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0 Università degli Studi Roma Tre Facoltà di Scienze della Formazione Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione DAI PROGRAMMI DEL 1955 AD OGGI: DOMANDA SOCIALE, EDUCAZIONE E CULTURA NELLA SCUOLA PRIMARIA Relatore: Laureanda: Prof. Massimiliano Fiorucci Bruna Sferra Correlatore: Dott. Marco Catarci Anno accademico 2011-2012

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Università degli Studi Roma Tre

Facoltà di Scienze della Formazione Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione

DAI PROGRAMMI DEL 1955 AD OGGI: DOMANDA SOCIALE, EDUCAZIONE E CULTURA

NELLA SCUOLA PRIMARIA

Relatore: Laureanda: Prof. Massimiliano Fiorucci Bruna Sferra Correlatore: Dott. Marco Catarci

Anno accademico 2011-2012

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Indice

Introduzione ...................................................................................................................... 3

1. I Programmi del 1955 ............................................................................................. 5

1.1 Il dopoguerra: le associazioni e i provvedimenti di Carleton W. Washburne ........ 5

1.2 Scuola e Costituzione .............................................................................................. 7

1.3 L’attivismo pedagogico .......................................................................................... 8

1.4 Dai Programmi del 1945 ai Programmi del 1955 ................................................... 13

1.5 I Programmi del 1955: pedagogia umanistica, metodologia e organizzazione ...... 15

2. Un trentennio di riforme e di innovazioni educative e didattiche ................... 20

2.1 Il miracolo economico e l’emigrazione .................................................................. 20

2.2 L’analfabetismo ...................................................................................................... 22

2.3 La dispersione scolastica: contro la scuola selettiva ............................................... 24

2.4 Il Tempo Pieno ........................................................................................................ 28

2.5 La scuola come comunità ........................................................................................ 30

2.6 Il diritto allo studio per tutti .................................................................................... 31

3. I Programmi nazionali del 1985........................................................................... 34

3.1 Un disegno democratico tra riflessione pedagogica, istanze sociali e sfide

culturali ......................................................................................................................... 34

3.2 La Premessa dei Programmi nazionali del 1985: un progetto culturale, pedagogico,

politico .......................................................................................................................... 36

3.3 Unitarietà culturale e differenziazione disciplinare ................................................ 41

4. Gli anni ’90 ............................................................................................................ 43

4.1 La società postindustriale: globalizzazione e migrazione ....................................... 43

4.2 L’Italia della seconda repubblica: crisi sociale ed emergenza formativa ............... 45

4.3 Il nuovo ordinamento della scuola elementare ....................................................... 47

4.4 Autonomia didattica e organizzativa ...................................................................... 49

5. La società multiculturale del 2000 ....................................................................... 53

5.1 Il fenomeno dell’immigrazione............................................................................... 53

5.2 Nuovi bisogni sociali .............................................................................................. 55

5.3 Pedagogia interculturale e scuola ............................................................................ 58

6. Le Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzato .......................... 63

6.1 La nascita del MIUR e la “riforma” Moratti. Ritorna la contestazione .................. 63

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6.2 Le Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzato: un salto indietro di

mezzo secolo ........................................................................................................... 64

6.3 Individualizzazione, personalizzazione, uguaglianza ............................................. 66

6.4 Convivenza democratica e convivenza civile ......................................................... 69

7. Le Indicazioni per il curricolo ............................................................................. 71

7.1 Un nuovo cambio di rotta ....................................................................................... 71

7.2 Centralità dell’alunno, valorizzazione delle diverse identità, educazione alla

cittadinanza ................................................................................................................... 72

7.3 Ritorna il principio di uguaglianza ......................................................................... 75

7.4 Centralità, verticalità e gradualità del curricolo ...................................................... 77

Conclusioni ........................................................................................................................ 81

Allegati

Articoli 2, 3, 7, 33 e 34 della Costituzione ......................................................................... 84

Discorso pronunciato da Piero Calamandrei, l’11 febbraio del 1950, in occasione del

Terzo Congresso dell’ADSN .............................................................................................. 86

La piramide ......................................................................................................................... 89

Distribuzione per età delle scuole elementari e medie ISTAT 1963 .................................. 90

La veste e il corpo del pensiero del fanciullo ..................................................................... 92

Lettera di Alberto Manzi ..................................................................................................... 93

Carteggio tra Alberto Manzi e il suo Direttore Didattico ................................................... 94

Divisi dalla maestra mamma ............................................................................................... 98

La scuola elementare volta pagina ...................................................................................... 100

Chi ha paura della Storia? ................................................................................................... 102

Dichiarazione della delegazione al MIUR del 17 luglio 2012 ............................................ 114

Bibliografia ........................................................................................................................ 117

Riviste ................................................................................................................................. 120

Dossier ................................................................................................................................ 120

Sitografia ............................................................................................................................ 120

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Introduzione

Dai Programmi del 1955 a oggi, il percorso di studi degli allievi della scuola

elementare, oggi primaria, è stato riformato dai Programmi Nazionali del 1985, dalle

Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati del 2004 e dalle Indicazioni per il

curricolo del 2007 di cui è attualmente in corso una revisione.

L’interesse verso questo aspetto della scuola primaria nasce dall’essere maestra e

dall’aver iniziato le mie prime supplenze alla fine degli anni Ottanta nella scuola del Tempo

Pieno che da pochi anni applicava i Programmi del 1985. Ho conosciuto una scuola attiva che

aveva maturato le esperienze degli anni Settanta e che su di esse continuava a sperimentare

forme di didattica innovativa. Mi sono formata all’interno di questo clima ed ho imparato che

la diversità è una risorsa e che l’uguaglianza nel diritto all’apprendimento è un principio

ineludibile.

Ho vissuto i cambiamenti determinati dalle riforme della scuola e con questa tesi di

laurea mi sono posta l’obiettivo di verificare se attraverso un’analisi storica dei mutamenti

politici, economici e sociali del nostro Paese, a partire dal secondo dopoguerra, è possibile

confermare i seguenti assunti:

• i programmi e le indicazioni esprimono la modalità di relazione tra educazione e

società e il modo di intendere l’educazione stessa del governo politico che li ha varati;

• i programmi e le indicazioni, essendo fondati su princìpi educativi, sono anche

portatori di istanze sociali;

• i movimenti dei genitori e degli insegnanti e le associazioni professionali hanno

influenzato la modalità di applicazione dei programmi e delle indicazioni e, in alcuni

casi, anche la loro genesi.

In relazione a quest’ultimo punto, ho voluto porre particolare attenzione ai Programmi

del 1985 che, malgrado siano stati sostituiti dalle Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio

Personalizzati e dalle Indicazioni per il curricolo, sembrano ancora costituire un forte punto di

riferimento per gli insegnanti della scuola primaria.

Come punto di partenza dell’analisi storica ho scelto il secondo dopoguerra per la

spinta democratica e il rinnovamento educativo-pegagogico che hanno, non soltanto

caratterizzato questo periodo, ma inciso profondamente sul futuro della scuola.

Nel cammino effettuato, dalla seconda metà del secolo scorso fino a giungere ai nostri

giorni, le emanazioni dei programmi e delle indicazioni hanno rappresentato delle tappe entro

le quali soffermarmi per compierne un’analisi critica.

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E’ stato soprattutto il confronto tra le istanze pedagogico-educative contenute nei

documenti in questione a mettere in rilievo le peculiarità di ognuno di essi e a fornire gli

elementi più significativi per comprendere quanto l’indirizzo politico governativo abbia

pesato sulle diverse scelte operate, quali siano state le risposte fornite alle esigenze sociali del

periodo e come si è declinato l’obiettivo dell’integrazione dell’individuo nella società.

Nell’affrontare i diversi periodi storici, ho privilegiato l’aspetto sociale anche in

considerazione delle grandi trasformazioni che hanno interessato l’Italia dal secondo

dopoguerra ad oggi, soprattutto in relazione al fenomeno delle migrazioni.

Per ogni cambiamento che la scuola elementare ha vissuto, ho ricercato quali reazioni

questo ha suscitato tra gli insegnanti e i genitori, ponendo particolare attenzione alla nascita e

allo sviluppo di movimenti e di associazioni che dal basso hanno, non di rado, contribuito a

direzionare le scelte politiche dei governi.

La tesi si completa con una documentazione allegata che, seppur parziale, non soltanto

può fornire ulteriori elementi di conoscenza, ma può suscitare quelle emozioni che solo la

lettura diretta delle fonti può dare.

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Capitolo primo

I Programmi del 1955

1.1 Il dopoguerra: le associazioni e i provvedimenti di Carleton W. Washburne

Dopo la seconda guerra mondiale, l’opera di riorganizzazione della scuola italiana

dovette affrontare gravose difficoltà provocate da una parte dalle conseguenze della guerra

stessa e dall’altra dal ventennio fascista a cui la categoria degli insegnanti si era sottomessa.

Gli edifici scolastici distrutti o adibiti ad

altri usi, il sistema di comunicazione precario, la

dispersione degli insegnanti, degli alunni e delle

famiglie costituivano lo scenario dal quale dover

ripartire.

È importante sottolineare che gruppi di

professori e maestri di molte città, malgrado la

dittatura e la guerra, non avevano smesso di

credere nella democrazia, nella cultura e nella

scuola. Subito dopo la caduta di Mussolini del 25

luglio del 1943, infatti, si riaccesero le speranze di una riapertura del dibattito democratico di

risanamento della scuola. Le associazioni di categoria vennero ricostituite e continuarono,

clandestinamente, ad essere attive anche dopo l’8 settembre. Insegnanti e studenti operarono

all’interno dell’Associazione nazionale e della successiva Associazione italiana fra gli

insegnanti (A.I.D.I.), comprensiva anche dei maestri elementari, attraverso veri e propri piani

di azione in cui non mancarono delle vittime, come lo studente Massimo Gizzio fulminato da

una raffica fascista sulla porta della sua scuola, prima della grande manifestazione del 19

gennaio del 1944 o dei tre insegnanti Pilo Albertelli, Gioacchino Gesmundo e Salvatore

Canalis dopo la strage delle Fosse Ardeatine. Una lotta dal basso, dunque, spontanea e

profondamente sentita che, oltre a rivendicare la dignità professionale degli insegnanti, si

impegnò contro il nazi-fascismo attraverso azioni concrete.

Il 20 febbraio 1944 uscì un numero speciale dedicato alla scuola del giornale

clandestino “Italia libera” del Partito d’azione in cui si scriveva:

Accanto alla necessità di promuovere e tutelare la rinascita sociale delle istituzioni scolastiche, accanto alla pur

sacrosanta difesa dei diritti professionali, è necessario porre, assillante e preminente, il problema della fusione

Figura 1.1 Un’aula della baracca che ospitava la scuola C.Battisti di Mestre. Si noti la parete inassi di legno. ( http://www2.comune.venezia.it )

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delle masse lavoratrici coi ceti della tecnica e della cultura, per realizzare in un clima di democrazia l’unità

spirituale della Nazione.

Lo stesso numero della rivista rilevava quanto l’ordinamento educativo andasse rivisto sotto

l’aspetto sia sociale che pedagogico allo scopo di perseguire le istanze di democratizzazione

della scuola.

Mentre perduravano la guerra e l’occupazione tedesca al Nord, nel Sud, occupato

dagli Alleati e sotto la sovranità di Vittorio Emanuele III, gli americani emanarono i primi

provvedimenti sulla scuola determinati da una sottocommissione per l’Educazione presieduta,

per le scuole elementari e medie, da Carleton W. Washburne, ufficiale americano e

personaggio della pedagogia mondiale. Subito dopo la liberazione di Roma, la commissione

iniziò l’elaborazione dei Programmi didattici per la scuola elementare del 1945.

Nel luglio del 1944, la clandestina A.I.D.I. si era trasformata in Federazione Italiana

della Scuola (F.I.D.S.) grazie ai tentativi di conciliare i lavori dell’associazionismo con quelli

della sottocommissione.

L’incontro tra le direttive del governo alleato e le esigenze affiorate e rinsaldate nel periodo clandestino, se

accettato con una chiara visione della vitalità futura degli ordinamenti, avrebbe portato al superamento più rapido

delle enormi difficoltà che si presentavano per la ricostruzione. Vi furono invece la tendenza, se non a respingere

questo apporto schiettamente democratico, per lo meno a limitarlo e a disciplinarlo secondo criteri già fissati nel

programma dei liberatori e che risentivano della ideologia dominante nei paesi americani 1.1

Washburne, sostenitore delle teorie dell’attivismo deweyano, caratterizzò i programmi

secondo una chiara ispirazione politico-sociale: contribuire alla rinascita della vita nazionale

educando le nuove generazioni alla libertà e alla democrazia favorendo la diffusione dei valori

della pace e della solidarietà. Il pensiero educativo e pedagogico di Dewey influenzò le scelte

di Washburne che si “preoccupò di mettere gli insegnanti in contatto con le nuove idealità

educative maturate nel campo della ricerca psicopedagogica, che per metodi e contenuti erano

lontane non solo dalla rozza pedagogia fascista, ma anche dalle astrazioni dell’idealismo

gentiliano”2.

Vita civile e responsabilità sociale erano dunque le finalità dei Programmi del 1945

che, al contempo, si fondavano sui principi pedagogici dell’attivismo, di cui l’azione sociale ed

educativa occupava un posto centrale. La scuola elementare avrebbe dovuto, infatti, preparare

al lavoro e alla vita democratica.

1 D. Bertoni Jovine, La scuola italiana dal 1870 ai nostri giorni, Editori Riuniti, Roma 1958, p.39. 2 S. Santamaita, Storia della scuola. Dalla scuola al sistema formativo, Mondadori, Milano, 1999, p.117.

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Mancò però nella riforma della scuola un’intesa tra Ministero e opinione pubblica e

rappresentanti democratici della scuola, ostacolata dal liberale ministro Guido De Ruggiero il

quale temeva le manifestazioni di attività dal basso, tanto da proibire la formazione di

Commissioni interne alle scuole.

Così, se da una parte non vi era più distinzione tra scuole urbane e rurali, maschili e

femminili e l’attività didattica avrebbe dovuto ispirarsi alle istanze di comunità, di autogoverno

e di responsabilità individuale e collettiva come risposta al nazionalismo fascista, dall’altra si

ostacolò la partecipazione democratica dei genitori e degli insegnanti alla vita della scuola.

Tale dicotomia, unita alla tragica realtà del dopoguerra, impedì l’avvio di una vera innovazione

didattica; i maestri, per lo più impreparati, non potevano mettere in pratica indicazioni espresse

spesso in modo astratto e continuarono ad insegnare in modo tradizionale, ancora fortemente

influenzati dalla scuola gentiliana.

1.2 Scuola e Costituzione

L’entrata in vigore della Costituzione italiana, il primo gennaio del 1948, rappresenta

un passaggio fondamentale nella storia della scuola, poiché in essa sono presenti i principi

fondamentali sui quali ancor oggi si fonda il sistema di istruzione e formazione a tutti i gradi e

i livelli di studio.

Gli stessi lavori dell’Assemblea Costituente, iniziati il 24 giugno 1946, dovettero

affrontare il problema dei rapporti tra Stato e Chiesa e, per ciò che riguardava l’istruzione, tra

scuola statale e scuola privata, una questione ancora oggi aperta.

Fra le istanze delle diverse forze politiche che avevano contribuito a realizzarla, la

Costituzione rappresentò un compromesso equilibrato,

nonostante il radicalizzarsi della lotta politica e

l’asprezza dei contrasti. Il dibattito sulla libertà della

scuola, che aveva visto le relazioni Marchesi (P.C.I.) e

Moro (D.C.) opporsi tra loro, in quanto l’una

individuava nella scuola statale l’unica che potesse

creare l’unità della nazione e potesse offrire condizioni

di uguaglianza e l’altra rivendicava il diritto di enti e

privati ad esercitare la funzione educativa, ebbe come esiti dapprima l’approvazione dell’art.7

che accoglieva i Patti Lateranensi stipulati nel 1929 fra Santa Sede e regime fascista

(revisionati nel 1984), poi quella degli articoli 33 e 34.

Figura 1.2 Prima seduta dell'Assemblea Costituente, 25 giugno 1946 ( http://www.pavonerisorse.it )

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E’ necessario, inoltre, porre in evidenza che la Carta Costituzionale si apre con una

serie di articoli (1-12) sui principi fondamentali su cui essa si fonda; in particolare l’art. 2

riconosce e garantisce il diritto all’apprendimento poiché è uno dei diritti inviolabili dell’uomo

e l’art.3 sancisce l’uguaglianza come diritto e la diversità come valore, principi di

fondamentale importanza nella scuola. (Allegato 1)

1.3 L’attivismo pedagogico

La genesi dei Programmi per la scuola elementare del 1955 affonda le sue radici nella

spinta democratica e di rinnovamento educativo-pegagogico che ha caratterizzato il secondo

dopoguerra.

E’ necessario, però, far riferimento all’affermazione, tra la fine del diciannovesimo e

l’inizio del ventesimo secolo, delle cosiddette “scuole nuove” il cui tema fondamentale risiede

nell’impegno di promuovere un’educazione fondata sull’attività dell’educando e che si adegui

via via alle caratteristiche delle fasi dell’età evolutiva, anziché essere incentrata sul contenuto

culturale e sulle sue strutture. La vita, dunque, con le sue infinite e infinitamente varie

stimolazioni “forma” la personalità e l’educazione indiretta viene considerata di gran lunga

più efficace di quella diretta. In modo apparentemente contraddittorio, la scuola assume una

forte valenza, una scuola che tende a farsi vita, ad abbracciare sempre più della vita ed è

pertanto spinta a farsi scuola “totale”, scuola a tempo pieno.

Da Cecil Reddie (New School, 1889) in Inghilterra, a Hermann Lietz (Case di

educazione in campagna, 1898) in Germania, a Edmond Demolins (Ecole Des Roches, 1898)

in Francia, il modello viene di volta in volta interpretato a seconda delle condizioni

economiche, sociali e culturali dei diversi paesi.

Figura 1.3 Educazione del lavoro ( http://www.mariatomarchio.it/?q=node/18 )

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Sono scuole destinate ad un’elite, modellate sulle esigenze della borghesia o

dell’aristocrazia insoddisfatta della scuola tradizionale. In Italia, in ritardo nello sviluppo

industriale, l’esperienza della Rinnovata (1911), introdotta da Giuseppina Pizzigoni nel

quartiere popolare della Ghisolfa di Milano, denota tratti distintivi rispetto al movimento

europeo per la sua vocazione popolare e l’affermazione all’interno della scuola pubblica.

Figura di riferimento fondamentale dell’attivismo pedagogico europeo, Adolphe

Ferriere (1879-1961) divulga le iniziative delle scuole nuove.

Nel 1899 fonda l’Ufficio internazionale delle scuole nuove al fine «di stabilire rapporti di reciproco aiuto fra le

varie scuole nuove, di raccogliere i documenti della loro vita, di mettere in valore le esperienze fatte da questi

laboratori della pedagogia dell’avvenire». In occasione del Primo Congresso internazionale dell’educazione

nuova, tenutosi a Calais nel 1921, raccoglie i «principi che stanno a fondamento della scuola attiva»,

riassumendoli nei seguenti punti:

- espressione dell’energia vitale del fanciullo;

- rispetto dell’individualità singolare;

- spontanea espressione degli interessi e dell’esperienza diretta;

- attenzione alle fasi di sviluppo;

- atteggiamento cooperativo;

- coeducazione;

- educazione dell’uomo e del cittadino 3.

La nascita e l’affermarsi del fenomeno delle scuole nuove sono senza dubbio il risultato

dell’intenso dibattito culturale che da Francesco Bacone (1561-1626) e Galileo Galilei (1564-

1642) in poi ha posto l’esigenza di dare certezza e credibilità ai saperi anche in campo

educativo-pedagogico. Natura ed esperienza erano i temi che determinarono il diffondersi di

istanze scaturite dalle pressioni culturale, sociale, religiosa e politica in cui apparve necessario

promuovere, organizzare, gestire e controllare i processi educativi, l’organizzazione scolastica,

i metodi educativi, la didattica.

Il positivismo filosofico e pedagogico francese (A.Comte, 1798-1857), inglese (J.S.Mill,

1806-1873; H.Spencer, 1820-1903) e italiano (R.Ardigò, 1828-1920; A. Angiulli, 1837-1890;

A. Gabelli, 1830-1891) diede un contributo fondamentale alla nascita delle pedagogie

scientifiche e sperimentali i cui aspetti ed elementi caratterizzanti si possono così sintetizzare:

- attenzione alla dimensione naturale e sociale dell’educazione;

- adesione alle tesi evoluzionistiche;

- approfondimento degli studi sui processi cognitivi;

3 R. Tassi, Itinerari pedagogici, quarta edizione, Zanichelli, Bologna, 1995.

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- psicologia e sociologia come aree culturali e metodologiche per conoscere i fenomeni

educativi;

- studio sui condizionamenti ambientali;

- interpretazione dei mutamenti intervenuti a seguito della rivoluzione industriale e

dell’avvento delle nuove tecnologie;

- concezione del mondo in relazione all’arte, alla religione, alla morale, al diritto e alla

giustizia;

- metodo scientifico.

I mutamenti culturali avvenuti alla fine dell’Ottocento e all’inizio del Novecento

interessarono le diverse scienze, in particolare quella pedagogica:

la pedagogia subì sollecitazioni ancora più forti, perché si trovò di fronte problemi di notevoli dimensioni:

avvento di una scuola e di un’istruzione di massa e lotta contro l’analfabetismo; istruzione e formazione dei

lavoratori da inserire nell’industria e nei processi produttivi, sia agricoli che artigianali; diversificazione

dell’istruzione in rapporto alla divisione del lavoro; formazione della classe dirigente, dei tecnici; revisione dei

programmi scolastici e dei curricoli; confronto dei modelli educativi e scolastici in corrispondenza sia della

stratificazione sociale sia delle diversificazioni economiche, sociali, politiche, istituzionali; crisi o quanto meno

trasformazione dell’istituto familiare; istituzioni come la Chiesa e lo Stato; diffusione delle ideologie in

corrispondenza anche alla formazione dei partiti politici di massa; nuove richieste sociali, scolastiche, educative

relative all’educazione infantile specie nell’area delle scuole materne; concezioni pedagogiche legate a sistemi

educativi tradizionali; inadeguatezza dei metodi e delle modalità di reclutamento, di formazione, di

aggiornamento degli insegnanti; settore della sperimentazione ridotto a poche metodologie, all’esistenza di alcune

scuole pilota, alle Scuole nuove e al movimento della scuola attiva4.

Negli Stati Uniti le condizioni culturali della seconda metà del diciannovesimo secolo

mostravano peculiarità differenti da quelle europee per l’assenza del conflitto tra

conservatorismo e innovazione. Infatti, dal punto di vista sociale, i criteri determinanti lo

status, mancando un’aristocrazia, erano costituiti dall’acquisitività piuttosto che dall’eredità.

Ciò comportò una maggiore mobilità sociale favorita anche dal pluralismo religioso dal quale

non si poterono originare propensioni verso forme di monopolio o di controllo dell’istruzione.

Lo Stato stesso mantenne una linea neutrale e le scuole americane furono finanziate dalle

fondazioni e dagli industriali a livello locale, così da poter affermare che il sistema scolastico e

l’industrialismo si svilupparono insieme5. Per comprendere lo sviluppo culturale e filosofico

della società americana di quel periodo, è necessario ricordare, inoltre, l’influenza esercitata

4 R. Fornaca, R. S. Di Poi, Dalla certezza alla complessità, Principato, Milano, 1993, p.13-14. 5 F. Ravaglioli, Profilo delle teorie moderne dell’educazione, Armando, Roma, 2009.

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dalla formazione filosofica europea e, in particolare, dalla teoria darwiniana che è alla base del

pensiero pragmatico.

Il movimento filosofico e pedagogico del pragmatismo ha inizio con C. S. Peirce6

(1839- 1914) e W. James7 (1842-1910), ma fu John Dewey (1859-1952) che divenne il

pensatore americano di maggior rilievo e una delle figure più rappresentative della cultura del

Novecento.

Dewey era l’interprete e il protagonista della scuola americana e tra le peculiarità del

suo pensiero c’era l’attenzione verso la dimensione sociale dell’educazione. Nel Il mio credo

pedagogico, saggio pubblicato nel 1897, affrontò l’aspetto sociologico e quello psicologico

come fondamentali nell’intero processo formativo, senza la prevaricazione dell’uno sull’altro.

Con questo e l’altro saggio del 1889, Scuola e Società, Dewey delineò la sua prospettiva

didattica da cui, tra l’altro, affondò le sue radici il movimento delle scuole nuove.

Scrive Dewey:

[…] io credo che l’individuo che deve essere educato è un individuo sociale e che la società è un’unione organica

di individui. Se eliminiamo il fattore sociale dal fanciullo si resta solo con un’astrazione; se eliminiamo il fattore

individuale dalla società, si resta solo con una massa inerte e senza vita. Perciò l’educazione deve iniziarsi con

una penetrazione psicologica delle capacità del fanciullo, dei suoi interessi, delle sue abitudini. Essa deve essere

controllata ad ogni punto con riferimento a queste stesse considerazioni. Tali facoltà, interessi e abitudini devono

essere continuamente interpretate; noi dobbiamo sapere qual è il loro significato. Esse debbono esser tradotte nei

loro equivalenti sociali e mostrare la loro capacità come organi di servizio sociale.8

La scuola, dunque, diviene il luogo nel quale l’individuo cresce e si sviluppa come

essere sociale, è il luogo comunità in cui la vita sociale è semplificata e le attività debbono

svolgersi in modo che il fanciullo “possa gradualmente apprenderne il significato e rendersi

atto a fare la sua parte in rapporto ad esse” 9.

6 “ […] La nostra idea di qualcosa è l'idea che abbiamo dei suoi effetti sensibili [... ] Così dobbiamo scendere a ciò che è tangibile e, concepibilmente, pratico, per giungere alla radice di ogni reale distinzione di pensiero; e non c'è distinzione di significato così fine da non consistere in una possibile differenza pratica”. C. S. Pierce, Come rendere chiare le nostre idee, 1878, p.116. 7 “Nel clima di generale attività e di risveglio degli interessi, evidente nella nostra vita americana, non c’è aspetto più promettente di quel fenomeno che da circa dodici anni è in atto tra gli insegnanti. In ogni sfera delle loro funzioni educative si avverte una notevole forza di ispirazione e di ricerca rispetto alle finalità della loro professione. […] Si direbbe che gli insegnanti hanno il futuro nelle loro mani. […] nell’arte di insegnare […] è necessario creare un tale senso di interesse verso quanto apprenderà, da bandire dalla sua mente ogni altro oggetto di attenzione, quindi rivelargli quelle conoscenze in modo così efficace che egli le possa ricordare per sempre; infine, stimolare in lui una viva curiosità di accrescere il suo sapere”. W. James, Discorsi agli insegnanti e agli studenti sulla psicologia e su alcuni ideali di vita, Armando, Roma, 2003, p.41, 44. Titolo originale: Talks to Teacher on Psychology: And to Students on Some to Life’Ideals, New York, Holt and co., 1899. 8 J. Dewey, Il mio credo pedagogico, in L’educazione d’oggi, La nuova Italia, Firenze, 1961, p.4. 9 Ivi, p.5.

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In Scuola e società, il tema sociale dell’educazione venne elaborato grazie alle

esperienze compiute nella scuola-laboratorio di Chicago. Ciò che Dewey intendeva far

emergere era la stretta connessione tra l’avanzare della tecnologia che aveva fatto seguito alla

rivoluzione industriale e le trasformazioni della struttura familiare e della comunità sociale.

Fenomeno entro il quale la scuola assume un ruolo fondamentale di riproduzione attiva al suo

interno delle esperienze naturali e produttive. L’esperienza, dunque, occupa un posto centrale

ed è necessario che essa parta dagli istinti naturali e sociali degli alunni.

Se vogliamo classificare all’ingrosso gli impulsi che hanno peso nella scuola, li possiamo raccogliere sotto

quattro capi. Ci sono gli istinti sociali dei ragazzi come si manifestano nella conversazione e nei rapporti

personali. […] L’istinto del linguaggio è la forma più semplice dell’espressione sociale del fanciullo. Ecco perché

è la grande, forse la più grande risorsa dell’educazione. C’è l’istinto del fare, l’impulso a costruire. L’impulso del

ragazzo a fare si esprime anzitutto nel gioco, nel movimento, nei gesti, nell’inventare […] Anche l’impulso

all’espressione dei ragazzi, l’istinto artistico nasce dagli istinti della comunicazione e della costruttività. È il

raffinamento e la piena manifestazione di essi. Fate che la costruzione sia adeguata, rendetela piena, libera e

flessibile, datele un motivo sociale, qualcosa da dire e avrete un’opera d’arte10.

Occorre, pertanto, sviluppare tutte le

capacità dell’individuo attraverso un’educazione

che fornisca la conoscenza e la coscienza critica

del passato per la ricostruzione del dato naturale e

sociale e non della sua ripetizione. Questa è

educazione attiva, in quanto permette

all’individuo di affrontare in modo consapevole le

continue innovazioni ambientali e di assumere un

atteggiamento critico ed intraprendente. Ne deriva

che l’unico assetto che rende possibile un processo educativo così postulato sia la democrazia.

Democrazia e educazione […] stanno tra loro in rapporto di reciprocità. E ciò importa non solo che la democrazia

sia essa stessa un principio educativo ma che la democrazia non possa durare e tanto meno svilupparsi senza

l’educazione intesa in senso stretto, l’educazione data nella famiglia e socialmente nella scuola11.

È possibile, dunque, definire l’attivismo pedagogico come quell’orientamento generale,

sebbene con le dovute differenze delle varie correnti, che ha inteso superare il modello

10 J. Dewey, Scuola e società, La nuova Italia, Firenze, 1964, p.33. 11 J. Dewey, L’educazione di oggi, La nuova Italia, Firenze, 1950, cit. in P. Boccia, Sociologia. Teoria, storia, metodi e campi di esperienza sociale, Liguori, Napoli, 2001, p.114. .

Figura 1.4 La scuola laboratorio di Chicago (http://www.federica.unina.it )

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13

trasmissivo della didattica tradizionale basato sui contenuti e sulla disciplina, secondo il

modello di Herbart, a favore di una didattica che rispettasse la psicologia dell’età evolutiva e

che fosse incentrata sugli interessi e sui bisogni degli alunni ai quali doveva essere affidato un

ruolo attivo in ogni processo educativo attraverso la valorizzazione del fare. Aspetti in cui la

dimensione del sociale diviene fondamentale, in cui la scuola viene concepita come una

piccola comunità.

1.4 Dai Programmi del 1945 ai Programmi del 1955

La cancellazione di ogni traccia di nazionalismo e la costruzione di una coscienza

democratica fondata sui valori del lavoro, della solidarietà e della libertà furono gli obiettivi

dei Programmi del 1945 che, in tal modo, anticiparono gli stessi valori della Costituzione

emanata tre anni dopo. Espressero, cioè, lo spirito morale e culturale del periodo della

fondazione della Repubblica italiana.

Quelli compresi fra il 1945 e il 1955, furono anni caratterizzati da un intenso dibattito

politico sulla scuola e sul suo necessario rinnovamento.

Il Ministro della Pubblica Istruzione Gonella, a cui fu attribuito il titolo di ministro

della scuola privata12 da parte degli avversari, malgrado avesse ottenuto dalla Commissione

nazionale, incaricata nell’aprile del 1947, una quantità notevole di materiali sulla situazione

dell’istruzione pubblica e privata, emanò il disegno di legge n.2100, Norme generali

sull’istruzione, in cui vi era riproposto il modello cattolico in tema di istruzione secondo le

indicazioni democristiane.

Gli anni di applicazione della Costituzione iniziavano con la riapertura della

contrapposizione tra Stato e Chiesa.

Da una parte la Democrazia Cristiana aveva la maggioranza grazie all’esclusione dal

governo dei partiti marxisti, dall’altra il partito socialista denunciava l’interpretazione degli

articoli 33 e 34 della Carta Costituzionale che mirava a mantenere i privilegi della Chiesa.

Infatti, “tra i punti salienti della proposta figurava il finanziamento pubblico alla scuola

privata, che tuttavia il ministro riusciva ad assicurare per via amministrativa, scavalcando il

Parlamento e contravvenendo a una precisa norma costituzionale”13.

Ritardo e povertà portavano con sé uno dei problemi sociali più gravi del Paese di

quegli anni: l’analfabetismo.

12 D. Bertoni Jovine, La scuola italiana dal 1870 ai nostri giorni, Editori Riuniti, Roma 1958, p.431. 13 S. Santamaita, Storia della scuola. Dalla scuola al sistema formativo, Mondadori, Milano, 1999, p.127.

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14

Nel 1950, l’Italia contava 44.224.000 abitanti, di

cui 7.581.662 erano analfabeti, 13.037.627 erano privi di

titolo di studio ma sapevano leggere qualcosa, 24.946.339

avevano la licenza elementare, 3.514.474 la licenza

media, 1.379.811 il diploma di scuola superiore e

422.324 la laurea14.

Il ministro Gonella istituì, nel 1950, la scuola popolare

per adulti gratuita, diurna e serale allo scopo di far

conseguire la licenza elementare, di offrire un primo

avviamento al lavoro e di assorbire parzialmente la

disoccupazione magistrale. Tali finalità “erano inserite

nel contesto di un pesante condizionamento confessionale

che talora sembra rappresentare la vera finalità di tutta

l’operazione”15.

Il Manuale di Educazione Popolare pubblicato dal Ministero della Pubblica Istruzione

recitava che i principi dell’educazione popolare dovessero essere ricondotti a quelli pedagogici

della Chiesa insistendo notevolmente sull’educazione religiosa. Ciò costituiva una sorta di

controllo e di tutela rispetto ai rischi che l’educazione degli adulti avrebbe potuto arrecare alla

stabilità politica del Paese.

Non mancarono le voci di dissenso nei confronti dell’egemonia della cultura cattolica che

vedeva al suo seno l’Associazione nazionale italiana maestri cattolici (AIMC) e l’Unione

cattolica degli insegnanti medi (UCIM). Nel 1946, sorgeva l’Associazione per la difesa della

scuola nazionale (ADSN) che si proponeva di difendere la laicità della scuola pubblica e il cui

documento costitutivo fu firmato, tra gli altri, da Piero Calamandrei, Aldo Capitini, Ernesto

Codignola, Benedetto Croce, Guido De Ruggiero, Concetto Marchesi e Luigi Russo.

L’11 febbraio del 1950, Piero Calamandrei pronunciò un discorso in occasione del

Terzo Congresso dell’ADSN la cui lettura è di fondamentale importanza per comprendere il

livello conflittuale esistente tra laici e cattolici. (Allegato 2)

Nel 1951, nasceva il Movimento di cooperazione educativa (MCE) per opera del

maestro Giuseppe Tamagnini che fece propria la lezione di Celestin Freinet per adattarla alla

realtà italiana. Il MCE operava per una “pedagogia popolare che affondava le sue radici nel

movimento delle scuole nuove e faceva riferimento all’attivismo pedagogico”16.

14 Cfr. http://www. cronologia.leonardo.it/storia/a1950.htm, consultato in data 9 giugno 2012. 15 Ivi, p.133. 16 Ivi, p.139.

Figura 1.5 Vita e lavoro: libro per la scuola popolare (http://www.indire.it)

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Parallelamente si diffondevano le istanze della pedagogia internazionale di cui John

Dewey era uno dei maggiori rappresentanti.

Le difficoltà degli anni della ricostruzione, in cui i problemi emergenti erano costituiti

dalla casa e dal lavoro, lo scontro politico tra scuola privata e pubblica, le divisioni all’interno

del mondo cattolico determinarono il fallimento del progetto di riforma del ministro Gonella.

Il mondo cattolico non condivideva le innovazioni dei Programmi del 1945 per la scuola

elementare e ne depotenziò i contenuti, fino a quando, nel 1955, vennero elaborati nuovi

programmi ispirati allo spiritualismo cattolico.

1.5 I Programmi del 1955: pedagogia umanistica, metodologia e organizzazione

Con Decreto Presidente della Repubblica n.503, il 14 giugno 1955 vennero emanati i

Programmi didattici per la scuola primaria, i cosiddetti Programmi Ermini, dall’allora Ministro

della Pubblica Istruzione.

Dalla seconda metà degli anni quaranta, l’espansione dell’attivismo si era urtata con

l’opposizione del pensiero cattolico ed idealista.

I pedagogisti cattolici ricalcavano le critiche provenienti da Devaud e da Maritain che

ponevano al centro dell’educazione l’educando, “ma non inteso come individuo e neanche

soltanto come essere sociale, ma come persona con tutti i suoi attributi umani e divini e la sua

destinazione umana e divina”17.

Dal campo degli idealisti è d’esempio la posizione di Codignola che vedeva nelle

istanze sociali di Dewey il rischio che l’individuo potesse essere travolto dall’ingranaggio

della polis e diventare un automa socializzato in una atmosfera deserta di interiorità, in cui è

dato poco peso alla poesia e troppo alle scienze.

I Programmi del 1955, espressione delle istanze educative sostenute dalle maggioranze

governative di quegli anni, riportarono nei contenuti la crisi dell’attivismo: nella Premessa

viene esplicitato che, in merito al metodo da seguire per il raggiungimento degli scopi

dell’istruzione primaria, le indicazioni “sorgono come sintesi concorde e spontanea dalla

meditazione sui problemi attuali dell'educazione e dell'insegnamento. Esse si riconducono

anzitutto alla nostra tradizione educativa umanistica e cristiana: cioè al riconoscimento della

dignità della persona umana; al rispetto dei valori che la fondano: spiritualità e libertà

all'istanza di una formazione integrale”18.

17 D. Bertoni Jovine, La scuola italiana dal 1870 ai nostri giorni, Editori Riuniti, Roma 1958, p.479. 18 D.P.R. 14 giugno 1955, n. 503 - Programmi didattici per la scuola primaria, Premessa.

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16

Si tratta di una filosofia dell’uomo che trae la sua ispirazione, appunto, dal filosofo

francese “Jacques Maritain il quale sosteneva che il concetto di persona, nel suo sviluppo

storico dall’antichità ai nostri giorni, si è arricchito dei contributi del pensiero sia delle correnti

umanistico-laiche che di quelle umanistico-cristiane”19.

La concezione del personalismo intendeva anche

superare sia quella antecedente naturalistica sostenuta dai

positivisti, sia quella esclusivamente spiritualista del

Lombardo-Radice, ed in questo i programmi furono senza

dubbio innovativi, occupando un posto di rilievo nello

sviluppo e nella continuità storica della scuola elementare

italiana.

Sempre nella Premessa, si designa, in linea con il

principio del Concordato tra Stato e Chiesa del 1929, che la

scuola elementare “ha, per dettato esplicito della legge, come

suo fondamento e coronamento l'insegnamento della dottrina

cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione

cattolica”20.

Contestualmente, i Programmi del 1955, con

l’instaurazione della democrazia e l’entrata in vigore della

Costituzione, intesero dare una nuova identità alla scuola che cancellasse ogni segno di

retorica e di nazionalismo.

Si cercò di costruire una nuova coscienza sia civile che civica, fondata sui valori del lavoro e

della democrazia, della solidarietà e della libertà.

A tale proposito, questi programmi scolastici presentarono degli elementi interessanti sia per il

fine sancito, “assicurare alla totalità dei cittadini quella formazione basilare della intelligenza e

del carattere, che è condizione per un'effettiva e consapevole partecipazione alla vita della

società e dello Stato”, sia sotto il profilo metodologico, “far aderire maggiormente il piano

didattico alla struttura psicologica del fanciullo e tenere conto che per precetto della

Costituzione l'istruzione inferiore obbligatoria ha per tutti la durata di almeno otto anni” e,

inoltre, far sì che dalla scuola elementare “escano ragazzi che ragionino con la propria testa” 21.

19 J. Maritain, L’educazione al bivio, La Scuola, Brescia, 1971. 20 D.P.R. 14 giugno 1955, n. 503 - Programmi didattici per la scuola primaria, Premessa. 21 Ibidem.

Figura 1.7 Una pagina del libro di lettura per la Prima classe di scuola elementare Il mio sentiero, Agostoni, Milano, fineanni ’50 – primi anni ‘60 (http://www.bibliolab.it/sillab50_1/00001.html )

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Risulta evidente che il principio della religione cattolica sancito dal Concordato e

quello della libertà di coscienza, di religione, di cultura e di scienza sancito dalla Costituzione

trovarono nel documento quel compromesso che la stessa Costituzione aveva recepito.

Dal punto di vista pedagogico, i Programmi del 1955 diedero il via ad un’importante

indicazione: l’elaborazione di programmi graduati per cicli didattici. L’attenzione alla struttura

psicologica del fanciullo, verso la quale il piano didattico avrebbe dovuto aderire, comportò un

alleggerimento del carico delle nozioni. La successiva legge n.1254 del 1957 diede

fondamento giuridico a questa indicazione e sancì il passaggio dell’ordinamento per gradi a

quello in cicli. I cicli rappresentarono una sostanziale riforma: il programma poteva essere

svolto in un arco di tempo più ampio (il ciclo anziché l’anno) e anche la valutazione fu

soggetta al cambiamento in quanto l’alunno non poteva essere respinto al termine degli anni

intermedi del ciclo (classi prima, terza, quarta) salvo casi eccezionali da motivare

adeguatamente, con apposita relazione, al Direttore didattico. Di conseguenza, diminuì il

numero delle bocciature e si ridusse notevolmente il tasso di abbandono della scuola

elementare prima del conseguimento della licenza. Ciò diede alla scuola elementare un

carattere più aderente alla sua funzione di scuola per tutti, formativa e non selettiva.

La graduazione del corso elementare dei cicli determinava l’indicazione di tre modi di

insegnamento, i cui referenti storici sono Sergej Hessen e Ovide Decroly:

• “il metodo globale, per il primo ciclo e, parzialmente, per la terza classe elementare;

• il metodo episodico- collegato, per il secondo ciclo;

• il metodo sistematico, per il terzo ciclo (ora scuola media)”22.

Il globalismo era l’aspetto fondamentale del pensiero pedagogico di Decroly. Egli

affermava che la funzione di globalizzazione coinvolge tutte le attività mentali e affettive del

bambino ed è il principio di partenza naturale della conoscenza. La globalità, secondo Decroly,

doveva caratterizzare qualsiasi insegnamento ed espandersi dall’età scolastica fino quasi

all’adolescenza.

Nel prevedere l’applicazione del metodo globale solo nel primo ciclo e, parzialmente,

nella terza classe23, i Programmi del 1955 adottarono integralmente la teoria di Hessen

secondo il quale ai tre gradi di istruzione, all’interno di un sistema unitario della scuola

moderna e integrato nella realtà sociale, dovevano corrispondere altrettanti obiettivi didattici

22 P. Gallegati e D.Tinelli , I nuovi Ordinamenti della scuola elementare, Juvenilia, Milano, 1998, p.23-24. 23 Il paragrafo Programmi per le classi terza, quarta e quinta, del D.P.R. 14 giugno 1955, n. 503, viene, infatti, così introdotto: Dalla globale intuizione del mondo circostante già suggerita per il primo ciclo didattico, e tenuta ancora a fondamento dell'attività scolastica durante il primo anno di questo secondo ciclo, il fanciullo sarà avviato ad una prima attenta analisi soprattutto attraverso l'esperienza episodica, prima base del sapere sistematico.

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ed educativi aderenti alle strutture psicologiche degli scolari. Secondo il pedagogista russo, a

tal fine la scuola doveva “applicare il metodo globale per le età del primo ciclo, il metodo

episodico-collegato per quella del secondo ciclo e il metodo sistematico per l’età della attuale

scuola media”24. Metodo episodico-collegato, in cui gli episodi sono gli aspetti della realtà,

dell’ambiente che debbono essere collegati tra loro affinché le conoscenze vengano apprese

attraverso la concretezza.

Questo approccio potrebbe essere ricondotto, in modo errato, all’attivismo deweyano

intriso di istanze democratiche. In realtà Hessen si richiama alla tradizione del pensiero

classico e cristiano:

Fede, speranza e carità sono virtù più intensamente spirituali e ancor più universali delle virtù platoniche. Se esse

vengono calate nel mondo danno vita alla democrazia, che è fondata sulla solidarietà, al diritto moderno ,che pone

sullo stesso piano ogni individuo e prepara la concordia e la convivenza tra tutti i cittadini, alla economia, fondata

sulla tecnica e sulla preparazione politecnica dei lavoratori. Anche l’educazione è uno dei risultati di questo

processo storico che getta le basi nei valori classici e si evolve sino alla modernità della civiltà cristiana25.

In sintesi, gli elementi didattici dei Programmi sono globalismo, aderenza all’ambiente e cicli

scolastici.

Non mancarono le voci di dissenso su questo tipo di impianto educativo, nel suo

Controcommento ai Programmi per la Scuola Primaria, il pedagogista Roberto Mazzetti

scriveva:

[…] il principio dell’osservare, riflettere ed esprimere col connesso principio del globalizzare, nella versione

italiana perde ogni vittoria e ogni incisività, per stemperarsi in una generica precettistica. […] chi ha studiato

Decroly sa che, in lui, il principio della globalità era prima di tutto una precisa e positiva ricerca psicologica, la

quale solo in quanto tale poteva dar luogo a una corrispettiva indicazione didattica. A ogni modo, riprendere nel

1955 il principio psicologico della globalità, senza far riferimento alle ricerche e alle acquisizioni sulla genesi e

sullo sviluppo dell’intelligenza nel fanciullo […] è quanto meno dar prova di un provincialismo piuttosto

notevole26.

E sul tema dell’aderenza all’ambiente dell’alunno Mazzetti poneva due domande

provocatorie:

Se solo i valori della spiritualità e della libertà fondano la dignità della persona, come si giustificano l’azione e la

funzione dell’ambiente (che non è, date quelle premesse, valore) nel fondare e promuovere la dignità della

24 P. Gallegati e D.Tinelli, I nuovi Ordinamenti della scuola elementare, Juvenilia, Milano, 1998, p.23-24. 25 B. Spadolini, Educazione e società. I processi storico-sociali in Occidente, Armando, Roma, 2004, p.444. 26 R. Mazzetti, Controcommento ai Programmi per la Scuola Primaria, Armando, Roma, 1969, p.27.

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persona umana? Se il principio della libertà e dell’energia interiore è il tutto della dignità della persona umana,

perché tanto ricorrente e dominante interesse allo studio dell’ambiente naturale e umano dell’uomo?27.

Il pedagogista accusava i Programmi del 1955 di mera arretratezza o disinformazione

nell’aver fatto ricorso a “un concetto popolare e acritico di ambiente, dimenticando

completamente le ricerche e le acquisizioni psicologiche di Kofka e Lewin circa la distinzione

dialettica fra ambiente geografico e ambiente di comportamento”28.

In ultimo, sui cicli didattici, Mazzetti riteneva che, pur nella bontà del principio di

un’organizzazione che prevenga la mortalità scolastica, la divisione in cicli non fosse

sufficiente al tal fine, preoccupandosi solo dei bambini normali e lasciando all’operato dei

medici i bambini con sospette alterazioni anatomiche o funzionali, in altre parole, i bambini

difficili.

Gli anni che seguirono l’emanazione dei Programmi del 1955 furono caratterizzati da

un intenso dibattito socio-culturale e pedagogico, la stessa legislazione scolastica e le

sollecitazioni provenienti dalla contestazione impressero alla scuola un’accelerazione storica

che portò al superamento nella realtà degli stessi. Di fatto, la scuola elementare rimase senza

programmi reali per oltre vent’anni, fino al 1985.

27 Ivi, p.29. 28 Ibidem.

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Capitolo secondo

Un trentennio di riforme e di innovazioni educative e didattiche

2.1 Il miracolo economico e l’emigrazione

Subito dopo la guerra, negli Stati Uniti cominciò il processo di crescita economica che

si estese nel resto dei paesi industrializzati. Europa occidentale e Giappone, superate le

difficoltà della ricostruzione post-bellica, attraversarono un periodo di sviluppo senza

precedenti per intensità e per durata. Nel 1970 Europa e Giappone fornivano il 36,2 % della

produzione mondiale, contro il 26,5 % degli Stati Uniti.

In Italia l’apice del processo di crescita economica fu raggiunto tra il 1958 e il 1963, gli

anni del cosiddetto miracolo economico. Le esportazioni di prodotti industriali, soprattutto nei

settori degli elettrodomestici e dell’abbigliamento, costituirono uno dei maggiori fattori di

sviluppo dell’economia italiana. A queste si accompagnarono la stabilità dei prezzi, la solidità

della lira e alcuni eventi, come l’organizzazione delle Olimpiadi di Roma nel 1960, che

contribuirono a creare tra la popolazione un generale ottimismo e a rafforzare l’immagine di

un’Italia avviata ormai verso nuove possibilità di benessere.

Nel 1951 “il 42,2% della popolazione è occupata nell’agricoltura (il 42,5% dei maschi

e 41,4% delle femmine). Nell’industria è occupato il 32,1% (il 33,5% dei maschi e il 28,0%

delle femmine). Il terziario, che occupa il 25,7% della popolazione, è il settore dove è occupato

il minor numero di maschi (il 24,0% dei maschi

occupati) e il maggiore di femmine (il 30,6), - mentre

nel 1971- il totale degli occupati in agricoltura è pari

al 17,2% dei lavoratori e delle lavoratrici. L’industria

occupa il 44,3%, il terziario il 38,4 %. I maschi sono

occupati maggiormente nell’industria (48,6% dei

maschi totali occupati), seguono i servizi (34,7%) e

l’agricoltura (16,7%). Per le femmine il settore di

occupazione privilegiato sono i servizi (48,6%),

seguono l’industria (32,9%) e l’agricoltura

(18,6%)”29.

29Cfr. http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?cluster=cen, consultato in data 11 giugno 2012.

Figura 2.1 Torino, 1960 ca. Immigrati nella Stazione Porta Nuova, ripresi mentre dormono nella a sala d'attesa di II° classe. ( http://www.fotopromemoria.it/)

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21

Questi dati evidenziano come l’Italia degli anni Cinquanta abbandonò il secolare

connotato agrario e contadino per trasformarsi in un’Italia industriale, terziaria e impiegatizia

lasciandosi alle spalle i valori della società rurale per entrare a pieno nella società dei consumi.

La profonda trasformazione non avvenne in modo graduale, ma fu così repentina da

compiersi in modo disordinato, aggravando ulteriormente gli storici squilibri territoriali.

Le migliori condizioni di vita dell’impiegato e dell’operaio, rispetto a quelle del

contadino trovarono, tuttavia, una corrispondenza nei pesanti costi umani e sociali provocati

dalla “realtà di una migrazione interna che tra il 1958 e il

1963 vide dalle 600.000 alle 800.000 persone spostarsi da

Sud al Nord, mentre circa un milione erano quelle che

emigrarono all’estero”30.

Si assistette ad uno sradicamento di massa in cui le

comunità del Sud, progressivamente abbandonate dalla

parte migliore della forza lavoro, vissero il fenomeno della

disgregazione culturale mentre al Nord gli immigrati spesso

vivevano in condizioni precarie, in alloggi fatiscenti e

faticavano ad integrarsi a causa dei forti pregiudizi.

“Non posso nascondere che passato il momento

iniziale dell’euforia, di trasferirsi in una grande città come Milano, questo mi portò a momenti

di depressione che poi mi passavano quando la sera eravamo tutti insieme. Perché all’inizio

non avevo amici, tutti ci trattavano con diffidenza, ci guardavano dalla testa ai piedi, si

giravano quando ci sentivano parlare, ci

buttavano sempre battutine sui terroni, che

non sapevamo parlare bene l’italiano, che

eravamo mafiosi, fannulloni...”31. Questa è

solo una delle numerosissime testimonianze

delle sofferenze personali, familiari e sociali

che gli immigrati italiani subirono in quegli

anni, in questo caso si tratta di una donna

che dalla Sicilia si era trasferita a Milano

subito dopo il matrimonio per seguire il

marito.

30 S.Santamaita, Storia della scuola. Dalla scuola al sistema formativo, Mondadori, Milano, 1999, p.145. 31 Cfr. http://www.valguarnera.com/parliamo_di/vivere_da_Stranieri.htm, consultato in data 23 giugno 2012.

Figura 2.2 Torino, 1961. Alloggio provvisorio per immigrati meridionali sfrattati. ( http://www.fotopromemoria.it/)

Figura 2.3 Il gruppo familiare Ballin (Morghera 1960): è evidente l'alto numero di bambini. (http://www.fimed.net/images/IMGNewsletterPuntoTecnico/File/riv_demografica.pdf )

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Un altro importante fenomeno fu quello dell’esplosione demografica, tra la seconda

metà del 1950 e il 1960, anche in Italia, così come nel resto dell’Europa occidentale, negli

USA e in Giappone, si assistette al fenomeno del baby boom: il censimento del 1951 registrò

più di 47 milioni di abitanti e quello del 1961 più di 50 milioni, la crescita nel decennio fu

quindi di circa 3 milioni di abitanti senza considerare l’emigrazione all’estero32.

L’incremento demografico determinò l’aumento della domanda di beni di consumo, di

abitazioni e di strutture sociali, quali ospedali e scuole. L’inserimento degli immigrati

meridionali nelle città industriali mise in evidenza il divario economico, sociale e culturale tra

il Nord e il Sud d’Italia che si attenuò progressivamente grazie alla diffusione di alcuni

consumi di massa, soprattutto della televisione e dell’automobile, e, per i più giovani, alla

scolarizzazione.

Si rendeva necessaria l’unificazione linguistica e culturale del Paese, l’uso della lingua

nazionale a scapito dei dialetti; la televisione (la Rai iniziò le trasmissioni il 3 gennaio del

1954) venne pensata anche come strumento di educazione e informazione per aiutare a

combattere l’ignoranza derivante dal diffuso analfabetismo. In tal senso, essa contribuì a creare

una lingua nazionale molto più di quanto fosse stata in grado di fare la scuola.

2.2 L’analfabetismo

“Nel 1951 quasi 20 milioni di italiani (46,3%) sapevano leggere e scrivere ma non

avevano alcun titolo di studio (alfabeti), circa 13 milioni (30%) erano in possesso della licenza

elementare, poco più di 2,5 milioni (5,9%) avevano conseguito la licenza media, circa 1,4

32 Cfr. http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?cluster=cen, consultato in data 2 luglio 2012.

Figura 2.4 (http://www.radiomarconi.com/marconi/primi_monoscopi_rai.html)

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milioni (3,3%) erano diplomati mentre il traguardo della laurea era stato raggiunto da appena

422 mila persone (1%)”33.

Tabella 1 Tasso di analfabetismo nei paesi industrializzati

Estratto dal Libro-Agenga “FINO AL 2001 E RITOTNO” di Francocomputer

(http://www.storiologia.it/tabelle/popolazione04.htm )

Anno Italia Spag Ger-

Aus Sviz Franc

Sv-N-

D

Be-

Ol- Inghilt (USA) (Giapp)

1950 12,9 16 1 1 4 0,5 3 2 3 2

1960 8,3 12 1 1 3 0,5 2 1 2 1

Nel 1950 gli analfabeti erano il 12, 9 % della popolazione italiana, di cui il Sud e le

Isole erano le zone d’Italia più colpite dal fenomeno (rispettivamente il 24,6% e il 24%) . Il

Nord-Ovest invece aveva il dato più basso (2,8% della popolazione), seguito dal Nord-Est

(6,3%). Il Centro (11,5%) era in linea con la media nazionale.

Nel 1960 il numero di analfabeti si era ridotto quasi quattro punti percentuali in meno

nell’arco di un decennio. Erano, l’8,3% della popolazione. Al Sud e nelle Isole l’analfabetismo

era sceso intorno al 15% (rispettivamente 16,3% e 15,5%). La regione più alfabetizzata era il

Trentino (gli analfabeti erano lo 0,9% della popolazione). Sebbene diminuito, l’analfabetismo

in Italia era ancora un grave problema, a quota 8,3%, contro il 3% della Francia, l’1% della

Gran Bretagna e della Germania34.

La scuola, che non aveva finanziamenti sufficienti per affrontare le diffuse situazioni di

degrado strutturale e per la completa fornitura delle

strumentazioni didattiche, non sembrava essere in grado

di stare al passo con i cambiamenti in atto nel Paese,

immobilizzata in un apparato burocratico sempre più

diffuso ed impegnata solamente nella sua gestione

ordinaria.

Il Ministero della Pubblica Istruzione decise di

utilizzare la televisione per supplire alle carenze del

sistema scolastico.

Nel 1954 nacque Telescuola che permise di

conseguire un diploma di scuola media a tutti coloro che per mancanza di scuole secondarie

33 Cfr. http://www.istat.it/it/files/2011/06/italiaincifre2011.pdf, consultato in data 10 luglio 2012. 34 Cfr. http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?cluster=cen, consultato in data 10 luglio 2012.

Figura 2.5 Dal documentario “TV Buona Maestra-La lezione di Alberto Manzi” regia di Luigi Zanolio (http://www.centroalbertomanzi.it/video.asp)

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nei luoghi di residenza erano stati costretti a interrompere gli studi dopo la quinta classe

elementare. Al programma Telescuola fece seguito, nel 1961, Non è mai troppo tardi, condotto

dal maestro Alberto Manzi, che offrì corsi di istruzione popolare per adulti analfabeti. Il

successo e l’efficacia di questo programma furono straordinari. Nel 1968 la trasmissione venne

sospesa poiché era notevolmente aumentata, rispetto a otto anni prima, la frequenza alla scuola

dell’obbligo35.

Tra i diversi ordini di scuola, quella elementare, nel decennio dal 1948-49 al 1958-59,

sembrava aver comunque raggiunto quasi tutta la popolazione con circa cinque milioni di

iscritti e poco meno di duecentomila maestri. Tuttavia, la grande diffusione delle bocciature

non consentiva a diversi bambini, soprattutto i figli degli operai e dei contadini, di completare

l’istruzione elementare.

2.3 La dispersione scolastica: contro la scuola selettiva

Malgrado una complessiva crescita della scolarizzazione che, oltre la scuola

elementare, interessava anche l’istruzione media inferiore, nell’allora vigente doppio binario

(scuola d’avviamento professionale e scuola media con il latino), e la scuola secondaria, la

crescente domanda del Paese di scolarizzazione, determinata dallo sviluppo economico, veniva

soddisfatta soltanto parzialmente.

Grandi masse di giovani continuavano ad essere escluse dal sistema formativo e,

congiuntamente, già al termine della scuola elementare, perduravano forti meccanismi di

selezione sociale, a causa della riforma gentiliana ancora vigente che predeterminava gli

sbocchi scolastici a seconda dell’estrazione sociale dei ragazzi.

Sotto il profilo politico, nel 1958 venne presentato al Parlamento il Piano di sviluppo

della scuola italiana, voluto con forza da Amintore Fanfani che contemporaneamente

ricopriva le cariche di presidente del Consiglio, di ministro degli Esteri e segretario nazionale

della DC. Al Piano erano favorevoli sia le associazioni professionali sia i vari esponenti

appartenenti all’area cattolica, mentre erano contrarie le forze politiche e culturali laiche e di

sinistra che ne criticavano l’impianto puramente finanziario e gli intenti di finanziamento della

scuola privata. Dopo quattro anni, il Piano si arenò alla Camera che votò, invece, un piano di

spesa triennale. Malgrado l’iter parlamentare difficoltoso, la spinta verso un rinnovamento

della scuola da parte del mondo politico era molto forte: da una parte c’era il contributo

35 Cfr. http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/pop/schedaVideo.aspx?id=1084, consultato in data 30 giugno 2012.

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dell’intellettuale cattolico Aldo Moro, ministro della pubblica istruzione dal luglio 1958 al

febbraio del 1959, dall’altra quello del PCI che dal 1955 aveva avviato un profondo dibattito

sulla scuola e che nella campagna elettorale del 1958 fu l'unico partito che aveva messo al

centro del suo programma scolastico l'istituzione della scuola media unica obbligatoria e

gratuita dai 6 ai 14 anni.

Nell’ambito del personale docente si svilupparono diverse inquietudini e fermenti

contro il malessere della scuola e verso spinte innovative; dal punto di vista didattico e

pedagogico, i docenti iniziarono a cogliere e a far proprie le istanze più moderne per avviare

percorsi di sperimentazione e dar vita a nuovi modelli di insegnamento.

Il 1962 costituì l’anno della nascita della scuola media unica, obbligatoria e gratuita che

doveva assicurare a tutti gli adolescenti la stessa formazione di base e la possibilità di

proseguire gli studi scelti liberamente.

Pochi anni dopo, nel 1966, un ragazzo, Enrico, soprannominato il Faina, giunse alla

scuola di Barbiana con la notizia della sua bocciatura al primo anno della scuola superiore.

Enrico aveva raggiunto la licenza media insieme ad un gruppo di ragazzi della scuola di

Barbiana e, con alcuni di loro, si era iscritto all’istituto magistrale poiché, sulla scia di Don

Lorenzo Milani, voleva fare il maestro.

Prendendo spunto dalla sua

bocciatura iniziò il lavoro di scrittura

collettiva che poi è diventato Lettera a

una professoressa, pubblicato l’anno

successivo.

Il libro ha costituito una dura

condanna nei confronti della scuola

selettiva ed in particolare verso

l’atteggiamento dei suoi insegnanti, o

almeno di una parte di essi. Costituisce a

tutt’oggi il manifesto del rifiuto di

qualunque forma di selezione e dell’impegno per la trasmissione dei saperi critici.

Don Lorenzo Milani giunse a rivoluzionare completamente il ruolo dell’educatore,

denunciando la natura classista della scuola italiana, una scuola non di tutti perché faceva

“parti eguali fra diseguali”, e proponendo nuovi obiettivi e nuovi strumenti che potessero

concretamente andare incontro ai bisogni dei ceti meno abbienti.

Figura 2.6 Don Milani e la scuola di Barbiana (http://www.donlorenzomilani.it/barbiana/percorso_didattico.php)

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In Lettera ad una professoressa documentò, su dati ISTAT, che dal 1954 al 1959 la

scuola dell’obbligo perdeva in otto anni il 70% dei suoi iscritti:

La scuola ha un problema solo. I ragazzi che perde.

La vostra “scuola dell’obbligo” ne perde per strada 462.000 l’anno. A questo punto gli unici incompetenti siete

voi che li perdete e non tornate a cercarli. Non noi che li troviamo nei campi e nelle fabbriche e li conosciamo da

vicino.

I problemi della scuola li vede la mamma di Gianni, lei che non sa leggere. Li capisce chi ha in cuore un ragazzo

bocciato e ha la pazienza di metter gli occhi sulle statistiche.

Allora le cifre si mettono a gridare contro di voi. Dicono che di Gianni ce ne sono milioni e che voi siete o stupidi

o cattivi.

Temendo che le tavole statistiche le restassero indigeste le abbiamo messe in appendice. Qui nel testo le

riduciamo a misura umana. Grandi quanto ce ne sta in un’aula che si abbraccia con uno sguardo affezionato.

La piramide abbiamo preferito tenerla qui. È un simbolo che si imprime negli occhi.

Dalle elementari in su sembra tagliata a colpi d’ascia. Ogni colpo una creatura che va a lavorare prima di essere

eguale 36.

(Allegati 3 e 4)

Nel 1951, tre anni prima che Don Lorenzo Milani venisse “esiliato” a Barbiana a causa

del suo apostolato che applicava il Vangelo senza alibi e compromessi, nasceva in Italia il

Movimento di cooperazione educativa (MCE) di cui facevano parte “un gruppo di

sperimentatori che lavoravano a diffondere una pedagogia, una didattica, un modo di pensare,

di operare, di associarsi democratici, un atteggiamento non autoritario nei rapporti coi bambini

e i ragazzi; che parlavano di testo libero, tipografia, schedari, e non s’accontentavano di

parlarne e scriverne ma traducevano tutto ciò in pratica quotidiana e si riunivano per

scambiarsi le esperienze; che sapevano di pedagogia, psicologia e didattica, avevano letto

Piaget e Dewey, Rousseau, Claparède e cercavano un contatto coi professori universitari, ma li

trattavano da pari”37.

Il MCE rappresenta forse il più importante movimento pedagogico e didattico italiano

le cui istanze democratiche sono state essenziali per il rinnovamento didattico e metodologico

della scuola elementare. Senza dubbio il fermento culturale degli anni ’60 ha posto le basi per

la nascita di una scuola, in particolare quella elementare, che fosse realmente per tutte e tutti,

contro ogni aspetto selettivo e ogni discriminazione sociale.

La scuola, che negli anni ’70 diverrà scuola di massa e nel corso del successivo

ventennio sistema formativo, deve la sua profonda trasformazione anche ad insegnanti quali

36 Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, 1967, p.35. 37 G. Bini, Prefazione a A.Pettini, Origini e sviluppo della cooperazione educativa in Italia. Dalla CTS al MCE (1951-1958), Emme, 1980, p.VII.

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Giuseppe Tamagnini, Aldo Pettini, Raffaele Laporta, Bruno Ciari, Mario Lodi, Idana Pescioli,

Giovanna Legatti, Albino Bernardini, Anna Marcucci Fantini per citare solo alcuni che

entrarono a far parte del MCE. Ma anche grazie a tanti altri maestri che si sono spesi nella

scuola e per la scuola, quali i già citati Don Lorenzo Milani e Alberto Manzi. (Allegati 5 e 6)

In conclusione, risulta evidente che dagli anni ’60 in poi, in modo graduale e

disomogeneo, i Programmi didattici per la scuola primaria del 1955 risultavano già

ampiamente superati nella pratica scolastica: le spinte innovative verso un approccio diverso

tra docente e discente, sempre meno eterodiretto e, al contrario, mirante alla cooperazione tra

alunni e alla partecipazione attiva del bambino alla vita della scuola, si diffondevano tra gli

insegnanti grazie anche all’acceso clima culturale e politico del Paese.

Dopo gli anni ’60 la pedagogia, e in particolare la pedagogia sociale, rilevò anche

l’importanza e la presenza dell’extrascuola nel sistema formativo complessivo.

I rapporti “scuola-famiglia”, “scuola-ambiente” e “scuola-società” iniziarono a

costituire tematiche sulle quali costruire una nuova didattica che tenesse conto dell’ambiente di

appartenenza della persona, dal micro al macrosistema. Si andava così via via sgretolandosi il

concetto del programma scolastico da replicare in maniera asettica per porre maggiore

attenzione alla singolarità di ciascun alunno.

Gli anni Settanta sono stati un decennio caratterizzato da un intenso dibattito sulla forma e sul ruolo della scuola

pubblica. In quegli anni sono state varate leggi innovative e si sono manifestate proficue rivoluzioni didattiche.

Gran parte delle innovazioni sono state prodotte dal basso, in centinaia di "officine" scolastiche dove insegnanti,

bambine e bambini, studenti, comitati di genitori e di quartiere prendevano nelle loro mani le tradizioni della vita

scolastica e le riplasmavano secondo le nuove sensibilità emerse dalla società civile.

Tutto il periodo ha visto un continuo e intenso scambio di stimoli e di condizionamenti positivi e reciproci tra la

società e la scuola, entrambe in trasformazione. Si rafforzava l'idea di una ragione sociale della scuola pubblica.

La scuola divenne così oggetto di investimenti emancipativi da parte dei ceti sociali popolari alla ricerca di

eguaglianza, protagonismo, diritti.

Sulla scuola si riversarono energie e sguardi utopici finalizzati ad una trasformazione democratica e ad un

inveramento di giustizia sociale38.

38 Dal volantino di presentazione del CDS 70 in http://www.cespbo.it/CDS70.htm, consultato in data 2 luglio 2012.

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2.4 Il Tempo Pieno

Fino al 1971 i profondi mutamenti in campo pedagogico, didattico ed educativo nella

scuola elementare non avevano investito il profilo legislativo e dunque l’ordinamento e

l’assetto organizzativo della scuola elementare erano rimasti grossomodo inalterati.

Con la legge 820 del 1971 (ministro dell’istruzione era l’on. Misasi e il governo era

retto da una coalizione di centro-sinistra) presero il via una serie di provvedimenti innovativi

che intesero superare la struttura fondamentale della scuola elementare tradizionale costituita

dalla figura del maestro unico in una sola classe.

Il boom economico aveva indotto grosse trasformazioni anche a livello sociale:

la stratificazione della società, il lavoro per le donne che un’economia contadina relegava, a diritto o ragione, ad

un ruolo di cura della famiglia, la nascita del consumismo e il crescente benessere economico, hanno determinato

forti imput anche per cambiamenti a livello scolastico. Si avvertiva la necessità di una scuola in grado di

accogliere la sempre maggiore domanda di “delega educativa” operata dalle famiglie per i propri figli. Il

coinvolgimento nel circuito lavorativo delle

mamme che, dovendo lavorare per lo più in

fabbriche, vedevano ridotto il loro tempo da

dedicare ai figli, che nel migliore dei casi, si

riversava sui nonni (diventato da allora “nonni

sitter”) e, in alternativa, sulle scuole39.

Nel 1969, Torino era la città

dell’immigrazione dal Sud d’Italia e il

Comune aveva attivato oltre 700 classi

di doposcuola che fornivano un

servizio ad un livello qualitativamente

elevato; eppure le famiglie operaie del

quartiere Vallette avevano occupato le scuole elementari del quartiere perché volevano che

funzionassero a tempo pieno.

Sebbene il bisogno di cura e custodia dei propri figli fosse stato soddisfatto, i genitori,

insieme ad un movimento di maestre e maestri impegnati sul fronte della scuola democratica e

popolare, volevano un modello di scuola che accogliesse e integrasse le diversità e non

ghettizzasse e separasse come i doposcuola.

39 G. Pesci, Il maestro unico: contributi scientifici a confronto, Armando, Roma, 2009, p.77.

Figura 2.7 Anni Settanta – Lotte per il Tempo Pieno (http://www.cespbo.it/CDS70/foto.htm )

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Episodi analoghi si sono svolti in molte città in cui erano stati attivati doposcuola

istituzionali, soprattutto nelle regioni del centro-nord: Toscana, Piemonte, Emilia Romagna e

Lazio.40

L’articolo 1 della L.820/1971 istituì la possibilità e le modalità di organizzare la scuola

a tempo pieno, ma in realtà parlò solo di “avvio della realizzazione della scuola a tempo

pieno”, come se questo modello di scuola dovesse essere strutturato successivamente. Di fatto,

tutte le scuole ordinate secondo le disposizioni del suddetto articolo di legge furono

denominate semplicemente scuole a tempo pieno.

Il tempo pieno non costituì

semplicemente un allungamento

dell’orario scolastico, ma un nuovo

modello organizzativo ed educativo-

didattico.

La legge 820 aveva previsto:

• “attività integrative

• Insegnamenti speciali

• la pluralità dei maestri

• un ampliamento (fino al

raddoppio) dei maestri

• la possibilità della mensa aperta a tutti gli alunni”41.

Negli anni il tempo pieno ha assunto il valore di un modello di scuola che, anche grazie

ai tempi distesi, ha reso possibili una maggiore omogeneità di stimoli e strumenti culturali da

fornire agli alunni le cui condizioni socio-familiari sono altresì caratterizzate da netti dislivelli;

l'insegnamento individualizzato, affinché ciascuno possa operare con ritmo personale; il

recupero e l’approfondimento; la costruzione di rapporti sociali e affettivi significativi alla

base di ogni apprendimento; una reale motivazione all'apprendimento attraverso le attività

ludiche, espressive e creative.

40 P. Castello, Crescere con il tempo pieno, in Quaderni del Cesp - Crescere nel tempo pieno. Far crescere il tempo pieno, Massari, Bolsena (VT), 2003, n.1. 41 P. Gallegati e D.Tinelli , I nuovi Ordinamenti della scuola elementare, Juvenilia, Milano, 1998, p. 26.

Figura 2.8 Anni Settanta – Lotte per il Tempo Pieno (http://www.cespbo.it/CDS70/foto.htm )

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2.5 La scuola come comunità

Durante la stagione della contestazione che si svolse tra gli anni Sessanta e Settanta, il

dibattito scolastico era caratterizzato da un’accentuata politicizzazione che coinvolse l’intera

società italiana e da un’emancipazione degli stessi stili di vita. Le istanze erano quelle

dell’abbattimento del principio di autorità e della definizione di una nuova società più libera e

più giusta.

Le proteste, le autogestioni, i modelli pedagogici alternativi avviarono un processo

partecipativo che vide nel riaccostamento della scuola alla società, e in particolare nel

coinvolgimento delle famiglie, quel rinnovamento che avrebbe dovuto adeguare la scuola alle

prospettive della realtà sociale.

La scuola doveva superare il carattere di autoreferenzialità rispetto alla più ampia

comunità sociale nella quale era inserita, da più parti si sollevarono voci per sollecitare la

scuola a porsi nell’ottica di una comunità aperta e capace di sviluppare sinergie virtuose con la

vita sociale42.

Era necessario articolare il sistema scolastico su base territoriale per aprirlo a una

maggiore partecipazione delle componenti scolastiche e delle forze extrascolastiche.

“Il sistema della pubblica istruzione sarebbe stato in grado di reggere alle sfide della

scolarizzazione di massa solo se si fosse liberato del pesante apparato centralista che lo

soffocava, se si fosse aperto all’autonomia e a un maggiore protagonismo delle sue

componenti (insegnanti e dirigenti, studenti, famiglie)”43.

Il Ministero della Pubblica Istruzione, guidato dall’on. Malfatti fino al 1978, tentò una

mediazione con una serie di provvedimenti legislativi che passarono alla storia con il nome di

decreti delegati 44 e che si mossero intorno a tre fondamentali principi:

- la concezione della scuola come comunità che interagisce con la più vasta comunità

sociale (furono istituiti e regolamentati gli organi collegiali, che per la scuola

elementare costituirono una novità storica, in cui assumevano rilievo istituzionale le

componenti scolastiche);

42 G. Vico (a cura di), Aldo Agazzi: l'amore per l'uomo e la teoresi pedagogica : convegno di studio nel centenario della nascita (1906-2006), V&P, Milano, 2008. 43 S. Santamaita, Storia della scuola. Dalla scuola al sistema formativo, Mondadori, Milano, 1999, p.175. 44 I provvedimenti furono di due livelli: - una legge delega (L. 447/1973) con cui il Parlamento delegò il governo ad emanare nuove norme sul personale della scuola e ad istituire e riordinare gli organi collegiali della scuola stessa; - una serie di decreti delegati (DPR 416, 417, 418,419 e 420 del 31 maggio 1974) che, in attuazione della predetta legge, introdussero le nuove norme.

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- una nuova concezione della funzione docente che si articolò come attività di

trasmissione della cultura, come contributo alla formazione di essa, come impulso

alla partecipazione dei giovani a tale processo e come formazione umana e critica

della personalità dei discenti,

- l’innovazione pedagogico-didattica, per la prima volta prevista e definita

istituzionalmente attraverso la sperimentazione e l’aggiornamento dei docenti come

diritto-dovere45.

La riforma conteneva importanti potenzialità che talvolta, però, non si sono sviluppate

nella direzione desiderata: non sempre il sistema formativo è riuscito ad integrare scuola e

territorio, probabilmente perché il distretto scolastico non fu pienamente attuato come organo

di gestione partecipata tra il potere politico e la scuola con la sua individualità.

Progressivamente, le famiglie si sono allontanate dalla partecipazione attiva e diretta:

da un’indagine condotta in merito, è risultato che a 15 anni dall’entrata in vigore dei decreti

delegati meno della metà (43%) dei genitori conosceva gli organi collegiali, solo il 28% vi

aveva partecipato e pochissimi (16%) la considerava un’esperienza positiva46.

2.6 Il diritto allo studio per tutti

Nella storia della scuola elementare, gli anni Settanta hanno segnato la rottura della

didattica fondata sulla distinzione degli scolari in base alle capacità e al profitto scolastico per

divenire il luogo di sviluppo e maturazione della persona nella sua globalità.

Le trasformazioni avvenute sia dal punto di vista culturale che legislativo inerirono

l’approccio educativo degli insegnanti e, di conseguenza, il loro modo di confrontarsi con le

diverse soggettività degli alunni.

Si andava superando la concezione della figura di alunno ideale così come era stata in

precedenza delineata da un insegnante:

Io penso che l’alunno che ogni insegnante spera di incontrare sia intelligente, pronto all’impegno continuo,

capace di prendersi le proprie responsabilità e che si mostra rispettoso verso tutte le diverse norme che regolano la

vita comunitaria; questo significa anche essere rispettosi verso ogni forma di autorità… 47.

45 P. Gallegati e D.Tinelli , I nuovi Ordinamenti della scuola elementare, Juvenilia, Milano, 1998. 46 S. Cudini, M, Morganti, Scuola e territorio: come attivare e promuovere progetti con le comunità locali, Franco Angeli, Milano, 2003. 47 G. Petracchi, Decondizionamento, La Scuola, Brescia, 1976, p.77.

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Il 4 agosto del 1977 venne varata la legge n.517 che costituì una vera e propria riforma

della scuola, in particolare di quella elementare, perché modificò i tratti fondamentali del

rapporto maestro-scolaro attraverso i profili, strettamente correlati tra loro, della valutazione,

della programmazione educativa e dell’innovazione scolastica, dell’integrazione dei bambini

portatori di handicap. Su questi temi si proponeva il concetto di educazione nella scuola per

tutti su basi del tutto nuove.

La L.517/77 abolì la valutazione tradizionale dei voti e della pagella formalizzando la

distinzione pedagogica tra valutazione educativa e valutazione selettiva già viva e cosciente

nella coscienza professionale più avvertita.

L’abolizione del voto tradizionale era la conseguenza di una diversa concezione

dell’alunno e dell’atto valutativo: la valutazione doveva essere globale e complessiva, doveva

tenere presente la dimensione intellettuale e cognitiva insieme a quella emotivo-affettiva e

relazionale e a tutti i fattori extrascolastici (ambiente sociale, culturale, familiare, ecc.) che

entrano a far parte del processo di crescita dell’alunno.

Inoltre, la valutazione non sarebbe più dovuta servire a motivare ad apprendere, in altre

parole l’insegnante non avrebbe più potuto usare lo strumento del voto come premio o castigo

per stimolare l’alunno o del voto in condotta per attestare l’attitudine all’obbedienza, la

capacità di inserimento nel sistema e il rispetto delle regole. L’insegnante avrebbe dovuto

limitarsi ad una descrizione contingente e puntuale di quanto si era verificato nel processo

didattico, pronta ad essere cambiata e modificata in rapporto all’andamento di questo e

all’evoluzione delle prestazioni dell’alunno.

Già si è accennato all’esempio di Alberto Manzi che applicava i più innovativi principi

pedagogici rifiutandosi di classificare i propri alunni attraverso la valutazione numerica; nel

merito si ritiene estremamente interessante riportare integralmente il carteggio originale

intercorso tra il maestro Manzi e il direttore didattico della sua scuola nel 1976 (Allegato 7).

Strettamente correlata alla valutazione, la programmazione poneva come finalità quella

di adeguare i processi educativi ai livelli di maturazione via via raggiunti dall’alunno,

spostando il centro dell’attività didattica dall’ambito dei contenuti a quello dei processi di

apprendimento.

Su queste basi si profilava l’avvio di una scuola che rispettasse il diritto allo studio di

tutte le bambine e di tutti i bambini che per la prima volta trovava un fondamento giuridico e

che aveva il suo punto di forza nell’integrazione degli alunni disabili nella scuola dell’obbligo

(elementare e media). Prima della L.517 del 1977 e a decorrere dalla metà degli anni

cinquanta, i bambini con disabilità psichica o sensoriale venivano accolti nelle scuole speciali

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o nelle classi differenziali. Queste ultime, sorte con l’intento di favorire l’inserimento nelle

classi normali dei bambini con lievi ritardi, finirono per diventare dei percorsi laterali dove

finivano in numero crescente gli alunni “difficili”, quelli cioè che disturbavano il regolare

svolgimento delle lezioni e quindi dei programmi.

L’abolizione delle scuole speciali e delle classi differenziali e l’inserimento e

l’integrazione dei bambini diversamente abili nella scuola dell’obbligo hanno costituito per

questi un potente fattore di crescita e di sviluppo grazie ai rapporti con tutti gli altri bambini e

ai fattori di stimolo esistenti nella vita normale. Inoltre, l’introduzione nella didattica di

tecniche specifiche ha rappresentato un grande vantaggio per tutti. La diversità ha svolto la

funzione di stimolare l’affiatamento della classe, la capacità individuale e collettiva di

accogliere la diversità degli altri e di accettare la propria.

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Capitolo terzo

I Programmi nazionali del 1985

3.1 Un disegno democratico tra riflessione pedagogica, istanze sociali e sfide culturali

L’ampio movimento di esperienze, di studi e di ricerche che, dagli inizi degli anni

Ottanta, aveva animato la scuola elementare nella prospettiva di un’imminente riforma erano

alla base della realizzazione dei Programmi nazionali del 1985. Una ragguardevole mole di

idee, proposte, indicazioni ed ipotesi provenienti dalle organizzazioni sindacali e dalle

associazioni professionali e l’accresciuto interesse sociale e politico per i problemi del sistema

formativo, a cominciare dalla scuola elementare, costituivano un terreno molto fertile sul quale

lavorare.

In tal senso, in campo politico, il PCI presentò una sua proposta di legge nel1980, il

PSI nel 1981 e la DC nel 1983; in campo professionale, l’AIMC si impegnò con

determinazione per il rinnovamento della scuola elementare proprio a partire dalla riforma dei

Programmi; nel settore dell’editoria specializzata notevoli contributi furono forniti dalle riviste

scolastiche, quali Riforma della scuola, l’Educatore, Scuola italiana moderna. Apporti di

rilievo furono recati anche dal MCE e dagli interventi di studiosi ed esperti di problemi

educativi e scolastici.

Come ampiamente illustrato, era da tempo che l’innovazione pedagogico-didattica e

legislativa aveva superato i Programmi del 1955, tanto che la sostituzione dei programmi della

scuola elementare costituiva una necessità, era richiesto un cambiamento che fosse aderente al

tessuto storico-socio-culturale del tempo e ai nuovi bisogni formativi dei bambini e delle

bambine a cui gli estensori dei Nuovi Programmi Nazionali dovettero rispondere.

I Programmi Nazionali del 1985 furono il frutto di un lungo lavoro iniziato nel 1981

che si sviluppò in tre fasi: una prima Commissione, insediata con decreto ministeriale

dall’allora ministro della pubblica istruzione on.Guido Brodato e composta da venti membri tra

docenti universitari, ispettori scolastici e direttori didattici, elaborò le linee fondamentali e

generali dei programmi; una successiva Commissione (che aveva raggiunto il numero di

sessanta membri, grazie all’integrazione di altri docenti universitari specialisti delle varie

discipline e di altri nuovi operatori della scuola primaria, tra cui una decina di insegnanti

elementari) stese la bozza dei programmi; infine, il Consiglio Nazionale della Pubblica

Istruzione espresse il suo parere ampiamente favorevole. Ad accompagnare i lavori delle tre

commissioni larghe e rappresentative vi fu l’apporto costante dei portavoce delle riviste

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specializzate, dell’associazionismo professionale, di gruppi di docenti impegnati in

sperimentazioni e di moltissimi dibattiti con la base.

I lavori della prima Commissione furono caratterizzati da una forte conflittualità

interna, superata grazie ad alcuni accadimenti così raccontati da Franco Fabbroni, membro

della Commissione stessa:

Molti commissari non se la sentono di mettere mano ai nuovi sentieri cognitivi di una “elementare” chiamata a

reggere il passo culturale di una società dalle fulminee e spettacolari trasformazioni tecnologiche-scientifiche

prima che lo Stato riconosca la fondamenta e le architetture istituzionali e sociali del primo grado dell’obbligo (la

cui Legge di ordinamento affonda ancora dagli anni di piombo del “ventotto”). […] I lavori restano per qualche

tempo in posizione di surplace, di stallo. Si sbloccheranno poi […] grazie all’incrocio di due iniziative “vincenti”:

all’esterno, nel Paese, per merito dell’ampia e capillare mobilitazione delle coscienze civili promossa dal CIDI

mediante la raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare volta ad abrogare il Regio Decreto del 1928 e a

rifondare (attualizzandoli e ammodernandoli, gli assi culturali della scuola primaria; all’interno, in Commissione,

per merito della proposta/svolta di Mauro Laeng (vicepresidente) tendente ad articolare le Linee programmatiche

in due capitoli di lavoro […]: l’uno di diagnosi/radiografia dei “mali” accumulati dalla scuola elementare a

seguito della lunga latitanza-assenza-disimpegno istituzionale e culturale del legislatore nei suoi confronti […];

l’altro grappolo di un progetto/terapia attraverso la ridefinizione delle finalità socio-educative, della funzione

culturale, dell’organizzazione delle conoscenze e della filosofia curricolare di questo nevralgico pilastro di

sostegno della scuola dell’obbligo48.

Da questo momento in poi, i lavori procedettero senza più ostacoli, fu redatto il

Documento di medio-termine, il Rapporto sullo stato istituzionale, sociale e culturale della

scuola elementare sulle linee/progetto di rinnovamento complessivo del sistema formativo

della scuola di base. I Programmi Nazionali, emanati dal ministro on. Falcucci, entrarono in

vigore il 12 febbraio del 1985 con il DPR n. 104, si caratterizzarono per un alto profilo

culturale, per una forte attenzione al pluralismo socio-culturale, per la specificità

epistemologica delle discipline e la conseguente esigenza della pluralità dei docenti, per aver

posto l’allievo al centro del processo educativo-didattico e individuato come finalità prioritaria

della scuola elementare la formazione dell’uomo e del cittadino.

48 F. Fabbroni, Dal documento di medio termine al testo dei programmi, da A. Alberti et al., Il bambino della ragione, La Nuova Italia, Firenze 1984, p.6-7.

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3.2 La Premessa dei Programmi nazionali del 1985: un progetto culturale,

pedagogico, politico

La Premessa generale dei Programmi Nazionali del 1985 rappresenta il quadro

concettuale di riferimento per l’interpretazione degli stessi.

Essa si compone di tre parti fondamentali:

- Caratteri e fini della scuola elementare

- Una scuola adeguata alle esigenze formative del fanciullo

- Programma e programmazione

Con questi tre punti, strettamente correlati tra loro, gli estensori dei Programmi

ridisegnarono l’identità pedagogico-istituzionale e il modo di operare a livello educativo,

didattico ed organizzativo della scuola elementare.

La prima parte della Premessa si apre con il paragrafo Il dettato costituzionale in cui

viene introdotta l’idea di una scuola elementare che si caratterizza come scuola di educazione

Figura 3.1 Schema illustrativo dei temi trattati nella Premessa generale dei Prorgammi Nazionali per la scuola elementare del 1985

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alla convivenza democratica secondo i principi della Costituzione. Si riprese, dunque, uno dei

motivi ispiratori alla base dei Programmi del 1945: la formazione democratica.

Il fine primario è la formazione dell’uomo e del cittadino che comincia dai primi livelli

scolastici, durante gli anni dell’età evolutiva.

Rispetto ai Programmi del 1955, in cui il fine dell’istituzione primaria era assicurare la

formazione basilare dell’intelligenza e del carattere come condizione per una effettiva e

consapevole partecipazione alla vita della società e dello Stato, i Programmi del 1985

presentarono un’importante novità: il riferimento immediato e diretto agli articoli 3 e 4 della

Costituzione.

Se nei Programmi del 1955, come si è già rilevato, la concezione educativa era

dichiaratamente ispirata al personalismo cristiano, in quelli del 1985 essa era espressione di

una scelta di laicità e pluralismo. La rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale

che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo

della persona umana venne formalizzata come compito anche della scuola .

Insieme alla formazione dell’uomo e del cittadino i Programmi del 1985 posero un

altro fine alla scuola elementare: promuovere la prima alfabetizzazione culturale.

Scrive Mauro Laeng:

Tutti noi eravamo[…] ben consapevoli che l’uomo nasce sempre “datato” nello spazio e nel tempo entro una

cultura, e ne deve diventare erede, anche se è auspicabile che non ne divenga “servo sciocco”, e sia capace a

tempo debito di criticarla e superarla. […] La scuola non può […] sostituirsi alla famiglia, al gruppo di

appartenenza, alla Chiesa; non può né deve arrogarsi compiti non suoi. Ma educa, eccome: favorendo in ciascuno

la comprensione della sua collocazione storica, ma anche e soprattutto la comprensione di quegli universali

principi della convivenza che possono superare pregiudizievoli chiusure49

Si veda, dunque, la relazione tra i fini dell’alfabetizzazione culturale e della convivenza

democratica: la scuola elementare avrebbe dovuto sostenere, alimentare e guidare soprattutto i

processi cognitivi senza pretendere di sviluppare, di propria iniziativa, gli aspetti affettivi, i

sentimenti, gli atteggiamenti, i gusti, le preferenze e le scelte di valore; la finalità è la

formazione dell’uomo e del cittadino abilitato a compiere le proprie scelte di vita; dunque le

scelte educative sarebbero spettate alla famiglia e la scuola ne avrebbe dovuto rispettare

l’orientamento sebbene in un rapporto di interazione formativa con la più vasta comunità

49 M. Laeng, La “Premessa” ai nuovi programmi per la scuola elementare, da A.Alberti et al., Il bambino della ragione, La Nuova Italia, Firenze 1984, p.102-103.

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sociale; la scuola doveva aprirsi all’ambiente attraverso l’offerta di esperienze per il confronto

vario e pluralista.

Accanto alla famiglia e alla scuola venivano inoltre riconosciuti gli altri soggetti

implicati nell’impresa educativa segnalati dai diversi stimoli presenti nella realtà sociale, a

cominciare dai mezzi di comunicazione di massa; veniva cioè presa in grande considerazione

l’esistenza di una vita extrascolastica che sempre più stava invadendo e, in un certo senso,

condizionando l’educazione.

Il bambino italiano degli anni Ottanta che iniziava la scuola elementare veniva, infatti,

così descritto da Clotilde Pontecorvo, membro della Commissione che ha elaborato i

Programmi del 1985:

a. Si tratta di un soggetto già scolarizzato che nell’80 % dei casi (questa è la media nazionale) ha

frequentato una qualche scuola materna o privata;

b. è un bambino che nasce in una società a crescita zero, cioè in una famiglia in cui ci sono in media solo

due figli; in cui […] non è più una rarità essere figli unici, né primogeniti ed è dominante la condizione

di sopravvivenza di ambedue i genitori e addirittura di nonni: al calo demografico si accompagnano

perciò tutta una serie di condizioni per cui il figlio è oggetto di un maggiore investimento concreto e

mentale da parte dei genitori che ci interagiscono maggiormente, che partecipano con più

consapevolezza alla sua crescita, che avanzano più elevate pretese per la sua educazione rivolte anche

all’extrascuola […].

Questi due fattori – insieme all’effetto delle 5000 ore di televisione che in media ha già ricevuto un bambino

prescolare- fanno sì che prima di iniziare l’iter scolastico, il bambino sappia molte più cose, abbia già ricevuto

una notevole quantità di informazioni, di messaggi diversi, di immagini complesse e si sappia anche muovere

nella realtà tecnologica della vita quotidiana in cui ha contatti più frequenti con macchine e gadgets elettronici

diversi che con animali domestici o fenomeni della natura.50

Di conseguenza, la figura di alunno delineata dalla Premessa risulta aderente alla

società del tempo. Vi si legge:

Sin dalla prima infanzia il fanciullo è coinvolto in una realtà sociale caratterizzata da rapidi e profondi processi di

mutamento dei costumi, da atteggiamenti, comportamenti individuali e collettivi che stimolano ad interrogarsi,

rendendo forte l’esigenza di conoscere adeguatamente e di comprendere nella sua complessità la realtà che lo

circonda.

Si coglieva, dunque, la problematicità di una società che poneva al bambino forti

sollecitazioni spesso contraddittorie anche per l’influenza dei mass-media. Si venne a colmare

50 C. Pontecorvo, La scuola, il bambino, la conoscenza: la prima fase della scuola elementare, da A.Alberti et al., Il bambino della ragione, La Nuova Italia, Firenze 1984, p.56.

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l’esigenza di nuovi programmi rispondenti alle evoluzioni socio-culturali avvenute,

prefigurando un tipo di scuola che si adegua alle esigenze formative del fanciullo attraverso

l’offerta di una prestazione efficace fruibile a tutti gli alunni, qualunque sia il tipo e il grado

della loro “diversità”.

Il volto di scolaro ritagliato dal Documento di medio-termine sconfessa e ripudia la metafora d’infanzia tutta

“fantasia-sentimento-intuizione”, da trent’anni vessillo pedagogico sui tetti del primo grado dell’obbligo. Un

bambino – quello scontornato dai Programmi del ’55 – dimezzato, a una dimensione: costretto a fingere di

esistere dentro il .paradiso dorato dell’atemporalità, dell’astrattezza, del sogno. […] Il Documento di medio-

termine ci regala il ritratto del bambino della ragione: proteso certamente verso i sentieri/alti del lontano, del

possibile, del metastorico, ma anche terribilmente impegnato a vivere fino in fondo (facendosene eticamente

carico) i sentieri/bassi del proprio presente51.

Il nodo di questi Programmi consistette appunto nella qualità dell’intervento operato

dalla scuola sui processi di formazione di ogni singola persona, accolta nella sua unicità e

aiutata a integrarsi con gli altri. In pratica, perseguire con soggetti diversi risultati

sostanzialmente equivalenti e cioè garantire a tutti pari opportunità formative. Si trattava,

pertanto, di offrire a ogni alunno risposte unitarie ma al tempo stesso flessibili, adattabili. Ne

nasceva un ampio spazio di mediazione didattica in cui l’insegnante “trasforma” il programma

in programma-di-azione, programmazione, traducendo le “linee” programmatiche in itinerari

didattici organizzati e capaci di garantirne il successo.

La programmazione, già introdotta dai Decreti delegati del ’74 e, successivamente,

oggetto di normativa nel contesto della L.517/77 trovava, nei Programmi del 1985, una

funzione precisa: si qualificava per la metodologia della progettazione dell’insegnamento in

funzione dell’apprendimento.

La definizione centrale di “programmazione” che ne viene data è:

La programmazione, nel quadro della prescrittività delle mete indicate dal programma, delineerà i percorsi e le

procedure più idonee per lo svolgimento dell'insegnamento, tenendo comunque conto che i risultati debbono

essere equivalenti qualunque sia l’itinerario metodologico scelto.

Stabilite le “mete”, si profila tutta una gamma di “percorsi” e una varietà di

“procedure” che esigono scelte ponderate per agevolare l’apprendimento. Il procedimento

didattico differenziato, anche attraverso l’insegnamento individualizzato, nasceva dalla

constatazione che il livellamento della scolaresca, secondo il rendimento di un ipotetico alunno

51 F. Fabbroni, Dal documento di medio termine al testo dei programmi, da A. Alberti et al., Il bambino della ragione, La Nuova Italia, Firenze 1984, p.8.

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medio, fosse dannoso sia per i più “bravi” che per i più “deboli”. Di qui la necessità di adottare

un metodo che, rispettando i ritmi di maturazione e la capacità di ogni singolo alunno,

favorisse il graduale processo di apprendimento.

Veniva accolta l’idea di un alunno inteso nella sua globalità di sviluppo, ponendo

particolare attenzione al potenziale di cui dispone. Si vennero a considerare i bisogni primari,

quali il movimento, la cognizione e l’affettività nelle esperienze di relazione e di

apprendimento, cioè le forze dinamiche che interagiscono all’interno del processo di sviluppo,

esigenze di formazione.

Compito della scuola era fornire la capacità al bambino di “funzionare” interamente

come persona, sapendo integrare e organizzare le sue risorse e capacità in modo sinergico.

Nella Premessa è contenuta la scelta pedagogica riconducibile alle teorie organismiche

della personalità52 in cui la scuola diveniva il luogo dell’accoglienza di un alunno inteso come

persona totale; le risposte dell’alunno avrebbero dovuto essere comprese come messaggi a più

dimensioni, secondo i ritmi e le strategie che gli appartengono e mai come il risultato di una

sola parte della sua personalità.

Un ulteriore importante elemento è stato l’aver individuato un potenziale di creatività

attraverso cui ogni alunno opera e che, se valorizzato, diviene il veicolo attraverso il quale lo

stesso trova il piacere di imparare, di impegnarsi, di ottenere risultati. Appare evidente il

richiamo a Bruner che nella sua ipotesi sulla creatività introdusse il concetto di azione creativa

come azione che può generare una sorpresa produttiva come egli l’aveva chiamata, che non è

mai un fatto bizzarro o eccezionale:

[…] tutte le forme di “sorpresa produttiva” hanno la loro origine in una particolare forma di attività combinatoria,

in un disporre i dati in prospettive nuove - e sono il risultato- di un bisogno profondo di capire qualcosa, di

padroneggiare una tecnica, di rinnovare un significato53.

Oggetto di specifica trattazione dei Programmi del 1985 è stato, inoltre, il problema

delle situazioni di handicap o di svantaggio. Il principio della scolarizzabilità si estendeva a

tutti gli alunni in linea con quanto dichiarato a proposito di diversità e uguaglianza.

Gli alunni in difficoltà di apprendimento vennero considerati il problema pedagogico

per eccellenza e non un’eccezione di cui la scuola era costretta ad occuparsi.

52 Secondo la teoria organismica della personalità elaborata da Kurt Goldstein l’organismo si comporta come un tutto e non come un insieme di parti. Come già sostenuto dai gestaltisti, il tutto è superiore alla somma delle singole parti; quel che accade ad una parte del sistema si ripercuote sull’intero sistema stesso. 53J. S. Bruner, Il conoscere. Saggi per la mano sinistra, Armando, Roma, 2005, pp. 41e 45.

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Condizione-base per la riuscita di qualunque intervento era la programmazione

educativa e didattica che si sarebbe dovuta articolare e sviluppare “in modo da prevedere la

costruzione e la realizzazione di percorsi individuali di apprendimento scolastico che,

considerando con particolare accuratezza i livelli di partenza, ponga una progressione di

traguardi orientati, da verificare in itinere”.

I percorsi individuali di apprendimento scolastico, basati sul principio del

perseguimento di risultati sostanzialmente equivalenti, costituirono una profonda innovazione

in campo organizzativo-didattico. I percorsi dovevano essere programmati anche per l’alunno

che partisse in posizione di svantaggio rispetto agli altri, ma al quale, come agli altri, veniva

riconosciuto il diritto di raggiungere i traguardi essenziali alla sua formazione. Con questo non

si intendeva dire che fosse necessario costruire strade diverse da quelle degli altri, quanto alla

direzione da seguire, ma soltanto realizzare strade più agevoli che permettessero il rispetto di

ritmi e di modalità d’apprendimento, senza mai perdere di vista il traguardo e la speranza di

raggiungerlo.

Si può dunque affermare che, in linea con i principi sanciti dalla L.517/77 sul diritto

all’educazione e all’istruzione esteso a tutti, i Programmi del 1985 ebbero il grande merito di

aver affrontato a livello pedagogico-didattico e metodologico il problema delle difficoltà di

apprendimento causate sia dalla disabilità, sia dalle situazioni di svantaggio socio-culturale-

familiare, ponendo la diversità come un valore e non come devianza da una norma.

3.3 Unitarietà culturale e differenziazione disciplinare

Nel momento storico in cui i Programmi del 1985 sono stati formulati, le ricche

tensioni innovative avevano

prodotto processi di autonoma

trasformazione alla base della

scuola con l’abbandono dei

Programmi del 1955 e la

costruzione di un’autentica

varietà di “programmi” che, se

da una parte vivacizzò le

esperienze didattiche, dall’altra

rese difficoltosa la diffusione

delle varie esperienze

Figura 3.2 Un aula scolasica nel 1986 Da notare la disposizione dei banchi a ferro di cavallo e i cartelloni prodotti dai bambini alle pareti indice di un approccio didattico innovativo (http://www.indire.it/archivi/dia/index.php?ricerca=libera&formato=header&debug=0&lista=EDU&dbnpath=%2Fisis3%2Fdati%2Fdia%2Fimmag&come=on&query=1986&li)

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producendo squilibri all’interno del sistema scolastico del Paese.

Pertanto, gli estensori dei Programmi insistettero sulla funzione normativa del

programma e sulla sua prescrittività rispetto agli obiettivi da raggiungere. Tuttavia, tali

prescrizioni erano formulate come mete formative di ampio respiro, aspetti basilari della

formazione scolastica, nell’ottica della programmazione intesa come processo di attuabilità

del programma e messa a punto di curricoli reali, in situazione e all’interno di una visione

disciplinare che ponesse le basi nell’unitarietà culturale.

La “parte disciplinare” non venne presentata come una somma di programmi, ma come

un tutto organico in cui il concetto di programma, necessariamente articolato al suo interno,

veniva ad essere recuperato nel momento in cui si sarebbero affrontate le discipline, che ne

costituivano l’insieme, nella loro specificità.

Il testo parla di un passaggio continuo da una impostazione unitaria pre-disciplinare

all’emergere di ambiti disciplinari progressivamente differenziata in cui l’idea di alunno è

quella di colui che apprende e che elabora cultura, che è cioè interessato a trovare risposte a

domande che investono la realtà nel suo insieme e che pongono problemi che hanno a che fare

con tutta la cultura, in senso radicalmente unitario.

La scelta di presentare i programmi organizzati per discipline non significò

“secondarizzazione” precoce dell’insegnamento, ma soltanto attenzione a un sapere articolato

sulla base di esperienze di apprendimento sempre più sistematiche e differenziate, anche se

ancora legate a processi di globalizzazione della conoscenza.

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Capitolo quarto

Gli anni Novanta

4.1 La società postindustriale: globalizzazione e migrazione

Nei primi anni Novanta si era definito il processo di declinazione del ruolo dominante

delle attività industriali a favore del settore dei servizi. Lo sviluppo dell’elettronica, iniziato

nella prima metà del Novecento, contribuì notevolmente al realizzarsi di tale trasformazione in

cui trovò un ruolo fondamentale il diffondersi dell’informatica e lo sviluppo della rete Internet.

La cosiddetta rivoluzione elettronica, insieme all’uso dell’inglese come lingua

veicolare comune, rese straordinariamente veloci le comunicazioni abbattendone al tempo

stesso i costi e costituì uno dei fattori principali della globalizzazione, cioè dell’integrazione

economica e finanziaria a livello mondiale.

La stessa industria culturale fu altamente condizionata dallo sviluppo della

comunicazione elettronica: si moltiplicarono le imprese impegnate contemporaneamente in

diversi settori della comunicazione (giornali, libri, musica, cinema, televisione, Internet),

divenendo multimediali. I prodotti culturali di massa si standardizzarono e si mondializzarono,

raggiungendo anche i paesi fuori dall’Occidente.

Diverse furono le interpretazioni del fenomeno, visto da alcuni come un processo di

omologazione e annullamento delle culture locali, da altri come opportunità di confronto tra le

diverse civiltà del pianeta.

Dal punto di vista economico, la dimensione globale dei mercati offrì grandi possibilità

di espansione, ma al contempo portò, verso la fine del decennio, l’esplosione della bolla

speculativa a causa della crescita abnorme dei valori azionari di imprese legate allo sviluppo

della comunicazione in rete.

Inoltre, grazie alla disponibilità di una manodopera globale, le imprese occidentali

decentrarono la produzione nei paesi in cui il costo del lavoro era più basso determinando

nuove drammatiche forme di sfruttamento, soprattutto minorile.

Contro tutto questo, nacque alla fine degli anni Novanta il movimento transnazionale

“No global”, che raccoglieva organizzazioni e gruppi di diversa provenienza culturale e

politica, la cui prima manifestazione fu a Seattle nel dicembre del 1999, in occasione di una

conferenza dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto).

In Italia, dagli anni Ottanta alla fine del 2000, il radicamento annuale dell’immigrazione

aumentò progressivamente a causa di diversi fattori: esigenze del nostro mercato del lavoro,

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ricongiungimenti familiari, espulsioni nei paesi di origine e richieste di asilo politico o motivi

umanitari.

Nel corso di 19 anni (1982-2000) l’aumento è stato complessivamente di 1.032.722 soggiornanti (54.000

l’anno). L’aumento degli ultimi due anni è stato di 354.918 unità (34,4%), così ripartiti: 21,2% e 218.759

soggiornanti in più nel 1999 e 10,9% e 136.159 soggiornanti alla fine del 200054.

La sinistra, le Chiese cristiane e una parte della cultura liberale accolsero

favorevolmente il fenomeno

dell’immigrazione sia perché costituiva forza-

lavoro funzionale allo sviluppo economico, sia

perché apportatore di nuovi valori, di nuove

culture nell’ottica futura di una società

multietnica in cui le differenze avrebbero

dovuto essere protette e valorizzate,

soprattutto in ambito scolastico.

D’altro canto, si svilupparono anche forti forme di intolleranza, di difesa dell’identità

nazionale o religiosa e di vere e proprie forme

di xenofobia. Così il sociologo Alessandro Dal

Lago, in Non-persone: l'esclusione dei

migranti in una società globale, racconta lo

sviluppo di atteggiamenti di repulsione verso gli stranieri in Italia nel corso del decennio:

All’inizio degli anni Novanta, la sostanziale indifferenza delle istituzioni e della società italiana lascia il posto a

un’ostilità, simbolica materiale, sempre più decisa - una reazione rafforzata da provvedimenti di ordine pubblico

spettacolari che hanno legittimato una cultura dell’emergenza e della chiusura verso gli stranieri: nell’estate del

1991, il rimpatrio di alcune centinaia di albanesi, cui erano stati promessi permesso di soggiorno e lavoro; nel

1995, l’invio di una brigata dell’esercito sulle coste pugliesi per bloccare i clandestini; nel marzo 1997, la

decisione di fermare i profughi istituendo il blocco navale delle coste italiane e l’invio di alcune migliaia di

militari a presidiare l’Albania. Il blocco viene adottato al culmine di una campagna alimentata dai partiti di destra

(specialmente della Lega), sostenuta da gran parte della stampa nazionale e legittimata di fatto dal governo di

centro-sinistra, nonostante l’arrivo di poco più di 15.000 albanesi non abbia provocato alcun vero problema di

ordine pubblico. L’affondamento di un battello albanese stipato di donne e bambini, scontratosi con un’unità della

marina militare nella notte del 28 marzo 1997, suggella la politica dell’Italia verso stranieri e profughi55.

54 L’immigrazione in Italia dopo il 2000 il tempo dell’integrazione. Anticipazioni del "Dossier Statistico Immigrazione 2001" della Caritas in http://www.edscuola.it/archivio/stranieri/immigrazione.html, consultato il 5 agosto 2012. 55 A. Dal Lago, Non-persone: l'esclusione dei migranti in una società globale, Feltrinelli, Milano, 2004, p.25.

Figura 4.1 Manifestazione (concerto-dibattito- mostra) a Badia Polesine, 30 giugno 1990 (http://redbiancoenero.wordpress.com/2009/11/27/le-politiche-per-l%E2%80%99immigrazione-a-rovigo/)

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Nello stesso saggio, Dal Lago pubblica una tabella, sotto riportata, in cui sono registrati

i dati di un sondaggio di quegli anni, effettuato tra gli elettori dei principali partiti e movimenti

politici dell’Italia settentrionale. Il sondaggio mostra la percezione “politica”

dell’immigrazione nella zona del paese in cui si stava sviluppando il neonazionalismo della

Lega Nord.

Tabella 3 Opinioni sugli immigrati e voto (%)

Simp.

Lega

Lega An Fi Ppi Pds

Troppi immigrati disturbano

66,0 58,1 58,1 47,1 30,1 25,6

Gli immigrati fanno aumentare la

delinquenza

70,7 66,9 63,1 58,7 41,0 44,1

Gli immigrati dovrebbero

andarsene

60,5 52,6 54,7 43,5 32,8 26,3

Fonte: Sondaggi Abacus 1996

4.2 L’Italia della seconda repubblica: crisi sociale ed emergenza formativa

Per seconda repubblica si intende il nuovo assetto politico determinatosi in Italia a

partire dal 1992-94 i cui fattori di cambiamento furono il crollo del sistema dei partiti, la nuova

legge elettorale maggioritaria, il rimescolamento e il rinnovamento della classe politica e la

nascita di un tendenziale bipolarismo.

In questo contesto, problemi antichi e nuovi sottoponevano il sistema politico a una

serie di sollecitazioni cui la classe dirigente non sapeva reagire con efficacia.

A partire dal 1990 si interrompeva la crescita produttiva e il bilancio statale era in

deficit, pertanto l’obiettivo del risanamento dei conti pubblici divenne fondamentale per una

ricollocazione dell’Italia nel quadro europeo e mondiale.

Venne introdotto un sistema di welfare mix 56 per rispondere ai continui nuovi bisogni

sociali, come per esempio quelli relativi all’immigrazione, in cui erano coinvolte realtà private

for profit e no profit.

Nel calo della spesa che riguardò tutto il settore della formazione, la scuola sopportò il

peso maggiore: la percentuale sul PIL passò dal 4,5% del 1991 al 3,5 del 2000 e le diminuzioni

più pronunciate si verificarono tra il 1994-95 e tra il 1996-97.

56 Un sistema di welfare mix è un sistema di organizzazione della produzione e dell’offerta di servizi socio-assistenziali e sanitari incentrata sulla pluralità dei soggetti di offerta.

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In una rilettura dei primi trenta Rapporti CENSIS (1966-1996), Gaetano Bonetta ha

posto l’attenzione verso le tematiche della scuola e dei

processi formativi e ha rilevato come negli anni

Novanta sia emerso con chiarezza il grave deficit

formativo dell’Italia in relazione al ruolo di

valorizzazione del capitale umano, nella promozione e

nel sostegno dei processi di produzione della ricchezza

sociale e di elevazione della qualità della vita civile.

Bonetta evidenzia che la questione formativa riesplosa

in quegli anni era determinata da una diffusa e avvertita

opinione sullo stato di malessere e di inefficienza di

tutte le istituzioni formative, in specie di quelle statali e

scolastiche, e che veniva percepita nella coscienza

sociale e politica con una più pertinente strumentazione

sociologia, colta cioè nella sua plurima valenza sociale,

politica ed economica all’interno dello scenario

culturale, pedagogico, didattico e psicologico. L’analisi

del CENSIS rivela un sempre più intenso scollamento

tra la dimensione formale di una scuola che si professa

centralizzata e nazionalmente ispirata e quella reale di

una scuola frammentata dal punto di vista istituzionale

e pedagogico-culturale, diseguale, che evidenzia profonde differenze fra Nord e Sud, città e

campagna, centro e periferia. Inoltre, il CENSIS racconta di un gap infinito tra offerta e

domanda di istruzione e di una storia fatta di insuccesso formativo in una realtà sociale in

continuo movimento ed una struttura formativa sostanzialmente ancorata ad una cultura dei

secoli precedenti, di tipo preindustriale, individualistica e di spirito d’élite. Bonetta pone in

evidenza che l’attenzione del CENSIS è rivolta alla celebrata scuola democratica e di massa di

cui solo la scuola elementare, insieme alla materna, finisce per avere, come tutti sanno e come

osservatori internazionali hanno più volte ribadito, un elevato rendimento didattico57.

Il quadro dell’offerta formativa si complica se si pensa all’aumentata presenza di

stranieri immigrati le cui condizioni erano di forte svantaggio sociale e che nel 1990 avevano

raggiunto il 2% della popolazione totale.

57 G. Bonetta, La formazione come emergenza, da C.F. Casula (a cura di), L’Italia dopo la grande trasformazione, Carocci, Roma, 1999.

Tabella 3 Spesa pubblica per l’istruzione- formazione secondo le aree formative. Anni 1991-2000 (httpp://www.edscuola.it/archivio/statistiche/spesais9100.pdf)

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I dati statistici del CENSIS evidenziano che gli immigrati giunti in Italia erano mossi

da un’evidente voglia di integrarsi, tanto che quasi la metà esprimeva il desiderio di mandare i

propri figli a scuola in classi normali, senza alcuna differenza linguistica58.

4.3 Il nuovo ordinamento della scuola elementare

Fatta eccezione per le innovazioni di cui si è parlato, la struttura costitutiva e l’assetto

organizzativo della scuola elementare erano rimasti sostanzialmente invariati dall’attuazione

della Riforma Gentile e per certi aspetti addirittura alla legge Casati.

Già la Commissione che aveva elaborato i Programmi del 1985 aveva sottolineato nella

relazione “di medio termine” la necessità di dotare la scuola di una nuova organizzazione

didattica per evitare “il rischio di uno scompenso tra il processo di rinnovamento avviato dai

programmi in senso pedagogico e le condizioni indispensabili per la loro efficace

realizzazione”59.

I punti nodali erano costituiti dall’esigenza di superare la figura del docente unico (il

maestro di classe) e di un orario più ampio (si proponevano 32 ore settimanali).

La Riforma dell’ordinamento della scuola elementare giunse nel 1990 con la legge

n.148 (ministro dell’istruzione on. Sergio Mattarella), di cui gli aspetti più significativi furono:

- il passaggio dall’insegnante unico al sistema dei moduli;

- la collegialità e la contitolarità tra gli insegnanti del modulo e con l’insegnante

di sostegno;

- l’introduzione degli ambiti disciplinari;

- l’insegnamento della lingua straniera;

- l’insegnamento di 27 o di 30 ore settimanali;

- la distinzione nell’orario di servizio degli insegnanti tra ore di insegnamento e

ore di programmazione.

Prima dell’approvazione della L.148/90 il dibattito fu molto acceso e partecipato tanto da

estendersi per più di una legislatura; le controversie erano emerse fin dal lavoro preparatorio e

dagli atti ministeriali che riguardarono la presenza nella stessa classe di una pluralità dei

docenti e il tempo-scuola. In sostanza, le forze politiche e sindacali erano divise su due punti:

l’opportunità di assegnare tre docenti contitolari e corresponsabili fin dalla classe prima

58 Rapporto CENSIS 1990,La crescita dal basso di una società multirazziale, da C.F. Casula (a cura di), L’Italia dopo la grande trasformazione, Carocci, Roma, 1999. 59 Dalla Lettera di trasmissione del testo dei programmi al Ministero della Pubblica Istruzione (10 novembre 1983) in P. Gallegati e D.Tinelli , I nuovi Ordinamenti della scuola elementare, Juvenilia, Milano, 1998, pp.32-33.

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elementare e la limitazione dell’organizzazione del tempo pieno a favore di quella modulare.

Sul primo, l’opposizione alla riforma era legata alla tradizionale visione dell’insegnante

elementare come maestra-mamma, punto di riferimento di cui i bambini più piccoli non

dovevano essere privati, sul secondo, alla necessità sociale di ampliamento delle classi

funzionanti a tempo pieno delle quali, invece, la riforma negava l’estensione. (Allegati 8 e 9)

L’avvio della riforma fu abbastanza difficoltoso sia per le accese proteste da parte di

insegnanti e genitori la cui pressione impose la prosecuzione e lo sviluppo del tempo pieno,

seppure fra i molti limiti posti dalla legge e dall' amministrazione, sia per la difficoltà di molti

insegnanti a modificare il proprio modo di lavorare ancorato sulla titolarità esclusiva di una

classe (molte maestre scelsero la strada del pensionamento anticipato piuttosto che stravolgere

la loro consolidata professionalità).

4.4 Autonomia didattica e organizzativa

A partire dalla fine degli anni Ottanta, si è avviato in Italia un dibattito politico-

culturale che diede vita ad una nuova concezione istituzionale del sistema scolastico:

l’autonomia didattica, di ricerca e di gestione di tutti gli istituti e scuole di ogni ordine e

grado.

Il primo serio tentativo si ritrova nel decreto legislativo n.59 del 1997 (la cosiddetta

Legge Bassanini, dall’allora ministro della Funzione pubblica) che ha riguardato tutto il

sistema della Pubblica Amministrazione conferendo funzioni e compiti alle regioni e agli enti

locali per la semplificazione amministrativa. All’art.21 si sanciva il principio di autonomia

scolastica, delegando al Governo la definizione dei contenuti mediante la pubblicazione di un

regolamento attuativo. Fece seguito, dunque, il regolamento attuativo dell’autonomia

scolastica, ovvero il D.P.R. n.275 del 1999, ma anche tutta una serie di provvedimenti volti a

completare il complessivo disegno di riforma, quali l’autorizzazione alla sperimentazione

dell’autonomia scolastica (D.M. n.251/97), l’attribuzione della qualifica dirigenziale dei capi

di istituto ( D.lgs. n.59/98), il dimensionamento degli istituti scolastici e la riforma degli organi

collegiali territoriali periferici (D.lgs. n.233/99), la valorizzazione della funzione del personale

della scuola (L. n.292/99), la riorganizzazione dell’amministrazione statale centrale e

periferica (D.lgs. n.300/99) e il principio di parità scolastica tra iniziative pubbliche e private

(L. n.62/2000).

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Parte dei sopracitati riferimenti normativi rientravano nella politica adottata dall’allora

ministro dell’istruzione on. Berlinguer che egli stesso definì a mosaico, vista la difficoltà

politica di gestione della riforma in un unico testo normativo.

Secondo Antonio Cocozza:

[…] la riforma dell’autonomia scolastica è stata avvertita come un mutamento radicale ed ha determinato

l’abbandono del c.d. modello ministeriale di tipo verticale, sostituito da un modello reticolare, caratterizzato da un

insieme di comunità scolastiche nelle quali, attraverso modelli flessibili, si fa istruzione, ricerca, in vista del

raggiungimento di obiettivi generali, fissati da un centro chiamato a compiti strategici e liberato da compiti di

gestione[…]. I principi su cui si poggia la riforma, oltre a quello dell’autonomia, sono la sussidiarietà e la parità.

Il primo rafforza il ruolo di regioni ed enti locali nella definizione e attuazione delle politiche scolastiche; il

secondo consente alle scuole di gestire in modo autonomo e responsabile progettualità e risorse; il terzo introduce

il sistema integrato tra pubblico e privato60.

L’evoluzione delle istituzioni scolastiche è dunque vista come dipendente

dall’autonomia scolastica, attraverso la quale poter accrescere la flessibilità organizzativa,

riprogettare il curricolo e rispondere ai bisogni educativi espressi dalle varie comunità di

riferimento.

L’articolazione interna del D.P.R. n. 275/99 prevede:

- un’autonomia funzionale, cioè l’assunzione di funzioni già in possesso

dell’Amministrazione centrale;

- un’autonomia organizzativa, le cui finalità sono il raggiungimento di obiettivi di

efficienza, efficacia e flessibilità. Efficienza nell’impiego delle risorse materiali,

immateriali, finanziarie, umane e temporali; efficacia nel raggiungimento degli

obiettivi generali del processo di formazione e degli obiettivi specifici del processo di

apprendimento; flessibilità nel superamento dei vincoli in materia di unità oraria della

lezione e della classe, nell’organizzazione delle lezioni in orari flessibili,

nell’articolazione modulare del monte ore annuale delle discipline, nella creazione di

classi aperte e nell’aggregazione degli alunni sulla base degli obiettivi formativi e di

apprendimento nonché degli interessi e dei bisogni degli stessi alunni; nell’impiego

delle risorse umane, nell’organizzazione scolastica complessiva e nelle scelte

metodologiche (quota locale del curricolo); nell’adattamento del calendario scolastico,

nell’utilizzo delle risorse e delle strutture, nelle linee del Piano dell’Offerta

60 A. Cocozza, La riforma rivoluzionaria. Leadership, gruppi professionali e valorizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, Angeli, Milano, 2007, p.84.

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Formativa61, nell’adesione ad iniziative di prevenzione e partecipazione a programmi

comunitari, nazionali e regionali e a percorsi integrati tra i diversi sistemi formativi;

nell’introduzione di tecnologie innovative a supporto della gestione dell’istituto

scolastico e della didattica, negli accordi di rete tra le scuole o altre forme di accordi;

- un’autonomia didattica finalizzata al perseguimento degli Obiettivi Generali del

Sistema Scolastico che si sostanzia nel rispetto della libertà di insegnamento e di scelta

educativa da parte delle famiglie, nella scelta libera e programmata delle metodologie e

degli strumenti didattici, dell’organizzazione e dei tempi dell’insegnamento più

coerenti rispetto agli obiettivi indicati nel P.O.F., nelle scelte in merito alle modalità e

ai criteri di valutazione dei risultati, nell’impostazione modulare della didattica e nella

programmazione modulare, nello svolgimento di percorsi pluridisciplinari, nell’offerta

di insegnamenti opzionali, facoltativi e aggiuntivi;

- un’autonomia finanziaria che in realtà resta saldamente nelle mani dello Stato poiché il

sistema consente l’integrazione della dotazione finanziaria essenziale delle istituzioni

scolastiche con quella proveniente da regioni, provincie e comuni e da soggetti pubblici

e privati;

- un’autonomia di Sperimentazione, Ricerca e Sviluppo che ha costituito una novità

assoluta sia sul piano concettuale che politico- scolastico e pedagogico- didattico62.

Nell’ambito dell’autonomia delle istituzioni scolastica, il D.P.R. n.275/99 affida agli

organi collegiali, sanciti dai Decreti Delegati del 1974 (di cui al capitolo secondo, paragrafo 6),

61 Uno degli elementi innovativi contenuti nel D.P.R. n.275/99 è l’introduzione del Piano dell’Offerta Formativa previsto dall’art.3: 1. Ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue componenti, il Piano dell'offerta formativa. Il Piano è il documento fondamentale costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell'ambito della loro autonomia. 2. Il Piano dell'offerta formativa è coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi determinati a livello nazionale a norma dell'articolo 8 e riflette le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione territoriale dell'offerta formativa. Esso comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, e valorizza le corrispondenti professionalità. 3. Il Piano dell'offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli studenti. Il Piano è adottato dal consiglio di circolo o di istituto. 4. Ai fini di cui al comma 2 il dirigente scolastico attiva i necessari rapporti con gli Enti locali e con le diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed economiche operanti sul territorio. 5. Il Piano dell'offerta formativa è reso pubblico e consegnato agli alunni e alle famiglie all'atto dell'iscrizione. 62 M. Gentile, La progettazione educativa nel quadro dell’autonomia e delle riforme in atto in http://www.univirtual.it/red/files/file/Gentile-Progettazione%20educativa%20e%20riforme.pdf , consultato in data 10 luglio 2012.

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le diverse scelte organizzativo-didattiche secondo le specifiche e diverse competenze. Entro

alcuni limiti, ciò ha permesso che la scuola conservasse un carattere partecipativo e

democratico. Con il primo atto legislativo di riforma della scuola, il D.lgs. n.59/98, viene

“istituita la qualifica dirigenziale per i capi di istituto preposti alle istituzioni scolastiche ed

educative alle quali è stata attribuita personalità giuridica ed autonomia”. Le nuove figure

dirigenziali della scuola hanno assunto questo compito mostrando punti di vista e

atteggiamenti diversi.

Scrive Giovanni Moretti:

In Italia il ruolo e il profilo del dirigente scolastico rischia di essere schiacciato sugli aspetti del management,

della gestione, dell’amministrazione e organizzazione. […] La ferma convinzione della necessità di riconoscere il

primato a tale componente professionale e della opportunità di svilupparne la padronanza, è assai diffusa nel

mondo della scuola, e lascia campo libero a chi ritiene che la componente pedagogica ed educativa, appartenga

ormai al passato, ad una conduzione “paternalistica” o “familistica” della scuola. […] Il tratto educazionale e

pedagogico ha accompagnato la professionalità degli attori nell’evoluzione del sistema scolastico italiano, e

talvolta anche contribuendo a determinare contrapposizioni valoriali (tra cultura laica e cattolica; tra Stato e

Amministrazioni comunali, ecc.). Nel contesto attuale, indipendentemente dagli esiti dei processi di riforma in

corso, è controproducente pensare di poter separare nel profilo del dirigente i tratti connessi al management da

quelli della leadership educativa, perché è quest’ultima a connotare di senso e significato il primo63.

La cultura, l’esperienza, la mentalità e la capacità di gestire il conflitto come occasione

di confronto democratico del dirigente scolastico sono dunque determinanti nella qualità delle

relazioni e nella natura del clima all’interno della scuola.

Non sono mancate dure critiche nei confronti della riforma, soprattutto da parte del

sindacalismo di base che ha accusato le disposizioni legislative in materia di autonomia

scolastica di aver trasformato la scuola in un’azienda ed il preside in un manager.

Tra i punti oggetto di maggiori contestazioni, si è rilevata l’idea che la scuola avesse

più bisogno di stabilità (classi meno numerose, nomine tempestive di insegnanti all’inizio di

ogni anno scolastico, garanzie di continuità didattica, superamento del precariato dei docenti,

facilitazione ai mezzi di studi per insegnanti e allievi) piuttosto che di flessibilità. Inoltre, si

denunciava una crescente invadenza burocratica nella didattica; la nascita di una concorrenza

tra i diversi istituti scolastici, di cui il P.O.F rischiava di diventare solo la presentazione di

un’immagine esteriore della scuola attraverso enunciazioni esclusivamente verbali prive di

ricadute concrete; la possibilità di accettare donazioni, eredità e legati o di stipulare

convenzioni con agenzie o associazioni operanti sul territorio con il pericolo che queste 63 G. Domenici, G. Moretti (a cura di), Leadership educativa e autonomia scolastica. Il governo dei processi formativi e gestionali nella scuola di oggi, Armando, Roma, 2011, pp.34-3.

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potessero condizionare gli obiettivi scolastici a favore di richieste di natura non educativa o,

addirittura, che la scuola potesse divenire il luogo per esporre degli sponsor64.

Da molti, l’autonomia scolastica è comunque vista come la possibilità per ogni

istituzione scolastica di dotarsi di un proprio curricolo, in particolare, secondo Massimiliano

Fiorucci, nella prospettiva interculturale:

Un aspetto particolarmente rilevante che lega indissolubilmente il curricolo di classe a quello disciplinare

riguarda la trasversalità tra le competenze, che è possibile attuare essenzialmente attraverso tre strategie

didattiche: la multidisciplinarietà, l’interdisciplinarietà, la transdisciplinarietà. […] Esiste, inoltre, una forte

interrelazione tra l’ambito della conoscenza e quello dell’organizzazione scolastica, poiché il tipo di conoscenze e

i metodi, con cui queste vengono trasmesse, richiedono determinati spazi e specifici aggiustamenti di orario65.

Lo stesso Gaetano Domenici auspica:

[…] una autonomia intesa come mezzo che agevoli la messa in atto di quel delicato, ma decisivo processo – per

quanto apparentemente contraddittorio- di valorizzazione delle diversità inter e intraindividuali; inter e

intrascolastiche nonché inter e intraterritoriali per promuovere in tutti i fruitori della formazione una più elevata

base conoscitiva comune […] su cui solamente è possibile innestare […] una differenziazione non più casuale,

meno discriminativa sul piano sociale e perciò più equa66.

.

64 M. Bontempelli, L’agonia della scuola italiana,C.R.T.,Pistoia, 2000. 65 M. Fiorucci (a cura di), Una scuola per tutti. Idee e proposte per una didattica interculturale delle discipline, Angeli, Milano, 2008, pp.47-49. 66 G. Domenici, G. Moretti (a cura di), Leadership educativa e autonomia scolastica. Il governo dei processi formativi e gestionali nella scuola di oggi, Armando, Roma, 2011, p.22.

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Capitolo quinto

La società multiculturale del 2000

5.1 Il fenomeno dell’immigrazione

Il fenomeno della globalizzazione sviluppatosi nel corso degli anni Novanta ha avuto

tra le più importanti conseguenze l’accelerazione dei processi migratori da parte degli abitanti

del Sud del Mondo (Africa, America Latina, Cina, Filippine, ecc.), persone per le quali la

globalizzazione è stata, ed è, una condizione di pericolo e di dominio da parte dei paesi

sviluppati.

La straordinaria accelerazione con cui in questi ultimi tempi si sta verificando tale fenomeno dipende

dall’esclusione della maggioranza della popolazione mondiale dai benefici della rivoluzione scientifica e

tecnologica e dal crescente aumento delle ineguaglianza economiche all’interno dei diversi paesi e dei gruppi

sociali67.

In Italia, sul piano educativo e formativo è stata attuata una politica di accoglienza e di

inclusione attraverso l’istituzione dei Centri Territoriali Permanenti, mentre sul piano

legislativo, riguardo agli ingressi e ai permessi di soggiorno, le politiche messe in atto sono

state “fortemente restrittive e lesive della dignità dell’uomo” 68.

Dal D.L. n.489/95 (Decreto Dini), alla L. 40/98 (Legge Turco-Napolitano) a cui si deve

l’istituzione dei Centri di Permanenza Temporanea, oggi Centri di Identificazione ed

Espulsione, luoghi di “reclusione forzata” 69, alla L.198/02 (Legge Bossi-Fini), gli elementi

restrittivi in materia sia di controllo delle frontiere, sia di espulsioni, si sono via via accentuati.

Nel 2009, con il D.lgs n.94 (il cosiddetto pacchetto sicurezza), è stato introdotto nel

nostro ordinamento giuridico il reato di immigrazione clandestina, cioè è divenuta reato una

particolare condizione personale e sociale.

Le condizioni di vita dei migranti hanno portato il sociologo A. Dal Lago a definirli

non persone, poiché sono negati loro i più elementari diritti che vengono riconosciuti a

qualsiasi uomo70 e l’antropologo M. Augè a definire non luoghi gli spazi anonimi

(supermercati, aeroporti, ecc.) dove molto spesso essi alloggiano71.

67 R. Di Glionda, Nuovi soggetti sociali fra non presenze e non luoghi:i migranti, in A.Porcheddu (a cura di), La crisi del soggetto nella modernità liquida, Unicopli, 2007, p.193. 68 Ivi, p.197. 69 Ivi, p.207. 70 A. Dal Lago, Non-Persone, Saggi Universale Economica Feltrinelli, Milano, 2004. 71 M. Augè, Non luoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità, Eleutèra, Milano, 1993.

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L’inserimento dei migranti nelle società occidentali industrializzate è una tematica

ampiamente discussa e studiata negli ambiti economico e sociologico; ai fini della trattazione

interculturale si ritiene opportuno citare due significativi assunti espressi uno dal prof. B.

Schwartz e l’altro dal sociologo Z.Bauman:

- Nessuno, a mio avviso, può pensare serenamente che la modernizzazione economica e tecnica possa essere

raggiunta solo al prezzo dell’esclusione dei meno favoriti72.

- L’essenza della morale è la responsabilità che ci si assume per l’umanità degli altri, la qualità della vita dei

deboli è anche il metro del livello etico di una società73.

“Inclusione” significa “partecipazione” e quindi “integrazione”.

L’etica di una società è nella sua capacità di accoglienza e valorizzazione di ogni

diversità.

Sono concetti che si trovano sviluppati all’interno della Pedagogia Interculturale e della

Pedagogia Sociale e che appartengono al processo educativo del soggetto in età evolutiva, ma

anche all’idea di Formazione continua e permanente.

In età evolutiva si sviluppa il senso del sé e dell’altro, dell’alterità e della differenza e al

soggetto adulto nell’odierna società, caratterizzata dall’incertezza e dalla complessità, si

richiede una continua definizione e ridefinizione identitaria. In particolare, l’immigrato deve

sviluppare le competenze necessarie all’integrazione nella società di arrivo e, pertanto, la

formazione diviene indispensabile.

A tale proposito, in Italia, con O.M. n.455/1997, sono stati istituiti i Centri Territoriali

Permanenti per l’Educazione degli Adulti. L’ordinanza nasce dalla considerazione “che

l'educazione in età adulta, considerata come elemento propulsore della crescita personale,

culturale, sociale ed economica di tutti i cittadini, si struttura in attività finalizzate

all'arricchimento culturale, alla riqualificazione ed alla mobilità professionale” e ritiene “che

tali finalità possono essere raggiunte attraverso la promozione di una maggiore collaborazione

tra scuola e comunità locale, il coinvolgimento del mondo del lavoro e dei partner sociali, il

rapporto tra formazione generale e formazione professionale per l'inserimento nella vita

attiva”.

I C.T.P. sono situati all’interno delle scuole pubbliche statali e sono frequentati per la

maggioranza da adulti stranieri, motivati innanzitutto ad apprendere la lingua italiana.

72 B. Schwartz, Modernizzare senza escludere. Un progetto di formazione sociale e professionale, Anicia, Roma, 1995, p.21. 73 Z. Bauman, La società individualizzata, Mulino, Bologna, 2002, pp.102-104.

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All’interno dei C.T.P. sono nate esperienze altamente formative e significative, a Roma, per

esempio, è da citare il CTP “Nelson Mandela” dell’Istituto Comprensivo “Daniele Manin” i

cui principi fondamentali di comportamento degli operatori scolastici e dei corsisti sono

l’Accoglienza, l’Ascolto, il Rispetto e il Confronto. Oltre all’alfabetizzazione linguistica della

lingua italiana, il Centro organizza in collaborazione con gli Enti Locali corsi di “diritti di

cittadinanza”74.

5.2 Nuovi bisogni sociali

Vincenzo Cesareo, docente presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università

Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nel porre al centro dell’analisi sulla convivenza

interetnica la famiglia immigrata e allo scopo di individuare i suoi principali problemi nei

rapporti con la società d’arrivo, rileva come le conseguenze che derivano dall’insediamento sul

territorio nazionale di nuclei familiari stranieri, portatori di esperienze, culture e bisogni

speciali specifici, siano

un aspetto del fenomeno immigrazione […] finora rimasto un po’ in ombra nel dibattito scientifico e politico,

maggiormente concentrato sull’analisi dei problemi dell’inserimento degli immigrati nel mercato del lavoro e

74 R. Di Glionda, Nuovi soggetti sociali fra non presenze e non luoghi:i migranti, in A.Porcheddu (a cura di), La crisi del soggetto nella modernità liquida, Unicopli, 2007.

Figura 5.1 Locandina del C.T.P. “Nelson Mandela” di Roma

(http://www.piuculture.it/2011/10/ctp-nelson-mandela-il-servizio-pubblico-a-beneficio-dei-migranti/)

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sulla denuncia delle situazioni di maggiore marginalità dal punto di vista sociale ed economico che vedono per

protagonisti generalmente soggetti soli che hanno lasciato in patria la loro famiglia d’origine o acquisita 75.

Vi è un’alta differenziazione e articolazione dei bisogni delle persone immigrate, delle

forme e delle modalità con le quali questi sono esplicitati, a causa della presenza di numerosi

gruppi culturali, circa 182, nel nostro Paese.

I flussi migratori presentano delle proprie peculiarità, ma anche delle costanti comuni

che accompagnano l’esperienza migratoria. Mara Tognetti Bordogna, docente presso il

Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli Studi Bicocca di Milano,

individua le seguenti costanti:

- isolamento sociale (solitudine, sentirsi rifiutati);

- mancanza di potere;

- non comprensione delle dinamiche;

- mancanza di norme (alle quale riferirsi in modo consapevole);

- rifiuto di valori (ampiamente condivisi);

- autoestraniamento;

- assenza di una rete sociale;

- senso di discrepanza fra il sé ideale e l’immagine del proprio sé;

- difficoltà a riconoscere le risorse come tali e ad accedervi76.

La stessa autrice mette in evidenza come questi fattori aggravino e rendano

problematici i diversi bisogni dei singoli e delle famiglie che possono essere quello di urgenza

dei neo arrivati, di radicamento e di stabilizzazione, di vera e propria cittadinanza, ma anche

quei bisogni specifici legati all’età e all’appartenenza di genere e, più in generale, quelli

sanitari, sociali e abitativi.

Massimiliano Fiorucci, docente presso la facoltà di Scienze della Formazione

dell’Università degli Studi Roma Tre, rileva che le istituzioni e l’opinione pubblica

percepiscono la popolazione immigrata come portatrice di sole esigenze e bisogni di tipo

primario (vitto, alloggio, ecc.), senza considerare i bisogni culturali e formativi77.

Nella società del Duemila, la formazione è, probabilmente, uno dei fattori attraverso il

quale l’immigrato può superare quella “crisi di status” che R.E. Park, nell’America degli anni

Venti, attribuiva all’uomo marginale. Il processo di formazione dell’uomo marginale è

75 V. Cesareo, Famiglia e immigrazione: aspetti sociologici, in E. Scabini e P. Donati (a cura di), La famiglia in una società multietnica, Vita e Pensiero, Milano, 1993, p.77. 76 M. Tognetti Bordogna, Introduzione. Organizzare servizi per tutti, in M. Tognetti Bordogna (a cura di), I colori del welfare: servizi alla persona di fronte all'utenza che cambia, Franco Angeli, Milano, 2004. 77 M. Fiorucci, Pedagogia, ricerca educativa e didattica interculturale: il contesto di riferimento, in M.Fiorucci (a cura di), Una scuola per tutti. Idee e proposte per una didattica delle discipline, Franco Angeli, Milano, 2008.

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interpretato da Park come condizione di continua ambivalenza, di doppia appartenenza

dell’individuo che definisce la propria identità in relazione a due mondi (la società ospitante e

quella d’origine) e come il prodotto delle diverse forme di disgregazione sociale o dei

mutamenti determinati dall’incontro o dai conflitti tra due o più culture all’interno della città

moderna78.

L’immigrato si trova, dunque, coinvolto in un processo di ristrutturazione della propria

identità socio-culturale, linguistica e professionale e la formazione può costituire il canale

privilegiato attraverso il quale egli può integrarsi nella società di arrivo.

A tale proposito, Fiorucci fa riferimento ad una ricerca di Francesco Susi, condotta nel

1991, ancor oggi molto attuale. I risultati della ricerca mettono in evidenza che i bisogni

formativi e culturali degli immigrati non emergono una volta soddisfatti i bisogni primari, ma

sono sempre presenti nell’immigrato e sentiti in modo prioritario.

La ricerca, infatti, ha esaminato ed evidenziato i bisogni formativi e culturali degli immigrati residenti in Italia.

Essi possono essere così sintetizzati:

- bisogno d’inserimento e superamento delle “barriere culturali” ma anche bisogno di conservare la

propria cultura, farla conoscere, trasformarla in una risorsa superando la “mentalità del colonizzato”

che spinge a dissimulare la propria identità;

- bisogno di conoscere la lingua italiana nei suoi diversi aspetti;

- bisogno si sentirsi soggetti attivi della vita economica e sociale del paese ospite;

- bisogno di conoscere la lingua italiana a differenti livelli di complessità, a secondategli grado di

istruzione e delle necessità dei richiedenti;

- bisogno di accesso ai servizi e di sostegno per poterli utilizzare;

- bisogno d’informazione su tutto: sull’Italia e sulle possibilità e modalità dell’eventuale rientro nei

paesi di origine.

Sono stati individuati con precisione, infine, i bisogni concernenti l’istruzione e la formazione:

- bisogno di vedere riconosciuti i propri titoli di studio e la propria professionalità;

- bisogno d’accesso a corsi di istruzione e formazione professionale che tengano conto delle

caratteristiche e dei vincoli della domanda degli stranieri (per esempio, della loro disponibilità di

tempo) e dei loro progetti di stabilizzazione e di rientro79.

In un quadro così complesso della società globale contemporanea, caratterizzata da un

crescente intreccio di relazioni tra culture diverse, le politiche di integrazione risultano essere

legate a percorsi di formazione che soddisfino le esigenze, oltre che economiche, culturali

dell’immigrato. 78 R. E. Park, Human Migration and Marginal Man, in “American Journal of Sociology”, 33, (1928), pp.881-993. 79 M. Fiorucci, Pedagogia, ricerca educativa e didattica interculturale: il contesto di riferimento, in M.Fiorucci (a cura di), Una scuola per tutti. Idee e proposte per una didattica delle discipline, Franco Angeli, Milano, 2008, pp.18-19.

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5.3 Pedagogia interculturale e scuola

Negli anni Sessanta e Settanta importanti settori del nostro Paese, quali i partiti, i

movimenti, le associazioni, le chiese, si sono caratterizzati per un impegno internazionalista

collegato ai movimenti di liberazione dei paesi del Terzo mondo. Negli anni Ottanta

l’associazionismo di base, laico e cattolico, tra cui le organizzazioni non governative di

cooperazione allo sviluppo con i paesi del Sud del mondo, le associazioni per la pace e il

disarmo e i movimenti ecologisti tennero insieme lo spirito internazionalista e i valori della

solidarietà tra popoli dando origine alla cosiddetta educazione allo sviluppo, che avrebbe

dovuto far rientrare nel processo di insegnamento-apprendimento le tematiche e i valori

relativi allo sviluppo del Sud del mondo. Nel tentativo di organizzare le conoscenze e le

competenze necessarie per una lettura del mondo in cui i vari saperi potessero dialogare tra

loro, la nozione di educazione allo sviluppo si è dilatata, facendo subentrare al suo posto quella

di educazione alla mondialità, comprensiva dell’educazione alla pace, ai diritti umani,

all’ambiente. Durante gli stessi anni ’80, si è verificato un incontro tra l’educazione alla

mondialità, filone di ricerca e pratica educativa, e la riflessione originata dalle problematiche

relative alla presenza degli immigrati stranieri nella quale emergeva la consapevolezza che

fosse necessario modificare la società e le scuole italiane poiché orientate a pratiche educative

prevalentemente monoculturali. Il risultato di questo incontro, ha portato alla nascita della

Pedagogia Interculturale, inizialmente per sostenere l’inserimento nella scuola degli alunni

stranieri, in un secondo tempo per proporre un’educazione di tipo universalistica sia per gli

stranieri che per gli italiani80.

Per favorire la possibilità di una convivenza costruttiva sia nella nostra società, sia sul pianeta, la pedagogia

interculturale propone di impegnarsi nell’acquisizione dei valori, delle conoscenze e delle competenze che

possono contribuire a decolonizzare l’immaginario occidentale e a rimettere in discussione una tradizione

interamente fondata sul primato dell’Europa.

La pedagogia interculturale, in altre parole, propone una nuova “cultura delle interdipendenze”, volendo

designare con questa espressione la raggiunta consapevolezza - da parte di soggetti singoli o collettivi – della

dimensione “globale” o, almeno, internazionale dei problemi del presente: il che potrebbe permettere il

superamento di una contraddizione evocata con forza dal padre Ernesto Balducci, quando affermava che “noi

viviamo in un’età planetaria con una coscienza neolitica”81.

80 F. Susi, Prospettive interculturali, in F. Susi (a cura di) Come si è stretto il mondo. L’educazione interculturale in Italia e in Europa:teorie, esperienze e strumenti, Armando, Roma, 1999. 88 Ivi, p.11.

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La pedagogia interculturale, che comincia a ricercare un proprio statuto autonomo,

afferma ancora Susi:

si situa alla confluenza di diversi e complessi apporti e si caratterizza, per così esprimersi, come una pedagogia di

frontiera in cui si innestano non solo i saperi pedagogici, ma anche i saperi psicologici, antropologici, storici,

geografici, economici, sociologici, letterali, linguistici, ecc. Per fornire una rappresentazione plausibile della

pedagogia interculturale si potrebbe utilizzare, prendendola in prestito dal mondo dell’informatica, la metafora

dell’ipertesto: una rete di concetti, una ragnatela di conoscenze “tenute” da alcuni nodi fondamentali che ne

costituiscono l’intelaiatura82.

Si trattava, dunque, di far entrare a pieno titolo la Pedagogia Interculturale nella scuola,

luogo istituzionale di educazione e formazione intenzionale, affinché questa potesse essere in

grado di rispondere ai problemi posti dalla crescente presenza di alunni provenienti da diversi

Paesi. Sull’adeguatezza della scuola a questo importante compito, le preoccupazioni espresse a

metà degli anni Novanta dalla prof.ssa Fiorella Farinelli sembrano ancora molto attuali:

a venti anni dall’inizio dell’immigrazione straniera nel nostro paese, la ricerca pedagogico-didattica

sull’interculturalità, cioè su come educarci reciprocamente, noi e loro, a una convivenza che sia confronto,

scambio, condivisione e reciproco avvicinamento, venga praticata quasi esclusivamente nelle realtà scolastiche

connotate da una presenza particolarmente significativa di ragazzi di altri paesi […]83.

Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca insieme alla Fondazione

Ismu (Iniziative e Studi sulla multietnicità), il 5 settembre 2011, ha siglato un “Protocollo

d’intesa per la promozione di studi e ricerche finalizzati all’integrazione degli studenti stranieri

e all’educazione interculturale” di durata triennale. Nell’ambito di tale iniziativa è stato

pubblicato il documento “Alunni con cittadinanza non italiana. Verso l’adolescenza. Rapporto

nazionale. A.s. 2010/11”. Il documento pubblica i dati relativi agli alunni con cittadinanza non

italiana nel sistema scolastico, proponendo una lettura dei dati, aggiornati all’a.s. 2010/11, e un

approfondimento sulle scuole secondarie di secondo grado.

Se ne riportano le parti e i dati più significativi al fine di evidenziare che al notevole

incremento del numero degli alunni stranieri in Italia non corrisponde una significativa

riduzione del divario nei tassi di promozione tra alunni italiani e non. E’ di rilievo, inoltre, che

il dato su un certo miglioramento nella regolarità del rapporto tra età anagrafica degli alunni

con cittadinanza non italiana e classe non venga attribuito ad un cambiamento nelle pratiche 82 Ivi, p.9. 83 F. Farinelli, Intercultura e scuola: l’integrazione culturale nel sistema scolastico italiano, in B. Cacco (a cura di), L’intercultura. Riflessioni e buone pratiche, Franco Angeli, Milano, 1995.

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educative e didattiche della scuola, ma esclusivamente come effetto del maggior numero di

bambini nati in Italia e che in Italia hanno cominciato il loro itinerario scolastico, compreso

l’inserimento nella scuola dell’infanzia.

Gli alunni con cittadinanza non italiana presenti sul territorio nazionale costituiscono ormai un fenomeno

strutturale e consolidato, anche se relativamente recente rispetto ad altri paesi europei: le prime presenze si

registrano alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, ma si incrementano successivamente con grande rapidità.

Come si evince dalla tabella 1.1 si è passati dai 59.389 alunni dell’a.s. 1996/97 (corrispondenti a un’incidenza

percentuale dello 0,7% sulla popolazione scolastica complessiva) ai 711.046 dell’a.s. 2010/11 (7,9% sul totale

degli alunni).

Nell’a.s. 2010/11, si conferma il “primato” storico della scuola primaria, da sempre l’ordine con il maggior

numero di alunni con cittadinanza non italiana e l’incidenza percentuale superiore agli altri livelli scolastici: alle

primarie sono iscritti 254.644 alunni stranieri, che rappresentano il 9% sul totale della popolazione scolastica.

[…] Nell’a.s. 2010/11, sono presenti nelle scuole italiane allievi stranieri di ben 187 differenti cittadinanze. […].

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[…] È necessario rivolgere un’attenzione specifica agli alunni “nomadi”: è questa la definizione usata per indicare

in maniera sintetica l’appartenenza a gruppi culturali rom, sinti e camminanti, con o senza la cittadinanza italiana.

Gli alunni nomadi iscritti nei diversi ordini e gradi di scuola, nell’a.s. 2010/11, sono 12.377, di essi il 47,5% è

costituito da femmine (5.875 alunne): il numero complessivo è diminuito negli ultimi tre anni, ma è rimasta

sostanzialmente uguale la distribuzione nei diversi livelli scolastici. La maggioranza di questi allievi frequenta la

scuola primaria (6.764 pari al 54,6% del totale degli alunni nomadi presenti nelle scuole italiane), mentre solo

l’1,3% dei ragazzi rom e sinti (158 studenti) sono iscritti alle secondarie di secondo grado. […]

Il quadro complessivo del rapporto tra età anagrafica degli studenti con cittadinanza non italiana e classe

di inserimento continua a registrare, anche nel 2010/11, un forte divario, crescente negli anni. Analizzando i dati

per livello di scuola e comparando italiani e non, il ritardo fra gli alunni con cittadinanza non italiana è sempre più

elevato rispetto ai loro compagni italiani. Gli alunni con cittadinanza non italiana in ritardo sono il 18,2% nella

scuola primaria, il 47,9% nella scuola secondaria di primo grado e il 70,6% nella scuola secondaria di secondo

grado. Si deve comunque rilevare che la situazione di regolarità sta migliorando, fenomeno probabilmente

connesso anche con il maggior numero di bambini nati qui e che in Italia cominciano il loro itinerario scolastico,

compreso l’inserimento nella scuola dell’infanzia. […] Il divario tra italiani e non è nettissimo fin dalla scuola

primaria e si rafforza ai livelli successivi di scuola, con una progressione nei singoli anni di corso. Nella scuola

primaria (Fig. 4.1) quasi uno su 10 alunni con cittadinanza non italiana è in ritardo e arriva a esserlo più di un

quarto in classe quinta, mentre la percentuale fra gli italiani si aggira sul 2%.

[…] I dati generali su tutta la popolazione scolastica mettono in luce quanto in questi anni è emerso da molte

ricerche territoriali sulla riuscita scolastica degli alunni di origine immigrata. I dati statistici complessivi

registrano la persistenza di un divario significativo nei tassi di promozione tra alunni di cittadinanza italiana e

alunni di cittadinanza non italiana, più basso e in calo negli anni a livello di scuola primaria e, invece, pesante e in

crescita a livello di scuola secondaria di secondo grado, dove la percentuale di non promossi fra i non italiani, pur

in leggero calo, nell’a.s. 2009/10 rimane il 30%, circa il doppio del tasso registrato fra gli italiani. Va comunque

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sottolineato che i tassi di promozione nei vari ordini di scuola si muovono in maniera simile tra tutti gli alunni

(elevati nella primaria, in calo alla secondaria di primo grado e, soprattutto, nella secondaria di secondo grado)84.

84 MIUR- Fondazione ISMU, Alunni con cittadinanza non italiana. Verso l’adolescenza. Rapporto nazionale. A.s. 2010/1,ISMU, Milano, 2011.

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Capitolo sesto

Le Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati

6.1 La nascita del MIUR e la “riforma” Moratti. Ritorna la contestazione

Nel Duemila, la realtà sociale europea è caratterizzata da rilevanti trasformazioni

sociali, economiche e politiche strettamente legate agli aspetti culturali e formativi. I governi

sono chiamati ad attuare politiche che favoriscano l’integrazione dinamica dei cittadini di varie

nazionalità. Sotto il profilo educativo-didattico della scuola, risulta evidente la necessità di

mettere in discussione le modalità di insegnamento e porre in atto una revisione dei curricoli in

grado di superarne l’impostazione eurocentrica.

In Italia, con l’avvio della XIV legislatura, in ottemperanza del D.lgs. n.300/99

(Riforma dell’organizzazione del governo, la cosiddetta riforma Bassanini), nel giugno del

2001, il Ministero della Pubblica Istruzione ha assunto la denominazione Ministero

dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, inglobando le competenze dell’ex Ministero

dell’Università e della Ricerca scientifica e tecnologica.

Diversamente dagli altri ministeri, il D.lgs. n.300/99 aveva previsto il riordino della

struttura ministeriale, limitatamente all’area dell’istruzione non universitaria, con effetto dalla

data di entrata in vigore dello stesso decreto. Le ragioni di questo anticipo vanno ricercate

nella necessità di completare, nel più breve tempo possibile, una riforma del sistema di

istruzione coincidente con l’autonomia delle istituzioni scolastiche85.

La XIV legislatura ha portato a capo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e

della Ricerca, l’on. Letizia Moratti e il 28 marzo del 2003 il Parlamento ha approvato la legge

delega n.53 (la cosiddetta Riforma Moratti). Il Ministro aveva annunciato che la legge sarebbe

stata applicata dall’anno scolastico 2003/04, a partire dalla prima e dalla seconda elementare.

Nell’aprile del 2003 il Ministro aveva già predisposto una bozza di decreto legislativo per

l’attuazione della legge in cui si prevedeva, per quello che concerne la scuola primaria, una

riduzione a 27 ore dell’orario settimanale e l’eliminazione della contitolarità e

corresponsabilità tra docenti della stessa classe con l’introduzione del docente tutor.

La risposta dei genitori e degli insegnanti è stata sorprendentemente immediata: si sono

subito indette assemblee informative nelle scuole, votate mozioni fuori e dentro le scuole,

raccolte firme contro la riforma, occupate le scuole elementari.

85 A. Cocozza, La riforma rivoluzionaria, Franco Angeli, Milano, 2004.

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A Bologna è nato il Coordinamento Nazionale in Difesa del Tempo Pieno e del Tempo

Prolungato, molto attivo, che è divenuto un punto di riferimento per gli oppositori alla riforma

di cui hanno fatto parte tutte le componenti scolastiche, con in prima fila i genitori che, dopo

decenni, sono ritornati ad occuparsi di scuola.

Con D.lgs n.59, il 19 febbraio 2004, viene emanata la “Definizione delle norme

generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione”, cioè il decreto

attuativo della l.53/03 elaborato dal Gruppo di lavoro diretto da Giuseppe Bertagna.

Oltre alla cancellazione del modello educativo-didattico del

Tempo Pieno e l’introduzione dell’insegnante tutor, della riforma

si contestavano la possibilità di iscrizione al primo anno della

scuola primaria per le bambine e i bambini che avrebbero

compiuto i sei anni di età entro il 30 aprile dell'anno scolastico di

riferimento (anticipo scolastico), l’introduzione del portfolio delle

competenze, la reintroduzione della valutazione del

comportamento e l’obbligo della valutazione nazionale del

sistema scolastico (Invalsi)86.

Fino al 2006 si sono succedute decine e decine di

manifestazioni locali e nazionali organizzate dai coordinamenti,

dai comitati cittadini, dalle associazioni, dai sindacati e dai partiti

all’opposizione per l’abrogazione delle leggi Moratti (dalla scuola dell’infanzia all’università).

6.2 Le Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzato: un salto indietro di

mezzo secolo

Nell’allegato B del D.lgs n.59/04 sono state pubblicate le “Indicazioni Nazionali per i

Piani di Studio Personalizzati nella Scuola Primaria” di cui si evidenziò come l’elaborazione

fosse avvenuta senza nessuna garanzia di pluralismo culturale, di trasparenza delle scelte, di

confronto aperto con il mondo della scuola, sebbene questo fosse stato a più voci reclamato.

Molte associazioni specializzate rilevarono negli anonimi redattori diversi limiti di

cultura pedagogica, didattica e soprattutto disciplinare, in particolare per quanto riguardava le

tabelle degli "obiettivi specifici di apprendimento" delle singole materie. Inoltre, relativamente

86 Coordinamento Nazionale in Difesa del Tempo Pieno e Prolungato del CESP-Centro Studi per la Scuola (a cura del), Commento ai cambiamenti legati al decreto Applicativo della Riforma Moratti e Mozioni di resistenza, in http://www.cespbo.it/testi/divulgazione.PDF, consultato in data 4 settembre 2012.

Figura 6.1 Manifestazione del26 settembre 2003 davanti al Ministero dell’Istruzione ( Il Manifesto, 27-9-2003)

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all’impianto culturale e pedagogico, da più parti si era sottolineata la discontinuità delle

Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati nei confronti delle esperienze

educativo-didattiche più avanzate realizzatesi nella scuola primaria. Soprattutto i movimenti di

genitori ed insegnanti sorti dal 2003 sostenevano che tutto l’impianto della riforma Moratti

riportava indietro la scuola di più di trent’anni.

Nelle istanze e nei contenuti educativo-didattici, le Indicazioni Nazionali per i Piani di

Studio Personalizzati hanno segnato una rottura nei confronti dei Programmi del 1985 e

presentato delle affinità con i Programmi del 1955.

L’idea di persona presente nelle Indicazioni del ministro Moratti la si rintraccia

all’interno del tema della corporeità che viene concepita come inscindibile dalla “dimensione

simbolica che anima il fanciullo” e dalle “sue relazioni familiari e sociali”.

Si legge:

l’avvaloramento dell’espressione corporea è condizione e risultato dell’avvaloramento di tutte le altre dimensioni

della persona: la razionale, l’estetica, la sociale, l’operativa, l’affettiva, la morale e la spirituale religiosa87.

In questo assunto le Indicazioni Nazionali sembrano addirittura spingersi oltre la

concezione del personalismo dei Programmi del 1955: se in questi ultimi i valori a

fondamento della persona sono la spiritualità e la libertà, nelle Indicazioni Nazionali il valore

diventa dimensione e all’attributo spirituale si unisce il religioso. C’è, dunque, un accento

particolare dato a tale dimensione, giacché il termine spirituale di per sé intende ciò che attiene

alla vita religiosa oltre che morale e intellettuale.

D’altra parte, tra le diverse disposizioni del ministro Moratti, quali l’inserimento

dell’insegnamento della religione cattolica nel documento di valutazione e l’assunzione degli

insegnanti di religione cattolica, si andava evidenziando la costruzione di un modello di scuola

pubblica non più a carattere laico e pluralista, ma teso nuovamente verso un approccio

monoculturale.

In merito al rapporto scuola-famiglia-extrascuola, uno dei ruoli fondamentali attribuiti

alla scuola dai Programmi del 1985 era quello di concorrere, con l’integrazione dell'azione

della famiglia, “con appropriata azione didattica, a favorire condizioni educative e di

socializzazione idonee ad eliminare, quanto più possibile, disuguaglianze di opportunità nel

processo di scolarizzazione”. Nelle Indicazioni, in particolare negli Obiettivi generali del

processo formativo, si afferma:

87 Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati nella Scuola Primaria, allegato B al D.lgs n.59/04, p.3.

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Si può dire che i fanciulli abbiano maturato in famiglia, nei rapporti con gli altri e con il mondo, nella scuola

dell’infanzia non soltanto una «loro» fisica, chimica, geologia, storia, arte ecc. «ingenue», ma che abbiano

elaborato anche una «loro» altrettanto «ingenua», ma non per questo meno unitaria, organica e significativa

visione del mondo e della vita. La Scuola Primaria si propone, anzitutto, di apprezzare questo patrimonio

conoscitivo, valoriale e comportamentale ereditato dal fanciullo […]88.

Un “patrimonio conoscitivo, valoriale e comportamentale ereditato dal fanciullo” che

va “anzitutto apprezzato” riporta ad una visione omogenea della società come quella che si

aveva negli anni Cinquanta. Non c’è cenno di possibili contesti socio-culturali deprivati né,

tanto meno, di quel forte flusso migratorio che stava già da tempo ponendo la scuola di fronte

a nuove sfide educative, poiché immersa in una società sempre più eterogenea e pluralista.

La famiglia, a cui gli estensori delle Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio

Personalizzati si sono riferiti, sembra appartenere ad un unico modello di ceto medio e di buon

livello culturale poiché le viene affidato il compito di collaborare alla stesura del “portfolio

delle competenze individuali”89. Disposizione che gran parte del mondo della scuola aveva

stigmatizzato perché, oltre a generare una confusione di ruoli tra insegnanti e genitori,

sembrava ignorare l’esistenza di moltissime famiglie prive degli strumenti culturali necessari

per apportare un simile contributo e che, pertanto, poteva avere come effetto, anziché la

rimozione, l’incremento delle disuguaglianze.

6.2 Individualizzazione, personalizzazione, uguaglianza

Come i Programmi del 1985, anche le Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio

Personalizzati fanno riferimento all’art. 3 della Costituzione, ma il termine uguaglianza viene

sostituito con il termine giustizia. Si legge, infatti, che la Scuola Primaria

assicura obbligatoriamente a tutti i fanciulli le condizioni culturali, relazionali, didattiche e organizzative idonee a

«rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale» che limitando di fatto la libertà e la giustizia dei cittadini,

«impediscono il pieno sviluppo della persona umana» indipendentemente dal sesso, dalla razza, dalla lingua, dalla

religione, dalle opinioni politiche e dalle condizioni personali e sociali (art. 3 della Costituzione)90.

88 Ibidem 89 Il portfolio delle competenze individuali “costituisce una collezione strutturata, selezionata e commentata/valutata di materiali particolarmente paradigmatici prodotti dallo studente, che consentono di conoscere l'ampiezza e la profondità delle sue competenze e, allo stesso tempo, della maggiore o minore pertinenza degli interventi didattici adottati”. (Annali dell'istruzione 5-6/2001, 1/2002 "I Documenti della sperimentazione nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria" – Le Monnier – pag.6). 90 Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati nella Scuola Primaria, allegato B al D.lgs n.59/04, p.2.

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Il principio di “uguaglianza” sancito dalla Costituzione si riferisce alla parità dei diritti

inalienabili della persona cancellati dal nazi-fascismo e trova al suo interno il concetto che

siano proprio le “differenze” a definire tale principio. Nella scuola il rispetto dell’uguaglianza

dei diritti si persegue attraverso il raggiungimento di risultati sostanzialmente equivalenti

nell’apprendimento formativo con soggetti diversi. Questo significa offrire a ciascun alunno

gli aiuti necessari e le condizioni per trarne il migliore profitto per mezzo dell’attivazione

concreta di detti aiuti e condizioni. L’aver cassato il termine “uguaglianza” trova

corrispondenza con l’aver centrato le Indicazioni sulla “personalizzazione” degli

insegnamenti/apprendimenti; soppresso il diritto alla prestazione individualizzata e, se

necessario, differenziata, definito dai Programmi del 1985, che garantiva l’offerta delle pari

opportunità formative, ci si muove in tutt’altra direzione: non l’uguaglianza del diritto alla

prestazione, bensì la costruzione di percorsi formativi personalizzati91.

L’ispirazione pedagogica di fondo che anima la legge 53/2003 ed una parte dei suoi decreti attuativi può essere

utilmente riletta – a nostro avviso - alla luce di quel personalismo pedagogico di cui è interprete, tra gli altri, J.

Maritain e che ha avuto una notevole influenza sulla cultura scolastica del dopoguerra, specialmente – ma non

solo - all’interno del mondo cattolico. È in tale prospettiva che si può leggere l’idea di centralità della persona nel

processo educativo, come emerge da alcune chiare espressioni maritainiane92.

L’aver ispirato la riforma alla “personalizzazione” ha significato aver contrapposto i

termini “soggetto” o “individuo”, come se questo fosse immerso in un collettivo indefinito e

spersonalizzato, a quello di “persona” inserita, invece, nella comunità scolastica con un ruolo

centrale.

In linea con questa posizione, Giuseppe Zanniello, docente presso la facoltà di Scienze

della Formazione degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, scrive:

Il movimento delle scuole nuove, quasi un secolo fa, introdusse il concetto di insegnamento individualizzato per

reagire ad una prassi scolastica che offriva lo stesso tipo di insegnamento a tutti gli alunni e pretendeva da tutti gli

stessi risultati. Ben presto si vide che se a scuola si poneva attenzione solo agli aspetti individuali della

formazione degli alunni, trascurando quelli sociali, i risultati non erano soddisfacenti. La capacità relazionale

degli alunni non veniva, infatti, adeguatamente coltivata. Nacquero così le prime realizzazioni parziali di quella

che Garcia Hoz definì, educazione personalizzata, una espressione da lui coniata verso la metà degli anni Sessanta

del secolo scorso, quando costruì un sistema che ha avuto applicazioni pratiche, prima nelle scuole spagnole e poi

in alcune scuole italiane non statali, abbondantemente documentate da numerose pubblicazioni scientifiche. 91 M. Tiriticco, Dell’uguaglianza, della differenza, della personalizzazione, Roma, 12 maggio, 2003, in hpp://www.edscuola.it, consultato in data 12 settembre 2012. 92 A. Porcarelli, Centralità della persona e personalismo pedagogico, in G. Boselli e M. Seganti (a cura di), Dal pensare delle scuole: riforme. La nuova forma della scuola immaginata da chi vi opera, Armando, Roma, 2006, p.93.

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Dall’estate del 2002 il sostantivo “personalizzazione” e l’aggettivo “personalizzato” si ritrovano spesso anche nei

documenti ufficiali del MIUR, ad esempio nelle indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati. […] Nel

concetto di persona sono racchiuse le due dimensioni – individuale e sociale – dell’essere umano, da considerare

sempre insieme; mentre invece quando si pone esclusivamente l’accento solo su una di esse si finisce

inevitabilmente nel riduzionismo pedagogico nei sui due estremi dell’individualismo o del collettivismo93.

L’analisi compiuta da Massimo Baldacci e Franco Frabboni, in La Controriforma della

scuola. Il trionfo del Mercato e del Mediatico, sul concetto di “personalizzazione” come

termine istituzionalmente forte all’interno delle Indicazioni Nazionale del 2003, rileva come

questo sia stato interpretato quale mezzo per lo sviluppo delle specifiche potenzialità di

ognuno e come tale soluzione risultasse “unilaterale e astratta al tempo stesso” in quanto

metteva “ in secondo piano l’esigenza di dotare tutti delle competenze di base”.

La soluzione appare unilaterale in quanto risulta centrata sulla sola categoria della diversità e trascura quella di

uguaglianza formativa. Ma, la valorizzazione della diversità delle potenzialità individuali senza la parallela cura

dell’uguaglianza rispetto alla padronanza delle competenze fondamentali corre il pericolo di dare luogo a forma di

diseguaglianza degli esiti formativi che si tradurrebbero fatalmente in una disparità delle chance di vita. Si apre,

cioè, lo scenario che la Premessa ai Programmi della scuola primaria del 1985 aveva cercato di scongiurare: le

diversità rischiano di convertirsi i disuguaglianze94.

Attraverso la personalizzazione risulta possibile, dunque, sviluppare i talenti personali

grazie alla diversificazione degli obiettivi. Se l’insegnamento individualizzato comporta la

costruzione di un percorso che scelga la strada più opportuna, senza perdere di vista la meta e

senza ridurre a priori le attese nei confronti di possibili risultati, la personalizzazione

diversifica le strade ponendo mete diverse da alunno ad alunno. In altre parole, il Piano di

Studio Personalizzato pone la diversità come discriminante e perde di vista l’offerta agli alunni

delle pari opportunità formative.

Percorsi formativi e obiettivi personalizzati per soggetti considerati differenti nel

carattere, nel modo di essere, nella tensione verso una cosa o l’altra, riconducono la scuola ad

un insegnamento fondato sulla teoria delle attitudini.

Nel ripercorrere la storia della scuola, è stato Giuseppe Bottai con la sua Carta della

Scuola, approvata nel 1939 dal Gran Consiglio del Fascismo e inserita nel processo di

fascistizzazione della scuola, a porre le attitudini e le capacità come elementi di selezione.

Specificava Bottai:

93 G. Zanniello, Presentazione, in A. La Marca (a cura di), Personalizzazione e apprendimento, Armando, Roma, 2005, pp. 7-8. 94M. Baldacci e F. Frabboni, La Controriforma della scuola. Il trionfo del Mercato e del Mediatico, Franco Angeli, Milano, 2009, pp.115-116.

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In uno Stato corporativamente costituito, la scuola non può avere un ordinamento liberale, per cui la struttura

corporativa doveva cominciare proprio dalla scuola, non certo nel senso di fissare mestieri e professioni […] ma

in quello di aiutare la selezione delle attitudini, non solo avviando ciascuno verso la strada che è più sua, ma

anche rendendo la scuola un agone, come è la vita, che vuole i migliori, cerne i valori e le competenze e dà a

ciascuno il suo95.

Circa trent’anni più tardi Don Milani, nel condannare la scuola selettiva, scriveva:

Non vi potete trincerare dietro la teoria delle attitudini.

Tutti i ragazzi sono adatti a fare la terza media e tutti sono adatti a tutte le materie.

È comodo dire a un ragazzo: “Per questa materia non ci sei tagliato”. Il ragazzo accetta perché è pigro come il

maestro. Ma capisce che il maestro non lo stima Eguale.

È diseducativo dire a un altro: “Per questa materia sei tagliato”. Se ha passione per una materia bisogna proibirgli

di studiarla. Dargli di limitato o squilibrato. C’è tanto tempo dopo per chiudersi nelle specializzazioni.

Se ognuno di voi sapesse che ha da portare innanzi a ogni costo tutti i ragazzi e in tutte le materie, aguzzerebbe

l’ingegno per farli funzionare.

Io vi pagherei a cottimo. Un tanto per ragazzo che impara tutte le materie. O meglio multa per ogni ragazzo che

non ne impara una96.

6.3 Convivenza democratica e convivenza civile

L’educazione alla convivenza democratica, che aveva caratterizzato i Programmi del

1985, scompare nelle Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati per essere

sostituita dall’educazione alla convivenza civile.

Questa comprende le educazioni alla cittadinanza, stradale, ambientale, alla salute, alimentare

e all’affettività, ognuna delle quali contiene propri obiettivi specifici di apprendimento

presentati in maniera analitica.

Le Indicazioni raccomandano che gli obiettivi educativi e quelli d’apprendimento

relativi a ciascuna disciplina debbano obbedire “al principio della sintesi e dell’ologramma”,

cioè:

gli uni rimandano agli altri; non sono mai, per quanto possano essere autoreferenziali, richiusi su se stessi, ma

sono sempre un complesso e continuo rimando al tutto. Un obiettivo specifico di apprendimento di una delle

95 G. Bottai, Discorso pronunciato al Senato del Regno nella seduta del 22 marzo 1937, in La Carta della scuola, Milano, 1938, p.111 (citato in F. De Vito, Linee di storia della scuola italiana, La Scuola, Brescia, 1994, p.102-103). 96 Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, 1967, pp.81-82

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dimensioni della Convivenza civile, quindi, è e deve essere sempre anche disciplinare e viceversa; analogamente,

un obiettivo specifico di apprendimento di matematica è e deve essere sempre, allo stesso tempo, non solo ricco

di risonanze di natura linguistica, storica, geografica, espressiva, estetica, motoria, sociale, morale, religiosa, ma

anche lievitare comportamenti personali adeguati alla Convivenza civile. E così per qualsiasi altro obiettivo

specifico d’apprendimento97.

In evidenza si pone, quindi, l’interdisciplinarietà con un forte richiamo al legame tra

discipline ed educazioni in cui la religione entra a pieno titolo come portatrice di risonanze al

pari della lingua, della storia, delle geografia, ecc.

Tra le educazioni previste nelle Indicazioni, quella alla cittadinanza pone alcuni

riferimenti al principio del rispetto dell’altrui diversità, ma la parola “democrazia” non viene

mai citata. Riflettendo sul significato del termine “cittadinanza”, questo può essere inteso

come l’insieme di diritti e doveri stabiliti da un ordinamento giuridico o, in un significato più

ampio, come un concetto che includa l’appartenenza a una comunità politica o sociale. In

quest’ultimo caso emerge, senz’altro, l’idea di democrazia in cui ciascun cittadino si impegna

per il bene comune. Vista l’omissione del termine democrazia, rimane poco chiara

l’interpretazione del concetto di cittadinanza data dalle Indicazioni.

Inoltre, le tematiche trattate nelle varie educazioni vengono illustrate senza alcuna

argomentazione: da una parte si scrive che esse sussistono solo se in stretta connessione con le

discipline, dall’altra ci si limita ad elencare, per ognuna di esse, una lunghissima serie di

obiettivi da raggiungere. La mancanza di un adeguato approfondimento relativo a temi

formativi così importanti potrebbe svilirne la valenza, facendoli intendere come questioni da

affrontare attraverso lezioni a sé stanti, magari attraverso il libro di testo scolastico, a discapito

del fondamentale processo di interiorizzazione di norme e valori da parte di ciascun alunno.

Tra l’altro, l’Educazione alla convivenza civile è stata in seguito inserita nel documento

di valutazione (allegato alla circ. ministeriale n.84/2005) divenendo, perciò, oggetto di

misurazione. Vale la pena di riflettere se questa scelta non esimi la scuola dalle proprie

responsabilità: nel caso in cui essa fallisse il suo compito educativo, più che registrare un dato,

non dovrebbe analizzarne le motivazioni e attivare le strategie più idonee atte alla rimozione di

ogni ostacolo alla piena formazione della persona?

97 Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati nella Scuola Primaria, allegato B al D.lgs n.59/04

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Capitolo settimo

Le Indicazioni per il curricolo

7.1 Un nuovo cambio di rotta

La XV Legislatura (Governo Prodi II) , durata soli due anni (dal 17 maggio 2006 al 6

maggio 2008), ha determinato, al dicastero dell’Istruzione, il passaggio dal ministro Moratti al

ministro Fioroni, il quale, con D.m. del 31/07/2007 e successiva direttiva ministeriale n.68 del

03/08/2007, ha emanato le Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo

ciclo d’istruzione.

Le Indicazioni per il curricolo sono state elaborate in tempi molto brevi: iniziati i lavori

della Commissione di esperti, presieduta dal Prof. Mauro Ceruti, nel gennaio 2007, le

Indicazioni sono entrate in vigore già nel settembre dello stesso anno. La Commissione,

composta da 16 membri prevalentemente docenti universitari, è stata affiancata da tre Gruppi

tecnici (relativamente ai gradi di istruzione infanzia, elementare e media). Per gli

approfondimenti si sono svolte delle audizioni con associazioni professionali, gruppi

disciplinari, rappresentanze accademiche, organizzazioni sindacali e riviste di settore. I gruppi

di lavoro ristretti e tesi all’operatività non hanno lasciato alcuno spazio al dibattito nel Paese,

nelle scuole e a tutta quella parte di movimento che chiedeva l’abrogazione delle Indicazioni

Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati e il ripristino dei Programmi Nazionali del 1985.

Il vuoto partecipativo doveva essere colmato attraverso l’attuazione graduale delle Indicazioni

nei due successivi anni scolastici, ma il cambio di governo nel 2008 non l’ha permesso.

Rispetto alle precedenti Indicazioni, quelle per il curricolo proiettano l’azione didattica

verso la centralità, la verticalità e la gradualità del curricolo, dalla scuola dell’infanzia alla

scuola media di primo grado, si riappropriano del concetto di ambito disciplinare

introducendone la verticalità, rafforzano il principio dell’autonomia scolastica, affrontano il

tema del nuovo assetto culturale e sociale del nostro Paese evidenziando i diversi problemi che

la scuola si trova ad affrontare.

Secondo Gaetano Domenici:

La novità culturale e politica complessiva delle nuove Indicazioni, pur nella continuità e discontinuità rispetto al

passato prossimo di alcuni aspetti del processo formativo che esse presuppongono e comportano, sta nel punto di

vista, adottato dalla Commissione per la interpretazione dell’uomo, della sua formazione e della società,

all’interno delle attuali dinamiche internazionali, in rapporto al quale, appunto, si doveva considerare, progettare e

organizzare l’istruzione scolastica di base delle nuove generazioni. […]

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Il capitolo “cultura, scuola, persona” che introduce e fornisce le chiavi interpretative delle Indicazioni in senso

stretto, rappresenta il “punto di vista” adottato. Rispetto al “punto di vista” sotteso dalle passate Indicazioni esso

ben rappresenta l’elemento più netto della discontinuità tra i due documenti. […]

L’individuo, costituzionalmente inteso come persona, e il processo della sua umanizzazione nel nuovo contesto

storico, economico-sociale, politico e culturale, soprattutto attraverso la struttura che chiamiamo scuola e che lo

trasforma in cittadino consapevole e attivo; la diversità inter e intraindividuale, interpretata come ricchezza solo

se intenzionalmente sottratta alle condizioni “cultural-primitive” che considerano la differenza come

disuguaglianza; l’interpretazione della libertà e dell’uguaglianza come elementi tra loro indissolubilmente

connessi, così che la pratica di ciascuna di esse non può che rappresentare la condizione per la messa in atto

dell’altra e viceversa, garanzia, perciò, del rispetto delle differenze di tutti e dell’identità di ciascuno, sono alcuni

dei cardini dell’angolo visuale politico-culturale ovvero del “punto di vista” sotteso alle nuove Indicazioni98.

7.2 Centralità dell’alunno, valorizzazione delle diverse identità, educazione alla

cittadinanza

Le Indicazioni per il curricolo pongono lo studente al centro dell’azione educativa

attraverso un approccio palesemente interculturale.

Il progressivo aumento degli alunni di origine straniera è stato assunto dal nuovo

Ministro come dato strutturale del sistema scolastico italiano e, pertanto, come punto dal quale

partire per la realizzazione di una scuola realmente inclusiva. Si è posto, dunque, un nuovo

orizzonte culturale in cui l’educazione interculturale è dimensione trasversale e sfondo

integratore che accomuna tutte le discipline e tutti gli insegnanti.

Con l’obiettivo di individuare soluzioni organizzative efficaci e utili orientamenti per il

lavoro delle scuole, il 6 dicembre del 2006, viene istituito, con decreto ministeriale,

l’Osservatorio per l’integrazione degli alunni stranieri e l’educazione interculturale, che ha

redatto, nell’ottobre del 2007, un importante documento, La via italiana per la scuola

interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri, rivolto ai dirigenti scolastici e agli

insegnanti.

Nell’introdurre il documento, il ministro Fioroni scrive:

Adottare la prospettiva intercultura, la promozione del dialogo e del confronto tra culture, significa non limitarsi

soltanto ad organizzare strategie i integrazione degli alunni immigrati o misure compensatorie di carattere

speciale.

Insegnare in una prospettiva interculturale vuol dire piuttosto assumere la diversità come paradigma dell’identità

stessa della scuola, occasione privilegiata di apertura a tutte le differenze.

98 G. Domenici, Verso una nuova scuola di base:cultura e competenze contro le moderne disuguaglianze, in G. Dominici (a cura di), Nuove Indicazioni per il curricolo. La prova sul campo, Anicia, Roma, 2008, pp.20-21.

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Scopo del documento è fornire indicazioni e linee d’azione che possano costituire un

quadro di orientamento per le scuole attraverso la condivisione “di principi, decisioni ed azioni

relative all’inserimento nella scuola e nella società italiana dei minori di origine immigrata”99.

Si può affermare che tale documento è in linea e supporta le Indicazioni per il curricolo

in cui fin dalle primissime righe vengono opportunamente poste in rilievo le peculiarità della

società attuale “caratterizzata da molteplici cambiamenti e discontinuità” e dalla pluralità delle

culture. In questo quadro, numerosi sono i richiami al rispetto delle differenze e dell’identità di

ciascuno. Ed è probabilmente il reiterato utilizzo del termine “identità”, nel senso della

capacità di una persona di sentirsi separata e diversa dalle altre, uno degli elementi di

modernità introdotti dalle Indicazioni per il curricolo.

Si legge:

Le finalità della scuola devono essere definite a partire dalla persona che apprende, con l’originalità del suo

percorso individuale e le aperture offerte dalla rete di relazioni che la legano alla famiglia e agli ambiti sociali. La

definizione e la realizzazione delle strategie educative e didattiche devono sempre tener conto della singolarità e

complessità di ogni persona, della sua articolata identità, delle sue aspirazioni, capacità e delle sue fragilità, nelle

99 Ministero della Pubblica Istruzione, La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri, ottobre 2007, p.5.

Figura 7.1 Copertina del documento La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri redatto dall’Osservatorio per l’integrazione degli alunni stranieri e l’educazione interculturale

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varie fasi di sviluppo e di formazione.

Lo studente è posto al centro dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei,

estetici, etici, spirituali, religiosi100.

Se l’aver posto l’alunno al centro dell’azione educativa può costituire un ponte con i

Programmi Nazionali del 1985 che ne avevano fatto il fondamento, l’aver individuato tra gli

aspetti dell’azione educativa quelli religiosi, oltre che cognitivi, affettivi, relazionali, corporei,

estetici, etici e spirituali, fa pensare ad una continuità con le Indicazioni Nazionali per i Piani

di Studio Personalizzati. Ciò potrebbe essere stato dettato da una scelta politica piuttosto che

pedagogica, di mediazione tra le istanze dell’area laico-progressista e le richieste del mondo

cattolico, che trova conferma anche nelle disposizioni legislative del ministro Fioroni in merito

all’immissione in ruolo degli insegnanti di religione cattolica e i cospicui finanziamenti alle

scuole private.

Le Indicazioni per il curricolo affrontano la delicata questione del rapporto tra scuola

ed extrascuola in un capitolo della Premessa intitolato Per una nuova cittadinanza. Alla scuola

viene affidato il compito di “insegnare le regole del vivere e del convivere” e “di formare

cittadini in grado di partecipare consapevolmente alla costruzione di collettività più ampie e

composite, siano esse quella nazionale, quella europea, quella mondiale”

In tale prospettiva, si raccomanda un’alleanza educativa tra scuola e famiglia nel

rispetto dei reciproci ruoli in cui la scuola assume un ruolo ancor più ineludibile in tanti di quei

“casi nei quali le famiglie incontrano difficoltà più o meno grandi nello svolgere il loro ruolo

educativo.” A tale proposito, in queste Indicazioni viene abolito il portfolio delle competenze

previsto nelle precedenti. La scuola viene concepita come comunità educante che si pone come

finalità quelle dello sviluppo dell’autonomia personale e dell’educazione alla convivenza in

continuità con quanto sancito dagli stessi Programmi del 1985, ma con una differenza

sostanziale: mentre in questi ultimi l’educazione alla convivenza democratica è intesa come

formazione di una reciprocità consapevole in cui la scuola “non ha un proprio credo da

proporre né un agnosticismo da privilegiare”, le Indicazioni per il curricolo, pur nel ribadire

“la valorizzazione delle diverse identità e radici culturali di ogni studente”, pongono come

finalità educativa una cittadinanza unitaria e plurale che “permane coesa e vincolata ai valori

fondanti della tradizione nazionale, ma che può essere alimentata da una varietà di espressioni

ed esperienze personali molto più ricca che in passato” in cui la “via privilegiata è proprio la

conoscenza e la trasmissione delle nostre tradizioni e memorie nazionali”.

100 Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, p.17.

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Nel valutare questi diversi approcci è necessario considerare i processi di cambiamento

che hanno investito la società e la scuola in materia di immigrazione dagli anni ’70 ad oggi. Se

per gli estensori dei Programmi del 1985 si è trattato di affrontare il tema della diversità sui

piani sociale, religioso e delle capacità di apprendimento, per gli autori delle Indicazioni per il

curricolo la questione più emergente è stata rappresentata dalla diversità culturale determinata

dal fenomeno dell’immigrazione certo assai più vasto che negli anni ’80. Indubbiamente nelle

Indicazioni per il curricolo il discorso interculturale è materia viva, ma il richiamo al vincolo ai

valori della nostra tradizione ne costituisce un controverso limite. In questa ottica, i Programmi

del 1985 risultano essere più aderenti ad una visione culturale effettivamente pluralista rispetto

alle Indicazioni per il curricolo. Inoltre, questi ultimi, nel riferirsi ai valori della nostra

tradizione, non possono che essersi rifatti anche a quelli religiosi che come si è visto sono tra

gli aspetti educativi individuati. Ciò connota un ulteriore elemento di continuità con le

Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati.

7.3 Ritorna il principio di uguaglianza

Nelle Indicazioni per il curricolo viene reintrodotto il termine uguaglianza sostituito

nelle Indicazioni per i Piani di Studio Personalizzati dal termine giustizia. L’aderenza alla

Carta Costituzionale è più che evidente: per delineare l’impianto educativo della scuola si fa

riferimento anche agli artt. 2 e 4, oltre che all’art.3 citato nei precedenti documenti101. Gli

estensori delle Indicazioni per il curricolo sembrano aver colto l’obbligo di tali riferimenti

qualora si intenda dare una risposta alle nuove esigenze di istruzione determinate dalla

globalizzazione.

Infatti, l’attuale scenario mondiale, caratterizzato dalle contraddizioni del mercato

globale e flessibile, ha provocato non soltanto l’allargamento del gap tra il Nord e il Sud, ma

ha dato anche avvio alla nascita del nuovo divario tra l’Est e l’Ovest del mondo. Le Indicazioni

per il curricolo, a tal fine, richiamano “in modo ancor più attento e mirato l’impegno dei

docenti e di tutti gli operatori della scuola”, ma anche delle “formazioni sociali” per “una

nuova dimensione di integrazione fra scuola e territorio” in una società in cui il fenomeno

dell’immigrazione diviene sempre più massiccio.

101 Costituzione, art. 4: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

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L’attenzione posta ai cambiamenti culturali e sociali avvenuti nel Paese permette di

rilevare quei nuovi e vecchi fattori che sono causa di disuguaglianze: l’accento è posto

sull’emarginazione sociale, economica e culturale determinata dal fenomeno

dell’analfabetismo di ritorno con chiari ed espliciti riferimenti ai problemi legati al limitato

accesso alle nuove tecnologie e al fenomeno dell’immigrazione.

Il Quaderno bianco sulla scuola, pubblicato nel settembre 2007 ed elaborato da un

Gruppo inter-ministeriale appartenente al Ministero dell’Economia e delle Finanze e al

Ministero della Pubblica Istruzione, ha messo in rilievo la preoccupante persistenza di un

divario tra Nord, Centro e Sud del Paese.

La forte diversificazione territoriale nella qualità mostra risultati buoni nel Nord, insoddisfacenti nel Centro (un

profilo spesso trascurato), gravemente carenti nel Sud. In quest’ultima area, secondo i risultati di OCSE-PISA

2003, oltre uno studente su cinque, in matematica, e uno su sette, in lettura, è incapace di affrontare con

sufficiente grado di padronanza i compiti più elementari e di routine (solo uno su venti nel Nord).

L’esistenza di un divario è confermata dalle altre indagini internazionali e dalla recente indagine nazionale

campionaria condotta dall’INVALSI per il 2006/07.

Assai elevate sono le differenze di risultato fra le singole scuole (anche dello stesso indirizzo) - il 57 per cento

della varianza totale delle competenze è fra studenti di scuole diverse, anziché all’interno della stessa scuola,

contro 34 per cento nella media OCSE - rivelando un sistema poco equo, dove è accentuata la concentrazione

degli studenti con situazione socio-economica meno favorevole e la connessa segmentazione delle scuole secondo

la qualità.

Assai elevato è anche il grado di analfabetismo funzionale della popolazione adulta fascia d’età compresa tra i 46

e 65 anni e prevalentemente al Sud. Permane una quota ancora importante di individui dotati della sola licenza

elementare (il 25 per cento nella fascia di età 15-65 anni), e la partecipazione degli adulti all’apprendimento

permanente è modestissima in tutte le aree del paese (solo il 7 per cento). Forti sono le ripercussioni negative di

questo fenomeno anche sulla quantità e qualità di istruzione dei figli102.

In questo quadro, le Indicazioni per il curricolo si riappropriano di un’idea di scuola la

cui funzione consiste nel condurre tutti gli studenti al successo scolastico non dimenticando di

porre “particolare attenzione al sostegno delle varie forme di diversità, di disabilità o di

svantaggio”. La risposta è data dalle “varie forme di flessibilità previste dall’autonomia” e

dalle “opportunità offerte dalle tecnologie” al fine di perseguire “una rinnovata progettualità”.

La flessibilità del progetto formativo e la sua adattabilità alle esigenze dell’alunno

viene affidata alla progettazione curricolare della scuola nella sua autonomia nel senso che 102 Ministero dell’Economia e delle Finanze e Ministero della Pubblica Istruzione, Quaderno bianco sulla scuola. Sintesi e presentazione. La nuova politica del Quadro Strategico Nazionale 2007-2013:l’istruzione motore dello sviluppo, 26 novembre 2007, pp. 4-5.

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essa potrà compiere le proprie “scelte relative a contenuti, metodi, organizzazione e

valutazione”.

7.4 Centralità, verticalità e gradualità del curricolo

I Programmi del 1985 avevano affidato al team dei docenti di classe il compito di

rispondere ai bisogni educativi. Nelle Indicazioni per il curricolo la risposta è data dalla

progettazione e dalla realizzazione di percorsi didattici specifici di cui è incaricata l’intera

Istituzione scolastica.

Nel documento, infatti, non vi è alcun riferimento alla “programmazione” (sulla quale,

invece, si basavano i Programmi del 1985) poiché quella delle Indicazioni per il curricolo è

una progettualità diversa, tesa al riconoscimento dell’autonomia scolastica (sancita dal Dpr

n.275/1999) piuttosto che del processo di messa a punto dei curricoli, in situazione.

Le Indicazioni per il curricolo delineano una scuola che “ persegue una doppia linea

formativa: verticale e orizzontale” in cui “la linea verticale esprime l’esigenza di impostare una

formazione che possa poi continuare lungo l’intero arco della vita” . Su queste basi “il

curricolo si delinea con particolare attenzione alla continuità del percorso educativo dai 3 ai 14

anni” e si articola nella scuola del primo ciclo attraverso le discipline.

Secondo Paolo Di Rienzo, docente presso la Facoltà di Scienze della Formazione

dell’Università degli Studi Roma Tre:

Slide n.7 pubblicata in Quaderno bianco sulla scuola. Sintesi e presentazione. La nuova politica del Quadro Strategico Nazionale 2007-2013:l’istruzione motore dello sviluppo, 26 novembre 2007.

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L’organizzazione del curricolo in generale ha […] la sua motivazione profonda nella necessità di ridurre i

dislivelli socio-culturali di partenza, di raggiungere un elevato standard di preparazione, una formazione di

elevato livello per tutti gli studenti; ma la sua dimensione verticale trova ragione nell’esistenza di colmare lo iato

che esiste tra l’organizzazione formale dell’offerta educativa e la necessità del vivente di apprendere e formarsi

per tutta la vita. Ne deriva una ricollocazione delle attività formative nella prospettiva del continuum e della

flessibilità sul piano delle strategie e delle politiche educative, in una logica quindi di sviluppo a spirale, e non per

stadi, che interpreta l’apprendimento come modificazione qualitativa, non semplice aggiunta quantitativa103.

Il curricolo diviene verticale e articolato nei due gradi della scuola dell’infanzia e del

primo ciclo (scuola primaria e scuola secondaria di primo grado, già scuola media), si distende,

pertanto, dai 3 ai 14 anni. Si rileva lo stretto rapporto tra scuola primaria e scuola secondaria

di primo grado, appartenenti entrambe al “primo ciclo” di istruzione.

L’idea di un ciclo primario era già stata ratificata dalla L.53/03, ma nelle Indicazioni

per il curricolo sia la premessa, sia le singole discipline condividono un impianto unitario, un

comune curricolo progressivo che fissa i traguardi per lo sviluppo al termine della scuola

primaria e al termine della scuola secondaria di primo grado. A sua volta per la scuola primaria

vengono indicati gli obiettivi di apprendimento al termine della terza e della quinta classe, tale

articolazione conferma sostanzialmente quella della scuola primaria della L.53/03.

La scelta di curricolo unico dalla scuola dell’infanzia alla scuola media, avviato dalla L.53/03

(di cui si ricorda è stato applicato il D.lvo n. 59/04 con allegate le Indicazioni Nazionali per i

Piani di Studio Personalizzati) e confermato dalle Indicazioni per il curricolo, ha avuto pareri

discordanti nel mondo accademico e scolastico.

Da una parte se ne è apprezzata la comune struttura compositiva, sia nella Premessa che nella

morfologia interna alle singole discipline, quale propulsore di un movimento progressivo verso

i saperi organizzati, ove a cambiare è solo la natura della mediazione nelle diverse modalità

d’apprendimento relative al livello di maturazione della percezione senso-motoria, delle

capacità di rappresentazione dell’esperienza e di simbolizzazione fino alla sicurezza tra i

diversi codici e le diverse forme di rappresentazione formale.

Dall’altra se ne è rilevato un limite culturale, nel momento in cui si è previsto, per lo studio

della Storia, una scansione fra scuola primaria e secondaria di primo grado costituita dalla

Caduta dell'impero Romano d’Occidente e, per lo studio della Geografia, lo studio dell’Italia

come traguardo per lo sviluppo delle competenze al termine della primaria e lo studio

dell’Europa e del resto del mondo al termine della secondaria di primo grado.

103 P. Di Rienzo, Il curricolo verticale per un’educzione nel corso della vita: dimensioni diacroniche e formative per imparare ad apprendere, in G. Dominici (a cura di), Nuove Indicazioni per il curricolo. La prova sul campo, Anicia, Roma, 2008, p.39.

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Il 28 agosto del 2007, Rolando Dondarini, docente di Didattica della Storia presso la

Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna, in un’intervista al sito

Foruminsegnanti.it, in relazione alle nuove Indicazioni che stavano per essere ufficializzate, ha

affermato:

Come quello allora prescritto, anche il curricolo delle recenti bozze comporta la rimozione degli ultimi

due millenni dagli orizzonti formativi di una fascia scolare come quella “primaria”, nella quale si acuiscono

sensibilità e interessi che rimangono indelebili. Anche questo curricolo sembra quindi essere figlio del gravissimo

e persistente equivoco di chi confonde “curricolo verticale” o “curricolo unitario” con un unico ciclo cronologico

dell‘intera storia e di quegli slogan semplicistici e superficiali diffusi e adottati qualche decennio fa che

attribuivano i problemi della didattica della storia al “mostro a tre teste” della ciclicità. Molti insegnanti hanno

recepito tali slogan in maniera quasi irriflessa come postulati e assiomi ideologici che garantirebbero

automaticamente un’effettiva innovazione ed efficacia; salvo poi ricredersi di fronte ai nodi reali

dell’insegnamento. In effetti chi insegna storia sa bene che a comprometterne l’insegnamento/apprendimento non

è certo la ripetitività, ma la passività e la mnemonicità con cui gli scolari sono costretti ad imparare nozioni che

sentono estranee ai loro interessi. Da questo punto di vista la profonda e vera innovazione che manca totalmente

anche dalle premesse teoriche delle bozze presentate, sarebbe quella di far perno sul presente per affrontare ogni

argomento e periodo con stimoli e motivazioni capaci di indurre ad atteggiamenti attivi e interessati. Obiettivo

della Storia non dovrebbe essere quindi come recitano le bozze “...comprendere e spiegare il passato dell'uomo,

partendo dallo studio delle testimonianze e dei resti che il passato stesso ci ha lasciato”, bensì comprendere il

presente cercandone e apprendendone motivazioni e premesse. […]

Adottare un unico ciclo cronologico della storia da svolgersi tra elementari e medie comporta

automaticamente alcuni effetti palesemente negativi e contraddittori. In primo luogo perché si vincola in maniera

permanente l’apprendimento dei diversi periodi della storia a età evolutive obiettivamente diverse. In

contraddizione con la sbandierata centralità della persona, si trascurano così gli aspetti evolutivi e formativi degli

scolari e i loro tempi di formazione, visto che si ignorano le fasi di sviluppo delle loro capacità di apprendimento

e dei loro interessi, presumendo che tra la terza elementare e la terza media le attenzioni e le capacità percettive

rimangano immutate. Inoltre rimandando lo studio del Medioevo, della Storia Moderna e della Storia

Contemporanea al triennio delle scuole medie, li si priva fino ad allora di indispensabili strumenti cognitivi,

essenziali non solo per comprendere, rispettare e tutelare il formidabile patrimonio di cui l’Italia è custode, ma

anche per indurli al confronto e al dialogo interculturale reso necessario e indispensabile dall’inarrestabile

formazione di una società multietnica, multiculturale e multireligiosa. In sintesi quali esiti automatici

dell’adozione del curricolo che anche le nuove bozze propongono si possono annoverare una grave ritardo e una

sottovalutazione conseguente sia nell’acquisizione della consapevolezza e del rispetto del patrimonio

storico/artistico scaturito dai periodi storici rinviati sia un inutile rinvio delle trattazioni sulle origini e gli sviluppi

delle diverse culture di cui gli stessi scolari sono portatori. A tali esiti se ne aggiungono altri puntualmente

verificati in questi anni di applicazione della famigerata legge 53 cioè:

- l’abbandono di una ricca varietà di esperienze didattiche innovative condotte sia in ambito scolastico

che extrascolastico, per le quali insegnanti e operatori culturali hanno attivato ampie convergenze

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multidisciplinari; in particolare in riferimento alle didattiche museale, archivistica e bibliotecaria e agli apporti di

enti e associazioni.

- le conseguenti lacune e mancanze di riferimenti per gli apprendimenti riferiti agli aspetti

storico/ambientali da un lato e globali dall’altro, che si stavano sempre più spesso adottando come terreni di

incontro e di comune formazione per gli scolari di diversa provenienza.

- le gravi ripercussioni sui corsi di formazione per gli insegnanti della scuola primaria, i quali, non

essendo più tenuti a prepararsi su quei periodi storici, ne eliminano lo studio dai loro curricula con le conseguenti

carenze formative e culturali. In pratica abbiamo sì dei maestri laureati, ma che non conoscono la storia104.

A conclusione di una Lettera aperta105 rivolta ai Soci dell’Istituto De Gasperi di

Bologna, Dondarini ha, inoltre, invitato ad aderire all’appello lanciato dalla Tavola rotonda su

vecchie e nuove indicazioni ministeriali per l’insegnamento della storia, intitolata, Chi ha

paura della Storia?, a cura del Forum insegnanti, tenutasi il 17 ottobre 2007 presso

l’Università di Bologna e conclusasi con l’elaborazione di un Manifesto per la riconquista dei

Programmi Nazionali e la difesa della libertà di insegnamento attraverso il quale si chiedeva

di rimuovere le Indicazioni e ripristinare i Programmi del 1985 per la loro persistente validità

didattica ed epistemologica. (Allegato 10)

In merito al principio di personalizzazione le Indicazioni per il curricolo hanno

costituito il superamento, anche nella scelta della nuova denominazione, del carattere

pervasivo di tale principio contenuto nelle Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio

Personalizzati, a favore del curricolo interpretato come “sintesi progettuale e operativa delle

condizioni pedagogiche, organizzative e didattiche che consentono di realizzare un

insegnamento efficace e adeguato agli alunni, nel rispetto degli indirizzi curricolari di carattere

nazionale”. È necessario però far notare che le nuove Indicazioni, nel momento in cui

definiscono il carattere dei percorsi formativi, affermano che questi debbono essere “sempre

più rispondenti alle inclinazioni personali degli studenti”.

Anche da quest’affermazione emerge una certa continuità delle Indicazioni per il curricolo

con il precedente documento: delineare il percorso formativo secondo le “inclinazioni

personali” non sembra discostarsi dalla “personalizzazione”, istanza centrale della riforma

Moratti.

104 Cfr. http://www.foruminsegnanti.it/modules.php?name=News&file=article&sid=994 consultato in data 30 settembre 2012. 105 La Lettera aperta è intitolata Emergenza educativa insegnamento della storia nelle scuole ed è scritta da Dondarini nel dicembre 2007, in htpp://www.istitutodegasperi-emilia-romagna.it/pdf/dondarini.pdf, consultato in data 3 ottobre 2012.

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Conclusioni

Secondo quanto previsto dal DPR n.89/2009 e indicato dall'atto di indirizzo del ministro

Gelmini dell’8 settembre 2009, le scuole hanno avuto il compito di armonizzare le Indicazioni

( “Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati” del ministro Moratti e “per il curricolo” del

ministro Fioroni) e di essenzializzare i curricoli, a partire dall'anno scolastico 2009-2010 e per

un periodo non superiore a tre anni scolastici.

Il superamento del Programma nazionale, determinato dall’adozione di Indicazioni

secondo la logica dell’abbandono della cultura centralistica, dell’omologazione culturale e

della prescrittività a favore di uno strumento più “leggero” ed essenziale come quello delle

Indicazioni, ha comportato che le scuole, attraverso il Piano dell’Offerta Formativa, abbiano

proposto curricoli didattici la cui varietà non sempre ha fornito risposte efficaci alle domande

individuali e del territorio, ma, in diverse situazioni, ha ratificato le differenze sociali tra le

scuole e i quartieri. Basti pensare, nel caso più eclatante, alle differenti opportunità date agli

alunni quando le attività sono state organizzate grazie al contributo economico volontario dei

genitori, richiesto in un numero sempre maggiore di scuole primarie.

In questi ultimi anni, la “compresenza” dei due documenti che ogni singolo Collegio dei

Docenti ha avuto il compito di armonizzare ha reso più complessa sia l’elaborazione del

curricolo quale strumento di lettura della realtà sociale e culturale del territorio entro il quale la

scuola opera, sia la definizione di un progetto pedagogico-didattico unitario.

Secondo Maurizio Tirittico:

operazione impossibile perché si tratta di documenti che discendono da due modi non solo diversi, ma

contrapposti, di fare scuola: per farla breve, per il primo occorre “dare a ciascuno quello che chiede”; per il

secondo occorre “dare a ciascuno quello di cui ha bisogno”! Due concezioni divergenti delle finalità che un

sistema di istruzione pubblica deve proporsi!106

Il 30 maggio 2012 è stata pubblicata la bozza del nuovo testo delle indicazioni nazionali

per le scuole dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, frutto del processo di revisione delle

Indicazioni nazionali, come disposto con la Circolare ministeriale n.31/2012

Non è questa la sede per un approfondimento di un testo non ancora definitivo, ma, ai

fini della conclusione, si ritiene utile riportare ciò che scrive Giancarlo Cerini, membro del

nucleo redazionale del documento:

106 M. Tirittico, Indicazioni a passo di gambero, 11 giugno 2012, in http://www.edscuola.eu/wordpress/?p=10544, consultato in data 1 novembre 2012.

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Niente “armonizzazione”: si riparte dal 2007

Intanto, occorre prendere atto della volontà del ministro Profumo di non procedere ad una “millimetrica”

armonizzazione tra il testo del 2004 (Bertagna) e quello del 2007 (Ceruti), ma di prendere quale base di

riferimento il testo delle Indicazioni/2007, sia per ragioni giuridiche (esse rappresentano il testo “aggiornato”

delle Indicazioni/2004, come recita il dispositivo di cui al Dpr 89/2009), sia per la migliore accoglienza espressa

dalle scuole (come rivelano gli esiti del monitoraggio Miur-Ansas realizzato nell’inverno scorso). Certamente

hanno influito in questo apprezzamento anche la migliore leggibilità del testo 2007 e il “lessico pedagogico” ivi

richiamato (curricolo, gestione della classe, discipline, laboratorio, ambiente di apprendimento, ecc.), più vicino

alle tradizioni della nostra scuola di base. Ma allora perché procedere ad una “revisione” del testo? Non era

sufficiente ripubblicarlo tale e quale sulla Gazzetta Ufficiale? L’operazione di riscrittura però si giustifica (come

segnala il Ministro nella CM 31/2012), sia per tener conto di alcune criticità affiorate nel corso della attuazione

sperimentale delle Indicazioni/2007, sia per considerare gli elementi di novità intervenuti in questi ultimi (cinque)

anni nel quadro culturale, pedagogico ed istituzionale della scuola italiana107.

Ciò significa che è stato richiesto alle Istituzioni scolastiche, in nome dell’autonomia,

di compiere un’operazione presentata come pedagogica ma che in realtà era soltanto il risultato

di un transitorio compromesso politico in cui, con il ministro Gelmini, si sono voluti

recuperare i princìpi scanditi dalle Indicazioni per i Piani di Studio Personalizzati.

In questo contesto non è difficile immaginare quale sia stato il livello di

disorientamento degli insegnanti, i quali, per la maggior parte, hanno continuato a seguire i

Programmi Nazionali del 1985, nelle “idee guida”, nelle linee fornite in campo pedagogico e

psicologico, nei contenuti epistemologici, nell’approccio metodologico-didattico e nei princìpi

educativi.

Il 17 luglio 2012, una delegazione di docenti sostenitori del Manifesto per la

riconquista dei Programmi Nazionali e la difesa della libertà di insegnamento è stata ricevuta

dai Dirigenti del MIUR. A detta dei delegati l’incontro ha aperto nuove prospettive che

inducono a continuare la battaglia intrapresa nel 2007108. (Allegato 11)

È possibile, dunque, affermare che, malgrado siano trascorsi quasi trenta anni, i

Programmi del 1985 sono ancora sentiti come appartenenti alla professionalità docente anche

perché non privi delle tematiche relative alla società contemporanea e, quindi, tuttora attuali.

Le trasformazioni avvenute in seno alla scuola elementare che questo lavoro ha voluto

ripercorrere, dagli importanti avvenimenti che hanno preceduto i Programmi del 1955 ad oggi,

107 G. Cerini, Indicazioni/2012:restyling o maquillage?, 14 giugno 2012, in http://www.edscuola.eu/wordpress/?p=10451, consultato in data 1 novembre 2012. 108 Cfr. http://manifesto500.altervista.org/?p=596, consultato in data 3 novembre 2012.

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conducono a riflettere sul ruolo della società nei confronti dell’educazione e dei governi

politici sulla scuola.

Si è potuto osservare che le istanze pedagogiche, educative e culturali e i diversi

modelli organizzativi e didattici che si sono affermati nel tempo, di cui i programmi prima e le

indicazioni dopo ne sono l’espressione, non possono essere visti disgiunti dall’indirizzo

politico dei diversi governi politici e dai mutamenti in campo economico, ai quali però va

affiancato l’impegno dei movimenti spontanei nati dal basso, dell’associazionismo e dei

sindacati, ma anche di singoli maestri, che con un’idea precisa della scuola pubblica statale,

aperta e pluralista, hanno rappresentato e, si ritiene, continueranno a rappresentare una sorta di

sentinella che vigila sulla democrazia del sistema scolastico.

L’immagine che ritorna dopo questo lavoro è quella di una scuola che si trova al centro

di un crocevia verso il quale, nel corso della storia, hanno confluito le diverse strade della

pedagogia, della politica, dell’economia, della partecipazione democratica, dalle quali è

derivata la capacità della scuola stessa di rispondere in modo più o meno efficace ai bisogni

sociali di una scolarità in continua trasformazione.

Grazie alla riflessione pedagogica, la scuola ha potuto superare i modelli tradizionali di

insegnamento e porre attenzione anche agli aspetti psicologici e alle varie dimensioni della

personalità dell’alunno. Si rileva, però, che a seconda di come è stato concepito il rapporto tra

individuo e società si è delineato un diverso rapporto tra educazione e società e una diversa

funzione dell’educazione stessa. In questa complessa dimensione sociologica, la scuola, come

luogo di educazione intenzionale, si è fatta interprete dei diversi paradigmi del fenomeno

“educazione” assumendo un ruolo attivo capace di incidere sulle sue stesse trasformazioni,

confermandosi elemento prezioso del vivere sociale.

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Allegato 1

Articoli 2, 3, 7, 33 e 34 della Costituzione

Articolo 2

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle

formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri

inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Articolo 3

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di

sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E`

compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando

di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona

umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e

sociale del Paese.

Articolo 7

Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro

rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due

parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale

Articolo 33

L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.

La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli

ordini e gradi.

Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo

Stato.

La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve

assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello

degli alunni di scuole statali.

E` prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la

conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.

Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti

autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

Articolo 34

La scuola è aperta a tutti.

L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.

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I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli

studi.

La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre

provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

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Allegato 2

Discorso pronunciato da Piero Calamandrei, l’11 febbraio del 1950, in occasione del

Terzo Congresso dell’ADSN.

“Cari colleghi,

Noi siamo qui insegnanti di tutti gli ordini di scuole, dalle elementari alle università [...].

Siamo qui riuniti in questo convegno che si intitola alla Difesa della scuola. Perché difendiamo

la scuola? Forse la scuola è in pericolo? Qual è la scuola che noi difendiamo? Qual è il

pericolo che incombe sulla scuola che noi difendiamo? Può venire subito in mente che noi

siamo riuniti per difendere la scuola laica. Ed è anche un po’ vero ed è stato detto stamane. Ma

non è tutto qui, c’è qualche cosa di più alto. Questa nostra riunione non si deve immiserire in

una polemica fra clericali ed anticlericali. Senza dire, poi, che si difende quello che abbiamo.

Ora, siete proprio sicuri che in Italia noi abbiamo la scuola laica? Che si possa difendere la

scuola laica come se ci fosse, dopo l'art. 7? Ma lasciamo fare, andiamo oltre. Difendiamo la

scuola democratica: la scuola che corrisponde a quella Costituzione democratica che ci siamo

voluti dare; la scuola che è in funzione di questa Costituzione, che può essere strumento,

perché questa Costituzione scritta sui fogli diventi realtà [...].

La scuola, organo centrale della democrazia, perché serve a risolvere quello che secondo noi è

il problema centrale della democrazia: la formazione della classe dirigente. La formazione

della classe dirigente, non solo nel senso di classe politica, di quella classe cioè che siede in

Parlamento e discute e parla (e magari urla) che è al vertice degli organi più propriamente

politici, ma anche classe dirigente nel senso culturale e tecnico: coloro che sono a capo delle

officine e delle aziende, che insegnano, che scrivono, artisti, professionisti, poeti. Questo è il

problema della democrazia, la creazione di questa classe, la quale non deve essere una casta

ereditaria, chiusa, una oligarchia, una chiesa, un clero, un ordine. No. Nel nostro pensiero di

democrazia, la classe dirigente deve essere aperta e sempre rinnovata dall'afflusso verso l'alto

degli elementi migliori di tutte le classi, di tutte le categorie. Ogni classe, ogni categoria deve

avere la possibilità di liberare verso l'alto i suoi elementi migliori, perché ciascuno di essi

possa temporaneamente, transitoriamente, per quel breve istante di vita che la sorte concede a

ciascuno di noi, contribuire a portare il suo lavoro, le sue migliori qualità personali al

progresso della società[…].

A questo deve servire la democrazia, permettere ad ogni uomo degno di avere la sua parte di

sole e di dignità (applausi). Ma questo può farlo soltanto la scuola, la quale è il complemento

necessario del suffragio universale. La scuola, che ha proprio questo carattere in alto senso

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politico, perché solo essa può aiutare a scegliere, essa sola può aiutare a creare le persone

degne di essere scelte, che affiorino da tutti i ceti sociali.

Vedete, questa immagine è consacrata in un articolo della Costituzione, sia pure con una

formula meno immaginosa. » l'art. 34, in cui è detto: "La scuola è aperta a tutti. I capaci ed i

meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi".

Questo è l'articolo più importante della nostra Costituzione[…].

Lo Stato non deve dire: io faccio una scuola come modello, poi il resto lo facciano gli altri. No,

la scuola è aperta a tutti e se tutti vogliono frequentare la scuola di Stato, ci devono essere in

tutti gli ordini di scuole, tante scuole ottime, corrispondenti ai principi posti dallo Stato, scuole

pubbliche, che permettano di raccogliere tutti coloro che si rivolgono allo Stato per andare

nelle sue scuole. La scuola è aperta a tutti. Lo Stato deve quindi costituire scuole ottime per

ospitare tutti. Questo è scritto nell'art. 33 della Costituzione. La scuola di Stato, la scuola

democratica, è una scuola che ha un carattere unitario, è la scuola di tutti, crea cittadini, non

crea né cattolici, né protestanti, né marxisti. La scuola è l'espressione di un altro articolo della

Costituzione: dell'art. 3: "Tutti i cittadini hanno parità sociale e sono eguali davanti alla legge,

senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizioni

personali e sociali". E l'art. 151: "Tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici e alle

cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge". Di questi

due articoli deve essere strumento la scuola di Stato, strumento di questa eguaglianza civica, di

questo rispetto per le libertà di tutte le fedi e di tutte le opinioni[…].

Quando la scuola pubblica è così forte e sicura, allora, ma allora soltanto, la scuola privata non

è pericolosa. Allora, ma allora soltanto, la scuola privata può essere un bene. Può essere un

bene che forze private, iniziative pedagogiche di classi, di gruppi religiosi, di gruppi politici, di

filosofie, di correnti culturali, cooperino con lo Stato ad allargare, a stimolare, e a rinnovare

con varietà di tentativi la cultura. Al diritto della famiglia, che è consacrato in un altro articolo

della Costituzione, nell'articolo 30, di istruire e di educare i figli, corrisponde questa

opportunità che deve essere data alle famiglie di far frequentare ai loro figlioli scuole di loro

gradimento e quindi di permettere la istituzione di scuole che meglio corrispondano con certe

garanzie che ora vedremo alle preferenze politiche, religiose, culturali di quella famiglia.[…]

Il mandare il proprio figlio alla scuola privata è un diritto, lo dice la Costituzione, ma è un

diritto il farselo pagare? » un diritto che uno, se vuole, lo esercita, ma a proprie spese. Il

cittadino che vuole mandare il figlio alla scuola privata, se la paghi, se no lo mandi alla scuola

pubblica.[...]

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Poi, nella riforma, c’è la questione della parità. L'art. 33 della Costituzione nel comma che si

riferisce alla parità, dice: "La legge, nel fissare diritti ed obblighi della scuola non statale, che

chiede la parità, deve assicurare ad essa piena libertà, un trattamento equipollente a quello

delle scuole statali" [...]. Parità, sì, ma bisogna ricordarsi che prima di tutto, prima di concedere

la parità, lo Stato, lo dice lo stesso art. 33, deve fissare i diritti e gli obblighi della scuola a cui

concede questa parità, e ricordare che per un altro comma dello stesso articolo, lo Stato ha il

compito di dettare le norme generali sulla istruzione. Quindi questa parità non può significare

rinuncia a garantire, a controllare la serietà degli studi, i programmi, i titoli degli insegnanti, la

serietà delle prove. Bisogna insomma evitare questo nauseante sistema, questo ripugnante

sistema che è il favorire nelle scuole la concorrenza al ribasso: che lo Stato favorisca non solo

la concorrenza della scuola privata con la scuola pubblica ma che lo Stato favorisca questa

concorrenza favorendo la scuola dove si insegna peggio, con un vero e proprio

incoraggiamento Ufficiale alla bestialità[…]”109.

109 Pubblicato in Scuola democratica, periodico di battaglia per una nuova scuola, Roma, iv, suppl. al n. 2 del 20 marzo 1950, pp. 1-5.

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Allegato 3

La piramide

La “piramide” pubblicata nel libro Lettera ad una professoressa (p.36) illustra il

fenomeno dell’abbandono scolastico nell’anno scolastico 1963-64.

Alle scuole elementari il fenomeno risulta ridotto ma ancora presente; diviene più

consistente nel passaggio fra la prima e la terza media, dove il calo è di circa il 40%. La

recente introduzione dell’obbligo a 14 anni non aveva ancora modificato

significativamente il fenomeno dell’abbandono scolastico nella scuola media.

La scuola superiore vedeva un numero significativamente inferiore di iscritti, sia nel

passaggio dalla scuola media, sia durante il percorso quinquennale.

Rilevante il calo nel passaggio tra la quarta e la quinta superiore delle studentesse, queste

infatti si iscrivevano prevalentemente negli Istituti magistrali di durata quadriennale.

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Allegato 4

Distribuzione per età delle scuole elementari e medie ISTAT 1963

NOTE ALLA TAVOLA E I dati di questa tavola sono tratti dalla tavola 5 A e B del libro “Distribuzione per età delle scuole elementari e medie” ISTAT 1963. L’età è quella che i ragazzi avevano al 31 dicembre 1959. Non siamo riusciti a sapere chi siano i 14.191 ragazzi che al 31 dicembre non avevano ancora compiuto i 6 anni. Legalmente iscritti in queste condizioni potrebbero essere solo i nati il primo gennaio (circa 2000). Il numero dei pierini110 si ottiene sottraendo dai 45.718 anticipati di seconda elementare i misteriosi 14.191111.

110 I pierini sono i figli dei ricchi: in Lettera ad una professoressa Gianni era il figlio del contadino, Pierino il figlio del dottore. Gianni era definito un delinquente dai professori, perché “era svagato e non amava i libri”. Pierino andava benissimo a scuola perché era uno dei “signorini esperti nel frigger aria”. “Gianni non sapeva mettere l'acca al verbo avere, ma del mondo dei grandi sapeva tante cose”. 111 Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, 1967, p.158.

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Come è possibile osservare nella parte della tavola relativa ai dati in percentuale, Don Milani ha evidenziato la percentuale di dispersione scolastica che aumenta considerevolmente dalla classe prima elementare alla classe quinta delle scuole medie superiori.

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Allegato 5

La veste e il corpo del pensiero del fanciullo

“Un insegnamento ben inteso mira ad educare il fanciullo, ad esprimere il suo pensiero

attraverso la scrittura con la stessa naturalezza e spontaneità con le quali parla o anche disegna.

Purtroppo però il fanciullo a scuola molte volte impara solo la tecnica della scrittura e non si

abitua ad una facile espressione scritta del suo pensiero, perché troppo spesso è costretto ad

esprimere con uno sforzo penoso qualche cosa che non appartiene al suo mondo, che non

l’interessa, che egli non ha pensato e che forse non ha ben compreso. […] Come ottenere che il

fanciullo veda chiaramente in se stesso sinceramente l’animo suo e, attraverso l’espressione

spontanea, corregga a poco a poco le inevitabili mende della forma? […] Feci credito ai miei

ragazzi, li lasciai liberi di esprimersi come volevano e non disprezzai più i loro poveri lavori.

Quando mi trovavo di fronte a periodi che sembravano senza senso non mi impazientivo più

ma cercavo di decifrarli con la volenterosa collaborazione dello scrittore in erba. Fu questa per

me una rivelazione…quelle frasi necessitavano solo di un po’ d’ordine e di ortografia per

diventare espressioni freschissime di un freschissimo pensiero. Ed ecco poi che il ragazzo, non

più mortificato dalle troppe correzioni e non temendo più il mio giudizio, mi apriva l’animo

suo sinceramente e senza sforzo mi diceva per iscritto le sue impressioni, le sue osservazioni,

mi rivelava il suo mondo più intimo, quel misterioso mondo nel quale io avevo tentato di

entrare a viva forza. Ora era per me piacere sempre più vivo leggere quel che scrivevano i miei

ragazzi […]”112.

112 A. Marcucci Fantini, La veste e il corpo del pensiero del fanciullo, dal mensile “Cooperazione educativa”, n.3, 1953, pp. 7-8.

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Allegato 6

Lettera di Alberto Manzi

Questa lettera è stata consegnata da Alberto Manzi presso la Segreteria della scuola

elementare “Fratelli Bandiera” dove insegnava nel 1975.

Il rifiuto a dare i voti ai ragazzi portò Manzi ad essere sottoposto al Consiglio di

disciplina che lo sospese per quattro mesi113.

113Cfr. http://www.centroalbertomanzi.it, consultato in data 15 giugno 2012.

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Allegato 7

Carteggio tra Alberto Manzi e il suo Direttore Didattico114

114Cfr. http://www.centroalbertomanzi.it/se-upload/sollecito.pdf, consultato in data 15 giugno 2012.

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Allegato 8

DIVISI DALLA MAESTRA MAMMA

ROMA L' ultima battaglia per la riforma della scuola elementare si è combattuta ieri su due

fronti. Il primo è quello compatto della conferenza nazionale dei maestri aderenti ai sindacati

confederali che hanno annunciato uno sciopero per gennaio; il secondo fronte è quello del

Senato, dove si è subito arenata la discussione sul disegno di legge approvato nel maggio

scorso dalla Camera e che ora rischia di essere travolto da una pioggia di emendamenti.

Riforma in alto mare dunque, nonostante una lunga gestazione, sette anni, e la vasta

sperimentazione avviata dal 1987 in circa 17 mila classi. Il nocciolo della disputa, che divide i

politici appartenenti allo stesso partito e ne accomuna altri di partiti diversi, è la fine dell'

insegnante unico, o come è stato chiamato della maestra-mamma. Il nuovo ordinamento la

sostituirebbe con un team di tre insegnanti ogni due classi, ciascuno con competenze

specifiche. Rafforzare il tempo pieno Altro scoglio che ostacola il varo della riforma è l'

obbligo per le scuole parificate di uniformarsi eventualmente al modello dei tre maestri. Su

questi temi si sono orientati gli interventi della Conferenza nazionale indetta ieri in un cinema

romano dai sindacati scuola della Cgil, Cisl, Uil, insieme alle associazioni professionali e dei

genitori, ma che ha ospitato nel pomeriggio anche una tavola rotonda tra i responsabili degli

uffici scuola dei partiti. Ci sono aspetti della riforma che secondo i sindacati confederali sono

irrinunciabili e che sono stati ribaditi con forza ieri mattina dalle centinaia di insegnanti giunti

a Roma da tutta Italia. Si tratta secondo Cgil, Cisl, Uil di necessità emerse sia dalla

sperimentazione, sia dagli stessi contenuti dei nuovi programmi, approvati nel 1985 ma in

vigore dall' 87. Due innanzitutto le priorità: la necessità di rafforzare il tempo pieno e il

principio che i tre docenti siano responsabili e titolari alla pari sin dalla prima elementare.

Infatti la mediazione offerta dai fautori dell' insegnante unico è di introdurre più maestri ma

con uno dei tre in posizione dominante rispetto agli altri due almeno nella prima e seconda

elementare. Le argomentazioni di chi propone la soluzione intermedia si basano sulla

opportunità di non togliere repentinamente ai bambini più piccoli un punto di riferimento unico

rappresentato appunto dalla maestra-mamma. Proprio su questi temi è avvenuta la spaccatura

che si è riproposta ieri in Senato appena si è iniziato a discutere del disegno di legge. Dopo

aver approvato i primi due articoli e aver messo da parte il terzo i senatori si sono bloccati. Un

cedimento nella maggioranza La senatrice Aureliana Alberici, ministro della Pubblica

istruzione nel governo ombra del Pci, all' uscita dal Senato, ha così riassunto l' andamento

della discussione: Il dissidio all' interno della Dc sta provocando una perdita di tempo e nella

stessa maggioranza è in atto un cedimento molto forte che potrebbe portare ad approvare una

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legge ampiamente emendata e peggiorata. Il Pci ha proseguito la Alberici alla Camera si era

astenuto auspicando di portare al Senato emendamenti che migliorassero il testo, soprattutto

per quanto riguarda il tempo pieno. Ma dopo la discussione di oggi (ieri ndr) non mi sembra

che ci siano possibilità. La Dc da parte sua minimizza i contrasti interni e il senatore Giovanni

Manzini, responsabile della scuola, afferma che si tratta di un utile approfondimento che spero

non porti a modifiche sostanziali. Stessa fiducia in una ricomposizione dei dissidi anche tra i

socialisti, un altro partito diviso tra pro e contro la riforma. Il rappresentante scuola del Psi

Orazio Niceforo sostiene che il Psi è pronto ad alcuni adeguamenti purché non intacchino la

portata della legge. Ma a parte le prudenti dichiarazioni dei responsabili dei partiti le bordate

contro la riforma giungono pesanti. Il fronte del no attraversa orizzontalmente i partiti, alcuni

dei quali votarono a favore quando il provvedimento passò alla Camera dei deputati. Nel

variegato campo dei contrari sono in prima linea l' ex ministro Dc della Pubblica istruzione

Franca Falcucci, il radicale Lorenzo Strik-Lievers, il socialista Luigi Covatta, il liberale

Salvatore Valitutti. Il no alla riforma è confortato inoltre dal parere del sociologo Angelo

Panebianco (Neppure il fascismo era riuscito a fare di peggio), dal presidente di Movimento

Popolare Giancarlo Cesana, dal pedagogista cattolico Giovanni Gozzer (Una legge degna di

Erode). Dai lavori della Conferenza sono arrivate durissime risposte. Lucio De Carlini,

segretario nazionale della Cgil, sostiene che al Senato è in atto uno scontro di potere

alimentato da senatori che hanno scoperto una vocazione troppo pedagogista. De Carlini ha

infine assicurato l' impegno della Cgil-Cisl-Uil a chiedere al presidente del Consiglio Andreotti

la sua posizione prima dello sciopero indetto dai confederali per gennaio.

di STEFANO COSTANTINI 115

115 S. Costantini, Divisi dalla maestra-mamma, in “La Repubblica” , 14-12-1989, p.7, in http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/12/14/divisi-dalla-maestra-mamma.html, consultato in data 12 luglio 2012.

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Allegato 9

LA SCUOLA ELEMENTARE VOLTA PAGINA

ROMA Molte novità attendono gli scolari alla ripresa dell' anno scolastico a settembre: ieri è

stata definitivamente approvata dalla Camera l' attesa riforma della scuola elementare che sarà

in vigore dal prossimo anno in tutte quelle scuole (il 40 per cento) che già la stavano

sperimentando. Per le altre occorrerà aspettare che ci siano le condizioni sufficienti. Ma al

ministero promettono che si arriverà in fretta a pieno regime, e comunque entro la fine dell'

anno scolastico 91-92. Termina così il lungo iter parlamentare di una legge travagliata e

discussa. L' ultimo ritocco era stato opera del Senato che, nel febbraio scorso, aveva introdotto

alcuni emendamenti ora accettati dai deputati della maggioranza di governo. La legge è passata

con 215 voti favorevoli, 133 contrari (Pci, Sinistra indipendente, Verdi arcobaleno, Dp) e 5

astenuti. Maestri. L' innovazione più importante è la scomparsa della maestra-mamma. Al suo

posto arrivano tre insegnanti che si alternano in due classi. Ognuno sarà titolare di un ambito

disciplinare che verrà stabilito in base alle esperienze professionali e alle disposizioni naturali.

In prima e seconda elementare, secondo la modifica proposta e ottenuta dai senatori, nel team

dei tre maestri uno potrà avere di norma, recita la legge, un orario maggiore degli altri due. Si

avrà così un docente prevalente e due satelliti per garantire - a parere del parlamento - la

presenza di una figura chiara di riferimento per i bambini più piccoli. Orario. Aumentano le

ore per gli alunni. Dalle 24 attuali si passa a 27 con la possibilità di arrivare a 30 quando verrà

introdotta la lingua straniera. Nella terza, quarta e quinta elementare invece è possibile

utilizzare, da adesso, le tre ore in più per motivate esigenze didattiche. Innovativa la possibilità

di ripartire l' orario settimanale in mattine e, dove esistono le condizioni (la mensa per

esempio), in pomeriggi. Ciò comporta l' introduzione della settimana corta qualora gli istituti

decidano di condensare in cinque giorni le 27, o 30 ore, previste dalla legge. Per gli insegnanti

l' orario è di 22 ore di docenza e di due ore da dedicare alla programmazione insieme ai

colleghi che formano il team. Le ore eccedenti possono essere utilizzate al recupero degli

alunni con difficoltà di apprendimento. La legge fa esplicito riferimento ai bambini provenienti

da Paesi extracomunitari. Supplenze. Una delle modifiche apportate dai senatori al testo in

precedenza licenziato dalla Camera, riguarda proprio la sostituzione dei maestri che ha attirato

le proteste delle opposizioni, ma anche di buona parte della maggioranza. L' articolo stabilisce

che le assenze inferiori ai cinque giorni vengano coperte dagli insegnanti di ruolo che possono

utilizzare parte dell' orario eccedente le 22 ore di lezione. Lo stesso sottosegretario

democristiano alla Pubblica istruzione Beniamino Brocca sostiene che si tratta di una bruttura

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che risolveremo con un' ordinanza applicativa. Tempo pieno. E' la parte che ha ottenuto il

record di critiche negative. La riforma prevede che il tempo pieno (massimo 40 ore

settimanali) può essere mantenuto soltanto dove è già in funzione, ma ne vieta l' estensione in

altre scuole. Se un istituto decide di sospendere tale sperimentazione, quelle risorse possono

essere destinate in una scuola della stessa provincia. Secondo alcuni ciò comporterà una

discriminazione tra il Nord, dove il tempo pieno è già diffuso, il Centro e il Sud. In realtà

secondo l' onorevole Soave del Pci i dati forniti dal ministero parlano di una situazione

geograficamente equilibrata: Il tempo pieno funziona nel 33 per cento delle scuole del

settentrione, nel 22 di quelle del centro e nel 29 di quelle del Meridione. Rimane la gravità di

non proseguire con il tempo pieno, ma grave è la qualità del servizio che peggiora

notevolmente al sud. La limitazione del tempo pieno viene in parte sostituita da attività di

arricchimento e di integrazione delle lezioni a patto che, su richiesta delle famiglie, l' orario

complessivo non superi le 37 ore settimanali, che gli alunni non siano meno di venti, che le

strutture siano effettivammente funzionanti. Lingua straniera. Tutti d' accordo sulla necessità

di insegnare una lingua fin dalla prima elementare. L' introduzione avverrà entro due anni, cioè

il tempo necessario per formare i docenti. Alunni handicappati. Ogni quattro alunni

handicappati dovrà esserci un insegnante di sostegno, ma dove ci sono casi particolarmente

gravi il rapporto può essere aumentato. Inoltre in ogni circolo può essere utilizzato un docente

specializzato nell' insegnamento a bambini handicappati. Scuole non statali. Una dura battaglia

c' è stata durante la gestazione della legge tra favorevoli e contrari all' estensione obbligatoria

della riforma alle scuole parificate e a quelle autorizzate dal ministero. Il Senato e la modifica

è stata ieri definitivamente accettata dalla Camera ha invece stabilito che le scuole parificate

devono adottare i programmi e gli orari delle statali, mentre le private devono uniformarsi di

massima agli obiettivi indicati dalla riforma. Dunque le scuole non statali non dovranno

adottare il modulo dei tre insegnanti che avrebbe comportato una maggiore spesa e che le

avrebbe private del principio di libertà di insegnamento alternativo. Aggiornamento dei

docenti. In attesa che diventi legge la laurea obbligatoria per i maestri (anche se circa il 50 per

cento è già in possesso di un titolo universitario), la riforma varata ieri prevede l'

aggiornamento straordinario di durata pluriennale che integri gli attuali programmi in relazione

all' attuazione del nuovo ordinamento e dei nuovi programmi.

di STEFANO COSTANTINI 116

116 S. Costantini, La scuola elementare volta pagina, in “La Repubblica” , 24-5-1990, p.9, in http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/05/24/la-scuola-elementare-volta-pagina.html?ref=search, consultato in data 12 luglio 2012.

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Allegato 10

CHI HA PAURA DELLA STORIA?

MANIFESTO

PER LA RICONQUISTA DEI PROGRAMMI NAZIONALI

E LA DIFESA DELLA LIBERTÀ D’INSEGNAMENTO117

Siamo insegnanti, docenti universitari, scrittori, responsabili di musei, persone legate a vario

titolo al mondo della cultura, genitori di ragazzi che frequentano la scuola, semplici cittadini di

decine di province italiane.

Un punto di vista comune ci unisce: noi non accettiamo i contenuti e la scansione

dell’insegnamento della storia che sono delineati nelle “nuove” indicazioni nazionali dell'ex

ministro Fioroni e che riprendono la stessa impostazione già promossa dalla Moratti.

In esse infatti si prevede un curricolo unico di storia, i cui contenuti vengono affrontati in

modo lineare dalla terza elementare alla terza media, semplicemente sommando le conoscenze

e facendo così in modo che un bambino esca dalla scuola elementare senza mai aver affrontato

gli ultimi due millenni e un ragazzino delle medie non riprenda mai più la storia dell’antichità.

Noi sosteniamo che ciò non tiene conto delle tappe dell’età evolutiva, del fatto che

l’apprendimento avviene a spirale, cioè ha bisogno di continui ritorni. L’astrazione, la

simbolizzazione, il modo di studiare, le possibilità di approfondire di un bambino sono

profondamente diversi da quelli di un ragazzino, e proprio per questo è necessario un ritorno

ciclico a livelli più approfonditi, per ripensare e scoprire nuovi orizzonti nelle proprie

conoscenze e nelle proprie idee.

L’idea che sottende il curricolo unico, invece, è quella del “bambino-contenitore”, uguale dagli

otto ai tredici anni, da riempire di conoscenze in modo unidirezionale (e infine nozionistico).

Lo studio della storia, affrontato in questo modo alla scuola elementare e media, avrà

ripercussioni fortemente negative su tutto il successivo percorso di studi dei ragazzi, nella

scuola superiore e fino all’università.

D’altra parte, per quel che riguarda la scuola superiore denunciamo il fatto che gli “assi

culturali” e i loro obiettivi per il biennio dell’obbligo risultano inconciliabili sia con i

programmi vigenti sia con le stesse “nuove” indicazioni nazionali.

Tuttavia gli aspetti critici delle nuove indicazioni nazionali non riguardano solo la storia, ma

anche la geografia, le scienze, l’italiano, la matematica.

Soprattutto ci sembra inaccettabile la logica dell’abbandono del programma nazionale, che

delineava obiettivi uguali e un territorio culturale comune per tutte le scuole, lasciando alla

117 Cfr. http://www.foruminsegnanti.it/proposta/, consultato in data 15 luglio 2012.

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libertà degli insegnanti la scelta su come far praticare questo territorio ai ragazzi, per affermare

invece la logica delle indicazioni, che aprono la strada ad obiettivi e livelli di apprendimento

molto diversi da scuola a scuola, da città a città, da alunno ad alunno. Questa logica ribalta il

senso della scuola pubblica: non più luogo per superare le disuguaglianze e affermare i diritti

di tutti, ma strumento per ratificare le differenze sociali.Pensiamo che la deriva iniziata in

questi anni debba essere fermata con un ritorno ai programmi nazionali, in particolare quelli

del 1985 per la scuola elementare, del 1979 per le medie e del 1991 per la scuola dell’infanzia.

Non si tratta di programmi perfetti e certamente molti problemi già esistenti andranno

affrontati. Ma il loro ripristino è oggi necessario come punto di partenza per sanare i danni già

provocati e per fermare la logica del “curricolo di scuola” che porta alla frantumazione del

sistema scolastico nazionale e dei diritti di uguaglianza sanciti dall’art. 3 della Costituzione.

Per fare questo, riteniamo prima di tutto importante aprire una vera discussione nel Paese,

nelle scuole, tra gli insegnanti.

Tante questioni vengono sollevate e tutte devono essere affrontate e discusse: sia sul piano dei

contenuti particolari delle singole discipline nelle indicazioni nazionali e negli assi culturali di

Fioroni, sia sul piano della filosofia di fondo che le ispira, del ruolo dello Stato che vi si

delinea, come di quello dell’insegnante e delle scuole.

È per questo che lanciamo una proposta precisa: organizzare nelle scuole, nei quartieri, nelle

città, momenti di scambio, di approfondimento, di discussione.

E in questo modo aprire la prospettiva di un “Incontro Nazionale per la riconquista dei

programmi nazionali e della libertà d’insegnamento”, sulla base del quale far sentire la voce

delle scuole e le loro argomentazioni, al ministro e al governo.

Maurizio Balsamo, per il Forum Insegnanti, Trapani

Rolando Dondarini, docente di didattica della storia, Università di Bologna

Mirco Pieralisi, insegnante scuola primaria, Bologna

Roberta Roberti, insegnante di scuola secondaria II grado, Parma

Lorenzo Varaldo, ins. coord. nazionale “Manifesto dei 500” , Torino

Questo appello, lanciato come Proposta il 17 ottobre 2007 dai relatori di una tavola rotonda

sull'insegnamento della storia tenutasi presso l'Università di Bologna, raccoglie nei mesi

successivi più di 1.400 adesioni. Su questa base un primo Incontro Nazionale si svolge a

Bologna il 10 maggio 2008. Al termine i 100 partecipanti, venuti da 11 province, decidono di

adottarlo come MANIFESTO per la loro azione.

UNITEVI A NOI, FATE CONOSCERE QUESTO MANIFESTO,

SOTTOSCRIVETELO, INVIATECI I VOSTRI CONTRIBUTI.

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I 1.463 firmatari del Manifesto Ricercatori, docenti universitari, responsabili di musei...:

Nicola Adduci (dottore di ricerca in Storia contemporanea, Università di Torino); Rosanna Alaggio

(docente universitario di Storia Medievale, Università Suor Orsola Benincasa- Napoli); Isabella Albano (dirigente scolastica, Mestre-

Venezia); Alessandra Algostino (docente di Diritto Costituzionale, Università di Torino); Giulia Almagioni (antropologa, Siena); Giuseppe

Bailone (docente di Filosofia all'Università popolare di Torino); Nicola Baroni (docente al Conservatorio di Bolzano. Bologna); Monica

Battini (ins. sc.infanzia, Carpi, Modena); Stefano Benassi (docente universitario-direttore tecnico-scientifico Università Primo Levi, Bologna);

Carlo Benna (ricercatore Osservatorio Astronomico di Pino Torinese, Torino); Gianrica Bignotti (funzionario del museo medievale- Bologna);

Silvia Bodoardo (ricercatrice universitaria, presidente “Coordinamento Genitori nidi-materne-elementari-medie”, Torino); Beatrice Borghi

(ricercatrice in Storia Medievale e Didattica della Storia, fac. Scienze della Formazione, Università di Bologna); Gianluca Bottazzi (prof. a

contratto di Storia degli Insediamenti Tardo Antichi e Medievali, Università di Parma); Maria Pia Branchi (Assistente Dipartimento

Conservazione Beni Culturali, Università di Parma); Gabriele Buzzi (ricercatore, Bologna); Antonella Caggiano (vicepresidente Proteo

CampaniaSalerno); Francesca Capone (bibliotecaria- Foggia); Veronica Castronovo (archeologa, Torino); Daniela Collovati (ins. Museo

Civico Archeologico del Comune di Bologna); Giovanna Caselgrandi (coordinatrice scientifica delle attività del Museo d'Arte Sacra di

Nonantola); Francesco Cesare Casula (professore ordinario di Storia Medievale, Università di Cagliari); Vittorio Ciocca (dirigente scolastico,

Gaggiano- MI); CISEFN (Comitato Italiano per gli Studi e le Edizioni di Fonti Normative- Roma); Roberto Contestabile (ricercatore

universitario, BIO10 Biochimica, Lanuvio- RM); Maria Rosaria Cotza (CTER Istituto di Storia dell’Europa mediterranea CNR- Cagliari-

genitore); Andrea Custo (ins. e dottore di ricerca in Storia dell’Educazione, FI); Adriano Da Re (Segretario Generale Fondazione Torino

Musei, Torino); Giacomo Dondarini (Studente per laurea specialistica, Bologna); Stefania Fabris (docente Pedagogia e Scienze Umane sc.

sup., Genova); Giorgio Faraggiana (ricercatore Facoltà di Architettura, Torino); Lucia Franceschini (insegnante del Museo civico

Archeologico del Comune di Bologna); Chiara Frugoni (Pisa, già insegnante all’Università di Tor Vergata di Roma); Isabella Gagliardi

(ricercatrice Storia Medievale, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Firenze); Amalia Galdi (docente universitario di Storia Medievale,

Università di Salerno); Andrea Gardi (docente universitario, Bologna); Camilla Giorgini (insegnante presso aula didattica museo medievale,

Bologna); Laboratorio Multidisciplinare di Ricerca Storica (associazione culturale, Bologna); Isabella Lazzarini (Edimburgo-UK; professore

associato di Storia Medievale, Università del Molise); Francesco Leonetti (professionista e-learning e sviluppatore web, Andria ); Daniela

Magnetti (Direttore Fondazione Palazzo Bricherasio, Torino); Franca Manzini (archivista, Parma); Guido Montanari (docente di Storia

dell'Architettura, Politecnico di Torino); Silvia Neri (ricercatore, Università di Bologna); Marianna Notarnicola (ass. spec. scuole, archivista,

Bari); Giuseppe Olmi (docente universitario, Reggio Emilia); Roberto Paciocco (docente universitario, Chieti); Lorenza Pamato (dottore di

ricerca in Storia della Chiesa Medievale, doc. sc. sec. II grado, Reggio Emilia); Cristiana Passerini (docente al Conservatorio di Castelfranco

Veneto. Bologna); Alberto Pian (ins., ISS Bodoni, Torino, docente SISS Università di Torino e Viterbo); Roberto Renzetti (fisico, Roma);

Gino Roncaglia (ricercatore universitario e docente d’ informatica applicata alle discipline umanistiche, Università della Tuscia, Viterbo);

Paola Rosetti (dottoressa in Lettere moderne, Santa Marinella ); Enrica Salvatori (docente di Storia Medievale, Università di Pisa); Gerardo

Sangermano (docente universitario di Storia Medievale, Università di Salerno); Giorgio Tassinari (Docente Statistica Economica, Università

di Bologna); Laura Tussi (docente e giornalista, Milano); Antonio Valentino (docente al Conservatorio di Torino); Claudia Villosio

(ricercatrice e genitore, Torino); Federica Zanetti (ricercatrice Facoltà di Scienze della Formazione, Bologna);

Insegnanti

Stefania Ablondi (ins. el. in servizio a Basilea-Svizzera); Francesca Accorsi (ins. sc. media Farini, BO ); Maurizio Adani(ins. sc. sup.,

Modena); Eugenia Agretti (ins. sc. el. Allievo, Torino); Iva Agus (ins. scuola elementare-Rimini); Giuseppe Alaimo (ins. sc. D. Murialdo,

TO); Roberta Alemanni (ins. sc. prim. Manfredi-GE); Paola Alì (ins. sc. Capponi, Torino); Rocchina Aliberti (ins. sc. primaria, Savigno, BO);

Ippolita Altamura (docente scuola superiore- Molfetta); Anna Amabile (insegnante-Roma); Luigi Ambrosi (ins. sc. prim., MI); Armando

Ambrosini (ins. sc. el. Nuova Olonio, SO); Paola Amorosi (ins. sc. prim. Montagnola-FI); Maria Angelucci (ins. Liceo Pedagogico, Lanciano-

CH); Veronica Anti (ins. sc. elem. Fermi-GE); Maria Carola Antonazzo (ins. Sc. Ercolani, BO);. Brunello Arborio (amministratore del

“Forum Precariscuola”); Chiara Arciglio (ins. ist. Compr. Via Pareto, MI); Tiziana Arduino (ins. Ferrere d’ Asti); Serafina Armango (ins. sc.

sec. di secondo grado e mamma- Latina); Giovanna Arnaldo (ins. sc. prim. S. Defendente, Acqui Terme-AL); Serena Asoni (ins. lingua

inglese sc. primaria, Lanusei, OG); Luigia Atria (ins. sc. Parini, TO); Grazia Audo Gianotti (ins. sc. Capponi, TO); Maura Avagliano (ins. Sc.

Ercolani, BO); Carmelina Azzato (insegnante, Spinea-Ve); Giuseppina Bacchi (ins. di Lettere, sc. sec. di I grado Parazzi di Viadana,

Mantova); Roberta Baffoni (gen. sc. Pirgus, S. Marinella, RM); Silvana Baglieri (ins. sc. elem. Da Verrazzano-GE); Rossana Balbi (ins. sc.

primaria, Trieste); Gloriana Baldacci (ins. sc. inf., S. Marinella-RM); Monica Baldari (ins. sc. “B.V. di Campagna”, TO); Rossella Baldazzi

(docente secondaria superiore, Genzano di Roma);Assunta Lucia Balsano(ins. sc. Parini, TO); Catia Bandinelli (ins. sc. el. Bandinelli); Elena

Baraglia (ins. sc. Gambaro, TO); Laura Baraldi (ins. Istituto Comprensivo Trilussa, MI); Giuliana Barale (ins. Vigone-TO); Silvia Barale (ins.

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Vigone, TO); Concetta Barbagallo (ins. sc. Parini, TO); Marina Barletta (ins. sc. B.V. di Campagna, TO); Piera Bartolini (maestra el. Roma);

Antonina Basti (ins. scuola via Magreglio, Milano); Alessandra Belicchi (insegnante I.C. Torrile-Parma); Massimo Bellani (gen. Carignano-

TO); Chiara Bellentani (ins., I.C. Rastignano-Bologna); Gabriele Belletti (studente SISS, Sancarcgelo di Romagna); Silvana Belli ( ins. I.C.

MappanoTO); Elena Benedicenti (ins. sc. Baricco-TO); Paola Beragnoli (ins. sc. elem. Gianelli-GE); M. Carmen Beretta (ins. sc. primaria,

Zogno-BG); Elisa Baviera (ins. sc. media, Savigno, Bologna); Adelina Bergamin (ins. sc. D. Murialdo, TO); Roberta Bergui (ins. Carignano-

TO); Ines Bernardi (ins. sc. prim., Castelnovo Monti,-R.E.); Angela Bertani (ins. sc. prim. Zola Pedrosa-BO); Monica Bertasi (ins. el.

Caronno-Varese); Piero Bertazzoli (specializzando SSIS Scienze Umane, BO); Gemma Berzi (docente di Francese-Palermo); Donatella Bettin

(ins. sc. V. da Feltre di Ronchi d. Leg. ,GO); Manuela Bettoncelli (insegnante I.C. Torrile-Parma); Maria Edi Bevilacqua (ins. Asti); Annalisa

Biagini (ins. sc. el. Firenze); Andrea Bianchi (gen. sc. XXV Aprile, Casalecchio di Reno, BO); Franca Bianchi (ins. sc. primaria, Bologna);

Maria Cristina Bianchi (ins. sc. el. Leopardi, Milano); Marta Bianchi (ins. Istituto Comprensivo Trilussa, Milano); Elisabetta Bianco (ins. S.

Defendente, Acqui T.-AL); Paola Biasin (ins. el. Mestre); Liliana Biasiol (ins. el. sc. Fattori-Baricco, Torino, in pensione); Alessandra Biondi

(ins. sc. prim. Montagnola-FI); Daniela Blanchino (ins. el. ist .compr. Val Lagarina, Milano); Mariangela Bolfo (ins. sc. prim. Visone-AL);

Paola Bonanno (ins. sc. primaria Marciana Marina,Livorno); Francesco Bonfini (ins. scuola elementare Aldo Moro, Bologna); Antonella

Borghi (ins. el. Finale Emilia, Modena); Daniela Borghi (ins. sc. primaria Savigno, Bologna); Emanuela Bonansea (ins. sc. el. Vigone, TO);

Gaetana Bonsignore (ins. sc. Primaria, Palma di Montechiaro); Marilidia Bortone (ins. sc. el. Aleramo, Torino); Sonia Bortolotti (ins. Firenze,

rappresentante “Coordinamento genitori-insegnanti”); Domenica Bosio (ins. sc. prim. Visone-AL); Anna Bottura (ins. I.C. Rastignano-BO);

Mariangela Bozzolo (ins. I.C. Mappano-Torino); Anna Brambilla (ins. Magenta-MI); Rosario Brigandì (ins. el. ist. compr. Val Lagarina,

Milano); Concetta Briguglio (ins. ist. compr. via Pareto, Milano); Maria Tiziana Brincivalli (ins. sc. prim. Zola Pedrosa-BO); Marina

Brugnone (ins. sc. prim. S. Defendente, Acqui Terme-AL); Mario Brunetti (ins. sc. media, Baronissi-Napoli); Cristina Bruno (ins. sc.

primaria, Verbania);Dino Bruno (ins. Roma); Rosaria Bruno (ins. IV Circolo, Verbania); Rosa Tiziana Bruno (ins. scuola secondaria

superiore-Salerno); Alessandra Brusco (ins. sc. prim. D.D. 2° circolo, Acqui T.-AL); Alessandra Bucchi (ins. sc. primaria, Siena); Carmela

Bufalino (ins. sc. el. Catania) Massimo Burigana (ins. sc. media, Venezia); Maria Caggegi (ins. sc. sec. di secondo grado- Palermo); Antonella

Caggiano (docente scuola secondaria di secondo grado, Salerno); Francesca Caggiano (ins., I.C. Rastignano-Bologna); Rosa Calabrese (ins.

Marsala); Manuela Calì (ins. el. Ist. compr. Val Lagarina, Milano); Enrica Cameruccio (ins. Sc. Ercolani, Bologna); Maria Teresa Campazzo (

ins. sc. prim. Visone-AL); Laura Camperi ( ins. sc. el. Allievo, Torino); Marco Campini (ins. liceo scient. Cattaneo, TO); Daniela Camponero

(ins. sc. elem. Fermi-GE); Teresa Camporese (ins. ist. compr. Pareto, Milano); Lorella Camporesi (ins. di Lettere scuola secondaria di primo

grado- Rimini); Francesca Cantavenera (ins. sc. elem. Manfredi-GE); Carla Canuti (ins. elementare sc. Fortuzzi Bologna); Elisa Capannoli

(ins. sc. primaria, Siena); Elisa Capello (ins. sc. prim. Carignano- Torino); Rosanna Capello (ins. elementare Vigone- Torino); Monica

Capezzuto (ins. t. d. scuola infanzia, Napoli); Laura Capodicasa (ins. sc. primaria, Roma); Francesco Caporuscio (spec. SSIS-TO); Carmen

Caputi (ins. sc. prim. Carignano- Torino); Marusca Caputo (ins. sc. Baricco-TO); Lucia Cardella (ins. elem., Roma); Ornella Cardinale (ins.

sc. Capponi, Torino); Patrizia Carena (ins. sc. prim. Carignano- Torino); Barbara Carezzano (ins., Morsasco-AL); Lucia Caricilli (ins. scuola

via Magreglio, Milano); Alberto Carleo (maestro scuola primaria, Bologna); Maria Elettra Carloni (ins. sc. prim. Montagnola-FI); Carla

Carpigiani (ins. elementare sc. Fortuzzi Bologna); Daniela Cardillo (ins. B.V. di Campagna, TO); Anna Carella (ins. sc. Capponi, Torino);

Adriana Carli (ins. Bolo-gna); Maria Elettra Carloni (ins. sc. elementare, Firenze); Teresa Carminati (docente sc. primaria, Bergamo); Vanna

Carnà (ins. sc. Capponi, Torino); Giusy Cartisano (ins. sc. Parri-Torino); Filomena Caruso (ins. Sc. Ercolani, Bologna); Michela Caruso (ins.

sc. Parini, Torino); Cristian Casadei (specializzando SISS, Cesena); Ilaria Casagrande (ins. sc. elem. Gianelli-GE); Francesco Casale (ins. sc.

primaria, membro direttivo naz. “CIP”, Dueville); Mariangela Casalucci (ins. el. Istituto Italiano di Atene); Laura Casini Ropa (ins. sc.

primaria, Savigno, BO); Giuseppe Castelli (ins. sc. Baricco-TO); Gabriella Castello (docente-Torino); Luca Castrignanò (ins. sc. Media San

Lazzaro, Bologna); Nadia Casulli (ins. sc. media, Savigno, Bologna); Giuseppina Cattuti (specializzanda SISS, Ravenna); Valentina Cauli

(ins. sc. Radice, TO); Elisabetta Cavalera (ins. sc. prim. Montagnola-FI); Michela Cavallari (ins. sc. “B.V. di Campagna”, TO); Valeria

Cavallaro (ins. sc. Parri, Torino); Elisabetta Cavalli (ins. el. Medole, Mantova); Rita Cavallo (ins. Istituto Comprensivo Trilussa, Milano);

Antonella Cavallotti (ins. scuola elementare- S. Agata Bolognese); Silvana Cavanna (ins. sc. prim. 2° Circolo Acqui T.-AL); Elena Ceccarelli

(gen. sc. Longhena, BO); Ivana Cecoli (ins. elementare sc. Fortuzzi, BO); Maddalena Cena (ins. el. Vigone-TO); Mariangela Ceriani (ins.

Magenta-MI); Carla Cerioli (ins. I.C. Rastignano-BO); Maria Cerruti (ins., Milano); Chiai Mariangela (ins. sc. elem. Fermi-GE); Fabiola

Cheli (ins. sc. prim. Montagnola-FI); Valeria Chiadò Piat (ins. sc. Baricco-TO); Adele Chiavese (ins. Istituto Comprensivo Trilussa, Milano);

Antonella Chieffa (ins. el. “Manifesto dei 500” , Abbiategrasso-MI); Lorena Chiodini (ins. Magenta-MI); Patrizia Ciampa (ins. sc. Zamboni-

BO); Sonia Ciardi (ins. I.C. Torrile-Parma); Antonella Ciarlanti (ins. sc. elem. Fermi-GE); Marina Cigolotti (doc. sc. prim., Gorizia); Biagia

Ciliberti (ins. I.C. Mappano-TO); Enza Maria Ciulla (ins. sc. Baricco-TO); Marisa Civera (ins. sc. D. Murialdo, TO); Cristina Clerico (ins. sc.

Baricco-TO); Giovanni Cocchi, (ins. scuola media Guercino, Bologna); Gabriella Coello (ins. sc. el. Allievo, Torino ); Luisa Colazzo (ins.

B.V. di Campagna, TO); Cristiana Collevecchio (ins. elementare sc. Fortuzzi, Bologna); Giovanna Colnaghi (ins. Istituto Comprensivo

Trilussa, Milano); Elena Colombini (ins.el. Magenta-MI, “Manifesto dei 500”); Giovanna Colombo (ins. elem., Settimo Torinese); Salvatore

Conforti (ins.,

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Roma); Patrizia Corbellini (ins. Asti); Carla Corciulo (ins. el. Ghandi, Roma); Ornella Corda (insegnante, Capoterra-Cagliari); Cristiana

Costantini (ins. elementare sc. Longhena, BO); Fabio Corona (ins. el, Quartu Sant'Elena, Cagliari); Rita Corsi (ins. sc. Sec. Di II grado,

Pietrasanta, Lucca); Antonia Cortese (ins. sc. Radice, TO); Marina Costa (ins. sc. elem. Fermi-GE); Francesca Cotella (ins. sostegno sc. Parri,

Torino); Monica Cremonini (ins. sc. media, Savigno, BO); Marianna Crisci (ins. sc. via Magreglio, Milano); Ermanna Crotti (ins. Magenta-

MI); Raffaella Crovetto (ins. sc. elem. Fermi-GE); Gabriella Cuiuli (gen. sc. Pirgus, S. Marinella, RM); Elena Cuminatto (insegnante sc. prim.

Carignano-TO); Aldo Curletti (ins. sc. Capponi, TO); Claudio Curti (ins. sc secondaria sup. Ravenna); M. Cristina Daffra (ins. sc. prim.

Montagnola-FI); Patrizia Dagnino (ins. sc. elem. Fermi- GE); Rosa D’Amico (ins. sc. superiore, di sostegno, TO); Federica Damusso (ins. sc.

D. Murialdo, TO); Anna D’Andrea (ins. sc. Baricco-TO); Annalisa Dani (ins. sc. elem. Da Verrazzano-GE); Susanna Darman (ins. Istituto

Comprensivo Trilussa, MI); Lucia Dazzini,(Ist. Compr. Camaiore I, Lucca); Ada Defelice (ins. ist. comp. S. Vito Chetino-CH); Rita Defeudis

(ins. el. Abbiategrasso-MI, “Manifesto dei 500”); Patrizia Dardi (ins. sc. el., Bologna); Guglielmina Da Re (ins. I.C. Torrile- Parma); Alberto

Delia (ins. Vigone-TO); Anna Maria De Felice (ins. sc. media, Cesena); Antonietta De Luca (ins. Sc. B.V. di Campagna, TO); Felicia De

Lauri (ins. sc. el. Aleramo, Torino); Marisa Del Core (ins. elementare sc. Fortuzzi Bologna); Alberto Delia (ins. sc. el. Vigone, TO); Andrea

Della Bosca (maestro el., Morbegno); Marco Dellavalle (ins. Torino); Maria Delli Paoli (ins. Istituto Comprensivo Trilussa, MI); Vincenzo De

Luca (ins. sc. Capponi, TO); Cristina De Marchi (ins. sc. elem. Gianelli-GE); Giovanna Demarie (ins. Ferrere d’ Asti); Fiorenza De Marmels

(ins. sc. elem. Da Verrazzano-GE); Filomena De Martinis (ins. sc. Baricco-TO); Cosimo De Nitto (ins. sc. secondaria superiore in pensione,

Brindisi); Francesca De Stefano (ins. , Roma); Maura Destradis (ins. sc. Radice, TO); Francesco Dettori (ins. liceo scientifico, Sesto San

Giovanni, MI); Barbara De Tullio (ins. sc. prim. Manfredi-GE); Bruna Dezzani (ins. sc. Radice, TO); Giovanna Di Blasi (ins. el. sc. Aleramo,

Torino); Luca Di Cioccio (ins. sc. media, Savigno, BO); M. Margherita Didier (ins. sc. Baricco-TO); Barbara Di Donna (ins. sc. prim.

Manfredi-GE); Paola Di Fabio (docente scuola primaria, Perugia); Assunta Di Florio (ins. el. Ist. Compr. “G. D'Annunzio”, San Vito Chietino,

Lanciano, Chieti); Di Lallo Isabella (ins. Lanciano-CH); Rosanna Di Lio (ins. sc. Baricco-TO); Francesco Di Lorenzo (docente scuola

secondaria superiore, Udine); Rosa Di Lorenzo (ins. sc. Parini, TO); Lorella Di Luca (ins. sc. V. da Feltre di Ronchi d. Leg.- GO); Roberta Di

Martino (ins el. Ist. Compr. Val Lagarina, MI); Giusy Dimasi (ins. sc. el. Allievo, TO); Aromana Di Muro (ins. sc. “B.V. di Campagna, TO);

Mauro Di Natale (ins. sc. primaria, Modena); Giovanna Di Pasquale (ins. sc. el. Casatenovo); Maria Pia Di Perna (ins. ist. comp. S. Vito

Chetino-CH); Pierangela Di Sario (ins. sc. Baricco-TO); Graziella Disingrini (ins. Istituto Comprensivo Trilussa-MI); Liberata Disitio (ins. ist.

comp. S. Vito Chietino-CH); Alexander Distante (ins. sc. via Magreglio, Milano); Valeria di Stasio (ins. sc. sec I grado, Salerno); Grazia di

Tria (ins. sc. I. Vian, TO); Luigi Dolce (insegnante, Marsala); Loretta Doldi (maestra elementare, Crema); Margherita Dolipalazzini (ins. I.C.

Rastignano-BO); Rosa D'Onofrio (ins. sc. primaria, Napoli); Tiziana Dore (ins. sc. inf. 2° Circolo Acqui T.-AL); Piera Dossi (ins. sc. el, neo

pensionata, Burago di Molgora, MI); Caterina Dotta (ins. sc. prim. Rastignano-BO); Nicoletta Druetta (ins. sc. el. Vigone, TO); Gemma Ducci

(ins. in pensione, Genzano di Roma); Teresa Ducci (insegnante, Roma); Stephanie Dunn (ins. sc. Baricco-TO); Lorenzo Durazzo

(specializzando SSIS Scienze Umane, Castellabate, BO); Rosanna Elia (ins. sc. el. Vigone, TO); Maria Eriu (ins. I. C. MappanoTO); Anna

Maria Errera (ins. sc. via Magreglio, Milano); Elena Esposito (ins. sc. infanzia Castello di Serravalle, BO); Cristina Eterno (ins. sc. el.

Aleramo, TO); Maria Virginia Fabiano (ins. elementare sc. Fortuzzi BO); Mariasilvia Fa-chin (ins. sc. el. Campo di Mezzola, SO); Enrica

Facta (ins. sc. Parri- Torino); Laura Faga (ins. sc. Capponi, TO); Alessandra Fagiani (ins. B.V. di Campagna, TO); Giovanna Fachi (ins. sc. el.

Macomer, Nuoro); Annamaria Faiella (ins. elementare sc. Fortuzzi Bologna); Anna Grazia Falcone (ins. sc. el. Allievo, TO); Anna Lucia

Falcone (ins. elem.-Padova); Marisa Faloppa (ins. I. C. Falcone Mappano-Torino); Claudia Fanti (maestra, Forlì); Rosa Felicetta (ins. sc. prim.

Carignano-TO); Carlo Felici (docente di Lettere); Doriano Felletti (ins. sc. sec., Mazzè-TO); Angela Fenocchio (ins. sc. el, Aleramo, Torino);

Giuseppe Fera (ins. e RSU liceo Quadri, Vicenza); Roberta Ferrando (ins. ITIS Stremi, Acqui T.- AL); Maria Carmela Ferrantelli (ins. sc.

Baricco-TO); Eleonora Ferrari (ins., Morsasco-AL); Isabella Ferrante (ins. sc. el. Aleramo, TO); Maria Cristina Ferrari (ins. I.C. Rastignano-

BO); Maurizio Ferrari (ins. I.C. N. Tommaseo, TO); Marina Ferraro (ins. I.C. Mappano-TO); Annamaria Ferrero(ins. sc. Parini, TO);

Clementina Ferrero (ins. sc. el. Allievo, TO); Francesco Ferretti (ins. sc. primaria, Reggio Emilia); Donatella Ferri (ins. elementare sc.

Fortuzzi, BO); Francesca Fiandaca (ins. I. C. Falcone Mappano- TO); Alice Filiè (ins. sc. prim. S. Defendente, Acqui Terme-AL); Fiorello

Manuela (ins. sc. D. Murialdo, TO); Daniele Fiorillo (ins. el. e inf. IRC, Castello di Serravalle, Bologna); Roberto Fogagnoli (ins. Inglese

Liceo Scientifico, Schio- Vicenza); Brunello Fogangoli (ins. ITIS Volterra, San Donà di Piave, Venezia); Monica Fontanelli (ins. Bologna);

Luca Fornarino (ins. S. Defendente, Acqui T.-AL); Anna Fornaro (ins. sc.

primaria, Napoli); Susanna Fort (ins .storia e filosofia liceo classico “Foscarini”, Venezia); Roberta Fossi (ins. sc. prim. Montagnola-FI);

Patrizia Francesconi (ins. sc. primaria, Stiava, LU); Giuliana Franco (ins. S. Damiano- Asti); Lucia Frati (ins. sc. primaria, Camucia di

Cortona); Liliana Frigerio (ins. sc. primaria. Cesana Brianza); Laura Frilli (ins. e gen. sc. prim. Montagnola-FI); Gianna Furlan (ins. sc. V. da

Feltre di Ronchi d. Leg., GO); Marina Furlati (ins. sc. media, Savigno, Bologna); Marina Fusaro (ins. Asti); Alessandra Fusto (ins. sostegno,

sc. primaria, Firenze); Gaetani Merlo Mariella (ins. sc. D. Murialdo, TO); Antonio Galima (gen. nido S. Petronio, Argelato-BO); Sonia

Garuccio (ins. sc. D. Murialdo, TO); Pompea Gentile (ins. sc. el. Allievo, Torino); Maria Rosa Ghiazza (ins. sc. prim. S. Defendente, Acqui

Terme-AL); Gianluca Gabrielli (ins. sc. Elementare, “Cesp”, Trieste); Sonia Gabrielli (ins. sc. primaria, Frosinone); Silvia

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Gabusi (ins. I.C. Rastignano-BO); Rosapaola Gagliandi (maestra elementare in pensione, Livorno); Marinella Galasso (ins. el. sc. Aleramo,

TO); Rita Galbiati (ins. el. ist. compr. Val Lagarina, MI); Anna Galdi (ins. sc. el. Vigone, TO); Emilia Galdi (ins. sc. Parri-Torino); Tania

Gallese (ins. sc. primaria, Borgomanero, Novara); Cinzia Gandini (ins. sc. elem. Fermi-GE); Maria Teresa Ganzerla (ins. el. Bologna);

Daniela Garavaglia (ins. Magenta-MI); Gabriella Garofalo (docente,Milano); Roberto Garrone (ins. sc. el. Allievo, TO); Antonella Gasparini

(ins. sc. prim., Zola Pedrosa- BO);

Paola Gatti (ins. elementare sc. Fortuzzi Bologna); Carlo Gattiglia (ins. di sostegno-Torino); M. Teresa Gatto (ins. sc. elem. Fermi-GE); Diana

Gelsi (ins. sc. el. Vigone, TO); Catena Genco (ins.sc. Baricco-TO); Valeria Genta (ins. sc. Radice, TO); Gemma Gentile (ins. scuola media,

Napoli); Laura Gentile (ins. I. C. Falcone Mappano-Torino); Elvira Gerace (ins. sc. el. Aleramo, TO); Maristella Geremicca (ins. Sc. Ercolani,

BO); Carla Maria Geuna (ins. sc. I. Vian, TO); Elio Giacometti (ins. sec. II grado, Varese); Eliana Giacosa (ins. sc. prim. Rastignano-BO);

Antonino Giangarrà (ins. sc. D.Murialdo, TO); Giuseppina Giorgioni (ins. sc. Baricco-TO); Paola Girardi (ins. sc. via Magreglio, MI);

Stefania Ghedini (ins. sc. el. XXI Aprile, Bologna); Elda Ghiano (ins. sc. el. Vigone, TO);Maria Rosa Chiazza (ins. S. Defendente, Acqui T.-

AL); Patrizia Rosanna Ghiazza (ins. S. Defendente-Acqui T.-AL); Roberto Ghiazza (ins. S. Defendente, Acqui T.- AL); Cesira Ghigna (ins.

sc. el. Aleramo, Torino); Antonella Ghinelli (insegnante I.C. Torrile-Parma); Loredana Gioberto (ins. sc. el. Allievo, TO); Rosa Giordano (ins.

Istituto Comprensivo Trilussa, MI); Anna Girardo (ins. sc. el. Aleramo, TO); Manuela Giovanetti (ins. sc. primaria, Roma); Gerardo Gobbi

(ins. sc. Parini, Torino); Lidia Goitre (ins. sc. BariccoTO); Luisella Gollo (ins. sc. prim. S. Defendente, Acqui Terme-AL); Marilena Goria

(ins. sc. Baricco-TO); Ornella Gottardo (ins. sc. prim. S. Defendente, Acqui Terme-AL); Rita Grandi (ins. I.C. Rastignano-BO); Franca

Grasso (ins. sc. Parri-TO); Daniele Grego (ins. sc. el. Aleramo, Torino); Monica Grella (ins. sc. el. Vigone, TO); Maddalena Grilli ( ins.

Istituto Comprensivo Trilussa, MI); Giovanni Grillo (ins. Sc. Media G. Bella, Acqui T.-AL); Anna Grosso (ins. sc. prim. Carignano- TO);

Guan Sabrina (ins. sc. D. Murialdo, TO); Maria Guerrini (ins. elementare sc. Fortuzzi Bologna); Valentina Bice Iacobelli (ins. sc. el. Aleramo,

TO); Giuseppina Iacobello (ins. Brescia); Giuseppina Iannuzzi (ins. B.V. di Campagna, TO); Domenica Iatì (ins. sc. “B.V. di Campagna”,

TO); Mafalda Iennaco (ins. I.C. Rastignano-BO); Carmela Innamorato (ins. Palermo); Davide Innocenzo (ins. specialista inglese, Stigliano–

MT); Carmen Interdonato (ins. sc. ParriTO); Valentina Iurlano (ins. sc. primaria, Savigno, BO); Franca Ivaldi (ins. sc. prim. S. Defendente,

Acqui Terme-AL); Anselmo Janca (ins. sc. Parini, TO); Rosa Laganà (ins. sc. D. Murialdo, TO); Silvia La Leggia (ins. sc. via Magreglio,

MI); Nadia Larosa (ins. Carignano- TO); Laura Latorre (ins. sc. media G. Rocca , Feltre, BL); Paola Lavarello (ins. sc. elem. Fermi-GE);

Luisa Lavasso (ins. sc. Capponi–TO); Liliana Lazzari (ins. sc. prim. Zola Pedrosa-BO); Valerie Legrand (ins. sc. Radice, TO); Marcello Lenzi

( maestro elementare in pensione, Livorno); Francesca Leonardo (ins. sc. Capponi, TO); Paola Leonardo Mattia ( ins. sc. Parri-TO);

Giuseppina Le Pera (ins. Sc. Ercolani, Bologna); Linda Leproni (ins. sc. prim. Manfredi-GE); Paola Levo (ins., Morsasco-AL); Maria Assunta

Libroia (doc. sc. primaria, Roccapiemonte); Angela Libonati (ins. sc. media, Savigno, BO); Luisa Livrieri (ins. sc. Capponi, TO); Rosaria

Loffa (ins. sc. Capponi, TO); Rossella Lombardi (ins. Ist. Compr. Trilussa, MI); Luigina Londino (ins. sc. Baricco-TO); Elena Lorenzini (ins.

Bologna); Patrizia Loreti (ins. scuola elem.-Frosinone); Anna Losito (ins. sc. el. Aleramo, TO); Susanna Lovati (ins. sc. primaria, Pietra

Ligure, Savona); Filomena Lucarelli (ins. sc. prim. S. Defendente, Acqui Terme-AL); Elena Lucchini (ins. sc. prim. Montagnola-FI); Cristina

Lugari (ins. sc. prim., Biella ); Franca Luise (ins. sc. el. Aleramo, TO); Marina Lu-xardo (ins. sc. elem. Fermi- GE); Carlina Madeddu (ins. sc.

materna, Rinasco-Milano); Rosalinda Madonna (ins. sc. Media Umberto I, Lanciano-CH); Vita Maria Maglio (ins. I. C. Bologna); Antonella

Maione (ins. sc. elem. Gianelli- GE); Ornella Maione (docente di Italiano e Storia scuola superiore, Bitonto- Bari); Elisabetta Malagoli (ins.

sc. secondaria di primo grado- Modena ); M. Elena Mancuso (ins. sc. D. Murialdo, TO); Maria Manea (gen. sc. Pirgus, S. Marinella-RM);

Antonella Manfredi (ins. Vigone-TO); Margherita Manfredi (ins., Sarzana-SP); Giusi Mangano (ins. Istituto Comprensivo Trilussa- MI);

Maria Iride Manni (insegnante sc. Gambaro- Torino); Tiziana Mantione (ins. sc. D. Murialdo, TO); Laura Marangon (insegnante sc.

Gambero- Torino); Elena Marcato (ins. sc. Media Il Guercino , Bologna); Elisa Marchetti (ins. scuola lementare, Ferrara); Marina Marchiò

(ins. sc. elem. Gianelli-GE); Patrizia Marra (ins. sc. Capponi, TO); Nella Masciavè (ins. sc. el. Aleramo, TO); Francesca Maretti (maestra,

Siena e Roccastrada); Virginia Mariani (docente SMS, Mottola-TA); Angela Marino (ins. sc. D. Murialdo, TO); Joseph Marino (educatore,

Cairate, Varese); Caterina Marotto (ins. sc. Radice, TO); Marilena Marramiero (ins. sc. prim. Carignano- TO); Settimia Martino (ins. sc.

primaria, S. Marinella, Roma); Marzia Mascagni (ins. scuola elementare Longhena, Bologna); Alessandra Massa (ins. sc. Radice, TO);

Rosella Massaglia (ins. Milano); Antonio Masserio (ins. scuola primaria- Viterbo); Rosanna Mattioli (ins. liceo Ulivi-FI); Gennaro Maurello

(docente sc. media superiore, Milano); Micaela Maurici (ins. Italiano e Storia scuole superiori- Roma); Federica Maranesi (ins., I.C.

Rastignano- Bologna); Claudia Marengo (ins. sc. D. Murialdo, TO); Claudia Marengo (ins. sc. D. Murialdo, TO); Maria Rosa Martignoni (ins.

sc. elem. Da Verrazzano-GE); Federica Martin (ins. Sc. B.V. di Campagna, TO); Settimia Martino (ins. sc. primaria, S. Marinella, Roma);

Cinzia Matrone (ins. sc. elem. Fermi-GE); Daniela Maurino (ins. S. Damiano- Asti); Pia Maurino (ins. S. Damiano- Asti); Giuseppe Mavica

(ins. sc. sup., Passirano); Adelina Mauro (ins. sc. primaria I Circolo Did. Palma Camp. Napoli); Clara Mazzarello (ins. sc. prim. S.

Defendente, Acqui Terme-AL); Lena Mazzi (ins. sc. prim. Montagnola-FI); Anna Maria Mazzola (ins. sc. sec. II grado, Palermo); Donatella

Medail (ins. sc. prim. Carignano- TO); Enrica Medori (ins. sc. elem. Gianelli-GE); Francesco Mele (ins. sc. sup. Carpi, Modena); Giovanna

Melega, (ins. scuola elementare Chiostri, BO); Antonella Melia (ins. ist. compr. via Pareto, MI); Salvatore Melilli (Comitato Buona Scuola

Modica, RG); Annamaria Melillo (ins. sc. el. Aleramo, TO); Milena Meneghin (ins. sc. prim. Manfredi-GE); Marina Menghi (ins. sc.

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dell’infanzia, Torino); Lidia Francesca Mercatante (ins. Istituto Comprensivo Trilussa- MI); Mara Mercati (ins. sc. prim., Chiavari); Emilia

Merola (docente lettere sc. sec. I grado, S.ta Maria Capua Vetere, Caserta); Maddalena Micco (ins. scuola elementare Romagnoli, BO);

Luisella Michelini (ins. sc. prim. Zola Pedrosa-BO); Miriam Migliari (ins. e genitore, Casalecchio di Reno-BO); Elena Miglietta (ins. sc. el.

Milano); Minasi Silvana (in. sc. Parini, TO); Maria Cristina Minghini (ins. scuola primaria- Ravenna); Fabiano Minni (ins. Matematica e

fisica sc. sec. II gr., Ferrara); Giovanna Miodini (insegnante I.C. Torrile-Parma); Anna Mirabella (ins. sc. D. Murialdo, TO); Alessandra

Mirabelli (ins. I.C. Rastignano-BO); Teresa Molica Colella (docente scuola primaria, Messina); Anna Maria Monaco (ins. sc. primaria statale,

Pesaro); Luisa Mondon (ins. sc. el. De Filippo, TO); Mara Montagna (ins. e. Ist. Compr. Micheli, Parma); Bruno Moretto (ins. liceo scientifico

Sabin, BO); Annalidia Marmieri (ins. ist. compr. via Pareto, MI); Luisa Moscatelli (ins. Magenta-MI); Angela Massariello (ins. sc. Capponi,

TO); Maria Mauro ( ins. Istituto Comprensivo Trilussa, MI); Raffaella Mazzitelli (ins. sc. via Magreglio, MI); Gabriella Messa ( ins. sc. Parri,

TO); Franca Maria Mete (ins. Sc. Ercolani, BO); Francesca Millefiori (ins sc. A. Sabin, TO); Marzia Milo (ins. sc. inf.,S. Marinella-RM);

Candida Molinaro ( ins. sc. Parri, TO); Letizia Monaldi (ins. sc. Radice, TO); Dolores Monetti (ins. sc. prim. Zola Pedrosa-BO); Maura

Monica (insegnante I.C. Torrile- Parma); Roberta Montanari (ins. sc. prim., BO); Annamaria Montemurro (ins. sc. Radice, TO); Stefania

Montesano (ins. sc. secondaria di secondo grado, Portici-Napoli); Diana Mordini (ins. sc. prim. Montagnola-FI); Raffaella Morena (ins. sc.

infanzia 2° Circolo Acqui T.-AL); Marco Moro (ins. Istituto Comprensivo Trilussa, MI); Rosa Moscato (ins. sc. Radice, TO); Anita Motolese

(ins. sc. “B.V. di Campagna”, Torino); Daniela Motrassini (ins. sc. Parri, Torino); Silvia Motto (ins. sc. FattoriTO); Roberto Mozzato (gen. sc.

Canotti, BO); Maria Mucci (ins. sc. sec. II grado, Guardia Sanframonti, BN); Roberto Musella (ins. sc. media, Cercola-NA); Alessandro Musi

(gen. sc. Longhena, BO); Giuliana Mussini (ins. sc. Baricco-TO); Roberta Nanni (maestra, Dozza Imolese-BO); Maria Napoletano (ins. sc.

prim. Cimitile- Na); Annarita Natali (ins. sc. primaria, Brindisi); Marilena Nazzaro (ins. sc. prim. S. Defendente, Acqui Terme-AL); Daniela

Negri (ins. Istituto Comprensivo Trilussa, MI); Valentino Nelsi (ins. sc. Parini, TO); Maria Angela Neri (ins. Bologna); Silvana Rina Nespolo

(laureanda SFP, futura maestra, Pergola-PU); Rita Niglio (ins. sc. el. Aleramo, TO); Graziella Nigro (specializzando storia e filosofia, SISS,

Rimini); Bruna Nobile (ins. sc. B.V. di Campagna TO); Lucia Nocito (ins. sc. el. Aleramo, TO); Silvia Nota (ins. sc. el. Vigone, TO); Mirella

Notardonato, (ins. sc. primaria, Carpi, Modena); Morgana Novelli (ins. sc. prim. 2° Circolo Acqui T.-AL); Nadia Novi (ins. sc. prim. Zola

Pedrosa- BO); Alessandro Nuccio (ins. Istituto Comprensivo Trilussa, MI); Caterina Nunnari (ins. sc. Parri- TO); Elena Nunziata (insegnante

I.C. Torrile- Parma); Rosa Adele Nunzio (ins. sc. primaria, 1° Circolo, Roma); Lorena Orrù (ins. sc. el. Allievo, TO); Angela Ottomanelli (ins.

sc. prim. Visone-AL); Francesca Ottoveggio (insegnante I.C. Torrile- Parma); Giuseppa Pasaro (ins. sc. V. da Feltre di Ronchi d. Leg., GO);

Paola Perti (ins. sc. V. da Feltre di Ronchi d. Leg., GO); Loana Pinna (ins. sc. prim. S. Defendente, Acqui Terme-AL); Clorinda Oletta (ins.

ist. compr. via Pareto, MI); Maddalena Olivetti (ins. Sc. B.V. di Campagna TO); Maria Teresa Ollari (ins. ist. compr. Corcagnano Parma);

Crocifissa Pagano (ins. sc. prim. Montagnola-FI); Silvia Paglietta (ins. sc. prim. Carignano-TO); Claudio Palermo (ins. sc. Muratori, TO);

Marcella Palma (ins. sc. el. Allievo, TO); Eleonora Palmieri Paradiso (ins. Sc. Ercolani, BO); Angelo Panini (ins. Mantova); Lucia Pansardi

(ins. sc. prim. Zola Pe-drosa-BO); Agata Pantella (ins. sc. Capponi, TO); Antonietta Pantone (ins. I. C. Falcone Mappano-TO); Laura Parisini

(ins. sc. sec. I grado, BO); Cinzia Pani (ins. sc. Primaria, specilista lingua straniera, Iglesias CI); Francesca Papaspiru (docente-Torino);

Ferdinando Papia (docente Istituti Tecnici Superiori-Agrigento); Francesco Paolini (ins. sc. Media Savigno, Bologna); Sara Paolucci

(specializzanda SISS, Cesenatico); Franca Papa (ins. sc. Aleramo, TO); Giuseppe Parini (ins. sc. el. Turbigo, MI); Raffaella Pascuzzi (ins. el.

Ist. Compr. Val Lagarina, MI); Lucia Pasquale (specializzanda SISS in filosofia e storia, Ferrara); Angela Passarella (ins. el., Goro, Ferrara);

Tiziana Pastore (ins., Morsasco-AL); Edi Pasian (ins. sc. Primaria, San Donà di Piave, VE); Maria Rosaria Paticchia (ins. sc. primaria,

Racconigi-Cuneo); Agostina Pavone (ins. sc. Baricco-TO); Ombretta Pavoni (ins., I.C. Rastignano-BO); Ivana Pedrelli (ins., SP); Barbara

Pedriali (ins. sc. “B.V. di Campagna, TO); Ezio Perano (ins. sc. el. Aleramo, TO); Elvira Perna (ins. sc. inf. Castello di Serravalle, BO); Maria

Rosaria Perna (ins. sc. sec. I grado, Torre del Greco, Napoli); Rita Perna (ins. sc. primaria, Savigno, BO); Carmela Perri (ins. sc. Parini, TO);

Candida Perrone (ins. sc. Radice, TO); Giuseppa Pesce (ins. sc. Capponi, Torino); Virginia Petitti (ins. Magenta-MI); Natalina Pettiti (ins. sc.

prim. Carignano-TO); Anna Piazza ( insegnante I.C. Torrile-Parma ); Antonella Picatto (ins. I.C. Mappano- Torino); Liliana Picciotto, (ins.

scuola elementare Giordani, BO); Francesca Piemonte (ins. elementare, Cosenza); Maria Teresa Piemontese (ins. sc. Parri- Torino); Raffaella

Piemontese (ins., I. C. Rastignano-Bologna); Laura Pierattini (ins. sc. prim. Montagnola-FI); Marina Piersante (ins. sc. media, Castello di

Serravalle, Bologna); Carla Pighetti (ins. sc. infanzia, Imola-BO); Laura Pilleri (ins. sc. secondaria, Cagliari); Donatella Pionzo (ins. scuola

Allievo, TO); Lorena Pirani (docente sc. primaria I Circolo Cento, Ferrara); Antonella Piras (docente di biologia, Cagliari); Maria Pirrera (ins.

sc. Parini, Torino); Lidia Pirronello (ins. sc. prim. Montagnola-FI); Pasqualina Pisacane (doc. sc. primaria, Nocera Superiore); Giovanna

Pisani (ins. sc. Parini, TO); Rosaura Pisanu (ins. , Oristano); Elisabetta Pistoia (ins. sc. via Magreglio, MI); Maria Grazia Pititu (ins. sc. D.

Murialdo, TO); Patrizia Pittoni (ins. sc. el. Milano); Donata Placido (ins. sc. Franchetti, TO); Claudia Poggio (ins. Acqui-Alessandria);

Donatella Poggio (ins. S. Defendente, Acqui T.-AL); Silvana Poletto (ins. com. sc. Capponi, TO); Emilia Polizzi (docente sc. primaria, Nocera

Inferiore, Salerno); Maria Carmela Polizzi (ins. sc. sec. Sup. Firenze); Carmen Pontari (ins. sc. el. Allievo, TO); Rita Porceddu (ins. Cagliari);

Clara Porfilio (ins. ist. comp. S. Vito Chietino-CH); Clemente Porreca (ins. Torino); Saverio Porricelli (docente scuola media, S. Anastasia-

NA); Francesca Portinari (ins. sc. Costa-San MauroTO); Luciana Potenia (ins. elementare sc. Fortuzzi, BO); Maria Piera Pozzi (ins. sc. elem.

Da Verrazzano-GE); Maria Paola Pozzo (ins. sc. el. Aleramo, TO); Vittorina Presti (ins. Sc. Ercolani, BO); Stefania Prestia (ins. sc.D.

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Murialdo, TO); Daniele Priori (ins. Barbara, Ancona); Giulia Procopio (ins. Istituto Comprensivo Trilussa, MI); Laura Proietto (ins. sc. media

G. Bella, AcquiT.-AL); Filippa Proietto (insegnante I.C. Torrile-Parma); Camilla Provenzano (ins. Istituto Comprensivo Trilussa, Milano);

Maria Puglisi (ins. sc. Aleramo, TO); Ivana Puppo (ins. sc. el. Allievo, TO); Brunella Puppoli (ins. sostegno comunale sc. el. Costa, BO);

Tamara Pusceddu (ins. di scuola primaria-San Nicolò d’ Arcidano); Luciana Quaglia (ins. sc. el. Aleramo, TO); Teresa Quaglia (ins. S.

Damiano-Asti); Laura Quaranta (ins. sc. el. Vigone, TO); Fabrizia Quattrini (ins. sc. elem. Fermi-GE); Alessandro Quesada (ins sc. media

Lessona, Venaria-TO); Stefania

Raffetto (ins. sc. elem. Gianelli-GE); Marisa Raimondo (ins. sc. el. Allievo, TO); Ida Ranieri (ins. sc. el. Aleramo, TO); Elisabetta Raineri

(ins. sc. Capponi, TO); G. Ragusa (ins. scuola v. Magreglio, MI); Mariarosa Raiti (ins. Asti); Giovanna Remondino (ins. sc. “B.V. di

Campagna”, TO); Rosa Renda (insegnante I.C. Torrile-Parma); Luisa Restino(insegnante sc. Gambaro-TO); Anna Colomba Riccardi (ins. sc.

prim. S. Defendente, Acqui Terme-AL); Erminia Ricchio (ins. sc. V. da Feltre di Ronchi d. Leg., GO); Silvia Richetto (ins. sc. Capponi, TO);

Licia Riggio (ins. sc. Baricco-TO); Franca Silvana Rinaldi (ins. sc. primaria, Napoli); Rosa Maria Rinaldi (ins. sc. Parri-TO); Lina Risso (ins.

sc. elem. Fermi-GE); Stefano Rizzello (ins. elementare sc. Fortuzzi, BO); Barbara Roberti (ins. sc. primaria, Lariano, RM); Alessia Roffinella

(ins. Montafia- Asti); Graziella Rolfo (ins. sc. el. Vigone, TO); Anna Maria Romanò (ins. sc. elem. Fermi-GE); Elena Romano (ins. sc. D.

Murialdo, TO); Letizia Romeo (ins. sc. Parini, TO); Maria Grazia Rosa (ins. Caronno-Varese); Marcella Roseo (ins. IPSIA Steiner, «

Manifesto dei 500 », TO); Anna Rosini (ins. sc. el., Pescara); Flavia Rossi (ins. sc. elem. Manfredi-GE); Anna Franca Rotini (ins. el. in

servizio ad Atene, Grecia); Guido Rovetta (ins. S. Defendente, Acqui T.-AL); Caterina Rubatto (ins. Carignano-TO); Maria Concetta Rubini

(docente di Lettere, liceo Sabin, BO); Sebastiana Rubino (ins. Istituto Comprensivo Trilussa, MI); Clelia Rubiolo (ins. sc. Baricco-TO);

Genoveffa Ruggiero (ins. sc. el. Aleramo, TO); Clelia Rufino (ins. sc. el. Caronno Pertusella, Varese); Antonella Ruoredda (ins. I.C.

Mappano-TO); Luisa Rusconi (ins. Magenta-MI); Cristiano Russo (ins. sc. primaria, Savigno, BO); Giuseppina Russo (ins. sc. D. Murialdo,

TO); Marzia Russo (ins. I. C. Falcone Mappano-TO); Maddalena Sala (ins. Magenta-MI); Mariagrazia Sala (ins. Ist. Compr. Trilussa, MI);

Matilde Salerno (insegnante I.C. Torrile-Parma); Stefania Salino (ins. sc. elem. Fermi-GE); Carlo Salmaso (ins. sc. Sup. Padova); Anna

Onorato Salzano (ins. sc. primaria, Nocera Superiore); Rossana Sanges (ins. el. “Montale”, Napoli); Mario Sanguinetti (ins. sc. Bracciano-

ROMA); Alessandra Sanna (ins. el. Bologna); Diego Santalucia (ins. Milano); Antonio Santeramo (insegnante Filosofia e Storia-TO); Barbara

Saponaro (ins. I. C. Falcone Mappano-TO); Sauro Saudelli (ins. sc. primaria statale, Pesaro); Teresa Savani (ins. Modena); Matteo

Savorgnani (ins. el., Udine); Letizia Scaccianoce (ins. el. Udine); Giovanni Scala (gen. sc. Pirgus, S. Marinella, RM); Denise Scaletta (ins. sc.

Parri, TO); Amalia Scalise (ins. sc. D. Murialdo, TO); Monica Scarpitta (ins. sc. prim. Bologna); Carolina Schiena (ins. sc. D. Murialdo, TO);

Mariacristina Sciammetta (ins. sc. “B.V. di Campagna, TO); Maria Angela Sciaraffa (ins. sc. Baricco-TO); Maria Sciascia (ins. sc. Baricco-

TO); Renzo Sciutto (ins. sc. Media G. Bella, Acqui T.-AL); Rai-mondo Scopelliti (ins. Istituto Comprensivo Trilussa, MI); Franca Maria

Sedda (ins. sc. el. Nuoro); Rosalia Sedita (ins. sc. prim. Palermo); Irene Sensales (ins. di Storia-Padova ); Emanuela Serafini (ins. elementare

sc. Fortuzzi, BO); Stefania Seren Rosso (ins. sc. Baricco-TO); Sandra Sericano (ins., Morsasco-AL); Franca Serra (ins. sc. el. Aleramo,

Torino); Giuseppe Serra (ins. di lettere al Liceo Classico, Alghero); M. Carla Serra (ins. sc. prim. 2° Circolo Acqui T.- AL); Anna Maria

Sessarego (ins. sc. elem. Fermi-GE); Flora Sette (ins. elem., Bologna); Arianna Severino (ins. sc. Radice, Torino); Bruna Sferra (ins. el.,

Roma); Maddalena Sfragara (ins. el. ist. compr. Val Lagarina, Milano); Maria Sgambelluri (ins. sc. elem.Fermi-GE); Silvana Siccardi (ins. I.

C. Falcone Mappano-TO); Giovanna Sidotti (ins. sostegno sc. Capponi, TO); Bruna Simoni (ins. sc. el. Aleramo, TO); Chiara Soffientini (ins.

Magenta-MI); Massimo Sebastianutti (ins. Udine); Antonio Silvestre (ins. el. ist. compr. Val Lagarina, MI); Agnese Siniscalchi, (ins. sc. sec.

di I grado, Firenze); Erica Sinocchi (ins. sc. V. da Feltre di Ronchi d. Leg., GO): Amalia Solimeno (ins. elementare sc. Fortuzzi, BO);

Domenico Sorrenti ( ins. sc. prim. Carignano-TO); Giovanna Sorrentino (ins.sc. Baricco-TO); Viviana Sperandeo (ins. sc. primaria, Savigno,

BO); Antonina Speziale (ins. sc. D. Murialdo, TO); Alessandra Spingardi (ins. S. Defendente, Acqui T.- AL); Stefania Spocci (docente-

Parma); Rosarina Spolettini (ins. B.V. di Campagna, TO); Gianpiero Soglio (ins. Lettere ICS Bonifanti e Valagussa, Cernusco L, LC); Stefano

Stagni (docente-BO); Ivana Stazio (corsista SSIS, Napoli); Patrizia Stefanelli (ins. sc. el. Castello di Serravalle, BO); Stena Stefani (ins. sc.

inf., Civitavecchia, RM); Luigi Stella (ins. ist. comp. S. Vito Chietino-CH); Greta Storni (ins. el. Gronchi dei Leg. Gorizia); Orazio Sturniolo

(doc. sc. sec. II grado, BO); Cinzia Succi (ins. sc. Parini, TO); Catia Tabaroni (ins. sc. prim. Zola Pedrosa- BO); Concettina Taliano (ins. sc.

D. Murialdo, TO); Claudio Tamas (ins. sc. el. Alfieri, TO); Patrizia Tanda (“Comitato Buona Scuola”, Cagliari); Nadia Tardivo (ins. I.C.

Rastignano-BO); Teresa Tassone (ins. sc. Parri- TO); Maria Tavernese (ins. sc. Radice, TO); Anna Tedesco ( ins. sc. primaria, Castellarano

Reggio Emilia); Maria Silvia Tesi (ins. sc. elem. GianelliGE); Gabriella Testa (ins. sc. Capponi, TO); Giuseppina Testa (ins. sc. superiore,

MI); Tiziana Tiengo (ins. sc. sec. I

grado, Crespellano- BO); Roberta Tocco ins. sc. prim., GE); Giovanna Todisco (ins. sc. prim., Trinitapoli-FG); M. Angela Tondaturo (ins. sc.

prim. Carignano-TO); Elisa Tondo (ins. sc. prim. Zola Pedrosa-BO); Silvia Toni (ins. sc. el. Zamboni, BO); Eleonora Torchia (ins. sc. media,

Savigno, BO); Adalgisa Tornatore (ins. sc. primaria, NA); Tiziano Tosarelli (ins. sc. primaria,Castel San Pietro Terme-Bo);Annalisa Trabuio

(ins. Sc. B.V. di Campagna, TO); Rosamaria Traina (insegnante I.C. Torrile-Parma); Giovanna Tranchetta (insegnante sc. Gambaro-TO);

Rosa Trento (ins. sc. D. Murialdo, TO); Irene Trifilio (ins. sc. prim. Montagnola-FI); Elena Troglia (ins. el. Aleramo, TO); Beatrice Trilli (ins.

sc. media, Savigno, Bologna); Francesco Tripodi (ins. elementare sc. Fortuzzi, BO); Tiziano Trivella (maestro e coordinatore del sito

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“Nonsoloscuola.org”); Emanuela Trombetta (ins. Carignano-TO); Carmela Tufaro (ins. Istituto Comprensivo Trilussa, MI); Gabriella Tull

(ins. sc. el. “Cesp” Trieste); Cristina Tummolo (ins. Ferrere d’ Asti); Michele Tuoro (ins. di musica, Torre del Greco, NA); Gabriele Attilio

Turci (ins. sc. primaria, Forlì); Daniela Turturro (educatrice, Giovinazzo); Teresa Ucci (ins. ist. comp. S. Vito Chietino-CH); Filomena Uras

(insegnante, Cagliari); Simonetta Urbani (ins. sc. elem. Da Verrazzano-GE); Lucia Valentino (ins. I.C. Mappano-TO); Orsola Vallifuoco (ins.

sc. primaria, Sant'Antimo, NA); Monica Valgimigli (ins. Lettere, sc. sec I gr. Ricci-Muratori, Ravenna); Tina Varacalli (ins. sc. el. Allievo,

TO); Marilena Vella (ins. I. C. Falcone Mappano-TO); Maria Venticelli, (ins. scuola elementare Mattiuzzi Casali, BO); Vanna Ventre (ins. sc.

Capponi, « Manifesto dei 500 », TO); Tiziana Venturini (ins. sc. elem. Gianelli-GE); Lucia Verbali (ins. sc. Baricco-TO); Maria Verderosa

(ins. sc. el. Aleramo, TO); Romana Veronesi (ins. sc. el. Scandellara-BO); Paola Vianini (ins. sc. via Magreglio, MI); Emanuela Viano (ins.

I.C. Mappano-TO); Umberto Viario (ins. Istituto Comprensivo Trilussa, MI); Enzo Viganò (ins. sc. D. Murialdo, TO); Bruna Viglione (ins.

Ferrere d’ Asti); Tiziana Villa (ins. Istituto Comprensivo Trilussa, MI); Stefania Vincenti (ins. sc. Radice, TO); Carola Viotto (ins. el. Vigone-

TO); Maria Grazia Viotto (ins. el. Vigone, « Manifesto dei 500 », TO); Maria Visentini (ins. sc. media G. Reni, BO); Clara Vit (ins. sc. V. da

Feltre di Ronchi d. Leg., GO); Sandra Vitali (ins. Parma); Antonella Viterbo (ins. sc. Baricco-TO); Virginia Vota (ins. I. C. Falcone

Mappano-TO); Anna Maria Vuolo (ins. sc. Capponi, TO); Fiorella Zacà (ins. B.V. di Campagna TO); Paola Zaganelli (ins. sc. el. Zamboni,

BO); Francesca Zampogna (ins. sc. Baricco-TO); Piera Zanchin (ins. Carignano-TO); Carla Zanetta (ins. sc. media G. Bella, Acqui T.-AL);

Lori Zanetti (ins. Pr. Bologna); Daniela Zani (ins. el. in servizio ad Atene, Grecia); Maria Paola Zannoni (insegnante I.C. Torrile-Parma);

Giusy Zappalà (maestra el. Bergamo);Agnese Ziliotto (ins.Asti);

Genitori:

Simona Blosi (libero professionista, membro consiglio circolo 8° circolo Bologna); Veronica Castronovo (gen. archeologa, presidente

Consiglio di Circolo “Aleramo”, Torino); Paolo Corazza (genitore, rappresentante di classe, Pianoro-Bologna); Enrica d’ Auria (traduttrice

scientifica, genitore, rappresentante di classe e membro del Consiglio d’Istituto, Istituto comprensivo “Galluzzo”, Firenze); Gabriele Gatti

(genitore, funzionario università, FLC-CGIL, Arezzo); Elisabetta Gerbino (impiegata, genitore, membro Consiglio di Circolo “Aleramo”,

Torino);Roberta Piazzi (impiegata, genitore, membro del Consiglio di Circolo “Re Umberto I”, Torino); Sergio Tamborrino(genitore,

presidente del Consiglio d’ Istituto, Istituto comprensivo “Galluzzo”, Firenze);Sabrina Agmemo (gen. Carignano-TO); Angela Agostinelli

(gen. Pescara); Rosamaria Aiello (gen. sc. Baricco-TO); M. Gabriella Albera (gen. sc. Aleramo, TO); Sergio Alcamo (gen. sc. Baricco-TO);

Nella Almasio (gen. sc. Baricco-TO); Teresa Altanese (gen. sc. Baricco-TO); Roberta Alzati (gen. sc. Baricco-TO); Alberto Amaduzzi (gen.

RastignanoBO); Loredana Andreanò (gen. sc. Fattori-TO); Domenico Angelucci (gen. ist. comp. S. Vito Chietino-CH); Francesco Angelucci

(gen. ist. comp. S. Vito Chietino-CH); Giovanni Angelucci (gen. Lanciano-CH); Annamaria Angileri (gen. sc. Baricco-TO); Daniela

Annicchiarico (gen. Rastignano-BO); xxx Anniot (gen. sc. Baricco-TO); Simonetta Annoni (gen. Rastignano-BO); Emanuela Antonacci (gen.

sc. Baricco-TO); Gabriela Astamchi (gen. sc. Baricco-TO); Marina Avataneo ( gen. Carignano-TO); Fedora Avolio (mamma, Arese);

Alessandra Baiesi (gen. Rastignano-BO); Carlotta Balbo (gen. sc. Baricco-TO); Velia Bancale (gen. sc. Fattori-TO); Luigi Barbagallo (gen.

sc. Baricco-TO); Gabriella Barbero (gen. sc. Baricco-TO); Bel Battach (gen.sc. Aleramo, TO); Luigi Benedetti (gen. Scerni-CH); Laura

Berardengo (gen. sc. Capponi, TO); Irene Baravalle (gen. Carignano-TO); Maurizio Barbetta (gen. sc. Don Milani, Venaria-TO); Maria Elena

Bardella (gen. sc. Don Milani, Venaria-TO); Patrizia Bardella (gen. sc. Parri, TO); Becco Claudia (gen. sc. Baricco-TO); Giovanni Bechis

(gen. Carignano-TO); Laura Bechis (gen. Carignano-TO); Paola Bechis (gen. Carignano-TO); Sergio Bechis (gen. Carignano-TO); Gabriella

Bello (gen. sc. Baricco-TO); Manuela Benni (gen. Rastignano-BO); Roberta Benvenuto (gen. sc. Baricco-TO); Sergio Berardi (gen. sc.

Rigola, Venaria-TO); Rosaria Berinucci (gen. sc. Aleramo, TO); Maria Giovanna Bernardi (avvocato e genitore- BO); Silvana Bernardi (gen.

sc. Baricco-TO); Rita Berritta (gen. sc. Baricco-TO); Tatiana Berti (gen. Rastignano-BO); Walter Bertoldo (gen. sc. Baricco-TO); Lucia

Bertolo (gen. sc. Baricco-TO); Andrea Bettazzi (gen. sc. Fortuzzi-BO); Luciana Bianco (gen. sc. Baricco-TO); Barbara Billo (gen. sc.

Baricco-TO); Stefania Bin (gen. sc. Baricco-TO); Fabrizio Bindolo (gen. S.

Defendente, Acqui T.-AL); Alessandra Boggio (gen. sc. Fattori-TO); Roberto Bollo (gen. sc. Pirgus, S. Marinella-RM); Bruno Bisiach (gen.

sc. Don Milani, Venaria-TO); Magda Bocchino (gen. sc. Baricco-TO); Cristina Boffetta (gen. sc. Don Milani, Venaria-TO); Mario

Bonaventura (gen. Rastignano-BO); Ursula Borgia (gen. Rastignano-BO); Vincenzo Borgina (gen.sc. Aleramo, TO); Andrea Bottazzi (gen.

sc. Fortuzzi-BO); Vittorio Braga (gen. sc. Baricco-TO); Ombretta Breci

(gen. sc. Baricco-TO); Wainer Brindari (genitore, Parma); Francesco Bruno (gen. sc. Capponi, TO); Paola Bruno (gen. sc. Baricco-TO);

Vilma Brusa (gen. Carignano-TO); Paolo Brusasco (gen. Moncalieri-TO); Karin Bucovini(gen. Scuola Locchi, Gorizia); Marina Buffoni (gen.

Rastignano-BO); Nella Buonazia (gen. Rastignano-BO); Laura Bussolino (gen. sc. Baricco-TO); Monica Calà (gen. sc. Baricco-TO); Adriana

Calero (gen. sc. Parri, TO); Laura Calì (gen. Carignano-TO); Anna Canivistraro (gen. sc. Baricco-TO); Nadia Canzian (gen. sc. Baricco-TO);

Nadia Cappellari (gen. Carignano-TO); Anna Capra (gen. sc. Fattori-TO); Tina Cardia (gen. sc. Baricco-TO); Claudia Carello (gen. sc.

Baricco-TO); Luisella Carena (gen. Carignano-TO); Mauro Carena (gen. Carignano-TO); Raffaela Carena (gen. Carignano-TO); Sabina

Carena (gen. Carignano-TO); Antonella Carlà (gen. Rastignano-BO); Enzo Carlini (gen. sc. Aleramo, TO); Antonella Carlucci (gen. sc.

Rigola, Venaria-TO); Flora Carrozzo (gen. sc. Baricco-TO); Cristina Casalini (gen. sc. Baricco-TO); Luisella Casalis (gen. Carignano-TO);

Nicoletta Cassani (gen. Rastignano-BO); Stefania Cassaniti (gen. sc. LonghenaBO); Alessandro Castagnotti (gen. sc. Fattori-TO); Anna

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Castore (gen. sc. Baricco-TO); Alessandro Casu (gen. sc. Capponi, TO); Luca Caucchioli (gen. Rastignano-BO); Gianna Genesia Cavallera

(gen. sc. S. Defendente, Acqui T.-AL); Marialuisa Cavallo (gen. sc. Fortuzzi-BO); Laura Cavanna (gen. Carignano-TO); Elena Ceccarelli

(genitore, BO); Cecilia Ceraso (gen. sc. Fattori-TO); Elisabetta Cerioli (gen. Rastignano-BO); Massimiliano Chiappara (gen. sc. Parri, TO);

Agostina Chiesa (gen. Carignano-TO); Evangelista Chironna (gen. sc. Baricco-TO); Romolo Chironna (gen. sc. Aleramo, TO); Carola Ciriello

(gen. sc. Fattori-TO); Mauro Cisi (gen. sc. Giachino, TO); Barbara Coffano (gens c. Fattori-TO); Eugenio Colanfoillo (gen. sc. Fattori-TO);

Rita Colarieti (gen. sc. Longhena-BO); Laura Corazza (gen. Rastignano-BO); Maria Luisa Corrello (gen. sc. Fortuzzi-BO); Rosy Costanzo

(gen. sc. Baricco-TO); Giuseppe Cotroneo (gen. sc. Baricco-TO); Celeste Cravero (gen. Carignano-TO); Mirko Cristoni (gen. Rastignano-

BO); Marina D'Altri (libera professionista, genitore sc. el Cremonini Ongaro-BO); Maria D’Amato (gen. sc. Baricco-TO); Massimo D’Amato

(gen. sc. Baricco-TO); Timea Dambrosio (gen. Rastignano-BO); Gabriella Daniele (gen. scuola Fontana, TO); Stefania Dattola (gen. sc.

Baricco-TO); Marina Deambrosi (gen. sc. Baricco-TO); Tatiana De Franchi (gen. sc. Baricco-TO); Francesco Degani (gen. sc. Baricco-TO);

Antonella Delbianco (gen. scuola Pascoli, Gorizia); Della Giorgia (gen., TO); Tecla de Gregorio (gen. sc. Baricco-TO); Claudia Dellavalle

(gen. Carignano- TO); Emidio Del Paggio (gen. sc. Fortuzzi-BO); Barbara De Pari (gen. sc. Baricco-TO); Paolo De Rossi (gen. sc. Baricco-

TO); Rossano Desideri (gen. sc. Baricco-TO); Paolo D’Este (gen. sc. prim. Montagnola-FI); Stefania De Toma (gen. sc. Baricco-TO); Floro

Devito (gen. Carignano-TO); Maria Cristina Dho (gen. sc. Baricco-TO); Isabella di Bari (gen. sc. Baricco-TO); Di Cola Concetta (gen. sc.

Capponi-TO); Enrica Dirani (gen. sc. Aleramo, TO); Filomena Direno (gen. sc. Fattori-TO); Gemma Di Vito (gen. sc. Baricco-TO); M.

Cristina Dondarini (gen. Rastignano-BO); Roberta Dotti (gen. Rastignano-BO); Laura Drusin (gen. sc. Capponi-TO); Elena Duvina (gen. sc.

Baricco-TO); Vasile Enache (gen. sc. Baricco-TO); Anna Maria Esposito (gen. sc. Capponi-TO); Stefania Ettorre (gen. sc. Parri, TO); Simona

Eusebio (gen. Rastignano-BO); Sandra

Fabbri (gen. Rastignano-BO); Alice Fabbrini (gen. sc. el. Chiostri, BO); Maria Falcetta (gen. sc. Baricco-TO); Cinzia Falso (gen. sc. Baricco-

TO); Margherita Fantone (gen. sc. Baricco-TO); Marina Farzini (gen. Rastignano-BO); Franco Ferneira (gen. Rastignano-BO); Rosaria

Ferrante (gen. Lanciano-CH); Giuseppina Ferro (gen. sc. Baricco-TO); Marco Fiandro (gen. I.C. Mappano-TO); Piera Finelli (gen.

Rastignano-BO); Cinzia Finotto (gen. sc. Baricco-TO); Nunzio Fiore(gen. sc. Don Milani, Venaria-TO); Giovanni Foglino Ricaldone (gen. S.

Defendente, Acqui T.-AL); Maria Beatrice Fontana (gen. sc. Fortuzzi-BO); Patrizia Fontana (gen. Carignano-TO); Susanna Forneris (gen.

Carignano-TO); Giovanna Forte (gen. Rastignano-BO); Carmelina Foschi (gen. sc. Aleramo, TO); Antonella Frassini (gen. CarignanoTO);

Manuela Freschi (gen. sc. Fattori-TO); Gerardo Frunzi (gen. sc. Baricco-TO); Alessandro Furriolo (gen. sc. Baricco-TO); Matteo Gabrieli

(gen. Rastignano-BO); Maura Gaggioli (gen. Rastignano-BO); Piera Galassi (gen. Rastignano-BO); Francesco Galasso (gen.sc. Aleramo,

TO); Galietta Concetta (gen. sc. Baricco); Alba Gallo (gen.

Rastignano-BO); Corrado Galluccio (gen. sc. Don Milani, Venaria-TO); Camilla Garagnani (gen. sc. Fortuzzi-BO); Claudia Garbarini (gen.

Carignano-TO); Johanna Garcos (gen. sc. Aleramo, TO); Debora Gasparini (gen. sc. Pirgus, S. Marinella-RM); Gasperini Marco (gen. sc.

Lessona, Venaria –TO); Cinzia Gazzera (gen. sc. Baricco-TO); Coralba Genero (gen. Carignano-TO); Renata Gennero (gen. Carignano-TO);

Lorenzo Gentilini (gen. Rastignano-BO); Carmela Gervasio (gen. sc. Don Milani, Venaria-TO); Daniela Ghiglietti (gen. sc. Baricco-TO);

Maurizia Ghilardi (gen. sc. Fattori-TO); Giovanna Giacalone (gen. sc. Baricco-TO); Alessandra Giamperoli (gen. Rastignano-BO); Nadia

Gibin (gen. sc. Baricco-TO); Rosa Gigliobianco (genitore, MI); Roberta Gioll (gen. sc. Fattori-TO); Roberto Giordano (gen.sc. Aleramo, TO);

Giorgetti Fialdini Manuela (gen. sc. prim. Montagnola-FI); Maria Pia Giorgio (ins. sc. BariccoTO); Flavio Giovannini (gen. Rastignano-BO);

Silvana Girotto (gen. sc. Aleramo, TO); Rosanna Giuliani (gen. sc. Baricco-TO); Mikaela Giurgica (gen. sc. Baricco-TO); Mara Goglio (gen.

sc. Baricco-TO); Adriano Gramaglia (gen. sc. Baricco-TO); Grasso Stefania (gen. sc. Fattori-TO); Renato Grazzini (gen. sc. Fattori-TO);

Marco Guaraldi (gen. sc. Baricco-TO); Arianna Guen (gen. Rastignano-BO); Gloria Guerrini (genitore, Siena); Luisa Guidoreni (gen.

RastignanoBO); Antonella Guidorini (gen. Rastignano-BO); Maria Gugliotta (gen. sc. Capponi-TO); Ivano Guidi Colombi (gen. sc. Gramsci,

Venaria-TO); Lara Haydee (gen. Rastignano-BO); Franco Heritier (gen. sc. Baricco-TO); Hyka (gen. sc. Capponi-TO); Salvatore Impo (gen.

sc. Aleramo, TO); Andrea Innocenti (gen. Rastignano-BO); Cinzia Iuliano (gen. Carignano-TO); Teresa Jarussi (gen. Vasto-CH); Yamina

Khayati (gen. sc. Baricco-TO); Lidia Kot (gen. sc. BariccoTO); Lacalamdra Teresa (gen. sc. Baricco-TO); Giuseppe La Delia (gen. sc.

Baricco-TO); Vittoria Lamacchia (gen. sc. Baricco-TO); Francesca Lanzetta (gen. Rastignano-BO); Claudia Larini (gen. Rastignano-BO); xxx

Laritonda (gen. sc. Baricco-TO); Heidi Larobina (gen. Carignano-TO); Annot Macchiarella (gen. sc. Fattori-TO); Maria Carmela La Sala

(gen. sc. Baricco-TO); Maurizio La Sala (gen. sc. Baricco-TO); Mauro Laurini (gen. sc. Baricco-TO); Annunziata Leuci (gen. Rastignano-

BO); Salvatore Lombardo (gen. sc. Aleramo, TO); Salvatore Maurizio Lombardo (gen. sc. Don Milani, Venaria-TO); Isabella Losiggio (gen.

Carignano- TO); Rosalinda Madonna (ins. sc. media UmbertoI, Lanciano-CH); Marisa Magnano (gen. Carignano-TO); Marzia Magni (gen.

Rastignano-BO); Massimo Maia (gen. sc. Baricco-TO); Alessia Maiani (gen. Rastignano-BO); Nicolò Manaresi (gen. sc. Fortuzzi-BO);

Antonio Mancini (gen. sc. Don Milani, Venaria-TO); Manganelli (gen. sc. Baricco-TO); Katia Menneo (gen. sc. Baricco-TO); Lucia

Manservisi (gen. sc. Fortuzzi-BO); Rosalba Mantione (gen. sc. Rigola, Venaria-TO); Armida Marcello (gen. Rastignano-BO); Paolo

Manzone(genitore, TO); Michela Marcagi (gen. sc. Fattori-TO); Antonella Marcato (gen. Carignano-TO); Marco Marchignoli (genitore,

Casalecchio di Reno-BO); Marchini Nicolino (gen. sc. Baricco-TO); Nadia Mantelli (gen. Rastignano-BO); Iuliana Marginerni (gen. sc.

Baricco-TO); Enza Marino (gen. sc. Parri, TO); Tino Marro (gen. sc. Baricco-TO); Maddalena Marseglia (gen. sc. Fattori-TO); Manuela

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Martodana (gen. sc. Baricco-TO); Paola Masante (gen. sc. Baricco-TO); Antonella Mauro (gen. Rastignano-BO); Giuliano Mazzanti (gen.

Rastignano-BO); Daniela Mejnardi (gen. Carignano-TO); Laura Menegatti (gen. sc. Baricco-TO); Marta Menichetti (gen. Rastignano-BO);

Francesca Menniti (gen. sc. Don Milani, Venaria, TO); Claudio Miatello (gen. Carignano-TO); Alessandra Micca (gen. sc. Aleramo, TO);

Irene Mitton (gen. sc. Baricco-TO); P. Luigi Molino (gen. sc. Fattori-TO); xxx Montana (gen. sc. Fattori-TO); Patrizia Montanari (gen.

Rastignano-BO); Giacomina Monte (gen. Carignano- TO); Davide Monti (gen. Rastignano-BO); Genziana Murhagi (gen. sc. Fattori-TO);

Nadia Morreale (gen. sc. Baricco-TO); Lucia Musella (gen.sc. Aleramo, TO); Sonia Musolesi (gen. Rastignano-BO); Fabiola Naggi (gen. sc.

Baricco-TO); Timea Nag-Pal (gen. sc. Fortuzzi-BO); Alessandro Nanni (gen. Rastignano-BO); Claudio Nanni (gen. Rastignano-BO); Luigi

Naumann (gen. Carignano-TO); Laura Neaga (gen. sc. Aleramo, TO); xxx Neglia (gen. Rastignano-BO); Savina Nessi (gen. RastignanoBO);

Marianna Noia (gen. sc. Fortuzzi-BO); Alejo Nunez Fernandez (gen. sc. Fortuzzi-BO); Zakaria Noukrim (gen. Rastignano-BO); Fulvio

Oberto (gen. sc. Baricco-TO); Antonella Oddolo (gen. Carignano-TO); Paola Oliveri (gen.sc. Aleramo, TO); Angela Olivo (gen. sc. Fattori-

TO); Angelo Oreso (gen. sc. Baricco-TO); Teresita Orina (gen. Rastignano-BO); Maria Ornelli (gen. sc. Baricco-TO); Gianfranco Paganotto

(gen. Carignano-TO); Michela Paiola (gen. sc. Fattori-TO); Lidia Palermo (gen. sc. Baricco-TO); Paolo Pallaviano (gen. sc. Baricco-TO);

Sergio Palombarini (genitore scuola Fortuzzi, BO); Sabrina Papalini (gen. sc. Baricco-TO); Federica Papotti (gen. Rastignano-BO); Serenella

Pasqualin (gen. sc. Baricco-TO); Stefano Pattaro (gen. sc. Baricco-TO); Lidia Pautasso (educatrice Carignano-TO); Sandro Pecoraro (gen.

Carignano- TO); Gaetano Pedullà (gen. Lanciano-CH); Luigi Pellicanò (gen. sc. Fattori-TO); Lucia Pensa (gen. sc. Baricco-TO); Amalia Perri

(gen.sc. Aleramo, TO); Chiara Pescarolo (gen. CarignanoTO); Carolina Pescuma (gen. sc. Baricco-TO); Loredana Petrolati (gen. sc. Pirgus, S.

Marinella-RM); Francesco Petruzza (gen. sc. prim. Carignano-TO); Enrica Piazza (gen. sc. Baricco-TO); Paolo Piazza (gen.-BO); Giovanni

Piccarolo (gen. sc. Fattori-TO); Ombretta Picciolo (gen. sc. Baricco-TO); Ornella Piccolo (gen. sc. Baricco-TO); Giuseppe Pilloni (gen. sc.

Baricco-TO); Ida Pilloni (gen. sc. Baricco-TO); Paola Piovano (gen. sc. Giachino, TO); AndreaPizzardo (gen. sc. Baricco-TO); Sonia Planeta

(gen. sc. Baricco-TO); Margherita Pochettino (gen. Pancalieri- TO); Daniela Poggi Pollini (gen. Rastignano-BO); Stefano Porcari (genitore,

Parma); Marianna Postolache (gen. RastignanoBO); Carmela Pozzessere (gen. Carignano-TO); Patrizia Prado (gen.sc. Aleramo, TO); Rosa

Pravata (gen. sc. BariccoTO); Raffaella Prelato (gen. Carignano-TO); Piera Prinabeil (gen. Carignano-TO); Patrizia Principe (gen. sc.

BariccoTO); Mara Pugliese (gen. sc. Baricco-TO); Marianna Puleo (gen. sc. Aleramo, TO); Enrico Quaglino (gen. Carignano-TO); Rosa

Rabbia (gen. sc. Baricco-TO); Loredana Rabino (gen. Carignano-TO); Sergio Raineri (genitore, Venaria-TO); Antonella Razzetti (gen.

Carignano-TO); Lina Reccolozzo (gen. sc. Don Milani, Venaria-TO); Serenella Rettondini (gen. Carignano-TO); Miriela Reyes (gen.sc.

Aleramo, TO); Luisa Ricci (gen. sc. Baricco-TO); Silvana Riccio (gen. sc. Baricco-TO); Luciana Rienzi (gen. sc. Baricco-TO); Davide Rigolli

(gen. sc. Agnelli Edoardo, TO); Ivo Rigolli (genitore sc. Rigola, Venaria-TO); Elena Rinaldi (gen. sc. Baricco-TO); Anna Maria Rizzo (gen.

sc. Capponi, TO); Francesca Rizzoli (gen. Rastignano-BO); Alessandra Robetto (gen. sc. Baricco-TO); Lorena Roffi (gen. RastignanoBO);

Angela Romano (gen. sc. Rigola, Venaria-TO); Bruno Romano (gen. Carignano- TO); Monica Ronco (gen. CarignanoTO); Iulia Rosca (gen.

sc. Baricco-TO); Laura Rosingana (gen. sc. Baricco-TO); Massimo Rossi (gen. sc. Baricco-TO); Paola Rossi (genitore, Carpi- Modena); Anna

Ruccella (gen. Carignano- TO); Erica Ruffino (gen. sc. Baricco-TO); Angela Ruggieri (gen. sc. Baricco-TO); Lucia Russo (gen. sc. Capponi-

TO); Paolo Russo (gen. sc.Baricco-TO); Giuseppa Saccone (gen. sc. Baricco-TO); Ibrahim Safar (gen. sc. Baricco-TO); Daniele Salemme

(gen. sc. Fattori-TO); Iacinta

Saloa (gen. sc. Baricco-TO); Pierluigi Salvi (gen. , I.C. Mappano-TO); Sonia Samaia (gen. Carignano-TO); Maurizio Sandri (gen. sc. Baricco-

TO); Claudia Sandrone (gen. sc. Aleramo, TO); Anna M. Sansone (gen. sc. Baricco-TO); Chiara Santarelli (gen. sc. Baricco-TO); Anna

Santullo (gen. sc. Baricco-TO); Audrey Ellis Saracco (gen. sc. FortuzziBO); Simona Saracco (gen. sc. Gramsci, Venaria-TO); Carmelina

Stoian (gen. sc. Baricco-TO); Paola Savorani Tognetti (gen. sc. Fortuzzi-BO); Aldo Savio (gen. sc. Don Milani, Venaria-TO); Maria Pia

Sbrissa (gen.sc. Aleramo,

TO); Rosa Scacciaferro (gen. sc. Baricco-TO); Daniela Scalise (gen. Rastignano-BO); Giulia Scarcia (impiegata e gen., TO); Paola

Scaringella (gen. sc. Baricco-TO); Rita Scarpinati (gen. sc. Fattori-TO); Flavio Scarsi (gen. sc. BariccoTO); Gabriella Scavello (gen. sc.

Aleramo, TO); Franco Schenone (gen. sc. Baricco-TO); Patrizia Schiavone (gen.sc. Aleramo, TO); Antonio Scianaro (gen. sc. Don Milani,

Venaria-TO); Claudia Scodrani (gen. sc.Baricco-TO); Agnese Scotti (gen. Carignano-TO); Doriana M. Stella Sebastiani (gen. sc. Pirgus, S.

Marinella-RM); Anna Semenzato (gen. Rastignano-BO); Monica Sergi (gen. sc. Baricco-TO); Anna Maria Serra (gen. sc. Fattori-TO); Anna

M. Serveglieri (gen. sc. Baricco-TO); Elia Shirley (gen.sc. Aleramo, TO); Manjola Sinella (gen. sc. Baricco-TO); Rolando Sinella (gen. sc.

Baricco-TO); Silvia Sipari (gen. sc. Baricco-TO); Domenico Sirica (gen. sc. Baricco-TO); Massimo Smeriglio (gen. sc. Baricco-TO);

Antonella Smoquina (gen. sc. elem. Venaria-TO); Franco Sodaro (gen. Carignano- TO); Raphael Sofer (gen. sc. Baricco-TO); Monica Solmi

(gen. sc. Fortuzzi-BO); Marzia Spadafora (gen. sc. Baricco-TO); Riccardo Spagnoli (gen. sc. Baricco-TO); Giovanna Sperandeo (gen. sc.

Baricco-TO); Elvira Squadrone (gen. Scerni-CH); Daniele Squillaci (gen. Pancalieri- TO); Stefania Stallo (gen. sc. Fattori-TO); Paola

Stampatore (gen. Rastignano-BO); Gimmi Stoppa (gen. sc. Aleramo, TO); Sonia Suozzi (gen. Rastignano-BO); Paola Superbi (gen. sc.

Baricco-TO); Genovefa Susano (gen. sc. Aleramo, TO); Claudia Tarterini (gen. Rastignano-BO); Cristina Terrigna (gen. sc. BariccoTO);

Carmela Testai (gen. sc. Baricco-TO); Adriano Tetti (gen. sc. Fortuzzi-BO); Cristina Tinarelli (gen. RastignanoBO); Lorena Toni (gen.

Rastignano-BO); Massimo Tortorelli (gen.sc. Aleramo, TO); Fortunato Toscano (gen. sc. Baricco-TO); Anna Trani (gen. sc. Baricco-TO);

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Livio Traversa (gen.sc. Fattori-TO); Marco Tribolo (gen. Sc. BariccoTO); Anna Maria Triolo (gen. sc. Baricco-TO); Elena Tumia (gen. sc.

Baricco-TO); Gabriella Turio (gen. sc. BariccoTO); Uarrabi Najah (gen. Rastignano-BO); Barbara Ucci (gen. ist. comp. S. Vito Chietino-CH);

Rosalba Ucci (gen. Lanciano-CH); Monica Urdanch (gen. sc. Baricco-TO); Alessandro Urso (gen., BO); Anna Urso (gen. sc. Baricco-TO);

Lorella Usai (gen. sc. Baricco-TO); Stefania Uva (gen. sc. Fattori-TO); Claudia Vai (gen. sc. Baricco-TO); Carla Valimberti (gen. sc. Fattori-

TO); Vittorina Rita Vargin (gen. sc. Baricco-TO); Francesca Varrone (gen. CarignanoTO); Claudia Veggetti (gen. Rastignano-BO); Marisa

Venarina (gen. sc. Aleramo, TO); Silvia Venezia (gen. sc. FattoriTO); Antonio Ventre (gen. Venaria-TO); Nadia Viberti (gen. sc. Baricco-

TO); Roberta Villa (gen. sc. Baricco-TO); Armanda Vinchi (gen. Moncalieri-TO); Pina Vitiello (gen. Lanciano-CH); Antonia Vizzoca (gen.

ist. comp. S. Vito Chietino-CH); Visnja Vukovic (gen. Rastignano-BO); Gianni Zancanella (gen. sc. Capponi-TO); Daniela Zanda (gen. sc.

sec. Carignano-TO); Patrizia Zanda (gen. Carignano–TO); Mariangela Zanetti (gen. sc. Baricco-TO); Claudio Zanoncelli (gen. Rastignano-

BO); Carlo Zoratti (genitore, GE); Filomena Zurlo (gen. sc. Fattori-TO); Roberto Becherini (studente, Azzano S. Paolo); Alessandro Bini

(pensionato, ex impiegato, genitore, Chiavari); Italo Boccafogli (imprenditore di un’azienda di comunicazione e immagine- Bologna);

Alessandra Brighenti (studentessa universitaria di Storia- Bologna); Duilio Camerlo (ATA- Torino); Anna Carrino (coord. prog., Bologna);

Ugo Croce (artigiano, Torino); Franca Colosso (pensionata, ex educatrice, Torino); Paola Esposito (direttore casting- Bologna); Silvia Fabbri

(coord. prog., Bologna); Claudia Gobbi (impiegata universitaria, Parma); Giuseppe Maria Greco (ingegnere-MI); Federico Guardo (studente,

Bologna); Giuseppina Loglisci (nonna, I.C. Mappano- Torino); Roberto Longo (pensionato, Venezia); Argene Madeddu (pensionata, ex

dipendente del Comune di Milano); Bianca Odello (nonna, Venaria, TO); Marica Pizzetti (studentessa, Follonica- GR); Luigi Raineri (nonno,

Venaria-TO); MassimoTibaldi (Bologna); Emilia Maria Titone (nonna sc. Capponi- Torino); Giuseppe Valentino (nonno, I.C.

MappanoTorino); Alessandra Zappino (educatrice, Carignano- Torino); Cecilia Zoratti (studentessa, Genova); Ada Milena Dagna (ins. in

pensione, nonna, Genova); Victorugo Ventre (nonno, TO); Zaurrini Giuliana(nonna, TO).

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Allegato 11

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118

118 Cfr. http://manifesto500.altervista.org/wp-content/uploads/2012/07/dichiarazione-incontro-al-miur-170712.pdf, consultato in data 15 ottobre 2012.

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