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USA 3 - lanternadelviaggiatore.com · ... fondata da cercatori d’oro nel 1902 e seconda realtà per dimensione dell ... (nel 1973) della ... Con la quarta giornata del vostro viaggio

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Informazioni generali:

DURATA DEL VIAGGIO: 35 – 36 giorni. (23 – 24 giorni senza l’Arctic Wildlife Refuge National Park).

PERIODO DEL VIAGGIO CONSIGLIATO: Luglio – Settembre.

COME ARRIVARE DALL’ITALIA: In aereo. Consigliamo di adoperare sia per l’andata che per il ritorno l’aeroporto

di Fairbanks. Alternativamente potreste optare per lo scalo aeroportuale di

Anchorage.

FUSO ORARIO: - 10 ore rispetto all’Italia.

DOCUMENTI NECESSARI: Passaporto, che non vada a scadere durante la permanenza negli USA. Negli USA

non è più necessario possedere un visto per viaggi turistici che durino meno di 90

giorni. Dovrete però essere muniti di un’autorizzazione ESTA (Electronic System

for Travel Authorization) da farsi rilasciare tramite richiesta online preventiva alle

autorità statunitensi prima della partenza. Per richiederlo dovrete per forza

possedere un passaporto elettronico (dotato di microchip).

PATENTE RICHIESTA: Patente Italiana soggetta alle leggi statali dell’Alaska, ma è sempre consigliabile

possedere la Patente Internazionale.

RISCHI SICUREZZA E SANITARI: Gli standard ospedalieri sono ottimi ma se vorrete addentrarvi nelle aree selvagge

dei parchi nazionali dotatevi di apparecchi cellulari satellitari per la quasi nulla

copertura della rete e prestate sempre attenzione alla fauna selvatica. Si consiglia

inoltre di stipulare un’assicurazione sanitaria che preveda le copertura alle spese

mediche e la copertura per un eventuale rimpatrio sanitario.

MONETA: DOLLARO STATUNITENSE.

TASSO DI CAMBIO: 1 € = 1,20 Dollari Statunitensi.

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Descrizione del viaggio:

1°- 2° giorno: trasferimento fino a Fairbanks

Raggiungere dall’Italia la località di Fairbanks, la seconda realtà più popolosa del remoto stato americano dell’Alaska, come si può ben

intuire non è un’imprese né semplice, né rapida, né economica. Nonostante il Fairbanks International Airport si ben collegato con i principali

scali aeroportuali della West Coast nordamericana questi in genere non appaiono molto ben serviti da velivoli diretti verso il Bel Paese e

quindi, che voi partiate da Milano o Roma, dovrete mettere in conto almeno due (se non tre) scali intermedi per una durata complessiva del

trasferimento che si sviluppa tra le 22 e le 30 ore di viaggio. I percorsi più gettonati sono quelli che fanno scalo in Europa a Francoforte,

Londra, Reykjavik o Dublino e poi compiono un’ulteriore sosta o direttamente ad Anchorage, in Alaska, o a Seattle nello stato di Washington.

Visto lo sviluppo della tratta e la necessità di smaltire un profondo cambio di fuso orario (ben 10 ore) vi sarà quindi indispensabile

programmare almeno due giorni da dedicare solo al viaggio di andata in direzione dell’Alaska. In compenso così facendo durante la seconda

giornata potrete espletare gran parte della burocrazia, dell’approvvigionamento di materiali e attrezzature e le questioni inerenti al noleggio

di mezzi motorizzati con i quali lanciarsi in quest’avventura in prossimità del Circolo Polare Artico.

3° giorno: FAIRBANKS

L’Alaska, il 49° stato entrato a far parte della federazione statunitense, è davvero un mondo a sé nel panorama USA. Remota, selvaggia,

contraddistinta da una natura dominante e incontaminata, ma al contempo costosa e poco visitata è davvero, specie nella sua sezione

settentrionale che approfondisce quest’itinerario, una delle ultime frontiere del turismo mondiale. Abitata dall’uomo sin da 20.000 (i primi

nativi vi giunsero dall’Asia mediante uno stretto di Bering emerso dalle acque) l’Alaska iniziò ad interessare le civiltà più progredite a

partire dal ‘700 quando cacciatori di balene e mercanti di pellicce russi conquistarono la zona annientando la cultura nativa locale e

procurando una moria generalizzata della fauna a scopo commerciale. A causa delle difficoltà finanziarie dell’impero russo però l’Alaska

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venne letteralmente acquistata dagli statunitensi nel 1867 i quali cominciarono a intuire la potenzialità strategica e le ricchezze del suo

sottosuolo solo però decenni dopo (oggi il 90% della ricchezza locale deriva dallo sfruttamento dei giacimenti petroliferi). Spronati da una

possibile invasione giapponese durante la seconda guerra mondiale gli americani si decisero in quegli anni ad unire l’Alaska via terra al

resto del continente aprendo la mitica Alcan Highway che fu un promotore di fondamentale importanza per lo sviluppo della nazione. Nel

1959 infine l’Alaska venne ufficialmente a far parte della federazione USA.

All’interno di questo contesto storico e geografico si colloca la cittadina di Fairbanks, fondata da cercatori d’oro nel 1902 e seconda realtà

per dimensione dell’Alaska con i suoi circa 30.000 abitanti. Anche se la sua genesi è legata alla ricerca di giacimenti aurei Fairbanks ebbe

più di altre cittadine locali forte impulso dalla costruzione dell’Alcan Highway prima e come base logistica per la realizzazione poi (nel

1973) della Trans-Alaska Pipeline, il principale oleodotto che attraversa le lande di questo stato subartico. Sebbene vi stia parlando di un

insediamento umano di una certa dimensione (all’interno del quale fiorisce anche una comunità studentesca frizzante che frequenta

l’University of Alaska Fairbanks) Fairbanks è in realtà più che altro un grosso borgo immerso nelle desolate lande dell’entroterra della

nazione con un clima spiccatamente continentale che alterna estati tiepide (ma si sono arrivati a registrare fino a 37°) e inverni rigidissimi (il

record è di -54°) durante il quale raramente il sole fa capolino oltre l’orizzonte vista la latitudine. I siti principali di interesse turistico si

concentrano ad est del centro cittadino vero e proprio e paiono come disporsi ordinatamente attorno all’ateneo universitario locale. Il

Pionner Park riserba al suo interno i reperti storici dominanti di Fairbanks come vecchi piroscafi, draghe e utensili adoperati circa un secolo

fa dai cercatori d’oro, mentre il Museum of the North espone i resti mummificati in maniera perfetta del bisonte Blue Babe vissuto circa

36.000 anni fa e ritrovato nel permafrost, una interessante galleria d’arte delle popolazioni native e un teatro interattivo dal quale potrete

anche in inverno assistere alle aurore boreali. Da ricordare è poi anche l’Ice Museum nel quale potrete ammirare il lavoro di artisti locali

che hanno scolpito e forgiato blocchi enormi di ghiaccio in sculture davvero eccezionali. Fairbanks inoltre si dimostra essere un crocevia

perfetto per i trasporti nell’Interior Alaska e un luogo perfetto in cui recuperare l’attrezzatura e le guide necessarie a condurvi nel cuore di

questa remota e leggendaria regione. Non dimenticate infine che qui troverete alcuni dei ristoranti tipici dell’Alaska più gettonati, nei quali

magari lanciarsi a provare alcune prelibatezze inupiat come il muktuk: pelle e grasso di balena in salamoia, bollito o con mostarda. Solo per

stomaci forti.

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Uno degli scheletri mummificati di mammuth esposti presso il Museum of the North di Fairbanks, facente parte dell’University of Alaska

locale. Quindi uno degli ambienti interni dell’Ice Museum zeppo di splendide sculture in ghiaccio di artisti locali ed infine il mitico muktuk,

un piatto degli indigeni nativi che si presta solo a palati tenaci visto i suoi sapori forti (è a base di pelle e grasso di balena).

Dal 4° al 15° giorno: ARCTIC NATIONAL WILDLIFE REFUGE

Con la quarta giornata del vostro viaggio nel cuore selvaggio dell’Alaska potrete quindi iniziare a familiarizzare con questo mondo remoto e

incredibilmente spettacolare, spingendovi fino nell’angolo nord-orientale dello stato dove è stato istituito nel 1960 l’Arctic National Wildlife

Refuge che dopo successivi ampliamenti oggi arriva a tutelare una sezione di territorio pari a poco oltre di 78.000 km2 . La zona è così

lontana da qualsiasi rotta turistica tradizionale che è davvero complessa da raggiungere ma in compenso vi ritroverete immersi in una natura

dominante completamente a vostra disposizione nella quale dimorano migliaia di capi di animali tipici della fauna artica come lupi, buoi

muschiati, grizzly, caribù, temoli e diverse specie ornitologiche che popolano bacini fluviali, laghi costieri, rilievi dal clima subartico e il

mitico bush (la boscaglia rada e bassa fatta per lo più di arbusti che contraddistingue la sezione settentrionale dell’Alaska).

L’unico modo per accedere in tempi utili e con le attrezzature necessarie a svolgere le vostre escursioni in sicurezza è quello di affidarsi a

tour operator specializzati in spedizioni nell’Arctic Wildlife Refuge che dovrete necessariamente aver contattato e prenotato con ampio

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anticipo prima della vostra partenza dall’Italia. Essenzialmente sono due le tipologie di esperienze che potrete fare in questo parco

nazionale: o fare uscite pluri giornaliere in canoa lungo i grandiosi fiumi che solcano il parco e si dirigono verso l’Oceano Artico

settentrionale oppure dedicarsi a memorabili trekking nelle zone montuose più rappresentative del posto. Se opterete per la prima opzione ci

sentiamo di consigliarvi il tour di due settimane (12 giorni) che vi porterà a discendere il corso del Kongakut River fino alle lagune del Mare

di Beaufort. Il Kongakut River è un fiume che inizialmente si insinua tra montagne smeraldine popolate da enormi branchi di caribù salvo poi

oltrepassare i rilievi pedemontani della costa nord dell’Alaska (qui le acque fluviali sono incredibilmente pescose e ricche di vita) fino a

risolversi nell’intricato dedalo di piccoli bacini lacustri costieri, torbiere e marcite che anticipano il Mare di Beaufort. Questa esperienza vi

permetterà di fare pratica con le vostre capacità di pagaia tra acque bianche e rapide mai troppo complicate per mezza giornata, di compiere

splendide brevi escursioni per l’avvistamento della fauna selvatica e di campeggiare in zone davvero lontane da ogni forma di

antropizzazione e modernità per giorni e giorni. Qualora invece foste patiti dell’escursionismo vi raccomandiamo di scegliere tra i pacchetti

che vi condurranno alle sorgenti del Kongakut River, lungo le piane costiere antistanti il Mare di Beaufort o nelle inviolate Sedlerochit

Mountains. Tutti questi itinerari, se fatti nel periodo corretto (informatevi a riguardo dai tour operator che contatterete), vi permetteranno di

imbattervi in enormi mandrie di mammiferi artici oltre che a godere della costante compagnia di stormi di uccelli migratori e banchi di pesci

fluviali tra i più cospicui che abbiate mai incontrato. Anche in questo caso la durata media di ogni escursione si attesta intorno ai 12 giorni.

Se avrete spirito di adattamento e avventura, tempo a disposizione, un budget generoso da mettere sul piatto e tanto amore per la natura si

può asserire che una permanenza entro l’Arctic National Wildlife Refuge dell’Alaska possa davvero essere la quintessenza di un viaggio

avventuroso nei panorami artici per antonomasia e una vera esperienza che vi segnerà per il resto della vostra vita.

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Tre cartoline classiche che rendono giustizia alle principali attività che potrete compiere all’interno dell’Arctic National Wildlife Refuge:

dall’osservazione della fauna artica (nel dettaglio una mandria di caribù che guada un gelido torrente) all’escursionismo tra le remote e

inviolate montagne dell’entroterra fino a favolose spedizioni di rafting lungo i più spettacolari fiumi artici come il Kongakut River che sfocia

nel Mare di Beaufort collegato all’immenso Oceano Artico.

Dal 15° al 24° giorno: GATES OF THE ARCTIC NATIONAL PARK

Se la visita all’Arctic National Wildlife Refuge è davvero riservata solo a chi ha a disposizione somme di denaro e tempi di permanenza

davvero ingenti l’accesso al Gates of the Arctic National Park, il parco nazionale statunitense situato più a nord ed il secondo più esteso

della nazione (tutela un’area pari a poco più dell’estensione del Belgio), risulta essere alla portata dei più, vuoi anche per l’accesso che

possibile anche mediante mezzi motorizzati su ruote. Istituito nel 1978 e tutelante buona parte della catena montuosa principale dell’Interior

Alaska, il Brooks Range, il Gates of the Arctic National Park ha destinato una vasta porzione del suo ambiente protetto ad un’area

completamente wilderness, tra le più grandi del Nord America, che costituisce un vero e proprio paradiso faunistico dei climi artici e

subartici comprendenti specie come volpi, orsi nere, aquile, pecore, marmotte, lepri delle nevi, gufi, buoi muschiati, alci, orsi bruni, coyote,

linci, orsi polari, falchi pellegrini, lontre, castori, lupi, grizzly e una delle comunità di caribù più popolose di tutta l’Alaska.

All’interno del parco (tranne che nella piccola sezione detta Preserve, al suo limitare meridionale) è severamente vietata la caccia e gli unici

abbattimenti consentiti sono concessi alle tribù locali per la sussistenza (per lo più inupiat diretti discendenti dei primi uomini che si

stanziarono in zona circa 12.500 anni fa seguendo le mandrie di caribù) o ai ranger se a fini scientifici o di tutela ambientale. Si ricorda poi

che se il limite occidentale del parco non è bene definito i restanti tre lati che compongono il suo perimetro per lo più rettangolare sono

costituiti dai contrafforti settentrionali del Brooks Range a nord, dal Circolo Polare Artico a sud e dalla mitica Dalton Highway a est. Questa

strada è il risultato di un’opera ingegneristica ardita e quanto mai dettata da esigenze economiche dato che venne costruita negli anni ’70

per lo sviluppo dell’oleodotto Trans-Alaska Pipeline che permettesse di collegare con condutture adeguate i giacimenti petroliferi limitrofi al

Mare di Beaufort con i porti costieri affacciati sull’Oceano Pacifico dell’Alaska meridionale. Il risultato è la più settentrionale tra le strade

perennemente in uso degli Stati Uniti che si allunga da Fairbanks fino a Deadhorse per 666km toccando nel mentre solo i microscopici

villaggi permanenti di Coldfoot e Wiseman e oltrepassando il mitico Atigun Pass (1422m), l’unico valico del Brooks Range scalfito da

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un’opera antropica permanente. All’interno dei confini del parco invece mancano completamente strade, rifugi, insediamenti stabili e anche

sentieri battuti di alcun tipo e i circa 10.000 turisti che annualmente lo raggiungono potranno fregiarsi del fatto di essersi spinti in lande che

spesso non vengono visitate da essere umano anche per anni di seguito (il campeggio è libero ovunque).

Tre istantanee che mostrano alcuni esemplari delle tipologie di fauna più diffuse e iconiche di questo enorme parco nazionale dell’Alaska

interna: dapprima i possenti buoi muschiati, quindi un gruppo di caribù intento a guadare un vasto fiume nella stagione del disgelo ed infine

un nucleo di lupi bianchi tipici di queste latitudini.

I punti di accesso più classici alla natura incontaminata del Gates of the Arctic National Park sono costituiti dai villaggi di Coldfoot o

Wiseman oppure dall’Atigun Pass che sono raggiungibili in auto essendo posti lungo la Dalton Highway (rispettivamente a 410km, 6 ore e

mezza di guida effettiva e 525km, 8 ore di guida effettiva da Fairbanks). Alternativamente e più rapidamente, ma siate pronti a sobbarcarvi

costi aggiuntivi anche ingenti, la via di ingresso al parco più spettacolare è sicuramente quella aerea prendendo gli aero taxi (volano anche

su prenotazione) che nella stagione estiva collegano quasi quotidianamente Fairbanks con Bettles o Anaktuvuk Pass con tratte di poche ore.

Se opterete per quest’opzione sicuramente vi consigliamo di raggiungere l’insediamento di Anaktuvuk Pass situato proprio al centro dei

complessi montuosi del Brooks Range dove le foreste boreali della taiga cedono rapidamente il passo al clima subartico della tundra. Tra le

montagne più spettacolari del parco si annoverano sicuramente il Mt Doonerak, raggiungibile in poche decine di chilometri sia dalla Dalton

Highway che da Anaktuvuk Pass, e le guglie del Mt Igikpak e degli Arrigetch Peaks che invece si stagliano poco oltre il vasto Lake Walker in

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una sezione del Gates of the Artic però estremamente remota e difficile da approcciare (limite sud-est).

Un’altra attività particolarmente gettonata per muoversi nell’area protetta ed entrate in stretto contatto con la fauna selvatica è poi quella di

compiere uscite in rafting di più giorni lungo i principali fiumi che solcano il Gates of the Arctic National Park. Tra i tracciati più

spettacolari a tal proposito come non ricordare il North Fork del Koyukuk River che dalle valli glaciali del Brooks Range si protende per

165km fino a formare il principale corso d’acqua di questa sezione dell’Interior Alaska (fu questa la rotta seguita da Robert Marshall nel

1929 per raggiungere l’Artico, episodio da cui il parco nazionale trae il suo nome), il tratto iniziale (circa 100km) del Noatak River che si

allunga ben oltre i confini del parco verso est in direzione dello Stretto di Bering e che prospetta alcune delle concentrazioni di fana più

elevate del parco ed infine i 135km dell’Alatna River che vi permetterà di vedere tutta la gamma di scenari paesaggistici del Gates of the

Artic passando dalle cime perennemente innevate del Brooks Range, passando per eccezionali valli post glaciali piene di fauna, fino a

raggiungere il borgo di Alatna alla confluenza con il maggiore Koyuykuk River. Viste le difficoltà logistiche insite in questi itinerari,

l’esposizione a condizioni meteo che possono impedire il proseguo dei trekking e delle fluitazioni anche per alcuni giorni e gli habitat remoti

che andrete ad affrontare vi consigliamo di predisporre non meno di dieci giorni di attività outdoor per la vostra permanenza del Gates of the

Arctic National Park prima di pensare di fare rientro a Fairbanks.

Il Gates of the Arctic National Park tutela alcune delle aree decisamente più spettacolari dell’Interior Alaska e di tutte le regioni subartiche

del pianeta: nel dettaglio un tratto della Dalton Highway che oltrepassa la catena montuosa del Brooks Range, quindi un impavido

escursionista che percorre una sperduta valle alla base degli Arrigetch Peaks ed infine la bucolica vallata del North Fork del Koyukuk River.

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Dal 25° al 33° giorno: KOBUK VALLEY NATIONAL PARK

Visitare il Kobuk Valley National Park è davvero un’esperienza riservata agli esploratori più arditi. Inoltre dovrete avere a disposizione un

congruo quantitativo di denaro e anche parecchio tempo a disposizione. Se possedete questi requisiti allora un’escursione in questo parco

artico dal fascino incredibilmente remoto e selvaggio sarà davvero una meta adattata a voi e a sanare le vostre voglie più recondite di

avventura. Istituito nel 1980 per tutelare la vasta valle fluviale del Kobuk River, che possente e maestoso discende dalle montagne del Gates

of the Arctic National Park in direzione est fino a sfociare centinaia di chilometri più a valle in prossimità dello Stretto di Bering, il Kobuk

Valley National Park ne tutela una sezione centrale del corso (all’incirca tra i villaggi di Ambler e Kiana) ed è rinomato per essere sulle rotte

migratorie annuali di centinaia di mandrie di caribù e per possedere al suo interno un insolito piccolo deserto gelido di dune sabbiose situate

nel cuore del bush dell’Alaska (è il sistema di dune attivo più esteso degli USA). Gli ecosistemi del parco sono principalmente legati al

grande fiume che lo attraversa che appare ghiacciato per svariati mesi in inverno e pullulante di vita nei mesi estivi, durante i quali è spesso

attorniato da marcite create da un poderoso disgelo. L’andamento del corso del Kobuk River, che fluisce da ovest ad est nel cuore

dell’Interior Alaska rappresenta poi una sorta di barriera naturale per le migrazioni animali stagionali e i pochi punti in cui il fiume è

guadabile risultano essere dei santuari faunistici davvero di dimensioni eccezionali: nei periodi dell’anno giusti infatti vi si ammassano

migliaia di capi di bestiame (per lo più caribù) che attraggono sia i grandi predatori oggi come stuzzicarono l’interesse dei primi esseri

umani che popolarono l’Alaska migliaia di anni fa. Nonostante il clima infausto e la posizione remota si stima infatti che la Kobuk Valley sia

popolata stabilmente dalle tribù inuipat già da circa 15.000 anni. Essendo la zona posta poi anche sul limite di transizione tra gli ambienti

della foresta boreale e della tundra artica la Kobuk Valley è popolata da un eterogenea fauna animale che serba rappresentanti di svariati

habitat polari e comprende lupi, volpi rosse, alci, orsi bruni, orsi neri, lontre, linci, ghiottoni, visoni, porcospini, lepri delle nevi e una

quantità abnorme di pesci fluviali, primi tra tutti salmoni, trote e temoli.

Per quanto concerne una visita al Kobuk Valley National Park sappiate che il parco non è raggiunto da alcuna strada e nemmeno da nessun

fiume navigabile direttamente dalle posizioni del Gates of the Arctic National Park, pertanto l’unica modalità di accesso è il noleggio di un

velivolo privato che vi conduca dapprima da Fairbanks in direzione del villaggio di Ambler (circa 4-5 ore di volo) e che quindi vi venga a

recuperare giorni dopo a Kallarichuk o a Kiana (più a valle lungo il corso del fiume) e vi riporti a Bettles (altre 4-5 ore di volo). Ovviamente

dovrete avvalervi di tour organizzati che vi conducano in queste lande desolate e remote e che vi aiutino nell’organizzazione della logistica

non solo dei voli di avvicinamento ma che vi forniscano anche guide esperte dei posti abili sia nell’orientamento che nella gestione di

eventuali incontri indesiderati troppo vicini con i grandi predatori artici. Inoltre per muovervi all’interno del parco dovrete necessariamente

usufruire di un gommone per la discesa in rafting del fiume (il percorso fluviale si sviluppa su poco più di 100km di percorrenza). La

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quintessenza di quest’esperienza sta proprio nella discesa del Kobur River immersi per giorni nella natura selvaggia, campeggiando lungo le

sue sponde e rimanendo per giorni disconnessi dalle comodità e dai paesaggi artefatti del mondo moderno. Ovviamente una volta in zona non

dovrete per nessun motivo mancare una seppur rapida esplorazione delle Great Kobuk Sand Dunes (situate in prossimità di una valle laterale

pochi chilometri a sud del Kobuk River) che vi apparirà come un miraggio desertico nel cuore gelido del paesaggio dell’entroterra

dell’Alaska. Visto che per il raggiungimento del luogo e il ritorno a Beetles e da questo a Fairbanks (400km, non meno di 8 ore di guida

effettiva) dovrete mettere in conto almeno due giorni completi dedicati ai meri trasferimenti e organizzazione del viaggio vi ricordiamo di

predisporre almeno una permanenza nel parco di una settimana per un impegno complessivo di visita di circa 9 giorni nel complesso.

Tra i più remoti e meno visitati tra i grandi parchi artici dell’Alaska il Kobuk Valley National Park è una vera gemma irresistibile per gli

intrepidi amanti dell’avventura. Se avrete tempo e denaro a sufficienza qui potrete fluire su imperiosi fiumi artici pullulanti di vita, ammirare

lo spettacolo della migrazione di migliaia di caribù e svariati animali che guadano il Kobuk River stagionalmente e assistere allo spettacolo

di un vero e proprio deserto sabbioso interno di stampo sahariano incastonato nel cuore gelido dell’Alaska.

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34° - 35° - 36° giorno: trasferimento fino in Italia

Le ultime due giornate di questo grandioso viaggio nel cuore selvaggio dell’Alaska saranno infine necessariamente da dedicarsi al lungo ed

elaborato viaggio di rientro dall’artico nordamericano fino in Italia. Come per la tratta di andata vi consigliamo di partire direttamente

dall’aeroporto di Fairbanks per fare rotta verso il Bel Paese e come per l’andata vi rammentiamo che non esiste ad oggi la possibilità di fare

meno di due scali intermedi prima di atterrare in madrepatria. Giacché poi in questa occasione viaggerete in direzione est e quindi secondo

una progressione sfavorevole dei fusi orari (+10 ore) avrete necessità di mettere in conto non meno di due (ma più spesso tre) giorni di

calendario prima di poter atterrare in Italia. Parimenti all’andata che voi siate diretti negli aeroporti romani o milanesi la tratta più

gettonata prevede in genere uno scalo nei principali aeroporti della West Coast (Seattle) o direttamente ad Anchorage e un successivo scalo

in uno dei principali hub europei (Francoforte, Londra, Parigi, Amsterdam o Dublino).