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“Mai più”. È quello che si
sono detti tutti i poilus
dopo quattro anni di con-
flitto assurdo, iniquo e devastante. I com-
battimenti di questa Prima Guerra Mon-
diale sono stati terribili: quasi un milione e
quattrocentomila francesi morti o dispersi,
pari ad un uomo mobilitabile ogni cinque,
cifra che non tiene conto dei morti dopo la
fine del conflitto a seguito delle ferite ri-
portate in guerra. A questi vanno aggiunti
circa 15000 gueules cassées, i soldati il cui
volto era stato spaventosamente sfigurato
in combattimento. Per quanto riguarda le
perdite, la battaglia di Verdun è stata di
una violenza inaudita. Con i suoi 378000
morti, dispersi e feriti da parte francese, “è
ben lungi dall’essere una battaglia come le
altre”, afferma Myriam Achari, Direttrice
della DMPA (Direction de la mémoire, du
patrimoine et des archives) del Ministero
RETROSPETTIVE
VERDUN,nascita di un mitoDomenico MORANO
La battaglia di Verdun
esemplifica
l’efferatezza
della guerra di trincea
e dei bombardamenti
indiscriminati e
simboleggia ormai la
riconciliazione
franco-tedesca.
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della Difesa francese. Ma come si è arrivati
a questa battaglia? Cosa la contraddistin-
gue rispetto alle altre? E perché continuare
a commemorarla un secolo dopo? “Il 21 feb-
braio 1916 il fuoco di 1200 cannoni tede-
schi fa tremare la terra a Verdun”, raccon-
ta la direttrice della DMPA. “Ha così inizio
l’operazione Gericht (giudizio)”. Attaccan-
do questa città del Nord-Est della Francia,
situata a una trentina di chilometri dalla
frontiera, l’esercito tedesco, la Deutsches
Heer, intendeva immobilizzare e am-
putare l’esercito francese. La Germania,
convinta che la Francia fosse allo stremo
delle forze, pensò che fosse arrivato il mo-
mento di infliggerle una sconfitta decisiva,
che avrebbe determinato le sorti del con-
flitto. L’alleato continentale della corona
britannica sarebbe così stato eliminato e
ciò avrebbe cambiato il corso della guerra.
Come ricorda Gerd Krumeich, professore
emerito dell’Università Heinrich-Heine
di Düsseldor e autore, insieme a Antoine
Prost, di Verdun 1916 (edizioni Tallandier),
“i Tedeschi guadagnarono 6 km in un sol
colpo, poi non avanzarono più a causa dei
burroni e dell’artiglieria francese presen-
te sulla riva opposta della Mosa, che ave-
vano incomprensibilmente sottovalutato;
atteggiamento, questo, che adottarono
sistematicamente in quel periodo nei con-
fronti dei Francesi.” L’esito di una battaglia
dipende spesso dal gioco della sorte. “Se il
cannoneggiamento del 21 febbraio avesse
avuto luogo il 12, com’era stato inizialmen-
te programmato, sarebbe andato a buon
fine, perché sul fronte francese niente era
pronto”, aggiunge Krumeich. Eppure, fino
al mese di dicembre 1916, la Deutsches
Heer dovette scontrarsi con un’eroica re-
sistenza da parte francese. Il 19 dicembre,
dopo dieci mesi di combattimento, l’eser-
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cito francese aveva riconquistato tutti i
territori persi dal 21 febbraio in poi. Con il
passare del tempo, l’intera rappresentazio-
ne francese della Grande Guerra si è incar-
nata nella battaglia di Verdun. Ma in real-
tà, secondo Krumeich, “la costruzione del
mito di Verdun prende avvio fin dall’ini-
zio dello scontro. È stato concepito fin dai
primi giorni di marzo 1916, a pochi giorni
dall’inizio della battaglia, da dirigenti fran-
cesi che cercano allora di creare un fronte
unito da opporre alla minaccia tedesca”.
Secondo la Direttrice della DMPA, “Ver-
dun è una metafora della Grande Guerra,
il simbolo dello spirito di difesa e di resi-
stenza della Francia, un simbolo che è al
contempo fonte di dolore e speranza di li-
bertà, il simbolo dell’orrore della guerra di
trincea e dei bombardamenti indiscrimi-
nati dell’artiglieria.” Il motivo per cui tale
rappresentazione è così densa di significa-
to per l’opinione pubblica del periodo tra
le due guerre - ma anche di quella attuale
- è che, come sottolinea Myriam Achari, “a
Verdun la Francia ha combattuto da sola
contro la Germania. Passando così vicina
alla catastrofe, la Francia a Verdun ha sen-
tito l’odore della disfatta. Capovolgendo la
situazione, si è concessa il diritto di crede-
re nella vittoria”. Verdun, quindi, ha rap-
presentato anche una vittoria morale.
Due terzi dei poilus schierati
Ciononostante, la vastissima diffusione
del mito di Verdun è stata resa possibile
da una decisione strategica indipendente
da queste considerazioni politiche. Fin dai
primi giorni di combattimento, il Generale
Pétain, uno degli otto comandanti francesi
della battaglia, stabilisce un sistema di ro-
tazione delle truppe che porta i due terzi
delle unità combattenti ad essere schierati
su questo fronte. La battaglia di Verdun
Verdun, nascita di un mito
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diventa così il minimo comun denomina-
tore per tutti i poilus di Francia, il punto
di riferimento che crea un senso. Tutta-
via, questo sistema di rotazione produce
un balletto infernale di camion, animali e
uomini su tutta la lunghezza della strada
che collega Bar-le-Duc a Verdun, strada
che lo scrittore Maurice Barrès sopran-
nominerà poeticamente la “Via Sacra”. Il
mito di Verdun va costruendosi fin dal
1916, perché la municipalità se ne impa-
dronisce, istituendo il 20 novembre una
medaglia conferita ai soldati che hanno
combattuto per garantirne la difesa. “A
Verdun si ha l’impressione di aver salva-
to la Francia”, afferma Krumeich. È una
battaglia emblematica della Prima Guerra
Mondiale, perché, aggiunge lo storico, “lì
la Francia ha innalzato un solido baluar-
do contro la Germania. La fierezza fran-
cese di aver cacciato il nemico partecipa
all’essenzializzazione della rappresenta-
zione della Grande Guerra nel ricordo di
Verdun”. E, aggiunge Myriam Achari, “di-
fendere Verdun significava difendere il
suolo sacro della patria”. È per questo che
la percezione tedesca di questo scontro è
profondamente diversa dalla rappresen-
tazione che se ne è costruita la Francia.
In Germania, Verdun è percepita, certo,
come una grande battaglia, ma non come
la più importante. Bisognerà attendere
i primi sussulti del nazionalismo, negli
anni ’20, perché trovi il suo posto nella
memoria collettiva. Verdun, spiega Kru-
meich, “diventa allora una grande batta-
glia, una battaglia nella quale il soldato,
tradito dal suo comando, ha lottato molto.
Adolf Hitler, che ha partecipato alla bat-
taglia della Somme e l’ha detestata, prefe-
risce mettere l’accento sulla battaglia of-
fensiva che Verdun ha rappresentato per
la nazione tedesca. Si tratta di una vera
nazificazione del mito”.
Verdun, nascita di un mito
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Una terra diventata santuario
Cosa resta oggi di questa battaglia? Le foto
di un bisnonno in uniforme, la piastrina
identificativa o il copricapo militare di un
antenato, i racconti d’infanzia di una non-
na... “Anche se la Prima Guerra Mondiale
resta presente nella memoria delle fami-
glie e attraverso i monumenti ai caduti,
dopo la scomparsa degli ultimi poilus, ha
abbandonato la sfera della memoria per
entrare direttamente in quella della sto-
ria” afferma Myriam Achari. “Alle scuole
superiori, oggi si studia questa battaglia
per illustrare una forma di guerra totale”.
Secondo Krumeich, “Verdun resta anco-
ra qualcosa per cui si soffre un po’. In ogni
famiglia francese o quasi, c’è qualcuno che
ha partecipato o perso la vita in questa bat-
taglia”. È questa ricerca del passato fami-
liare a spiegare perché il mito di Verdun
resti stabile, rispetto, ad esempio, a quello
della battaglia della Marna, che si perde
progressivamente nell’oblio. Verdun e la
regione circostante (Douaumont, Vaux)
sono diventati luoghi della memoria em-
blematici, dove chiunque può fermarsi in
raccoglimento e meditare sugli eventi che
hanno portato a quel sanguinoso conflitto
che fu la Grande Guerra. “Si è fin da subito
sviluppata una forma di pellegrinaggio su
questi campi di battaglia” ricorda la Diret-
trice della DMPA. “Alcuni ex combattenti
sono tornati sui luoghi delle loro sofferen-
ze, e le vedove e gli orfani hanno sentito
il desiderio di raccogliersi sulle terre che
sono state testimoni della scomparsa dei
loro mariti o padri”. Poiché i 120000 etta-
ri della regione sono ancora disseminati
di un numero consistente di ordigni ine-
splosi sepolti nel terreno, lo Stato ha scelto
di fare di Verdun e dei suoi dintorni una
“zona rossa”. Ha deciso di non ricostruire
i sei villaggi che sono stati interamente
distrutti, per farne un luogo della memo-
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ria di dimensioni eccezionali. Come un
vero museo a cielo aperto, “Verdun e la
sua zona rossa sono rimasti com’erano al-
lora. Vi si respira ancora la Grande Guer-
ra”, commenta Krumeich. Oltre che mito
della memoria in Francia, “Verdun è oggi
diventato un simbolo di riconciliazione tra
Francia e Germania, in particolare con il
Memoriale di Verdun, che è sotto il patro-
cinio di entrambi i Paesi, e con l’ossario di
Douaumont”, precisa lo storico. E rievoca
l’immagine di François Mitterrand e Hel-
mut Kohl nel 1984, mano nella mano da-
vanti al monumento: per la prima volta,
i massimi rappresentanti della Francia e
della Germania si ritrovavano insieme su
un luogo di battaglia della Grande Guerra.
Secondo Myriam Achari, commemorare
Verdun nel 2016, a cento anni dalla bat-
taglia, “permette innanzitutto di rendere
omaggio ai combattenti del 1916 e di tra-
smettere alle giovani generazioni l’eredi-
tà morale della Grande Guerra. Ma offre
anche l’opportunità di valorizzare un pa-
trimonio locale eccezionale e di favorirne
la conoscenza a livello nazionale e inter-
nazionale come sito di primo piano di un
turismo della memoria. Infine, commemo-
rare Verdun permette di celebrare la ri-
conciliazione franco-tedesca”.
Nell’anno del centenario della battaglia,
la commemorazione franco-tedesca che
si svolge il 29 maggio 2016 ha assunto un
rilievo del tutto particolare. François Hol-
lande e Angela Merkel hanno presieduto
la cerimonia. Secondo la Direttrice della
DMPA, “è stato un grande appuntamento
tra la nazione e la sua storia”.
Articolo pubblicato su cortese concessione di ‘Armées d’aujourd’hui’ (rivista dello Stato
Maggiore della Difesa francese)
Verdun, nascita di un mito