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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI CATANIA FACOLTA' DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATU- RALI CORSO DI LAUREA IN SCIENZE BIOLOGICHE DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA ANIMALE "M. La Greca" ROSA VERNUCCIO STUDIO E APPLICAZIONE DI TECNI- CHE DI PROCREAZIONE MEDICAL- MENTE ASSISTITA DI I LIVELLO Tesi di laurea in Biologia dello Sviluppo Relatrice: CHIAR.MA PROF.SSA RENATA VISCUSO Correlatore: DOTT. GIOVANNI BRACCHITTA ANNO ACCADEMICO 2007-08

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI CATANIA - centroaster.com · Nell’apparato genitale femminile distinguiamo: organi genitali in-terni ed organi genitali esterni. Gli organi genitali interni

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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI CATANIA

FACOLTA' DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATU-

RALI

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE BIOLOGICHE

DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA ANIMALE "M. La Greca"

ROSA VERNUCCIO

STUDIO E APPLICAZIONE DI TECNI-

CHE DI PROCREAZIONE MEDICAL-

MENTE ASSISTITA DI I LIVELLO

T e s i d i l a u r e a i n B i o l o g i a d e l l o S v i l u p p o

Relatrice:

CHIAR.MA PROF.SSA RENATA VISCUSO

Correlatore:

DOTT. GIOVANNI BRACCHITTA

ANNO ACCADEMICO 2007-08

I N D I C E

PREMESSA...................................................................................................1

INTRODUZIONE .........................................................................................3

APPARATO GENITALE FEMMINILE .........................................................3

APPARATO GENITALE MASCHILE ...........................................................5

GAMETOGENESI.....................................................................................8

OVOGENESI..........................................................................................10

SPERMATOGENESI................................................................................13

MATURAZIONE EPIDIDIMARIA E CAPACITAZIONE ...............................17

CONTROLLO NEUROENDOCRINO DELLA GAMETOGENESI ....................18

CONTROLLO NEUROENDOCRINO NELLA FEMMINA ..............................19

CONTROLLO NEUROENDOCRINO NEL MASCHIO...................................21

DEFINIZIONE DI INFERTILITÀ E STERILITÀ ...........................................22

EPIDEMIOLOGIA APPLICATA ALL’INFERTILITÀ ....................................23

INFERTILITÀ FEMMINILE ......................................................................28

INFERTILITÀ MASCHILE .......................................................................34

TECNICHE DI PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA (PMA).......38

SCOPO DEL LAVORO ............................................................................43

MATERIALI E METODI............................................................................44

SPERMIOCITOGRAMMA........................................................................44

TECNICHE DI SELEZIONE NEMASPERMICA ...........................................52

INSEMINAZIONE INTRAUTERINA (IUI) .................................................55

RISULTATI.................................................................................................58

DISCUSSIONE ...........................................................................................62

CONCLUSIONI ..........................................................................................67

ALLEGATO LEGGE 19 FEBBRAIO 2004, N. 40...........................................69

BIBLIOGRAFIA .........................................................................................79

1

PREMESSA

Nel XX secolo abbiamo assistito, nei paesi industrializzati, ad una

transizione demografica ed epidemiologica, che sono state favorite

dalla rivoluzione sanitaria, avvenuta nel 1940 circa, e caratterizzata

dall’esplosione dell’uso di pratiche vaccinali, di antibiotici e di un

numero crescente di presidi farmacologici. Il forte incremento demo-

grafico, che si registra nel mondo in maniera più o meno rilevante a

partire dal secolo scorso, è accompagnato dal progressivo invecchia-

mento della popolazione, dovuto alla riduzione dei tassi di mortalità e

fecondità. Oggi la capacità riproduttiva della coppia è compromessa

sempre più dall’influenza combinata di molti fattori endogeni ed eso-

geni; stiamo assistendo ad una recrudescenza di forme patologiche

dell’apparato riproduttivo femminile e maschile, a causa di numerosi

fattori ambientali e delle mutate abitudini sessuali. Inoltre, la ritardata

età in cui le coppie giungono al matrimonio, dettata da esigenze di ti-

po economico-professionale, amplifica le difficoltà riproduttive, che

in età più giovanile potrebbero essere facilmente superate. L’infertilità

maschile e femminile è una patologia ed, oltre a costituire un ovvio

problema di carattere medico, comporta anche aspetti altrettanto com-

plessi di natura psicologica e sociale. La procreazione medicalmente

assistita (PMA) rappresenta un importante traguardo per la tecnologia

2

e la scienza della riproduzione; essa permette di superare alcuni osta-

coli e aumenta le probabilità per alcune coppie di avere dei figli.

3

INTRODUZIONE

APPARATO GENITALE FEMMINILE

Nell’apparato genitale femminile distinguiamo: organi genitali in-

terni ed organi genitali esterni.

Gli organi genitali interni comprendono: le ovaie, le tube, l’utero

e la vagina.

Figura 1: apparato genitale femminile

L’ovaio è un organo, simmetrico e pari, rappresenta la gonade

femminile ed è la sede di maturazione degli oociti. Inoltre l’ovaio se-

cerne gli ormoni sessuali femminili (estrogeni e progesterone) e una

piccola quantità di ormoni androgeni. Nella donna adulta l’ovaio e-

sternamente è rivestito “dall’epitelio superficiale dell’ovaio”, al di sot-

to del quale è presente uno strato connettivale “la tonaca falsa albugi-

nea”, che delimita il parenchima dell’organo; quest’ultimo è formato

4

da una zona midollare centrale e da una zona corticale periferica, ove

sono presenti i follicoli nei vari stadi di maturazione.

Le tube o trombe uterine (di Falloppio o di Salpingi) sono dei

dotti pari e simmetrici, indispensabili per la captazione dell’ovocita e

per il suo trasporto; inoltre consentono la migrazione e la capacitazio-

ne degli spermatozoi e rappresentano la sede dell’eventuale feconda-

zione. In connessione alle tube vi è l’utero, organo cavo, impari e me-

diano, anatomicamente diviso in istmo, fondo, corpo e collo. L’utero

da tre tonache, che dall’interno verso l’esterno sono:

1) tonaca mucosa o endometrio;

2) tonaca muscolare o miometrio;

3) tonaca sierosa o perimetrio.

L’utero rappresenta l’organo della gestazione nel quale si annida

la blastocisti e si sviluppa il feto. La vagina è un canale muscolo-

membranoso impari, rappresenta l’organo copulatore della femmina e

dà passaggio al flusso mestruale e, durante il parto, al feto.

Gli organi genitali esterni o vulva comprendono:

1) un rilievo cutaneo definito “monte di venere”;

2) due spesse pliche di cute dette “grandi labbra”;

3) due pieghe cutanee più sottili dette “piccole labbra”;

4) un organo erettile definito “clitoride”;

5) le “ghiandole vestibolari maggiori o del Bartolini”.

5

APPARATO GENITALE MASCHILE

L’apparato genitale maschile è costituito: dai testicoli, dalle vie

spermatiche, dalle ghiandole a queste annesse e dai genitali esterni.

Figura 2: sezione longitudinale dell’apparato genitale maschile

Il testicolo o didimo rappresenta la gonade maschile, ed è la sede

della produzione degli spermatozoi e della secrezione degli ormoni

sessuali maschili. È una ghiandola tubulare composta, pari, appiattita

in senso latero-mediale, contenuta all’interno di una sacca cutanea det-

ta “scroto”, il quale è posto all’esterno dell’organismo, consentendo di

mantenere i testicoli ad una temperatura di 2°C in meno rispetto a

quello corporea, il che favorisce la corretta spermatogenesi.

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Ciascun testicolo è suddiviso in 200-300 spazi di forma piramida-

le, denominati “logge o lobuli”. Ogni lobulo accoglie dei dotti convo-

luti, i “tubuli seminiferi contorti”, tra i quali sta un connettivo lasso

contenente le cellule interstiziali endocrine del testicolo o “cellule del

Leyding”, che secernono androgeni.

I tubuli seminiferi sono formati da un sottile tonaca connettivale e

dall’epitelio germinativo, che comprende due categorie di cellule: le

cellule germinali nei vari stadi di maturazione e le cellule del Sertoli;

quest’ultime sono cellule somatiche di forma triangolare, con la base

poggiante sulla lamina basale, l’apice rivolto verso il lume del tubulo

e provviste di prolungamenti citoplasmatici che avvolgono gli elemen-

ti germinali fino agli stadi finali di sviluppo, ai quali danno sostegno

meccanico, trofico e protezione.

I tubuli seminiferi si continuano con i “tubuli seminiferi retti”, i

quali terminano in una rete di formazioni cave denominata “rete te-

stis”, le cui lacune sono in comunicazione con i “condotti efferenti”

che formano la testa dell’epididimo.

L’epididimo è distinto in testa, corpo e coda e presenta un lungo

dotto tortuoso “il canale dell’epididimo”; qui gli spermatozoi comple-

tano la maturazione e soggiornano, in attesa di transitare nel dotto de-

ferente al momento della eiaculazione. Il “dotto deferente” decorre

dallo scroto, piegando verso l’alto nella cavità addominale, fino dietro

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la vescica dove dà origine al “dotto eiaculatore”, che attraversa il pa-

renchima della prostata per sfociare poi nell’uretra.

L’uretra trasporta il liquido seminale attraverso l’asta del pene fi-

no all’esterno.

Figura 3: didimo

Le ghiandole annesse alle vie seminali sono:

1) le vescichette seminali: rappresentate da due sacculi posti ai lati

della vescica, secernono un materiale viscoso ricco in fruttosio e

prostaglandine, che stimolano le contrazioni uterine, favorendo la

risalita degli spermatozoi nell’apparato genitale femminile.

2) la ghiandola prostatica: secerne “il liquido prostatico”, che aumen-

ta il volume del liquido seminale ed è caratterizzato da un Ph=6.5

più alcalino delle secrezioni vaginali, il che contribuisce a preser-

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vare l’integrità e la motilità degli spermatozoi nell’ambiente vagi-

nale acido.

3) le ghiandole bulbo-uretrali: secernono “il liquido pre-

eiaculatorio”, che nell’uretra si aggiunge al liquido seminale.

Infine le strutture genitali esterne sono rappresentate dallo scroto

e dal pene.

Il pene è l’organo copulatore del maschio, ed è costituito dai cor-

pi cavernosi, che rappresentano le strutture erettili del pene. Nel pene

si possono distinguere tre settori: radice, corpo e glande, e tutta la sua

superficie è ricoperta da cute molto sensibile all’altezza del glande.

GAMETOGENESI

La caratteristica fondamentale della riproduzione sessuale consi-

ste nella formazione di un nuovo individuo a partire dalla fusione di

cellule specializzate nella riproduzione, appartenenti alla linea germi-

nale, definite gameti. Il gamete maschile è lo spermatozoo, il gamete

femminile è la cellula uovo. I gameti sono cellule aploidi(1N), cioè

presentano una copia per ogni tipo di cromosoma. Dalla fusione dello

spermatozoo con la cellula uovo (processo che prende il nome di fe-

condazione) ha origine uno zigote diploide (2N), che rappresenta la

prima cellula del nuovo organismo.

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Lo zigote va incontro a numerose mitosi dando origine a 2 linee

cellulari: cellule della linea somatica e cellule della linea germinale o

protogoni (PGC); quest’ultime rappresentano i precursori dei gameti.

Sin dai primi stadi di sviluppo embrionale, le PGC segregano dal-

le cellule somatiche e si distinguono da queste in quanto hanno inglo-

bato un particolare tipo di citoplasma, di origine ovulare, detto cito-

plasma germinale. Le PGC si differenziano generalmente nell’endo-

derma, vengono individuate a livello del sacco vitellino, vicino alla

connessione tra l’intestino posteriore e l’allantoide, ed hanno un cor-

redo cromosomico diploide.

Intorno alla IV settimana le PGC migrano verso le creste genitali;

durante questo viaggio proliferano mediante ripetute mitosi, passando

da una popolazione cellulare di 10-100 PGC alle 2500-3000 presenti

nell’abbozzo delle gonadi. Inizialmente le gonadi sono sessualmente

indifferenziate, solo verso la VII settimana evolveranno in testicoli o

in ovaie; questa differenziazione dipende rispettivamente dalla pre-

senza o meno del fattore di determinazione testicolare, il cui gene

mappa sul cromosoma Y. Se le gonadi evolvono in ovaie, le PGC si

differenziano in ovogoni (2N); se le gonadi evolvono in testicoli, le

PGC si differenziano in spermatogoni (2N). Solo quando l’individuo

raggiunge la maturità sessuale, sia gli ovogoni sia gli spermatogoni

andranno incontro alla meiosi, formando i gameti aploidi.

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La meiosi, infatti, è un particolare processo di divisione cellulare,

che garantisce sia il dimezzamento del numero dei cromosomi sia il

rimescolamento cromosomico, apportando così variabilità genetica.

OVOGENESI

Il processo di formazione della cellula uovo, che prende il nome

di ovogenesi, si svolge lentamente e con periodi di arresto piuttosto

lunghi.

I precursori diploidi della cellula uovo, detti ovogoni, proliferano

per mitosi nella gonade femminile solo durante il periodo embrio-

fetale, genarando approssimativamente 7 milioni di ovogoni. La mag-

gior parte degli ovogoni degenerano, mentre quelli restanti, circa al

VII mese di sviluppo, entrano nella profase I della meiosi divenendo

oociti I.

Gli oociti I progrediscono attraverso la prima profase meiotica fi-

no alla fase di diplotene, ed in questo stadio rimarranno bloccati fino

alla pubertà. Durante la profase I meiotica, inoltre, gli oociti I vanno

incontro ad una fase di accrescimento definita auxocitosi, durante la

quale viene sintetizzato tuorlo e citoplasma attivo. Dei 2 milioni circa

di oociti I presenti alla nascita, solo 400 mila maturano durante il ciclo

vitale di una donna (tabella 1).

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Tabella 1: numero di ovociti nel ciclo vitale di una donna

Raggiunta la maturità sessuale, gli oociti I periodicamente a

gruppi di cellule riprendono la meiosi e completano la I divisione

meiotica (divisione riduzionale), generando 2 oociti II con un corredo

cromosomico dimezzato cioè aploide. In queste divisioni Il fuso mito-

tico è spostato verso il polo animale, e le 2 cellule risultanti saranno

morfologicamente differenti: un oocita II eredità tutto il citoplasma e

risulta molto grande, e l’altro oocita II eredita solo il bagaglio cromo-

somico e risulta più piccolo e viene definito” polocita”.

L’oocita II inizia la II divisione meiotica (divisione equazionale)

ma rimane congelato in metafase II; il completamento della meiosi

avverrà solo se l’oocita II verrà fecondato.

12

Al termine della meiosi si ottengono 4 cellule: 1 cellula uovo e 3

polociti, i quali degenerano.

Figura 4: ovogenesi

La maturazione dell’oocita avviene nella regione corticale di cia-

scun ovario. Al momento della nascita nella donna, ciascun oocita è

circondato da uno strato di cellule appiattite, dette cellule follicolari e

l’insieme prende il nome di follicolo primordiale.

I follicoli rimangono in uno stato di quiescenza funzionale fino

all’età puberale, dopo un certo numero di essi va incontro ad un pro-

cesso di maturazione che giunge gradualmente fino all’ovulazione.

I follicoli primordiali evolvono in follicoli primari, all’interno

dei quali le cellule follicolari diventano cubiche e inizia la formazione

della zona pellucida adesa all’oolemma.

Dal follicolo primario si passa al follicolo secondario: qui

l’oocita è circondato da più strati di cellule follicolari, dette ora “cellu-

le della granulosa”. Nello spessore della granulosa si formano ampi

spazi “gli antri”, pieni di “liquor fulliculi”, ricco in estrogeni.

13

Le cellule follicolari che rimangono attorno all’oocita formano “il

cumulo ooforo”, e tra queste le cellule più adese all’oocita con dispo-

sizione a corona vengono definite “cellule della corona radiata”.

Nell’ultimo stadio di maturazione il follicolo, detto follicolo di

Graff, si accresce, gli antri confluiscono tra di loro per formare

un’unica grande cavità e l’oocita viene spinto alla periferia. Infine il

follicolo di Graff “scoppia” rilasciando l’oocita, avvolto dalle sue

membrane (cumulo ooforo, corona radiata, zona pellucida), il quale

viene raccolto dalle frange dell’ovidutto dove potrà essere fecondato.

Quello che rimane del follicolo scoppiato viene detto “corpo lute-

o”. Se avviene la fecondazione, il corpo luteo funge da ghiandola en-

docrina per il primo periodo di gestazione; in assenza di fecondazione

il corpo luteo degenera in corpo albicans.

SPERMATOGENESI

Il processo di maturazione degli spermatozoi prende il nome di

spermatogenesi. La spermatogenesi si svolge rapidamente e senza in-

terruzione all’interno dei tubuli seminiferi del testicolo, dove la matu-

razione degli elementi germinali maschili avviene in senso centripeto:

alla periferia gli spermatogoni poggiano sulla lamina basale, proce-

dendo verso il centro vi sono una o più generazioni di spermatociti e

spermatidi e infine gli spermatozoi maturi sono rilasciati nel lume tu-

bulare.

14

Figura 5: epitelio seminifero

La spermatogenesi può essere divisa in 3 fasi: mitotica, meiotica

e spermiogenesi.

FASE MITOTICA

Gli spermatogoni (2N) si dividono per mitosi all’interno dei tubu-

li seminiferi del testicolo. La proliferazione degli spermatogoni è lenta

durante la fase giovanile, si manifesta invece in maniera rapida e con-

tinua per tutto il periodo di attività sessuale.

Gli spermatogoni durante la mitosi subiscono una citodieresi in-

completa e rimangono uniti da ponti citoplasmatici; questo assicura,

ad ogni ondata proliferativa, la sincronia della maturazione di tutte le

cellule della popolazione destinata all’eiaculazione.

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Si possono distinguere vari tipi di spermatogoni, che rappresenta-

no stadi successivi di maturazione:

1) spermatogoni di tipo A1 (elementi indifferenziati capaci di divider-

si indefinitivamente);

2) spermatogoni di tipo intermedio A2;

3) spermatogoni di tipo B.

Continuamente pool di spermatogoni, dopo un periodo di accre-

scimento limitato, si trasformano in spermatociti I, a livello dei quali

inizia la meiosi.

FASE MEIOTICA

Nella linea germinale maschile la meiosi ha inizio nel periodo

puberale e procede rapidamente senza interruzioni. Ciascun spermato-

cita I (2N) alla prima divisione meiotica da origine a 2 spermatociti II

aploidi(1N), i quali vanno incontro alla seconda divisione meiotica,

generando 4 spermatidi.

SPERMIOGENESI

Gli spermatidi sono cellule ancora molto diverse dagli spermato-

zoi sia morfologicamente che funzionalmente, infatti vanno incontro

ad un processo di citodifferenziazione, mediante il quale si trasforme-

ranno in spermatozoi maturi.

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La spermiogenesi è suddivisa in 3 fasi, durante le quali si realiz-

zano processi a carico del citoplasma e del nucleo:

a) fase del golgi: in un primo momento i sacculi del golgi sono distri-

buiti attorno al nucleo, e assieme ai 2 centrioli formano una tipica

struttura detta IDIOSOMA. Poi i sacculi golgiani si organizzano

distalmente al nucleo e in essi vengono sintetizzati enzimi idroliti-

ci, che si accumulano sottoforma di GRANULI PREACROSO-

MIALI. Infine i sacculi si fondono in un’unica VESCICOLA A-

CROSOMIALE, che aderisce al nucleo rivestendone la porzione

apicale e che contiene enzimi litici in grado di perforare gli involu-

cri ovulari.

b) fase acrosomiale: il nucleo in questa fase assume un aspetto forte-

mente eterocromatico, infatti la cromatina si compatta ulteriormen-

te per la sostituzione degli istoni con proteine più basiche, le pro-

tamine. Il centriolo prossimale si addossa alla parete nucleare e

mantiene la sua tipica morfologia; sembra che questo centriolo al

momento della fecondazione venga utilizzato dalla cellula uovo per

organizzare il fuso mitotico. Invece il centriolo distale assume il

ruolo di blefaroblasto, e organizza i microtubuli dell’assonema (9

coppie periferiche e 1 coppia centrale), evolvendo in flagello.

c) fase iniziale e intermedia di maturazione: in queste fasi i mitocon-

dri si spostano e si dispongono a spirale attorno al pezzo interme-

dio della coda. I residui dell’idiosoma e tutto il citoplasma, che non

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serve più allo spermatozoo, si raccolgono verso il polo apicale in

una sacca, che si stacca dallo spermatozoo e viene fagocitata dalle

cellule del Sertoli. Infine vengono meno i ponti citoplasmatici tra

gli spermatozoi, che verranno liberati nel lume del tubulo seminife-

ro. Alla fine lo spermio è una cellula “nuda”, sprovvista di involu-

cri e rivestita solamente della membrana citoplasmatica; in esso si

distingue una testa molto slargata, un collo e un flagello.

Figura 6: spermatogenesi

MATURAZIONE EPIDIDIMARIA E CAPACITAZIONE

Gli spermatozoi che lasciano il testicolo sono immaturi, non sono

dotati di motilità propria e sono incapaci di fecondare.

Acquistano queste capacità solo dopo aver attraversato l’epidi-

dimo, che secerne un liquido in cui sono contenuti enzimi, sostanze

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nutritive e ormoni, che contribuiscono alla maturazione delle cellule

seminali. Durante questo passaggio si modifica la membrana citopla-

smatica dello spermatozoo mediante: l’adsorbimento di nuove glico-

proteine di superficie, la modificazione della carica di membrana, la

glicosilazione e la modificazione dei lipidi di membrana.

Gli spermatozoi, non appena eiaculati, sono incapaci di dare la

reazione acrosomiale e di penetrare la cellula uovo.

Affinché avvenga la fecondazione è necessario che gli spermi su-

biscano la capacitazione.

La capacitazione si realizza nel momento in cui gli spermatozoi

percorrono le vie genitali femminili. Sebbene sia un processo non an-

cora conosciuto in tutti i dettagli, tuttavia molto verosimilmente la ca-

pacitazione avviene grazie alla rimozione dalla membrana plasmatica

degli spermatozoi di sostanze adsorbite o integrate durante il passag-

gio attraverso l’epididimo, così il bilayer si destabilizza, per la varia-

zione del rapporto colesterolo/fosfolipidi e lo spermatozoo aquisisce

capacità fusogenetiche.

CONTROLLO NEUROENDOCRINO DELLA GAMETOGENESI

Sia la spermatogenesi che l’ovogenesi sono regolate e controllate

da fattori endocrini attraverso l’interazione continua tra l’asse ipota-

lamo- ipofisi- gonadi.

19

CONTROLLO NEUROENDOCRINO NELLA FEMMINA

Nella donna la maturazione degli ovociti avviene secondo un ci-

clo, detto ciclo mestruale, regolato da un pool di ormoni.

Il ciclo mestruale ha una durata media di 28 giorni e può essere

suddiviso nelle seguenti fasi:

a) fase proliferativa: l’ipotalamo elabora l’ormone di rilascio delle

gonadotropine (GnRH), che stimola l’ipofisi ad elaborare e rila-

sciare l’ormone follicolo stimolante (FSH) e l’ormone luteinizzante

(LH). L’FSH promuove la maturazione del follicolo e dell’oocita

in esso contenuti; in risposta all’FSH le cellule della granulosa sin-

tetizzano estrogeni. L’aumento dei livelli ematici di estrogeni sti-

mola la proliferazione dell’endometrio e l’ulteriore rilascio di FSH

ed LH ipofisarie, mediante un meccanismo a feedback positivo.

b) fase ovulatoria: intorno al XIV giorno del ciclo, il picco di LH in-

duce lo scoppio del follicolo e il rilascio dell’ovocita nelle tube; in

questo momento la produzione di estrogeni è interrotta.

c) fase secretoria o luteinica: sotto l’influenza dell’LH il follicolo si

trasforma in un tessuto endocrino temporaneo, il corpo luteo, che

secerne progesterone e in parte estrogeni. Il progesterone mantiene

alto l’endometrio, preparandolo ad un’eventuale gravidanza. Gli

estrogeni, secreti durante la fase luteinica, inibiscono il rilascio di

GnRH ipotalamico e di FSH ed LH ipofisarie, mediante un mecca-

nismo a feedback negativo. Il corpo luteo aumenta di dimensioni

per 7-8 giorni, dopo se avviene la fecondazione, la secrezione di

gonadotropina corionica (GC) salva il corpo luteo, che continua a

20

secernere progesterone ed estrogeni per i primi 2-3 mesi di gesta-

zione, mantenendo spessa la parete uterina. Se la fecondazione non

avviene, il corpo luteo degenera in corpo albicans, in risposta alla

caduta dei livelli ematici di LH.

d) fase mestruale: in seguito alla degenerazione del corpo luteo, la ri-

duzione dei livelli ematici di estrogeni e progesterone induce sia la

necrosi e lo sfaldamento dell’endometrio (mestruazione), sia il rila-

scio nuovamente di GnRH ipotalamico e di LH ed FSH ipofisari,

rinnovando il ciclo.

Figura 7: ciclo mestruale

21

CONTROLLO NEUROENDOCRINO NEL MASCHIO

La produzione degli spermatozoi è continua e non ciclica, ed av-

viene sotto il controllo di un pool di ormoni lungo l’asse ipotalamo-

ipofisi-gonadi. Il GnRH, elaborato dall’ipotalamo, stimola la secrezio-

ne delle gonadotropine ipofisarie, LH ed FSH.

L’FSH attraverso il circolo ematico raggiunge i testicoli dove si

lega ai recettori specifici presenti sulla superficie della membrana del-

le cellule del Sertoli, stimolando la conversione degli spermatogoni in

spermatociti.

L’LH stimola le cellule del Leyding ad elaborare e secernere il te-

stosterone, che diffonde nei tubuli seminiferi.

Infatti la spermatogenesi, perché possa avvenire, necessita di alti

livelli di testosterone all’interno dei tubuli seminiferi; proprio per que-

sto le cellule del Sertoli rilasciano la proteina legante gli androgeni

(ABP), che lega il testosterone e mantiene alta la sua concentrazione

nei tubuli seminiferi.

Il testosterone stimola sia la proliferazione degli spermotogoni,

sia l’inizio della meiosi, ed è responsabile della comparsa dei caratteri

sessuali secondari nel maschio.

La secrezione di GnRH, FSH ed LH non è ciclica ma rimane piut-

tosto costante nel maschio, mediante un meccanismo a feedback ope-

rante lungo l’asse ipotalamo-ipofisi-testicoli.

22

Le alte concentrazioni ematiche di testosterone agiscono sull’ipo-

talamo e sull’ipofisi, inibendo la secrezione di LH e riducendo la sua

stessa sintesi; invece se la concentrazione ematica di testosterone è

bassa, esso stimola un maggiore rilascio di LH, aumentando la sua

sintesi.

Infine, il controllo a retroazione del rilascio di FSH avviene me-

diante un ormone secreto dalle cellule del Sertoli, detto inibina.

DEFINIZIONE DI INFERTILITÀ E STERILITÀ

Nell’affrontare il tema della PMA, è necessario definire cosa si

intende per infertilità e per sterilità.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) e

l’American Fertility Society (A.F.S.), per “infertilità primaria” si in-

tende l’incapacità di una coppia di concepire dopo 12/24 mesi di rap-

porti regolari non protetti (questo intervallo di tempo deve essere ri-

dotto a 6 mesi nelle coppie più anziane, in quanto sia nella donna che

nell’uomo la fecondità raggiunge l’apice intorno ai 24 anni e declina

gradualmente dopo i 32 anni di età).

Viene definita “sterile” una coppia nella quale uno o entrambi i

coniugi sono affetti da una condizione fisica permanente che non ren-

de possibile l’evento riproduttivo. Infine viene definita affetta da “in-

fertilità secondaria” una coppia, che è stata in grado precedentemente

23

di procreare un bambino e, pur essendo in età riproduttiva ed avendo

rapporti sessuali non protetti da più di 12 mesi dal termine dell’ame-

norrea puerperale, non ha avuto un ulteriore successo riproduttivo. La

definizione di infertilità, proposta dall’O.M.S. e dall’A.F.S., trae ori-

gine da un lavoro di M.J. Whitelaw pubblicato nel 1960 che dimostra-

va, sulla base di uno studio condotto in una popolazione omogenea

degli Stati Uniti, come circa il 56% delle coppie sane concepiva entro

il 1° mese di rapporti sessuali, il 78% entro il 6° mese e ben l’86%

delle coppie concepiva entro il 12° mese. Secondo le linee guida attua-

li, per “sterilità” si intende: ostacolo alla fecondazione, con assoluta

mancanza della capacità riproduttiva femminile e/o maschile; e per

“infertilità” si intende: incapacità di proseguire e portare a termine la

gravidanza.

Noi, come molti autori, utilizzeremo indifferentemente i termini

d’infertilità e sterilità come sinonimi.

EPIDEMIOLOGIA APPLICATA ALL’INFERTILITÀ

Le stime del tasso di infertilità di una popolazione possono essere

di tipo diretto o indiretto. Una stima indiretta prende in considerazione

il numero complessivo di coppie in età feconda che non hanno avuto

figli; tale tipo di indagine può avere il rischio di una sovrastima dei

dati, in quanto l’assenza di figli, in una certa percentuale di casi, è una

24

scelta e non un effetto dell’infertilità. Il rischio di sovrastima dei dati è

reale nei paesi industrializzati dove la scelta dell’uso di mezzi con-

traccettivi è più diffusa, viceversa nei paesi in via di sviluppo questo

rischio è irrilevante a causa delle differenti condizioni socio-culturali

che non hanno portato ancora ad una completa separazione della ses-

sualità dalla procreazione.

Le stime dirette dell’infertilità sono certamente più affidabili, in

quanto si basano su indagini demografiche specifiche condotte

sull’intera popolazione o su “gruppi campione”. Queste indagini per-

mettono di determinare quante coppie al momento dell’inchiesta sono:

1) volontariamente o involontariamente non procreanti;

2) affette da sterilità/ infertilità primaria;

3) affette da sterilità/ infertilità secondaria.

Negli ultimi decenni il progressivo calo della crescita demografi-

ca nei paesi industrializzati è dovuto, non solo a scelte socio culturali,

ma anche ad un reale incremento dei casi di sterilità e infertilità. Pur-

troppo in Italia abbiamo esclusivamente come parametri di riferimento

i dati ISTAT, che considerano gli indici di natalità e fecondità senza

un’analisi dell’incidenza dell’infertilità e della sterilità. Un’inchiesta

di tipo diretto condotta negli USA ha dimostrato che, nella classe d’età

20-24 anni, la percentuale dei pazienti infertili è passata dal 3,5% nel

1968 al 9,7% del 1982 con un incremento del 50% (tabella 2).

25

Tabella 2: valutazione longitudinale dell’incidenza dei pazienti infertili nella classe di età 20-24 anni negli USA

L’incremento dei casi di infertilità e sterilità nei paesi occidentali

è attribuito a numerosi fattori:

a) età media dei coniugi al momento del matrimonio medialmente più

elevata rispetto al passato;

b) difficoltà ed esigenze sociali che inducono la coppia a programma-

re il concepimento in età più tardiva;

c) incremento delle malattie sessualmente trasmesse;

d) stress;

e) abitudini voluttuarie (tabagismo, uso di droghe, abuso di alcol, ed

altro);

f) inquinamento.

26

La World Health Organization (W.H.O.) ha stimato che, oggi nei

paesi occidentali, circa l’11% delle coppie in età fertile presenta pro-

blemi di fertilità e che il problema riproduttivo riguarda maggiormente

le classi d’età superiori ai 30 anni, come dimostra uno studio epide-

miologico di tipo diretto condotto sulla popolazione degli USA (tabel-

la 3).

Tabella 3: incidenza complessiva dei pazienti infertili e sterili

per gruppi di età nella popolazione degli USA oggi

Un tasso di infertilità dell’11% assume particolare rilievo se si

considera che tale valore non supera il 3% nei paesi in via di sviluppo,

valore pressoché sovrapponibile a quello calcolato di circa il 4%, con

stime retrospettive, per l’Europa del 1600.

27

L’incidenza dell’infertilità è molto simile in entrambe i sessi:

- il fattore femminile è responsabile del 40% circa dei casi

d’infertilità;

- il fattore maschile è responsabile del 30% circa dei casi d’infertilità;

- il 25% dei casi d’infertilità è legato a problemi riguardanti entrambe

i coniugi;

- nel 5% dei casi l’infertilità è idiopatica.

Non va dimenticato che l’infertilità maschile risulta in forte asce-

sa (tabella 4).

Tabella 4: incidenza dell’infertilità nei due sessi

Se consideriamo territori diversi, i valori relativi all’incidenza

dell’infertilità nei due sessi possono variare, in quanto sono influenzati

da fattori ambientali locali. Ad esempio, nella provincia di Ragusa,

28

che rappresenta l’area territoriale d’Italia con la più alta concentrazio-

ne di serre, l’incidenza dell’infertilità maschile è molto elevata, a cau-

sa del largo consumo di fitosanitari di uso agricolo, che inquinano

l’ambiente. Infatti, al centro di diagnosi e cura della sterilità di Ragusa

si rivolgono numerosi lavoratori serricoli, di sesso maschile, e nella

maggior parte di essi si hanno gravi alterazioni dei parametri standard

del liquido seminale.

INFERTILITÀ FEMMINILE

L’infertilità femminile può essere dovuta a diversi fattori: fattore

neuro-endocrino, ovulatorio, tubarico, uterino-endometriosico ed im-

mologico.

FATTORE NEUROENDOCRINO

Si calcola che il 40-50% dell’infertilità femminile abbia origine

da disfunzioni endocrine. Qualunque anomalia lungo l’asse ipotalamo-

ipofisi-gonadi può portare o ad una mancanza di ovulazione o ad un

alterato ciclo ovulatorio oppure ad una secrezione ormonale disregola-

ta. I principali problemi ormonali che causano infertilità femminile

sono:

A) “l’ipogonadismo o ipogonadismo ipogonadotropo”: consiste

nello scarso funzionamento delle gonadi e nella ridotta produzione

di gonadotropine. L’ipogonadismo può essere centrale se l’origine

29

del problema ormonale è un malfunzionamento dell’ipotalamo o

dell’ipofisi, per esempio scarsa produzione di GnRH o dell’FSH e

dell’LH. Si parla invece di ipogonadismo primario se l’origine del

problema ormonale è un mal funzionamento delle gonadi. Un par-

ticolare tipo di ipogonadismo, frequente nelle giovani donne, è

quello legato alla cosiddetta “amenorrea ipotalamica”, che compa-

re frequentemente in seguito a problemi psicologici (ansia, stress

psichico), problemi nutrizionali e ad un eccesso di attività fisica.

B) “FSH elevato o ipogonadismo ipergonadotropo”: consiste in

una insufficienza ovarica accompagnata da un elevato rilascio di

gonadotropine. Le ovaie non sono in grado di rispondere agli sti-

moli ormonali provenienti dall’ipofisi, a causa di fattori congeniti

o ambientali; di conseguenza l’ipofisi mette in circolo una maggio-

re quantità di ormone follicolo stimolante (FSH) per sollecitare ul-

teriormente le ovaie.

C) “l’iperprolattinemia”: consiste nell’eccessivo rilascio di prolatti-

na ipofisaria dovuta a stress, all’uso di particolari farmaci, o alla

presenza di un adenoma ipofisario. Elevati livelli di prolattina in-

terferiscono con la produzione di GnRH ipotalamico e con il fun-

zionamento delle ovaie, causando anovulazione e irregolarità me-

struali.

D) “l’ipotiroidismo”: il ridotto rilascio di ormoni tiroidei provoca un

rallentamento generale del metabolismo, con conseguente riduzio-

ne del metabolismo degli ormoni sessuali, in particolare dell’FSH.

30

FATTORE TUBARICO

Le tube di Falloppio possono presentarsi totalmente o parzial-

mente occluse, interferendo con la captazione dell’oocita e la sua mi-

grazione nelle tube e impedendo la capacitazione degli spermatozoi e

il processo di fecondazione.

FATTORE ENDOMETRIOSICO

L’endometriosi è una patologia caratterizzata dalla diffusione e

dalla crescita dell’endometrio al di fuori dell’utero. Le “isole endome-

triosiche” possono bloccare le tube di Falloppio o alterare i processi

ovulatori.

FATTORE CERVICALE

La mucosa della cervice uterina gioca un ruolo importante nel fa-

cilitare il cammino degli spermatozoi. Qualsiasi anomalia della cervi-

ce, ad esempio malformazioni anatomiche, infezioni cervicali e qualità

della mucosa, può impedire il processo di fecondazione.

FATTORE OVULATORIO

L’infertilità femminile può essere causata anche da particolari di-

sfunzioni ovulatorie, ad esempio:

a) “la sindrome dell’ovario policistico” (PCOS): è una disfunzione

ovulatoria associata ad iperandroginismo, caratterizzata dalla pre-

31

senza di ovaie più grandi della norma, che presentano al loro inter-

no un accumulo di piccoli follicoli, che non nella maggior parte dei

casi non riescono a maturare. In assenza di un normale sviluppo

follicolare si hanno cicli anovulatori e le mestruazioni sono irrego-

lari o assenti.

b) “La sindrome del follicolo luteinizzato” (LUF): è una rara di-

sfunzione ovulatoria, caratterizzata dalla presenza nelle ovaie di

follicoli che si trasformano direttamente in corpo luteo senza rila-

sciare l’oocita; di conseguenza i cicli sono anovulatori.

c) Si parla di “insufficienza della fase luteale” quando la fase luteale

del ciclo (durante la quale il corpo luteo rilascia progesterone per

mantenere alto l’endometrio), dura meno di 10-11 giorni. Così

l’endometrio non si sviluppa abbastanza da consentire l’impianto

dell’embrione.

FATTORE IMMUNOLOGICO

Le cause immunologiche d’infertilità sono correlate a reazioni

che coinvolgono antigeni spermatici. Nella donna vengono rilevati an-

ticorpi anti-spermatozoo, appartenenti alle classi delle IgA, IgG e

IgM, nel tratto cervicale (5-30% dei casi) e nel siero (tabella 5).

32

Tabella 5: incidenza delle principali cause di infertilità femminile

Inoltre la letteratura medica sottolinea sempre più il ruolo di nu-

merosi fattori psico-sociali, anche transitori, nell’influenzare negati-

vamente la fertilità femminile, tra i quali ricordiamo: lo stress fisico e

psichico, l’aumento delle malattie sessualmente trasmesse, l’esposi-

zione a radiazioni, l’uso di droghe, l’abuso di alcol, il tabagismo,

l’obesità e l’eccessiva magrezza.

Infine va ricordato che l’età della donna si correla negativamente

con la sua capacità riproduttiva. Il declino della fertilità femminile

correlato all’età, dipende dalla riduzione irreversibile della quantità e

qualità degli oociti presenti nelle ovaie: quanto più un oocita invec-

33

chia, tanto più è probabile che sviluppi anomalie cromosomiche che lo

rendono inadatto ad essere fecondato. Infatti nella donna la fertilità

raggiunge l’apice tra i 20-24 anni d’età, resta stabile fino ai 30 anni,

poi diminuisce gradatamente; dopo i 45 anni le probabilità di avere un

figlio sono quasi nulle (tabella 6). Anche le probabilità di successo

delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) sono cor-

relati all’età della donna.

Tabella 6: fertilità femminile nelle diverse classi di età

34

INFERTILITÀ MASCHILE

I principali fattori che causano infertilità maschile sono: il fattore

neuroendocrino, il fattore vascolare, il fattore testicolare, il fattore flo-

gistico-infettivo, il fattore genetico e immunologico.

FATTORE NEUROENDOCRINO

Le disfunzioni ormonali rappresentano solo il 2-5% delle cause

d’infertilità maschile e determinano anomalie nella produzione e nella

maturazione degli spermatozoi. Il problema ormonale più comune è

rappresentato dall’ipogonadismo o ipogonadismo ipogonadodropo

che consiste in una diminuzione del rilascio di gonadotropine ipofisa-

rie (FSH e LH), responsabili della produzione di testosterone e del li-

quido seminale. Un problema ormonale riscontrabile negli uomini è

l’iperprolattinemia; raramente anche l’ipertiroidismo e l’ipotiroi-

dismo possono determinare infertilità maschile in quanto esercitano

effetti negativi sul funzionamento sia dell’ipofisi che dei testicoli.

FATTORE VASCOLARE

Tra le cause vascolari il varicocele è la patologia che ha maggio-

re associazione con l’infertilità maschile (circa il 30-40%).

Il varicocele consiste in una dilatazione delle vene della sacca

scrotale, con conseguente reflusso e stasi del sangue nel testicolo.

Proprio la stasi ematica è il motivo per cui il varicocele può diminuire

la qualità del liquido seminale, determinando ipossia nel tessuto inter-

35

stiziale del testicolo, che ha un ruolo essenziale nella spermatogenesi,

e un leggero aumento della temperatura testicolare, che può di per se

danneggiare gli spermatozoi.

FATTORE TESTICOLARE

L’infertilità maschile può essere una diretta conseguenza di ano-

malie genitali, quali ad esempio: la torsione del funicolo testicolare,

l’anorchia congenita e il criptorchidismo unilaterale o bilaterale;

quest’ultimo è caratterizzato dalla mancata discesa di uno o di en-

trambi i testicoli nella sacca scrotale ed ha un incidenza dell’1% tra le

cause d’infertilità maschile.

FATTORE FLOGISTICO-INFETTIVO

Le infezioni del tratto genitale possono compromettere la fertilità

maschile, in quanto: causano reazioni infiammatorie, stimolano la

produzione di anticorpi antispermatozoo, aumentano la produzione di

radicali liberi dell’ossigeno da parte dei leucociti del liquido seminale

e ostruiscono i vasi deferenti e l’epididimo.

Le infezioni di origine batterica, come le epididimiti e le prostati-

ti, rappresentano la conseguenza di infezioni provenienti dalle vie uri-

narie e spesso sono la manifestazione di malattie a trasmissione ses-

suale; gli agenti patogeni maggiormente coinvolti sono i gonococchi,

le chlamydie e i mycoplasmi.

36

Sono importanti anche le infezioni virali come l’orchite postparo-

titica che compare in caso di infezioni da paramyxovirus o da coxsa-

ckie o da herpes virus.

FATTORE GENETICO

Sono stati condotti diversi studi in passato, dai quali risulta che

l’incidenza delle anomalie genetiche nei soggetti infertili è compresa

tra il 2 -8% con un valore medio di circa il 5%. Nei soggetti infertili si

possono riscontrare sia anomalie numeriche dei cromosomi sessuali,

come l’aneuploidia 47xxy o sindrome di klinefelter, sia anomalie

strutturali degli autosomi, che includono le traslocazioni robertsonia-

ne, le inversioni, le duplicazioni e le delezioni. Nel braccio lungo del

cromosoma Y (Yq) sono stati isolati 3 diversi loci, definiti “azoo-

spermia factors” (AZFa, b, c). Si ipotizza che la presenza di microde-

lezioni in questi loci del Yq possa determinare azoospermia e grave

oligozoospermia; queste microdelezioni nel Yq interessano più fre-

quentemente il locus AZFa rispetto ai loci AZFb e AZFc.

FATTORE IMMUNOLOGICO

Il 6% dei casi di infertilità maschile è dovuta a fattori autoimmu-

ni. La presenza di anticorpi antispermatozoo si associa ad una ridotta

capacità fecondante, in quanto determinano processi di agglutinazione

e riduzione della motilità spermatica.

37

Gli autoanticorpi possono trovarsi in forma solubile nel liquido

seminale o nel siero oppure adesi alla superficie dello spermatozoo, e

sono diretti contro antigeni presenti sulla intera superficie dello sper-

matozoo o solo sulla testa o solo sulla coda.

In alcuni casi d’infertilità maschile può non essere identificabile

alcun fattore causale, si parla dunque di infertilità idiopatica (tabella

7).

Tabella 7: incidenza delle principali cause di infertilità maschile

Per tutto l’arco della vita di un uomo, numerosi fattori non fisio-

logici possono influenzare negativamente la sua capacità riproduttiva,

determinando condizioni di infertilità più o meno transitorie.

Tali fattori possono essere: lo stress, l’uso di droghe, l’abuso

d’alcol, il fumo, l’inquinamento ambientale e alimentare, le sostanze

38

tossiche, l’uso di farmaci ad attività ormonale e chemioterapica,

l’aumento della temperatura scrotale dovuta a febbre o a posizione se-

duta prolungata, e altro.

Alcuni di questi fattori agiscono più frequentemente in età speci-

fiche:

- PRIMA DEL CONCEPIMENTO E NEL PERIODO EMBRIO-FETALE: esposi-

zione a farmaci assunti dalla madre.

- FINO AI 10 ANNI: chirurgia erniaria.

- FINO AI 20 ANNI: traumi, steroidi anabolizzanti.

- FINO AI 30 ANNI: infezioni genitali, orchiepididimiti.

- FINO AI 50 ANNI: uso di farmaci, patologie professionali, abuso di

alcol e fumo.

- DOPO I 50 ANNI: patologie prostatiche, infezioni urinarie.

TECNICHE DI PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA (PMA)

La ricerca di terapie per l’infertilità è passata dai primi tentativi

d’inseminazione artificiale, realizzati alla fine del XVIII secolo, alla

nascita di Louise Brown, la prima bimba concepita mediante feconda-

zione in vitro, il 25 luglio del 1978 in Gran Bretagna grazie agli studi

e alle ricerche condotte dall’embriologo Robert Edwards e dal gineco-

logo Patrik Steptoe. Parallelamente alla diffusione delle tecniche di

procreazione assistita iniziarono le critiche, i processi e le proposte di

legge per porre un freno e regolamentare tali pratiche.

39

In Italia, secondo l’art. 1 comma 2 della legge 19 febbraio 2004

n.40, “il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito

qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le

cause di sterilità o infertilità. […] le tecniche di procreazione medi-

calmente assistita sono applicate in base ai seguenti principi:

- gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado

di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispi-

randosi al principio della minore invasività;

- consenso informato.”

Infine “è vietato il ricorso alle tecniche di procreazione medical-

mente assistita di tipo eterologo” (art. 4, commi 2 e 3, legge 40/2004).

Per PMA si intende: “assistenza medica finalizzata alla realizza-

zione di avere un figlio mediante opportune tecniche e strumentazioni

mediche, prestata a coppie che non sono in grado di realizzare tale de-

siderio con metodi naturali”.

Le tecniche di PMA consentono di:

1) ottimizzare la produzione di ovociti, mediante stimolazione ovari-

ca;

2) ottimizzare la qualità degli spermatozoi, mediante promozione del-

la capacitazione del liquido seminale e selezione nemaspermica;

3) creare le condizioni migliori per la fecondazione all’interno del

corpo femminile, cioè in vivo, o all’esterno del corpo femminile,

cioè in vitro.

40

Si parla di fecondazione omologa (AIH) quando il seme appartie-

ne al partner della donna, e di fecondazione eterologa (AID) quando il

seme proviene da un donatore esterno alla coppia.

Le tecniche di PMA sono attualmente rappresentate da una vasta

gamma di opzioni terapeutiche a diverso grado di invasività, sia tecni-

ca che psicologica sulla coppia. Tali tecniche vengono classificate in I,

II, e III livello sulla base della loro complessità e del grado di invasivi-

tà tecnica.

TECNICHE DI I LIVELLO

- Induzione dell’ovulazione: stimolazione delle ovaie a produrre uno

o più oociti associata alla fecondazione, mediante rapporti naturali

programmati.

- Inseminazione intrauterina (iui): immissione del liquido seminale

nella cavità uterina.

INDICAZIONI CLINICHE

- Sterilità idiopatica;

- oligoastenozoospermia;

- endometriosi di I-II stadio e casi selezionati di III stadio della clas-

sificazione American Fertility Society (AFS) in particolare dopo in-

tervento chirurgico;

- ripetuti insuccessi di induzione della gravidanza con stimolazione

dell’ovulazione e rapporti mirati;

41

- fattore cervicale;

- fattore immunologico;

- patologie sessuali e coitali che non hanno trovato giovamento

dall’inseminazione intracervicale semplice.

TECNICHE DI II LIVELLO

Procedure progressivamente più impegnative eseguibili in aneste-

sia locale e/o sedazione profonda.

- Fecondazione in vitro e traferimento dell’embrione (FIVET);

- iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI);

- prelievo testicolare degli spermatozoi (TESA): per aspirazione per-

cutanea o tramite biopsia testicolare;

- trasferimento intratubarico di gameti maschili e femminili (GIFT),

zigoti (ZIFT), o embrioni (TET): per via transvaginale ecoguidata o

isteroscopia.

INDICAZIONI CLINICHE PER L’ESECUZIONE DELLA FIVET

- Fattore tubarico peritoneale;

- infertilità maschile di grado moderato;

- endometriosi di III e IV grado;

- infertilità idiopatica;

- fattore immunologico;

- fallimento dell’iter terapeutico a bassa tecnologia.

42

INDICAZIONI CLINICHE PER L’ESECUZIONE DELL’ICS

Sperma eiaculato:

1) infertilità maschile di grado severo;

2) disordini eiaculatori (eiaculazione retrograda);

3) ripetuti fallimenti della fertilizzazione dopo IVF-ET.

Sperma epididimario:

1) assenza congenita bilaterale dei deferenti;

2) vasoepididimostomia fallita;

3) vasotomia fallita;

4) ostruzione di entrambi i dotti eiaculatori.

TECNICHE DI III LIVELLO

Procedure di elevata complessità e invasività, che necessitano di

anestesia generale con intubazione (poco usate).

- Estrazione microchirurgica di spermatozoi dal testicolo (TESE);

- prelievo degli ovociti per via laparoscopica;

- trasferimento intratubarico dei gameti maschili e femminili (GIFT),

zigoti (ZIFT), o embrioni (TET).

43

SCOPO DEL LAVORO

Lo studio condotto nella presente tesi si basa sull’analisi dell’effi-

cienza delle diverse procedure di preparazione del liquido seminale,

ovvero dei principali metodi di separazione degli spermatozoi dal pla-

sma seminale, al fine di ottenere un campione contenente un alta per-

centuale di spermatozoi normali e mobili, privo di detriti e spermato-

zoi morti o anomali.

I principali metodi di separazione utilizzati sono: swim-up da

strato, swim-up da pellet e gradiente di densità. L’efficienza di ciascu-

na tecnica viene generalmente espressa come il numero assoluto o re-

lativo degli spermatozoi recuperati, morfologicamente normali e mo-

bili. Lo scopo del nostro lavoro è rappresentato dalla necessità di sce-

gliere la metodica di preparazione del liquido seminale più adatta, in

funzione dello specifico campione e delle anomalie che esso presenta

al fine di ottimizzare la qualità e la quantità degli spermatozoi inietta-

bili. L’applicazione di un’adeguata procedura di selezione nemasper-

mica, che porta al recupero di un’elevata percentuale di spermatozoi

capacitati e potenzialmente fecondanti, è fondamentale per consentire

ad una coppia, candidata ad un’opzione terapeutica ad elevato grado

di invasività tecnico-psicologica e di elevato costo, di essere sottopo-

sta ad una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA) di

I livello, meno complessa ed invasiva.

44

MATERIALI E METODI

SPERMIOCITOGRAMMA

L’esame del liquido seminale, o spermiocitogramma, rappresenta

il punto di partenza dello studio della capacità fecondante di un uomo.

Sebbene la valutazione dell’intera popolazione degli spermatozoi e-

messi nell’eiaculato non può definire la capacità fecondante di quei

pochi che hanno raggiunto il sito di fecondazione, tuttavia l’esame

seminale fornisce essenzialmente informazioni relative alle condizioni

cliniche del soggetto.

RACCOLTA E CONSEGNA DEL CAMPIONE

Il campione deve essere raccolto dopo un periodo di astinenza

sessuale di non meno di 48 ore e non più di 7 giorni. Sul modulo di

accompagnamento di ogni analisi dovranno essere registrati il nome

del paziente, il periodo di astinenza, il giorno e l’ora della raccolta e

l’intervallo intercorso tra la raccolta e l’analisi. Preferibilmente, il

campione andrà raccolto in un’apposita stanza nei pressi del laborato-

rio. Altrimenti dovrà essere consegnato al laboratorio entro 1 ora dalla

raccolta. Il campione dovrà essere ottenuto per masturbazione e rac-

colto in un contenitore pulito di vetro o di plastica. Il contenitore do-

vrà essere caldo (20-40°C) per evitare una diminuzione della motilità.

Il campione seminale deve essere completo.

45

ESAME MACROSCOPICO INIZIALE

Liquefazione

Un campione seminale si liquefa entro 60 minuti a temperatura

ambiente, sebbene generalmente questo avvenga entro 15 minuti. La

presenza di strie di muco, segno di incompleta liquefazione, può inter-

ferire con l’esecuzione dell’esame seminale.

Aspetto

Il liquido seminale normale ha un aspetto grigio opalescente. Può

apparire meno opaco se la concentrazione di spermatozoi è molto bas-

sa, di colore rosso brunastro se ci sono emazie o giallognolo in pazien-

ti con ittero o che assumono vitamine.

Volume

Il volume dell’eiaculato dovrebbe essere misurato usando un ci-

lindro graduato a base conica. Il volume normale dell’eiaculato oscilla

tra 2 ml e 5 ml.

Viscosità

La viscosità del campione liquefatto, spesso definita “consisten-

za”, viene valutata aspirando il liquido seminale in una pipetta da 5 ml

dall’imboccatura ampia, e lasciandolo gocciolare per gravità, osser-

vando la lunghezza del filamento ottenuto: un campione normale la-

scia la pipetta come piccole gocce distinte. In caso di anormale visco-

sità la goccia formerà un filamento superiore ai 2 cm.

46

pH

Una goccia di liquido seminale deve essere uniformemente stesa

su un’apposita cartina indicatrice. Dopo 30 secondi il colore della zo-

na bagnata diventa uniforme e deve essere confrontato con la scala

delle colorazioni per leggere il valore di pH. Il pH del liquido semina-

le varia tra 7.2 e 8.2 ed entro questi limiti si ha una vitalità ottimale

degli spermatozoi.

ESAME MICROSCOPICO INIZIALE

Determinazione della concentrazione degli spermatozoi

Per la conta degli spermatozoi viene utilizzata “la camera di Ma-

kler”, che ha profondità di 10 µm ed un area righettata di 1 mm² divisa

in 100 quadratini. Vengono posti 10 µl di campione sul portaoggetti

della camera di Makler preriscaldata, e coperti con il vetrino copri og-

getti. Il numero di spermatozoi contati in 10 quadrati (ovvero una fila)

corrisponde ad una concentrazione in milioni/ml.

Si può ottenere una stima approssimativa della concentrazione

degli spermatozoi in milioni/ml contando il numero di spermatozoi

per campo microscopico. Se il numero degli spermatozoi è basso, si

centrifuga il campione seminale per concentrarlo, e determinare suc-

cessivamente la concentrazione di spermatozoi.

47

Valutazione della motilità

La motilità di ogni spermatozoo è definita “a” “b” “c” “d”, se es-

so mostra:

- “a” motilità progressiva rapida;

- “b” motilità progressiva lenta o irregolare;

- “c” motilità non progressiva;

- “d” immobilità.

Elementi germinali diversi dagli spermatozoi

L’eiaculato contiene normalmente altre cellule oltre gli spermato-

zoi, definite “cellule rotonde” (round cells). Queste comprendono: le

cellule epiteliali del tratto uro-genitale, le cellule dell’epitelio prostati-

co, le cellule germinali immature ed i leucociti. Generalmente un eia-

culato non deve contenere più di 5 × 106 cellule rotonde/ml.

Agglutinazione

Per agglutinazione si intende l’aderenza degli spermatozoi motili

l’uno all’altro testa a testa, collo a collo, coda a coda, o in modo misto.

Deve essere annotato il tipo di agglutinazione e può essere impiegata

una gradazione semiquantitativa che va da – (nessuna agglutinazione)

a +++ (grossi ammassi in cui tutti gli spermatozoi motili sono aggluti-

nati).

Vitalità degli spermatozoi

La vitalità degli spermatozoi è definita dalla percentuale di cellule

vive, e viene valutata quando la percentuale degli spermatozoi immo-

48

bili supera il 50%. La vitalità è determinata attraverso tecniche di co-

lorazione che si basano sul principio che le cellule morte, che hanno la

membrana danneggiata, trattengono il colorante; così le cellule morte

(colorate) si differenziano dalle cellule vive (non colorate).

VALUTAZIONE DELLA MORFOLOGIA

Preparazione degli strisci

Devono essere allestiti almeno due strisci da ciascun campione,

per la valutazione in doppio e di artefatti di laboratorio. I vetrini ven-

gono puliti con cura, lavati in etanolo al 70% ed asciugati; quindi vie-

ne deposta una goccia di sperma (5-20 µl) sul vetrino, che viene stri-

sciata grazie al bordo posteriore di un vetrino tenuto ad angolo e spin-

to in avanti. Il vetrino così ottenuto viene lasciato asciugare all’aria,

poi fissato, colorato e osservato al microscopio ottico. Il vetrino viene

esaminato sistematicamente da un campo microscopico a quello suc-

cessivo, vengono contati tutti gli spermatozoi normali, e vengono re-

gistrate tutte le alterazioni di quelli anomali.

Classificazione della morfologia degli spermatozoi

Perché uno spermatozoo possa essere considerato morfologica-

mente normale è necessario che siano normali la testa, il collo, il tratto

intermedio e la coda.

49

La testa deve avere forma ovale e il 40-70%dell’area della testa

deve essere occupata da una regione acrosomiale ben definita: tenendo

conto della leggera contrazione che la testa subisce durante la fissa-

zione e la colorazione, la lunghezza deve essere compresa tra 4,0-5,5

µm e la larghezza 2,5-3,5 µm; il rapporto lunghezza/larghezza deve

essere compreso tra 1,50-1,75.

Le anomalie della testa comprendono: teste piccole, grandi, a-

morfe, rotonde, vacuolate, con acrosoma piccolo, duplici e combina-

zioni tra queste categorie.

Figura 8: disegni di alcune anomalie della testa

Il pezzo intermedio deve essere slanciato, largo meno di 1µm,

circa una volta e mezzo la lunghezza della testa e congiunto assial-

mente alla testa.

50

Le anomalie del collo e del tratto intermedio comprendono: collo

e tratto intermedio angolati, inserzione asimmetrica del tratto interme-

dio alla testa, tratto intermedio inspessito o irregolare o troppo sottile e

combinazioni tra queste categorie.

Figura 9: disegni di alcune anomalie del collo e del tratto intermedio

I residui citoplasmatici non devono superare la metà della dimen-

sione della testa. La coda deve essere diritta, uniforme, più sottile del

tratto intermedio, non arrotolata e lunga circa 45 µm.

Le anomalie della coda comprendono: code corte, a zig-zag, mul-

tiple, arrotolate, rotte, piegate (< 90°) e altre.

Figura 10: disegni di alcune anomalie della coda e di un residuo citoplasmatico

51

Secondo le linee guida per l’analisi del liquido seminale e l’inter-

pretazione dei suoi risultati, viene ritenuto normale l’eiaculato che

presenti almeno una concentrazione di 20 milioni di spermatozoi per

ml, dei quali almeno il 50% degli spermatozoi deve essere dotato di

motilità progressiva rettilinea. L’esame citologico del liquido seminale

può evidenziare le seguenti condizioni cliniche:

- Normozoospermia: eiaculato normale;

- Oligozoospermia: concentrazione nemaspermica <20×106 sperma-

tozoi /ml;

- Criptozoospermia: concentrazione nemaspermica <1×106 sperma-

tozoi/ml;

- Astenozoospermia: meno del 50% di spermatozoi con motilità pro-

gressiva (a+b), oppure meno del 25% di spermatozoi motili;

- Teratozoospermia: meno del 30% di spermatozoi con morfologia

normale;

- Oligoastenoteratozoospermia: alterazioni significative di tutte le tre

variabili;

- Azoospermia: assenza di spermatozoi nell’eiaculato;

- Aspermia: assenza di eiaculato.

52

TECNICHE DI SELEZIONE NEMASPERMICA

METODICHE DI MIGRAZIONE

Queste tecniche di separazione degli spermatozoi dal plasma se-

minale coinvolgono una fase di auto-migrazione degli spermatozoi;

così gli spermi vengono selezionati in base alla loro motilità progres-

siva.

Swim-up da strato

Un’aliquota di liquido seminale liquefatto (1ml circa) viene posto

sul fondo di una provetta Falcon, a fondo conico, sterile, da 15 ml. Sul

liquido seminale viene stratificato un’aliquota di terreno di coltura

(0,3-0,5ml), mediante l’ausilio di una siringa, il cui ago prima viene

inserito un po’ nel liquido seminale, poi viene fatto risalire rilasciando

il terreno lungo la parete della provetta. Il terreno di coltura utilizzato

è l’HTF (human tubaric fluid), arricchito di Hsa (albumina di siero

umano) al 5%; l’albumina promuove la capacitazione degli spermato-

zoi ed è in grado di formare un film che protegge gli spermatozoi du-

rante la centrifugazione.

La provetta viene posta inclinata (il che aumenta la superficie di

contatto tra seme e terreno) in incubatore a 36°C per 45 minuti; gli

spermatozoi mobili così migreranno dal plasma seminale al mezzo di

53

coltura. Utilizzando una pipetta Pasteur viene aspirato lo strato supe-

riore del mezzo di coltura, contenente gli spermatozoi motili.

Si controlla la concentrazione degli spermatozoi mobili presenti

nel mezzo di coltura, mediante la conta effettuata con la camera di

Makler; infine si trasferisce un’aliquota di questo terreno(0,5 ml) con

una pipetta Pasteur, in una provetta sterile da 5 ml, per essere utilizza-

ta nell’esecuzione di una IUI. Con questa metodica è possibile esegui-

re una notevole selezione delle forme mobili, consentendo inoltre di

eliminare gran parte dei detriti e di altri elementi cellulari.

Swim-up da pellet

Un’aliquota di terreno di lavaggio HTF viene stratificato su

un’aliquota di campione seminale liquefatto (in rapporto 2:1 o 3:1),

all’interno di una provetta Falcon a fondo conico, sterile da 15ml, mi-

scelando le due frazioni delicatamente con una pipetta Pasteur sterile.

La provetta viene posta in centrifuga a 1200 RPM per 10 minuti; in tal

modo tutti gli spermatozoi, le cellule rotonde, e altri detriti, presenti

nel plasma seminale, si concentrano a formare un pellet che sedimenta

sul fondo della provetta.

Dopo con una pipetta sterile, viene eliminato il surnatante, facen-

do attenzione a non risospendere il pellet. Sul pellet viene stratificato

un aliquota di terreno di coltura HTF arricchito di Hsa al 5%(0,5-0,6

ml) con l’ausilio di una siringa, intingendo l’ago un po’ nel pellet e ri-

salendo si rilascia il terreno lungo la parete della provetta.

54

La provetta viene posta in incubatore a 36°C per 45 minuti, così

gli spermatozoi mobili, contenuti nel pellet migrano verso il terreno

sovrastante. Poi con l’ausilio di una pipetta Pasteur sterile, si aspira lo

strato superiore del mezzo di coltura mezzo di coltura, contenente gli

spermatozoi mobili, e dopo aver controllato la concentrazione degli

spermatozoi mobili nel mezzo di coltura, si trasferisce un aliquota di

terreno (0,5 ml) in una provetta sterile da 5 ml, per essere impiegata

nell’esecuzione di una IUI.

METODICHE DI SEPARAZIONE SU GRADIENTE

Queste metodiche selezionano gli spermatozoi sulla base della lo-

ro densità. Le tecniche più diffuse sono:

- a due gradienti;

- a tre gradienti.

I gradienti possono essere continui o discontinui.

Centrifugazione su gradiente discontinuo

Vengono allestite due soluzioni con gradienti differenti: al 90% e

al 45%. In una provetta Falcon sterile da 15 ml, si stratificano 1 ml di

ciascuna soluzione, partendo dal gradiente di densità maggiore. Al di

sopra dei gradienti si stratifica 1 ml di campione seminale, liquefatto;

si centrifuga a 1500 RPM per 20 minuti. In questo modo si otterrà una

55

separazione degli elementi, presenti nel campione, in rapporto alla lo-

ro densità; il gradiente che seleziona gli spermatozoi migliori è il 90%,

l’altro gradiente funge da filtro. Terminata la centrifugazione, si forma

un pellet, contenente gli spermatozoi migliori. Con una pipetta Pasteur

in vetro sterile, si elimina il surnatante e il gradiente più superficiale;

si stratifica 1-2 ml di terreno di lavaggio, si rompe il pellet, si agita

leggermente e si centrifuga a 1200 RPM per 10 minuti. Con una pipet-

ta Pasteur in vetro sterile, si elimina il surnatante, sul pellet si stratifi-

cano 300 µl di terreno di coltura e si pone in termostato a 36°C per 45

minuti. Dopo aver controllato la concentrazione degli spermatozoi

mobili nel mezzo di coltura, si trasferisce un aliquota del terreno (0,5-

0,6 ml) in una provetta sterile da 5 ml, per essere utilizzata

nell’esecuzione di una IUI.

INSEMINAZIONE INTRAUTERINA (IUI)

Delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, che ab-

biamo citato, ci occuperemo soltanto dell’inseminazione intrauterina

(IUI).

Materiale utilizzato

- Vasetti da urinocoltura;

- guanti monouso sterili senza talco;

56

- micropipette sterili;

- camera di Makler;

- provette tappo bianco a 2 posizioni da 5 ml;

- Ham’s F10 con rosso fenolo, senza glutamina, per lavaggio

spermatozoi;

- provette Falcon da 15 ml sterili (tappo blu);

- centrifuga;

- Pasteur in vetro sottile;

- tettarelle in gomma (sterilizzate);

- siringhe da 1 ml;

- catetere per inseminazione Gynetics IUI 4220.

Tecnica

Il campione seminale viene prodotto dal paziente, in un apposito

locale all’interno del centro, e raccolto in un contenitore sterile.

Il campione viene lasciato liquefare, per 30-60 minuti, in termostato a

36°C. Avvenuta la liquefazione, si prelevano 10µl di campione semi-

nale, e si effettua la conta degli spermatozoi con la camera di Makler;

in base alla concentrazione degli spermatozoi mobili e alle caratteri-

stiche del campione seminale si decide il tipo di tecnica di selezione

nemaspermica da effettuare (swim-up da strato, swim-up da pellet,

gradiente di densità, descritte prima). Con tali tecniche, gli spermato-

zoi con buona mobilità progressiva di tipo “a+b”, presenti nel

57

campione seminale, vengono selezionati all’interno di un terreno di

coltura, promuovendone la capacitazione. Si controlla la concentra-

zione degli spermatozoi mobili nel terreno ottenuto, poi si trasferisce

un aliquota del mezzo di coltura (0,5-0,6ml) in una provetta sterili da

5 ml, e infine si procede al caricamento del catetere. Il catetere da in-

seminazione viene collegato ad una siringa, e dalla punta del catetere

si aspira un aliquota del terreno ottenuto.

Il ginecologo introduce il catetere, per via vaginale, nella cavità

uterina, dove viene rilasciato il terreno di coltura, contenente gli sper-

matozoi. Tale trattamento non comporta l’esecuzione di anestesia, è

completamente indolore, e si esegue nel periodo ovulatorio. È il meno

costoso e ripetibile, la maggiore percentuale di gravidanze avviene in

media al 3°/4° ciclo, ma non si eseguono più di 6 cicli. Condizioni

necessarie per effettuare la IUI sono: presenza di ovulazione, tube

libere e funzionanti, spermatozoi nella normalità o modicamente

ipomobili.

58

RISULTATI

Le consolidate conoscenze delle tecniche di preparazione del li-

quido seminale in uso, ci consentono di mettere in atto la più idonea

tra esse in funzione delle caratteristiche del campione da trattare, al fi-

ne di massimizzare la percentuale di spermatozoi mobili recuperati i-

niettabili.

Secondo le caratteristiche che presenta a fresco, il campione può

essere classificato nelle seguenti categorie:

- “a” liquido seminale ottimale o subottimale;

- “b” liquido seminale che manifesta motilità alterata;

- “c” liquido seminale con una presenza elevata di cellule rotonde.

Per ogni singola categoria, le procedure convenzionali applicate

dal centro prevedono i seguenti tipi di trattamenti:

- Categoria “a” swim up da strato;

- Categoria “b” swim up da pellet;

- Categoria “c” gradiente di densità.

Nel corso del semestre da giugno a novembre dell’anno 2008, pe-

riodo preso in considerazione per questo lavoro, presso il centro A-

STER di Diagnosi e Cura della Sterilità, sono stati trattati i casi di 35

coppie.

59

I campioni di liquido seminale prelevati per le diagnosi hanno

permesso la suddivisione sotto riportata:

- 9 coppie presentavano un campione di liquido seminale assimilabile

alla categoria “a”;

- 22 coppie alla categoria “b”;

- 4 coppie alla categoria “c”.

Nella tabella 8 sottostante sono riassunti i risultati ottenuti

dall’applicazione delle tecniche convenzionali sui campioni forniti

dalle 35 coppie trattate.

Tabella 8

N° DI COPPIE CATEGORIA TECNICA

convenzionale

*% spz mobili di tipo “a+b”

recuperati

9 a Swim up da strato

66%

22 b Swim up da pellet

49%

4 c Gradiente di densità

35%

* i risultati sono espressi come media percentuale di spermatozoi mobili di tipo

“a+b” recuperati, dal totale di spermatozoi mobili “a+b” del campione di

partenza; inoltre la percentuale di spermatozoi mobili di tipo “a+b” recupera-

ti è funzione del tempo di incubazione in terreno di coltura, in questo caso è

stato pari a 45 minuti.

60

Parallelamente alle procedure convenzionali sono stati realizzati

degli abbinamenti, categoria di campione-tecnica di preparazione, di-

versi al fine di valutare la reale efficienza di quelle tecniche, che sono

state normalmente adottate per l’analisi delle 35 coppie in esame. Ciò

è stato possibile in quanto, per ogni coppia sono state applicate le me-

todiche non convenzionali ad una uguale frazione di liquido seminale,

da trattare. Si è cioè operato nel seguente modo:

- il liquido seminale ottimale o subottimale è stato trattato con gra-

diente di densità invece dello swim up da strato (procedura conven-

zionale);

- il liquido seminale con motilità alterata è stato trattato con swim up

da strato invece dello swim up da pellet (procedura convenzionale);

- il liquido seminale con elevata presenza di cellule rotonde è stato

trattato con swim up da pellet invece del gradiente di densità (pro-

cedura convenzionale).

I risultati di questo lavoro sono esposti nella tabella 9.

Tabella 9

N° DI COPPIE

CATEGORIA TECNICA

non convenzionale % spz mobili

recuperati

9 a Gradiente di densità 62%

22 b Swim up da strato 35%

4 c Swim up da pellet 25%

61

Il confronto dei dati è esposto nella tabella 10.

Tabella 10

CATE-

GORIA

PROCEDURA

convenzionale

% di spz

mobili di tipo

a+b” recupe-

rati

PROCEDURA

non conven-

zionale

% di spz mobili di

tipo a+b” recupe-

rati

a Swim up da

strato 66%

Gradiente di

densità 62%

b Swim up da

pellet 49%

Swim up da

strato 35%

c Gradiente di

densità 35%

Swim up da

pellet 25%

Infine, come è esposto nella tabella 11, sono state calcolate le

medie percentuali di spermatozoi di tipo “a+b” perduti, applicando ad

ogni categoria le tecniche non convenzionali.

Tabella 11

N° DI

COPPIE CATEGORIA

TECNICA

non convenzionale

adottata

% spz mobili di tipo

“a+b” non recuperati

9 a Gradiente di densità 4%

22 b Swim up da strato 14%

4 c Swim up da pellet 10%

62

DISCUSSIONE

Dal confronto dei risultati ottenuti, sembra esserci una corrispon-

denza tra la scelta della metodica di selezione nemaspermica, appro-

priata alla tipologia di campione seminale iniziale, e la maggiore per-

centuale di spermatozoi mobili, di tipo “a+b” recuperati; tuttavia il no-

stro lavoro, per avere significatività statistica, necessita di un numero

maggiore di casi presi in considerazione.

Sebbene le tre tecniche di preparazione del liquido seminale, pre-

se in esame, abbiano gli stessi obbiettivi generali:

1) separare gli spermatozoi dal plasma seminale che contiene fattori

decapacitanti; la prolungata esposizione degli spermatozoi al pla-

sma seminale, infatti, determina una marcata riduzione della loro

motilità e della loro vitalità e quindi della loro capacità fecondante;

2) concentrare in un piccolo volume il maggior numero possibile di

spermatozoi con buona motilità progressiva rettilinea;

3) promuovere la capacitazione degli spermatozoi;

tuttavia ciascuna tecnica di selezione nemaspermica non ha la stessa

efficienza, in termini di percentuale di spermatozoi mobili recuperati,

in tutte le diverse categorie di plasma seminale.

Infatti, come mostra la tabella 10, in ogni categoria di campione

seminale si ha il maggiore recupero di spermatozoi mobili di tipo

“a+b”, quando vengono applicate le procedure stabilite come conven-

63

zionali; inoltre la tabella 10 mette in evidenza, che l’applicazione delle

tecniche stabilite come non convenzionali abbassa la media percentua-

le di spermatozoi mobili di tipo “a+b” recuperati.

Le medie delle percentuali di recupero, mostrate nella tabella 10,

sono spiegate qui di seguito:

a) applicando la procedura convenzionale (swim-up da strato) ai

campioni seminali appartenenti alla categoria “a”, si ottiene una

media del 66% di spermatozoi mobili di tipo “a+b” recuperati. In-

vece, l’applicazione della tecnica non convenzionale (gradiente di

densità) da una media del 62%di spermatozoi mobili di tipo “a+b”

recuperati. Trattando i campioni seminali di tipo “a” (che hanno

caratteristiche di “normalità” in termini di concentrazione e mobili-

ta progressiva nemaspermica) con gradiente di densità, si ha una

percentuale di recupero sovrapponibile a quella ottenuta utilizzan-

do lo swim up da strato (tecnica convenzionale). Questo dimostra

che il gradiente di densità è una tecnica molto efficiente e valida,

che assicura un elevato recupero di spermatozoi mobili, in tutte le

diverse categorie di campione seminale, ma è molto laboriosa e

complessa; infatti si preferisce utilizzare lo swim-up da strato per

la facilità d’esecuzione.

b) Applicando la procedura convenzionale (swim-up da pellet) ai

campioni seminali appartenenti alla categoria “b”, si ha una media

del 49% di spermatozoi mobili di tipo “a+b” recuperati; invece

64

applicando la procedura non convenzionale (swim-up da strato) si

ha la media del 35% di spermatozoi mobili di tipo “a+b” recupera-

ti. Per i campioni seminali di tipo “b”, che presentano un elevato

numero di spermatozoi con motilità alterata, è necessario applicare

lo swim-up da pellet. Questa tecnica concentra tutti gli spermatozoi

del campione seminale, mediante centrifugazione, in un piccolo

volume finale, e recupera successivamente con lo swim-up soltanto

gli spermatozoi con buona mobilità progressiva, che sono i soli a

risalire nel terreno di coltura sovrastante, durante il periodo di in-

cubazione di 45minuti. Tuttavia va ricordato, che le centrifugazio-

ni, previste nello swim-up da pellet, portano alla comparsa di spe-

cie radicaliche dell’ossigeno, che danneggiano il DNA degli sper-

matozoi e alterano irreversibilmente la funzionalità nemaspermica.

Lo swim-up da strato, invece, abbassa la percentuale di spermato-

zoi mobili recuperati, per 2 motivi:

- i numerosi spermatozoi con motilità alterata, presenti nel liquido

seminale, difficilmente risalgono dal plasma seminale al terreno

di coltura sovrastante, nel tempo previsto per l’incubazione;

- i pochi spermatozoi mobili, in un volume non concentrato, non

riescono a risalire tutti, durante i 45 minuti d’incubazione.

c) Applicando la procedura convenzionale (gradiente di densità) ai

campioni seminali appartenenti alla categoria “c”, si ha una media

del 35% di spermatozoi mobili di tipo “a+b” recuperati. Applicando,

65

invece, la procedura non convenzionale (swim-up da pellet) si ha

una media del 25% di spermatozoi mobili di tipo “a+b” recuperati.

Nei campioni seminali di tipo “c”, caratterizzati da un elevato nu-

mero di cellule rotonde ed epiteliali, il gradiente di densità separa e

libera gli spermatozoi mobili dalle altre componenti, sulla base del

loro differente peso specifico, consentendo un elevato recupero di

spermatozoi mobili. Invece con lo swim-up da pellet, tutte le cellu-

le, presenti nel campione iniziale, vengono concentrate in modo

indiscriminato e compattate all’interno del pellet; in tal modo le

cellule rotonde, che hanno dimensioni maggiori delle cellule semi-

nali, coprono e intrappolano gli spermatozoi, impedendogli di mi-

grare verso il terreno sovrastante.

Infine dal confronto dei dati, è evidente che non applicando le

procedure convenzionali, parte degli spermatozoi mobili dei campioni

seminali vengono perduti. Infatti, come mostra la tabella 11, applican-

do le tecniche non convenzionali la media delle percentuali degli

spermatozoi mobili di tipo “a+b” non recuperati è:

- del 4% per la categoria “a”,

- del 14% per la categoria “b”,

- del 10% per la categoria “c”.

Tale perdita potrebbe inficiare la possibilità, per una coppia “bor-

der line” cioè con indicazione cliniche al limite per le tecniche di

66

PMA di I e II livello, di intraprendere un programma di IUI. In quanto

con tale perdita potrebbe non raggiungersi la quantità minima di

spermatozoi (1,5x 106) con mobilità “a+b”, necessaria per effettuare

un programma di IUI.

67

CONCLUSIONI

Dal confronto dei dati ottenuti, appare evidente che esiste una

reale esigenza di scegliere la metodica di selezione nemaspermica più

consona al campione seminale di partenza. Il biologo deve valutare at-

tentamente le caratteristiche del campione seminale fresco, in funzio-

ne delle quali applica la tecnica di preparazione più appropriata, che

permette di recuperare il maggior numero di spermatozoi con mobilità

progressiva, da utilizzare in un programma di IUI. Infatti, l’applica-

zione di una procedura adeguata ha dimostrato di consentire un mag-

giore recupero di spermatozoi mobili e potenzialmente fecondanti, ri-

spetto all’applicazione di una procedura non appropriata. Ispirandoci

al principio della minore invasività e della gradualità delle tecniche,

previsto dalla legge 40/2004, ottimizzare il recupero di spermatozoi

permette, ad una coppia “border line” cioè con indicazione cliniche al

limite tra le tecniche di I livello (inseminazione in vivo) e di II livello

(inseminazione in vitro), di intraprendere un programma PMA di I li-

vello, che è più vicino alla riproduzione fisiologia, evitando il ricorso

ad una tecnica di PMA di II livello. Infatti le tecniche di PMA di I li-

vello prevedono una minore invasività, un minore stress psichico, una

maggiore compliance della coppia e una maggiore economicità del

68

trattamento, rispetto alle metodiche di PMA di II livello, caratterizzate

da elevata complessità ed invasività tecnica, e richiedono un’ipersti-

molazione ovarica farmacologicamente indotta, un monitoraggio più

attento e particolareggiato delle gonadi, con ricorso ad intervento chi-

rurgico per il prelievo dei gameti femminili.

69

ALLEGATO

LEGGE 19 FEBBRAIO 2004, N. 40

70

Legge 19 febbraio 2004, n. 40

‘Norme in materia di procreazione medicalmente assistita’ pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio 2004

CAPO I PRINCÌPI GENERALI

ART. 1. (Finalità).

1. Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterili-tà o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medical-mente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito.

2. Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infer-tilità.

ART. 2. (Interventi contro la sterilità e la infertilità).

1. Il Ministro della salute, sentito il Ministro dell’istruzione, dell’università e del-la ricerca, può promuovere ricerche sulle cause patologiche, psicologiche, am-bientali e sociali dei fenomeni della sterilità e della infertilità e favorire gli in-terventi necessari per rimuoverle nonché per ridurne l’incidenza, può incenti-vare gli studi e le ricerche sulle tecniche di crioconservazione dei gameti e può altresí promuovere campagne di informazione e di prevenzione dei fenomeni della sterilità e della infertilità.

2. Per le finalità di cui al comma 1 è autorizzata la spesa massima di 2 milioni di euro a decorrere dal 2004.

3. All’onere derivante dall’attuazione del comma 2 si provvede mediante corri-spondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente ‘Fondo speciale’ dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della salute. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

ART. 3. (Modifica alla legge 29 luglio 1975, n. 405).

1. Al primo comma dell’articolo 1 della legge 29 luglio 1975, n. 405, sono ag-giunte, in fine, le seguenti lettere:

‘d-bis) l’informazione e l’assistenza riguardo ai problemi della sterilità e della in-fertilità umana, nonché alle tecniche di procreazione medicalmente assistita; d-ter) l’informazione sulle procedure per l’adozione e l’affidamento familiare’. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

71

CAPO II ACCESSO ALLE TECNICHE

ART. 4. (Accesso alle tecniche).

1. Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico nonché ai casi di sterilità o di infertilità da causa accertata e certificata da atto medico.

2. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita sono applicate in base ai seguenti princípi:

a) gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasivi-tà tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della minore invasività;

b) consenso informato, da realizzare ai sensi dell’articolo 6. 3. È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo

eterologo. ART. 5.

(Requisiti soggettivi). 1. Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1, possono accedere

alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi.

ART. 6. (Consenso informato).

1. Per le finalità indicate dal comma 3, prima del ricorso ed in ogni fase di appli-cazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita il medico infor-ma in maniera dettagliata i soggetti di cui all’articolo 5 sui metodi, sui pro-blemi bioetici e sui possibili effetti collaterali sanitari e psicologici conseguen-ti all’applicazione delle tecniche stesse, sulle probabilità di successo e sui ri-schi dalle stesse derivanti, nonché sulle relative conseguenze giuridiche per la donna, per l’uomo e per il nascituro. Alla coppia deve essere prospettata la possibilità di ricorrere a procedure di adozione o di affidamento ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, come alternativa alla procreazione medicalmente assistita. Le informazioni di cui al presente comma e quelle concernenti il grado di invasività delle tecniche nei confronti della donna e dell’uomo devono essere fornite per ciascuna delle tecniche applicate e in modo tale da garantire il formarsi di una volontà consapevole e consape-volmente espressa.

2. Alla coppia devono essere prospettati con chiarezza i costi economici dell’intera procedura qualora si tratti di strutture private autorizzate.

3. La volontà di entrambi i soggetti di accedere alle tecniche di procreazione me-dicalmente assistita è espressa per iscritto congiuntamente al medico respon-sabile della struttura, secondo modalità definite con decreto dei Ministri della

72

giustizia e della salute, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della pre-sente legge. Tra la manifestazione della volontà e l’applicazione della tecnica deve intercorrere un termine non inferiore a sette giorni. La volontà può essere revocata da ciascuno dei soggetti indicati dal presente comma fino al momento della fecondazione dell’ovulo.

4. Fatti salvi i requisiti previsti dalla presente legge, il medico responsabile della struttura può decidere di non procedere alla procreazione medicalmente assi-stita, esclusivamente per motivi di ordine medico-sanitario. In tale caso deve fornire alla coppia motivazione scritta di tale decisione.

5. Ai richiedenti, al momento di accedere alle tecniche di procreazione medical-mente assistita, devono essere esplicitate con chiarezza e mediante sottoscri-zione le conseguenze giuridiche di cui all’articolo 8 e all’articolo 9 della pre-sente legge.

ART. 7. (Linee guida).

1. Il Ministro della salute, avvalendosi dell’Istituto superiore di sanità, e previo parere del Consiglio superiore di sanità, definisce, con proprio decreto, da e-manare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, linee guida contenenti l’indicazione delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.

2. Le linee guida di cui al comma 1 sono vincolanti per tutte le strutture autoriz-zate.

3. Le linee guida sono aggiornate periodicamente, almeno ogni tre anni, in rap-porto all’evoluzione tecnico-scientifica, con le medesime procedure di cui al comma 1.

CAPO III

DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA TUTELA DEL NASCITURO ART. 8.

(Stato giuridico del nato). 1. I nati a seguito dell’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente

assistita hanno lo stato di figli legittimi o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime ai sensi dell’articolo 6.

ART. 9. (Divieto del disconoscimento della paternità e dell’anonimato della madre).

1. Qualora si ricorra a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo ete-rologo in violazione del divieto di cui all’articolo 4, comma 3, il coniuge o il convivente il cui consenso è ricavabile da atti concludenti non può esercitare l’azione di disconoscimento della paternità nei casi previsti dall’articolo 235, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile, né l’impugnazione di cui all’articolo 263 dello stesso codice.

2. La madre del nato a seguito dell’applicazione di tecniche di procreazione me-dicalmente assistita non può dichiarare la volontà di non essere nominata, ai

73

sensi dell’articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presi-dente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.

3. In caso di applicazione di tecniche di tipo eterologo in violazione del divieto di cui all’articolo 4, comma 3, il donatore di gameti non acquisisce alcuna rela-zione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti al-cun diritto né essere titolare di obblighi.

CAPO IV

REGOLAMENTAZIONE DELLE STRUTTURE AUTORIZZATE ALL’APPLICAZIONE DELLE TECNICHE DI PROCREAZIONE MEDICAL-

MENTE ASSISTITA ART. 10.

(Strutture autorizzate). 1. Gli interventi di procreazione medicalmente assistita sono realizzati nelle

strutture pubbliche e private autorizzate dalle regioni e iscritte al registro di cui all’articolo 11.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definiscono con proprio atto, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge:

a) i requisiti tecnico-scientifici e organizzativi delle strutture; b) le caratteristiche del personale delle strutture; c) i criteri per la determinazione della durata delle autorizzazioni e dei casi di re-

voca delle stesse; d) i criteri per lo svolgimento dei controlli sul rispetto delle disposizioni della

presente legge e sul permanere dei requisiti tecnico-scientifici e organizzativi delle strutture.

ART. 11. (Registro).

1. È istituito, con decreto del Ministro della salute, presso l’Istituto superiore di sanità, il registro nazionale delle strutture autorizzate all’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, degli embrioni formati e dei nati a seguito dell’applicazione delle tecniche medesime.

2. L’iscrizione al registro di cui al comma 1 è obbligatoria. 3. L’Istituto superiore di sanità raccoglie e diffonde, in collaborazione con gli os-

servatori epidemiologici regionali, le informazioni necessarie al fine di con-sentire la trasparenza e la pubblicità delle tecniche di procreazione medical-mente assistita adottate e dei risultati conseguiti.

4. L’Istituto superiore di sanità raccoglie le istanze, le informazioni, i suggeri-menti, le proposte delle società scientifiche e degli utenti riguardanti la procre-azione medicalmente assistita.

5. Le strutture di cui al presente articolo sono tenute a fornire agli osservatori e-pidemiologici regionali e all’Istituto superiore di sanità i dati necessari per le finalità indicate dall’articolo 15 nonché ogni altra informazione necessaria allo svolgimento delle funzioni di controllo e di ispezione da parte delle autorità competenti.

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6. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo, determinato nella mi-sura massima di 154.937 euro a decorrere dall’anno 2004, si provvede median-te corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio tri-ennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente ‘Fondo speciale’ dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della salute. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilan-cio.

CAPO V

DIVIETI E SANZIONI ART. 12.

(Divieti generali e sanzioni). 1. Chiunque a qualsiasi titolo utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei

alla coppia richiedente, in violazione di quanto previsto dall’articolo 4, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300.000 a 600.000 euro.

2. Chiunque a qualsiasi titolo, in violazione dell’articolo 5, applica tecniche di procreazione medicalmente assistita a coppie i cui componenti non siano en-trambi viventi o uno dei cui componenti sia minorenne ovvero che siano com-poste da soggetti dello stesso sesso o non coniugati o non conviventi è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 200.000 a 400.000 euro.

3. Per l’accertamento dei requisiti di cui al comma 2 il medico si avvale di una dichiarazione sottoscritta dai soggetti richiedenti. In caso di dichiarazioni mendaci si applica l’articolo 76, commi 1 e 2, del testo unico delle disposizio-ni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

4. Chiunque applica tecniche di procreazione medicalmente assistita senza avere raccolto il consenso secondo le modalità di cui all’articolo 6 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.

5. Chiunque a qualsiasi titolo applica tecniche di procreazione medicalmente as-sistita in strutture diverse da quelle di cui all’articolo 10 è punito con la san-zione amministrativa pecuniaria da 100.000 a 300.000 euro.

6. Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercia-lizzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro.

7. Chiunque realizza un processo volto ad ottenere un essere umano discendente da un’unica cellula di partenza, eventualmente identico, quanto al patrimonio genetico nucleare, ad un altro essere umano in vita o morto, è punito con la re-clusione da dieci a venti anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro. Il medico è punito, altresì, con l’interdizione perpetua dall’esercizio della profes-sione.

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8. Non sono punibili l’uomo o la donna ai quali sono applicate le tecniche nei ca-si di cui ai commi 1, 2, 4 e 5.

9. È disposta la sospensione da uno a tre anni dall’esercizio professionale nei confronti dell’esercente una professione sanitaria condannato per uno degli il-leciti di cui al presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 7.

10. L’autorizzazione concessa ai sensi dell’articolo 10 alla struttura al cui interno è eseguita una delle pratiche vietate ai sensi del presente articolo è sospesa per un anno. Nell’ipotesi di più violazioni dei divieti di cui al presente articolo o di recidiva l’autorizzazione può essere revocata.

CAPO VI

MISURE DI TUTELA DELL’EMBRIONE ART. 13.

(Sperimentazione sugli embrioni umani). 1. È vietata qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano. 2. La ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a

condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnosti-che ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative.

3. Sono, comunque, vietati: a) la produzione di embrioni umani a fini di ricerca o di sperimentazione o

comunque a fini diversi da quello previsto dalla presente legge; b) ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ov-

vero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patri-monio genetico dell’embrione o del gamete ovvero a predeterminarne ca-ratteristiche genetiche, ad eccezione degli interventi aventi finalità diagno-stiche e terapeutiche, di cui al comma 2 del presente articolo;

c) interventi di clonazione mediante trasferimento di nucleo o di scissione precoce dell’embrione o di ectogenesi sia a fini procreativi sia di ricerca;

d) la fecondazione di un gamete umano con un gamete di specie diversa e la produzione di ibridi o di chimere.

4. La violazione dei divieti di cui al comma 1 è punita con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 50.000 a 150.000 euro. In caso di violazione di uno dei divieti di cui al comma 3 la pena è aumentata. Le circostanze attenuanti concorrenti con le circostanze aggravanti previste dal comma 3 non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste.

5. È disposta la sospensione da uno a tre anni dall’esercizio professionale nei confronti dell’esercente una professione sanitaria condannato per uno degli il-leciti di cui al presente articolo.

ART. 14. (Limiti all’applicazione delle tecniche sugli embrioni).

1. È vietata la crioconservazione e la soppressione di embrioni, fermo restando quanto previsto dalla legge 22 maggio 1978, n. 194.

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2. Le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto conto dell’evoluzione tecni-co-scientifica e di quanto previsto dall’articolo 7, comma 3, non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre.

3. Qualora il trasferimento nell’utero degli embrioni non risulti possibile per gra-ve e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione è consentita la criocon-servazione degli embrioni stessi fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile.

4. Ai fini della presente legge sulla procreazione medicalmente assistita è vietata la riduzione embrionaria di gravidanze plurime, salvo nei casi previsti dalla legge 22 maggio 1978, n. 194.

5. I soggetti di cui all’articolo 5 sono informati sul numero e, su loro richiesta, sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire nell’utero.

6. La violazione di uno dei divieti e degli obblighi di cui ai commi precedenti è punita con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 50.000 a 150.000 eu-ro.

7. È disposta la sospensione fino ad un anno dall’esercizio professionale nei con-fronti dell’esercente una professione sanitaria condannato per uno dei reati di cui al presente articolo.

8. È consentita la crioconservazione dei gameti maschile e femminile, previo consenso informato e scritto.

9. La violazione delle disposizioni di cui al comma 8 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.

CAPO VII

DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE ART. 15.

(Relazione al Parlamento). 1. L’Istituto superiore di sanità predispone, entro il 28 febbraio di ciascun anno,

una relazione annuale per il Ministro della salute in base ai dati raccolti ai sen-si dell’articolo 11, comma 5, sull’attività delle strutture autorizzate, con parti-colare riferimento alla valutazione epidemiologica delle tecniche e degli inter-venti effettuati.

2. Il Ministro della salute, sulla base dei dati indicati al comma 1, presenta entro il 30 giugno di ogni anno una relazione al Parlamento sull’attuazione della presente legge.

ART. 16. (Obiezione di coscienza).

1. Il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure per l’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge quando sollevi obie-zione di coscienza con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiet-tore deve essere comunicata entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della

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presente legge al direttore dell’azienda unità sanitaria locale o dell’azienda o-spedaliera, nel caso di personale dipendente, al direttore sanitario, nel caso di personale dipendente da strutture private autorizzate o accreditate.

2. L’obiezione può essere sempre revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al comma 1, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto do-po un mese dalla sua presentazione agli organismi di cui al comma 1.

3. L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specifica-tamente e necessariamente dirette a determinare l’intervento di procreazione medicalmente assistita e non dall’assistenza antecedente e conseguente l’intervento.

ART. 17.

(Disposizioni transitorie). 1. Le strutture e i centri iscritti nell’elenco predisposto presso l’Istituto superiore

di sanità ai sensi dell’ordinanza del Ministro della sanità del 5 marzo 1997, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 55 del 7 marzo 1997, sono autorizzati ad applicare le tecniche di procreazione medicalmente assistita, nel rispetto delle disposizioni della presente legge, fino al nono mese successivo alla data di en-trata in vigore della presente legge.

2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le strut-ture e i centri di cui al comma 1 trasmettono al Ministero della salute un elen-co contenente l’indicazione numerica degli embrioni prodotti a seguito dell’applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita nel perio-do precedente la data di entrata in vigore della presente legge, nonché, nel ri-spetto delle vigenti disposizioni sulla tutela della riservatezza dei dati persona-li, l’indicazione nominativa di coloro che hanno fatto ricorso alle tecniche me-desime a seguito delle quali sono stati formati gli embrioni. La violazione del-la disposizione del presente comma è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 25.000 a 50.000 euro.

3. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro del-la salute, avvalendosi dell’Istituto superiore di sanità, definisce, con proprio de-creto, le modalità e i termini di conservazione degli embrioni di cui al comma 2.

ART. 18.

(Fondo per le tecniche di procreazione medicalmente assistita). 1. Al fine di favorire l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assi-

stita da parte dei soggetti di cui all’articolo 5, presso il Ministero della salute è istituito il Fondo per le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Il Fondo è ripartito tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sulla base di criteri determinati con decreto del Ministro della salute, da ema-nare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le pro-vince autonome di Trento e di Bolzano.

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2. Per la dotazione del Fondo di cui al comma 1 è autorizzata la spesa di 6,8 mi-lioni di euro a decorrere dall’anno 2004.

3. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio trien-nale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente ‘Fondo speciale’ dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero medesimo. Il Ministro dell’economia e delle finanze è au-torizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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Ringraziamenti

Ringrazio la prof.ssa Renata Viscuso per la cortese

disponibilità.

Ringrazio il Centro Aster di Diagnosi e Cura della Sterilità,

presso la Clinica del Mediterraneo di Ragusa, nelle persone

del Dott. Giovanni Bracchitta e del Dott. Nunzio Minniti, per

l’ospitalità e la disponibilità dimostrata, consentendomi di

approfondire lo studio in questo particolare settore della

biologia dello sviluppo.