero .

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