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211 AISPI Edizioni, 2019 ISBN: 978-88-907897-9-3 1. La complessità del dialogo intersemiotico nella letteratura illustrata Il dialogo intersemiotico tra parola e immagine si declina in una eteroge- nea gamma di testi di narrativa grafica e letteratura illustrata rivolti non solo ad un pubblico infantile e giovanile, ma sempre più spesso ad un pubblico trasversale, che include il lettore adulto di fumetti o romanzi grafici o la pluralità di lettori dei cosiddetti albi crossover (Beckett 2012: 1-17), nei quali la forte presenza di rimandi intertestuali e intervisivi gio- ca su vari livelli di decodifica ed intrattenimento, rendendoli adatti ad un pubblico che spazia dal bambino in età prescolare fino all’adulto che lo accompagna nell’atto della lettura o che semplicemente la predilige rispetto ad altre. Anche nei libri illustrati rivolti solo ad un pubblico in- fantile, il ruolo delle illustrazioni è mutato col tempo: se in passato esse affiancavano la scrittura in modo ancillare ed erano impiegate prevalen- temente per facilitare il recupero dei contenuti testuali, attualmente ri- Traduzioni con illustrazioni: esercizi di creatività nell’aula di traduzione spagnolo-italiano Raffaella Tonin Università di Bologna — DIT Nuevas coordenadas del español: bilingüismo, variaciones y traducción, pp. 211-227

Traduzioni con illustrazioni: esercizi di creatività nell’aula di … · 2019-05-29 · Si tratta di una flessibilità che apre ad altri lin - guaggi, come quello del fumetto,

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211AISPI Edizioni, 2019ISBN: 978-88-907897-9-3

1. La complessità del dialogo intersemiotico nella letteratura illustrata

Il dialogo intersemiotico tra parola e immagine si declina in una eteroge-nea gamma di testi di narrativa grafica e letteratura illustrata rivolti non solo ad un pubblico infantile e giovanile, ma sempre più spesso ad un pubblico trasversale, che include il lettore adulto di fumetti o romanzi grafici o la pluralità di lettori dei cosiddetti albi crossover (Beckett 2012: 1-17), nei quali la forte presenza di rimandi intertestuali e intervisivi gio-ca su vari livelli di decodifica ed intrattenimento, rendendoli adatti ad un pubblico che spazia dal bambino in età prescolare fino all’adulto che lo accompagna nell’atto della lettura o che semplicemente la predilige rispetto ad altre. Anche nei libri illustrati rivolti solo ad un pubblico in-fantile, il ruolo delle illustrazioni è mutato col tempo: se in passato esse affiancavano la scrittura in modo ancillare ed erano impiegate prevalen-temente per facilitare il recupero dei contenuti testuali, attualmente ri-

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Raffaella ToninUniversità di Bologna — DIT

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vestono una gamma di funzioni ben più complesse e intrecciano con la parte testuale una relazione non sempre facile da definire. L’elemento vi-sivo infatti non si limita a completare la narrazione verbale, a decorarla o esemplificarla, come accade quando le immagini vengono aggiunte ad un testo preesistente. Nel caso di testi nei quali immagine e parola nascono in simultanea per concorrere assieme alla narrazione, la parte iconografica può intrecciarsi al testo, anticiparlo, sovvertirlo, metterlo in discussione e aprire a multipli livelli di interpretazione il contenuto verbalmente espres-so. È questo solitamente il caso dell’albo illustrato, “un dispositivo dotato di sue specifiche caratteristiche morfologiche e funzionali, dove confluisco-no i linguaggi della scrittura e dell’illustrazione, competenze progettuali, metafore e visioni del mondo, energie che insieme concorrono alla produ-zione di un oggetto fisico” (Terrusi 2012: 94). In esso, l’interdipendenza tra codici è uno dei suoi “nodi ermeneutici ed espressivi”, al punto che il rapporto dialettico tra immagine e parola ci permette di parlare di “icono-testo”, riprendendo la definizione proposta da Hallberg (in Terrusi 2012: 115), vale a dire “un codice composito verbo-visuale” (Terrusi 2012: 94).

Vari sono stati i tentativi di catalogare il rapporto tra immagine e testo nella narrativa illustrata per ragazzi/e. Secondo O’Sullivan (2010: 133-48), ad esempio, che rielabora l’articolato sistema di categorie proposto da Nikolajeva e Scott, il rapporto tra parole e immagine può essere prevalen-temente riassunto in due “macro-costellazioni”: congruenza o narrazione in parallelo, quando cioè parole e immagini raccontano la stessa storia, oppure di interazione interdipendente, ironica o contraddittoria, cioè, quando parole e immagini raccontano cose diverse. Rosero (2010: 1-21) invece introduce una pentapartizione che in parte richiama il binomio precedente: le prime due categorie, vale a dire “vassallaggio” – cioè quan-do l’immagine ricopre un ruolo puramente decorativo al servizio del testo – e “chiarimento” – cioè quando l’illustrazione serve a ricreare situazioni, fatti o il loro filo argomentativo – rientrano nella narrazione in parallelo, della quale si parlava in precedenza. Per la categoria della “simbiosi” – vale a dire quando anche l’immagine gioca un ruolo narrativo e pertanto il testo completa l’immagine o viceversa – la relazione è di contrappunto tra i due linguaggi e può ricondursi invece alla seconda “macro-costella-zione” di O’Sullivan. Le ultime due, “finzione” e “tassonomia”, si rifanno

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maggiormente al modo in cui i contenuti vengono declinati, motivo per il quale ci interessano particolarmente ai fini del nostro studio, come ve-dremo in seguito. Nel primo caso il termine deriva dal libro di Jorge Luis Borges, Ficciones, nel quale l’autore usa il genere saggistico per ricostruire un filo narrativo credibile, sebbene i contenuti siano menzogneri, le cita-zioni false ed i riferimenti immaginari. La modalità narrativa rende cre-dibile la finzione al punto che il lettore vive una sorta di sospensione del dubbio, come se stesse osservando un documentario. La categoria della “tassonomia” definisce invece un tipo di libro o albo illustrato nel quale l’immagine ed il testo declinano un concetto, un tema o un personaggio al fine di ricostruirne il racconto visivo e testuale attraverso l’unione delle parti. Terrusi, infine, ci chiarisce che è spesso difficile applicare solo una di questa categorie nella classificazione di un prodotto di questo tipo e che è la “flessibilità che l’albo interpreta all’interno della sua coerenza comuni-cativa” (2012: 116) a renderlo unico, poiché in esso il rapporto immagine testo può cambiare di pagina in pagina e non rimanere necessariamente uguale lungo tutto il libro. Si tratta di una flessibilità che apre ad altri lin-guaggi, come quello del fumetto, del cinema, della fotografia o al dialogo con altri testi (musicali, fiabeschi, classici).

Pertanto, non va mai trascurata la complessità dell’interazione, anche perché il limite spaziale tra dove finisce il testo e dove inizia l’immagine è spesso difficilmente tracciabile. A volte, testo e immagine si fondono anche grazie ad un uso artistico del font o ad un lettering che manifesta una contaminazione fumettistica – si veda, ad esempio, la fig.1 tratta da Tu corazón en un cofre di Beltrán / López – oppure il testo forma parte dell’illustrazione, poiché l’oggetto raffigurato contiene una parte di scrit-tura – come nella bacheca di annunci della fig. 2, tratta da Fuego delle stesse autrici.

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Fig. 1: a sinistra, “Tu corazón”, © Rebecca Beltrán e Mercè López (2013) / LumenFig. 2: a destra, “tablón de anuncios”, © Rebecca Beltrán e Mercè López (2014) / Lumen

Nei fumetti o graphic novel l’interazione si complica ulteriormente. Essi si possono paragonare ai prodotti audiovisivi in quanto a interazione tra i vari canali o codici: il visivo, sia esso verbale e non verbale, e l’acustico, sia esso verbale e non verbale. Nel fumetto il visivo verbale si trova, ad esempio, nelle didascalie; il visivo non verbale è rappresentato dal disegno; l’acustico verbale si trova nei dialoghi all’interno dei baloon e, infine, l’acustico non verbale è molto presente nelle onomatopee che riproducono rumori, suoni o versi di animali, oppure nelle voci fuori campo. Nella fig. 3, tratta dal graphic novel Face di Rosario Villajos sono ben visibili i quattro codici, come in una sorta di fotogramma filmico: i rumori di una porta che sbatte sono il canale acustico non verbale, i dialoghi, l’acustico verbale, la didascalia a fondo pagina il visivo verbale, e il visivo non verbale la ragazza che guarda in direzione di una porta che sbatte.

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Figura 3. © Rosario Villajos / Ponent Mon

2. L’iconotesto in traduzione

Sul versante della traduzione non possiamo ovviamente pensare che questa complessità non riguardi il traduttore. In generale, si parla di una traduzione, così come avviene per la sottotitolazione o l’adattamento per il doppiaggio o per i testi di canzoni, “limitata dal suo supporto”, o “medium-constrained transla-tion” (Zanettin, 1998; Kelly & Gallardo 1984), ossia un tipo di traduzione in cui il traduttore, che pur si concentra sulla resa degli elementi linguistici, deve tener conto dell’apporto del non-verbale nella trasmissione del messaggio. Le principali difficoltà imputabili al genere fumetto sono legate, da una parte, alla resa di elementi linguistico-culturali, elementi verbali – come i giochi di parole e l’umorismo in generale – ma anche paraverbali o non verbali – che ritroviamo nelle onomatopee e nella loro diversa rappresentazione tra lingua e lingua (Va-lero Garcés 2000: 83-87; 2008: 237-49). Non vanno trascurate le costrizioni e i limiti dello spazio-testo, vale a dire il baloon e le didascalie, e ovviamente il rapporto di interdipendenza tra il disegno e la parte testuale.

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Il traduttore, come accade al sottotitolista, deve ricorrere a strategie rifor-mulative o di sintesi per evitare di “invadere” la parte iconica, ma deve anche saper gestire potenziali “pun visivi”, cioè giochi di parole ed effetti umoristici a partire da un elemento polisemico. Questi “si basano sulla lettura diver-gente di una struttura linguistica, che attiva due interpretazioni possibili, una legata all’immagine, l’altra derivante dal testo scritto” (Zanettin 1998), oppure, con un meccanismo opposto a quello appena descritto, vale a dire con delle cosiddette “metafore visive”, vale a dire una “rappresentazione del senso concreto di un’espressione figurata” (Zanettin 1998).

Tuttavia, in primis, il traduttore deve saper interpretare correttamente la parte iconica, così come sottolinea Yuste Frías (2015) della “Escuela de Vigo”, grupo di ricerca della Facultad de Filología y Traducción dell’Universitá di Vigo che ha recentemente introdotto il termine di paratraducción (e al quale dedica anche un programma di dottorato intitolato proprio Traducción y Paratraducción) cioè quel tipo di traduzione che considera fondamentale la comprensione del paratesto. Comprendere gli elementi paratestuali, verbali e non verbali (prove-nienti, cioè, anche da codici semiotici come quello visivo e quello sonoro), che sono in relazione fisica o virtuale con il testo da tradurre richiede l’acquisizione di strategie diverse rispetto a quelle impiegate nella traduzione che si limita al solo codice linguistico. Ciò include riconoscere gli elementi paratestuali e le loro specifiche funzioni, nonché saper decodificare correttamente la parte visiva di un testo illustrato e il tipo di interazione con la parte testuale:

el paratexto icónico juega un papel esencial y protagonista porque ya no es sólo parte integrante del texto sino que construye el escenario, el ambiente, la atmósfera en el que texto será leído y traducido. Por lo tanto, la imagen nunca puede quedarse al margen de la traducción ya que, al contrario de lo que suele pensarse, la imagen no es universal (Yuste Frías 2015: 324).

Per quanto riguarda la letteratura illustrata per l’infanzia, il ruolo del traduttore è ancora più delicato, poiché legato all’idea, spesso stereotipata, che il tradutto-re adulto ha del destinatario bambino, idea ulteriormente viziata dall’asimmetria comunicativa che sappiamo si verifica tra il mittente originale (l’autore adulto) ed il destinatario (bambino) (Garavini 2014: 34-42). Dovrà altresì considerare le esigenze di un determinato destinatario, vale a dire saper leggere le immagi-ni, nel caso di un iconotesto, con lo sguardo del bambino che, soprattutto in

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età prescolare, si basa su una “iconicità rapida, cioè [su]l carattere sintetico delle immagini, e la loro relazione con gli oggetti, che presuppone l’inferenza, cioè la partecipazione del lettore” (Terrusi 2012: 105). Nella fase di decodifica delle im-magini il traduttore dovrà, pertanto, fare un passo indietro e non sentire l’esigenza di sovrainterpretare o spiegare, attraverso una traduzione intersemiotica, la parte iconica, bensì lasciare spazio all’inferenza, all’immaginazione e alle aspettative del lettore bambino che costruirà da solo il ponte tra la parola e le figure.

Se le sfide traslative che questi testi propongono emergono dalla com-plessità di significati e di livelli di lettura connessi all’interazione tra i due codici, ciò non toglie che siano presenti problemi riconducibili alle cinque categorie di problemi di traduzione – legati tanto alla comprensione quanto alla resa finale – proposte da Hurtado Albir (2001: 288) e che riproponia-mo per comodità nella seguente tabella:

Problemas lingüísticos

Son problemas relacionados con el código lingüístico, fundamentalmente en el plano léxico y morfosintáctico. Derivan en gran parte de las diferencias entre las lenguas.

Problemas textuales

Son problemas relacionados con cuestiones de coherencia, progresión temática, cohesión, tipologías textuales (convenciones de género) y estilo. Derivan de las diferencias de funcionamiento textual entre las lenguas.

Problemas extralingüísticos

Son problemas que remiten a cuestiones temáticas, enciclopédicas y culturales. Están relacionados con las diferencias culturales.

Problemas de intencionalidad

Son problemas relacionados con dificultades en la captación de infor-mación del texto original (intención, intertextualidad, actos de habla, presuposiciones, implicaturas).

Problemas pragmáticos

Son problemas derivados del encargo de traducción, de las característi-cas del destinatario y del contexto en que se efectúa la traducción.

Prima di entrare nel dettaglio delle varie tipologie di problemi riscontrati, passiamo a descrivere i testi di partenza.

3. I testi di partenza

I testi che abbiamo scelto di sottoporre alla sfida traslativa durante i corsi di traduzione dallo spagnolo all’italiano del terzo anno del Corso di Studi in Mediazione Linguistica Interculturale della Scuola di Lingue, Letteratu-

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re, Traduzione ed Interpretazione dell’Università di Bologna (dal 2014 al 2017)1 sono testi nei quali l’interazione tra parola e l’immagine è fortemen-te interdipendente e complessa nella sua definizione.

Abbiamo optato per questa tipologia di albi, romanzi grafici e libri interattivi perché si coglie la contemporaneità nell’azione, la simbiosi e la stretta collabo-razione tra autore e illustratore2 o perché ciò è naturale trattandosi della stessa persona. Possiamo applicare nella loro definizione il concetto di flessibilità del quale parlava Terrusi, poiché la parte iconica e quella verbale presentano carat-teristiche che si rifanno a tutte le categorie individuate da Rosero (2010), tranne quella del vassallaggio: l’immagine non è mai subordinata al testo. Dal punto di vista dei contenuti, il filo logico che lega le immagini e la scrittura sembra essere l’intento tassonomico di declinare a tutto tondo, come in un libro-catalogo, uno stesso soggetto in tutte le sue sfaccettature. In dettaglio si mostrano due albi illustrati di Raquel Díaz Reguera —Abuelas de la A a la Z (2012) e Madre solo hay una y aquí están todas (2013)— che rientrano nella sua produzione di cataloghi nei quali l’autrice sivigliana inventaria esseri umani, concetti o emo-zioni, declinandone le caratteristiche e le tipologie attraverso un poetico dialogo immagine-testo. Di Rebecca Beltrán, poliedrica autrice ed editor, si presentano due testi: Fuego (2014), illustrato da Mercè López con la quale ha pubblicato anche Tú corazón en un cofre (2013), e l’ironico ed interattivo libro di auto-aiuto per superare un abbandono amoroso Pasa página: cuaderno de actividades para

1 La prima sperimentazione di questo tipo non è stata inclusa in questo contributo poiché ampiamente descritta in Tonin (2017: 153-70), ma anche perché diversamente da queste che attualmente sono solo proposte di analisi e di resa ha avuto uno sviluppo editoriale completo che ha portato alla pubblicazione della traduzione italiana. Pertanto, in quel caso l’analisi si è anche concentrata sull’incarico di traduzione, sulla proposta editoriale e sul destinatario finale.2 Testimoniano questa stretta collaborazione tra autore e illustratore alcune interviste in media locali e nazionali, come ad esempio quella a Beltrán, in previsione dell’uscita del suo secondo lavoro con López, Fuego, nella quale l’autrice parla di “un proceso de ida y vuelta constante” tra le proposte testuali e quelle grafiche durante la progettazione del libro (cfr. Diario de Ibiza, 25/03/2013) [22/09/2017] < http://www.diariodeibiza.es/pitiuses-ba-lears/2013/03/24/rebecca-beltran-imagine-escribir-libro/610860.html>. Anche Piñeiro, in una intervista radiofonica durante il programma “Las mañanas de RNE”, rispetto alla collaborazione con Arrazola sottolinea che “fue un trabajo bastante colaborativo y nos íbamos contagiando el entusiasmo la una a la otra” (04/03/2015). [20/09/2017] < http://mvod.lvlt.rtve.es/resources/TE_RSEMENT/mp3/2/0/1425469084702.mp3>

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olvidar a tu ex, illustrato da Adrià Fruitòs. Infine si mostra un esempio tratto dal graphic novel giovanilistico Cosas que nunca olvidarás de tu Erasmus scritto da Raquel Piñeiro ed illustrato da Amaia Arrazola.

Un’altra caratteristica dei testi selezionati è che ogni categoria o aspetto in essi narrato solitamente ricopre lo spazio di due pagine affiancate e permette una lettura non sequenziale, come se si trattasse di una raccolta di racconti acco-munati dallo stesso denominatore comune e diversamente illustrati e narrati di volta in volta. Inoltre, si nota un intento di mimesi testuale attraverso la quale si simulano tipi di scrittura solo apparentemente funzionali, come le voci enciclo-pediche o lessicografiche, i ricettari, i manuali di istruzioni, gli annunci pubbli-citari, ecc. In realtà, tutti questi testi sono chiaramente espressivi e presentano tratti marcatamente ironici proprio nel modo creativo e dissonante di alludere a generi non letterari. La finzione della quale si parlava poc’anzi risiede proprio in questo inganno condiviso col lettore, in questo tacito patto collaborativo.

La definizione del genere testuale e l’individuazione delle diverse scritture funzionali in esso contenute sono imprescindibili per delineare il metodo traduttivo: non è lo stesso tradurre un testo la cui funzione dominante è conativa, seppur fittizia, come nel caso di un annuncio pubblicitario per il quale sarà necessario un adattamento verso la cultura di arrivo, che tradurre un testo con funzione prevalentemente referenziale o metalinguistica, come il lemma di un dizionario, per non parlare di un testo più espressivo (una pagina di diario) dove emerge maggiormente l’autorialità.

4. Problemi testuali

Abbiamo deciso di iniziare da questa tipologia di problemi perché è quella che maggiormente coinvolge il traduttore, non solo per via del vincolo ico-nico che condiziona necessariamente le scelte di coerenza tra immagine e testo, ma anche per quanto appena detto sulla mimesi testuale.

La traduzione deve tener conto di questa fittizia pluralità di generi per poterli riprodurre in modo stilisticamente credibile nella lingua di arrivo senza, tuttavia, perdere l’intenzione ludica e ironica di fondo.

Di seguito vediamo un esempio tratto da Fuego (fig. 4) e nello specifico le due pagine dedicate al dizionario del fuoco che imitano graficamente e te-stualmente una vera opera lessicografica: le entrate sono in ordine alfabetico

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e suddivise su due colonne e, dal punto di vista del contenuto dell’articolo, vi si trovano accezioni o significati figurati, oltre al significato principale, ovviamente reinventati in modo creativo.

Fig. 4, “Diccionario de fuego”, © Rebecca Beltrán e Mercè López (2014) / Lumen

Il principale problema della resa è legato alla coerenza con il genere testuale, os-sia il dizionario semasiologico, cui primo vincolo è il mantenimento dell’ordine alfabetico dei significanti nella lingua di arrivo. Le voci del campo semantico correlato al fuoco sono, in spagnolo, nell’ordine: arder, ascua, brasa, carbón, ceniza, chispa, fogonazo, hoguera, incendio, lumbre, quema, rescoldo, tea. Per quanto riguarda ascua e brasa, entrambe in italiano si traducono con “brace” (o eventualmente “tizzone” per ascua): ciò comporta, secondo l’ordine alfabetico italiano, anteporre l’entrata “brace” all’eventuale “tizzone. Inoltre, nel lemma di ascua troviamo, camuffata nel testo, una forma fraseologica: “Si quiere dejar a alguien intrigado, deposítelo sobre las ascuas y disfrute de su sorprendente efec-to”, vale a dire estar en ascuas. Quest’ultima espressione in italiano normalmente si traduce con “stare sulle spine” o, mantenendo il campo semantico d’origine, “stare sui carboni ardenti”. Quindi, per coerenza di contenuto, questa porzione di testo andrebbe inserita nel lemma carbón, introducendo eventualmente una marca grammaticale che indichi una locuzione e grazie alla quale poter aggiun-gere la porzione di testo senza alterare troppo la conclusione che l’autrice nell’ originale dà a quella voce lessicografica:

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Carbone: Eredità e firma. Lì dove passano le sue fiamme, il carbone disegna l’auto-grafo di Fuoco e lascia ai posteri pavimenti fuligginosi, pareti decorate con strascichi di falò. Il carbone serve anche a scrivere messaggi d’amore e soprattutto di disamore, giacché le sue tracce spariscono al primo soffio di vento.Loc. carbone ardente: Se volete intrigare qualcuno, fatelo stare sui carboni ardenti e gustatevi il loro effetto sorprendente.

5. Problemi linguistici

Passiamo ai problemi linguistici, cioè quando le due lingue coinvolte nella traduzione non funzionano allo stesso modo e la fraseologia o il linguaggio figurato ne sono un esempio classico.

Nella fig. 5 si rappresenta una madre denominata se me cae la casa encima, con un neologismo autoriale che riproduce la locuzione come una forma aggettivale (semecaelacasaencima); una madre che “practica el arte de cal-lejear” e per la quale “cualquier excusa es buena para salir del piso: si llueve porque la casa huele a humedad y está embotada […] y si no pasa nada pues porque no pasa nada y en algún sitio seguro que está pasando algo”.

Fig. 5, “Madre semecaelacasaencima”, © Raquel Díaz Reguera (2013) / Lumen

Questa categoria di madre è perfettamente descritta con una interazione tra il testo, che ne descrive la quotidianità ed il rapporto coi figli, e la metafora visiva

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che, invece, in una perfetta armonia di narrazione in parallelo, riprende il si-gnificato letterale della forma fraseologica (“Resultar[le] duro a alguien estar en casa, esp. solo o sin salir durante mucho tiempo”, Seco, Andrés, Ramos 2004: 259). In italiano non troviamo una forma fraseologica corrispondente: si può tradurre con espressioni più articolate come, “non farcela più a rimanere chiu-so in casa”, “non resistere più chiuso in casa”, “non resistere più tra le quattro mura di casa”. Inoltre, al problema linguistico-contrastivo si aggiunge il vincolo iconico: la madre del disegno di Díaz Reguera è letteralmente travolta dalla casa. L’illustratrice, nelle parole di Terrusi, fa “‘esplodere’ una frase idiomatica e restitui[sce] ad una espressione figurata una interpretazione (figurale) letteraria” (2012: 101). Si rende necessario pertanto non usare l’espressione più consoli-data nella lingua d’arrivo, ma semmai forzare quest’ultima con il fine di avvici-nare il bambino, il destinatario per il quale la metafora visiva è prevalentemente pensata, alle potenzialità del linguaggio traslato. Questa madre potrebbe essere dunque un tipo di madre alla quale “la casa sta stretta”, giocando, ad esempio, sulle sue braccia che visibilmente escono dalle finestre.

Sempre un problema di ordine linguistico con un vincolo visivo si ritrova in uno dei gadget della “abuela repostera” cioè quella categoria di nonne che “nada más levantarse se perfuman con maicena, se maquillan con mermela-da y se espolvorean la cara de azúcar glas”.

Fig. 6, particolare tratto da “Abuelas reposteras”, © Raquel Díaz Reguera (2012) / Lumen

La fig. 6 mostra la sua “manga repostera”, vale a dire una “bata con tres mangas: dos para los brazos y la manga repostera para cremas diversas”. In questo caso è la polisemia del termine “manga” ad essere oggetto della ludi-ca creazione visiva e della reinvenzione del significato del termine “manga

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pastelera”, vale a dire la “tasca da pasticciere” o “sac à poche”. Potendo agire sull’immagine, l’ideale sarebbe sostituire una vestaglia con un grembiule da cucina dotato di tre tasche, anziché due. Tuttavia, il traduttore sa di non po-ter contare su questa ipotesi di collaborazione con l’illustratore, salvo in casi eccezionali: la terza manica potrebbe essere semplicemente spiegata come “una dalla quale escono tutti i tipi di creme”, vale a dire con una tecnica di esplicitazione che comporta necessariamente una perdita, ma che permette comunque al bambino di fantasticare sulla straordinarietà di questa nonna.

6. Problemi extralinguistici e di intenzionalità

Con Pasa página, Cuadernos de actividades possiamo affrontare contempo-raneamente due tipi di problemi: extralinguistico e di intenzionalità.

Fig. 7, ¿Qué tipo de bebida es tu ex?, © Rebecca Beltrán e Adrià Fruitòs (2015) / Lumen

Nella fig. 7 troviamo un divertente test che indaga sulla personalità di un potenziale ex-fidanzato, paragonandolo ad una bevanda alcolica con una maggiore o minore gradazione, dal tinto de verano fino al roncola. Il tinto de verano e la clara sono elementi culturospecifici che già di per sé costituireb-bero un problema di tipo extralinguistico, poiché rimandano ad elementi propri della cultura di partenza; in questo contesto diventano anche pro-blemi di intenzionalità poiché non sono impiegati per designare qualcosa,

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quindi con funzione referenziale (due tipi di bevande tipiche spagnole), ma con una chiara funzione espressiva: ironizzare sugli uomini che le bevono. Infatti, dalla difficoltà nel captare - ma soprattutto rendere - l’ironia dell’au-trice emerge la sfida traduttiva. Il profilo dell’uomo che beve il tinto de ve-rano, ad esempio, è “barato y más de pueblo que los mostachones”. Quindi, la bevanda con la quale si andrà a sostituire il culturema non sarà necessaria-mente una descrizione (vino e gazzosa), né un prestito occasionale (tinto de verano), bensì un equivalente funzionale, con un processo cioè onomasio-logico, dal significato attribuitogli dalla scrittrice, al significante. Pensando inoltre al vincolo iconico, il bicchiere ed il colore che lo raffigurano, sia in testa alla descrizione, sia sul bancone del bar nel disegno di sinistra, impon-gono una ulteriore restrizione delle opzioni. Se in assenza di immagini vin-colanti, l’adattamento culturale avrebbe potuto far pensare al diffusissimo ed economico “prosecco” o alla “bicicletta”, o allo “spritz”, tuttavia il colore scuro del liquido del disegno e la forma del calice, rinviano semmai ad un altro prestito, ma più consolidato, come ad esempio la sangría.

7. Problemi pragmatici

Finiamo con un problema che sorge dalle caratteristiche del destinatario e dal contesto di ricezione, con un estratto da Cosas que nunca olvidarás de tu Erasmus (fig. 8) nel quale si raffigura la cena internazionale durante il soggiorno Erasmus. Vi troviamo il gazpacho, il fuet, il chorizo, “la típica tortilla de patatas que te toca hacer a ti”, ma anche la “pizza italiana (conge-lada probablemente)”. I culturemi spagnoli servono a definire la cultura di provenienza, quelli italiani (la pizza), lo “sguardo sugli altri”, cioè quell’al-terità stereotipata che fa da contraltare alla cultura d’origine, ma che nel nostro caso diventa anche destinatario del testo tradotto. E tutto ciò con un vincolo iconico di mezzo. In una cena Erasmus immaginata da un lettore italiano, il mantenimento di alcuni ispanismi può risultare adeguato poiché dà una giusta prospettiva straniante che l’ambientazione internazionale del testo prevede; per alcuni, come la pizza e la tortilla, si possono invertire le frasi di accompagnamento in una simmetria che accoglie sia la prospettiva pragmatica di avvicinamento al lettore italiano, sia le istanze autoriali: “la pizza che tocca a te cucinare” e “la tortilla, probabilmente surgelata”.

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Fig. 8, “Cena internacional”, © Raquel Piñeiro e Amaia Arrazola (2015) / Lunwerg Editores

8. Conclusioni

Nei testi illustrati impiegati in aula di traduzione, l’interazione immagine-testo, lungi dal dispensare il traduttore dall’occuparsi della parte iconica, lo mette al-tresì a dura prova. In primo luogo, trattandosi di paratraduzione, chi traduce è necessariamente chiamato a comprendere tale relazione e, nel caso di testi rivolti ad un pubblico infantile, a non alterarne l’equilibrio raccontando a parole ciò che emerge invece dalla compenetrazione tra la scrittura e le illustrazioni. Tra-durre narrativa illustrata insegna a resistere alla tentazione dell’ipertraduzione.

Un’ulteriore sfida è data dalla collisione tra la parte iconica e la parte testuale qualora in quest’ultima, ad esempio, si trovino metafore, forme fraseologiche o giochi di parole. Quando la narrazione è di contrappunto e l’effetto ludico o ironico emerge da tale interazione, a volte non è possibile riprodurla: se giocata, ad esempio, sulla polisemia, essa può costituire un problema traduttivo di tipo linguistico.

Infine, quando è l’atto traduttivo in sé a rendere il dialogo intersemiotico conflittuale per motivi correlati al diverso destinatario e quindi all’incarico di traduzione e al contesto di ricezione, il traduttore si troverà nuovamente

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a doverlo ricreare in modo ugualmente fruibile. Più costrizioni ci sono e più sarà ponderata la scelta tra le varie tecniche traslative e le strategie testuali da mettere in atto. Tradurre testi illustrati è un utile banco di prova per con-frontarsi con la riscrittura, con la manipolazione e soprattutto con un tipo di traduzione in cui la creatività risulta imprescindibile.

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