Varie Sull'Autonomia 10 Anni

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RassegnaPeriodico dellIstituto Pedagogico ANNO XV dicembre 2007

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Lautonomia delle scuole 10 anni dopoISTITUTO PEDAGOGICO

Rassegna Periodico quadrimestrale dellIstituto Pedagogico provinciale per il gruppo linguistico italiano Anno XV, n. 34, dicembre 2007 In copertina: foto di Robert Doisneau, Lungo la Senna, 1935 Consulenza scientifica per Rassegna n. 34 Daniela Pellegrini Galastri Direttore responsabile Bruna Visintin Rauzi Comitato scientifico Gianfranco Amati, ex Presidente Istituto pedagogico Merano; Mario Ambel, Docente di lettere Torino; Siegfried Baur, Pedagogia interculturale Klagenfurt e Bolzano-Bressanone; Giorgio Bissolo, Direttore del Centro di formazione professionale in lingua italiana Bolzano; Stefania Cavagnoli, Lingue e letterature straniere Macerata e Trento; Renza Celli, Direttrice Circolo Didattico scuola materna Merano; Bruno DAmore, Didattica della matematica Bologna e Bressanone; Alberto Destro, Lingue e Letterature straniere Bologna; Martin Dodman, Scienze della Formazione Bolzano-Bressanone; Carlo Fiorentini, Presidente CIDI Toscana Firenze; Silvio Goglio, Dipartimento di economia Trento; Luigi Guerra, Scienze della Formazione Bologna e Bolzano-Bressanone; Dario Ianes, cattedra di Pedagogia speciale alla facolt Scienze della formazione Trento e Bolzano-Bressanone Adel Jabbar, Sociologia delle migrazioni Venezia e Trento; Claudio Magris, Letteratura tedesca moderna e contemporanea Trieste; Vito Mastrolia, vicepresidente Comitato provinciale di valutazione per la qualit del sistema scolastico Bolzano; Ivo Mattozzi, Dipartimento Discipline Storiche Bologna; Luigina Mortari, Scienze della Formazione Verona; Gnther Pallaver, Institut fr Politikwissenschaft Innsbruck; Mirca Passarella, Dirigente Istituto comprensivo Bolzano; Daniela Pellegrini Galastri, Direttrice Istituto Pedagogico Bolzano; Antonio Ricc, ex Dirigente scolastico Merano I Merano Daniela Silvestri Lupoli, Scienze della Formazione Verona; Mario Tel, Istituto di Studi europei Universit Libre de Bruxelles; Enrico Tezza, Centro internazionale di formazione ILO Torino; Roberto Toniatti, Diritto costituzionale Trento; Roland Verra, Intendente scolastico ladino Bolzano Comitato di direzione Carlo Bertorelle, Daniela Pellegrini Galastri, Daniela Silvestri Lupoli Coordinamento Carlo Bertorelle Redazione Claudio Cantisani, Loris Taufer Segreteria di redazione Sarah Giongo Direzione e redazione via del Ronco 2, 39100 Bolzano; numeri telefonici (prefisso 0471) 411440-1-4 (direzione segreteria), 411465 (redazione), 411448 (biblioteca), 411469 (fax); E-mail: [email protected]; Internet: www.ipbz.it Autorizzazione del Tribunale di Bolzano n. 8 del 17.10.1994 Realizzazione grafica Edizioni Junior viale dellIndustria, Azzano San Paolo (BG), tel. 035 534123 Stampa Tecnoprint S.n.c., Romano di Lombardia (BG) Poste Italiane s.p.a. spedizione in abbonamento postale 70% DCB Bolzano

Sommario

Lautonomia delle scuole 10 anni dopoEDITORIALEDaniela Pellegrini Galastri Riuscir il piccolo Davide dellautonomia scolastica a battere il gigante Golia? .................. 5

STUDIMartin Dodman Lautonomia scolastica dopo 10 anni e due problemi aperti: i curricoli e le risorse umane .... 12 Liliana Dozza Valutare nella scuola dellautonomia: percorsi possibili .................................................. 18 Franco De Anna Il problema della rendicontazione e la definizione dei livelli essenziali di prestazione per il sistema di istruzione .................................... 25

INTERVENTICarlo Fiorentini Falsi e veri progetti: a quali condizioni lautonomia pu migliorare oggi la scuola? ........ 353

Daniela Silvestri Formarsi per poter formare ................................................ 40 Martin Dodman Lautonomia scolastica in Europa: un quadro variegato ............................................................................ 45 Antonio Umberto Ricc Considerazioni di un impolitico .......................................... 50 Riccardo Aliprandini La spinta propulsiva ha bisogno di una nuova partenza .............................................................................. 58 Andrea Felis Una svolta rimasta a met del guado ................................ 62 Lois Ellecosta Lautonomia scolastica nelle localit ladine ...................... 66 Karl Spergser Haben sich die Erwartungen erfllt?.................................. 70 Gianfranco Amati Allalba della dirigenza. Un piccolo vademecum per nuovi dirigenti scolastici ........ 74

RubricheSCHEDEA quarantanni dalla Lettera a una professoressa .............. 81 Raffaele Iosa 40 anni dopo: don Milani, leducazione, la scuola e la societ oggi .................................................................... 83 Piergiuseppe Ellerani Lesperienza di Barbiana e lapprendimento cooperativo ...... 99 Giandomenico Magalotti La cittadinanza negata un fatto sempre attuale .............. 103 Gli autori di questo numero ................................................ 105 Seminario dellIp sullo scenario delle riforme scolastiche .... 1094

Editoriale

Riuscir il piccolo Davide dellautonomia a battere il gigante Golia?Questo numero di Rassegna nasce con lintento di verificare, a dieci anni dalla legge Bassanini e a sette anni dalla legge provinciale 29 giugno 2000, Nr.12, quanto lintroduzione normativa dellautonomia delle istituzioni scolastiche, intesa come parametro di valore che conferisce senso e significato allintero processo di riforme in atto nel sistema formativo, abbia prodotto concrete realizzazioni nelle nostre scuole, ovvero abbia maturato riflessioni per la rifondazione dei segmenti di autonomia fin qui realizzati. Negli interventi che seguono di pedagogisti, insegnanti, dirigenti, studiosi e protagonisti del processo riformatore della scuola italiana e locale, appare, sullo sfondo, uno scenario reso complicato dallavvicendarsi di provvedimenti e indicazioni ora adottati, ora negati, ora riveduti o corretti, e reso complesso dal rapido affermarsi di5

una societ colma di diversit, in cui la scuola fa fatica a elaborare e padroneggiare, con serenit e autorevolezza, tutti i compiti a cui chiamata. La rivista, che ormai da quasi tre lustri accompagna lattivit dellIstituto pedagogico e della scuola locale con riflessioni e approfondimenti, mai disgiunti dallintendimento di stimolare discussione critica sui contenuti, gi alla fine del 1998 (cfr. N. 8, Pellegrini Galastri, Daniela, Le linee culturali e programmatiche dellIP per il 1999, Rassegna N. 8-1998, pp. 7-13) aveva affrontato gli scenari di una scuola in profondo cambiamento e aveva individuato nei fattori autonomia, valutazione, rapporto con lUniversit e sistema formativo integrato i punti qualificanti del rinnovamento. Si era poi cimentata con la novit dellintroduzione nel sistema scolastico altoatesino della legge provinciale sullautonomia delle istituzioni scolastiche nel 2000 (cfr. nr.13 di Rassegna : Lautonomia alla prova), lanno stesso della sua promulgazione, accompagnando le riflessioni allora elaborate dal giurista, con le aspettative, perplessit, speranze e paure espresse nel contempo da insegnanti, dirigenti, genitori, politici, sindacalisti Gi in quelloccasione era stato messo in evidenza un profondo iato tra la densit della riforma e la capacit di recepirla (p. 50). Le varie componenti della societ che avrebbero dovuto collaborare nel progetto di politica educativa e formativa della scuola autonoma non si erano mostrate molto fiduciose. Erano invece apparse confuse, perplesse, divergenti, intimorite, nonostante il continuo richiamo della rivista stessa ai passi gi compiuti dalla scuola altoatesina di lingua italiana per introdurre concretamente e sperimentalmente novit che in quel momento venivano introdotte per legge, con una innegabile rottura giuridica con il passato. Due anni dopo, nel nr. 17, che assunse il titolo Autonomia, federalismo e scuola, la rivista colloc la medesima discussione sullo sfondo delle riforme del titolo V della Costituzione italiana, da poco emanate, in un momento in cui il sistema politico italiano si trovava in un processo di profonda trasformazione, che coinvolgeva anche la scuola, in quanto sottosistema sociale in costante rapporto di tensione partecipativa e culturale con quello pi ampio. Un dibattito pubblico, organizzato dallIstituto nel marzo del 2003, che vide protagonisti Roberto Toniatti(giurista, preside della facolt di Giurisprudenza di Trento), Emanuele Barbieri (direttore generale al Ministero Pubblica Istruzione), e Anton Pelinka (politologo), fece emergere da un lato preoccupazioni legittime per tutti i pezzi ancora mancanti della riforma, mentre dallaltro affid tutte le speranze, ancora una volta, soprattutto alle nuove istituzioni scolastiche autonome, che avrebbero dovuto sapientemente realizzare limpresa, individuando e attivando le esperienze migliori, riservando per altro priorit alla valorizzazione del soggetto in apprendimento. Le tappe ora accennate della riflessione accompagnavano, come s detto,6

una intensa attivit di sperimentazione e ricerca dellIstituto, volta a far emergere, anche, ma non solo, in relazione alla novit e al tema dellautonomia, innanzi tutto e sempre il significato della scuola e la sua funzione e, quindi, il perch di tale novit normativa, unanimemente ritenuta indispensabile e provvida; contestualmente indagava anche i punti di crisi, il ruolo della ricerca applicata, la cultura della valutazione e dellautovalutazione, ancora carenti, ma ritenuta sempre pi imprescindibile. Dal confronto serrato in gruppi seminariali e con esperti, emergevano da una parte scetticismo e preoccupazione per le conseguenze in termini di frammentazione del sistema formativo, dallaltra si sviluppavano modelli e strategie di sostegno che potessero risultare effettivi ed efficaci per le unit scolastiche. Da ogni parte veniva comunque ribadita una conferma, riaffermata oggi anche nel presente fascicolo, alla scelta dellautonomia scolastica come risposta obbligata al mutare delle condizioni sociali ed ambientali, e come inevitabile strategia con cui gestire il rapporto dialettico tra centro e periferia. Tale conferma induce anche oggi a focalizzare il tema in rapporto ad una scuola intesa come luogo in cui si erogano prestazioni concernenti diritti civili e sociali, e, quindi, come luogo di tutti, del singolo cos come della comunit di riferimento, in cui si esercita il diritto alluguaglianza delle opportunit; luogo di democrazia per eccellenza e in cui si sperimenta, al pi alto grado, la relazione. Proprio nella relazione educativa affonda la sua indagine, in questo fascicolo, Daniela Silvestri, andando a ricercare la sostanza dellautonomia ed interpellandone il significato pi profondo, senza appagarsi di definizioni legislative, di procedure burocratico-amministrative, di illusioni da perfezione normativa. La relazione educativa come fondamento di senso dellautonomia scolastica evita ogni deriva individualistica e conferma nella necessit dellassunzione pi profonda del termine da parte di tutti i soggetti coinvolti. Leducazione diviene percorso di individuazione e costruzione di s, come titolare di scelta, in un tessuto di relazioni giuste che promuovono lessere. La relazione cos intesa conferisce senso assoluto allautonomia nella scuola, del soggetto educante, come del soggetto in apprendimento, cos come dellistituzione stessa, che acquista piena soggettivit in relazione ai soggetti che la compongono, ma anche in rapporto di eteronomia con le altre istituzioni centrali, statali o provinciali. Viene data piena conferma dunque al principio dellautonomia scolastica, idea buona, su cui convergere il nostro sguardo in educazione. Ma le realizzazioni? Nessun termine che nella nostra civilt definisca il complesso scuola-educazione, come paideia o Bildung, indica propriamente specificit contenutisti7

che o ambiti tecnici determinati. Tali termini esprimono piuttosto lesigenza di definire (si veda: M.Cacciari (AA.VV.a cura di I.DIONIGI, Di fronte ai classici, ed.B.U.R. 2002, pag.21) un campo di energia, uno stato generatore di potenzialit, lapertura a molteplici possibili, piuttosto che lorientamento a scopi precisi. Loperazione di introdurre il modello dellautonomia nelle scuole non poteva essere quindi finalizzata soltanto allinnovazione in termini di efficacia, efficienza ed equit, ma principalmente allesigenza di condividere, in comunit educative consapevoli e responsabili, la lettura di un contesto sempre pi complesso, in cui giovani con bisogni estremamente diversificati e sempre pi diversamente acculturati, potessero fruire di unofferta capace di incontrare le fondamentali esigenze di una societ sempre pi frammentata e di una cultura sempre pi globalizzata, in unetica tuttavia laica e pubblica, di uguaglianza di opportunit. Di fronte a cambiamenti politici, economici, sociali e tecnologici, la scuola, in quanto luogo di relazioni educative e, quindi, comunit educativa essa stessa, era chiamata precipuamente a un compito formativo assunto in forma responsabile, autonoma appunto. Con lautonomia, quindi, la comunit scolastica ha acquisito, in una sorta di mutazione genetica (cfr.G. Denicol, Le nuove scuole come enti pubblici autonomi, Rassegna nr.13, 2000, p.10) la propria piena soggettivit, recidendo il proprio rapporto ombelicale, organico e gerarchico, con lamministrazione statale e/o provinciale. Ma contestualmente ha assunto, solennemente, un vero e proprio magistero: larmonico inserimento dellindividuo nella comunit civile. Non un compito astratto: etica, politica ed educazione divengono, attraverso tale trasformazione, aspetti intrinsecamente connessi nella scuola intesa come comunit, responsabilmente impegnata nella realizzazione di tale compito. Se etimologicamente la parola autonomia significa propriamente la condizione di un soggetto che ha in s la capacit di determinarsi in conformit ad una legge propria, in contesto educativo e formativo essa esprime il modo pi persuasivo di organizzare la vita collettiva e di strutturare non pochi luoghi della societ civile per affrontare i fenomeni che la riguardano. I dirigenti scolastici, negli interventi che leggiamo in questo fascicolo, non sottacciono i fenomeni che incombono sulla societ attuale e i problemi che ne derivano per la scuola, anche per quella altoatesina, quando essa esercita la propria funzione educativa e culturale: instabilit familiare, disagio e inadeguatezza della funzione genitoriale, eterogeneit delle classi anche a causa di una crescente presenza di alunni provenienti da altre culture e con conoscenze linguistiche diverse, ansia e frustrazione di una professione docente alla quale con una mano viene consegnata ogni speranza del futuro, con laltra viene tolta fiducia e8

credibilit. Come madre di tutte le difficolt essi indicano tuttavia la situazione di crisi politica, che rischia di far retrocedere societ e cultura su posizioni retrograde, individualistiche, qualunquistiche, superficiali. Eppure, per Aliprandini, lautonomia ha aiutato la scuola nellultimo decennio: lha emancipata sul piano organizzativo e amministrativo e lha stimolata sul piano finanziario. E sul piano didattico? Afferma che se qualcosa si raggiunto, lo si fatto soprattutto in virt dellautonomia organizzativa applicata al tempo scolastico, in materia di continuit, impiego del personale, alternanza scuola-lavoro Sembra concludere che lautonomia ci ha difeso dalla crisi politica nazionale e dallimmobilismo locale e ha sostenuto la scuola nel tenere a bada, se non nellaffrontare concretamente, le sfide pi urgenti e quelle imminenti: elevazione dellobbligo, istruzione tecnica e professionale, standard di competenze pi elevati. Lautonomia rimane dunque un sogno, unutopia, ma anche un sostegno e un baluardo nelle fragilit che derivano dallincertezza esterna. Gli esperti nazionali De Anna e Fiorentini sembrano concordare con i testimoni locali che lautonomia delle scuole deve poter contare su una rete solidaristica esterna, su impegno politico, culturale e di ricerca didattica per superare la tentazione di una visione minimalista di tanta utopia. Il docente esortato a non retrocedere su posizioni conservatrici, ad impegnarsi confidando nella consapevolezza che nellautonomia trova supporto il costruttivismo epistemologico e pedagogico che pone al centro del processo di insegnamento/apprendimento lattivit costruttiva dellalunno. Il timone va tuttavia maggiormente orientato verso la didattica, i saperi essenziali, i metodi, le modalit relazionali, linclusione, le competenze Non vanno disdegnate, bens ricercate le collaborazioni con le autonomie locali, concentrandosi per su un curricolo che faccia riferimento alle risorse del territorio in modo integrato e centrato sulle competenze fondamentali in lingua, matematica, scienze, storia (Fiorentini). Dodman, dal canto suo, accanto ad uno sguardo sul quadro variegato dellautonomia scolastica nei paesi europei, pone laccento sui due grandi problemi tuttora aperti dellautonomia scolastica nella scuola italiana. Innanzi tutto lincertezza e il disagio che perdurano nella costruzione dei curricoli a causa di indicazioni nazionali confuse e ricorrenti. In secondo luogo la carenza di regole nellutilizzo delle risorse umane nella istituzione scolastica autonoma. Laspettativa per il futuro? Linee guida che consentano la costruzione di curricoli da parte di un personale docente professionalmente avanzato, che alimenti la propria professione di ricerca, conoscenza normativa, cultura. Anche la scuola ladina (Ellecosta) sembra attendersi novit positive dallautonomia didattica, legate soprattutto allo sviluppo della professione docente. Al9

riguardo non si nasconde tuttavia la difficolt della ricerca in una realt quantitativamente poco estesa quale quella di lingua ladina. Ritiene che esplorati legami e rapporti fra le tre scuole altoatesine e i rispettivi retroterra culturali potranno certamente offrire soluzioni convrete. E nella scuola altoatesina di lingua tedesca? Spergser afferma che lintroduzione dellautonomia ha favorito varie forme di transizione verso linnovazione, che altrimenti avrebbero incontrato difficolt. Dapprima considerata Stiefkind venuto da Roma, in realt essa ha portato nelle scuole non solo la dirigenza per presidi e direttori e conseguente managerialit organizzativa e gestionale, ma anche una nuova cultura della responsabilit docente. I positivi risultati raggiunti dagli alunni sul piano degli apprendimenti inducono a proseguire sulla strada delle novit conquistate. Ma talora prevale la fatica della polemica sui molteplici tavoli interessati al pianeta scuola, spesso arroccati nella difesa delle reciproche posizioni. Pi che di contrapposizione, osserva Spergser, c bisogno di dialogo su concetti di fondo: democrazia, cultura, scuola pubblica, amministrazione; e, ancora: funzione docente, dirigente, politica. La via duscita sar quella di trovare un nuovo orizzonte comune, verso il quale tutti i singoli (docenti, dirigenti, politici), ma anche le istituzioni (governo provinciale, Intendenze, sindacati e scuole autonome) possano sviluppare il proprio ambito di azione autonomamente e in sinergia. Su un tono pi lieve e scherzoso, testimonianza dellesperienza e del senso di attesa vissuti dai dirigenti allalba dellautonomia, si colloca lintervento di Gianfranco Amati che, pur nel cenno di satira allenfasi e alle ingenuit, anche lessicali, della prima ora, ha contribuito dallinterno a questo momento di rinnovamento e desidera, anche per questo, offrire un consiglio alle nuove leve a cui ha passato il testimone. Lintervento della Presidente del Comitato di valutazione provinciale della scuola altoatesina di lingua italiana, Liliana Dozza, apprezza lo sforzo sviluppato dalla scuola negli ultimi decenni per esplorare soprattutto fattori interni alle pratiche educative e alla loro organizzazione. Apre tuttavia alla speranza che ladozione di una nuova logica, diacronica e dinamica, inaugurata dalle ricerche del Comitato consenta uno sguardo pi appropriato sui fenomeni di profondo e rapido cambiamento in atto in tutto il contesto, interno ed esterno alla scuola. Felis, docente, ma anche genitore e pubblicista, ripercorre, con ironia e disincanto, la cronaca dellavvento dellautonomia scolastica in Italia e in Alto Adige: la norma arriv accompagnata dallo scarso interesse dei media (attenti pi a ci che fa audience che a ci che agisce in profondit), dallo scarso entusiasmo degli apparati burocratico-amministrativi nazionali e locali (preoccupati della crisi di paradigmi organizzativi forti e capaci di assorbire a lungo linnovazione senza modificarsi), dalla opaca ostilit silenziosa di tanta parte della scuola reale, convinta che il cambiamento sarebbe stato solo di facciata. Ma oggi, afferma Felis, tutti possono constatare che la consapevolezza della svolta si affermata e10

consolidata. Rimangono purtroppo problemi di natura ideologica, legati soprattutto allo sviluppo incompleto di concetti di democrazia, partecipazione e leadership, e di natura psico-sociologica locale, che egli attribuisce alla sindrome altoatesina degli Italiani di fronte ad una provincia considerata troppo potente, ma munifica. Si tratta di vincoli che bloccano tuttora la realizzazione dellautonomia a met del guado. La soluzione potrebbe venire da scuole che, motu proprio e collegandosi fra loro, mettessero in circolo lingue, culture, discipline, senza sognare lautonomia come se fosse lutopia del futuro, quando invece una conquista raggiunta da tempo. Fortunatamente, aggiunge, ci soccorre lEuropa che ha promosso indirettamente, anche nella nostra societ e nella nostra scuola non pochi cambiamenti. Il testimone dunque torna sempre alla scuola: una scuola che sappia svolgere consapevolmente un ruolo che suo, e che sappia sostenere la vitalit, la fecondit e lautonomia dello stile europeo e che, apprezzando il logos, conservi tuttavia lapertura dello sguardo verso lutopia. Daniela Pellegrini Galastri

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StudiMARTIN DODMAN

Lautonomia scolastica dopo 10 anni e due problemi aperti: i curricoli e le risorse umaneNel 2000, in un mio editoriale per il numero 13 di Rassegna, ho proposto come spunto per una riflessione sulla dimensione concettuale dellautonomia scolastica una definizione di Maturana e Varela in cui si dice che un sistema autonomo se capace di stabilire le proprie leggi, le proprie specificit. PROBLEMI DI INTERPRETAZIONE La parola legge esprime sia lidea di principi regolatori dei comportamenti che di principi fondamentali di fenomeni, eventi, attivit. Nella prima accezione si tratta di un ruolo che spetta al Ministero della Pubblica Istruzione, in quanto i suoi atti legislativi devono permettere la costruzione di un sistema scolastico, composto da scuole intese come singoli sistemi autonomi, capace di garantire unadeguata ed efficace disponibilit di opportunit formative in base alleffettiva necessit, fornite di criteri di razionalit ed efficienza, e di definire diverse forme di percorribilit interne al sistema scolastico e rapporti12

organici fra i diversi percorsi. Nel secondo caso si tratta di come le scuole, in quanto singoli sistemi autonomi o sistemi scuola, debbano dotarsi di leggi da cui scaturiscono le loro specificit e dunque essere in grado di realizzare unofferta formativa corrispondente ai bisogni del proprio bacino di utenza. Naturalmente i principi regolatori dei comportamenti devono essere tali da permettere ai principi fondamentali di fenomeni, eventi, attivit di esprimersi a dovere. Da questa prospettiva occorre innanzitutto stabilire un chiaro quadro legislativo di riferimento strutturale in cui il Ministero esercita una funzione di indirizzo e le scuole godono di piena autonomia progettuale e decisionale allinterno di linee guida basate su una razionale divisione di compiti fra diversi soggetti e livelli istituzionali: il centro, le istituzioni territoriali (regioni, province, comuni) e le scuole. Gi ventanni fa la Conferenza Nazionale sulla Scuola del 1988 identific nella rigidit che derivava dallaccentramen-

to delle funzioni amministrative e burocratiche un ostacolo allo sviluppo della Societ e della Scuola e come fosse dunque necessario riconoscere alle Istituzioni scolastiche lautonomia. Costruire un tale scenario, per, richiede una vera e propria rivoluzione culturale e psicologica, una capacit da parte di tutti di concepire lautonomia come un valore riconosciuto e condiviso e non come uno spazio concesso (talvolta anche malvolentieri) e rigidamente circoscritto. Dopo un lungo periodo di attesa, la Legge Delega 59 del 1997 ha delineato contorni assai chiari, interpretati dal primo Regolamento di attuazione DPR 275 del 1999, che assegnava alle scuole autonomia funzionale, declinata in autonomia didattica e organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo, autonomia nella costruzione del curricolo e una certa autonomia nellesercizio di funzioni amministrative e gestione del sevizio distruzione. Questi primi due atti legislativi sono stati modificati dal DPR 352/2001 e ri-modificati o interpretati da vari atti legislativi e amministrativi degli anni successivi, e integrati dalla riforma dellamministrazione scolastica centrale e periferica DPR 347/2000, successivamente modificato dal DPR 319/2003, nonch dalle modifiche introdotte al Titolo V della Costituzione del 2001. Purtroppo gli sviluppi successivi hanno messo in evidenza forti differenze di interpretazione del concetto stesso di autonomia. Di conseguenza

sono sorti molti problemi riguardo a idee fondanti, chiarezza di regolamentazione, percorsi di attuazione, problemi di interazione fra leggi del sistema scolastico e leggi dei sistemi scuola legati ai complessi processi di decentramento mesi in atto. Cos il decollo e lo sviluppo del progetto non sono stati n facili n rapidi, ma sovente difficili e contrastati. Il fatto che si sia dovuto ricorrere pi volte alla Corte Costituzionale sentenza 13/2004 (ribadita nelle sentenze 34/2005, 37/2005, 279/2005): lautonomia delle scuole non pu risolversi nella incondizionata libert di autodeterminazione, ma esige soltanto che a tali istituzioni siano lasciati adeguati spazi di autonomia che le leggi statali e regionali, nellesercizio della potest legislativa concorrente, non possono pregiudicare testimonia ampiamente le difficolt incontrate. Difficolt che partono dallinterpretazione e dalla declinazione del concetto di autonomia funzionale, a partire dalla domanda: funzionale a che cosa? In questo articolo vorrei prendere in considerazione due aspetti fondamentali dellautonomia funzionale, non dal punto di vista giurisdizionale, ma da quello di una funzionalit alla realizzazione della ragione dessere del sistema scolastico e dellofferta formativa la costruzione di curricoli e progettazione e risorse umane entrambi dei quali mettono in evidenza linterdipendenza fra i due tipi e livelli di legislazione: quello del sistema scolastico e quello del sistema scuola.13

LA COSTRUZIONE DEI CURRICOLI Il principale obiettivo della regolamentazione dellautonomia scolastica deve essere quello di permettere alle scuole di costruire curricoli caratterizzati in primo luogo da rapporti di continuit fra ordini e cicli allinterno di un percorso formativo unitario. Larticolo 8 del Regolamento DPR 275/1999 stabilisce come il Ministero eserciter la sua funzione di indirizzo attraverso una definizione (in un documento ministeriale successivamente chiamato Indirizzi e poi Indicazioni) del quadro in cui ogni scuola proceder alla costruzione del proprio curricolo. Purtroppo, il cammino verso questo obiettivo stato caratterizzato da una grande lentezza, accumulando ritardi diventati via via sempre pi pericolosi, effettuando virate poco coerenti e talvolta azzardate, creando sovente disorientamento e confusione, coinvolgendo solo alcuni cicli (infanzia, primaria e secondaria di 1 grado), quando le scuole avrebbero un grande bisogno di elementi di chiarezza e un quadro di riferimento unificante per ogni ciclo dellintero sistema. Un primo problema per la realizzazione di questo scenario la mancanza in tutti i vari documenti ministeriali emersi attraverso gli ultimi dieci anni di un adeguato trattamento del concetto stesso di curricolo una mancanza esacerbata dallintroduzione dellidea di Piani di Studio Personalizzati dal Ministro Moratti inteso come unidea di scuola nel suo complesso orga14

nizzativo e operativo, strutturale ed esperienziale. Un curricolo presuppone una descrizione articolata del percorso che si vuole costruire e le modalit con cui si intende perseguirlo. A mio avviso, nessuna delle tre versioni delle Indicazioni finora prodotte (2001 De Mauro, 2004 Moratti, 2007 Fioroni) ha fornito alle scuole quanto veramente necessario per facilitare questa descrizione. Un secondo problema riguarda quello che larticolo 8 del DPR n. 275 dell8 marzo 1999 prevede per gli obiettivi generali del processo formativo e gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni che il Ministero intende stabilire. Nel primo caso, i vari documenti emersi non hanno proposto con sufficiente chiarezza risposte a domande fondamentali che riguardano i valori sottesi alla formazione, alle caratteristiche dellofferta formativa che si vuole proporre, alla natura stessa dei processi che si vuole promuovere, alle esigenze e ai ruoli delle persone che ne fanno parte. Oltre alla poca chiarezza sugli obiettivi generali, si trascina da anni anche un problema di definizione dellespressione obiettivi specifici di apprendimento relativi a competenze. La funzione di indirizzo di un Ministero deve facilitare la costruzione di un lessico comune che sia veicolo di unidea di scuola condivisa e che permetta di confrontarsi e cooperare nella realizzazione di quella idea. Chi ha letto i

vari documenti ministeriali degli ultimi dieci anni ha sovente la sensazione di un uso di parole chiave che non sono impiegate in maniera univoca, ma che addirittura vengono usate per esprimere idee assai diverse. naturale che esistano pareri diversi e talvolta contrastanti sul significato da assegnare ai singoli termini e dunque sullidea sottesa ai curricoli da costruire. Si tratta di una caratteristica inevitabile di ogni fase di transizione, quando il passaggio da un paradigma di riferimento a un altro comporta una confusione terminologica e dunque la ricerca di un nuovo lessico con cui inquadrare i complessi processi di cambiamento. Linee guida ministeriali devono svolgere un ruolo di facilitazione di questo processo. Purtroppo finora cos non stato e la recente introduzione di nuove terminologie come Traguardi per lo sviluppo delle competenze non ha fatto che creare ulteriore confusione. Questa situazione ha prodotto un quadro molto variegato allinterno del sistema scolastico. A partire dal 2000, in base al Regolamento del 1999 e in attesa dellarrivo delle Indicazioni previste, basandosi sulla propria esperienza sperimentale e su unormai corposa letteratura di riferimento fra cui spiccava la Sintesi del lavoro della Commissione dei Saggi del 1998, un numero crescente di scuole ha cominciato a rivedere e riorganizzare la propria offerta formativa e i percorsi proposti, cercando di rendere questi percorsi caratterizzati da continuit, essenzialit e trasversalit, e costruire curricoli con

obiettivi specifici di apprendimento relativi a competenze. Altre scuole hanno preferito attendere larrivo di un altro documento da parte del Ministero, non riuscendo poi a far in tempo a esaminare le Indicazioni uscite nei primi mesi del 2001 prima della loro quasi immediata sparizione, e rimanendo per lo pi decisamente deluse dalle successive Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati, considerate quasi universalmente come inadeguate allo scopo prefissato. In effetti, negli anni 2001-2006, si progressivamente realizzata una situazione alquanto paradossale in cui per molte scuole lautonomia scolastica, invece di essere interpretata come una costruzione di curricoli in base a linee guida ministeriali, diventata un modo di resistere a un Ministero che, nonostante i suoi continui richiami alla stessa autonomia, tendeva sempre di pi ad arrogarsi competenze che la Legge 59/1997 e il Regolamento 275/1999 riconoscevano alle scuole autonome. In questo scenario molte scuole hanno avviato un processo di costruzione dei propri curricoli, ignorando le Indicazioni nazionali oppure adoperando solo superficialmente alcune terminologie come Unit di apprendimento. Infine, allinizio dellanno scolastico 2007-2008 si verificata una situazione in cui un numero consistente di scuole (in certe zone ormai una maggioranza, mentre sul territorio nazionale complessivo probabilmente ancora una minoranza) ha avviato un lavoro di confronto fra i propri curricoli, ormai15

costruiti da tempo oppure ancora in via di costruzione, e una terza versione di Indicazioni, mentre altre scuole si sono convinte, pi o meno volentieri, che fosse giunto il momento di esaminare questa versione e avviare un lavoro in tal senso. Per questo processo il Ministero ha previsto un biennio di sperimentazione e dialogo prima di arrivare a Indicazioni definitive e un sistema scolastico pienamente caratterizzato da curricoli costruiti in autonomia dalle singole scuole in base a linee guida ministeriali. Contemporaneamente arrivato per la prima volta un documento di riferimento per la scuola secondaria di secondo grado riguardo allentrata in vigore dellobbligo distruzione elevato a 10 anni, contenente importanti orientamenti per la costruzione dei curricoli, e prevedendo una ricomposizione, in un contesto unitario, di tutti gli ordinamenti dellistruzione a partire dallanno 2009-10. Purtroppo, mentre scrivo, la caduta dellattuale governo ha ancora una volta messo in evidenza la fragilit politico-istituzionale del processo di regolamentazione dellautonomia e della costruzione di curricoli. LE RISORSE UMANE Sicuramente un aspetto molto positivo dellesperienza degli ultimi dieci anni per le scuole che hanno sperimentato la costruzione di nuovi percorsi curricolari stato il modo in cui esse hanno dovuto affrontare la questione dellutilizzo delle risorse umane. Una16

questione che si basa sul funzionamento di individui e gruppi che devono mettere in comune abilit e risorse, dividere e condividere responsabilit e decisioni, agire e valutare la validit e lefficacia dellazione intrapresa e della progettazione nella sua globalit. stato creato un patrimonio di esperienza riguardo ai vari aspetti dellideazione e creazione di procedure e prassi per lelaborazione, la gestione e la valutazione di quanto progettato, insieme alla facilitazione dei processi inerenti a tali procedure e prassi. Purtroppo anche in questo caso non vi stata unadeguata regolamentazione del rapporto fra dirigenza, organi collegiali, figure professionali, gruppi di lavoro che si formano e si sciolgono e gli individui che li compongono. Il funzionamento dellautonomia dipende dalla chiarezza con cui si definiscono obiettivi e ruoli e si realizzano i presupposti per il loro esercizio. Questo principio vale sia per gruppi stabili, investiti di varie funzioni istituzionali, che per gruppi flessibili, creati in base a diverse esigenze operative. Mentre molta attenzione stata data alla formazione dei dirigenti, rimaniamo in attesa perenne di una riforma degli organi collegiali, un nodo di fondo da scogliere, insieme alla questione di un organico davvero funzionale allautonomia e alla creazione di nuove figure professionali. Realizzare una vera autonomia richiede la liberazione di risorse umane, una presenza sufficiente per numero e

per tipo di figure professionali capaci di svolgere il complesso di ruoli, funzioni e azioni necessari. Gli attuali collaboratori del Dirigente e le funzioni strumentali non possono che corrispondere solo in parte alle esigenze. LIntesa sulla conoscenza, sottoscritta da Governo e Sindacati il 26/06/07, propone interessanti nuove prospettive per lo sviluppo professionale dei docenti. Occorrono nuovi criteri e modalit di utilizzazione del personale, basati su una logica di formazione, qualificazione e promozione delle competenze di una gamma di figure professionali, di superamento di rigidit e atteggiamenti protezionistici basati sulla paura del cambiamento, di allocazione di un vero organico determinato dalla

sua funzionalit alla progettualit della scuola, di razionalizzazione di risorse (umane, materiali e finanziarie) e strutture dintesa con gli enti locali. Una nuova regolamentazione dellautonomia dovr affrontare la questione di come realizzare queste premesse, le quali, insieme a linee guida capaci di permettere la costruzione di curricoli allinterno di un percorso formativo unitario, costituiscono i due problemi aperti pi urgenti per i due sistemi, quello scolastico e quello della scuola. Riferimento bibliografico Maturana H. e Varela F., 1987, Lalbero della conoscenza, Garzanti, Roma.

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StudiLILIANA DOZZA

Valutare nella scuola dellautonomia: percorsi possibiliLa valutazione in campo educativo pu essere definita come un processo di attribuzione di senso ad organismi e operativit complesse, che chiamano in campo differenti componenti e soggetti, coinvolti a vario titolo e con differenti livelli di decisionalit e responsabilit, nel processo valutativo e nellatto del valutare. La qualit in campo educativo, sia che ci si riferisca a singole scuole sia al sistema scolastico di un determinato territorio, va concepita e apprezzata non tanto in termini assoluti e autoevidenti, quanto in termini relativi, e va studiata mettendo in relazione ci che sta dentro, intorno e fuori alla singola istituzione scolastica e al sistema scolastico che si intende valutare, tenendo conto delle trasformazioni nel tempo. La valutazione si connota, in tal modo, come una pratica sociale, un complesso di procedure mediante le quali una collettivit analizza la ricaduta (lefficacia e lefficienza) nel tempo del proprio sistema formativo, valutando i punti di forza e di debolezza, riguardo a: fattori strutturali (strutture edilizie, risorse professionali, dotazioni) e18

funzionali (gestione risorse, temposcuola, organi collegiali, POF, diritto allo studio, aggiornamento e formazione personale, flussi informativi); indicatori di esito (generali: alunni promossi, respinti, che hanno abbandonato, licenziati/maturati, valutazioni; specifici: voti/competenze acquisite nello scrutinio finale per disciplina, corso, qualifica professionale) e indicatori di processo socioaffettivi e relazionali (soggettivi: descrittori di disagio/ben-essere; oggettivi: motivazione, tasso di assenze, partecipazione agli Organi Collegiali, ecc.), formativi e relativi al diritto allo studio (accoglienza, percorsi individualizzati, orientamento, continuit educativa/organizzativa/didattica, ecc.). UNA CONCEZIONE DI QUALITCONTESTUALE E DINAMICA

Nel quadro delle nuove responsabilit che lautonomia1 assegna alle Istituzioni scolastiche e allUniversit, la valutazione costituisce uno strumento

fondamentale per programmare, e la programmazione un fatto di governo interno. UnIstituzione scolastica o un Ateneo che voglia realizzare la propria autonomia ha, infatti, bisogno di sapere dove si trova, di muoversi avendo capacit di posizionamento e orientamento strategico, di compiere scelte educative con ampia consapevolezza, evitando il rischio dellautoreferenzialit. Si potrebbe usare la metafora dellarcobaleno per rappresentare il concetto di qualit: dipende dal contesto e dalla prospettiva dellosservatore. Le molteplici variabili determinanti la qualit di un sistema educativo sia esso una singola scuola o un sistema scolastico vanno apprezzate per la qualit contestuale e dinamica che producono attraverso la loro interdipendenza in situazione. Pensiamo al concreto fare scuola 2 (alle caratteristiche, motivazioni, competenze dei docenti, alla qualit delle interazioni nei team docenti, con e tra gli studenti) e alle interazioni e relazioni che nel tempo si costruiscono con il contesto storico-geografico, culturale-socialeeconomico di riferimento. Le scuole di un determinato territorio sono ad un tempo espressione del contesto storico-culturale, sociale ed economico e soggetti attivi potenzialmente in grado di influire sul contesto. Quanto pi si eleva lofferta culturale esterna tanto pi le scuole sono sollecitate e facilitate nellelevare la propria, e viceversa. Qualora sintenda innescare cambiamenti migliorativi, occorre realizzare e sostenere processi di ben-essere e di apprendimento che tro-

vino spazio e senso nei saperi formalizzati, cos come nelle interazioni con i pari, con i colleghi e nella comunit pi ampia, e che creino ancoraggi cognitivi ed affettivo-emotivi importanti per tutta la vita e nei differenti contesti della vita (OCSE, 2004).

1 Legge 59/97 detta Riforma Bassanini, oggetto del decreto presidenziale 275 del 1999 nel territorio nazionale, regolamentata dalla Legge Provinciale 29 giugno 2000, n. 12 in Alto Adige. 2 Se lattenzione si rivolge al fare scuola nei diversi ordini scolastici, fino allUniversit, nodi cruciali sono: 1) la qualit dei curricola e della didattica, dove per curricolo si intende un processo dinamico a cui concorrono un insieme di aspetti tra loro interdipendenti, quali larticolazione e la qualit dei saperi effettivamente erogati e la pertinenza rispetto agli obiettivi formativi e ai profili in uscita, ma anche lo svolgimento dei curricola nel loro complesso, quindi le azioni di orientamento e tutoring, lauto-valutazione e la valutazione esterna, le strategie facilitanti la comunicazione culturale, laggregazione sociale e tutto quanto attiene unefficiente gestione. Una variabile di primo piano risulta essere un insegnamento esemplare o, meglio, una dialettica insegnamento-apprendimento esemplare, che richiede al/ai docente/i competenze disciplinari e metodologico-didattiche, capacit di comunicare entusiasmo per loggetto di studio e di attivare motivazione ad apprendere, stile democratico e collaborativo, capacit di mettere a punto contesti generativi di costruzione di conoscenze e aree di abilit in differenti contesti e life skills, ossia competenze utili per orientarsi nei percorsi di istruzione, di formazione, di vita; 2) un fare scuola inteso nel senso di fare comunit di pratica e di discorso, che significa avere cura della ricerca/riflessione sullesperienza e della stretta interdipendenza tra qualit della ricerca e qualit della didattica.

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Fatta questa premessa, prendiamo atto che i modelli e le procedure per la valutazione dei sistemi scolastici sviluppati negli ultimi decenni hanno esplorato soprattutto fattori interni alle pratiche educative e alla loro organizzazione, senza riuscire ad elaborare modelli che fossero al contempo capaci di evidenziare le correlazioni tra i cambiamenti in atto in ambito scolastico (linguaggio orale e scritto, lingue, capacit di problem solving, ecc.) e quelli che marcano il quadro sociale e la cultura diffusa nei differenti strati della popolazione. Per esempio, ci si chiede quanto il quadro socio-culturale di riferimento influisca sullo sviluppo dellallievo, quanto il linguaggio dei mass media, in particolare quello televisivo (tendenzialmente omologante perch funzionale allincremento di fruitori possibili) incida sul profilo culturale dei ragazzi, e se addirittura non abbia un peso pi decisivo di quello proposto dalle scuole primariamente interessate ad accrescere il linguaggio disponibile. Se, e con quali obiettivi (concezioni, finalit e strategie) le scuole e i soggetti intenzionalmente educativi abbiano affrontato e affrontino il cambiamento. 2. AUTOVALUTAZIONE E VALUTAZIONEDI SISTEMA

Lautovalutazione promossa in autonomia dalle singole scuole e/o istituti nella forma di valutazione interna (basata su procedure e processi valutativi che coinvolgono in prima persona gli attori interni/esterni della vita quotidiana scolastica), ma anche nella forma di valutazione esterna, basata su procedure e processi valutativi commissionati dalla scuola allesterno (peer review, visite di amici critici, almadiploma: www.almadiploma.it). Lo scopo quello di raccogliere elementi di conoscenza che permettano di attivare allinterno delle scuole le forze che possono costituire potenziali di sviluppo del sistema, di compiere scelte in direzione di cambiamenti migliorativi, in alcuni casi di accreditarsi e acquisire certificazioni di qualit. La valutazione di sistema promossa da un committente esterno alla scuola (Stato, Provincia, ecc.) riguarda la valutazione delle singole scuole (facolt, atenei) e la valutazione di sistema. Lo scopo quello di fornire elementi di conoscenza utili a orientare le politiche scolastiche e i processi decisionali pi complessivi, di promuovere un processo di cambiamento migliorativo e di regolazione interno al sistema e alle singole scuole fornendo punti di riferimento anche per lautovalutazione delle singole scuole. Crediamo che unintegrazione dialettica tra i concetti e le pratiche relative alla autovalutazione e alla valutazione di sistema sia possibile oppure no a seconda della concezione di valutazione che si adotta.

La tensione verso la qualit delle singole scuole come del sistema scolastico richiede grande impegno a livello di autovalutazione, di valutazione esterna e di valutazione di sistema.20

Se si valuta adottando un approccio e una logica interpretativa sincronica e statica, si pu produrre una semplice fotografia dellesistente, che ha un effetto giudicante e sanzionatorio piuttosto che di promozione e di empowerment. Se si valuta adottando un approccio e una logica interpretativa diacronica e dinamica, si possono cogliere i cambiamenti dei sistemi scolastici nel tempo e li si possono correlare con le trasformazioni dei modelli culturali che nel tempo sono intervenuti nella popolazione presa in considerazione; si possono cogliere linee di tendenza e leggere i risultati come indizi del posizionamento attuale e potenziale di una scuola (e/o del sistema scolastico e formativo) nel contesto storico, culturale e sociale. In questo caso, si possono creare le condizioni per modelli di valutazione interessati a monitorare nel tempo il cambiamento e ad innescare, in tal modo, un processo circolare e intersoggettivo, dove lo sguardo dei valutatori interni e quello dei valutatori esterni possano trovare tempo e modi per confrontarsi non solo su quello che avviene nellorganizzazione del servizioscuola, ma anche sui criteri con cui apprezzare quello che avviene.

italiana si connettono con la storia delle scuole dellAlto Adige ed il processo di progressiva realizzazione dellautonomia scolastica, quindi con la storia del monitoraggio di qualit, con le ricerche sullapprendimento delle lingue, con listituzione di gruppi di insegnanti impegnati sui temi dellautovalutazione nelle scuole, con lesigenza di formazione emersa dagli stessi, con importanti progetti di formazione realizzati e in corso dopera3. Tra le scelte di fondo del Comitato di valutazione e del Nucleo della scuola di lingua italiana vi quella di sperimentare un modello innovativo dinda-

3. PRIMI CONTRIBUTI PER UNAVALUTAZIONE DELLA SCUOLA DI LINGUA ITALIANA IN ALTO ADIGE

Il discorso e i percorsi possibili per una valutazione della scuola di lingua

3 Tra le pubblicazioni, ricordiamo: L. Portesi (a cura di), Linnovazione per la qualit. Il monitoraggio del Progetto Pilota Provinciale nella scuola secondaria superiore della provincia di Bolzano, Quaderni di documentazione dellIstituto Pedagogico di Bolzano, Bergamo, Junior, 1999; L. Portesi, G. Fedele (a cura di), La valutazione degli apprendimenti nella scuola secondaria superiore, Quaderni di documentazione dellIstituto Pedagogico di Bolzano, Bergamo, Junior, 2003; M. Dodman e L. Portesi (a cura di), Crescere in pi lingue, Quaderni di documentazione dellIstituto Pedagogico di Bolzano, Bergamo, Junior, 2000, M. Castoldi (a cura di), Valutazione di sistema e sistema di valutazione, in Rassegna Periodico dellIstituto Pedagogico, n. 23 aprile 2004; M. R. Chiaramonte, M. Gandelli, G. Perna, L. Portesi, C. Vidoni (a cura di), Monitoraggio di qualit dellautonomia scolastica 2003-2004, suppl. n. 1 a Informa, n. 53 maggio 2005; I. Fiorin e M. Castoldi (a cura di), Autovalutazione per il cambiamento, in Rassegna Periodico dellIstituto Pedagogico, n. 31 dicembre 2006. Tra i progetti ricordiamo: C.O.O.P.E.R.A.R.E. e CUM-PETERE.

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gine che non sia basato esclusivamente su una rilevazione dallinterno, ma che guardi anche al contesto storico-sociale, alla cultura diffusa, al sistema formativo nel suo complesso, vale a dire a tutto ci che intorno ed esterno alle scuole. Le scelte di setting si fondano sulla definizione, chiarezza, esplicitazione degli obiettivi e delle procedure, sulla garanzia della riservatezza creando circuiti di confidenza, sulla restituzione dei risultati alle scuole. Tra i principali percorsi e attivit4 elenchiamo i seguenti: 1) Il progetto Mivas (Metodi Inferenziali per la Valutazione di Sistema), che si connota come ricerca empirica orientata alla conoscenza e alla decisione. Promossa dal Comitato e Nucleo di valutazione della scuola di lingua italiana, si avvale della consulenza scientifica di Benedetto Vertecchi e della collaborazione con il Dipartimento di Pedagogia sperimentale dellUniversit di Roma3 (Benedetto Vertecchi, Bruno Losito, Emma Nardi; Marco Svolacchia; Mauro La Torre; Francesco Agrusti; Maria Cristina Bevilacqua; Paola Mirti; Francesca Corradi), con il KRDB Research Centre della Facolt di Informatica (Diego Calvanese, Daniele Gobetti, Raffaella Bernardi, Paolo Dongilli), con il Centro di Competenza Gruppi & Lifelong Lifewide Learning della Facolt di Scienze della Formazione (Liliana Dozza, Giulia Cavrini, Silvana Antonello, Maurizio Girardi, Gabriella Kustatscher, Rasom Olimpia, Gabriele Di Luca, Gian22

carlo Bussadori) e il Centro Ricerca Lingua (Jessica De Angelis) della Libera Universit di Bolzano. Si propone di sviluppare una proposta innovativa rispetto alle tendenze in atto nel settore a livello nazionale e internazionale. Definisce un im4 Altre attivit sono state le seguenti: - Attenzione alle problematiche generali connesse alla Valutazione di sistema alla luce delle dinamiche di riforma scolastica in corso in ambito nazionale e locale (nuovi curricula, nuova normativa, ipotesi di riforma scuola infanzia ed elementare, sperimentazioni per lapprendimento del Tedesco/L2 e delle Lingue straniere, ecc.). - Partecipazione a Convegni nazionali ed internazionali. Partecipazione dei tre Comitati a Futurum - 2007-Fiera della Formazione Alto Adige. - Raccolta dei materiali bibliografici pi significativi in tema di valutazione (auto ed eterovalutazione ed inserimento nel L.I.V.E.). - Sostegno ai docenti impegnati nella formazione finalizzata alla valutazione interna nei propri istituti di appartenenza (collaborazione con C.O.O.P.E.R.A.R.E. E CUM.PETERE dellIstituto pedagogico di lingua italiana). - Indicatori di qualit: in fase di elaborazione sulla base del confronto con le istituzioni scolastiche, da sottoporre e discutere ulteriormente nelle visite a tutte le scuole programmate per la primavera 2008. - Elaborazione e pubblicazione di alcuni numeri de I Quaderni del Comitato: n. 1Febbraio 2007, Gli attori in gioco: i soggetti nel contesto del sistema formativo, a cura di Vito Mastrolia e Ingeborg Bauer Polo; n. 2 Maggio 2007, La scuola secondaria superiore e la Formazione professionale nella Provincia Autonoma di Bolzano. Analisi degli andamenti tra il 1990/91 ed il 2004/2005, a cura di Giorgio Franchi. - Partecipazione alle riunioni delle Sezioni per la progettazione in Educazione alla Salute ed Ambientale e relative valutazioni.

pianto teorico-metodologico funzionale ad una valutazione di sistema sensibile al contesto e dinamica. Il disegno della Ricerca MIVAS prevede di raccogliere informazioni direttamente dai documenti della produttivit culturale dei soggetti-attori dei processi educativi: in primo luogo degli allievi (le prove di terza media, meno artificiali delle prove strutturate e senza contesto cui solitamente si ricorre per esigenze valutative5), ma in seguito anche dei docenti e del personale dirigente e amministrativo (registri, libri di testo, materiali didattici, diari, interviste, documentazione di offerte intenzionalmente formative del sistema educativo non formale) e dei genitori (testimonianze orali relative al sistema di aspettative, allidea di progresso e di emancipazione) ed analizza le caratteristiche di tali documenti in relazione sia allattivit educativa delle scuole (linterno), sia allaffermarsi di modelli culturali nel quadro sociale (lintorno e lesterno). Nel caso della lingua italiana, risulta una sorta di dizionario del lessico adolescenziale che porta a riflettere sul linguaggio rifiutato, accettato, desiderato dai docenti e, pi in generale, sulle assunzioni socioculturali e sul sistema globale della comunicazione. Per questo importante leggere tali documenti in una dimensione temporale estesa nel passato e continuativamente aggiornata al presente6. Vista da questa prospettiva, la valutazione di sistema si dovrebbe espandere ben oltre le fasce det re-

lative allinfanzia e alladolescenza, verso let adulta e anziana. 2) Due Progetti di ricerca (commissionati dallAssessora e Vicepresidente della Giunta Provinciale, Luisa Gnecchi su proposta del Consiglio Scolastico Provinciale):5 Studiosi australiani, inglesi, americani parlano di fabbricazione di studenti addestrati a risolvere i test somministrati e del rischio di confondere lessere bravi con lessere visti bravi. 6 Si ritenuto utile prendere in considerazione i circa quarantanni successivi alla messa a regime della scuola media unica analizzando le prove di composizione scritta compresa in quattro campioni relativi agli elaborati del 1966, del 1979, del 1992, del 2005. Le successive rilevazioni avranno cadenza triennale (la prossima riguarder il 2008. I testi prodotti dagli allievi (di lingua italiana, tedesca, e inglese) sono stati trascritti in formato digitale, secondo criteri che assicurino la conservazione delle caratteristiche originali (comprese ortografia e punteggiatura, ma anche le correzioni fatte dagli insegnanti e i giudizi formulati) consentono di definire i lessici di frequenza, gli indici evolutivi della correttezza ortografica e della composizione del periodo, i modelli sintattici e gli stili argomentativi pi frequenti e, pi in generale, i cambiamenti nella competenza verbale. Sar interessante anche svolgere unanalisi multivariata, che permetta di apprezzare le correlazioni con larea geogratica, la dominanza linguistica, fattori strutturali (strutture edilizie, risorse professionali, risorse strumentali) e funzionali (gestione, tempo scuola, aggiornamento in servizio, ecc.), indicatori di esito generali (alunni promossi, respinti, abbandoni, media delle valutazioni) e specifici rispetto alle differenti discipline, indicatori di processo socioaffettivi e relazionali (soggettivi, quali descrittori del disagio/benessere, e oggettivi, quali tasso di assenze, partecipazione agli organi collegiali, lezioni effettivamente svolte rispetto al numero di ore di lezione previste, ecc.) e formativi (libri

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indagine comparativa delle medie dei voti conseguiti allesame di Stato dagli studenti e dalle studentesse delle scuole secondarie superiori dei tre gruppi linguistici; indagine sugli esiti dei soggiorni studio allEstero degli studenti e studentesse del penultimo anno di corso e relative problematiche al rientro. Entrambe le indagini sono state svolte in collaborazione dai responsabili dei Nuclei di supporto dei tre Comitati di valutazione e sono in corso di stampa. 3) Progettazione e realizzazione di L.I.V.E. (Laboratorio di Innovazione e Valutazione educativa), un laboratorio interattivo per gli operatori scolastici, gi disponibile su sito Internet. Raccoglie materiali di documentazione sulla valutazione, bibliografie di settore, prove dingresso per le scuole secondarie superiori, i test Ocse-Pisa resi pubblici e relative griglie di valutazione, un eserciziario di lingua italiana che potr progressivamente tenere conto delle emergenze evidenziate dalla valutazione di sistema, ecc. Ovviamente, gli insegnanti dei vari gradi ed ordini di scuola possono a loro volta mettere a disposizione dei colleghi materiali e strumenti. 4) Indagini OCSE-PISA, partecipazione del Comitato e del Nucleo operativo al gruppo di lavoro locale. 5) Visite conoscitive: sono state effettuate nel 2006/2007 (a tutte le istituzioni scolastiche in lingua italia24

na del territorio provinciale incluse le scuole paritarie) e verranno effettuate nella primavera del 2008, funzionali anche alla ricerca MIVAS. 6) Report e Convegni finalizzati alla restituzione degli esiti delle visite. Tra le proposte che il Comitato di valutazione ha fatto e intende sostenere per il futuro sia che organizzi una Banca dati in collaborazione tra i tre Comitati di valutazione, come da tempo ipotizzato, sia che possa disporre del lavoro da poco avviato in tal senso dalle tre Intendenze vi quella di raccogliere in modo sistematico dati di contesto, nonch di creare per lAlto Adige unAnagrafe degli studenti, dei diplomati e dei laureati, con la conseguente possibilit di compiere analisi multivariate, cos come di seguire nel tempo il percorso scolastico e gli sbocchi occupazionali degli allievi di una determinata area.di testo, convenzioni e collaborazioni con strutture intenzionalmente formative del territorio, esistenza ed efficacia/efficienza delle stesse, ecc.). In prospettiva, per valutare le competenze, bisogna allargare il quadro rilevando sistematicamente, facendole diventare capitoli di rilevazione: accanto alle competenze curricolari e cross-curricolari (di autoregolazione dellapprendimento: di tipo cognitivo e metacognitivo, motivazionali, di efficacia e autostima, relazionali, ansia da prestazione e da esami, ecc.) cosiddette soffici ma in realt rivelatesi, dagli studi sul mercato del lavoro, indispensabili, e quelle di base (informatica e lingue). Inoltre, se si vuole fare una rilevazione ai fini del cambiamento, bisogna disegnare un sistema di rilevazione che coinvolga scuola e partner sociali.

StudiFRANCO DE ANNA

Il problema della rendicontazione e la definizione dei livelli essenziali di prestazione per il sistema di istruzioneForse il modo migliore per offrire riflessione sul ci che stato, sul dove siamo o vorremmo essere, discutendo di autonomia scolastica, quello di proporre strumenti per proseguire il cammino iniziato dieci anni fa. Una proposta che confronta la riflessione su ci che e ci che deve essere con lanalisi dellesperienza che porta alla luce le consapevolezze progressive, le trasformazioni, lindividuazione di ci che manca. Strumenti dunque, per lo sviluppo. Ne indico alcuni, raggruppati in cinque categorie. NULLA DI PI PRATICO DI UNA BUONATEORIA

partire dalla Bassanini. Interpretazioni sia teorizzate sia, pi spesso, semplicemente agite nella pratica operativa. Nello schema seguente (vedi pag. 26) sono rappresentate sinteticamente per coppie di opposizione che articolano due polarit interpretative. Al primo polo appartengono le interpretazioni di tipo strumentale/funzionale. Secondo tali interpretazioni lautonomia scolastica rappresenta una modalit di governo e direzione del sistema di istruzione, profondamente diversa dalla tradizione consolidata di una catena di comando che procedeva dal Ministero, alle sue articolazioni periferiche, per arrivare alle scuole, segmentando ad ogni passo una linea di comando fondata sul potere autorizzativo (la firma) e sulla distribuzione di risorse economiche proporzionate (la borsa). Un modello apertamente posto in crisi da molteplici fattori che qui non riprendo, fondato sul primato dellof25

Non appaia singolare che tra gli strumenti che occorre mettere a punto per proseguire lo sviluppo dellautonomia scolastica io indichi quello di una buona teoria. In questi anni si sono sovrapposte e variamente intrecciate diverse interpretazioni dellautonomia scolastica, a

LA. come strumento funzionale Orientamento allofferta Le scuole autonome come filiali del Ministero Lo Stato come producer La catena di comando I vincoli del diritto amministrativo Lesclusivit istituzionale

LA. come condizione della sussidiariet Orientamento alla domanda Le scuole autonome comeimprese sociali Lo Stato come provider La rete di service La flessibilit dellimpresa e del mercato sociale Il confronto con la societ civile

Una transizione necessaria

ferta definita a livello di sistema (gli ordinamenti, i programmi, le modalit operative assimilate al diritto amministrativo). La novit organizzativa dellAutonomia di portata storica per il nostro sistema di istruzione, ma in tale interpretazione si mantengono alcuni paradigmi fondamentali del passato. Le scuole autonome sono viste (e poco importa se tale visuale venga teorizzata o semplicemente agita) come filiali del Ministero, in modo non dissimile, rispetto al paradigma organizzativo, di quanto possa accadere per una grande banca o per il servizio postale. Sono cio strumenti funzionali. Si mantiene il presupposto del primato dellofferta. Lo Stato (il Ministero) svolge una funzione di producer che operativamente si serve delle unit periferiche che agiscono sul territorio come responsabili finali del servizio offerto. Nelloperativit concreta rimangono in gran parte, sia pure con qualche26

attenuazione, i vincoli del diritto amministrativo e quelli della cultura organizzativa della Pubblica Amministrazione. Sul polo opposto lAutonomia vista come officina della sussidiariet. Le scuole autonome rappresentano i responsabili finali di un servizio alla cittadinanza e a questultima innanzi tutto, a partire dalla comunit locale di riferimento, danno conto di ci che fanno e di come lo fanno. Lo Stato ha funzione di provider; cio esercita le funzioni di sistema non in termini di catena di comando ma di servizi (regolazione, valutazione, consulenza) che devono supportare la funzione di indirizzo generale (politico e amministrativo) e di garanzie dei diritti eguali verso tutti i cittadini. La scuola autonoma si configura, in questa visione come una impresa sociale. In questi anni i due modi di intendere, sia espliciti, ma pi ancora agiti si sono confrontati ed intrecciati, in un complesso processo di transizione, tra avanzamenti, arretramenti, sviluppi e stasi.

Io credo che il compito per il futuro sia quello di gestire tale transizione e irrobustirla con esperienze consolidate. Vi sono, in tale prospettiva, tre questioni tra le molte, che possiamo considerare esemplari di tale transizione. Il meccanismo di finanziamento alle scuole in chiave budgetaria, che superi definitivamente le condizione di potere della firma e potere della borsa che sono tradizionali nel rapporto tra finanziatore (lo Stato, il Ministero) e il produttore finale (lIstituzione autonoma). In questo senso si muovono le pi recenti innovazioni, anche se in modo ancora timido, parziale, e con strumentazione che deve essere raffinata. Certo non si cambia dalloggi al domani un modello di finanziamento che rappresenta anche un modello di comando; ma occorre muoversi decisamente in tale direzione. Il rapporto con il terzo settore: se la scuola vista come impresa sociale allora possibile che le scuole, singole, o meglio associate in rete, diano vita a soggetti giuridico-economici, afferenti al terzo settore (consorzi associazioni configurate come ONLUS; fondazioni). Si mantiene in tale modo la funzione pubblica ma si accede ad un settore, anche economico, di straordinaria rilevanza. In questi anni le scuole autonome hanno moltiplicato le esperienze di autofinanziamento: il fund raising stata una delle attivit pi significative della nuova dirigenza scolastica, almeno di quella pi attenta e imprenditiva. Si tratterebbe di dare a tale esperienza la

struttura adeguata, sia sotto il profilo giuridico che economico. La pratica della rendicontazione sociale. Legata ai due punti precedenti sta limpegno a sviluppare forme di Bilancio Sociale che integrino la pi comune rendicontazione finanziaria e gli strumenti della programmazione dellattivit come il POF, su un supporto nuovo, capace di dare conmto ai cittadini della comunit locale, del valore complessivo prodotto dalla scuola sotto form,a di capitale sociale. LO SVILUPPO DELLA RETE DI SERVICE Se la scuola vista come impresa sociale va ricordato che si tratta comunque di una impresa di piccole dimensioni, e che dunque, con il mondo della piccola impresa condivide alcune condizioni operative comuni. Ha grande flessibilit, ma massa critica insufficiente (risorse economiche ed umane) per esercitare effettivamente lautonomia di ricerca e sviluppo e per produrre innovazione. Ha buoni livelli di creativit applicativa, ma ha scarse possibilit di capitalizzazione dellesperienza. Tali condizioni strutturali si coniugano con altre due questioni di sistema. La funzione di provider dello Stato implica lo sviluppo delle attivit di regolazione, valutazione, controllo. Inoltre in questa visione dei compiti dello Strato le garanzie di tenuta unitaria del sistema si fondano non sul27

la uniformit della norma amministrativa (che non ha mai garantito tale uniformit) ma sul know how circolante nel sistema (professionalit degli operatori, circolazione e veicolazione della ricerca educativa). La dimensione di governance del sistema di istruzione ed educazione. Quanto a dire che nel governo di sistema si disegnano titolarit plurime (Stato, Regioni, Autonomia scolastica) i cui rapporti sono essenziali per determinare il federalismo possibile. (quello, per ora, disegnato dalla Riforma Costituzionale approvata dal Parlamento e confermata dal popolo). Ebbene, in tale prospettiva diventa essenziale la costituzione e loperativit delle funzioni di service, oggi appena disegnate, dalle due agenzie nazionali. LAgenzia Nazionale per lo Sviluppo dellAutonomia Scolastica, con le sue previste articolazioni regionali; lIstituto Nazionale per la valutazione del Sistema Scolastico, Entrambe sono in via di ristrutturazione, anche se tale delicata ed essenziale operazione per la verit avvolta in un silenzio assordante per quanto attiene al dibattito politico culturale che dovrebbe coinvolgere non solo il mondo della scuola. Probabilmente tale silenzio il segno di una sottovalutazione del ruolo essenziale che tali funzioni dovrebbero assumere proprio in relazione ad una concezione evoluta dellAutonomia scolastica, quale si tentato di schematizzare pi sopra. Sottolineo solo quali28

sarebbero, a mio modo di vedere, le attivit di service da porre in capo alle agenzie nazionali: 1) la ricerca educativa e la validazione operativa dei suoi risultati; 2) la ricerca sulla qualit dei servizi e della loro gestione e la sua certificazione; 3) la definizione dei Livelli Essenziali di Prestazione e la loro manutenzione; 4) le attivit di valutazione da sviluppare lungo lintera matrice della valutazione stessa: valutazione degli apprendimenti, valutazione delle organizzazioni, valutazione del personale; 5) la documentazione (la capitalizzazione delle esperienze) e il benchmarking. Ma altrettanto importanti sono le condizioni operative (quelle che costituiscono il vero oggetto della ristrutturazione in corso). 1) La prima costituita dal fatto che le due agenzie nazionali dovrebbero essere considerate (e costituite) come tecnostrutture al servizio dellintero sistema di governance. Dovrebbero agire con come serventi del Ministero, ma per e per conto di tutti i titolari della governance: lo Stato, le Regioni,.le Istituzioni scolastiche autonome. 2) Ci comporta e rafforza la necessit di un loro statuto di terziet, che andrebbe attentamente configurato sia sotto il profilo giuridico che sotto il profilo delle regole operative (risorse, personale, bilanci, ecc..).

3) La collaborazione con le reti di ricerca sia nazionali che internazionali. 4) La connessione operativa in rete con le scuole, anche nella forma del loro decentramento operativo sul territorio. Molte delle prospettive future dello sviluppo dellAutonomia scolastica dipendono dalla messa a punto di tale rete di service. Dei tre titolari della Governance (insieme allo Stato ed alle Regioni) le scuole vivono questa fondamentale contraddizione: sono il soggetto giuridicamente e amministrativamente pi debole (gli altri hanno sia potere legislativo che amministrativo), ma sono i responsabili finali del servizio che operano a contatto e sotto il controllo dei cittadini. Un modo per superare tale contraddittoria debolezza proprio quello di dotarle ed affiancarle ad una rete di servizi (ricerca, consulenza, valutazione) qualificati cui accedere per qualificare il loro stesso prodotto e legittimarlo a fronte dei cittadini. LA DEFINIZIONE DEI LIVELLI ESSENZIALI DI PRESTAZIONE PER ILSISTEMA DI ISTRUZIONE

ecc.. che non pongano come base del loro intervento i Livelli Essenziali di Prestazione che costituiscano limpegno base del sistema di istruzione ed educazione pubblico. La loro definizione per la scuola rappresenta un impegno di primaria rilevanza sia sotto il profilo scientifico che sotto il profilo dei sistemi amministrativi e di gestione, sia sotto il profilo dei modelli e delle scelte organizzative di ogni singola istituzione scolastica autonoma che solo a partire dai LEP pu trovare una validazione omogenea e comparabile. Infatti: I LEP costituiscono le prestazioni corrispondenti a diritti di cittadinanza definiti costituzionalmente, dunque esigibili; La definizione dei LEP compito esclusivo dello Stato, che costituisce il vincolo di eguaglianza dei cittadini rispetto allattivit operativa dei diversi titolari della produzione del servizio. Nel Servizio Sanitario Nazionale su tale base che si organizza sia lintervento dello Stato, sia quello dei sistemi sanitari regionali, sia quello delle aziende sanitarie locali. Lesigibilit di tali servizi definiti in comune tra i diversi titolari sancita sia dalla giurisprudenza (un cittadino di una regione che non trovi risposta a tale livello essenziale pu cercarlo ed ottenerlo alle stesse condizioni in altra regione o addirittura privatamente), sia dalla pratica organizzativa delle aziende sanitarie ed ospedaliere. Analoga29

Con la riforma del Titolo V della Costituzione, non vi (dovrebbe) essere alcun intervento di legislazione statale, alcun provvedimento o indicazione amministrativa, alcun sistema di valutazione delle organizzazioni, modelli di controllo di gestione e di qualit,

dovrebbe essere la situazione nella scuola, per garantire e guidare uno sviluppo autentico dellautonomie e contemporaneamente disegnare le responsabilit dei singoli produttori. Infine non inutile ricordare che il sistema dei LEP posto a fondamento della ripartizione delle risorse, sia finanziarie che umane e guida limpegno costante al miglioramento organizzativo dei produttori. Le componenti costitutive dei LEP sono: la definizione (la nomenclatura della prestazioni riferite al diritto di cittadinanza); linsieme tecnico operativo delle prestazioni (protocolli tecnici, risorse umane, organizzazione, risorse finanziarie). Infatti non sufficiente la prima. Se per esempio definissi come LEP per tutti i cittadini (gli studenti in uscita dalla scuola dellobbligo p.es.) la conoscenza della lingua inglese al secondo livello certificato occorre accompagnare tale definizione con linsieme delle indicazioni operative (tecniche, strumenti, durata dellinsegnamento, laboratori linguistici, personale, ecc..) la cui applicazione garantisce, nelle condizioni medie non tanto leffettivo raggiungimento dellobbiettivo (questo dipende anche dallo studente e dal suo impegno) quanto di realizzare le condizioni medie per il raggiungimento dellobbiettivo. Dunque la definizione dei LEP necessita di ricerca sul campo, attenzione alle modificazioni tecniche e organiz30

zative, miglioramento costante dellorganizzazione e della strumentazione (esattamente come accade in Sanit). Dunque vi una manutenzione costante dei LEP, finalizzata a definire e ridefinire gli standard e i relativi costi. una logica forse un poco distante dalla cultura tradizionale della scuola (ma anche lAutonomia lo era); ma a me pare che lo sforzo di impadronirsene e di integrarala nella stessa coltura del personale della scuola sia una condizione per lo sviluppo dei prossimi dieci anni. Esattamente come la sua assenza ha condizionato lo sviluppo degli scorsi anni: si vedano le vicende contraddittorie e senza esiti della valutazione in tutte le sue forme. Per sintetizzare dunque i LEP costituiscono: la garanzia del diritto di cittadinanza; un sistema tecnico operativo di costi standard e di protocolli standard; il riferimento per le politiche di finanziamento; il riferimento per le politiche di riequilibrio territoriale (Federalismo solidaristico). Non possibile qui sviluppare per intero largomento. Mi limito, a titolo di esempio, a indicare una matrice che individua le aree di servizio che impegnano lattivit della scuola (da subarticolare e precisare indicando le attivit comprese). La definizione dei LEP dovrebbe provvedere a riempire le celle della matrice.

Matrice sintetica dei LEPMacro arre di servizio Caratteristiche impianti fissi Accesso al Servizio Accoglienza e inserimento Organizzazione servizi allutenza Insegnamento e apprendimento Documentazione esiti formativi Raccordi intersistemici Nomenclatura Singole prestazioni Titolari delle prestazioni Attivit per prestazione Misura delle prestazioni Protocolli standard Costi standard per LEP

LA RENDICONTAZIONE SOCIALE Lo sviluppo di forme di social accountability accompagna (lo dovrebbe) lo sviluppo maturo dellautonomia. Riporta infatti come referente della produzione della scuola, i cittadini che esercitano il loro diritto di cittadinanza allistruzione, prima di tutto attraverso la comunit locale nella quale la scuola opera. Le forme di rendicontazione oggi in atto sono plurime: da quelle contabili in seno stretto, al POF che dovrebbe rendere esplicita la programmazione formativa della scuola. Sono plurimi anche gli interlocutori: dallamministrazione che verifica i conti, agli utenti diretti esterni e interni. Rarissimamente tali forme separate di interlocuzione si integrano e raram,ente interloquiscono con lintera cittadinanza.

La rendicontazione sociale ha invece per oggetto il valore prodotto e distribuito alla comunit locale, in forma di capitale sociale. Il Bilancio Sociale (lo strumento della social accountability) dunque d conto delle risorse ricevute e prelevate dallambiente (economiche, professionali, culturali, naturali), delle finalit e dei programmi messi in atto, e dei risultati raggiunti. Quanto a dire delluso che stato fatto di tali risorse e del valore aggiunto distribuito ai cittadini (a tutti i cittadini). Perci il Bilancio Sociale: 1) integra gli strumenti della comunicazione istituzionale (strategie, scelte operative, risorse, risultati, effetti), in una catena di senso esauriente; 2) individua strumenti sagomati su tutti gli stakeholders;31

3) alimenta la costruzione di un sistema informativo esterno (misure dellefficacia); 4) interfaccia e completa il processo di programmazione e il controllo di gestione (misure dellefficienza); 5) costituisce la domanda sociale come referente fondamentale del servizio. Alcune (poche) esperienze sono in atto ed altre se ne svilupperanno. A mio parere anche questo uno strumento prezioso per ridare centralit alla scuola rispetto alla dinamica sociale. Quella centralit che spesso si invoca come se fosse un a priori, come se in valori prodotti dalla scuola fossero ovvi e/o impliciti, e che invece va conquistata/riconquistata, legittimando socialmente loperativit concreta della scuola (dandone conto) e dunque anche per tale via rinforzando lautonomia. RAPPRESENTANZA/RAPPRESENTANZE I dieci anni dellAutonomia scolastica si sono dipanati e sviluppati entro una cornice di rappresentanze sociali che sostanzialmente rimasta identica a quella definita quasi trentacinque anni fa con gli Organi Collegiali. Si tratta, senza dubbio, di una tessera essenziale che manca al mosaico. Sui motivi di tale assenza ci si potrebbe intrattenere a lungo, chiedendosi perch mai i diversi progetti di riforma si siano sempre fermati ad un certo punto del loro iter (a prescindere dalla32

qualit intrinseca di tali progetti). Gestiamo le rappresentanze nella fase caratterizzata dallautonomia scolastica, con forme definite in contesto di assenza di autonomia. Probabilmente le ragioni sono da ricercare entro le maglie dellargomentazione sviluppata nel primo paragrafo: le concezioni e la pratiche dellautonomia sono in un alunga fase di transizione e rielaborano significati diversi e contrastanti. Voglio distinguere qui tra due livelli di argomentazione: 1) le rappresentanze di tipo istituzionale; 2) le rappresentanze sociali e associative. Sul primo versante occorre: Risagomare le rappresentanze interne (tenere conto del profilo di Dirigente acquisito da Presidi e Direttori Didattici e della autonomia organizzativa e finanziaria) Ma soprattutto Rivedere la filiera delle rappresentanze esterne, dal livello territoriale alla Conferenza Unificata (le articolazioni territoriali sub provinciali sono di fatto esautorate anche se non formalmente. Le funzioni regionali sono amplificate come da Titolo V Cost.) In particolare Il nodo del Consiglio Scolastico Regionale (previsto dallordinamento e mai realizzato) nella prospettiva della attuazione del masterplan della Conferenza unificata)

Le forme di rappresentanza del terzo soggetto della governance. Per le scuole autonome rappresenta un problema particolare: non hanno un equivalente allANCI o allUPPI come Comuni e Provincie, o alla CRUI come per le Universit non avendo rappresentanze elettive. Ma si pu/deve trovare una risposta mirata nelle forme costitutive del Consiglio Regionale Scolastico di cui sopra. Sul secondo versante occorre riaprire una stagione di mobilit della rappresentanza sociale in due direzioni: Le forme di organizzazione autonoma dei cittadini (associazionismo genitori, associazionismo professionale di docenti e dirigenti, associazionismo. dei consumatori) Segnalo questultima voce perch sono convinto che in prospettiva (quella segnalata dalla questione LEP e dalla rendicontazione sociale) sar pi che probabile un ingresso proprio delle associazioni dei consumatori in un settore dal quale finora sono rimaste distanti. A quando una class action contro una amministrazione che, dichiarati certi obbiettivi, non provveda a finanziarli adeguatamente determinandone il fallimento? Le associazioni delle scuole Autonome. Oggi rappresentano un fenomeno interessante, sviluppatosi in assenza di forme di rappresentanza istituzionale. In alcune Regioni le associazioni delle scuole autonome gi vengono riconosciute come in-

terlocutori delle diverse programmazioni territoriali. Occorre seguire il processo con attenzione, impedendone la frammentazione (forum delle associazioni, per es.) e aprendo gli spazi della interlocuzione allargata nei patti territoriali per la scuola. Rimane fondamentale considerare che, quali che siano le sistemazioni formali delle rappresentanze, la loro vitalit dipende in sostanza dallalimento che esse possono trarre dalla vivacit di una domanda sociale assunta come riferimento fondamentale per la scuola dellAutonomia. BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO SUGLIARGOMENTI TRATTATI

De Anna F., Autonomia scolastica e rendicontazione sociale, Franco Angeli, Milano, 2005 De Anna F., I conti dellautonomia: sintesi degli indicatori in Marche, Umbria, Liguria e Puglia RAS Rassegna dellautonomia scolastica n. 10/04. De Anna F., Corte dei Conti e Autonomia: vischiosit nelle erogazioni e ruolo dei residui passivi RAS, Rassegna dellAutonomia Scolastica n. 12/04 De Anna F., Riorganizzazione USR e CSA: riflessioni e proposte da una ricerca sul campo RAS. Rassegna dellAutonomia Scolastica n. 2/ 05. De Anna F., Scuole autonome e societ civile: reti e Onlus per reperire nuove risorse RAS, Rassegna dellAutonomia Scolastica n. 6/0633

De Anna F., Rapporto Corte dei Conti: urgente un monitoraggio unitario e continuo RAS, Rassegna dellAutonomia Scolastica n. 10/06 De Anna F., Gli effetti della nuove linea diretta di finanziamento MinisteroScuole Autonome RAS, Rassegna dellAutonomia Scolastica n. 1/07 De Anna F., Livelli essenziali di prestazione per il sistema di istruzione: una questione aperta RAS, Rassegna dellAutonomia Scolastica n. 3/07

De Anna F., Finanziamento diretto: punti di forza e di debolezza della nuova procedura RAS, Rassegna dellAutonomia Scolastica n. 78/07 De Anna F., Dirigenti e DSGA verso una diversa cultura organizzativa e gestionale RAS, Rassegna dellAutonomia Scolastica n. 7-8/07 De Anna F., Sistema scuola: prospettive della Valutazione e ruolo dellInvalsi RAS, Rassegna dellAutonomia Scolastica n. 11/07

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InterventiCARLO FIORENTINI

Falsi e veri progetti: a quali condizioni lautonomia pu migliorare oggi la scuola?Norberto Bottani, in un libro di alcuni anni fa Insegnanti al timone, si diceva stupito di come lautonomia suscitasse entusiasmi generalizzati in Italia: Ho sempre ritenuto che lautonomia scolastica non sia la soluzione per i numerosi malanni che affliggono i sistemi scolastici, ma che sia invece, a sua volta, un nuovo problema che aggrava e complica quelli preesistenti. Lautonomia scolastica non affatto esente da rischi a non va presa alla leggera. In Italia, invece, tutta la classe dirigente della scuola e la stragrande maggioranza delle organizzazioni professionali dei docenti ha letteralmente sposato la causa dellautonomia con la speranza di riuscire in questo modo a riformare uno dei sistemi scolastici pi farraginosi e burocratici tra quelli occidentali. Molti capitoli del libro sono dedicati ad analizzare gli effetti dellautonomia sulla qualit degli studi nei paesi dove lautonomia stata maggiormente realizzata. Ne emerge un quadro catastrofico su tutti i fronti. Ovunque aumenta la segregazione scolastica. Se il movimento dellautonomia non ha migliorato sul terreno istituzionale il sistema di istruzione per tutti, dallanalisi di Bottani emerge, inoltre, che le spinte dellautonomia sul terreno pedagogico, culturale e didattico non sono in generale andate nella direzione di una riqualificazione, ma piuttosto nel senso del ribadimento di scelte non innovative, conformistiche, nozionistiche, dove un ruolo nefasto stato svolto dalle prove di valutazione. I modelli di valutazione sono forme di controllo che inducono i docenti e le scuole a modulare i programmi dinsegnamento in funzione delle prove strutturate. In un regime di competizione o di quasi mercato tra scuole impossibile sfuggire alla dittatura dei test, ossia alla pressione esercitata indirettamente sui docenti per adattare linsegnamento in funzione del tipo di prove, dato che le scuole non possono permettersi di ottenere medie scadenti ai test. Tra laltro ci si imbatte sempre nello stesso problema: di quali risultati si parla? Che cosa si vuole misurare? Non affatto semplice delimitare le prestazioni delle scuole. A scuola, tra laltro si imparano valori, comportamenti, atteggiamenti che non si possono facilmen35

te misurare. Le prove standardizzate i cosiddetti test servono fino a un certo punto, perch i test non permettono di misurare la creativit, il pensiero critico, la perseveranza, la flessibilit di pensiero, la motivazione, laffidabilit, lentusiasmo, limmagine di s, lautodisciplina, lempatia, la coscienza civica, e cos via. In un quadro complessivamente a tinte fosche, vi un piccolo paragrafo nellultimo capitolo con toni idilliaci, dedicato alle grandi potenzialit della rivoluzione pedagogica del XX secolo, quella del costruttivismo epistemologico e pedagogico che pone al centro del processo di insegnamento/ apprendimento lattivit costruttiva dello studente. Per Bottani, la riqualificazione della scuola potr avvenire soltanto se i principi del costruttivismo potranno generalizzarsi, soppiantando pedagogie ed approcci metodologici adatti alla scuola del secolo passato. Pensare, infatti, di restaurare una scuola autoritaria, basata su rigide norme che scandivano in modo militaresco il funzionamento delle scuole e lordine nelle classi, oggi ci appare immorale ed anacronistico. Sarebbe come pretendere di fare a meno degli antibiotici o delle trasfusioni di sangue, oppure, su un altro registro, di ignorare la fisica quantica nello studio dellenergia. La modernit ha svincolato le persone dai legami comunitari o religiosi che determinavano o condizionavano la crescita e lo sviluppo di ogni persona. Il mondo moderno, laico, dei diritti delluomo e del cittadino, della libert di pensiero, incompatibile con quel tipo di educazione, con una rappresentazione della36

mente e del sapere fondamentalmente platonica ed aristotelica. Il nodo di fondo della riqualificazione dei sistemi scolastici dovrebbe esseri quindi quello di interrogarsi su quali siano le riforme pi adatte per applicare nellinsegnamento le scoperte delle scienze dellapprendimento e le teorie dello sviluppo conoscitivo. E Bottani si chiede se tutto ci passa per lautonomia delle scuole o se lautonomia sia una soluzione tra molte altre. LAUTONOMIA SCOLASTICA IN ITALIA A mio parere, lautonomia scolastica italiana, come stata normata dai vari decreti, ed in particolare dal Regolamento dellAutonomia, costituisce una buona premessa per una scuola di qualit, perch, da una parte, non assomiglia per nulla allautonomia forte realizzata in alcuni paesi e radicalmente criticata da Bottani, e dallaltra, unautonomia significativamente orientata alla riqualificazione della didattica, delle metodologie, ed al superamento dellenciclopedismo nozionistico. Bottani stesso afferma: La riforma della scuola in Italia intrapresa dal ministro Luigi Berlinguer nel 1996 e proseguita da Tullio De Mauro stata ispirata e forsanche imposta da questa rivoluzione pedagogica che del resto evocata nella presentazione del documento di sintesi dei lavori della commissione dei saggi sulle conoscenze fondamentali1.1 N. Bottani, Insegnanti al timone, Bologna, Il Mulino, 2002, pp. 9-10, 209, 222-223, 220.

Lautonomia scolastica costituisce indubbiamente la riforma delle riforme, la pi importante riforma scolastica degli ultimi venti anni, perch disegna sul piano giuridico una scuola non pi dipendente dal centralismo burocratico. Con la riforma del Titolo V della Costituzione lautonomia scolastica ha addirittura assunto il rango costituzionale. Il regolamento dellautonomia scolastica costituisce la carta di identit della scuola del futuro, la cornice giuridica che pu permetterne lo sviluppo, ma ci potr avvenire non in modo naturale, deterministico; sar indispensabile limpegno politico, culturale e didattico dallalto e dal basso, dei decisori politici, del Ministero della Pubblica Istruzione, degli amministratori regionali, provinciali e comunali, delle singole istituzioni scolastiche, degli insegnanti organizzati. Tuttavia, lautonomia scolastica potrebbe avere effetti opposti, nella misura in cui il suo fulcro fosse costituito dallampliamento dellofferta formativa, e pi in generale da una miriade di progetti non connessi al rinnovamento delle discipline fondamentali. E, a mio parere, da molti anni lautonomia scolastica in una situazione di stallo, conseguente anche ai 5 anni del ministero Moratti, ed in secondo luogo, perch la scuola divisa al suo interno, probabilmente in 3 componenti: una parte che da molto tempo impegnata per il rinnovamento democratico della scuola (per far s, cio, che la scuola svolga effettivamente la funzione di inclusione e sempre meno di selezione ed esclusione culturale); una

parte conservatrice, portatrice, cio della visione elitaria e selettiva della scuola del passato; un terza componente infine che si sposta da una parte o dallaltra in relazione al clima politico delle varie fasi. Una parte della scuola, degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, ha conseguentemente una visione dellautonomia scolastica minimalista e conservatrice, tendente a fare in modo che nella sostanza del fare scuola nulla cambi; tuttavia consapevole che qualcosa, con lautonomia, bisogna fare, per non dare limpressione di non voler cambiare nulla; conseguentemente questa parte cerca di portare avanti progetti di immagine, progetti per lampliamento dellofferta formativa, a condizione che per quanto riguarda linsegnamento in classe ognuno possa continuare con il proprio tran tran. Tuttavia ci che pi grave che la parte soggettivamente impegnata per il rinnovamento democratico della scuola, sia insegnanti che amministratori locali, troppe volte fa proposte non adeguate al problema, troppe volte finisce di andare al carro della visione minimalista dellautonomia. AUTONOMIA E CURRICOLO La selezione, lesclusione si possono realizzare, infatti, in vari modi, con modalit tipiche del passato caratterizzate dalla selezione esplicita, palese, brutale, ma si possono anche realizzare con modi molto pi accoglienti, convincenti, comunicativi nella misura in cui la scuola rimane culturalmente in37

significante per troppi studenti, ma offre, con i vari progetti, coinvolgimento emotivo ed affettivo