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Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per le Pari Opportunità Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali
Rassegna Stampa
MO NITOR AG G IO E AP P RO FO ND IME NTO
DE I FE NO ME NI D ISC R IM INATO R I NE I MED IA E SU L W EB
Anno IV
Roma, 20 Luglio 2015
Pagina 2
Anno IV
20 Luglio 2015
A cura di:
Fernando Fracassi
(Resp. Comunicazione
Contact-Center)
In collaborazione con:
Francesca Cerquozzi
Monica D’Arcangelis
Alessandro Tudino
Se vuoi segnalarci delle
iniziative scrivi a:
UNAR—Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali - ANNO IV - 20 Luglio 2015
Design: Fernando Fracassi
Rassegna Stampa MONITORAGGIO E APPROFONDIMENTO
DEI FENOMENI DISCRIMINATORI NEI MEDIA E SUL WEB
U n'Europa, è proprio
il caso di dirlo sta-
volta, “all'altezza della si-
tuazione” contro discrimi-
nazioni etniche e razziali.
Anche quelle più bizzarre,
inaspettate e sottili. Come
accaduto a Dupnitsa, in
Bulgaria. Dove, tra il 1999
e il 2000, l’azienda CHEZ
RB ha deciso di installare i
contatori elettrici su pali di
cemento, a sei o sette me-
tri d'altezza, solo e soltan-
to nel quartiere a maggio-
ranza rom di Gizdova ma-
hala. Contro il canonico
metro e settanta adottato
nel resto della città (nella
maggior parte dei casi di-
rettamente presso i consu-
matori o sulla facciata o
sui muri di recinzione).
Ciò, si difende l'azienda,
per evitare manomissioni
e allacciamenti abusivi alla
rete elettrica. Peccato che
l'iniziativa contrasti pale-
semente con una direttiva
dell’Unione sulla parità di
trattamento contraria a
qualsiasi discriminazione
fondata sulla razza o sull’-
origine etnica per quanto
riguarda l’accesso ai beni e
ai servizi e la loro fornitu-
ra. E oggi lo ha certificato
con una sua sentenza an-
che la Corte di giustizia
dell’Unione europea.
Censurando in generale
l’iniziativa dell’azienda bul-
gara e rilevando, in primo
luogo, come il principio
della parità di trattamento
si applica non solo alle
persone aventi una deter-
minata origine etnica, ma
anche a quelle che, pur
non appartenendo all’et-
nia, subiscono insieme alle
prime un trattamento me-
no favorevole o uno svan-
taggio particolare a causa
di una misura discrimina-
toria. Già, perché ad adire
le vie legali non è stata la
comunità rom, bensì la
signora Nikolova, titolare
di un negozio di alimentari
nel quartiere di Gizdova
Mahala. La quale, pur non
essendo di origini rom, nel
2008 ha presentato un
reclamo presso la Komisia
za zashtita ot dikriminatsia
(Commissione per la dife-
sa contro la discriminazio-
ne o «KZD»), sostenendo
di essere anch'essa vittima
di una discriminazione,
dato che l’installazione dei
contatori in un luogo inac-
cessibile era dovuta al fat-
to che la maggior parte dei
residenti del quartiere in
questione fosse di origine
rom.
ROM, CONTATORI ELETTRICI AD ALTEZZA INACCESSIBILE? PER LA CORTE UE È
DISCRIMINAZIONE La Corte di giustizia dell'Unione Europea dichiara non conformi alle direttive eu-
ropee alcuni lavori eseguiti in un quartiere a maggioranza rom di Dupnitsa
(Bulgaria), effettuati per evitare manomissioni e allacciamenti abusivi. Le sen-
tenza su denuncia di una signora, titolare di un negozio
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La tesi è stata avallata in pieno
dalla KZD, ma la CHEZ RB ha pro-
posto immediatamente ricorso
dinanzi all’Administrativen sad
Sofia-grad (Corte amministrativa
di Sofia, Bulgaria), la quale a sua
volta ha interpellato la Corte di
giustizia. E il parere, come visto, è
stato inequivocabile.
La sentenza invita la Corte ammi-
nistrativa di Sofia, innanzitutto, a
prendere in considerazione il fatto
che i lavori contestati sono stati
eseguiti soltanto laddove la popo-
lazione è composta in proporzione
maggioritaria da cittadini bulgari
di origine rom. Inoltre secondo la
Corte di giustizia, le accuse di
danni e allacciamenti illegali rivol-
te dalla CHEZ RB esclusivamente
ai rom, dinanzi alla KZD, suggeri-
scono che le installazioni ad hoc
nel quartiere di “Gizdova mahala”
si fondino su stereotipi o pregiudizi
di ordine etnico.
Il giudice bulgaro, aggiunge la
Corte, dovrà anche tenere conto
del carattere generalizzato dell’in-
nalzamento dei contatori. Una de-
cisione che, secondo i giudici euro-
pei, può essere infatti percepita
come denigratoria e offensiva dal-
l’intera comunità residente, dipinta
nel suo complesso come potenzial-
mente criminale e immeritevole di
poter consultare il proprio contato-
re per verificare i consumi.
Ma la Corte va persino oltre, prefi-
gurando un’ipotesi di discrimina-
zione indiretta. Supponendo che
sia stata posta in essere esclusiva-
mente al fine di contrastare gli
abusi commessi in quel quartiere –
spiegano i giudici – tale prassi si
baserebbe su criteri apparente-
mente neutri incidendo in misura
notevolmente maggiore sulle per-
sone di origine rom. Pertanto, es-
sa comporterebbe uno svantaggio
per tali persone rispetto ad altre di
altra origine etnica. La decisione,
insomma, non sarebbe lecita nep-
pure se presa in buona fede.
Dunque, è necessario che la CHEZ
RB riesca a dimostrare che sui
contatori elettrici del quartiere
interessato sono stati effettiva-
mente commessi abusi e che tale
rischio continua a sussistere tutto-
ra. In caso contrario, pur ricono-
scendo che la prassi contestata
costituisce un mezzo adeguato per
realizzare tali obiettivi, ci si trove-
rebbe comunque di fronte a prov-
vedimenti sproporzionati ed ecces-
sivamente stigmatizzanti. Al giudi-
ce bulgaro spetterà ora risolvere la
causa conformemente alla decisio-
ne della Corte e valutare se esista-
no altre misure appropriate e me-
no restrittive per risolvere i pro-
blemi riscontrati. Anche se, forse,
quando si parla di razzismo, vale
sempre la parafrasi di un vecchio
motto: fatta la legge (o la senten-
za), trovata la nuova discrimina-
zione. (mp)
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O dio razziale, minacce, violazione della legge
Mancino. Sono queste le accuse con cui il gup
di Roma ha rinviato a giudizio venticinque persone
ritenute vicine al movimento di estrema destra Stor-
mfront. Secondo il pm gli imputati avrebbero pubbli-
cato sulla sezione italiana del forum 'Stormfront' post
contro immigrati, ebrei e responsabili istituzionali tra il
2011 e il 2012.
La decisione di oggi è arrivata al termine dell'udienza
preliminare conclusasi con il patteggiamento di altri
sei imputati (a pene comprese tra i 7 mesi e l'anno e
mezzo di reclusione) e con la condanna di altri due (a
8 mesi ciascuno) che avevano optato per il rito abbre-
viato. Il processo è stato fissato dal giudice Giovanni
Giorgianni al prossimo 15 dicembre davanti alla prima
sezione penale.
Due imputati, senza precedenti penali, sono stati mes-
si alla prova con relativa sospensione del procedimen-
to, mentre due sono stati assolti e uno prosciolto per
mancanza di querela. "Siamo soddisfatti del provvedi-
mento del giudice, confidiamo che dal dibattimento
possa emergere la gravità degli episodi contestati",
hanno commentato gli avvocati Daniele Stoppello e
Luciano Daffarra, difensori dei giornalisti Marco Pa-
squa ed Enrico Sassoon che si sono costituiti parte
civile assieme allo scrittore Roberto Saviano e al sin-
daco di Lampedusa Giusi Nicolini. "Non condividiamo
le risposte giuridiche in tema di giurisdizione trattan-
dosi di reati commessi all'arresto", ha replicato l'avvo-
cato Arianna Agnese, che assiste uno degli imputati.
Secondo il pm Luca Tescaroli, tra il 2011 e il 2012 gli
imputati avrebbero pubblicato sulla sezione italiana
del forum 'Stormfront' (sito ospitato su un server stra-
niero) numerosi post contro immigrati, ebrei e vari
responsabili istituzionali.
Un primo processo si era concluso con la condanna di
4 persone che gestivano il sito web. Le pene inflitte in
primo grado erano state poi ridotte in appello per Da-
niele Scarpino, ritenuto l'ideologo del gruppo, a due
anni e mezzo di reclusione (in primo grado aveva avu-
to tre anni); a due anni e due mesi ciascuno Diego
Masi e Luca Ciampaglia (in primo grado due anni e
mezzo ciascuno), e Mirko Viola (in primo grado due
anni e otto mesi).
(fonte http://roma.repubblica.it/)
ANTISEMITISMO: STORMFRONT, 25
RINVIATI A GIUDIZIO A ROMA,
PATTEGGIANO IN SEI
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"S e vedete Montezemolo in giro per la Sarde-
gna ringraziatelo per il trattamento riservato
alla Sardegna e ai Sardi. Settantanove euro da tutta
Italia verso l'Europa, esclusi tutti gli aeroporti sardi.
Una discriminazione ignobile di chi continua a conside-
rare la Sardegna un bancomat da spremere e dove
speculare a piene mani". Il deputato di Unidos Mauro
Pili denuncia la nuova campagna Alitalia che introduce
la "tariffa light", dedicata a chi viaggia col solo baga-
glio a mano in Italia e in Europa, disponibile per voli a
partire dal 14 settembre, che però esclude la Sarde-
gna perché in regime di continuità territoriale. "Tutta
l'Europa può viaggiare verso l'Italia, Sardegna esclu-
sa. Una discriminazione - sottolinea l'ex governatore -
senza alcun tipo di giustificazione. Uno schiaffo alla
Sardegna con il silenzio di chi amministra la Regione
dedito a coprire queste vergogne". Nell'annunciare la
nuova proposta commerciale Alitalia - spiega Pili - ha
scritto a chiare lettere esclusi gli aeroporti in regime di
continuità territoriale. Per poi esplicitare quello di Ca-
gliari e Alghero. "Si tratta non solo di una discrimina-
zione vergognosa - dice - Ma anche di pubblicità in-
gannevole, visto che nei titoli della promozione euro-
pea si parla di collegamento con l'Italia ma poi nelle
piccole postille si aggiunge che sono escluse le rotte
sugli aeroporti in
continuità territo-
riale". "Alitalia
continua a pensare
alla Sardegna -
conclude il parlamentare - solo come terra in cui fare
cassa. Guadagna speculando sulla condizione insulare
e per giunta con la vergognosa complicità di una clas-
se politica regionale di destra e sinistra che foraggia
questo sistema con 50 milioni di euro all'anno del tut-
to ingiustificati considerato che le rotte da e per la
Sardegna non hanno bisogno di alcuna compensazio-
ne".
(Fonte ANSA)
Etnico/razziale
PILI, TARIFFA ALITALIA DISCRIMINA
SARDI
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L a chiameremo M. Quando arriviamo davanti alla
tenda dove è stata sistemata dal Comune di Co-
senza, non la troviamo. Ci dicono che è all'obitorio,
per vedere la bambina che ha perso al settimo mese
di gravidanza. La madre ci racconta la sua storia. La
ventisettenne rom ha altri due figli e quando era alla
baraccopoli sulle sponde del Crati la sua gravidanza
procedeva normalmente. Dopo lo sgombero e lo spo-
stamento della comunità rom al campo d'emergenza,
è finita in una delle tende bianche della protezione
civile, insieme ai suoi due figli. "Diceva che stava ma-
le. Che aveva caldo", dice la signora. "E ha perso la
bambina che portava in grembo".
Quella di M. è una delle storie in cui ci si imbatte, nel-
la tendopoli rom allestita dal comune di Cosenza, a
Vaglio Lise. Un insediamento temporaneo che si affac-
cia sulla stazione dei treni della città di Telesio.Qui, da
venti giorni, quattrocento persone vivono sotto le ten-
de della protezione civile, incastonate sull'asfalto ro-
vente. Ieri la "Fondazione Romanì Italia" ha annuncia-
to di aver presentato un esposto alla Procura di Co-
senza, in cui chiede di accertare la presenza dei reati
di "discriminazione, odio o violenza per motivi razziali,
etnici, nazionali o religiosi". Si chiede, inoltre, "di ac-
certare sia le cause della morte della bambina, sia
eventuali reati commessi dal Comune di Cosenza nella
realizzazione della tendopoli e nella gestione e trasfe-
rimento delle persone nella stessa tendopoli".
Nell'esposto il presidente della Fondazione, Nazzareno
Guarnieri, mostra perplessità per l'allestimento delle
circa 40 tende per 400 persone, per l'uso di brande
senza materasso, la mancanza di frigoriferi e per i
malesseri che colpiscono i bambini, quotidianamente.
Quando all'indomani dello sgombero al sindaco, Mario
Occhiuto, è stato chiesto se avesse previsto, per i ne-
onati, i bambini piccoli, gli anziani ammalati e le don-
ne incinta, soluzioni abitative diverse dalle tende la
sua risposta è stata lapidaria: "Dove stavano prima
non stavano meglio". E sono molte le perplessità sol-
levate dalle associazioni. "Doveva esserci il presidio
medico", afferma Luigi Bevilacqua dell'associazione
"Lav Romanò".
Ci indica un enorme tendone. "Ma in realtà non c'è
mai stato. Mi chiedo se la presenza di un medico a-
vrebbe potuto evitare la tragedia vissuta dalla ragazza
che ha perso la bambina". Girando per il campo ci si
imbatte in gruppi di bambini spettinati che si rincorro-
no. "Siamo trattati come gli animali!", ci dice una si-
gnora di origini rumene. "Nelle tende fa caldo, non si
può proprio stare".
In questi giorni l'afa sta rendendo più dura la perma-
nenza in quelle tende di plastica. E le decine di tele-
camere sono puntate persino verso le poche docce da
campeggio allestite al centro del piazzale. Una misura
necessaria, si legge in una nota del Comune. "Ad an-
dar via, soprattutto i cittadini rom che mal sopporta-
vano il sistema di controllo dell’attuale area di trasferi-
mento, particolarmente dediti ad attività illegali come
Etnico/razziale
TENDOPOLI ROM DI COSENZA, ESPOSTO IN
PROCURA DELLA FONDAZIONE ROMANÌ
Quattrocento persone vivono sotto le tende della protezione civile. La storia di M. che ha perso una
bimba al settimo mese di gravidanza. L’associazione chiede di accertare i reati di "discriminazione,
odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi"
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l’accensione di fuochi nocivi e il favoreggiamento della
prostituzione minorile". Le associazioni si recano sul
posto quotidianamente, per cercare di fare proposte
alternative alla tendopoli. "Dicono di aver finalmente
portato un frigorifero" aggiunge Luigi Bevilacqua, "ma
ogni volta che vado al campo io non lo trovo! Pare che
molti bambini abbiano la gastroenterite proprio per-
ché, con questo caldo insopportabile, il cibo va subito
a male". Se fino a qualche tempo fa il dopo-tendopoli
era avvolto nella cortina del mistero, a fare chiarezza
è la nota del sindaco. "Oggi abbiamo un unico campo
di protezione civile allestito in sicurezza da ogni punto
di vista. Non ci saranno più rischi per la salute e l’igie-
ne dei cittadini. Abbiamo inoltre contezza del fatto, a
proposito di sicurezza delle persone, che sono andati
via i rom più pericolosi e dunque ora quelli che davve-
ro intendono integrarsi dovranno provvedere a cercar-
si un’abitazione e lasciare in pochi mesi le tende, visto
che la permanenza nel campo è temporanea e ha le
sue regole".
(fonte http://www.redattoresociale.it)
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L a mattina del 16 luglio pas-
sato, ignoti hanno postato
nel gruppo Facebook di Abitanti di
Campi Bisenzio post e commenti
contenenti frasi ingiuriose, volgari
e razziste rivolte ai cittadini e all’-
Amministrazione utilizzando un
falso profilo del consigliere comu-
nale di SEL Angelo Hu, del quale
sono state anche indebitamente
utilizzate alcune fotografie che lo ritraevano con altre
persone. Dopo diverse segnalazioni, i post sono stati
rimossi nel primo pomeriggio, presumibilmente dall’-
autore o dagli autori. Del fatto è stata sporta denuncia
alla Forze dell’ordine per sostituzione di persona.
“L’episodio di questa mattina – sottolinea Hu – è par-
ticolarmente grave perchè ha leso la mia reputazione
personale e la mia attività istituzionale. Ho ricevuto
diverse segnalazioni da conoscenti tratti inizialmente
in inganno e rimasti, ovviamente, allibiti di fronte a
volgarità e parole assolutamente inaccettabili ed e-
stranee al mio modo di fare politi-
ca e alla mia persona. Per creare
il falso profilo, inoltre, sono state
utilizzate foto che mi ritraggono
con altre persone, loro malgrado
coinvolte in questa vicenda”. “La
critica, anche la più dura, e la sa-
tira feroce sono sempre ben ac-
cette, tant’è che non ho mai op-
posto alcuna obiezione a chi mi ha
fatto bersaglio di alcune trovate goliardiche su Face-
book – prosegue Hu – Questa mattina, però, non sia-
mo andati soltanto oltre, siamo andati altrove, siamo
partiti dal cattivo gusto e finiti in un certo tipo di qua-
lunquismo razzista che non possiamo in alcuna manie-
ra accettare”.
(fonte http://www.gonews.it)
INSULTI E FRASI RAZZISTE SUL PROFILO
FACEBOOK DEL CONSIGLIERE ANGELO HU.
SCATTA LA DENUNCIA
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Disabilità
UNA SFIDA ALL’INSEGNA DELL’INCLUSIONE,
DAL TRENTINO ALL’EXPO
Q uindici persone con disturbi dello spettro
autistico e altre disabilità intellettive, felice-
mente impegnate in un ristorante del Tren-
tino: una scommessa vinta e una sfida tutta
all’insegna dell’inclusione, i cui esiti sono stati talmen-
te positivi, da meritarsi in questi giorni un posto su un
palcoscenico prestigioso come quello dell’Expo di Mila-
no, durante la conferenza stampa significativamente
intitolata “Quando il cibo dà gusto alla vita. Storie di
reinserimento sociale e lavorativo”
Si chiama Dal Barba ed è a Villalagarina, in provincia
di Trento, il ristorante in cui opera un gruppo di perso-
ne con autismo e altre disabilità intellettive, che ha
scommesso sull’inclusione lavorativa. Infatti, la Coo-
perativa Sociale La Ruota, in collaborazione con la
Fondazione Trentina per l’Autismo, ha rilevato l’attivi-
tà nel novembre del 2013, con l’obiettivo appunto di
creare un luogo in cui ragazze e ragazzi con disabilità
potessero fare esperienze lavorative in un contesto di
normalità. È nato così il Progetto Chance, che a qual-
che anno dall’inaugurazione si può ormai considerare
come una scommessa vinta.
Dall’aiuto cuoco al personale di sala, sono circa quin-
dici le persone con disabilità (disturbi dello spettro
autistico, sindrome di down e altro), che danno una
mano a portare avanti il locale: una squadra affiatata
in cui lavorano “spalla a spalla e cuore a cuore” giova-
ni “normodotati” e giovani con disabilità.
Davide, 27 anni e un disturbo dello spettro autistico, è
l’aiuto cuoco specialista in risotti – che crea di volta in
volta con i prodotti di stagione – ed è un amante dei
dolci. Simone, 41 anni, persona con autismo, prende
le ordinazioni ai tavoli, mentre a sparecchiare e lavare
i piatti ci pensa Leo, 20 anni, anch’egli persona con
autismo. «Abbiamo sostenuto l’idea del ristorante –
sottolinea la madre di Susanna, giovane di 30 anni
con sindrome di Down che lavora come cameriera nel
ristorante – perché è difficile trovare luoghi dove i no-
stri figli possano fare questo tipo di esperienza. Oggi
possiamo dire che è un’iniziativa pienamente riuscita,
innanzitutto perché è un luogo in cui le persone si
sentono protagoniste: tutte le attività, infatti, vengono
valutate a seconda delle loro capacità e nessuno si
sente forzato a fare quello che non vuole. E poi il rap-
porto è assolutamente paritario. Quello che si cerca di
fare è insomma di valorizzare le persone, per renderle
autonome e aumentarne l’autostima. E i risultati si
vedono anche a casa».
Una sfida, dunque, dagli esiti tanto positivi al punto da
meritarsi in questi giorni un posto su un palcoscenico
prestigioso come quello dell’Expo di Milano. Il gruppo
del Ristorante Dal Barba, infatti, è stato protagonista
il 16 luglio alla conferenza stampa intitolata Quando il
cibo dà gusto alla vita. Storie di reinserimento sociale
e lavorativo, organizzata dall’INAIL e dal magazine
web dell’Istituto «SuperAbile».
Vi sono intervenuti anche Giovanni Coletti, presidente
della Fondazione Trentina per l’Autismo e Rachele
Gottardi, responsabile del progetto, alla presenza del
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viceministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Fore-
stali Andrea Olivero e del direttore centrale delle Pre-
stazioni Sanitarie e del Reinserimento dell’INAIL Gio-
vanni Paura. «Sono tutti molto fieri di quello che fan-
no – ha sottolineato per l’occasione Rachele Gottardi –
e ben inseriti. Si vede che stanno meglio e che hanno
conquistato una fiducia in se stessi che prima non a-
vevano». Da ricordare in conclusione che le persone
coinvolte partecipano al progetto come volontari, ma
la prospettiva a breve termine è di attivare dei tirocini
con l’Agenzia del Lavoro e arrivare all’assunzione part-
time di almeno alcuni di loro.
«Il clima è molto bello – dichiara ancora Gottardi—
anche se all’inizio non è stato facile. I clienti appena
arrivano si trovano spiazzati, ma poi entrano subito in
confidenza con il nostro personale “speciale”. E in tan-
ti, andando via, ci ringraziano per l’esperienza che gli
abbiamo fatto vivere». (S.B.)
(fonte http://www.superando.it/)
Disabilità
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A lmeno due premesse sono necessarie per capire
di cosa stiamo parlando. Per la prima di esse
citiamo l’ottima guida realizzata dall’Associazione Blin-
dsight Project, Tutto sul cane guida (e i suoi amici
umani), che incomincia semplicemente così: «La pri-
ma cosa da non dimenticare mai è che il cane guida
che accompagna la persona disabile della vista (cieco
o ipovedente) non può essere separato dallo stesso in
quanto considerato “ausilio per persona disabile”; è
quindi tutelato dalla legge (n. 37 del 1974, integrata
dalla Legge n. 60 dell’8 febbraio 2006 pubblicata nella
G.U. n. 52 del 3 marzo 2006), che garantisce OVUN-
QUE SENZA LIMITAZIONE l’ingresso GRATUITO al ca-
ne guida che accompagna disabile visivo anche dove i
cani normalmente non sono ammessi […]. La tra-
sgressione di tale legge comporta una sanzione da €
500 a € 2.500, e non va esclusa l’eventuale denuncia
da parte della persona disabile per discriminazione
(legge 67/2006) pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.
54 del 6 marzo 2006) [grassetto nostro nella citazio-
ne, N.d.R.]». La seconda premessa è più generale e
riguarda ciò che può essere rintracciata in un qualun-
que manuale di diritto, alla voce Gerarchia delle fonti.
Si parla cioè dell’ordinamento giuridico italiano e della
pluralità di fonti che lo compongono. Ebbene, scriverle
in un certo ordine (Costituzione – Leggi Ordinarie –
Leggi Regionali – Regolamenti – Usi e Consuetudini)
non è casuale, ma implica una gerarchia ben precisa
di esse e la fonte di grado inferiore – ovvero quella
che viene dopo – non può per nessun motivo contra-
stare con quella di grado superiore.
A margine di questa seconda premessa, è necessario
infine precisare che cosa sia l’USTIF: si tratta dell’Uffi-
cio Speciale Trasporti a Impianti Fissi, organo periferi-
co del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Alla luce pertanto di queste premesse, a mo’ di un
classico problema matematico, il quesito è: lascia più
perplessi un Dirigente Ministeriale che propone di isti-
tuire un gruppo di lavoro per applicare una Legge Na-
zionale, oppure un Sindaco che anziché doverosamen-
te applicare quella stessa Legge Nazionale, ritiene tale
parere ministeriale un proprio successo e lo presenta
pubblicamente come tale?
A questo punto, per non rischiare di confondere i Let-
Disabilità
SCALE MOBILI E CANI GUIDA: TRA IL
DIRITTO E IL PARADOSSO
Non è ancora risolta la questione della scala mobile che porta al centro storico di Belluno, divenuta
una sorta di “simbolo” della battaglia, da parte delle persone con disabilità visiva, per il libero acces-
so insieme al proprio cane guida, ovunque ci si trovi. Raccontiamo i più recenti sviluppi di una vicenda
alla quale, a detta di molti, non sarebbe poi così difficile trovare una soluzione: «Esiste una legge.
Semplicemente la si applichi», sottolinea infatti il Presidente dell’UICI di Treviso
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tori con troppe premesse e quesiti, è il caso di entrare
nel problema specifico, che già il nostro giornale sta
seguendo da molti mesi. Ricapitoliamo rapidamente la
vicenda.
In sostanza, come avevamo ampiamente raccontato
sin dall’inizio, il Comune di Belluno aveva vietato alle
persone con disabilità visiva di salire con il proprio
cane guida sulle scale mobili che portano al centro
storico della città, motivando tale decisione con
«ragioni di sicurezza» e appellandosi anche al parere
dell’USTIF, secondo il cui regolamento quella stessa
decisione sarebbe stata del tutto corretta. Il tutto in
palese violazione delle Leggi nazionali vigenti (la citata
Legge 37/74, aggiornata dalla Legge 60/06), che ob-
bligano appunto – come sottolineato nella prima pre-
messa – ad accogliere gli stessi cani guida in ogni luo-
go pubblico o aperto al pubblico. E una Legge – come
abbiamo ricordato con la seconda premessa – sopra-
vanza senza alcun dubbio un Regolamento, pur se
emanato da un Ministero.
Alla fine di maggio, come avevamo poi riferito, un co-
spicuo gruppo di persone con disabilità visiva, prove-
niente da varie città d’Italia, insieme ai loro cani gui-
da, si era recato ai piedi della discussa scala mobile di
Belluno, chiedendo di salire, nel rispetto delle Leggi, e
con il pacifico intento dimostrativo «di far vedere che
gli animali sono perfettamente in grado di prendere le
scale mobili in tutta sicurezza, oltre che per rivendica-
re la libertà di movimento e il rispetto della dignità».
Ciò aveva portato al blocco dell’impianto, da parte
della Società che gestisce l’impianto, e addirittura all’-
arrivo della Polizia, lasciando comunque la situazione
al punto di prima, tra polemiche varie e preannunciate
azioni legali.
Quali sono dunque le novità di questi ultimi giorni?
Leggiamo dalla pagina Facebook del sindaco di Bellu-
no Jacopo Massaro: «Finalmente qualcosa si muove:
verrà costituita una commissione tecnica mista
(ministero dei trasporti / ministero della salute) per
studiare come certificare l’addestramento di quei cani
in grado di salire sulla scala mobile di Lambioi in tota-
le sicurezza per sé e per gli altri. […] Siamo solo agli
inizi, ovviamente, ed il percorso sarà ancora lungo,
ma qualcosa finalmente si muove». Allegata viene
riportata l’immagine di un brano ricevuto da Virginio
Di Giambattista, direttore generale del Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, che scrive: «[…]
l’U.S.T.I.F. di Venezia ha confermato di aver già co-
municato al Comune di Belluno, fra l’altro, che l’art. 6
del DM 18/09/1975 al comma 1 prevede espressa-
mente il “divieto di posare … cani…” sui gradini di sca-
le mobili [ancora la citazione di un Decreto Ministeria-
le, gerarchicamente inferiore, come detto, a una Leg-
ge Ordinaria, N.d.R.]. Questa Direzione Generale ritie-
ne, comunque, che per i cani guida possa prevedersi
una particolare normativa in considerazione delle loro
peculiari attitudini di guida a persona non vedente.
Pertanto questa Direzione Generale propone di istitui-
re un apposito gruppo di lavoro con la partecipazione
del Ministero della Salute con la finalità di predisporre
congiuntamente una norma in materia. Ovviamente,
per le finalità di cui sopra, è necessario che siano indi-
viduate apposite strutture in grado di rilasciare speci-
fici certificati d’idoneità all’accesso di scale mobili per
cani guida a seguito di un congruo periodo di adde-
stramento».
«Un apposito gruppo di lavoro»? «Apposite strutture
in grado di rilasciare specifici certificati d’idoneità»?
Parole che non fanno altro che riportarci al quesito
iniziale: lascia più perplessi un Dirigente Ministeriale
che propone di istituire un gruppo di lavoro per appli-
care una Legge Nazionale, oppure un Sindaco che pre-
senta tale parere come un proprio successo?
A questo punto crediamo che la puntata finale della
vicenda sia ancora ben lontana dall’essere scritta, e
potrebbe certamente prevedere ulteriori sviluppi lega-
Disabilità
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li. Da parte nostra, oltre a continuare a informare nel
modo più ampio possibile – come avevamo fatto ad
esempio grazie a Fabrizio Marini dell’UICI di Roma,
che su queste stesse pagine, con solidi argomenti,
aveva spiegato come per «i ciechi e gli ipovedenti u-
sufruire di scale mobili, rampe mobili e tapis roulants
senza l’uso della vista non sia mai stato un problema,
né mai lo sarà» – preferiamo dare la parola a Massimo
Vettoretti, presidente dell’UICI di Treviso, che con
caustica plasticità, ai limiti del paradosso, commenta
così i più recenti sviluppi: «Quella scala mobile o im-
pianto a fune è già illegale di per sé. Dal 1986, infatti,
è assolutamente illegale costruire qualunque opera
pubblica che non rispetti i canoni di accessibilità. Dal
1992, poi, esiste l’obbligo di dichiarare inagibili e ina-
bitabili le strutture pubbliche che non siano state rea-
lizzate tenendo conto di requisiti di accessibilità. Se
volessimo fare applicare alla lettera tutte le norme
relative, quell’impianto andrebbe chiuso. Ma noi non
chiediamo niente di tutto questo. Noi chiediamo sem-
plicemente di accedervi. Esiste una legge che ci per-
mette di farlo e che obbliga le Amministrazioni a per-
mettercelo. Adesso vien fuori che bisogna creare una
commissione… Una commissione? Per decidere se una
legge dev’essere applicata oppure no? Dobbiamo fare
certificare i cani guida per salire sulla scala mobile di
Lambioi? Poi magari qualche dirigente scolastico ci
chiederà un “certificato di natura docile” per accedere
alle scuole. Magari il direttore di un ospedale ci chie-
derà un “certificato sanitario” per andare agli ambula-
tori specialistici, qualche comandante di nave vorrò un
certificato che attesti che il nostro cane, in caso di
emergenza, “sa nuotare” o il comandante di un aereo
pretenderà un certificato che dimostri che il nostro
cane è “addestrato a non soffrire di vertigini”… Esiste
una legge. Semplicemente, la si applichi». Cos’altro
aggiungere? (Stefano Borgato)
(fonte www.superando.it)
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STRATEGIA LGBTQ: GENITORI,OCCHI
AI DETTAGLI
C ome giornale abbiamo scritto, detto, spiegato
in mille modi…. qui trovate la conferma: IL
GENDER C’E’ NEL DDL SCUOLA
PAOLA CONCIA SU DDL CIRINNÀ:
«La legge contiene una piccola, per il momento neces-
saria, ipocrisia: (…) di fatto introduce il matrimonio tra
cittadini dello stesso sesso, ma senza dichiararlo espli-
citamente (…).
Può essere considerata una specie di “cuscinetto”, un
ponte: serve cioè a far capire che due persone dello
stesso sesso possono essere benissimo considerate
una famiglia. Una volta sperimentato che le unioni
omosessuali (…) sono “famiglia” (…) poi queste unioni
vengono chiamate “matrimonio”, com’è accaduto in
Inghilterra o in America per intervento della Corte su-
prema, vengono equiparate anche sotto il profilo no-
minalistico. E si risolve così l’ipocrisia».
GENDER A SCUOLA:
Prima di uscire dalla finestra della “buona scuola” con
la circolare sulle attività extracurricolari, il gender era
già entrato dalla porta delle attività curricolari col
“Piano d’azione” della Presidenza del Consiglio
cosi analizza Alfredo Mantovano in un suo commento
sulla rivista Tempi :
«La legge contiene una piccola, per il momento neces-
saria, ipocrisia: (…) di fatto introduce il matrimonio tra
cittadini dello stesso sesso, ma senza dichiararlo espli-
citamente (…). Può essere considerata una specie di
“cuscinetto”, un ponte: serve cioè a far capire che due
persone dello stesso sesso possono essere benissimo
considerate una famiglia. Una volta sperimentato che
le unioni omosessuali (…) sono “famiglia” (…) poi que-
ste unioni vengono chiamate “matrimonio”, com’è ac-
caduto in Inghilterra o in America per intervento della
Corte suprema, vengono equiparate anche sotto il
profilo nominalistico. E si risolve così l’ipocrisia».
Bisogna essere grati all’onorevole Paola Concia – fonte
insospettabile – per averla detta senza giri di parole,
sul Foglio del 7 luglio: il ddl Cirinnà introduce il matri-
monio gay, quel che manca sarà aggiunto dai giudici.
Con analoga chiarezza in una intervista alla Repubbli-
ca del 16 ottobre 2014 il sottosegretario del governo
Renzi Ivan Scalfarotto aveva affermato che «l’unione
civile non è un matrimonio più basso, ma la stessa
cosa. Con un altro nome per una questione di realpoli-
tik». Non c’è dubbio che sia così: sono trascorsi due
anni da quando la Corte europea dei Diritti dell’uomo
ha stabilito che nessun paese europeo è obbligato a
introdurre per le coppie omosessuali istituti simili al
matrimonio: se però il singolo stato provvede in tal
senso, non può poi “discriminare” queste coppie, e-
scludendo alcune opportunità, in primis l’adozione. È
illusorio pensare che qualche minuscola operazione di
lifting al ddl Cirinnà impedisca l’equiparazione fra u-
nioni e matrimonio; mi riferisco in particolare all’e-
mendamento di un gruppo di senatori del Pd, che pre-
mette al ddl la clausola secondo cui l’unione civile è
un «istituto giuridico originario», in quanto tale diver-
so dal matrimonio. Se nella sostanza tale “istituto”
prevede diritti e doveri per la coppia in analogia a
quelli della famiglia fondata sul matrimonio, lo si può
La confusione ? far capire che due persone dello stesso sesso possono essere benissimo
considerate una famiglia
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chiamare come si vuole: la realtà è quella di un matri-
monio. Identico discorso vale per il gender a scuola:
qualche ora prima della approvazione definitiva della
“buona scuola”, il Miur ha pubblicato una circolare, la
numero 4321 del 6 luglio, che in sé merita apprezza-
mento, e – sempre in sé – va incontro alle esigenze
espresse dal popolo delle famiglie il 20 giugno: ribadi-
sce infatti il consenso dei genitori al Pof (Piano di of-
ferta formativa), e quindi al possibile inserimento in
esso di corsi di gender, e conferma la necessità della
piena informazione su ogni tentativo di imposizione.
Occhio al “Piano straordinario”
E tuttavia, come il demonio si nasconde nei dettagli,
così le insidie si annidano nei commi e in altre fonti
normative: cosa accade, a proposito del consenso, per
quell’attività extracurriculare non contenuta nel Pof
che subentri durante l’anno, ovvero di fronte al tenta-
tivo – già sperimentato – di introdurre l’ideologia del
gender nell’attività curriculare? Sul punto la circolare
non dice nulla.
Di più: il 7 maggio il dipartimento Pari opportunità
della Presidenza del Consiglio (quello da cui dipen-
de il famigerato Unar), ha diffuso il nuovo “Piano d’a-
zione straordinario contro la violenza sessuale e di
genere”. Al punto 5.2 si legge che «obiettivo priorita-
rio» deve essere «educare alla parità e al rispetto del-
le differenze, in particolare per superare gli stereotipi
che riguardano il ruolo sociale, la rappresentazione e il
significato dell’essere donne e uomini, ragazze e ra-
gazzi, bambine e bambini nel rispetto dell’identità di
genere, (…) sia attraverso la formazione del personale
della scuola e dei docenti sia mediante l’inserimento di
un approccio di genere nella pratica educativa e didat-
tica». Con il che il gender, prima di uscire dalla fine-
stra del ddl “buona scuola” con la circolare del Miur,
era già entrato dalla porta col Piano d’azione grazie
alla Presidenza del Consiglio, agganciandosi proprio
all’attività curriculare.
Occhi aperti, sarà lunga e difficile.
(fonte www.lamezialive.it )
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N on è obbligatorio sottoporsi all'operazione di
cambio sesso per avere la correzione degli atti
anagrafici. Lo ha stabilito la prima sezione della Corte
di cassazione decidendo sul ricorso presentato dai le-
gali di Rete Lenford-Avvocatura per i diritti Lgbt, che
assistono una persona trans di 45 anni.
La loro assistita già sedici anni fa aveva ottenuto una
sentenza che l'autorizzava all'intervento chirurgico,
ma aveva rinunciato perché nel tempo aveva raggiun-
to un equilibrio psico-fisico e da 25 anni vive ed è so-
cialmente riconosciuta come donna. Sia il tribunale di
Piacenza che la corte d'appello di Bologna, a cui si era
rivolta per ottenere la rettificazione dello stato civile
pure in assenza dell'intervento chirurgico, avevano
respinto la richiesta aderendo a quella giurisprudenza
di merito, sino ad oggi prevalente, che subordinava la
modificazione degli atti anagrafici all'effettiva e con-
creta esecuzione del trattamento chirurgico sugli or-
gani genitali.
Oggi con una sentenza che potrebbe rivelarsi storica
la Cassazione sostiene che "la percezione di una disfo-
ria di genere determina l'esigenza di un percorso sog-
gettivo di riconoscimento di questo primario profilo
dell'identità personale né breve né privo d'interventi
modificativi delle caratteristiche somatiche ed ormo-
nali originarie. Il profilo diacronico e dinamico ne co-
stituisce una caratteristica ineludibile e la conclusione
del processo di ricongiungimento tra 'soma e psiche'
non può, attualmente, essere stabilito in via predeter-
minata e generale soltanto mediante il verificarsi della
condizione dell'intervento chirurgico". "Non può in
conclusione che essere il frutto - aggiunge la Corte -
di un processo di autodeterminazione verso l'obiettivo
del mutamento di sesso, realizzato mediante i tratta-
menti medici e psicologici necessari, ancorché da sot-
toporsi a rigoroso controllo giudiziario". In pratica,non
può essere soltanto l'intervento chirurgico a determi-
nare il cambio di sesso di una persona.
Lo Giudice (Pd): "Prima le Corti del Parlamento". Già
due anni fa "avevo depositato un disegno di legge che
chiedeva il superamento dell'imposizione del divorzio
nel caso del cambio di sesso di un coniuge e la fine di
queste mutilazioni chirurgiche forzate, peraltro non
espressamente previste dalla legge 164 e condannate
di recente, fra l'altro,dalla Risoluzione Lunacek del
Parlemento Europeo . In entrambi i casi sono arrivate
prima le corti, mentre il mio ddl non ha neanche ini-
ziato il percorso in commissione", denuncia il senatore
dem Sergio Lo Giudice. "L'inerzia del Parlamento sui
diritti civili sta trasformando l'Italia in un paese di
common law: le regole sul riconoscimento dei diritti le
definiscono i tribunali, mentre il Parlamento assiste
muto e inerte all'ennesimo smacco per la politica na-
zionale."
(fonte http://bologna.repubblica.it)
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TRANS, LA CASSAZIONE: NON OCCORRE
OPERARSI PER CAMBIARE SESSO
ALL'ANAGRAFE
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Estero
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Estero
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Estero
UNA PETIZIONE CONTRO L'OMOFOBIA DI
SIRI
«O ggi più che mai
l'Italia ha davvero
bisogno di informazione e co-
noscenza per combattere l'o-
mofobia in ogni sua forma,
anche in queste piccole cose».
È così che l'associazioneDiver-
sity spiega i motivi che l'hanno
spinta ad avviare una petizione
per chiedere alla Apple di cor-
reggere con urgenza un bug
presente in Siri, l'assistente virtuale presente sui si-
stemi iOS.
Il sistema virtuale riconosce come insulti parole come
«gay»m «lesbica» e «transessuale», motivo per cui a
domande lecite viene data una risposta generalmente
riservata alle frasi volgari. Se qualcuno prova a dire a
Siri di essere gay, si sentirà rispondere che «non è
carino da parte tua». E lo stesso accade anche se gli
si dovesse chiedere se due gay possono essere buoni
papà, se gli si
chiede come
registrare un
matrimonio gay
o se gli si chie-
de perché due
persone dello
stesso sesso
non possano
sposarsi (qui
una serie di e-
sempi raccolti dall'associazione).
La petizione può essere sottoscritta all'indirizzo chan-
ge.org/sirigay.
(fonte http://gayburg.blogspot.it)
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