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TRASTEVERE UN’ANALISI DI LUNGO PERIODO I SOCIETÀ ROMANA DI STORIA PATRIA CONVEGNO DI STUDI Roma, 13-14 marzo 2008 a cura di LETIZIA ERMINI PANI e CARLO TRAVAGLINI

TRASTEVEREI UN’ANALISI DI LUNGO PERIODO I · Carta archeologica(3). occorre d’altra parte sottolineare che la peculiare connotazione “popolare” del quartiere, tuttora evidente

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TRASTEVEREUN’ANALISI DI LUNGO PERIODO

I

SOCIETÀ ROMANA DI STORIA PATRIA

CONVEGNO DI STUDI

Roma, 13-14 marzo 2008

TRASTEVERE

UN’ANALISI DI LUNGO PERIODO

CONVEGNO DI STUDI ROMA, 13-14 MARZO 2008

I

GIOVANNI AZZENA

Il Trastevere in età romana

PAOLA GUERRINI

Il Trastevere nella tarda antichità e nell’alto medioevo continuità e trasforma-zioni dal IV all’VIII secolo

OTTAVIO BUCARELLI

Il Trastevere nel medioevo: continuità e trasformazioni tra IX e XII secolo

ALESSANDRA MILELLA

Dinamiche insediative nell’Isola Tiberina

GIORGIA MARIA ANNOSCIA, ELISABETTA DE MINICIS, MIRIAM TAVIANI

Case, strade e pozzi nel Trastevere medievale

KARIN BULL-SIMONSEN EINAUDI

Il ruolo del monastero di S. Cosimato nello sviluppo urbano del Trastevere

ANDREAS REHBERG

Il rione Trastevere e i suoi abitanti nelle testimonianzeraccolte sugli inizi dello Scisma del 1378

ANNA ESPOSITO

Gli abitanti di Trastevere nel Rinascimento (con particolare riguardo ai corsi e agli ebrei)

LAURA GIGLI

Trastevere Morte e resurrezioneLe pietre inaridite rivivranno

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a cura di

LETIZIA ERMINI PANI e CARLO TRAVAGLINI

miscellaneadella società romana di storia patria

lV––––

trasteVereun’analisi di lungo periodo

a cura di

Letizia ermini Pani e CarLo travagLini

i

conVegno di studi

roma, 13-14 marzo 2008

romapresso la società

alla BiBlioteca Vallicelliana –––––2010

Giovanni azzena

Il TrasTevere In eTà romana

Il Trastevere gode di una straordinaria concentrazione di infor-mazioni provenienti dalla Forma Urbis severiana(1): la più alta di roma, per copertura complessiva, nonché la meno precaria, dal punto di vi-sta della frammentazione delle lastre. a ciò si aggiunge l’apporto, come sempre a roma quantitativamente rilevante, delle fonti lettera-rie ed epigrafiche, dei rendiconti di attività archeologiche dislocate nel tempo e nello spazio e delle informazioni derivanti dallo spoglio degli archivi(2). Per converso si tratta di un settore urbano certamente meno

(1) G. Carettoni - a.M. Colini - l. Cozza - G. Gatti, La pianta marmorea di Roma antica. Forma Urbis Romae, roma 1960 (di seguito abbreviato FUR 1960); e. rodriGuez alMeida, Forma Urbis marmorea. Aggiornamento generale 1980, roma 1981 (di seguito abbreviato FUR 1980). Fondamentale adesso F. Coarelli, Aedes Fortis Fortunae, Naumachia Augusti, Castra ravennatium. La via Campana Portuensis e alcuni edifici adiacenti nella pianta marmorea severiana, in Ostraka I (1992), pp. 39-54. Da ultimo, più in generale, Formae Urbis Romae. Nuovi frammenti di piante mar-moree dallo scavo dei Fori imperiali, a cura r. MeneGhini - r. SantanGeli valenzani, roma 2006. Per un sistema di georeferenziazione assistita dal calcolatore delle geo-metrie rappresentate nei frammenti si v. G. azzena, Topografia di Roma antica: ipotesi per una sistematizzazione dei dati a valenza topografica, in Archeologia e Calcolatori, 5 (1994), pp. 269-292.

(2) È calcolabile che negli archivi della soprintendenza archeologica e della X ripartizione del Comune di roma siano contenute segnalazioni, anche inedite, di più di 100 punti archeologici. sulla topografia del Trastevere, nell’archivio della sezione di Topografia antica dell’Università degli studi di roma “la sapienza”, sono consul-tabili due tesi di laurea: a. rodante, La topografia cristiana del Trastevere fino al X secolo, a.a. 1960-61 e M. GiorGi CoSta, La topografia antica del Trastevere, a.a. 1982-83. Un abbozzo di carta archeologica, limitato al settore meridionale del quartiere, è nella mia tesi di Dottorato: Forma Urbis Romae. Topografia urbana dell’Italia romana: un sistema di ricerca e un esempio applicativo, Università degli studi di Bologna, Dottorato di ricerca in archeologia (Topografia) - Iv ciclo; un altro è nella tesi di specializzazione di r.a. GiudiCe, Trastevere. Carta Archeologica e analisi urbanistica,

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ricco di altri per evidenze archeologiche conservate: agevole interpre-tare, quali concause di questo stato di fatto, da un lato l’alta probabi-lità che fosse già in origine meno “monumentalizzato”, dall’altro l’eve-nienza che sia stato anche meno fortunato, se così si può dire, dal punto di vista della conservazione “a vista” dei ruderi. Fatto sta che, ad oggi, per il rione XIII si deve constatare quantomeno una rarefa-zione di quella moltitudine di contributi di puntualizzazione filologica cui la città di roma, nel suo insieme, ci ha abituati. e, soprattutto, manca un’opera di sintesi topografica finalizzata alla creazione della Carta archeologica(3).

occorre d’altra parte sottolineare che la peculiare connotazione “popolare” del quartiere, tuttora evidente malgrado la progressiva metamorfosi sociale ed economica che lo ha investito a far data dal secondo dopoguerra, deve aver qualificato la zona fin dalle origini, generando un inquadramento demografico ed un preponderante tipo “dimesso” di edilizia che ne hanno costituito nel tempo segno vitale e distintivo. Un elemento di tenace caratterizzazione, che insieme al senso di estraneità fisica e sociale al complesso urbano “di là dal Tevere”, può avere inciso anche sulla sua storia urbanistica, dunque sul suo assetto “monumentale”: una condizione marginale “di lungo periodo” di una porzione di territorio che, dall’arcaica memoria giuri-

Università degli studi di roma “la sapienza”, scuola di specializzazione in archeologia, a.a. 2000-2001.

(3) sarebbe auspicabile, considerate le spiccate caratteristiche “conservative” del quartiere, un lavoro basato in partenza su una convergenza interdisciplinare estesa ai vari segmenti cronologici interessati dalla sua lunga storia urbana. sintesi sul contesto storico-topografico antico in: F. Coarelli, Roma. Guida Archeologica, milano 2000, pp. 338-340; S. FoGaGnolo, Il contesto storico topografico del Trastevere, in S. FolChi viCi - S. hernández andreu, Il Conservatorio di San Pasquale in Trastevere, roma 2000, pp. 23-31; M. MaiSChberGer, s.v. Transtiberim, in Lexicon Topographicum Urbis Romae, a cura e. M. Stenby, roma 1993-1999 (di seguito abbreviato Lexicon), v, pp. 77-83; G. azzena, s.v. Roma - Trastevere, in Enciclopedia dell’Arte Antica Classica e Orientale, Suppl. 1996, Iv, pp. 952-955; r.e.a. PalMer, The Topography and Social History of Rome’s Trastevere (Southern Section), in Proc. Amer. Philos. Soc., 25 (1981), pp. 368-379. Più in generale: l. GiGli, Guide rionali di Roma. Rione XIII Trastevere, I-Iv, roma 1977-1987. Un apprezzabile lavoro di analisi, tradito da una ricostruzione dell’impianto urbano antico (tavv. vI, p. 22 e vII, p. 23) che sembra ignorare completamente i dati della documentazione archeologica, pur riportati nello spezzone di “Carta archeologica” ivi pubblicato (tav. B, pp. 28-29) è in l. Gazzola - l. baSCià, La testata etrusca di Ponte Emilio in Trastevere, roma 1992.

Il Trastevere in età romana 3

sprudenziale della venditio trans Tiberim approderà, attraversando i millenni, all’appellativo “de noantri”, significativa aggettivazione conferita con fierezza identitaria alla principale Festa trasteverina. storia urbana di un’area di margine per definizione (al di là di un muro d’acqua): prima etrusca ripa, e poi fascia frontierale in bilico tra campagna e città, tra spazi per i vivi e luoghi dei morti(4), tra molto poveri e molto ricchi, tra umili orti e fastosi giardini. Ghetto, casbah e dock, quartiere di “extra-comunitari” ante litteram, la cui estrema vi-talità, apparentemente spenta con la distruzione fisica dovuta al sacco di alarico (Liber Pontificalis I, 230), riprenderà, rivalutata, collegata e “inserita” nella roma rinascimentale, per rientrare ben presto nei ran-ghi della sua marginalità, tra il ‘700 e l’800, con ponti crollati, strade interrotte e relegazione istituzionalizzata(5) di categorie di emarginati resi dediti al lavoro nero (malati, zitelle, vecchi e bambini disadattati). ma se si possono lamentare emarginazione geografica, urbanistica, so-ciale (e, in un qualche misura, anche scientifica) è anche vero che da ciò può essere disceso quel carattere di conservativismo edilizio e via-rio che offre inaspettati angoli di osservazione all’analisi storico-urba-nistica che qui, in particolare, si vuole proporre.

l’urbanizzazione dell’ampia superficie pianeggiante che divente-rà la XIV Regio augustea dovette iniziare già dagli ultimi secoli della repubblica: è questa ormai opinione condivisa, anche se difettano at-testazioni palesi e la documentazione archeologica è limitata a brevi tratti di murature in opera quadrata la cui antichità è stata spesso solo ipotizzata in forza dell’eccezionale profondità di giacitura dei resti. accanto a sacelli e luoghi di culto arcaici chiaramente in origine ex-traurbani, conosciuti grazie alle fonti o a rinvenimenti, per lo più epi-grafici, come quelli attestanti le Divae Corniscae, Fors Fortuna, Furrina, Dea Dia, Bona Dea e Fons(6), l’uso della riva destra del Tevere si limita

(4) Cfr. r. MeneGhini - r. SantanGeli valenzani, Roma nell’altomedioevo. Topografia e urbanistica della città dal V al X secolo, roma 2004, pp. 103-125.

(5) Cfr. i. inSolera, Roma, roma-Bari 1980 (le città nella storia d’Italia), pp. 276-286.

(6) si v. S.M. SavaGe, The cults of ancient Trastevere, in Memoirs of the American Academy in Rome, 17 (1949) pp. 26-56. Cfr. inoltre Coarelli, Roma cit., p. 340; S. FoGaGnolo, s.v. Bona Dea Aed[es, -icula], in Lexicon I, p. 199; Coarelli, Aedes cit., passim.; J. aronen, s.v. Fons/Fontus ara, aedes, in Lexicon II, p. 256: è il sacello scava-to nel 1914 sotto il ministero della Pubblica Istruzion (cfr. Notizie degli Scavi di

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inizialmente allo sfruttamento agricolo, ricordato nella tradizione dei Prata Mucia e Quinctia (attribuiti rispettivamente a muzio scevola e a Cincinnato) e in epoca più recente - forse già in forma di ville con giardini - degli horti di Cesare, nel Trastevere attuale, di Clodia e di agrippina, tra il Trastevere e il vaticano, di Domizia, presso il mauso-leo di adriano. nei Cataloghi regionari sono ancora ricordati gli horti Domitiae e gli Horti Getae(7).

non è possibile indicare con certezza il momento d’inizio dell’ur-banizzazione trasteverina, ma è forse possibile riconoscerne gli assi originanti(8) nelle percorrenze di due viabilità molto antiche (Fig. 1): la via Campana, che dirigeva verso le saline alla foce del Tevere (campus salinarum)(9) e che, dopo la costruzione degli scali ostiensi, venne inte-

Antichità. Accademia dei Lincei (di seguito NSA), roma 1914, p. 362; Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma (di seguito BCom) 1915, p. 52). Considerate le caratteristiche iconografiche della divinità (analoghe a quelle di Ianus) non si può fare a meno di sottolineare la posizione del sacello, situato in quella che sembra un’area liminare tra la piana e le pendici del Gianicolo: non per niente la tra-dizione (Cic. leg. 2,56) pone la tomba di numa in prossimità dell’ara Fontis. D’altra parte è già stato osservato come la fascia pianeggiante ai piedi del Gianicolo potesse essere utilizzata come area necropolare anche in età imperiale (cfr. d. GiorGetti, Castra Ravennatium: indagine sul distaccamento dei classiari ravennati a Roma, in Corsi di cultura sull’arte ravennate e bizantina (Ravenna, 6-18 marzo 1977), ravenna 1977, pp. 223-247 e ora anche P. Mazzei, Mica Aurea in Trastevere, in Archeologia Classica, 59 (2008), pp. 183-204.

(7) r. valentini - G. zuCChetti, Codice topografico della città di Roma, I-Iv, roma 1940-1953: I, p. 63 ss (di seguito valentini-zuCChetti). Cfr. F. CaStaGnoli, Roma antica. Profilo urbanistico, roma 1978, p. 117; P. GriMal, I giardini di Roma antica, milano 1990; J. d’arMS, Between public and private: the epulum publicum and Cesar’s horti trans Tiberim, in Horti Romani, a cura M. CiMa - e. la roCCa, roma 1998, pp. 33-43; PalMer, The Topography cit., pp. 368-379.

(8) azzena, Trastevere cit., p. 955; cfr. Coarelli, Roma. Guide cit., pp. 339.(9) In generale si v. l. ChiuMenti -F. bilanCia, La Campagna Romana, antica,

medievale, moderna, Firenze 1979, vI, pp. 307-309; G. azzena, Il territorio: sistemi di comunicazione e infrastrutture, in Atlante del Lazio antico. Un approfondimento critico delle conoscenze archeologiche, roma 2004, pp. 109-140: 116-118. In generale cfr. anche J. SCheid, Notes sur la via Campana, in Mélanges de l’École française de Rome. Archéologie, lXXXvIII (1976), pp. 639-667; sull’antichità della via e i rituali connes-si alla sua fondazione: h. di GiuSePPe - M. Serlorenzi, La via Campana e le acque violate, in Fasti Online Documents & Researchs (=http://www.fastionline.org/docs/FolDer-it-2008-107.pdf). sulle saline portuensi: C. Morelli - G. olCeSe - F. zevi, Scoperte recenti nelle saline portuensi (Campus salinarum romanarum), in

Il Trastevere in età romana 5

grata dalla via Portuensis e quindi compresa nel doppio odonimo campana-portuensis, mantenendo forse il nome originario solo nel tratto urbano; la via Aurelia(10), così chiamata dal 241 (o dal 200) a.C., ma il cui tracciato dovrebbe ricalcare un’antica direttrice etru-sca, forse la via quae a Sublicio ponte ducit ad Ianiculum di livio(11) giusta la localizzazione del ponte sublicio poco più a valle dell’attuale Ponte rotto(12). I due assi viari, in questo momento storico ancora to-talmente extraurbani, convergevano presumibilmente verso un punto di guado o, per meglio dire, verso il punto di guado sostanziale nella stessa poleogenesi di roma: quello prospiciente il Foro Boario. È dun-que plausibile che in questo punto sia stato eretto il più antico ponte di roma, il sublicio, e più tardi l’emilio(13), il primo costruito di pie-

Méditerranée occidentale antique: les échanges, III (Marseille, 14-15 Mai 2004), a cura a. Gallina zevi - r. turChetti, soveria mannelli 2004, pp. 43-55. In generale sulla rilevanza delle saline nello sviluppo della prima roma, cfr. a. Giovannini, Le sel et la fortune de Rome, in Athenaeum, n.s., lXIII (1985), pp. 373-386; F. Coarelli, I san-tuari, i fiumi, gli empori, in Storia di Roma I, Torino 1988, pp. 127-151; M. torelli, Gli aromi e il sale. Afrodite ed Eracle, in Ercole in occidente, atti del Colloquio Int., (Trento, 7 marzo 1990), a cura in a. MaStroCinque, Trento 1993, pp. 93-123. Per la nota connessione tra ercole ed il sale è interessante notare la posizione del sacello di Hercules Cubans, rinvenuto nel 1889 “nei pressi di Porta Portese”: cfr. l. niSta, s.v. Hercules Cubans, sacellum, in Lexicon III, pp. 12-13.

(10) In generale si v. ChiuMenti-bilanCia, La Campagna cit., II, pp. 540-653; azzena, Il territorio cit., pp. 126-127; J.r. PatterSon, s.v. via Aurelia, in Lexicon v, pp. 133-134, con bibliografia precedente.

(11) liv. v, 40,8, ma anche I, 33,6. (12) Cfr. P. GroS - M. torelli, Storia dell’Urbanistica. Il mondo romano, roma-

Bari 1988, p. 107; F. Coarelli, s.v. Pons Sublicius, in Lexicon Iv, pp. 112-113 (cfr. anche Lexicon II, figg. 123-124) ritiene probabile che fosse situato in prossimità del ponte emilio e non, secondo l’ipotesi tradizionale, molto più a valle, ove, fino al 1878, affioravano dei ruderi in asse con s. Cecilia, poco più a sud di s. maria in Cappella, riportati nella pianta di G.B. nolli (cfr. P.a. Frutaz, Le piante di Roma, I-III, roma 1962: III, tav. 407) con cartiglio “vestigie del Ponte sublicio”, più verosimilmente attribuibili al Pons Probi, citato dalla Graphia Aurea Urbis Romae (valentini-zuCChetti III, p. 84) come “Pons Probi in Risparmea” (da leggersi Ripa Romea, cioè ripa Grande), dove “Theodosii” si riferisce forse ad un restauro. r. lanCiani, Forma Urbis Romae, roma 1990, tav. 34) lo pone invece in corrispondenza con l’Aemilius. Cfr. anche J. le Gall, Le Tibre fleuve dans l’antiquité, Paris 1953, pp. 80-86; 268.

(13) È l’attuale Ponte rotto, anche se la sua struttura risale in parte ai rifacimenti di Gregorio XIII. È ricordato anche come: di lepido, “di lapidi”, massimo, senatorio, di s. maria: cfr. C. d’onoFrio, Il Tevere, l’Isola Tiberina, le inondazioni, i molini, i

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tra. Proprio la convergenza di due direttrici strategicamente ed eco-nomicamente molto vitali starebbe a comprovare la localizzazione del più antico transito pontato in questo punto, e non, come pensano al-cuni, più a valle(14); ipotesi sostenibile anche in ragione del rallenta-mento del corso del Tevere causato dall’ampia ansa che precede l’isola Tiberina, e dall’ingombro della stessa. ma, prescindendo dalle perdu-ranti incertezze sulla posizione del sublicio, è assodato che, almeno a partire dal II sec. a.C.(15), il ponte emilio viene a costituire il polo di gravitazione, storicamente e archeologicamente attestato, delle due direttrici extraurbane che, attraversato il Tevere, da qui si dipartono in direzione sud-ovest e ovest. Come si vedrà in seguito, i loro trac-ciati dovrebbero coincidere con le attuali percorrenze di via della lungaretta (via Aurelia), e via dei vascellari-di s. Cecilia-di s. michele (via Campana). le due strade moderne vengono anch’esse ad incon-trarsi all’altezza del ponte rotto, oggi funzionalmente sostituito dal ponte Palatino: il punto di congiunzione, fisicamente non più percepi-bile per le profonde modifiche apportate sul tessuto edilizio ripario dalla realizzazione dei muraglioni d’argine e dei lungotevere, si ravvi-sa ancora nel disegno del catasto Pio-Gregoriano, concretizzato nella piccola piazza triangolare del Ponte rotto (Fig. 2), punto di incontro tra via dei vascellari, allora fiancheggiata dalla chiesetta di s. salvatore, e via della lungaretta (qui via della lungarina).

la progressiva espansione edilizia oltre il Tevere dovette comun-que subire, in un momento non precisato, una regolarizzazione, poi-ché l’estesa maglia ortogonale attestata per l’età severiana dalla Forma Urbis, ed evidentemente derivante da uno o più atti di pianificazio-

porti, le rive, i muraglioni, i ponti di Roma, roma 1980, pp. 141-164; le Gall, Le Tibre cit., pp. 75-80. sotto la pavimentazione allora in uso, nel 1885 fu rinvenuto un ampio tratto di basolato antico costeggiato da marciapiedi: NSA 1885, p. 157.

(14) r. lanCiani, Forma cit., tav. 34, designa con il toponimo liviano via quae a Sublicio ponte ducit ad Ianiculum la ricostruzione grafica di una strada antica che fa muovere in direzione del Gianicolo a partire dalle rovine (che, evidentemente, attri-buisce al sublicio) del ponte davanti a s. maria in Cappella. all’asse della via Aurelia/via della lungaretta ascrive invece il toponimo Vicus Tiberini, documentato nella Base dei Vicomagistri (Valentini-Zucchetti I, p. 45).

(15) la data di costruzione finora ipotizzata (tra il 179 e il 142 a.C.) è stata recen-temente posta in discussione da F. Coarelli, s.v. Pons Aemilius, in Lexicon Iv, pp. 106-107, che pensa piuttosto al momento dell’apertura dell’Aurelia, alla metà del III sec. a.C., ad opera di un M Aemilius, decemviro sacris faciundo tra il 236 e il 211 a.C.

Il Trastevere in età romana 7

ne(16), trova precisi riscontri sia nell’orientamento di strade ed edifici molto più antichi riconosciuti sul terreno, sia nel mantenimento delle declinazioni principali e nelle misure degli isolati attuali, che spesso echeggiano parametri metrologici antichi (actus e doppio actus). sembra eccessivo attribuire valore di vera e propria pianificazione al ben noto interessamento di Cesare per il Trastevere, le notizie sul qua-le sembrano sintomatiche - almeno per questo settore - di un intento più che altro programmatico(17). Un’attività di ordinamento urbanisti-co potrebbe essere attribuibile ad augusto, anche in ragione della de-finitiva annessione del Trastevere, come XIV Regio, all’amministrazio-ne dell’Urbe, ma sembra strano al proposito l’assoluto silenzio delle fonti - specie delle Res Gestae - al contrario prodighe di particolari per quanto riguarda la naumachia, o il nemus Caesarum(18), fra l’altro ope-re, diciamo, di semi-monumentalizzazione (oggi si direbbe di architet-tura del paesaggio), più consone ad un’area che ancora conservava estesi spazi liberi.

(16) Cfr. GroS-torelli, Storia dell’Urbanistica cit., p. 205.(17) Cic., ad Att. XIII, 20, 1; XIII, 33, 4; XIII, 35, 1; suet., Caes., 44, 1-4; Cass.

Dio, XlIII, 49. Per l’individuazione delle aree comprese nel vasto programma urba-nistico cesariano si v. e. tortoriCi, Argiletum. Commercio, speculazione edilizia e lotta politica dall’analisi topografica di un quartiere di Roma di età repubblicana, roma 1991; P. SoMMella, Premessa, in tortoriCi, Argiletum cit., pp. 5-6; P. SoMMella - l. MiGliorati Il segno urbano, in Storia di Roma. L’impero mediterraneo. I principi e il mondo, II, 2, Torino 1991, pp. 287-309: 287-291. È da ricordare l’ipotesi del Palmer (The Topography cit.) in merito ad un primo intervento edilizio di Cesare in Trastevere costituito da una Basilica Iulia Aquilana (vitr. 5,1,4) costruita nel terreno dei suoi orti, presso il tempio di Fors Fortuna. secondo questa ipotesi il nome della Basilica sarebbe da porsi in relazione con l’appellativo Longi Aquilae (cfr. C. leGa, s.v. Vicus Longi Aquilae, in Lexicon v, p. 174; ead., s.v. Aquilenses, ibidem I, p. 74) di un vicus della XIV Regio, che lo stesso Palmer (ma contra si v. d. PaloMbi, s.v. Basilica Iulia Aquiliana, in Lexicon I, p. 179) riconosce nel tratto urbano della via Campana. Per la localizzazione degli orti di Cesare presso il tempio di Fors Fortuna si v. Tac. Ann., II, 41, 1: cfr. da ultimo, Coarelli, Aedes cit., passim.

(18) Mon.Ancyr, 43-44; Pl., n.h. XvI, 190, 200; Tac., Ann. XIv, 15. sulla posizio-ne della naumachia si v. a.M. liberati, s.v. Naumachia Augusti, in Lexicon III, p. 337, ma resta in merito fondamentale il contributo di Coarelli, aedes cit. Cfr. ora P. Mazzei, Una nuova epigrafe da San Cosimato in Mica Aurea. Traiano restaura la Naumachia di Augusto?, in Bullettino dell’Istituto Archeologico Germanico. Sezione romana, 113 (2007), pp. 147-173: 157-162; ead., Mica Aurea cit. sul Nemus Caesarum cfr. e. PaPi, s.v., in Lexicon III, p. 340.

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a livello ipotetico si potrebbe proporre una datazione più tarda, relativa alla sistemazione di un comparto extraurbano in cui l’intensi-ficazione del popolamento, derivante soprattutto dal progressivo in-cremento delle infrastrutture di stoccaggio e prima lavorazione delle merci provenienti dagli scali ostiensi, doveva aver iniziato ormai da qualche tempo a produrre una sorta di sprawl ante litteram, con il contingente stanziamento di “stranieri”, e - come sembra fin dal trion-fo di Pompeo nell’autunno del 61 a.C. - in particolare di ebrei(19), la cui forte comunità(20) raggiungerà sotto Caligola, secondo le fonti pro-prio in Trastevere(21), punte demografiche consistenti. Il momento più adatto per un primo intervento in tal senso sembrerebbe dunque quello dei principati di Claudio o di nerone. Da considerare al propo-sito in primo luogo la realizzazione del nuovo bacino dello scalo ostiense, iniziato da Claudio nel 42 d.C. e inaugurato da nerone nel 64, il cui impatto non può non aver investito lo sviluppo infrastruttu-rale - e, per l’indotto, anche quello demografico - di uno dei più im-portanti terminali urbani, quale si avviava ad essere la Regio XIV. In secondo luogo, per quanto concerne nerone, il silenzio delle fonti e il fatto che la XIV fu una delle poche regiones ad essere risparmiata dall’incendio del 64, non bastano per negare la possibilità di un suo intervento di pianificazione sul quartiere; anzi, la ben nota attenzione dell’imperatore per un disciplinato rinnovamento edilizio e urbanisti-

(19) l’attestazione di una comunità ebraica a roma è in val.max. 1,3,3, a propo-sito della loro cacciata per una supposta contaminazione dei culti romani. In generale si v. e.M. SMallwood, The Jews under Roman Rule from Pompey to Diocletian, leiden 1976 e, più recentemente, C. viSMara, I cimiteri ebraici di Roma, in Società romana e impero tardoantico, II. Roma: politica economia e paesaggio urbano, a cura a. Giardina, roma-Bari 1986, pp. 351-392, 490-503. Per la localizzazione di queste comunità nei quartieri dell’antica roma cfr. P. roManelli, I quartieri giudaici dell’antica Roma, in Bollettino dell’Associazione Archeologica romana, II,6 (1912), pp. 132-139; S. Collon, Remarques sur les quartiers juifs de la Rome antique, in Melanges de l’École Française de Rome. Antiquité, 57 (1940), pp. 79-94.

(20) Cic., Flacc., 28, 66, lamenta le interferenze della forte comunità giudaica nella vita politica, specie tra i populares.

(21) Filone, nella Legatio ad Gaium (Ph., Leg., 23, 155), afferma che tutto il vasto quartiere di Trastevere era abitato da ebrei. la loro presenza trova più tarda conferma nella grande catacomba della via Portuense (cfr. vismara, I cimiteri cit., pp. 357 e 361-367) e nella iscrizione con la menzione di un dis archon (CIJ 289) che ha fatto pensare all’esistenza in zona di una sinagoga (viSMara, I cimiteri cit., p. 357).

Il Trastevere in età romana 9

co dell’Urbe(22), potrebbe aver trovato sede ideale di applicazione in un contesto che poteva ancora disporre di qualche area libera, oltre ad essere caratterizzato da una componente sociale politicamente ed eco-nomicamente debole, indiretta garanzia di un’opposizione non preoc-cupante all’eventuale decurtazione di spazio privato(23). Dai rinveni-menti archeologici non sono desumibili che pochi dati certi, ma gli scavi dell’isolato antico(24) prospiciente il viadotto in opera quadrata dell’Aurelia vetus (cfr. infra) documentano un generalizzato e consi-stente innalzamento del livello di calpestio, coincidente con nuove costruzioni in buona opera laterizia, datate dal Gatti al I sec. d.C. Inoltre, il cippo pomeriale vespasianeo reimpiegato nella muratura di s. Cecilia(25), ferma restando l’irrisolvibile indeterminatezza topografi-ca, può far pensare che le rinnovate esigenze infrastrutturali e la con-seguente pressione demografica possano aver determinato una sorta di veloce conurbazione, tale da imporre, tra Claudio e nerone, un riasset-to pianificato della Regio, nonché, subito dopo, l’adeguamento della li-nea pomeriale(26), a coronamento amministrativo dell’operazione.

(22) Tac. Ann. 15,43. sulla disciplina urbanistica e gli interventi neroniani cfr. P. SoMMella, Note sull’aspetto urbanistico di Roma nell’età Neroniana, in Atti Conv. Int. Bimillenario della nascita di Seneca, (roma-Cassino 1998), roma 2001, pp. 123-134; GroS-torelli, Storia dell’urbanistica cit., pp. 183, 202. Una particolare chiave di lettura dell’ideologia urbanistica neroniana è ora offerta da d. MuSti, Lo scudo di Achille, roma-Bari 2008, pp. 34-48.

(23) Cfr. l. MiGliorati in SoMMella-MiGliorati, Il segno urbano cit., p. 301, con bibliografia e rimandi alle fonti: in particolare suet. Nero, 38,1 (cfr. anche SoMMella, Premessa cit., p. 5).

(24) Per il viadotto sull’Aurelia cfr. G. Gatti, Il viadotto della via Aurelia nel Trastevere, in BCom, lXvIII (1940), pp. 129-141; ibid. (Notiziario), p. 235; F. Coarelli, s.v. Roma; Reg. XIV. Viadotto della via Aurelia, in Enciclopedia dell’Arte Antica Classica e Orientale, Suppl. 1970, roma 1973, p. 664. Per i rendiconti degli scavi: BCom 1889, pp. 362, 475-476; 1890, pp. 6-8, 57-65 (tavv. v-vI); 1897, p. 166; NSA 1897, p. 60.

(25) CIL vI 31538c. Cfr. M. andreuSSi, s.v. Pomerium, in Lexicon Iv, pp. 96-105: 103-104, con bibliografia precedente.

(26) a comprendere quantomeno la fascia perifluviale: cfr. d. veleStino, Il Pomerio, in Corso Vittorio Emanuele II tra urbanistica e archeologia. Storia di uno sventramento, a cura M. G. CiMino - M. nota Santi, napoli 1998, pp. 133-136: 134. Cfr. ora Mazzei, Mica Aurea cit.

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la stretta connessione tra le vicende dei porti di ostia e quelle del Trastevere risulta sostanziale anche per le fasi successive. Così gli in-terventi di Traiano su tutte le infrastrutture portuali tiberine coincido-no con il grandioso rinnovamento dello scalo ostiense: un intervento di completamento traianeo del piano urbanistico dell’area trasteveri-na rientrerebbe perfettamente nel quadro di queste attività(27). Come assai concreto sembra l’interessamento di settimio severo, sullo scor-cio del II sec. d.C., che lascia tracce(28) in attestazioni epigrafiche, nella toponomastica (Coraria Septimiana, Thermae Septimianae, ma anche il ricordo del suo nome nella porta detta settimiana) e in rinvenimenti archeologici datati con sufficiente certezza(29). Un floruit che, quasi contemporaneamente, sembra investire anche tutte le principali città portuali del mediterraneo(30) - a cominciare dalla nativa Lepcis - e che può essere inquadrato in un lungimirante programma di rilancio eco-nomico incentrato sui gangli vitali dei grandi traffici commerciali: plausibilmente uno dei tentativi dell’imperatore africano di contrasta-

(27) occorre ricordare che Traiano costruì nella Regio XIv una nuova naumachia, un nuovo acquedotto e, a quanto sembra, intervenne anche con impe-gnativi restauri sulla naumachia augustea e sull’aqua Alsietina: in merito fondamen-tale è mazzei, Una nuova epigrafe cit. p. 161, ma si v. anche n. ParMeGiani -a. Pronti, S. Cecilia in Trastevere. Nuovi scavi e ricerche, roma 2004, pp. 47-48. sulla naumachia Traiani si v. C. buzzetti, s.v., in Lexicon III, pp. 338-339. Per l’aqua Traiana cfr. P. virGili, s.v., in Lexicon I, pp. 70-72. Da ricordare anche l’attribuzione all’età traia-nea delle terme di vicolo dell’atleta (cfr. infra). sugli interventi traianei in riva sinistra cfr. a.M. Colini - C. buzzetti, Portus Tiberinus, in Il Tevere, roma 1986, pp. 157-197 e C. buzzetti, s.v. Portus Tiberinus, in Lexicon v, pp. 155-156.

(28) CIL vI, 1682; e. tortoriCi, Terme Severianae, terme “Severiane” e terme Septimianae, in BCom, XCv (1993), pp.161-173 (si v. anche e. PaPi, s.v. Terme Septimianae , in Lexicon v, p. 64). I coraria septimiana, attestati epigraficamente (CIL vI 1117 e 1118) sono stati a lungo identificati con uno degli ambienti rinvenuti sotto s. Cecilia: ma si v. ora a. Pronti, s.v., in Lexicon I, pp. 322-323.

(29) le “terme di via Induno” (cfr. infra); l’insula identificata nelle strutture messe in luce sotto il Conservatorio di san Pasquale (cfr. S. FoGanGonolo, s.v. Insula Bolani, in Lexicon III, p. 8); nonché, come sembra, la trasformazione di una domus privata in excubitorium della vII Coorte dei vigili.

(30) Per una sintesi si v. e. Savinio, Città di frontiera nell’Impero romano, Bari 1999, in particolare sull’economia di Leptis Magna pp. 95-152. sulla particolare rile-vanza degli interventi severiani nelle città portuali della sardegna cfr. G. azzena, Osservazioni urbanistiche su alcuni centri portuali della Sardegna romana, in L’Africa Romana XIV, roma 2002, pp. 1099-1110.

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re gli inquietanti prodromi della crisi economica che investirà tutto l’Impero.

Il carattere che è stato definito, con indovinata espressione, “ur-banisticamente fluido”(31) è rispecchiato in particolare dalle funzioni urbane testimoniate per il Trastevere antico, ad un tempo “modeste” e straordinariamente vitali: conseguentemente resistenti alle modifi-che ma anche permeabili a qualsiasi tipo di ibridazione (compresa quella tra la vita e la morte) come sempre è nelle aree di margine. Dalla presenza di impianti relativi alla vita del porto fluviale(32) e dal suo indotto produttivo, dovrebbe discendere anche il fitto popola-mento: il Catalogo delle XIv regioni(33) testimonia ben 78 vici, 4405 insulae, 150 domus, 22 horrea e 86 balnea, e tali cifre sembrano trovare conferma nel disegno della pianta marmorea, sia dal punto di vista della intensità edilizia, sia per l’estensione dell’abitato che, senza solu-zione di continuità, oltrepassa di molto il segmento dell’attuale Porta Portese e anche il più vasto circuito delle mura aureliane: secondo il Palmer le abitazioni si dovevano estendere per circa 3 chilometri oltre l’attuale porta Portese. Così, dalle grandi ville sulle pendici gianicole-si, si scendeva al malsano pianoro dell’ansa del Tevere; sul fiume gra-vitavano gli impianti di stoccaggio e i grandi horrea, al cui personale doveva essere dedicata una capillare rete di servizi pubblici e privati (terme e locande)(34) e particolari sistemazioni logistiche, come gli er-

(31) Così Mazzei, Mica Aurea cit.(32) vicino alla villa di agrippina, presso il sepolcro dei Platorini, erano i magaz-

zini vinari identificati come Cellae Vinariae Nova et Arruntiana (CIL vI 8826; cfr. e. rodriGuez alMeida, s.v., in Lexicon I, p. 259); presso il s. michele si rinvennero alcune costruzioni in laterizio (NSA 1913, p. 117; BCom 1913, pp. 76-77; 1934, pp. 177-178), identificate, in base ad un’epigrafe ritrovata in situ, con la Cella Civiciana (cfr. l. ChioFFi, s.v., in Lexicon I, p. 256). ancora più a sud doveva essere la Cella Saeniana (cfr. id. ibid., p. 257). Cfr. in generale le Gall, Le Tibre cit.; G.F. riCkMan, Roman Granaries and Store Buildings, Cambridge 1971; F. CaStaGnoli, Installazioni portuali a Roma, in Memoirs of the American Academy in Rome, 36 (1980), pp. 35-42; C. MoCCheGGiani CarPano, Sito 7, in Saggio di Pianta archeologica del Tevere: tav. I, in Bollettino di Numismatica, 5 (1985), pp. 9-162: 61-64, tav. I; C. Pavolini, Il fiume e i porti, in Storia di Roma dall’antichità ad oggi. Roma antica, a cura a. Giardina, roma-Bari 2000, pp. 163-181

(33) valentini-zuCChetti I, p. 63 ss.(34) Impianti termali sono attestati archeologicamente a vicolo dell’atleta, via

Induno e anche sotto s. Cecilia (cfr. infra), dalle fonti (t. Septimianae, t. Aureliani ?),

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gastula documentati nella Forma Urbis, o i castra(35). Più all’interno, modeste abitazioni e attività commerciali e artigianali, anch’esse da connettere al ruolo emporico e più in generale, come già detto, all’uso dell’acqua e a generiche funzioni di “periferia urbana”: mulini e pro-babilmente anche figlinae(36) sulle pendici del Gianicolo e, più vicino al Tevere, corporazioni di artigiani e operatori specializzati: corario-rum, magnariorum, solatariorum(37), di eborarii et citrarii(38), di som-mozzatori (piscatores e urinatores), di battellieri (caudicarii)(39), un ca-

raffigurati sulla Forma Urbis: [B]alineum Ampeli[dis] (cfr. FUR 1980, p. 151, tav. XXXIv, 47; valentini-zuCChetti I, p. 59,6; III, p. 3; e. rodriGuez alMeida, s.v. Balneum Ampelidis (Prisci) et Dianae, in Lexicon I, p. 156) e le terme “minori” raffi-gurate nella lastra 33 (sulla destinazione di questo impianto per le esigenze del perso-nale portuale si v. FUR 1960, p. 95; cfr. inoltre r.a. StaCCioli, Terme minori e balnea nella documentazione della Forma Urbis, in Archeologia Classica, XIII (1961), pp. 92-102: 97-98). Per quanto riguarda le locande è da ricordare la leggenda della taberna meritoria, sorta di pensione per militari emeriti, dove un fenomeno naturale (presu-mibilmente una breve fuoriuscita di liquidi petroleosi) diede luogo alla famosa leg-genda della Fonte dell’olio (cfr. G. de SPirito, s.v. Fons Olei, in Lexicon II, p. 260).

(35) Il distaccamento dei classiari ravennati è collocato nel Trastevere dall’Ho-rum Brebiarum (cfr. valentini-zuCCheti I, p. 163, n. 3; III, p. 3 ss.): si v. C. leGa, s.v. Castra Ravennatium, in Lexicon I, pp. 254-255; GiorGetti, Castra cit..

(36) le figlinae Brutianae, ad esempio, localizzate alle pendici del Gianicolo: cfr. e.n. Steinby, La cronologia delle figlinae doliari urbane, in BCom 84 (1974-75), p. 27 ss.; d. PaloMbi, s.v. Campus Bruttianus, in Lexicon I, pp. 217-218.

(37) Tra via in Piscinula e vicolo della scarpetta furono ritrovate tre iscrizioni (CIL vI, 1117, 1118, 1682) attestanti il corpus coriarorum (sic), magnariorum, solata-riorum. sulle funzioni industriali e commerciali del Trastevere cfr. h.J. loane, Industry and Commerce of the city of Roma (50 B.C.-200 A.D), Baltimore 1938; J.P. Morel, La topographie de l’artisanat et du commerce dans la Rome antique, in L’Urbs. Espace urbain et historie, (Collection de l’École Française de rome, 98), rome 1987, pp. 127-155.

(38) si deve a J.P. Morel, La topographie cit., p. 138, la lettura “eborarii” (inta-gliatori d’avorio) in luogo di “coriarii” (conciaioli: così invece gli scopritori, in BCom 1887, pp. 3-7; 1891, pp. 161-165; 1912, p. 211) nel testo dell’epigrafe (CIL vI, 33885) rinvenuta presso piazza s. Callisto nel 1887. Cfr. ora C. bianChi, Strumenti e tecniche di lavorazione dell’avorio e dell’osso, in Aeburnea Dypthica. I dittici d’avorio tra Antichità e Medioevo, a cura M. david, Bari 2007, pp. 354-355, anche per l’attività dei citrarii, artigiani specializzati nella costruzione di mobili in legno di citrus.

(39) CaStaGnoli, Installazioni cit., p. 38.

Il Trastevere in età romana 13

strum di portatori di lettighe (lecticarii)(40), e infine, naturalmente, i vigili del fuoco(41), senz’altro indaffaratissimi, dato il “tono” generale del quartiere.

l’intenso traffico commerciale, fluviale e di terra (non a caso tre delle quattro porte a doppio fornice della cinta aureliana si aprono a sud della città), contribuì a mantenere alto l’insediamento di colonie di greci, asiatici, egiziani ed ebrei, che importarono in zona anche i propri culti(42). In questo ambiente trovò luogo ed adepti il primo cri-stianesimo: nel Iv secolo si contano a roma venticinque tituli, di cui ben tre sono in Trastevere (Iulii et Callisti, Chrysogoni, Caeciliae), per il momento semplici domus ecclesiae confuse nella dimessa edilizia po-polare(43). sembra che il quartiere (divenuto la vII regione cristiana) abbia mantenuto, nel corso del medioevo, un alto tasso demografico, malgrado il presumibile restringimento dell’edificato: tutta la zona meridionale doveva infatti essere nuovamente ruralizzata, almeno stando alle immagini delle prime icnografie cinquecentesche, dove le due costruzioni più meridionali, i conventi di s. Francesco a ripa e di ss. Cosma e Damiano, si stagliano isolate tra orti e vigne.

la piana sulla riva destra del Tevere, raccolta entro l’ampia curva del fiume e dominata dal monte Gianicolo, presenta due sistemi incro-ciati di pendenza (cfr. Fig 1): il primo dalle falde del monte degrada verso l’alveo fino all’attuale viale Trastevere, mentre il secondo com-prende l’ansa a sud dell’isola ed è costituito da un leggero dosso con pendenza a ventaglio, la cui sommità coincide con l’isolato tra piazza in Piscinula e via dei salumi. anche se è possibile che questa piccola col-lina (per la quale è attestato il toponimo di “monte de’ Tolomei”) sia originata dall’accumulo delle rovine di un grande edificio(44), forse ter-

(40) la caserma dei portatori di lettighe è collocata genericamente nella Regio XIV dal Catalogo delle XIv regioni (valentini-zuCChetti I, pp. 144-147); cfr. d. PaoloMbi, s.v. Castra Lecticariorum, in Lexicon I, p. 248.

(41) Cfr. a.M. ranieri, Statio Coh. VII (s.v. Cohortium vigilum stationes), in Lexicon I, pp. 292-294: p. 293 e p. 294 per bibliografia precedente. Cfr. inoltre eadem, I vigili del fuoco nella Roma antica, roma 1990, pp. 21-26.

(42) sono attestati in Trastevere i culti della Dea Syria, di Hadad e di Sol (cfr. SavaGe, The cults cit.; PalMer, The Topography cit.; Coarelli, Roma. Guide cit., p. 340).

(43) r. krautheiMer, Roma. Profilo di una città, roma 1981, pp. 320, 341.(44) la chiesa di san Benedetto in Piscinula sorgerebbe, secondo la tradizione,

sulla domus degli Anicii. segnalazioni di “rovine” alle spalle della chiesa hanno fatto

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male, sembrerebbe comunque che il sistema di pendenze antico doves-se in qualche modo corrispondere all’attuale. mentre la via Campana si manteneva in quota sul versante della collinetta dell’ansa, la direttrice dell’Aurelia, dopo poche centinaia di metri, attraversava la sella tra i due sistemi di pendenza, dove andava plausibilmente soggetta a fre-quenti impantanamenti: in un’epoca che gli scavatori del primo ‘900 non sono riusciti a determinare, ma che tecnica edilizia e ragioni prati-che oltreché storiche portano a connettere con l’inizio del funziona-mento “ufficiale” della strada, a superamento del difficile tratto viene costruito un imponente viadotto in opera quadrata: la materializzazio-ne monumentale dell’antica percorrenza etrusca immobilizza definiti-vamente il tracciato della nuova via. le percorrenze degli “assi-matri-ce” dell’edificazione trasteverina sono dunque ambedue, per ragioni diverse, costrette e difficilmente mutabili.

la giustapposizione delle due differenti declinazioni derivanti dalla divergenza di questi assi non solo è documentata archeologica-mente, ma risulta tuttora percepibile nella stretta maglia dei vicoli tra-steverini. l’orientamento coerente alla via Campana (tra i 40° e i 45°) è riscontrabile nelle vie attuali comprese tra il Tevere e viale Trastevere e nelle strutture antiche della stessa zona: nelle aree archeologiche di s. Cecilia(45) e del conservatorio di san Pasquale(46), nel basolato stra-dale ancora visibile in piazza di s. Cecilia n. 19 e, come sembra, anche

pensare ad una identificazione certa: così il lanCiani, Forma cit., t. 28. (45) si v. la sintesi dei risultati degli scavi - ormai secolari - in n. ParMeGiani,

a. Pronti, S. Cecilia cit., con ampia bibliografia precedente. Cfr. inoltre n. ParMeGiani, s.v. Domus: Cacecili, in Lexicon II, pp. 71-72; n. ParMeGiani, a. Pronti, s.v. S. Caecilia, titulus, in lexicon, Iv, pp. 206-207; a. Pronti, s.v. Coraria Septimiana, in le-xicon. I, pp.322-323.

(46) S. FoGaGnolo, Il complesso archeologico di San Pasquale, in S. FoGaGnolo et al., Il Conservatorio cit., pp. 33-51; ead., Trastevere. Conservatorio di S. Pasquale, in Roma nell’alto medioevo. Archeologia e storia nel Museo Nazionale Romano, Crypta Balbi, a cura M. S. arena - P. deloGu - l. Paroli - M. riCCi - l. SaGuì - l. vendittelli, milano 2001, pp. 620-621; ead., Trastevere. Conservatorio di S. Pasquale: dal quartiere romano all’occupazione medievale, in Roma dall’antichità al medioevo. Contesti tardo an-tichi e altomedioevali, a cura l. Paroli, l. vendittelli, roma 2004, pp. 576-597; ead., s.v. Insula Bolani, in Lexicon III, p. 8; ead., s.v. Bona Dea Aed[es, -icula], in lexicon. I, p. 199.

Il Trastevere in età romana 15

nel complesso archeologico dello scavo di via anicia(47). anche le strutture rappresentate nella lastra 27 e nella 28 (prima del flesso), e quelle del margine superiore delle lastre 33 e 34 della Forma Urbis severiana, sembrano avere analoga declinazione. Tutto il settore ad ovest di viale Trastevere è invece coerente con l’asse di via della Aurelia/lungaretta (tra i 350° e i 355°), a cominciare dall’excubito-rium della vII Coorte dei vigili e dagli edifici in laterizio addossati al viadotto. Questa situazione è perfettamente avvertibile nella visualiz-zazione della microgeometria del parcellario attuale e, ancora di più, nella disposizione degli impianti ecclesiali, come desunta dal catasto Pio-Gregoriano (Fig. 3). Il punto di intersezione tra i due sistemi è oggi individuabile nella fascia di isolati compresa tra via della luce (ancora nell’area di influenza della via Campana) e piazza del Drago. È interessante rilevare come anche viale Trastevere, nel suo corso svin-colato da persistenze, corra parallelo al Tevere (e alla via Campana) per tutto il tratto meridionale ma, all’altezza di s. Crisogono, per ri-spettarne la facciata e trovare l’imbocco di ponte Garibaldi, sia co-stretto al brusco flesso di piazza sonnino, in una sostanziale ripropo-sta della dualità degli orientamenti originari. Prima dell’apertura del viale, il condizionamento della declinazione del settore ovest sulla strada più interna tra quelle parallele alla Campana, non si manifesta-va con un flesso ma con un isolato triangolare ed un quadrivio(48), formato sull’asse di via dei morticelli (attuale via della luce) da via delle Fratte, via di s. Crisogono e dalla strada oggi chiamata vicolo dei Tabacchi.

si è detto che, in un momento difficilmente databile, l’edificazio-ne della piana trasteverina, dispostasi fino a quel momento senza un ordine particolare ma comunque in modo coordinato alle due viabili-

(47) la documentazione sui risultati dello scavo (messi in ombra dal ritrovamen-to della famosa “lastra di via anicia”) è davvero esigua: M. ContiCello de SPaGnoliS, Il tempio dei Disocuri in Circo Flaminio, roma 1984, p. 9, n. 1; P. di Manzano, Via Anicia, in BCom, XCIII,1, n.s. II (1989-90), pp. 112-114.

(48) essenzialmente in quelle redatte prima della costruzione della Fabbrica dei Tabacchi: ad es. nel catasto Pio-Gregoriano, nella pianta di G.B. nolli (Frutaz, Le piante cit., III, tav. 407) e in quelle del ruga (ibidem, tav. 476), dell’Uggeri (ibidem, tav. 485) e della Direzione generale del Censo (ibidem, tav. 495). risulta percepibile anche dopo la costruzione della Fabbrica dei tabacchi nella Pianta della Direzione generale del Censo del 1866, ibidem, tav. 527.

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tà originanti, fu “regolarizzata”. Tenendo presenti gli adeguamenti e le modifiche dovuti alla traduzione sul terreno di un (ipotetico) piano programmatico, nonché al cosiddetto “consumo della pianificazio-ne”, si possono sinteticamente richiamare gli elementi che contribui-scono alla definizione della maglia degli isolati (Fig. 4), iniziando con le strade che corrono parallele al corso del Tevere:

a) Via Campana-Portuensis. all’origine di tutto il sistema, il suo tracciato è ricalcato dalle odierne via dei vascellari, via di s. Cecilia, via di s. michele, via Portuense. resti di basolato sono stati ritrovati in varie epoche sotto il selciato attuale o lungo il filo delle facciate delle case(49). la strada dovrebbe essere rappresentata nella Forma Urbis marmorea, sia nel suo tratto urbano (lastra 27) che in quello, diciamo, suburbano (lastra 28). Il lanciani nelle tavole 28 e 34 della sua Forma Urbis disegna un basolato ininterrotto dal Tevere a porta Portese, indicando un flesso all’altezza dell’incrocio con via di s. maria dell’orto, ipotesi sulla quale si può agevolmente concordare. È plausibile ma non comprovata archeologicamente la presenza di un’altra strada tra la via Campana e il Tevere, in coincidenza con vico-lo di s. maria in Cappella e via P. Peretti, che la Forma Urbis rappre-senta spezzata in più punti dagli apprestamenti portuali ma che, spe-cie nella cartografia storica cinque-seicentesca, sembra proseguire verso le mura senza soluzioni di continuità, tagliando in due gli orti che ospiteranno il s. michele.

b) via Titta scarpetta. Un’ipotesi di persistenza basata sul riscon-tro metrologico (m. 70 dalla precedente), potrebbe trovare conferma nella notizia del ritrovamento di un tratto lastricato, riportata nella documentazione Giorgi Costa(50). non ci sono indizi di un prosegui-mento verso sud: l’asse di vicolo dell’atleta, peraltro rientrante rispet-

(49) In NSA 1885, pp. 187-188 è documentato il ritrovamento di un tratto di strada basolata presso lo sbocco della via dei vascellari sul Tevere (cfr. anche BCom 1889, p. 169). Basolati sono segnalati a piazza di s. Cecilia nn. 18-18a, e visibili al n. 19/angolo piazza dei mercanti: qui il basolato è conservato nel seminterrato di una abitazione privata; tra i basoli si imposta un pilastro in blocchi di travertino. sono inoltre visibili un tratto di opera mista (295°) ed un altro in blocchi squadrati (40°). Cfr. a. toMaSSi, La casetta di Fieramosca in Trastevere, in Strenna dei Romanisti, XIII (1952), pp. 160-162. Infine, vicino a porta Portese fu visto un tratto di strada basolata che fiancheggiava una platea di lastroni di travertino (NSA 1893, p. 420).

(50) GiorGi CoSta, La topografia antica, cit., scheda n. 28. sono grato alla dott.ssa Giorgi Costa per avermi concesso di consultare la sua tesi di laurea.

Il Trastevere in età romana 17

to all’allineamento, è comunque da considerarsi non antico se ha ta-gliato l’impianto termale ritrovato negli scavi del 1849(51).

c) via anicia. l’antichità dell’asse (oggi non più rettilineo a causa della progressiva invasione della sede stradale da parte dei complessi di s. Cecilia e s. maria dell’orto), ipotizzabile per congruenza metro-logica, è confermata dal ritrovamento di un lungo tratto di basolato tra s. maria e s. Francesco(52) e ora anche dagli scavi di s. Cecilia dove è stato messo in luce un tratto di circa tre metri di pavimentazione stradale, dietro l’abside della chiesa.

d) via della luce (nominata nel Catasto Pio-Gregoriano via dei morticelli e via delle rimesse). Il lanciani ne caratterizza tutto il corso con la solita simbologia lineare “a basoli”, ma l’unica attestazione ar-cheologica viene dagli scavi del 1861 nell’orto di s. maria(53), ove era-no «basolati coincidenti con via dei morticelli». Da ricordare l’ipotesi che vi riconosce la percorrenza del Vicus Longi Aquilae, citato nella base dei vicomagistri(54)

nel settore occidentale del quartiere, oltre viale Trastevere e limi-tatamente al meglio conservato quadrante settentrionale, alcune stra-

(51) NSA 1882, p. 413; 1883, p. 209: muro in mattoni all’altezza dei nn. 18-19 di vicolo dell’atleta. Qualche anno più tardi, l. Canina (Sulle recenti scoperte fatte nel vicolo delle Palme, in Bullettino dell’Instituto di corrispondenza archeologica, 1890, pp. 108-112) scavò in prossimità del precedente rinvenimento un edificio che si estendeva sui due lati del vicolo e che interpretò come termale, datandone le strutture all’età traianea: cfr. G. SaCChi lodiSPoto, Gli scavi archeologici del vicolo delle Palme in Trastevere, in Bollettino dei Musei Comunali di Roma, XXXvI (1984), pp. 3-22. si tratta evidentemente di un complesso piuttosto consistente, anche in considerazione del pregevole materiale statuario rinvenuto in situ, che comprende tra l’altro il famoso Apoxyomenos vaticano (cfr. P. liverani, in Lisippo. L’arte e la fortuna, Catalogo della Mostra, milano 1995, p. 304). Da ricordare l’ipotesi del Canina che vi riconosceva il balneum Ampelidis (cfr. supra), per il quale però si v. la nuova proposta di identifica-zione con gli ambienti termali scoperti sotto san Cosimato: cfr. P. Mazzei, Una nuova epigrafe cit., pp. 150-151 con bibliografia precedente (in particolare J. barklay lloyd -k. bull-SiMonSen einaudi, SS. Cosma e Damiano in Mica Aurea. Architettura, storia e storiografia di un monastero romano soppresso, miscellanea della società romana di storia Patria XXXvIII,roma, 1998, pp. 34-41).

(52) NSA 1900, p. 88.(53) Bullettino dell’Instituto di corrispondenza archeologica, 1861, pp. 48-63; 74-

78; 177-179; ibid., 1862, pp. 35-37.(54) valentini-zuCChetti I, 45; l’ipotesi è in GiorGetti, Castra cit., ma contra v.

leGa, s.v. Vicus Longi Aquilae cit., p. 174.

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de attuali sembrano avere ereditato percorrenze antiche, ovviamente orientate ortogonalmente rispetto alla via Aurelia-via della lungaretta, per le quali risultano però scarse ed incerte le conferme archeologi-che. si possono segnalare, più che altro in base a riscontri metrologici (m. 70 di interasse):

e) piazza del Drago - via di montefiore. si tratterebbe della prima strada coerente con l’orientamento dell’Aurelia, delimitante sul lato est l’Excubitorium dei vigili.

f) s. Crisogono. In asse con la facciata della chiesa, è segnalato un tratto di strada basolata lungo m. 9 “orientato verso via mazzamurelli(55).

g) via di s. Gallicano: difficile affermare con certezza se le segna-lazioni di basolati tra Piazza mastai e viale Trastevere(56), lontani ma in asse con la via, siano attribuibili a questa strada o ad un’altra, ad essa ortogonale.

h) Piazza e vicolo di s. rufina.i) vicolo s. margherita e via del moro. l) via di s. Cosimatom) vicolo del Piede.n) Piazza s. egidio. Interessante, al proposito, la segnalazione di

un tratto di strada basolata che, seguendo l’orientamento della piazza, sembra immettersi su via della lungaretta(57).

Da rilevare che l’ampia curva di via della Paglia, prolunga-mento della lungaretta, sembra trovare corrispondenza con il tratto di strada rappresentato nei frr. 68 a e b(58) della lastra 37a della Forma Urbis, l’unico a presentare un andamento non coerente alla maglia regolare documentata nel resto della lastra.

Per quanto riguarda l’impianto della viabilità ortogonale al siste-ma finora esaminato, si possono segnalare le seguenti coincidenze:

1) via dei salumi. l’ipotesi di antichità di questo asse trova con-forto nella geometria della lastra 27 della Forma Urbis, ma anche nella

(55) GiudiCe, Trastevere cit. scheda 75. sono grato alla dott.ssa Giudice per avermi concesso di consultare la sua tesi di laurea.

(56) NSA 1895, pp. 248, 321, 348, 360, 460.(57) Cfr. GiudiCe, Trastevere cit., scheda 32. (58) FUR 1980, tav. XXIX.

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notizia(59) del ritrovamento di un tratto di strada basolata all’incrocio tra via dei salumi e via anicia: non è però chiaro se si tratti di un altro lacerto della via anicia antica (asse “c”) o di una via a questa ortogo-nale. Più ad ovest la situazione si confonde e non sembra proponibile l’identificazione integrale con vicolo del Buco, plausibilmente creatosi nella risulta dell’impianto di s. maria della luce. oltre viale Trastevere l’asse è interrotto prima da s. Crisogono e poi dalla mole del s. Gallicano, ma riprende - con orientamento ora parallelo alla via Aurelia - su via dell’arco di s. Callisto.

2) via dei Genovesi(60)-via G.C. santini (attestata anche come “strada anicia” o “Frangipana”). Già identificata dal lanciani (tav. 28), sembra corrispondere ad una delle strade rappresentate nella la-stra 27 della Forma Urbis marmorea. oltre viale Trastevere è attestata la presenza di un basolato sotto via mazzamurelli(61); oltre il s. Gallicano, la sua percorrenza è evidentemente ricalcata da via della Cisterna, sul cui ipotetico proseguimento si trova l’imbocco di una delle strade della lastra 37a della Forma Urbis(62). oltrepassato il com-plesso di s. Callisto, il tracciato è ricalcato da via l. masi.

3) asse del Pons Probi. si tratterebbe della via quae a Sublicio Ponte ducit ad Ianiculum secondo l’ipotesi del lanciani, che ne riporta il percorso basolato nelle tavv. 27, 28 e 34 della sua pianta. anche se questa ipotesi, come già detto, è stata messa in dubbio, l’esistenza di un ponte, sia pure più recente del sublicio, vale a giustificare la pre-senza di una strada. Gli elementi archeologici di conferma non sono molti, anche a causa dell’interruzione dovuta all’impianto del com-plesso di s. Cecilia. Più ad ovest l’allineamento è riconoscibile in vi-colo dei Tabacchi, poi in via Cardinale marmaggi e, oltre viale

(59) Registro dei Trovamenti della X Ripartizione del Comune di Roma: n. 63 della carta archeologica

(60) su amichevole e sollecita segnalazione di letizia ermini Pani, nel marzo del 1992 potevo vedere (ma non documentare perché immediatamente ricoperti) i resti di una strada basolata, venuti alla luce ad una quota di - m. 3,50 ca. durante i lavori di ristrutturazione di un esercizio commerciale al n. 39 di via dei Genovesi, allineati grossomodo al filo della facciata dello stabile, con andamento coerente a quello della strada attuale.

(61) NSA 1890, p. 31; BCom 1890, p. 68.(62) FUR 1980, p. 142.

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Trastevere, in via delle Fratte e via l. manara, già identificate con uno degli assi rappresentati nella lastra 37a della Forma Urbis(63).

Più a sud la regolarità metrologica basata sulla misura ricorrente del doppio actus continua, ma la lettura delle persistenze è disturbata dall’inserimento nel minuto tessuto edilizio della fabbrica dei Tabacchi, del complesso di s. Cecilia e del s. michele. È possibile però rilevare ancora:

4) via a. Bertani (nel settore occidentale del quartiere). la strada, già identificata con la più meridionale delle vie rappresentate nella lastra 37a(64), si attesta intorno ai m. 35 dall’asse “3”; si potrebbe tro-varne conferma nei basoli rinvenuti in prossimità dell’incrocio tra via-le Trastevere e via merry del val(65). la “traccia” si perde nel settore est per l’occlusione dovuta al complesso di s. Cecilia, oltrepassato il quale sembra però riprendere in via del Porto.

5) via della madonna dell’orto. Una documentazione archeolo-gica non sufficientemente chiara(66) potrebbe attestare l’antichità di questa via, il cui asse originario dovrebbe correre, per rispettare la modularità, poco più a nord dell’attuale: a questo proposito è interes-sante osservare che la facciata della chiesa è decisamente decentrata (verso nord, appunto) rispetto alla percorrenza viaria odierna.

ancora più a sud le tracce si perdono nel cortile della caserma di via anicia, dove la succinta documentazione di scavo (cfr. supra, nota 47) non fa cenno a strade di attraversamento: una situazione spiegabi-le in forza dell’impianto dei grandi horrea i quali, come chiaramente documentato nelle lastre adiacenti della Forma Urbis (soprattutto la 28), pur rispettando le declinazioni del piano programmatico, ne po-tevano, ovviamente, interrompere il modulo dimensionale. È possibi-le che da questo punto in poi intervenisse un ulteriore assestamento degli orientamenti, basato sul flesso della Portuensis (inquadrato dalla lastra 28), a sua volta coerente al corso del Tevere. Qui, d’altra parte, anche l’influenza delle pendici gianicolensi doveva iniziare a condizio-

(63) FUR 1980, p. 142. Cfr. ora Mazzei, Una nuova epigrafe cit., p. 171.(64) FUR 1980, p. 142.(65) NSA 1907, p. 460. Incerta è invece l’attribuzione a questa strada di un ba-

solato rinvenuto «nei pressi della Fabbrica dei Tabacchi» (NSA 1906, p. 96): potrebbe infatti essere altrimenti pertinente all’asse “d” (via della luce).

(66) NSA 1913, p. 467.

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nare l’assetto urbano, come sembrerebbe dimostrare anche l’orienta-mento dell’edificio a due corti rappresentato nella lastra 33 (fr. “b”) della Forma Urbis.

non restano tracce di regolarizzazione a sud delle mura papali: è vero che, per l’area esterna al circuito papale, la Forma Urbis docu-menta la continuità dell’ortogonalità viaria, come anche oltre il recin-to aureliano, ma già nella pianta del Bufalini la situazione appare completamente mutata (Fig. 5). l’asse di via della luce (“d”), in una zona completamente libera da costruzioni, converge infatti in direzio-ne della porta. In un disegno attribuito a marcantonio De rossi(67), posteriore alla costruzione delle mura papali, è chiaramente delineata una forchetta di tre vie, corrispondenti ai prolungamenti di via della luce, via anicia e via di s. michele, tutte convergenti a “carrobbio” sulla porta. Qualche anno dopo, nella pianta del nolli, il loro tracciato è ancora percepibile, ma ormai solo come linea di confine tra l’orto Galli, la vigna mendes e l’ortaccio degli ebrei. l’abbandono precoce del settore meridionale del quartiere era già documentato dagli scavi di via anicia, dove le ultime fasi di vita, segnate dalla presenza di una grande discarica, risalgono al Iv secolo d.C. analoghi segni di abban-dono sono attestati anche per le strutture conservate sotto il Conservatorio di san Pasquale, e attribuiti alla prima metà del v sec. d.C.: è dunque presumibile che per la zona più meridionale la fase di dismissione sia iniziata prima, in un momento comunque precedente alla costruzione delle mura aureliane, che esclusero buona parte dell’edificato attestato nella Forma Urbis marmorea. se, come recente-mente ipotizzato dal Coarelli(68), nella grande zona libera e recintata rappresentata nel margine basso della lastre 28 della Forma Urbis, è da riconoscersi la naumachia di augusto, la notizia(69) del suo abbando-no fin dall’epoca di settimio severo costituirebbe un ulteriore ele-mento per la definizione cronologica dei primi sintomi della decaden-za di questo settore.

(67) riprodotto in l. Cozza, Mura Aureliane, 2. Trastevere, il braccio meridiona-le: dal Tevere a Porta Aurelia - S. Pancrazio, in BCom, XCII (1987-88), pp. 137-174: 148, fig. 22 con rimando bibliografico in nota 46.

(68) Coarelli, Aedes cit. passim.(69) riferita da Cassio Dione (lv, 10).

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Per concludere là dove si era iniziato, e cioè dalla Forma Urbis marmorea, alcune notazioni derivanti da una ormai “datata” speri-mentazione applicativa di cartografia numerica(70), possono comun-que rivestire un certo interesse nel quadro della presente trattazione (Fig. 6).

Lastra 27. nell’ipotesi tradizionale, delineata schematicamente dal rodriguez-almeida(71), il secondo asse stradale (est-ovest) a par-tire dal margine destro della lastra coincide con il prolungamento (non più esistente) verso il Pons Probi della via delle Fratte-via l. manara (il nostro asse “3”). Di conseguenza l’isolato a monte coincide con quello moderno delimitato a nord da via dei Genovesi-via di s. maria in Cappella (asse “2”) ed anche il primo dei due angiporti cie-chi rappresentato nella Forma con direzione nord-sud si sovrappone al vicolo di s. maria in Cappella. Il risultato della georeferenziazione effettuata mediante computer di questa ipotesi di assetto topografico (Fig. 7) si dimostra valido per il ristretto contesto degli isolati così come sopra indicato. ma nella trasformazione mediata della rimanen-te superficie della lastra perde adesione con la realtà, poiché tutta la fascia edificata al di là del Tevere viene a trovarsi dentro il fiume, in una situazione ricostruttiva poco difendibile anche a voler considera-re la pur plausibile riduzione dello spazio “bianco” (la fascia del Tevere), funzionale al risparmio di marmo.

si è perciò proceduto tentando una differente ipotesi di lavoro che, come riferimento principale per la trasformazione, assume via dei Genovesi in luogo dell’asse del Pons Probi, saltando, cioè, un intero isolato (Fig. 8). la strada est-ovest che nell’ipotesi precedente corri-spondeva a via dei Genovesi viene in tal modo a coincidere con l’im-bocco di via dei salumi, mentre l’angiporto cieco nord-sud con via P. Peretti. le coincidenze si moltiplicano più a sud: la delimitazione di uno stretto isolato della Forma Urbis coincide con l’allineamento di una serie di cortili interni e con l’imbocco di una stradina di servizio; a sud di questa l’avanzamento del fronte edificato della Forma Urbis è esattamente riproposto nella topografia attuale, e l’asse di vicolo di s. maria in Cappella ricalca comunque una delle strade interne della pianta marmorea. Per quanto riguarda l’asse principale nord-sud,

(70) azzena, Topografia cit.(71) FUR 1980, fig. 42.

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cioè la via Campana, occorre rilevare come il flesso che ne incide la direttrice quasi a metà della lastra, nella nuova ipotesi trovi una buona corrispondenza nell’andamento di via dei vascellari, che piega legger-mente in direzione est subito dopo l’incrocio con via dei Genovesi. ma è soprattutto la situazione topografica generale a ricavare un migliore assestamento: coincidono la riva destra del fiume e la curvatura dell’al-veo, ed anche la sponda sinistra, sia pure ravvicinata rispetto all’attua-le, assume una posizione accettabile. Per quanto riguarda il riscontro di reciprocità fra lastre adiacenti, nella trasformazione totale del dise-gno della Forma Urbis la modifica operata non sembra causare defor-mazioni eccessive rispetto alle altre lastre “trasteverine” (28, 33-34 e 37a), e neppure rispetto alla maglia complessiva delle lastre. È questo un dato che, per la legittimazione geometrica implicita nell’automatiz-zazione delle operazioni di reimpostazione del disegno, è sufficiente a suffragare una sostanziale attendibilità dell’ipotesi proposta.

Lastra 28. alcune osservazioni marginali concernono l’edificio ro-tondo su base quadrangolare, rappresentato nel margine basso sini-stro della lastra. si è già ricordata l’ipotesi di identificazione di questo elemento con il tempio di Fors Fortuna(72) situato, secondo le fonti, al I miglio della via Campana e conseguentemente, secondo il ragiona-mento del Coarelli, in una posizione corrispondente a quella dell’edi-ficio in questione. Più di recente è stata avanzata un’ulteriore ipotesi che vi ravvisa, invece, la Mica Aurea del Trastevere(73). senza entrare qui nel merito della discussione sull’identificazione dell’edificio, la cui pianta aveva in precedenza fatto pensare semplicemente ad un sepol-cro monumentale(74), vorrei qui quantomeno sottolinearne la presumi-bile prossimità (Fig. 9) con la grande platea, lastricata di travertino e costeggiata da una larga via basolata venuta in luce e ricoperta nel 1893(75). Ciò sempre che sia corretta la mia ipotesi di collocazione, basata solo sulle succinte note di localizzazione contenute nella noti-

(72) Coarelli, Aedes cit.(73) Mazzei, Mica Aurea, cit.: secondo questa lettura si tratterebbe di una sorta

di lussuoso padiglione da convivio di proprietà di marziale (da lui stesso definita ce-natio parva: mart., II, 59), situato sul tetto “a terrazza” di un sepolcro monumentale, quale sembra essere l’edificio in questione.

(74) FUR 1960, pp. 87-88.(75) NSA 1893, p. 420.

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zia del trovamento, dove genericamente si accenna a «300 metri dalla porta Portese», lungo via Portuense. Inoltre, in uno dei tentativi di sovrapposizione assistita dal calcolatore della Forma Urbis su altre carte storiche, ho potuto rilevare la vicinanza dell’edificio della Forma Urbis (nonché della platea segnalata dagli scavi) con quello che il Bufalini, schematizzandone una pianta quadrata ma con qualche lato tondeggiante, chiama “Templum Fortune Verilis” (Fig. 10): singolare coincidenza, anche se occorre ricordare che il Bufalini dipende, per le sue notazioni “dotte”, dalle ipotesi degli “antiquari” dell’epoca(76).

Lastre 33/34. Per quanto riguarda l’edificio rappresentato al cen-tro del fr. 33a (Fig. 11), già riconosciuto come termale da r.a. staccioli(77), è da osservare la corrispondenza, rilevabile nella sovrap-posizione della Forma Urbis sulla carta archeologica, con le c.d. “ter-me di via Induno”(78), rinvenute durante la costruzione della Casa del Balilla. oltre alla possibilità di integrazione della planimetria (peraltro non pubblicata) del monumento scavato, si troverebbe qui conferma anche della datazione all’età severiana(79) dei piccoli balnea della Forma Urbis.

Da menzionare infine un’ulteriore ipotesi del Coarelli(80), che di-scende sempre dal ragionamento sulla localizzazione della naumachia: la proposta di identificazione dei castra Ravennatium con l’edificio a due corti rappresentato nel fr. 33b. Questa lettura si scontra con la già citata proposta(81) che colloca i castra (e l’urbem) Ravennatium nell’area compresa tra s. Crisogono e s. maria in Trastevere, a sud di via della lungaretta, tra via di san Francesco a ripa e viale Trastevere. Giusta

(76) In particolare dal marliano: cfr. G. azzena, L’indagine topografica e la carto-grafia archeologica, in Il Mondo dell’Archeologia, roma 2001, pp. 149-152.

(77) StaCCioli, Terme minori cit.(78) BCom 1934, p. 177; GiGli, Guide cit., Iv, p. 186: si tratta di resti di un edi-

ficio di età imperiale, identificato come termale anche per la presenza di un mosaico b/n con figure marine e di un ambiente con praefurnium.

(79) la datazione all’età severiana è supportata dal rinvenimento di bipedali bol-lati (CIL Xv, 1090a, 163, 194).

(80) Coarelli, Aedes cit., pp. 51-52. Per l’identificazione con una “caserma” dell’edificio a due corti si v. già FUR 1980, p. 119.

(81) Così GiorGetti, Castra cit., pp. 237-239; cfr. ora G. de SPirito, s.v. Domus Pontiani, in Lexicon Iv, p. 162.

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quest’ultima lettura, resterebbe comunque la possibilità che nel carat-teristico edificio siano da riconoscere i castra Lecticariorum.

Lastra 37A. sono state verificate alcune coincidenze di assi strada-li già intuite dal rodriguez-almeida(82). Confermate - per costruzione - quelle di via Bertani e via manara con le due strade con percorrenza est-ovest rappresentate nel fr. 37a-l, la trasformazione delle geome-trie della Forma ha inoltre permesso di individuare:

- via della Cisterna, o meglio la sua direttrice ricostruita all’inter-no del complesso di s. maria e s. Callisto, con la strada rappresentata nei frr. 37a-g e 37a-d che va a confluire con un incrocio a T nella strada nord-sud del frammento 37a-c;

- curva di via della Paglia, che potrebbe corrispondere alla strada che converge in diagonale sul quadrivio leggibile nel fr. 37a-b;

- il complesso di s. maria ha invece cancellato la lunga direttrice intermedia con andamento est-ovest rappresentata nei frr. 37a- i, h, e, c, a.

si conferma in generale l’impressione di una diffusa regolarità, con isolati compresi in un modulo basato sul doppio actus, nel quale sono ritagliati isolati più stretti da strade intermedie a distanza di un actus(83): anche se sembrano sopravvivere soprattutto gli assi principa-li, è interessante notare come in tutti i pur rari casi di persistenza delle vie “minori” (ad esempio il vicolo di s. maria in Trastevere rispetto a via della lungaretta, ma anche via dell’arco di s. Callisto o via Bertani rispetto a via manara), l’interasse si attesti sempre intorno ai 35 metri.

(82) FUR 1980, pp. 140-143 e fig. 42.(83) Come archeologicamente attestato, ad esempio, negli scavi del Conservatorio

di san Pasquale (cfr. supra), durante i quali sono stati individuati tre edifici abitativi «separati da strade interne».

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Fig. 1. Interpolazione ricostruttiva dell’orografia del Trastevere, con equidistanza a 1 mt. per una migliore evidenziazione della morfologia poco pronunciata. sono indicati i due assi stradali ipotizzati come originanti del sistema urbanistico antico

Fig. 2. la piazza di Ponte rotto raffigurata dal Catasto Pio Gregoriano, nel confron-to con l’attuale situazione della viabilità (in grigio). risultano evidenti le demolizioni connesse all’apertura del lungotevere, con la scomparsa della chiesa di san salvatore de pede pontis.

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Fig. 3. la ricostruzione della maglia viaria antica in sovrapposizione alla raffigurazione, tratta dal Catasto Gregoriano, degli impianti ecclesiali, dei quali è evidente l’adeguamento ai due sistemi di declinazione dell’originaria pianificazione.

Fig. 4. la ricostruzione dell’impianto urbanistico antico sovrapposta alla topografia attuale.

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Fig. 5. Il settore meridionale del Trastevere, nel triangolo compreso tra le fortificazio-ni aureliane e quelle papali: nella rappresentazione del Bufalini (1), in un disegno attribuito a m. De rossi (2) e nella pianta del nolli (3) (per i riferimenti cfr. nota 67). risulta evidente la con-fluenza delle strade “a car-robbio” verso la porta delle mura imperiali; nell’ultima raffigurazione, la “forchet-ta” di strade una volta im-portanti, è ormai costituita da stradelli di servizio, tra vigne e orti.

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Fig. 6. la sovrapposizione delle lastre della Forma Urbis che assicurano la copertura della Regio XIV, sulla topografia attuale (per la procedura di trasformazione delle geometrie cfr. azzena, Topografia cit., passim).

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Fig. 7. la posizione della lastra 27 rispetto alla topografia attuale, secondo l’ipotesi tradizionale (cfr. fig. 8).

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Fig. 8. la nuova proposta di posizionamento della lastra 27 rispetto alla situazione topografica attuale (cfr. fig. 7)

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Fig. 9. Particolare della sovrapposizione tra carta archeologica attuale (il n. 49, con simbolo), la “car-ta archeologica” del Bufalini (campitura scura) e il disegno della Forma Urbis, per l’evidenziazione della posizione del c.d. tempio di Fors Fortuna.

Fig. 10. Ingrandimento della pianta del Bufalini (lo spezzone è orientato come la fig. 9).

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Fig. 11. Particolare della sovrapposizione tra carta archeologica attuale, e il disegno della Forma Urbis, dove si evidenza la coincidenza tra l’impianto termale rappresentato nella Forma e la posizione (pur-troppo non meglio dettagliabile) delle terme “di via Induno”, scavate nel 1934 (il n. 48, con simbolo).