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Sardegna

L ITALIA

16SARDEGNA LIstituto Centrale per il Restauro del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali ha attribuito alla collana del Touring Club Italiano la valenza di repertorio dei beni culturali esposti in Italia, per la conoscenza unica sulla consistenza, qualit e localizzazione del patrimonio storico-artistico del nostro paese. Touring Club Italiano Presidente: Roberto Ruozi Direttore generale: Guido Venturini Touring Editore Amministratore delegato: Alfieri Lorenzon Direttore editoriale: Michele DInnella Direttore cartografico: Andreina Galimberti 2005 Touring Editore s.r.l. - Milano I contenuti sono aggiornati al gennaio 2005 La realizzazione della presente edizione a cura di Repubblica su concessione di Touring Editore s.r.l. Gruppo Editoriale LEspresso SpA Divisione la Repubblica Via Cristoforo Colombo 149, 00147 Roma Supplemento al numero odierno de la Repubblica Direttore Responsabile: Ezio Mauro Reg. Trib. Roma n. 16064 del 13/10/1975 Il presente volume deve essere venduto esclusivamente in abbinamento al quotidiano la Repubblica. Tutti i diritti di copyright sono riservati. Ogni violazione sar perseguita a termini di legge. Stampa e legatura: Rotolito Lombarda, Pioltello (Milano)

LITALIA

16SARDEGNA

Per questa edizione aggiornata al gennaio 2005: Mirabilia / Paola Colombini, Eduardo Grottanelli de Santi Revisione e adattamento: Maura Alberetto, Giacomo Campagnano, Laura Colombo, Vanna Guzzi, Monica Pini Aggiornamento e testi dellAppendice: Vanna Guzzi Revisione grafica e impaginazione: Giorgio Alessandri, Luca Dossena, Vittoria Forchiassin, Tatiana Missaglia Cartografia: Servizio cartografico del Touring Club Italiano Prestampa: APV Vaccani, Milano Per ledizione originale: Editor: Anna Ferrari-Bravo Consulenza generale: Gianni Bagioli Redazione e revisione: Anna Ferari-Bravo Segreteria di redazione: Francesca Meriggi Hanno contribuito alla realizzazione della guida: Ilario Principe, Manlio Brigaglia e Antonello Mattone: partecipazione alla definizione progettuale; Ilario Principe: Le ragioni di una visita, La vicenda storica e artistica e le tredici introduzioni ai capitoli dal titolo Lambiente e la storia; Manlio Brigaglia: La Sardegna oggi, gli itinerari 11.4 e 11.5 e il cap. 12; Antonello Mattone: Luomo e lambiente e gli itinerari 11.1, 11.2 e 11.3; Giovanni Lilliu: La Sardegna preistorica e nuragica; Giulio Angioni: Il mondo popolare tradizionale; Enrico Milesi: cap. 1; Angela Terrosu Asole: itinerari 2.1, 2.2, 2.3, 2.5 e i cap. 3, 5 e 6; Susanna Galasso e Anna Maria Trincas: itinerario 2.4; Giuseppe Pau: cap. 4; Paolo Piquereddu: cap. 7 e 8; Attilio Mastino: itinerari 9.4 e 9.5; Rafael Caria ed Emilio Zoagli: cap. 10; Gian Adolfo Solinas e Umberto Giordano: cap. 13. Per laggiornamento della materia archeologica: Ferruccio Barreca per le province di Cagliari e Oristano; Fulvia Lo Schiavo per la provincia di Sassari; Maria Ausilia Fadda per la provincia di Noro; Antonietta Boninu per gli scavi di Porto Torres. Laggiornamento della materia storico-artistica delle province di Cagliari e Oristano: Francesca Segni Pulvirenti e Roberto Concas. Per la compilazione della Nota bibliografica e dellIndice degli autori: Tiziana Olivari. Si ringraziano: per le informazioni generali contenute nel brano I modi della visita, curato dalla redazione del TCI, gli EPT delle quattro provincie sarde e lESIT; il Gruppo Speleologico Sassarese; per i numerosi suggerimenti Franco Bosincu. Un ringraziamento particolare dovuto a: Francarosa Contu, Marinella Frau, Roberto Mura, Carlo Tronchetti, Luisanna Usai.

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PrefazioneLa Sardegna da tempo terra classica di vacanze. Senza negare tale carattere, questo volume aiuta a considerarla anche una terra di affascinante spessore storico, dove una lunga vicenda di invasioni non ha mai spento il senso e lespressione di una complessa e autonoma civilt. Una Sardegna diversa da quella, un po stereotipata, che la pigrizia culturale di un certo turismo ha fin troppo propagandato. Diversa perch la registrazione e la descrizione di tutto ci che nellisola vale la pena di visitare si intreccia qui con la storia stessa della regione, delle sue trasformazioni, delle peculiarit socio-culturali entro cui le cose da visitare sono sorte e hanno assunto le loro specifiche forme. A questo criterio, che ricostruisce il passato in funzione di una maggiore comprensione del presente, sono improntati i saggi iniziali dai quali esce una Sardegna viva e reale, con le sue straordinarie risorse turistiche. Per questo stesso criterio i capitoli della sezione guidistica sono preceduti da appositi brani introduttivi che, delle aree territoriali in cui lisola stata suddivisa, individuano gli elementi di unit ambientale e storica. Da tutto ci deriva, infine, la scelta degli itinerari di visita che percorrono insiemi territoriali evidenziandone, attraverso un discorso descrittivo che rimane unitario, le diverse espressioni fino a comprendere pi minute entit territoriali, ciascuna contraddistinta da peculiari caratteri ambientali e antropici. Ne deriva allora una visita della regione che non separa le cose dal contesto che le ha generate. Una visita che getta un ponte fra architettura e paesaggio, fra testimonianze dellantica civilt sarda e manifestazioni di cultura popolare, fra naturalismo e archeologia industriale. La Sardegna dunque da tempo terra classica di vacanze. Senza negarle tale carattere, che deve giustamente rimanere una felice manifestazione del suo rapporto con la penisola e con lEuropa, saremmo lieti se, anche attraverso questa guida, si imparasse a considerarla anche una terra di affascinante spessore storico, dove una lunga vicenda di invasioni non ha mai spento il senso e lespressione di unasciutta e dignitosa civilt.

Roberto Ruozi Presidente del Touring Club Italiano 5

Indice GeneraleLe ragioni di una visita I caratteri geografici del territorio La Sardegna preistorica e nuragica La vicenda storica e artistica Il mondo popolare tradizionale La Sardegna oggi I modi della visita 1 Cagliari e il golfo degli Angeli Lambiente e la storia 1.1 Cagliari I caratteri dellinsediamento nella vicenda storica I caratteri paesistici I caratteri della struttura urbana La citt storica: il perimetro della citt fortificata Il quartiere Stampace Il quartiere Villanova Il Santuario di Bonaria e il Poetto La conurbazione cagliaritana 1.2 Larco orientale del golfo Da Cagliari a Villasimus 1.3 Larco occidentale del golfo Da Cagliari a Bithia e a Teulada per la Costa del Sud 2 LIglesiente e il Slcis Lambiente e la storia 2.1 Da Cagliari a Iglsias 2.2 Iglsias 2.3 Il Slcis Da Iglsias a Teulada 2.4 Le isole sulcitane Lisola di SantAntoco Lisola di San Pietro 2.5 LIglesiente Da Iglsias a Gspini 3 I Campidani Lambiente e la storia 3.1 Da Cagliari a Oristano 3.2 Da Decimomannu a Terralba 3.3 La Trexenta e la Marmilla Da Monastr ad les 4 Oristano e lArbora Lambiente e la storia 4.1 Oristano 4.2 La bonifica di Arbora 4.3 LArbora 4.4 La piana di Mlis 4.5 Il Snis 11 23 39 55 79 89 107 115 115 118 118 128 129 130 157 160 164 166 173 173 175 175 186 186 189 199 205 206 218 218 223 226 226 232 232 235 247 253 253 264 264 267 275 280 286 291

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6 6.1 6.2 6.3 7 7.1 7.2 7.3 8 8.1 8.2 8.3 8.4 9 9.1 9.2 9.3 9.4 9.5 10 10.1 10.2 11 11.1

11.2 11.3 11.4 11.5

Il Srrabus, la Quirra e lOgliastra Lambiente e la storia Da Cagliari a Dorgali per Muravera Le Giare, il Gerrei, il Sarcidano Lambiente e la storia Le Giare Il Gerrei Da Cagliari a Muravera per San Nicol Gerrei Il Sarcidano Da San Nicol Gerrei a Lconi Le Barbgie e il Gennargentu Lambiente e la storia Il Mandrolisai Da Lconi a Srgono La Barbgia di Ollolai Da Srgono a Noro per Gavoi e Orani Le Barbgie di Belv e di Selo e il Gennargentu Noro e il Nuorese Lambiente e la storia Noro I dintorni di Noro Il Supramonte Le Baronie Da Noro a Siniscola per Dorgali e Orosei Laltopiano di Bitti e il monte Albo Gli altopiani centrali e Bosa Lambiente e la storia Il Mrghine Da Noro a Macomr Laltopiano di Abbasanta Da Macomr a Ottana per Abbasanta Il lago Omodeo Il Montiferru e la Planargia Da Abbasanta a Bosa Bosa Da Bosa ad Alghero per Villanova Monteleone Alghero e il suo territorio Lambiente e la storia Alghero I dintorni di Alghero La Nurra meridionale Sassari, la Nurra e lAnglona Lambiente e la storia Sassari I caratteri dellinsediamento nella vicenda storica La citt storica La citt moderna Gli immediati dintorni Porto Torres e la Nurra settentrionale LAnglona Il Sassarese meridionale Da Sassari a Ozieri

302 302 305 321 321 323 335 335 341 341 348 348 351 351 362 362 369 384 384 387 396 397 404 404 416 425 425 428 428 436 436 445 451 451 460 466 469 469 472 480 483 492 492 495 495 502 514 529 533 545 560 565

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Il Logudoro Lambiente e la storia 12.1 Il Meilogu Da Ozieri a Bonorva 12.2 Il Gocano Da Ozieri alla Cantoniera del Tirso 12.3 Il Montacuto 12.4 Da Ozieri a Olbia 13 La Gallura Lambiente e la storia 13.1 Olbia Da Olbia a Siniscola 13.2 La costa nord-orientale Da Olbia a Santa Teresa Gallura 13.3 Larcipelago de La Maddalena 13.4 La Gallura interna Da Santa Teresa Gallura a Tempio Pausania 13.5 La Gallura occidentale Da Tempio Pausania a Santa Teresa Gallura per Prfugas 13.6 Da Tempio Pausania a Olbia Appendice Nota bibliografica Indice degli autori Indice dei luoghi e delle cose Indice tematico

574 574 577 577 595 595 600 606 612 612 615 619 625 625 636 646 646 651 651 658 665 681 697 702 714

La cartografiaGli itinerari 1.1 Cagliari e il golfo degli Angeli 1.2 Cagliari: larco orientale del golfo 1.3 Cagliari: larco occidentale del golfo 2.1 Da Cagliari a Iglesias 2.3 Il Slcis 2.4 Le isole sulcitane 2.5 LIglesiente 3.1 Da Cagliari a Oristano 3.2 Da Decimannu a Terralba 3.3 La Trexenta e la Marmilla 4.2 La bonifica di Arborea 4.3 LArborea 4.4 La piana di Mlis 4.5 Il Snis 5 Da Cagliari a Dorgali per Muravera 168-169 168-169 168-169 192-193 192-193 192-193 192-193 238-239 238-239 238-239 276-277 276-277 276-277 276-277 306

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6.1 Le Giare 324-325 6.2 Il Gerrei 324-325 6.3 Il Sarcidano 324-325 7.1 Il Mandrolisai 352-353 7.2 La Barbgia di Ollolai 352-353 7.3 Le Barbgie di Belv e di Selo e il Gennargentu 352-353 8.2 Il Supramonte 396 8.3 Le Barone 405 8.4 Laltopiano di Bitti e il monte Albo 405 9.1 Il Mrghine 430 9.2 Laltopiano di Abbasanta 430 9.3 Il lago Omodeo 430 9.4 Il Montiferru e la Planargia 452 9.5 Bosa 452 10.1 I dintorni di Alghero 481 10.2 La Nurra meridionale 484 11.2 Porto Torres e la Nurra settentrionale 530 11.3 LAnglona 546-547 11.4 Il Sassarese meridionale 546-547 11.5 Da Sassari a Ozieri 546-547 12.1 Il Meilogu 582 12.2 Il Gocano 582 12.3 Il Montacuto 602 12.4 Da Ozieri a Olbia 602 13.2 La costa nord-orientale 620-621 13.3 Larcipelago de La Maddalena 620-621 13.4 La Gallura interna 620-621 13.5 La Gallura occidentale 620-621 13.6 Da Tempio Pausania a Olbia 620-621 Aree archeologiche Fortezza fenicio-punica di Monte Sirai 211 Nora 181 Nuraghe e villaggio nuragico Su Nuraxi di Barmini 329 Tharros 296-297 Tofet di Slcis 221 Gli edifici Cagliari: Museo Archeologico Nazionale: primo piano 138 Caprera: La residenza garibaldina 643 Atlantino cartografico Quadro dunione delle carte territoriali tav. 3 Carte territoriali tavv. 4-27 Quadro dunione delle piante di citt tav. 29 Iglsias tav. 40 Alghero tav. 30 Noro tav. 41 Alghero: evoluzione urbana tav. 31 Olbia tav. 42 Bosa tav. 32 Oristano tav. 43 Bosa: evoluzione urbana tav. 33 Sassari tav. 44 Cagliari 1 tavv. 34-35 Sassari: evoluzione urbana tav. 45 Cagliari 2 tavv. 36-37 Area archeologica di Tharros tav. 46 Cagliari: Bosa: castello dei Malaspina tav. 47 evoluzione urbana tavv. 38-39

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AvvertenzePopolazione. I dati relativi agli abitanti dei Comuni sono stati desunti da fonti ufficiali ISTAT e si riferiscono alla popolazione residente nellintero territorio comunale al 31 dicembre 2003. Accenti. Recano in genere laccento grafico i nomi geografici sdruccioli e quelli terminanti in consonante. La stessa cosa avviene per alcuni nomi terminanti in gruppo vocalico, quando la loro pronuncia potrebbe risultare incerta. Asterisco. Lasterisco posto accanto alle *cose nel loro genere rilevanti o comunque di speciale interesse. Abbreviazioni ab. abitanti a.C. avanti Cristo c. circa d. destro, destra d.C. dopo Cristo E est ecc. eccetera F. fiume km chilometri L. lago m metri m. morto M. monte N nord N. numero O ovest pag. pagina S sud S. santo, santa SS. santissimo, -a Ss. santi, sante sec. secolo sin. sinistro, sinistra t. telefono T. torrente v. vedi V. valle

Musei. I musei, i monumenti, le aree archeologiche osservano generalmente i seguenti giorni di chiusura totale: 1 gennaio, 6 gennaio, Pasqua, 25 aprile, 1 maggio, la 1a domenica di giugno, 15 agosto, 25 dicembre. altres norma diffusa che lingresso nei musei cessi mezzora prima dellorario di chiusura. Per avere informazioni dettagliate sugli orari di visita si consiglia di telefonare al numero indicato o di consultare il sito internet. Appendice. I testi della guida sono integrati dallAppendice, che riporta gli eventi recenti e pi rilevanti, le novit e i progetti di particolare interesse. Il numero di pagina indicato in rosso nel testo accanto al luogo, alledificio o allistituzione rimanda allAppendice; quello riportato nellAppendice indica la relativa pagina del testo. Cartografia tematica. Nellatlantino cartografico sono comprese le piante dei maggiori centri storici della Sardegna; in quelle di Cagliari, Sassari, Alghero e Bosa, oltre alla situazione topografica e toponomastica attuale, compare la rappresentazione degli elementi principali (cinte murarie, nuclei medievali, addizioni di et moderna eccetera) che hanno caratterizzato il processo di formazione e trasformazione di quei centri. Inoltre, nelle carte che nel contesto della guida accompagnano gli itinerari di visita, visualizzandone cartograficamente il tracciato, sono stati localizzati ed evidenziati mediante appositi simboli quattordici temi (v. anche lindice a pag. 714) relativi a fenomeni insediativi, monumentali, culturali, paesistici, produttivi e turistici che, conservati e riconoscibili, risultano particolarmente significativi della storia e dellambiente sardi. Eccone, di seguito lelenco. Miniere e opifici protoindustriali Insediamenti preistorici e protostorici rilevanti Grotte e altre formazioni naturali Insediamenti fenicio-punici rilevanti Centri romani Laghi artificiali Borghi fondati Stagni Chiese medievali Porti turistici Castelli, fortificazioni Luoghi di particolare interesse e torri costiere rilevanti paesistico e ambientale Luoghi tradizionali di culto e di feste popolari Musei

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Le ragioni di una visita

A Noro, come alla Mecca, non si arriva senza una lunga preparazione di spiriti e di cose: e poi, se non si uccelli o cacciatori, non si viene dal mare, afferma, non senza una punta di profonda poesia, Salvatore Satta nel descrivere lo Spirito religioso dei Sardi in quel numero monografico dedicato alla Sardegna della rivista fiorentina Il Ponte, che a distanza di tanti anni ancora un punto fermo per qualsiasi analisi della cultura isolana. E cos per lui, n uccello n cacciatore, la strada da Terranova (Olbia) a Noro non si svolge per la pi corta via delle speciose Baronie, ma si allunga, more nobilium, per Chilivani e Macomr perch la sua citt, deputata non senza qualche ragione a rappresentare lintera Sardegna, solo di l, dalla dolente valle del Tirso, deve apparire a chi vi arriva. Essere isola. Ma in unisola, lo si voglia o no, sempre dal mare bisogna giungere, n laereo riesce a trasformarci in qualcosa di diverso da ancor pi fugaci uccelli di passo. La frattura del nastro asfaltato che ci permette di rotolare su e gi per la penisola, per lEuropa, e forsanche per i cinque continenti, cos come ci ha abituati a un uso dellautomobile pi simile a un riflesso condizionato che a una ragionata gamma di scelte alternative, si risolve bruscamente nello sciabordio dellacqua alla chiglia del traghetto, o nel rapido scorrere di una pista in cemento, quasi mare di pietra stranamente in bonaccia. Solo allora si pu capire cosa significhi essere isola per la Sicilia, ad esempio, questa sensazione non scatta, e landirivieni dei vaporetti attraverso lo Stretto il prolungamento di un percorso terrestre mai abbandonato, coi suoi propri paesaggi e le sue chiare geometrie e solo allora ci si accorge con viva determinazione che le molte ragioni di una visita possono tutte ricondursi, per dirla con Carlo Levi, a quel laterale capitolo del11

LE RAGIONI DI UNA VISITA

la storia presente che tutti viviamo, che pare assomigliarsi a un ritratto di persona conosciuta nel tempo, il cui viso racconta e comprende, oggi, i diversi momenti della sua storia. Ritratto di una persona, quindi. Forse soltanto sognata: ma ben vera di fronte a noi, nella perentoria elevazione di capo Figari cos come nel lento svolgersi delle montagne azzurrine dellOgliastra e di Quirra; o sotto di noi, nei tetti rossi del centro storico di Sassari o nei bianchi calcari di Cagliari, o ancora nellincredibile sfolgorio della costa di Alghero. E ben sincera: con la sua storia, la sua arte, le sue manifestazioni civili e culturali enucleate a tutto tondo da un ambiente che non ammette compromessi. Non solo per vedere, dunque, si va in Sardegna, ma a riconoscere una persona; e come una persona lisola ci tende entrambe le mani, ci mostra il suo volto pieno di contrasti eppure serenamente accogliente. Tre sono le porte dingresso, attestate sui nuclei urbani di pi remoto insediamento: Cagliari fenicio-punica, Olbia greca, Porto Torres romana; e tre sono gli aspetti che attraverso esse possibile scorgere: rispettivamente la citt Dominante che controlla la regione; la cerniera che permette il pi rapido passaggio al continente; la regione infine che si fa citt. Sono tre punti obbligati, sui quali si attestata la salda organizzazione territoriale depoca romana; e ancora oggi la struttura portante della Sardegna innervata sugli assi viari che ivi hanno origine. Purtroppo limmagine che da essi possibile trarre solo in minima parte corrisponde alla ricchezza e variet degli scenari ambientali, derivati sia dalla complessit del quadro geo-morfologico sia dalla relativa diversit della vicenda storica. N un rimedio pu essere trovato ricorrendo a scali alternativi, che assolvono in pratica un compito di disimpegno esclusivamente locale (Palau e Santa Teresa Gallura, ad esempio, per le Isole Intermedie e la Corsica), o specializzato (Golfo Aranci, come scalo di velocit a servizio delle Ferrovie dello Stato), o comunque di debole consistenza (rbatax per i collegamenti con Genova). A una pluralit di scali continentali distribuiti sullampio arco mediterraneo, da Barcellona a Palermo, fa riscontro una scarsit di approdi soddisfacenti nellisola, per giunta assai squilibrati in relazione allo sviluppo del perimetro costiero. Come uno stretto imbuto si presenta la Sardegna in certi periodi dellanno a chi voglia raggiungerla o a chi voglia lasciarla, e la sua capacit selettiva in termini territoriali enfatizzata dalla rigidit dei percorsi di pi agevole scorrimento. Il percorso tradizionale, litinerario nella sua accezione consueta di spostamento da uno allaltro punto, non pu quindi essere adottato come criterio ordinatore di una visita, anche superficiale, se non a costo di sottrazioni progressivamente crescenti, tanto 12

LE RAGIONI DI UNA VISITA

pi gravi quanto pi intere zone appartate e marginali e sono forse di maggior interesse pur allocchio distratto vengono totalmente sacrificate o trovano qualche esito solo sul singolo monumento, sulla singola emergenza. Il visitatore si render ragione di questa preoccupazione nelle pagine che seguono, in cui lapparente frammentariet delle indicazioni in relazione a uno o pi percorsi unificanti ma, appunto perci, selettivi lo specchio fedele della variet dei motivi e delle figure regionali. Variet di motivi che, a livello propriamente storico, ha fondamento nel particolare rapporto che in Sardegna si stabilito fra la citt e la campagna, il quale a sua volta frutto di una strutturazione morfologica che, pur senza nulla concedere a un facile determinismo ambientale, trova nel diverso articolarsi dellimpalcatura regionale un logico presupposto e un evidente condizionamento. Tale impalcatura abbastanza semplice nel suo insieme, ma oltremodo complessa se si vuole analizzarla nei singoli elementi costitutivi, anche perch la copertura umana, esile in ogni tempo, non riuscita a imporre in epoca moderna e contemporanea un proprio programma complessivo, non riuscita cio a organizzare il territorio un poco oltre i suggerimenti, pur deboli in qualche caso, che provenivano dallambiente fisico. Gli orizzonti del paesaggio. Quattro sono i principali orizzonti del paesaggio isolano: le montagne, gli altopiani, le pianure, le coste. Ma molti di pi sono gli orizzonti tematici, e sono proprio questi a caratterizzare in maniera incancellabile la Sardegna: le grotte, gli stagni, le saline, le isole, gli endemismi floro-faunistici, gli affioramenti geologici, la variet degli aspetti morfologici, gli scenari sempre mutevoli a dispetto della relativa povert di contenuti, la grande facilit di trovare ancora oggi (e talvolta anche in periodo di punta) una costa deserta o unarea interna totalmente disabitata, in quella Sardegna nascosta dove neppure le carte topografiche riescono a dare il senso di uno spazio comunque storicizzato dalla frequentazione umana; e perfino il vento si fa paesaggio, e le pecore, e i nuraghi. Tematizzazioni, tutte queste, non antagoniste fra loro ma complementari, che locchio attento non faticher a ricondurre a un disegno unitario, e il turista intelligente a una fruizione non di mero consumo. Due sono per conseguenza i criteri di lettura, uno per fasce tematiche e un altro per insiemi omogenei a livello territoriale. Il primo privilegia il percorso non come spostamento attraverso elementi progressivamente sottrattivi per cui alla fine si in grado di capire e apprezzare solo una o due cose pi monumentali o inconsuete, relegando tutto il resto a semplice impressione 13

LE RAGIONI DI UNA VISITA

visiva bens come addizione di singoli fatti verso la ricomposizione di una cornice dinsieme organica e organizzabile; il secondo trova concreta espressione nellarticolazione in regioni storiche la cui identificazione si cristallizzata nei secoli e oggi appare, pi che in qualsiasi altra parte dItalia, un risultato di portata autenticamente popolare della difficolt, e peculiarit, di adattamento delluomo al suo ambiente. Ma vediamo di fare qualche esemplificazione concreta. Un percorso naturalistico difficilmente potr prescindere da una stretta integrazione fra gli elementi morfologici e quelli floro-faunistici. La visita delle coste, sia da terra che dal mare e preferibilmente da entrambi i punti di osservazione, ci porter ad esempio non solo ai graniti galluresi o ai porfidi di rbatax o agli arenili di San Teodoro, ma in maniera del tutto naturale anche ai numerosi stagni, presenti in questo tratto di costa nord-orientale come in tutto il resto dei 1896 chilometri di costa sarda, con la loro vegetazione palustre, la fitta boscaglia delle depressioni retrodunali, la ricchezza e variet della fauna ittica coltivata in numerose peschiere, e lo splendido affollamento dei volatili stanziali e di passo fra cui si pu rammentare almeno il falco pescatore e lairone rosso. Un itinerario montano, invece, ci porter ben presto a capire come e perch in Sardegna non si fa riferimento allaltezza del rilievo quanto allasperit delle forme che sovente presentano profili identici pur da opposti versanti e in tal modo una cresta che a malapena supera i mille metri sul mare, il monte Albo, nel settore centro-orientale dellisola, o linsieme di ancor pi basse elevazioni frapposte fra questo e la costa delle Baronie (nello stesso quadrante ora ricordato), riescono a offrire al visitatore sensazioni dalta quota fra impenetrabili foreste di leccio e tormentate formazioni rocciose: e con un po di fortuna vi si pu scorgere lormai raro muflone, il pi frequente cinghiale, il gatto selvatico e tutta lavifauna predatrice grifone, aquila, falco presente in queste splendide riserve; rimaste tali non per deliberato programma, ma semplicemente perch mancano strade carrozzabili (ma le passeggiate sono facili e divertenti), come si verifica in tante altre zone della Sardegna interna. Grotte e cavit naturali. Pi sofisticato e specialistico laccostamento fra grotte e cavit naturali, numerosissime ma in buona parte ancora incerte nelle loro effettive dimensioni anche quando si presentano in esempi irripetibili, con le forme di vita ipogeica familiari soltanto allentomologo, ora che della foca monaca rimasto solo il ricordo. E ancora: gli stormi imponenti di fenicotteri rosa nelle loro compatte geometrie a cuneo in volo 14

LE RAGIONI DI UNA VISITA

su Cagliari, ancora usuali poche centinaia di metri piin l, fra gli stagni, ma qui, nellasfalto e nei fumi della combustione, di una purezza quasi virginale, tale da far inceppare qualcosa nello strepito iracondo della grande citt; lagile cavallino della Giara di Gsturi (una formazione geologica ad altopiano non unica nella Sardegna centrale, che qui appare di pi immediata evidenza, sospesa com fra terra e cielo in una sorta di mitico incanto), purtroppo in via di rapida diminuzione, col suo parente povero, lasinello bianco dellAsinara, che si mantiene su buoni livelli a motivo del divieto frapposto allaccesso al pubblico nellisola, sede di una colonia penale; limmenso grifone e il falco pellegrino, saettanti come dardi fra gli strapiombi di capo Caccia, dove a ogni passo la vita si intreccia inestricabile con la nuda roccia offrendo impensati endemismi. Insomma, qualsiasi percorso attraverso gli aspetti fisici della regione dovr farsi carico di peculiari forme di vita: anche nel caso delle foreste pietrificate, degli alberi come folgorati nella loro scabra essenza silicea (e ve ne sono di oltre un metro di diametro), dove per si aggira un rapace il cui rispetto per lambiente inversamente proporzionale allutile, anche solo immaginato, che capace di ricavarne. I segni della storia. La presenza delluomo stimola tuttavia un altro tipo di percorso, storicizzato e in qualche modo caratterizzato da un minore grado di oggettivit esteriore: ma un itinerario attraverso i monumenti lasciati dalla preistoria, o le chiese medievali o gotico-aragonesi, o ancora attraverso le miniere, le bonifiche, i centri storici, e cos via, in s plausibile e articolato in sequenze abbastanza ricche e in certi casi ridondanti fino a qual grado permette di scorgere le relazioni fra uomo e ambiente nella loro interezza di rapporti e reciproche contrapposizioni? Si tratta certamente di un grado molto basso, anche in presenza di una fruizione allargata, perch lorganizzazione del territorio, dai giudicati in poi, non avvenuta per poli ma per aree diffuse: non ha privilegiato la citt, luogo dellaccumulazione e dello scambio, ma si rivolta alla campagna, a quei pascoli e a quelle rare e neppur tanto fertili o salubri pianure da cui ricavare i magri mezzi di sussistenza. La citt e il villaggio sono apparsi sempre qualche cosa di artificioso, utili al massimo come residenza, spesso temporanea, delle classi dominanti e dei ceti che ruotavano loro attorno, ma senza alcun anelito alla rappresentazione di un ruolo, che daltro canto nessuno nel concreto pareva minacciare oltre qualche rarissimo tentativo presto soffocato nel sangue. Di conseguenza gli elementi dispersi sul territorio non riescono comprensibili n considerati in s stessi, n immaginati 15

LE RAGIONI DI UNA VISITA

quali appendici o articolazioni solo apparentemente autonome delle concentrazioni urbane. Non vivono di vita propria e non sono neppure i terminali dei complessi gangli nervosi, sedi di attivit e stimoli, che qualsiasi agglomerato di abitazioni permanenti, sia esso borgo, citt, villaggio, per il solo fatto di esistere genera e riproduce. Il linguaggio delle pietre. La difficolt di un percorso storicizzato risiede proprio nel collegare convenientemente le informazioni visive con le informazioni o deformazioni culturali. Se la natura fisica non pu essere separata dalla natura vivente, la storia fatta con le pietre non si pu intendere, anche allo sguardo pi attento e in Sardegna pi che altrove, senza la storia fatta dagli uomini. E allora la N ro moderna diventa pi o comprensibile se prima si visita il villaggio nuragico di Serra rrios, in quelle speciose Baronie rifiutate da Satta, o se ci si immerge, ad esempio, nel nitido ambiente pastorale del Supramonte di Orgsolo (piche sul vacanziero Ortobene); solo dopo Thrros e Cbras ci si pu dirigere a Oristano, cos come Monte dAccoddi lanticamera di Torres romana e di Sassari medievale, o le antiche miniere del S lo sono di Iglsias; e lcis le chiese pisane del Logudoro parlano un linguaggio che non sapresti come decifrare, immerse come sono in lande desolate che ricordano lantico splendore solo in qualche toponimo, se non ricorrendo a una maglia di insediamenti e di luoghi forti tenacemente sopravvissuti fino a noi; e i capolavori della pittura e dellarchitettura dinflusso aragonese relegati in piccole e quasi insignificanti localit non sapresti come giustificarli (anche nella loro valenza artistica) se non in termini di trasmissione in periferia di una cultura gi periferica, che riesce a esaltare loriginale proprio quando annulla gli opposti. E lo stesso succede ai giorni nostri per i tori di Aligi Sassu o per la fortuna locale della xilografia darte: essi valgono di piin quanto servono a capire di pila robusta essenza dellanima sarda, e non si riesce a farli vivere se non in quella particolare luce, allinterno di quel particolare messaggio; che poi fin troppo facile accostare al toro sacro effigiato a tutto tondo in grandezza naturale fra le prime manifestazioni scultoree del mondo mediterraneo in unisola che ben presto abbandoner la scultura come espressione artistica sopra gli ipogei di SantAndrea Priu presso Bonorva. E poco male se a quella scultura stato asportato lintero blocco facciale, ch anche questo rientra nel solco di una Sardegna oggetto di rapina, inconsueta tematizzazione alla rovescia organizzabile facilmente secondo propri (e ricchi) itinerari. 16

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Passato e presente. Percorso storico allora, fra i meandri del passato e le urgenti istanze del presente, a riconnettere funzionalmente quegli ipogei preistorici utilizzati dal pastore per ricoverare le sue bestie, con le esigenze del mercato caseario continentale, che riesce a piegare a quelluso lutilizzazione del territorio in funzione del prezzo del latte ovino tuttintero un cospicuo spaccato della societ isolana. Fino al punto in cui loperaio-pastore di Ottana, come stato documentato, volta le spalle allindustria per tornare a fare il pastore-operaio sul pascolo: ma non una scelta coraggiosa o vincente, solo una versione stantia di un falso romanticismo da ritorno alle origini, che si nutre di solide motivazioni economiche ma d esca a una regressione produttiva altrove impensabile. Il mondo della pastorizia. In realt qualsiasi percorso storicizzato non pu prescindere dalla conoscenza, anche epidermica, di quellimmenso scenario che il pascolo sardo, popolato dai suoi numerosi personaggi e interpreti (il richiamo a Gavino Ledda e al suo Padre padrone dobbligo; ma per i Sardi, doloroso) che silluminano di una luce sempre nuova e sempre antica. Non pu prescindere neppure dallo scempio delle fasce costiere pi belle e accessibili, o dalla vocazione artificiosa di portaerei del Mediterraneo, irta di zone, servit, intralci militari di ogni tipo e funzione, che stata affibbiata allisola come una camicia di forza da chi altro interesse non aveva se non un disinteresse adeguatamente ricompensato; o dalle industrie agonizzanti vicino agli stagni che i loro rifiuti inquinanti hanno gi ucciso; o dalle devastazioni selvagge della splendida copertura arborea dalto fusto, perpetrate nel secolo scorso per ricavarne una manciata di carbone da spedire in continente o qualche traversina ferroviaria, mentre le vaste operazioni di bonifica fascista appaiono estranee ai pi elementari suggerimenti ambientali. Mai in Sardegna il punto, il locus, lemergenza storica pu essere astratta dal suo contesto, dalle sue coordinate spaziali, anche nei casi che sembrano pi remoti o isolati: ne deriva in primo luogo la necessit di saper costruire dei percorsi areali e non semplicemente itinerari; in secondo luogo la difficolt, solo apparente, di ricondurre a un denominatore comune informazioni assai eterogenee, dal nuraghe alla base militare, alla vecchia miniera abbandonata, alla chiesa romanica e cos via. Suddivisioni storiche e amministrative. Come poche altre regioni italiane la Sardegna offre una ricchezza di nomi territoriali e regionali che ben riflettono la straordinaria cantonalizzazione delle sue caratteristiche fisiche e antropiche: essi non identificano relitti storici di dubbia riconoscibilit ma circoscrivono regio17

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ni ancora ben vive nelluso corrente, quasi che le antiche suddivisioni amministrative depoca giudicale, plasmate su precisi vincoli naturali, abbiano ingabbiato per sempre in ristrette partizioni il territorio sardo. La potenza e la profondit dellimpronta umana nelle varie regioni dellisola il riflesso della potenza e profondit dei lineamenti fisici distintivi di ciascuna di esse, che la rendono unica e apparentemente immutabile: ma il pascolo rimane pascolo non perch quella sia la sua unica destinazione, la sua vocazione, ma perch la struttura economica, in grandissima parte dipendente dallesterno, vuole che i Sardi continuino a fare i pastori e a produrre formaggio; cos come le aree costiere rimangono splendide eccezioni di incontaminata bellezza solo fino al punto in cui la spinta speculativa, che si nutre di altri ideali, non le organizza in sistemi di sfruttamento nei quali la facilit duso direttamente proporzionale alla falsit con cui essi si sostituiscono allambiente originale. Sottoinsiemi territoriali. Non questo un sistema pi iniquo di altri, ma pi di altri aggravato dallesigua consistenza demografica che implicitamente rende ancor pi scarse le gi scarse risorse rintracciabili e utilizzabili in loco. In tal senso spiegabile la tenace persistenza dei sottoinsiemi territoriali, agglutinati a nord e a sud attorno alle due uniche vere citt Sassari e Cagliari esistenti nellisola: ma il Capo di sopra e il Capo di sotto (questi, per lunga tradizione, i loro nomi) non sono due diverse realt regionali, cos come non lo sono le numerose partizioni storiche che si potrebbero richiamare. La qualit della Sardegna in quanto sede oggettiva del particolare rapporto stabilitosi fra uomo e ambiente, pu essere rintracciata in ciascuna di queste partizioni solo se si pone mente a due fatti condizionanti: la continuit storica ha privilegiato culture dimportazione; lutilizzazione primitiva delle risorse non ha permesso consistenti livelli di accumulazione. Quanto al primo punto, ne sono derivate una relativa indifferenza verso la trasmissione clta del sapere (che comunque nasceva e si sviluppava altrove), una enfatizzazione anche oltre il lecito delle tradizioni popolari, una dispersione solo apparentemente casuale dei grandiosi monumenti-documenti di tutte le epoche storiche. Quanto al secondo, la struttura fondiaria e produttiva rimasta cristallizzata a riprodurre arcaiche formazioni economico-sociali, che lingresso impetuoso del capitale continentale a partire dalla met dellOttocento ha arroccato in certe zone e ha frantumato in altre, secondo un tipico modulo dualistico delleconomia italiana. In buona parte, e salvo interventi specializzati (come il turismo costiero), queste linee di frattura hanno rispet18

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tato gli involucri giuridico-amministrativi del passato: una visita della Sardegna dovr quindi privilegiare le regioni storiche, le aree di interazione fra uomo e ambiente, e non i consueti percorsi stradali e ferroviari, anche se questi rimangono in fondo la spina dorsale di quelle. Gli itinerari. La selezione e lorganizzazione degli itinerari trovano in questo presupposto la loro prima ragion dessere, cos come nei capitoli introduttivi un generale rimescolamento delle carte andato nella direzione di un diverso uso della guida: non pi repertorio di una conoscenza nozionistica di fatti, situazioni, emergenze, ma apertura problematica (e tematica) a una partecipazione pi consapevole della realt osservata. Non quindi i consueti percorsi fra un punto e un altro, ma tematiche di studio e dindagine per ambiti storico-territoriali, nei quali possibile ritagliare definiti ventagli dinteresse, sia collegabili organicamente fra i diversi ambiti, sia capaci di esaurire la loro potenzialit conoscitiva in visite non superficiali allinterno dello stesso ambito. Per ragioni di opportunit espositiva e di organizzazione delle visite, sono stati delineati solo tredici di tali ambiti, ottenuti quasi sempre raggruppandone diversi a scala inferiore, e di questi solo sei fanno capo a un agglomerato urbano: i quattro capoluoghi di provincia (Cagliari, Sassari, Noro, Oristano), la citt in forma di fortezza (Alghero) al nord, e la citt dantica tradizione mineraria (lglsias) al sud; in tutti gli altri ambiti, agglomerati pi o meno vasti e in genere funzionalmente specializzati (antiche rocche come Bosa e Castelsardo, punti di transito obbligato come Olbia e Macomr e Porto Torres, e cos via) riescono a organizzare un territorio ristretto non opponendosi ma legandosi organicamente alla campagna circostante, a sua volta disseminata di minori centri abitati a carattere prevalentemente agricolo. Solo in modo incidentale una gerarchia delle localit centrali, indipendentemente dalla loro ampiezza, pu condurre a una migliore lettura del paesaggio sardo, che riceve la sua qualit percettiva in maniera pressoch autonoma rispetto alla concentrazione di abitati, come chiunque pu rendersi conto appena volando sullisola con gli aerei di linea. In auto e a piedi. Allinterno di ogni ambito, o sezione, o gruppo di percorsi in cui divisa questa guida, sono possibili due diverse letture, di cui per solo la prima vi trova esauriente esemplificazione: una immagliata sulle vie di comunicazione, agevoli o disagevoli che siano ma comunque percorribili con mezzi motorizzati; laltra prevalentemente pedonale, diffusa fra massi e graniti, fra muretti a secco ed esili rigagnoli e imponenti querce da sughero, a 19

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scoprire panorami senza falsi romanticismi di maniera (e senza alcun pericolo). Il criterio fondamentale per la definizione degli ambiti stato quello del rispetto dellidentit storica di ciascuna regione, anche laddove si operato per addizioni successive; per la definizione degli itinerari di visita il criterio invece stato quello dellaccessibilit in relazione alla ricchezza degli orizzonti e alla significativit del documento storico e naturale, e non necessariamente in relazione alla comodit o alla rapidit dei percorsi. Molte simmetrie si potrebbero evidenziare fra opposti versanti della Sardegna: il golfo dellAsinara con Sassari a nord-ovest e il golfo di Cagliari col capoluogo regionale a sud-est, e parallelamente la Nurra col Srrabus; oppure il Slcis con le isole di San Pietro e SantAntoco a sud-ovest con la Gallura e le isole della Maddalena e di Caprera a nord-est; e ancora il golfo di Oristano a ovest contrapposto al golfo di Orosei a est. Ma altrettante divergenze si possono opporre: il gruppo montuoso pi imponente, il Gennargentu, non al centro ma spostato verso est, lungo quella tormentata dorsale fra Gallura e Srrabus che ha sempre isolato la costa orientale dal resto della regione; e cos Noro, pure spostata sulla stessa direttrice (e non in prossimit dei litorali, come gli altri capoluoghi) ma capace di gravitare indifferentemente verso il Tirreno attraverso Orosei o, pi a nord, Siniscola e verso laperto Mediterraneo occidentale con lo stretto corridoio di Macomr e Bosa, pervicacemente tenuto alle sue dipendenze amministrative anche quando la creazione della nuova provincia di Oristano (1974) avrebbe imposto diversi livelli di aggregazione territoriale; e ancora la vasta pianura dei Campidani, assolutamente incomparabile con le poche altre aree pianeggianti e inoltre caratterizzata da una spiccata dissimmetria geo-pedologica fra le colline che la limitano a oriente, pi fertili e di conseguenza pi popolate (Barigadu, Marmilla, Trexenta, Parte Olla), e gli scabri rilievi occidentali dellIglesiente e del Slcis, ricchi di minerali ma poveri di abitati e coltivi. Citt e regioni. Le tredici sezioni non sono state quindi ritagliate sulla base di considerazioni tipologiche dordine generale n in corrispondenza dei volubili confini provinciali che proprio sulla Giara di Gsturi, vicina a Oristano ma divisa anche fra Cagliari e Noro, raggiungono il massimo dellirrazionalit ma per aggregazioni di regioni storiche contermini e non necessariamente omogenee, secondo il criterio sopra specificato. Gli ambiti delle sei citt maggiori sono piuttosto evidenti: Cagliari col suo ampio golfo da capo Spartivento a capo Carbonara; Iglsias ben piantata al centro della regione mineraria; Oristano da sempre capoluogo dellArbora, il glorioso giu20

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dicato ultimo a cadere sotto le armi aragonesi; Alghero con la retrostante zona di Villanova e parte della Nurra, che divide con Sassari, mentre larea di influenza storica di questultima si pu estendere senza difficolt allAnglona e al Logudoro settentrionale fino al Campo dOzieri; quanto a Noro, non pi solo pastorale ma residenza di terziario amministrativo, essa appare perfettamente integrata con la costa luminosa delle Baronie a est, piuttosto che con la lontana Planargia; le montagne barbaricine e il Gennargentu sono stati isolati per una precisa scelta culturale, ma chiaro che il loro rapporto con Noro ancora assai stretto, al punto che i due ambiti possono considerarsi fra loro complementari. N a nord la Gallura che al massimo pu presentare qualche incertezza sul peso relativo da assegnare alle quattro citt ubicate ai suoi vertici: Olbia, Tempio Pausania, Santa Teresa e Palau n a sud-est laspra e appartata costa orientale di Srrabus, Quirra e Ogliastra, presentano problema di delimitazione. Problemi che invece sorgono nelle aree di raccordo fra questi territori forti, cio organizzati da una struttura urbana o comunque morfologicamente ben determinati: la miglior soluzione sembrata quella di ritagliare le regioni storiche allinterno dei percorsi che le caratterizzano, e soprattutto confrontare la loro vocazione a porsi in alternativa o in collegamento organico con le regioni finitime. evidente per che una certa complementarit pu riconoscersi fra gli altopiani centrali che raggruppano Planargia, Campeda, Mrghine, Tirso, Barigadu, Montiferru e Abbasanta e il Logudoro, il quale con accezione pi vasta comprende anche Meilogu, Gocano e Montacuto fino a Olbia; e analogamente fra i Campidani e le colline delle Giare, Sarcidano e Gerrei, che raccordano la vasta pianura con i rilievi pi interni a est. Si tratta in ogni caso di aree di risulta, che sarebbe stato forse altrettanto logico considerare ciascuna per s, ma a prezzo di uno spezzettamento alla fine incomprensibile. Tale difficolt si dovr comunque tenere presente nel seguire gli itinerari di visita consigliati. I mari attorno allisola. Rimane infine unaltra regione, fin qui considerata solo incidentalmente perch priva di memoria storica visibile, ma pur sempre condizionante quasi tutti gli aspetti della vita di unisola: il mare; anzi i mari, ch ogni tratto di costa presenta suoi propri colori, trasparenze, armonie. I mari sardi sono di per s ragione ben sufficiente di una visita, e tuttavia non si trover qui uno specifico itinerario per la circumnavigazione della Sardegna, che invece era presente nella precedente edizione. Le motivazioni di tale esclusione sono di ordine pratico (altre pubblicazioni specializzate pretendono di fornire informazioni 21

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esaurienti sullargomento), ma soprattutto di legittima difesa. Per fortuna non sono poche ma per lo pidifficili da raggiungere le fasce costiere che conservano ancora una loro struggente e irripetibile bellezza, anche in quelle poche settimane in cui la popolazione presente nellisola di colpo si quadruplica; per sembrato pi opportuno che ognuno, potendolo, scopra da solo le sue spiagge, rocce, scogli, il suo mare, in una ricerca capace di unire finalmente lanalisi e la comprensione dellambiente fisico e storico con lirrinunciabile esigenza di unelevazione delle proprie qualit culturali e morali. Una cosa comunque certa: anche con tutto questo, si pu forse dire di aver visto una o pi Sardegne, ma non si potr dire di averla appieno conosciuta. Come una persona, per quanto cara, a ogni incontro ci rivela nuovi lati e aspetti del suo carattere, cos la Sardegna a ogni visita, in ogni stagione, mostra un volto che, a saperlo leggere, sempre diverso, sempre nuovo. E questa una ragione non secondaria di altre visite, di altri contatti.

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I caratteri geografici del territorio

Un involucro conservativoLimmagine dellisola. La Sardegna, che non assomiglia ad alcun luogo. La Sardegna che non ha storia, n et, n razza, nulla da offrire. Vada per la Sardegna. Dicono che n Romani n Fenici n Greci n Arabi conquistarono mai la Sardegna. Essa sta fuori, fuori dal cerchio della civilt. Come i paesi baschi. Certo, ora italiana con le ferrovie e gli autobus. Ma c ancora una Sardegna non conquistata. dentro la rete della civilt europea, ma non stata ancora tirata a secco. E la rete si fa vecchia e lacera. Molti pesci sgusciano dalle maglie della vecchia civilt europea. Come la grande balena russa. E forse anche la Sardegna. Cos David Herbert Lawrence, nel suo lungo racconto di viaggio Sea and Sardinia, con lansia, squisitamente decadente, della scoperta di mondi primitivi non ancora violati nella loro civilt naturale, si confrontava, nel 1920, col fascino dellarcaicit e dellimpenetrabilit della Sardegna, e con gli sparsi e contraddittori frammenti di un mondo antichissimo, intatto, prossimo allestinzione che si apprestava, appunto, a essere tirato in secco dalla civilt europea. La Sardegna, agli occhi dei viaggiatori e dei visitatori forestieri, insinuava unimmagine suggestiva, ricca di ambiguit e di mistero: quella, cio, di un mondo fuori dal tempo e quasi immobile in una sorta di primordialit. Da questo punto di vista, quindi, si possono cogliere il senso e le ragioni culturali di espressioni, ricche di significati romantici, come Lisola dimenticata del raffinato disegnatore francese Gaston Vuillier, o Lisola mai vinta dellavvocato ed erudito londinese John Warre Tyndale. Per secoli, o addirittura per millenni, la Sardegna vissuta in condizioni di singolare isolamento. Nonostante il succedersi di invasioni di popoli stranieri, lisola si mantenuta largamente immune da contatti e influenze esterne. Ci testimoniato dallo stesso mondo naturale: flora e fauna hanno conservato a lungo caratteristiche fortemente arcaiche, diverse da quelle delle regioni circostanti. Non v in Italia ci che v in Sardegna, n in Sardegna v quel dItalia, scriveva il naturalista settecentesco Francesco Cetti, alludendo al carattere assolutamente peculiare23

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della natura dellisola. Gi nel 1837 il botanico piemontese Giuseppe Moris sosteneva che la vegetazione in Sardegna il punto di incontro, con caratteristiche e specie particolari, tra quella dellEuropa meridionale (Spagna, Provenza, Italia), quella delle isole mediterranee (Corsica, Sicilia, Malta) e quella delle regioni marittime della Barbera. Anche la stessa variet della fauna sarda dimostra come linsularit abbia di fatto favorito, come una riserva naturale, la sopravvivenza di una vita animale altrove estinta. Il muflone, singolare e unico montone selvatico, certamente lanimale pi rappresentativo della particolare fauna isolana. Questo animale, oggi quasi estinto, era diffusissimo un tempo in tutte le zone montuose della Sardegna, dalla Nurra al Srrabus, dalle Barbgie al Slcis, dal Gocano alla Gallura. Era talmente presente che un geografo del 500 arriv persino a credere che laria malsana della Sardegna fosse dovuta ai miasmi dei mufloni morti. Ma fu soprattutto nellOttocento che il muflone sub una sorte e una distruzione vera e propria strage ecologica simile a quella del bisonte americano. Lo stesso arcaismo riscontrabile nel linguaggio. La lingua sarda rimasta, molto pi dellitaliano, del francese o dello spagnolo, simile al latino in singole parole e, aspetto ancora pi significativo, nella sintassi (e addirittura al latino arcaico, se vero che non ha conosciuto il fenomeno della palatizzazione della c). Gli influssi linguistici dei dominatori che si sono via via succeduti nellisola Bizantini, Pisani, Aragonesi sono rimasti, al confronto, minimi. Anche nelle tradizioni popolari si pu cogliere laspetto pi appariscente e tipico del mondo isolano: un carattere fortemente conservativo che fa s che la Sardegna costituisca, come ha scritto un antropologo tedesco, uneccezione tra le isole mediterranee, perch ferma e chiusa in se stessa, un vero e proprio tesoro inalterato e sconosciuto di folclore, un museo naturale di etnografia. Fauna, flora, tradizioni, linguaggio: arcaismo dellambiente naturale e arcaismo di un prodotto degli uomini, fatto per comunicare tra gli uomini. Sintravede una societ fortemente statica, al di l delle modificazioni superficiali: un mondo pastorale chiuso agli scambi e allambiente esterno. La realt geografica stata, dunque, determinante nel condizionare le vicende storiche della Sardegna e delle sue comunit umane? La risposta non pu che essere affermativa. I Sardi non riuscirono mai a evadere dalla stretta dellisola, espandendosi verso altre terre: Dovunque il mare, invece di attirare gli isolani ha scritto il geografo Maurice Le Lannou sembra averli respinti verso linterno dellisola. Il mare, quindi, che per la maggior parte 24

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dei popoli mediterranei stato veicolo di civilt e di scambi, ha avvolto la Sardegna separandola, spesso, dal resto del mondo. Lisolamento in mezzo alle acque, la cintura liquida del mare hanno ostacolato e ritardato contatti continui e fecondi con altri popoli e altre culture, facendo della Sardegna unisolata particella di globo, o come ha scritto larcheologo sardo Giovanni Lilliu un frammento di un vecchio esteso continente alla deriva.

Insularit e isolamentoIl mare, la montagna. Allinterno di una traccia cos netta, la cornice naturale appare determinante nel destino di un gruppo umano, nella formazione di una particolarit storica. E infatti linsularit della Sardegna, il suo isolamento nel mezzo del Mediterraneo occidentale, le caratteristiche delle sue coste e del suo rilievo, lattrazione esercitata da alcune sue ricchezze le hanno attribuito, sin dalla pi lontana preistoria, unoriginalit talvolta appena accennata, talvolta evidente. Alcune costanti naturali hanno fatto di questisola massiccia una specie di continente minore, unentit storica a parte. Anche se da ci non si deve concludere che il mondo sardo sia un mondo assolutamente chiuso, nche abbia saputo offrire ai vari insediamenti umani e ai movimenti di conquista condizioni favorevoli di sviluppo. Linsularit, infatti, non una categoria naturale, astratta, calcolabile in cifre e in distanze dal continente, ma muta continuamente con levoluzione dei mezzi di trasporto, con lo sviluppo dei traffici e degli scambi culturali. La Sardegna, da una parte, si apre, attraverso il versante favorevole delle sue coste, a influenze esterne di ogni specie, ma dallaltra parte oppone a chi voglia penetrare al suo interno dalle pianure le barriere dei suoi monti e dei suoi altopiani, la scarsezza delle loro risorse, e laria malsana delle paludi. La posizione geografica, il clima, i suoi prodotti scrive nel 1826 Alberto La Marmora nel Voyage en Sardaigne le avrebbero permesso pure di tenere un posto notevole negli annali del mondo, se una specie di fatalit non le avesse impedito di trovare la sua via. Ma quale dunque la causa diretta di quella fatalit, di quel destino che, condannando la Sardegna allisolamento, lha spinta sin dallantichit ai margini dei grandi eventi storici, del circuito delle civilt mediterranee e lha chiusa in una perenne situazione subalterna e in una dimensione di storia minore? I problemi dellinsularit. Un grande storico come Lucien Febvre si era proprio servito della storia sarda per illustrare alcuni problemi dellinsularit. Egli contrapponeva la Sardegna, esem25

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pio di isola prigione, conservatoire di vecchie razze eliminate, di vecchi usi, di vecchie forme sociali bandite dal continente, alla Sicilia, le-carrefour, cio una specie di quadrivio naturale del Mediterraneo, volta a volta fenicia [...] poi greca, poi cartaginese, poi romana, poi vandala e gotica e bizantina-araba, e poi normanna, e poi angioina, aragonese, imperiale, sabauda, austriaca: lenumerazione completa conclude Febvre sarebbe interminabile. La Sicilia ha, infatti, sempre assimilato qualcosa da queste vagues successives di civilt differenti che si sono via via insediate nellisola. La Sardegna, invece, si mostrata spesso immune da influenze esterne apparendo, anche nei tempi antichi, un mondo ancestrale e fossile, limmagine didattica della preistoria nella storia. Uno schematico raffronto tra le due isole aiuta a capire come il quadro ambientale ne abbia condizionato le attivit umane e gli sviluppi storici in modi diametralmente opposti, e pur senza cadere in un determinismo geografico, vien fuori con forza uno stretto rapporto tra lambiente e i suoi abitanti, tra il paesaggio fisico e gli sviluppi storici. Mentre la Sicilia, assieme alla Tunisia, taglia in due il Mediterraneo, ponendosi quindi come naturale passaggio obbligato di flussi di civilt e di correnti di traffico, la Sardegna si trova pi staccata dallEuropa di qualsiasi altra isola del Mare Interno. Questa posizione stata certamente il fattore decisivo (ma non il solo) dellisolamento della Sardegna: ha impedito, ad esempio, che lisola venisse invasa e colonizzata da grandi masse duomini che, data la distanza che le separava dalle coste dorigine, difficilmente si sarebbero avventurate nelle vaste distese marine. Ci spiega in parte perchle varie dominazioni insediatesi in Sardegna abbiano spesso avuto, anche in tempi recenti, la caratteristica di un occasionale sfruttamento mercantile e di momentaneo controllo politico-militare, con una scarsa incidenza nella struttura sociale dellisola, e dunque con quasi nessun potenziamento antropico ed etnico. La natura del mare. Forse in queste pagine stato tracciato un ritratto crudele della Sardegna e del suo mare. Ne vien fuori una natura violenta e ostile, che ha pesantemente condizionato le comunit umane nelle possibilit di sviluppo. Tuttavia linsularit una categoria (almeno se cos si pu definire) non rigida, ma estremamente duttile, anzi decisamente relativa. La relativit deriva dal punto di vista, dalla prospettiva spaziale o temporale con cui si guarda e si studia la Sardegna. Laffascinante intuizione di Lawrence sullintreccio fra arcaismi e aperture, sul conflittuale rapporto di amore e odio tra lisola e il mare, andrebbe ribaltata specularmente: non vedere soltanto quanto il 26

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mare abbia chiuso la Sardegna, ma anche quanto e soprattutto il mare labbia aperta verso lesterno. Arcaismi e aperture. La storia della Sardegna si presenta, pertanto, come un ventaglio capace di grandi aperture verso lesterno quando riesce a collocarsi nelle correnti e nei flussi di civilt mediterranee o a captare i traffici e le rotte di navigazione, ma anche di paurose chiusure in se stessa, di isolamento dal resto del mondo, in cui si accentuano, come in un continente a s i , caratteri primordiali e larcaismo dei sistemi sociali. Il mare si presenta, quindi, volta a volta, come portatore di civilt, di dominazioni, di rotture e di lacerazioni, e come impenetrabile muraglia liquida di conservazione e di isolamento. Il ventaglio, per, non un ventaglio che si apre da solo: un ventaglio che viene aperto dallesterno. sempre il mondo esterno, il continente, che entra in contatto e comunica con la Sardegna (quasi mai la Sardegna con il continente). Lisolamento, quindi, via via aumenta o diminuisce a seconda delle spinte, degli interessi economici, delle preoccupazioni di sfruttamento che, dallesterno, investono la Sardegna. una caratteristica che si profondamente radicata nella tipologia economica dellisola. Secondo Le Lannou i termini del sottosviluppo della Sardegna sono indubbiamente questi: lisola deve la maggior parte delle sue iniziative economiche a una decisione esterna.

Le costeUn viaggio dambiente. La prima guida della Sardegna edita dal Touring (1918) si apre con una singolare avvertenza. Allo sprovveduto turista si spiega, infatti, che il viaggio in Sardegna essenzialmente un viaggio dambiente. Sotto questo rapporto presenta un interesse di primo ordine e maggiore che nella pi parte delle altre regioni italiane, a condizione che il turista sia in misura di comprendere e sentire lambiente. I tempi non sono ancora maturi per cogliere il fascino della solitaria bellezza del paesaggio costiero sardo. La guida si limita soltanto a definire riduttivamente la natura selvaggia e incorrotta dellisola come leldorado del cacciatore appassionato. Il paesaggio costiero della Sardegna si presenta con differenti e multiformi volti. Era, per, particolarmente apprezzato soltanto dal viaggiatore o dal turista romantico, amante degli ampi, intatti e desolati spazi che suscitavano un sottile brivido di malinconia. Valy scopre nel 1835 unisola tutta di orizzonti dolr cemente rettilinei, come una vasta pianura azzurra posata al centro del Mediterraneo. Se ad Elio Vittorini le coste galluresi27

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appaiono chiuse da ogni parte per cui il mare non pi quello di prima, piuttosto un lago, il geografo francese Jules Sion affascinato dallasprezza e dalla solitudine del paesaggio, con le aguzze rocce granitiche che gli ricordano le incisioni dantesche di Gustave Dor . Cambiano i tempi, cambiano le mode e i modelli culturali. Oggi il diffuso clichdellimmagine della Sardegna si identifica nella foto patinata dello spensierato mondo delle vacanze, nel mare limpido e verde, nella spiaggia bianca e sottile, nel villaggio turistico in stile Mediterraneo con una splendida vista. Dove un tempo regnava la desolazione di paludi malariche, di vaste distese spopolate e abbandonate, ora si verificato un processo inverso: il recente, massiccio ritorno alle coste, con il conseguente abbandono delle campagne e delle attivit agricole dellinterno. Il litorale. Le coste della Sardegna, per quanto lunghe, sono ben diverse dai tranquilli litorali e dai facili approdi della penisola: rocciose, inospitali, si aprono spesso in archi sabbiosi, con dune e stagni palustri, o si richiudono in barriere montuose, con pochi porti naturali, esposti per lo pi al Maestro, tranne quello veramente ampio e sicuro di Cagliari, che guarda a sud, verso lAfrica. La costa orientale, qua videt Italia, come scrive Silio Italico saxoso torrida dorso: si erge come un bastione ostile ai naviganti che vengono da oriente e si sminuzza, nella parte settentrionale, in frastagliate insenature, pericolose per le insidie di scogli sommersi o che affiorano appena dallacqua. La mediocrit del paesaggio costiero sardo ha pesato negativamente, di fatto impedendolo, sullo sviluppo di una vita marittima locale modesta, o addirittura inesistente dallisola verso lesterno e ha accentuato lisolamento, lasciando fuori dai suoi approdi i popoli del mare e alcune delle grandi correnti di scambi del mondo moderno. La stessa continua e scarsa densit demografica della popolazione isolana pu essere anche spiegata col relativo potere di attrazione delle coste sarde, che non hanno favorito linsediamento umano. La storia demografica della Sardegna caratterizzata, a fasi alterne ma ricorrenti, da una progressiva concentrazione della popolazione verso linterno dellisola, con un forte e massiccio esodo dalle coste dovuto sia a cause storiche (invasioni esterne, razzie di pirati ecc.) che a cause naturali (abbandono delle colture cerealicole, malaria ecc.). Questo processo, che si verificato soprattutto nellalto Medioevo e nei secoli XV e XVI ma non escluso che si sia potuto verificare anche in secoli pi remoti coincide con la scomparsa di un elevatissimo numero di centri abitati delle coste e delle pianure. 28

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Una storia mediterranea. Vi uninterpretazione della storia della Sardegna come storia mediterranea, che si confonde con le vicende e le gesta di grandi popoli e imperi, su cui converrebbe riflettere. La Sardegna, che si suole descrivere quasi impenetrabile ha scritto lo storico Fernand Braudel ebbe dunque le finestre aperte sullesterno, cos che si pu talora scoprire di l, come da un osservatorio, la storia generale del mare. Ed proprio il mare, con i suoi spazi mutevoli e inquieti, che ha consentito scambi e mescolamenti, la circolazione e la trasmissione di abitudini ed esperienze. stato il mare lunica, immensa porta che ha favorito il contatto, talvolta lacerante e traumatico, col mondo esterno. Certo, soltanto gli accessibili litorali, le pianure dellisola, le citt (molto pi raramente, invece, limpenetrabile e ostile montagna) hanno goduto i benefici ma anche gli svantaggi dei contatti con lesterno. Ma se guardiamo gli aspetti che la Sardegna ha in comune ci che unisce e non ci che divide con gli altri paesi rivieraschi del Mediterraneo, restiamo stupiti dalle numerose forme di vita, dalle opere e i giorni delluomo cos simili, cos uguali: il paesaggio ora dolce, ora duro e aspro, i campi gialli di grano, la vite e lolivo; la vita pastorale e i suoi nomadismi; i canti, le feste, il culto dei morti; la famiglia e il lavoro dei campi; la pesca del corallo e del tonno; la navigazione di piccolo cabotaggio; le stesse incursioni e razzie dei pirati barbareschi. Da questangolo visuale gli spazi marini divengono ancora pi piccoli, si rimpiccioliscono dinanzi alla storia delluomo e dei suoi rapporti con lambiente naturale, profondamente plasmato e modificato nel corso di una millenaria e quotidiana lotta per lesistenza. E sulle coste si sviluppata lunica forma di vita urbana che la Sardegna abbia conosciuto. Nellantichit le citt di Thrros, Crnus, Bithia, Nepolis, Slcis, Nora e Kralis nelle coste sud-occidentali; Turris in quelle settentrionali, e Olbia nel sito attuale. Nellet medievale e moderna, fra le sette citt regie della Sardegna, ben sei sono costiere: Cagliari, lunica vera e propria finestra sul mondo grazie al suo porto, ai quartieri burocratici e commerciali; Alghero e Castelsardo, singolari citt-fortezze marittime; Bosa, citt agricola posta sulla foce del fiume Temo; e infine, Sassari e Oristano, sorte nellalto Medioevo in seguito allo spopolamento delle citt costiere di Turris e Thrros, in una posizione pi arretrata rispetto al mare, ma collegate ad esso da buoni e sicuri porti che distano poche miglia dalla cinta muraria. Il rapporto tra luomo e lambiente un rapporto condizionato dallinsularit. La paura del mare ha motivazioni precise. Da quando, intorno al 750, Abd ar Rahman ibn Habib costrinse i Sardi a pagare la giziah, il tributo dei popoli sottomessi, sino al29

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1798, anno dellultima razzia a Carloforte, le ondate degli sbarchi pirateschi si succedono fitte e puntuali. Dal Cinquecento ai primi anni dellOttocento le localit costiere della Sardegna erano esposte, da maggio a ottobre, al pericolo delle incursioni barbaresche. I Mori saccheggiavano i paesi vicino al mare, facendo prigionieri gli abitanti e vendendoli come schiavi a Tunisi o ad Algeri. Il numero delle incursioni davvero incalcolabile. Siempre estamos assediados de corsarios, scrive nel 1577 larcivescovo di Cagliari, Antonio Parragues de Castillejo. Nel 1535 vengono liberati a Tunisi da Carlo V ben 1119 schiavi sardi (644 maschi e 475 femmine): una cifra consistente (giacch non vengono contati gli schiavi delle altre citt del Nord Africa) se si pensa che lintera popolazione sarda superava di poco le 200 mila unit. Anche nella memoria popolare il ricordo delle scorrerie barbaresche rimasto assai vivo. Battochentos navios / falan dae Levante / con duo miza moros (Quattrocento navi giungono da Levante con duemila Mori), dice una canzone raccolta nel 1870 da Giovanni Spano. Anche la schiavit damore veniva paragonata alla ben pi dura schiavit africana, come si legge in una poesia popolare logudorese: Presu so, Corsaria mia / Bella mora, ispetta igue / Si sos moros sunt che tue / Ancu che morza in Moria! (Sono preso mia corsara, bella mora aspetta l, se i Mori sono come te, vorrei morire nel loro Paese). Lo spopolamento del perimetro costiero lungo ben 1896 chilometri spiega perch i Sardi siano stati sempre distanti dalle attivit marinare. Contadini dacqua, i pescatori sardi si sono sempre dedicati alla pesca negli stagni, lasciando ai pescatori ponzesi, napoletani, liguri il monopolio della pesca del corallo e del tonno. Ancora nel 1940 gli iscritti alla leva di mare della Sardegna erano dieci volte meno di quelli della Sicilia.

La pianuraLa vita nelle piane. Che profumi tra i canneti, nella macchia popolata di lepri e di pernici, quando tornava il sole a risuscitare i ceppi morti e abbandonati dei bassi vigneti. Il guaio era che il paradiso in Baronia durava tre mesi: dopo il sole diventava cattivo, si metteva a pentirsi della gioia che aveva portato tra gli uomini, impazziva anche lui, in una settimana portava il deserto. E quel che peggio (poich il caldo si pu sopportare) uscivano da quelle gore alle quali tra i ciuffi di oleandri si era ridotto il Cedrino eserciti di zanzare portatrici di morte. I contadini crollavano con la falce nel pugno, le porte e le finestre si chiudevano come davanti a un invasore, le donne inscheletriva30

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no, i bambini dei poveri erravano per le strade, incartapecoriti e con le pance grosse di nove mesi. Sulla Baronia era scesa la maledizione. Cos Salvatore Satta descrive con rara efficacia ne Il giorno del giudizio gli effetti della nascita e dellesplosione dellestate in una zona di pianura della Sardegna, quale appunto la Baronia. La malaria, la cosiddetta sarda intemperie, con le sue terribili febbri palustri, era il flagello delle pianure nella stagione calda. Prima delluso del chinino, la malaria era un male spesso mortale. Anche se benigna, produceva una diminuzione della vitalit e del rendimento degli individui: logorava gli uomini e lambiente. Un tempo si credeva che la malaria fosse il prodotto dellaria cattiva. Questa tesi, espressione delle teorie miasmatiche dei medici del Sei e del Settecento, ci viene riassunta nel 1776 da Francesco Gemelli, professore dellUniversit di Sassari: La intemperie della Sardegna nasce dalle nocevoli esalazioni delle saline, delle paludi, de fiumi stagnanti, e della terra, le quali dalla viva azione del sole innalzate nellatmosfera impregnanla per modo che perdendo laere di sua elasticit, diviene malsano a respirare, e unitamente a que vapori grassi e maligni, genera nel corpo febbri putride, e perigliose, e talora mortali. Soltanto in questo secolo si scopr che le febbri malariche venivano trasmesse dalla puntura della zanzara anofele. La malaria condizionava fortemente la vita quotidiana in Sardegna durante la stagione estiva. Nellet moderna era, ad esempio, sconsigliato circolare allinterno dellisola da met maggio alla fine di ottobre. Nelle cortes del 1583 la citt di Sassari avanz richiesta di evitare che i Sassaresi fossero costretla ti ad attraversare lisola durante lestate per partecipare a Cagliari alle sedute parlamentari o ad altre incombenze burocratiche, proprio per sfuggire ai rischi mortali dellintemperie. Come combattere la malaria? Pochi i rimedi: i medici consigliavano di viaggiare durante la notte o di coprirsi con pesanti cappotti e di accendere, soprattutto, grandi fal(che avevano se non altro il merito di tenere lontane le zanzare). Un viaggiatore inglese dellOttocento, il capitano di marina William Henry Smyth, ci ha lasciato un minuzioso e tipicamente anglosassone catalogo sulla salubrit dellaria di tutti i paesi della Sardegna: secondo Smyth che ha scritto questo singolare elenco nel 1828 laria di gius excellent, quella di Abbasanta unwholesome g (malsana), quella di Alghero temperate, quella di Bosa bad (cattiva), quella di Cagliari good (buona), quella di Castelsardo pure, quella di Santa Giusta very bad (pessima), quella di Igl31

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sias saloubrious, quella di ttiri indifferent, quella di Sassari wholesome (sana), quella di Snnori tolerable, quella di Solarussa unhealthy (insalubre). Il Campidano. La caratteristica essenziale della Sardegna meridionale lesistenza di una grande pianura, il Campidano, lunga oltre cento chilometri da nord-ovest a sud-est. Sono pi di 3000 chilometri quadrati quasi perfettamente pianeggianti, tra i 10 e i 50 metri daltitudine. Guardando le ampie distese del Campidano dalla collina di Monastr, lo storico francese Henri Irene Marrou ha affermato: ora capisco la prima guerra punica. Intendendo che cos vaste e feconde pianure potessero eccitare la rivalit degli antichi popoli del Mediterraneo. Non a caso gli scrittori del mondo classico ricordano che furono proprio i Cartaginesi a diboscare le fitte foreste e a trasformare il Campidano in un immenso granaio. Il Campidano , di fatto, la vera pianura della Sardegna. Rispetto alle aree collinari della Trexenta e della Marmilla, alla conca e alle dolci colline del Logudoro, alla piccola valle del Cedrino, allarida e desolata Nurra, ha fatto talvolta figurare la Sardegna tra i primi paesi cerealicoli dEuropa. Il Campidano raccoglieva, infatti, la quota pi consistente della produzione granaria dellisola. Granaio di Cartagine e di Roma, ancora nel Settecento la Sardegna era al quinto posto, nel porto di Marsiglia, fra i pi importanti produttori ed esportatori di grano. La cerealicoltura diventata quasi una monocoltura nella storia della Sardegna, ed ha profondamente condizionato lo sviluppo economico e sociale delle piccole e numerosissime comunit rurali, le ville. La lotta tra contadini e pastori la prima, la pi drammatica lotta di classe che lisola abbia conosciuto. Il sistema dellopenfield, che in Sardegna si chiama vidazzone (forse da habitacione, perch terreni collegati direttamente allesistenza di un centro abitato), la difesa della civilt agricola fondata sui cereali contro una civilt pastorale che tiene in scarsa considerazione i campi coltivati, pur di assicurare il nutrimento alle greggi. La rotazione obbligatoria delle colture, i densi aggregati di terre coltivate nellimmediata vicinanza della villa rendevano pi facile la sorveglianza e la difesa. La lotta tra agricoltura e pastorizia nasceva cos dalla scarsa disponibilit di suolo coltivabile o sfruttabile a pascolo. I pastori erano, infatti, costretti a cercare il pascolo attraverso i cicli stagionali delle transumanze: cio il trasferimento del gregge verso la pianura, pi accogliente per il clima e pi ricca derba, nel periodo che va dallinizio dellinverno alla fine della primavera. Una lotta, dunque, antica quanto lisola stessa. Due mondi, la 32

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steppa pastorale e i campi coltivati coesistono pericolosamente nellisola: il mondo pastorale, nomade e guerriero, racchiuso allinterno di quel limes con cui i dominatori romani avevano voluto segnare largine per difendere le messi e i campi ricchi di grano; il mondo contadino sedentario, che pratica unagricoltura arcaica e arretrata, e guarda con timore la montagna e il passaggio stagionale delle greggi. Le due Sardegne. Sono allora esistite due Sardegne? La Sardegna delle coste e delle pianure, dei campi coltivati e delle citt, aperta agli influssi dei conquistatori stranieri, e la Sardegna delle montagne e della pastorizia, delle greggi e delle transumanze, chiusa in se stessa nelle sue impenetrabili regioni, che conserva con orgoglio i suoi antichi tratti guerrieri? Non condanniamo e non prendiamo le difese di nessuna delle due parti: n di quella definita da Carlo Cattaneo nel 1844 come il barbaro cerchio del paberile che sovrasta come un perpetuo nemico alla coltura del piano, n dellagricoltura che nel 1776 Francesco Gemelli riteneva potesse costituire la pi pronta ed unica fonte di ricchezza. Questo contrasto, acuito dallisolazionismo e dallorganico individualismo di gruppo, caratteristico di comunit umane disperse come tanti piccoli microcosmi in un paesaggio frantumato, portava inevitabilmente a scontri, a lotte campanilistiche, a vere e proprie guerre tra paese e paese per assicurarsi il possesso di terre disputate. Vittorio Angius ci ha lasciato una descrizione agghiacciante della distruzione e dellabbandono, alla fine del Settecento, del villaggio agricolo di Santa Sofia nel Sarcidano: I nuovi abitatori furono diminuiti da colpi feroci dei pastori scrive lo storico sardo [...] Segnatamente di quelli di Nurallao i quali calpestavano i seminati, guastarono varie case, tolsero la vita al sindaco e al maggiore della giustizia e avrebbero massacrato tutti gli abitanti se questi non fossero fuggiti nella montagna, onde non vollero ritornare alle case deserte. Il mondo tradizionale sardo non ha conosciuto la citt, cio lo strumento essenziale per sviluppare un mercato e unificare le esperienze politiche. La civilt nuragica nella sua fase pi evoluta arriv soltanto al villaggio, e sia pure a un villaggio ben organizzato e protetto. (Barmini, Nuraghe Orrbiu ad Orroli, Santu Antine a Torralba, ecc.). La societ altogiudicale viveva in una dimensione curtense e appartata: le stesse residenze dei giudici, rdara o Santa Iga (Cagliari), avevano quasi un carattere contadino e domestico. La citt nacque come imposizione esterna, come testa di ponte commerciale e militare, prima punica e romana, poi pisana e genovese. Cagliari guarda il mare; ma ai 33

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margini delle grandi rotte commerciali, soprattutto una citt sarda o, forse, lunica citt sarda strettamente legata alle grandi pianure, alla vita pastorale delle montagne, allintero complesso dellisola. Il suo castello, esclusivamente abitato, come il quartiere europeo di una citt coloniale del secolo scorso, nel Medioevo dai Pisani, e dagli Spagnoli sino alla met del 500 (ogni sera, prima di chiudere le porte del castello, si suonava la tromba per far uscire i Sardi degli altri tre quartieri cagliaritani), era il quartiere aristocratico, sede del vicer e della sua corte, dellarcivescovo, degli alti magistrati, della burocrazia, della nobilt feudale. unimmagine della citt che rester impressa a lungo nella memoria popolare: come ci racconta Salvatore Cambosu, un contadino dellinterno al solo sentir nominare Cagliari Casteddu (castello) in sardo si levava la berretta in segno di rispetto. Le citt sarde apparivano pi come grossi borghi che come grandi concentrazioni di uomini, di energie, di traffici: citt-fortezza, come Alghero e Castelsardo, o citt rurali, che emergevano appena dalla vita campagnola, come Sassari, Oristano, Bosa. In una societ come quella sarda in cui il disteso universo rurale dominava nettamente sul paesaggio e sulle comunit umane, il limitato e circoscritto mondo urbano aveva una dimensione esile e marginale. Secondo i dati del censimento del 1688, Cagliari aveva una popolazione di 16 276 abitanti e Sassari soltanto di 8403.

La montagnaI massicci interni. Se il Campidano la grande, distesa pianura dellisola, il compatto massiccio del Gennargentu, le Barbgie, appaiono come la vera, concreta, bellicosa montagna della Sardegna. E nei confini precisi di questo piccolo mondo millenario si svolgono i ritmi lenti della vita pastorale, a diretto contatto con la natura, espressione di una Sardegna arcaica e irresoluta. La Sardegna centrale stata sempre vista come un mondo a s, nettamente separato dalle coste e dalle pianure, legato solo occasionalmente ad esse dalle transumanze. Immagine parzialmente vera: ma la societ pastorale stata meno impenetrabile di quanto possa apparire. Con questo non si pu negare quel carattere di arcaismo, di vita ritirata e ristretta, nonostante la sua mobilit, che ha plasmato la storia della Sardegna pastorale: essa non , per, una monade senza finestre, un mondo statico, immobile, chiuso e assolutamente privo di contatti. Difficolt daccesso. Chiuse strette allo sbocco degli altopiani sbarrano quasi tutte le grandi pianure, segnando una specie di34

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cerniera naturale tra i litorali e la montagna. Questa caratteristica del rilievo ha inciso duramente sulla storia sarda agendo come un fattore di frammentazione, di chiusura, di isolamento. Con unespressione indovinata Jules Sion ha detto che la Sardegna un mosaico le cui tessere si sono spostate. Dal massiccio centrale del Gennargentu alle creste vigorose che dominano la Gallura, il Sarcidano, lOgliastra, alle barriere del Mrghine e del monte Ferru, si estende la Sardegna montuosa, caratterizzata dalla difficolt daccesso, da una limitata e precaria circolazione interna, da vallate incassate, da crude condizioni di clima, dallisolamento e dalla precariet dei mezzi di vita. In queste valli ripide e scoscese si sviluppata quella comunit umana che in sette o ottomila anni ha costruito la Sardegna pastorale, con le sue pecore, le sue transumanze, la sua fame di pascoli. Un paesaggio, dunque, inciso, particellato, che ha favorito la costituzione di quadri culturali chiusi, di isole quasi pozze antropiche di minuscola entit, di unit etniche dal carattere cantonale circoscritte nellambito di regioni geografiche in miniatura. Isola nellisola, quindi: come ha scritto Fernand Braudel, la montagna responsabile, quanto se non pi del mare, dellisolamento delle popolazioni. Mondi separati. La montagna, la pianura e le coste: sarebbe per sbagliato vederle come due mondi a s. In realt, pur nelle rispettive, marcate autonomie, vi sono sempre stati interscambi continui. Isolata, la Sardegna centrale non avrebbe che una unit precaria. Manca di mezzi e pu nutrire pochi uomini. Povera e arretrata, ha difficolt a comunicare con lesterno. Per vivere ha bisogno della pianura: per le transumanze, per il grano; ha bisogno del mare per la vendita dei prodotti dalla pastorizia, le pelli, il formaggio. Alla Sardegna arida e ventosa che appare a Lawrence dallalto dei monti barbaricini si oppone, ma per completarla, la Sardegna del Campidano giallo di grano, degli oliveti del Sassarese, delle limoniere di Logulentu, degli aranceti di Mlis, della cui visione si compiacevano i viaggiatori del secolo scorso. La montagna, forse pi del mare, ha condizionato negativamente la storia dellisola. I ritardi, almeno sotto il profilo geografico, sono il portato di un isolamento verso lesterno, dovuto alle distese marine e alla mediocrit delle coste, e di un isolamento interno, frutto di un rilievo impenetrabile e di comunicazioni difficoltose. Giovanni Lilliu ha lucidamente delineato come la particolare struttura geografica dellisola ha inciso in misura determinante nelle vicende umane e della societ. Secondo Lilliu la Sardegna non ha mai avuto una storia politica nazionale, anzi 35

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non stata mai una nazione: La storia della Sardegna giunse [...] a stento, e nel suo culmine, a storia del cantone; ma, in generale, si ferm alla storia del villaggio e a quella del clan e, dentro del clan, a quella del gruppo familiare. Fu, in ogni caso, storia senza aperture, frazionata e sospettosa, fuori dalla percezione esatta e dal gusto di vasti commerci materiali e spirituali; lontana, appunto, dal senso unitario, attrattivo ed espansivo, che ha la storia duna terra e di una gente maturata a concetto e pratica di nazione. Pur senza cadere in un facile determinismo geografico, non si pu negare che la molecolarizzazione dei centri abitati, le scarse comunicazioni interne, lo spopolamento costiero, le pianure malariche, i contrasti secolari tra contadini e pastori, gli odii campanilistici che spesso provocano vere e proprie guerre tra paesi vicini, le rivalit tra le due citt maggiori abbiano segnato negativamente gli sviluppi storici e le esperienze politiche della Sardegna. Una storia, quindi, frammentata e dispersiva. La pastorizia stata, insieme alla cerealicoltura, la fonte principale di ricchezza delleconomia sarda. Il patrimonio ovino della Sardegna stato sempre rilevante: nel 1611 Martin Carillo contava circa un milione di pecore. Negli anni Cinquanta del Novecento esso ammontava a oltre due milioni e mezzo di capi. La vita del pastore sardo, e in particolare di quello barbaricino, molto dura. cos, secondo il profilo che ne aveva tracciato, una volta, un pastore di Sarule: che se nevica contro di lui, se c la siccit chi ne piange lui, se i prezzi scendono lui ci rimette il latte e tutto, se salgono contro di lui, se ci sono i carabinieri contro di lui, perch lui pastore e il pastore sempre solo, solu che sa fera, solo come una fiera, e per lui non c casa, non c paese, non c figlio, non c festa. La condizione materiale di vita delle popolazioni pastorali si notevolmente aggravata in seguito ai provvedimenti legislativi (il pi celebre leditto delle chiudende del 1820) promulgati per comprimere il sistema comunitario delle terre e per instaurare la propriet privata. I pastori furono, infatti, costretti a pagare affitti, spesso a prezzi altissimi, per far pascolare le proprie greggi su quelle terre che prima percorrevano liberamente. Chi arriva in Sardegna in aereo rimane sorpreso da questa fittissima rete di muretti a secco, ha scritto Giuseppe Dess. I muretti a secco nelle zone pastorali hanno costituito una forma di espropriazione violenta che sconvolgeva un sistema millenario di uso comunitario delle terre, e come tali sono rimasti nella memoria popolare: Tancas serradas a muru / fattas in safferra / si su chelu fit in terra / lhaiais serradu puru (Tanche chiuse da 36

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muri, nate nella confusione dellafferra-afferra, se il cielo fosse stato in terra, avreste chiuso anche lui), cantava unanonima quartina in lingua sarda. La superficie boschiva. Ma la montagna sarda non tutta livida e scorticata, battuta dal vento. Vi anche la foresta, formata da querce, roveri, cerri, elci, sughere. Un tempo la superficie boschiva copriva quasi tutte le zone montuose dellisola. Ora il diboscamento ottocentesco Giommaria Lei Spano calcolava che nel triennio 1864-66 sono state esportate pi di 84 mila tonnellate di carbone vegetale, pari a 130 mila tonnellate allanno di legname abbattuto e i recenti disastrosi incendi di questi ultimi anni hanno notevolmente ridotto la presenza del bosco. La distruzione delle foreste deriva spesso dallincuria e dallinsensibilit dei governi. Nel 1817, per distruggere una banda di fuorilegge che operava tra Oristano e ras, intorno allo stagno di Sassu, il vicer Pes di Villamarina fece dar fuoco allimmensa foresta di SantAnna, che si estendeva per chilometri. Dal 1811 al 1860 si abbattono sistematicamente tutte le grandi foreste sarde, per ricavarne legno o carbone: Su Monte, M. Forte, Sas Baddes, Litigheddu, Astis, Ruinas ecc. La foresta di San Leonardo stata trasformata in turaccioli, osserva nel 1868 lingegner Gouin. Lingegnere piemontese Carlo Baldracco afferma nel 1854 che limportanza dei boschi in Sardegna consiste solo nel fornire il combustibile per le fucine. Alla fine del secolo a Mndas arrivano ogni giorno da Srgono e da Lanusei 8 treni; ognuno conduce 3 carri con carbone; ogni carro porta 6 tonnellate, quindi in tutto 144 tonnellate di carbone al giorno. Le risorse naturali. Con questo sistematico saccheggio delle risorse naturali dellisola, come si poteva arginare la piaga degli incendi, quando era lo stesso governo il primo distruttore delle foreste e delle macchie sarde? Nel viaggiare da Golfo degli Aranci a Cagliari qualche vecchio pastore mostra ancora i monti di duro granito scintillanti al sole torrido e ricorda che un tempo erano ricoperti di foreste e pascoli, scriveva Gramsci nel 1918. Gli effetti sullecologia sono stati disastrosi (come sostiene lon. Salaris nel 1885 nella relazione compresa nellinchiesta agraria Jacini): mattine caldissime e notti gelide, alluvioni come la disastrosa inondazione del Tirso nel 1860 e siccit, terreni aridi e impermeabili, soffio rovinoso dei venti salati sulle colture. Nel 1897, nella legge sui provvedimenti speciali per la Sardegna, si combatteranno il diboscamento selvaggio e lincendio rovinoso. Ma ormai troppo tardi: lecosistema dellisola definitivamente rovinato. Soltanto in questi ultimi decenni il rapporto tra luomo e lambiente si notevolmente modificato. La relativa fine delliso37

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lamento non va, per di pari passo col progresso economico. Il , petrolio, il turismo, la crescita abnorme dei centri urbani, consegnano lisola a nuove e pi strette dipendenze. Anzi, hanno aperto lacerazioni profonde. I nuovi poli industriali, linsediamento di fabbriche moderne, lintegrazione capitalistica a livello europeo, la crisi della cerealicoltura, hanno disarticolato, con le brutali trasformazioni nellagricoltura, la tradizionale economia isolana. Le numerose servit militari, la lottizzazione turistica delle coste, linquinamento del mare, hanno espropriato e privatizzato gli spazi. Si puanzi paradossalmente osservare che, dagli anni Sessanta del Novecento a oggi, la Sardegna mutata pi che nellultimo secolo di storia. La sempre maggiore coesione con la realt nazionale ha prodotto, inevitabilmente, contraddizioni e contrasti: il crepuscolo della civilt contadina e pastorale ha provocato, con la perdita di unaurorale memoria storica, una crisi di identit della societ isolana. Sono emersi anche freni e resistenze nei confronti di questo processo che hanno assunto, per le , sembianze di una latente passivit o di unesplosione disarticolata, come dimostrato dalla ricorrente recrudescenza del fenomeno del banditismo. emerso, soprattutto negli ultimi anni, il rischio di una nuova forma di isolamento, non tanto geografico quanto culturale: come ha scritto lantropologo sardo Michelangelo Pira, necessario, oggi pi che mai, che la Sardegna, pur mantenendo la propria identit culturale e storica, sappia comunicare, confrontarsi e non pi resistere o conservarsi intatta con la realt esterna, col mondo mediterraneo e con lEuropa.

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La Sardegna preistorica e nuragica

I primi insediamenti. Recenti osservazioni consentono di accertare la prima presenza umana in Sardegna nel Paleolitico pi antico, circa 150 mila anni fa. Luomo vi giunse a piedi, forse dalla Toscana, per lisola dElba e la Corsica, quando emerse linterposta piattaforma marina nellinterstadiale Riss I-II. Unica testimonianza, alcune rozze selci nellAnglona. Poi i segni della presenza umana sembrano dileguarsi, per riapparire agli albori del Neolitico intorno al VII millennio avanti Cristo. Oggetti di pietra. In quel tempo il richiamo fu offerto dallossidiana, una roccia vulcanica atta a fare strumenti e armi, con ricchi giacimenti nel monte Arci (Oristano), largamente commerciata allinterno e fuori dellisola. Piccole comunit si stanziarono vicino al mare, o di poco addentrate nel territorio, vivendo allaperto o, preferibilmente, in grotte nelle quali deposero anche i morti. Negli oggetti di pietra (specie in ossidiana e selce), usati nella vita domestica, nel lavoro e per la caccia, si distinguono forme minuscole (i cosiddetti microliti geometrici), nella tradizione di quelle del Mesolitico, et di transizione caratterizzata da economia di raccolta conservatasi in parte nel Neolitico sardo. Sono da ricordare, per maggior evidenza, i contesti funerari della grotta Verde (Alghero) e di Su Carroppu (Sirri, Carbonia) e quello di abitazione della grotta di Sa Korona de Monte Majore (Thiesi). Oltre la tipologia litica accennata, vi si rinvennero vasi di terracotta lisci e decorati con motivi lineari impressi a crudo con punteruoli e anche con la valva del mollusco Cardium, tecnica diffusa nelle ceramiche dellorlatura occidentale del Mediterraneo. Tra i molluschi figura la Patella ferruginea, oggi spenta nel mare sardo; fra i vertebrati, il Prolagus sardus (grosso topo o coniglio) anchesso estinto. Cultura di Bonuighinu. A cominciare dal 4000 a.C., per circa un millennio, altre comunit meno arretrate svilupparono un aspetto di cultura materiale che viene denominato di Bonuighinu (o Bonu Ighinu, localit presso Mara nel Logudoro, in cui gli scavi hanno restituito copioso materiale archeologico). Esso si39

LA SARDEGNA PREISTORICA E NURAGICA

colloca nel Neolitico medio e fa vedere, allinterno