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118 M ai più”. È quello che si sono detti tutti i poilus dopo quattro anni di con- flitto assurdo, iniquo e devastante. I com- battimenti di questa Prima Guerra Mon- diale sono stati terribili: quasi un milione e quattrocentomila francesi morti o dispersi, pari ad un uomo mobilitabile ogni cinque, cifra che non tiene conto dei morti dopo la fine del conflitto a seguito delle ferite ri- portate in guerra. A questi vanno aggiunti circa 15000 gueules cassées, i soldati il cui volto era stato spaventosamente sfigurato in combattimento. Per quanto riguarda le perdite, la battaglia di Verdun è stata di una violenza inaudita. Con i suoi 378000 morti, dispersi e feriti da parte francese, “è ben lungi dall’essere una battaglia come le altre”, afferma Myriam Achari, Direttrice della DMPA (Direction de la mémoire, du patrimoine et des archives) del Ministero RETROSPETTIVE VERDUN, nascita di un mito Domenico MORANO La battaglia di Verdun esemplifica l’efferatezza della guerra di trincea e dei bombardamenti indiscriminati e simboleggia ormai la riconciliazione franco-tedesca.

VERDUN, nascita di un mito - Ministero della Difesa · un luogo di battaglia della Grande Guerra. Secondo Myriam Achari, commemorare Verdun nel 2016, a cento anni dalla bat- ... verdun.pdf

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“Mai più”. È quello che si

sono detti tutti i poilus

dopo quattro anni di con-

flitto assurdo, iniquo e devastante. I com-

battimenti di questa Prima Guerra Mon-

diale sono stati terribili: quasi un milione e

quattrocentomila francesi morti o dispersi,

pari ad un uomo mobilitabile ogni cinque,

cifra che non tiene conto dei morti dopo la

fine del conflitto a seguito delle ferite ri-

portate in guerra. A questi vanno aggiunti

circa 15000 gueules cassées, i soldati il cui

volto era stato spaventosamente sfigurato

in combattimento. Per quanto riguarda le

perdite, la battaglia di Verdun è stata di

una violenza inaudita. Con i suoi 378000

morti, dispersi e feriti da parte francese, “è

ben lungi dall’essere una battaglia come le

altre”, afferma Myriam Achari, Direttrice

della DMPA (Direction de la mémoire, du

patrimoine et des archives) del Ministero

RETROSPETTIVE

VERDUN,nascita di un mitoDomenico MORANO

La battaglia di Verdun

esemplifica

l’efferatezza

della guerra di trincea

e dei bombardamenti

indiscriminati e

simboleggia ormai la

riconciliazione

franco-tedesca.

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della Difesa francese. Ma come si è arrivati

a questa battaglia? Cosa la contraddistin-

gue rispetto alle altre? E perché continuare

a commemorarla un secolo dopo? “Il 21 feb-

braio 1916 il fuoco di 1200 cannoni tede-

schi fa tremare la terra a Verdun”, raccon-

ta la direttrice della DMPA. “Ha così inizio

l’operazione Gericht (giudizio)”. Attaccan-

do questa città del Nord-Est della Francia,

situata a una trentina di chilometri dalla

frontiera, l’esercito tedesco, la Deutsches

Heer, intendeva immobilizzare e am-

putare l’esercito francese. La Germania,

convinta che la Francia fosse allo stremo

delle forze, pensò che fosse arrivato il mo-

mento di infliggerle una sconfitta decisiva,

che avrebbe determinato le sorti del con-

flitto. L’alleato continentale della corona

britannica sarebbe così stato eliminato e

ciò avrebbe cambiato il corso della guerra.

Come ricorda Gerd Krumeich, professore

emerito dell’Università Heinrich-Heine

di Düsseldor e autore, insieme a Antoine

Prost, di Verdun 1916 (edizioni Tallandier),

“i Tedeschi guadagnarono 6 km in un sol

colpo, poi non avanzarono più a causa dei

burroni e dell’artiglieria francese presen-

te sulla riva opposta della Mosa, che ave-

vano incomprensibilmente sottovalutato;

atteggiamento, questo, che adottarono

sistematicamente in quel periodo nei con-

fronti dei Francesi.” L’esito di una battaglia

dipende spesso dal gioco della sorte. “Se il

cannoneggiamento del 21 febbraio avesse

avuto luogo il 12, com’era stato inizialmen-

te programmato, sarebbe andato a buon

fine, perché sul fronte francese niente era

pronto”, aggiunge Krumeich. Eppure, fino

al mese di dicembre 1916, la Deutsches

Heer dovette scontrarsi con un’eroica re-

sistenza da parte francese. Il 19 dicembre,

dopo dieci mesi di combattimento, l’eser-

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cito francese aveva riconquistato tutti i

territori persi dal 21 febbraio in poi. Con il

passare del tempo, l’intera rappresentazio-

ne francese della Grande Guerra si è incar-

nata nella battaglia di Verdun. Ma in real-

tà, secondo Krumeich, “la costruzione del

mito di Verdun prende avvio fin dall’ini-

zio dello scontro. È stato concepito fin dai

primi giorni di marzo 1916, a pochi giorni

dall’inizio della battaglia, da dirigenti fran-

cesi che cercano allora di creare un fronte

unito da opporre alla minaccia tedesca”.

Secondo la Direttrice della DMPA, “Ver-

dun è una metafora della Grande Guerra,

il simbolo dello spirito di difesa e di resi-

stenza della Francia, un simbolo che è al

contempo fonte di dolore e speranza di li-

bertà, il simbolo dell’orrore della guerra di

trincea e dei bombardamenti indiscrimi-

nati dell’artiglieria.” Il motivo per cui tale

rappresentazione è così densa di significa-

to per l’opinione pubblica del periodo tra

le due guerre - ma anche di quella attuale

- è che, come sottolinea Myriam Achari, “a

Verdun la Francia ha combattuto da sola

contro la Germania. Passando così vicina

alla catastrofe, la Francia a Verdun ha sen-

tito l’odore della disfatta. Capovolgendo la

situazione, si è concessa il diritto di crede-

re nella vittoria”. Verdun, quindi, ha rap-

presentato anche una vittoria morale.

Due terzi dei poilus schierati

Ciononostante, la vastissima diffusione

del mito di Verdun è stata resa possibile

da una decisione strategica indipendente

da queste considerazioni politiche. Fin dai

primi giorni di combattimento, il Generale

Pétain, uno degli otto comandanti francesi

della battaglia, stabilisce un sistema di ro-

tazione delle truppe che porta i due terzi

delle unità combattenti ad essere schierati

su questo fronte. La battaglia di Verdun

Verdun, nascita di un mito

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diventa così il minimo comun denomina-

tore per tutti i poilus di Francia, il punto

di riferimento che crea un senso. Tutta-

via, questo sistema di rotazione produce

un balletto infernale di camion, animali e

uomini su tutta la lunghezza della strada

che collega Bar-le-Duc a Verdun, strada

che lo scrittore Maurice Barrès sopran-

nominerà poeticamente la “Via Sacra”. Il

mito di Verdun va costruendosi fin dal

1916, perché la municipalità se ne impa-

dronisce, istituendo il 20 novembre una

medaglia conferita ai soldati che hanno

combattuto per garantirne la difesa. “A

Verdun si ha l’impressione di aver salva-

to la Francia”, afferma Krumeich. È una

battaglia emblematica della Prima Guerra

Mondiale, perché, aggiunge lo storico, “lì

la Francia ha innalzato un solido baluar-

do contro la Germania. La fierezza fran-

cese di aver cacciato il nemico partecipa

all’essenzializzazione della rappresenta-

zione della Grande Guerra nel ricordo di

Verdun”. E, aggiunge Myriam Achari, “di-

fendere Verdun significava difendere il

suolo sacro della patria”. È per questo che

la percezione tedesca di questo scontro è

profondamente diversa dalla rappresen-

tazione che se ne è costruita la Francia.

In Germania, Verdun è percepita, certo,

come una grande battaglia, ma non come

la più importante. Bisognerà attendere

i primi sussulti del nazionalismo, negli

anni ’20, perché trovi il suo posto nella

memoria collettiva. Verdun, spiega Kru-

meich, “diventa allora una grande batta-

glia, una battaglia nella quale il soldato,

tradito dal suo comando, ha lottato molto.

Adolf Hitler, che ha partecipato alla bat-

taglia della Somme e l’ha detestata, prefe-

risce mettere l’accento sulla battaglia of-

fensiva che Verdun ha rappresentato per

la nazione tedesca. Si tratta di una vera

nazificazione del mito”.

Verdun, nascita di un mito

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Una terra diventata santuario

Cosa resta oggi di questa battaglia? Le foto

di un bisnonno in uniforme, la piastrina

identificativa o il copricapo militare di un

antenato, i racconti d’infanzia di una non-

na... “Anche se la Prima Guerra Mondiale

resta presente nella memoria delle fami-

glie e attraverso i monumenti ai caduti,

dopo la scomparsa degli ultimi poilus, ha

abbandonato la sfera della memoria per

entrare direttamente in quella della sto-

ria” afferma Myriam Achari. “Alle scuole

superiori, oggi si studia questa battaglia

per illustrare una forma di guerra totale”.

Secondo Krumeich, “Verdun resta anco-

ra qualcosa per cui si soffre un po’. In ogni

famiglia francese o quasi, c’è qualcuno che

ha partecipato o perso la vita in questa bat-

taglia”. È questa ricerca del passato fami-

liare a spiegare perché il mito di Verdun

resti stabile, rispetto, ad esempio, a quello

della battaglia della Marna, che si perde

progressivamente nell’oblio. Verdun e la

regione circostante (Douaumont, Vaux)

sono diventati luoghi della memoria em-

blematici, dove chiunque può fermarsi in

raccoglimento e meditare sugli eventi che

hanno portato a quel sanguinoso conflitto

che fu la Grande Guerra. “Si è fin da subito

sviluppata una forma di pellegrinaggio su

questi campi di battaglia” ricorda la Diret-

trice della DMPA. “Alcuni ex combattenti

sono tornati sui luoghi delle loro sofferen-

ze, e le vedove e gli orfani hanno sentito

il desiderio di raccogliersi sulle terre che

sono state testimoni della scomparsa dei

loro mariti o padri”. Poiché i 120000 etta-

ri della regione sono ancora disseminati

di un numero consistente di ordigni ine-

splosi sepolti nel terreno, lo Stato ha scelto

di fare di Verdun e dei suoi dintorni una

“zona rossa”. Ha deciso di non ricostruire

i sei villaggi che sono stati interamente

distrutti, per farne un luogo della memo-

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ria di dimensioni eccezionali. Come un

vero museo a cielo aperto, “Verdun e la

sua zona rossa sono rimasti com’erano al-

lora. Vi si respira ancora la Grande Guer-

ra”, commenta Krumeich. Oltre che mito

della memoria in Francia, “Verdun è oggi

diventato un simbolo di riconciliazione tra

Francia e Germania, in particolare con il

Memoriale di Verdun, che è sotto il patro-

cinio di entrambi i Paesi, e con l’ossario di

Douaumont”, precisa lo storico. E rievoca

l’immagine di François Mitterrand e Hel-

mut Kohl nel 1984, mano nella mano da-

vanti al monumento: per la prima volta,

i massimi rappresentanti della Francia e

della Germania si ritrovavano insieme su

un luogo di battaglia della Grande Guerra.

Secondo Myriam Achari, commemorare

Verdun nel 2016, a cento anni dalla bat-

taglia, “permette innanzitutto di rendere

omaggio ai combattenti del 1916 e di tra-

smettere alle giovani generazioni l’eredi-

tà morale della Grande Guerra. Ma offre

anche l’opportunità di valorizzare un pa-

trimonio locale eccezionale e di favorirne

la conoscenza a livello nazionale e inter-

nazionale come sito di primo piano di un

turismo della memoria. Infine, commemo-

rare Verdun permette di celebrare la ri-

conciliazione franco-tedesca”.

Nell’anno del centenario della battaglia,

la commemorazione franco-tedesca che

si svolge il 29 maggio 2016 ha assunto un

rilievo del tutto particolare. François Hol-

lande e Angela Merkel hanno presieduto

la cerimonia. Secondo la Direttrice della

DMPA, “è stato un grande appuntamento

tra la nazione e la sua storia”.

Articolo pubblicato su cortese concessione di ‘Armées d’aujourd’hui’ (rivista dello Stato

Maggiore della Difesa francese)

Verdun, nascita di un mito