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n. 5 gennaio-maggio 2014 UNA LINGUA COMUNE PER PARLARE DI INTEGRAZIONE: il ruolo della European Agency for Special Needs and Inclusive Education Intervista a Per Ch Gunnvall L’INTERVENTO di Marco Lodoli I DIVERSI ATTORI DELL’INTEGRAZIONE Intervista a Giuliano Poletti Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale 70% – CN BO Bologna. Iscrizione al tribunale di BO del 28/05/1991 n° 5988 MINORI: INTEGRAZIONE O INCLUSIONE? Periodico della Cooperativa Sociale Società Dolce VI RACCONTO IL MIO SKIANTO Intervista a Filippo Timi

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n. 5gennaio-maggio 2014

UNA LINGUA COMUNE PER PARLARE DI INTEGRAZIONE:

il ruolo della European Agency for Special Needs and

Inclusive EducationIntervista a Per Ch Gunnvall

L’INTERVENTOdi Marco Lodoli

I DIVERSI ATTORI DELL’INTEGRAZIONE

Intervista a Giuliano Poletti

Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale 70% – CN BO Bologna. Iscrizione al tribunale di BO del 28/05/1991 n° 5988

MINORI: INTEGRAZIONE O

INCLUSIONE?

Periodico della Cooperativa Sociale Società Dolce

VI RACCONTO IL MIO SKIANTO

Intervista a Filippo Timi

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Sul tema della scuola e sui servizi integrativi scolastici ci sarebbe molto da

scrivere, ma a volte poche frasi possono aprire le nostre coscienze e arrivare nel

profondo dei nostri cuori. Ecco perché ho voluto prendere alcuni frammenti del

discorso all’Onu di Malala Yousafzai che si commentano da sole.

Credo ci sia ben poco da aggiungere a queste parole che dovrebbero portarci ad

una approfondita riflessione e farci comprendere quanto sia importante il valore

della istruzione che ci apre le porte della consapevolezza e quindi della cono-

scenza. L’unica chiave che porta l’uomo ad essere libero.

“… io non parlo per me stessa, ma per dare voce a coloro che meritano di essere

ascoltati. Coloro che hanno lottato per i loro diritti. Per il loro diritto di vivere in

pace. Per il loro diritto di essere trattati con dignità. Per il loro diritto alle pari

opportunità. Per il loro diritto all’istruzione.

…le nostre parole possono cambiare il mondo, perché siamo tutti insieme, uniti per

la causa dell’istruzione. E se vogliamo raggiungere il nostro obiettivo, cerchiamo

di armarci con l’arma della conoscenza e di farci scudo con l’unità e la solidarietà.

…dobbiamo imbracciare libri e penne, sono le armi più potenti. Un bambino,

un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo. L’istruzione è

l’unica soluzione. L’istruzione è la prima cosa.”

MAURO SPINATODirettore Responsabile

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Stefano G. Pavesi/contrasto

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I diritti non si discutono, al massimo di spiegano.

Gianni Selleri

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Da oltre 60 anni, Camst è l’azienda leader della ristorazione in Italia.Con attenzione e dinamismo, ogni giorno è vicina ai suoi clienti per offrire soluzioni personalizzate e flessibili. Per questo Camst fa grande la ristorazione: perché è fatta di persone che non rinunciano alle regole e garantiscono a clienti, lavoratori e studenti qualità e sicurezza.

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Sede e RedazioneVia C. Da Pizzano, 540133 BolognaTel. 051 6441211Fax 051 6441212Email: [email protected]

Direttore EditorialePietro Segata

Direttore ResponsabileMauro Spinato

RedazioneStefania BastiaMassimiliano PaolettiAnnamaria PontiMauro Spinato

Coordinamento organizzativoAnnamaria Ponti

Hanno collaborato:Barbara Bizzaro, Carla Ferrero, Silvia Ferro, Maurizio Fisicaro, Emanuela Giampaoli, Isa Grassano, Roberta Guizzardi, Federica Pagliarone, Sara Saltarelli, Giulia Sermasi, Paolo Vaccaro, Silvia Vicchi.

Progetto graficoCCDstudio.eu

Referenze iconograficheXALTRO, Contrasto, Istockphoto

StampaStampato su carta ecologica riciclata da tipografia Negri s.r.l., Bologna

CopyrightI testi possono essere riprodotti a condizione che sia indicata la fonte e che non siano utilizzati a fini commerciali

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Tiratura: 8.000 copiePeriodico a diffusione nazionale

In conformità al D.Lgs n. 196/2003 sulla tutela dei dei dati personali, informiamo che i dati raccolti saranno trattati con la massima riservatezza e verranno utilizzati per scopi inerenti la nostra attività. In ogni momento, a norma dell’ art.7 del D.Lgs n. 196/2003, si potrà chie-dere l’accesso, la modifica, la cancellazione o opporsi al trattamento dei dati scrivendo a Cooperativa Sociale Società Dolce Via C. Da Pizzano 5, 40133 Bologna o a [email protected]

Periodico della Cooperativa Sociale Società DolceIscrizione tribunale di Bologna n. 5988 del 28/05/1991Numero 5, gennaio-maggio 2014Bologna, chiuso in redazione il 29/05/2014

“La vita è quella cosa che ci accade mentre siamo impegnati a fare altri progetti.” Anthony De Mello

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Da oltre 60 anni, Camst è l’azienda leader della ristorazione in Italia.Con attenzione e dinamismo, ogni giorno è vicina ai suoi clienti per offrire soluzioni personalizzate e flessibili. Per questo Camst fa grande la ristorazione: perché è fatta di persone che non rinunciano alle regole e garantiscono a clienti, lavoratori e studenti qualità e sicurezza.

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L’INTERVENTO di Marco Lodoli

Scrittore e giornalista

DIALOGANO CON NOI

UNA LINGUA COMUNE PER PARLARE DI INTEGRAZIONE: IL RUOLO DELLA EUROPEAN AGENCY FOR

SPECIAL NEEDS AND INCLUSIVE EDUCATIONIntervista a Per Ch Gunnvall

Presidente della European Agency for Special Needs and Inclusive Education

HOTEL 6 STELLE: UN REALITY CONTRO OGNI PREGIUDIZIOIntervista a MartinaProtagonista Hotel 6 Stelle

GIOCA CON ME: LA JUVE DALLA PARTE DEI BIMBI MENO FORTUNATI

LA SCUOLA, MAESTRADI VITA PER TUTTIIntervista a Nicola QuiricoPresidente della Federazione Associazioni Docenti per l’Integrazione Scolastica

VI RACCONTO IL MIO SKIANTOIntervista a Filippo TimiAttore

LEGGE 104: UNA DOLCE CONQUISTA ALL’INCLUSIONE SCOLASTICACarla FerreroVice Presidente Cooperativa Sociale Società Dolce

LA SCUOLA? UNO SPETTACOLO PER TUTTIEmanuela Giampaoli

DALLA RISTORAZIONE AL FASHION LA DISABILITÀ SI TRASFORMA IN ECCELLENZAIsa Grassano

INTEGRIAMO LA PERSONA, NON IL DISABILE

Intervista a Emilio FranzoniDirettore dell’U.O. di Neuropsichiatria Infantile

dell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna

SOCIETA’ DOLCENEWSQUEGLI ALLIEVI CHE SI

METTONO IN VIAGGIOIntervista a Pascal Plisson

Regista documentarista

AUSILIOTECA:UN PREZIOSO PUNTO DI RIFERIMENTO

Intervista a Claudio BitelliResponsabile Ausilioteca AIAS Bologna Onlus

di Federica Pagliarone

PARI OPPORTUNITÀ?MEGLIO COMINCIARE DA PICCOLIIntervista a Francesca PuglisiPolitica

I SERVIZI INTEGRATIVIdi Zazza

SOMMARIO

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I DIVERSI ATTORIDELL’INTEGRAZIONEIntervista a Giuliano Poletti

Ministro del Lavoro e delle Politiche Socialidi Silvia Vicchi

QUANDO L’IMMIGRAZIONE DIVENTA RICCHEZZA SOCIALE

Intervista a Maria Chiara Carrozza Deputata ed Ex Ministro per l’Istruzione

BISOGNI EDUCATIVI SPECIALICOME METTERLI A FRUTTO ALLA LUCE DELLE

RECENTI INDICAZIONI MINISTERIALIDario Ianes

Università di Bolzano

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L’INTERVENTO di Marco Lodoli

Scrittore e giornalista

Quando negli anni Sessanta frequentavo la scuola elementare, esistevano ancora le classi dif-ferenziali, veri ghetti dove rinchiudere bambini che non erano in regola con un astratto e vio-lento principio di normalità: l’handicap più grave e diffuso era la povertà, vera disabilità sociale che sempre produce esclusione, emarginazione, rifiuto. Alle superiori ero in classe con un ragazzo chiaramente omosessuale, e soffrivo a sentire le battute crudeli dei compagni, i colpi di spillo che a volte diventavano sciabolate feroci. Anche quando ho cominciato a insegnare, nei primi anni Ottanta, mi sono ritrovato a dover difendere quasi fisicamente uno studente omosessuale, messo di continuo alla berlina, sbeffeggiato e anche picchiato. Nella mia memoria di insegnante riaffiora uno dei primi studenti di colore, in una scuola dei Castelli Romani: si era comprato una maschera bianca e ridendo ogni tanto la indossava, “così mi potete capire meglio, mi potete volere bene” diceva. Insomma, il percorso dell’accettazione delle diversità, del rispetto formale e poi dell’amici-zia sincera, è stato lungo e sassoso. Però è giusto riconoscere che oggi molte cose sono cambiate, grazie ai rapidi mutamenti storici, ma soprattutto grazie all’impegno quotidiano e paziente degli insegnanti. Oggi la scuola è sicuramente l’ambito sociale dove meglio si amalgamano e si intendo-no le diverse condizioni. Io insegno in un istituto dell’estrema periferia romana e ho classi che sembrano veri laboratori sociali: italiani e immigrati da ogni dove condividono le lunghe ore in classe, imparano a stare insieme, a comprendersi. Il ragazzo di Tor Bella Monaca sta in banco con la marocchina, forse all’inizio c’è qualche resistenza, ma dopo un mese tutto scorre facilmente: ma anche il cinese e il senegale-se stanno in banco insieme, e il peruviano e il rumeno, e sono tutti equilibri che devono essere trovati poco a poco, scambi emotivi non scontati, intese da inventare: eppure in un tem-po relativamente breve il gruppo è formato e c’è una bella energia collettiva. Anche le diverse inclinazioni sessuali sono accettate senza troppi problemi: sarà perché insegno in un professionale a indirizzo Moda, settore più creativo e pazzarello, ma vedo che i miei allievi, maschi e femmine, non fanno alcuna differenza tra eterosessuali e omosessua-li. La vita è così, e la scuola è nella vita. E’ chiaro che non dobbiamo illuderci che tutto ormai sia un giardino fiorito dove il bene canta e il male tace scornato in fondo a un pozzo. Bisogna che il processo di inclusione prosegua e si confermi ogni giorno, perché i rigurgiti di razzismo, di maschilismo, di intolleranza sono sempre presenti. I giornali ci raccontano tanti casi di adolescenti fragili distrutti dalla ferocia del branco, sia nelle vecchie che nelle nuove piazze sociali, le chat, facebook, etc. In un mondo competitivo e spietato come il nostro, i vasi di coccio rischiano sempre una brutta fine. Ma è comunque nella scuola che si costruisce il futuro, e la nostra scuola è coraggiosamente, poeticamente schierata sempre dalla parte giusta, quella della civiltà e della nobiltà.

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Qual è il tuo libro preferito?

Il prossimo viaggio che farai?

Un difetto

Un pregio

Poesie d’amore

Andrò a Maratea

Sono una ragazza molto precisa, ligia alle regole

Sono molto viziata

MARTINA

Martina ha 31 anni e vive con i genitori, ha tre sorelle e 7 nipotini. È stata una delle sei protagoniste di Hotel 6 stelle, la docu-fiction in sei puntate andata in onda sui Rai 3, in collaborazione con l’Associazione italiana persone down (Aips), che ha raccontato l’esperienza lavorativa di sei ragazzi con sindrome di Down, impegnati in un tirocinio formativo in un grande hotel della Capitale.

Qual è il tuo libro preferito?

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Il prossimo viaggio che farai?

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Un difetto

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Un pregio

Un pregio

David Copperfield di Charles Dickens

“Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez

Sudafrica

Marocco

Non posso dirlo io

Saper ascoltare le opinioni delle persone, rispettandone i diversi punti di vista

L’impazienza

Sarebbero troppi per poterli elencare in così poco spazio!

MARIA CHIARA CARROZZA

Ex ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel governo Letta, è una scien-ziata e politica italiana. Professore universita-rio di bioingegneria industriale, è stata anche rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Oggi è deputato del Parlamento italia-no, per il Partito Democratico.

DARIO IANES

Docente ordinario di Pedagogia e Didattica Speciale all’Università di Bolzano, Corso di Laurea in Scienze della Formazione Prima-ria. È co-fondatore del Centro Studi Erick-son di Trento, per il quale cura alcune col-lane, tra cui le Guide e i Materiali. Autore di vari articoli e libri e direttore della rivista «Difficoltà di Apprendimento».

DIALOGANO CON NOI

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Il recente lavoro dell’Agenzia sulle disposizioni statali, dove le scuole riconoscono la diversità e il fatto che alcuni bambini entrino a scuola in situazioni diseguali, forni-sce opportunità per lo sviluppo d’indipendenza e competenza, attraverso l’appren-dimento personalizzato

UNA LINGUA COMUNE PER PARLARE DI INTEGRAZIONE: il ruolo della European Agency for Special Needs and Inclusive Education

Intervista a PER CH GUNNVALLPresidente della European Agency for Special Needs and Inclusive Education

Qual è il ruolo della European Agency for Special Needs and Inclusive Education e quale il contributo degli Stati membri?

L’Agenzia intende migliorare le politiche educative e la pratica dell’insegnamento per gli studenti con disabili-tà, o con speciali bisogni educativi. Vogliamo facilitare la collaborazione tra gli Stati membri sulle priorità, in linea con quelle del Consiglio europeo e dei Ministeri per l’istruzione e la formazione, come identificati nella strategia ET 2020 e in conformità con gli accordi in-ternazionali, quali la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Gli Stati membri decidono su temi prioritari e i loro rappresentanti ed esperti di settore partecipano ai progetti. L’Agenzia è una piattaforma di collaborazione, dove s’incontrano i

professionisti provenienti da 28 Paesi europei, per cer-care risposte comuni in materia di bisogni particolari e inclusione scolastica.

Qual è lo scopo principale del vostro lavoro?

Tutte le attività dell’Agenzia si concentrano su temi di interesse comune per i politici che si occupano di biso-gni speciali e inclusione scolastica. I temi prioritari ri-guardano i risultati scolastici di tutti gli studenti, la for-mazione degli insegnanti per l’inclusione, l’istruzione e la formazione professionale, la tecnologia informatica e di comunicazione per l’inclusione, l’accessibilità delle informazioni e la raccolta di dati nel campo dell’inte-grazione scolastica. L’obiettivo è di raccogliere e ana-lizzare le informazioni e sviluppare raccomandazioni e

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linee guida per la politica e la pratica, da divulgare nei Paesi membri dell’Agenzia e altrove. Tutti i materiali e i risultati sono disponibili sul sito web dell’Agenzia, in 22 lingue. Cosa può dirci sulla tecnologia informatica per la comunicazione (ICT) per l’inclusione nella scuola e quali sono i progetti più importanti?

L’ICT per l’inclusione è oggi un tema molto attuale, la tecnologia si sviluppa rapidamente e gli strumenti e i dispositivi possono essere sempre più personalizzati sui bisogni dell’utente. Ciò significa maggiori oppor-tunità, in senso lato, per le persone con disabilità e bisogni speciali, ma ancor più nello specifico dell’istru-zione. Dal 1999, l’Agenzia ha valutato l’influenza del-le ICT sull’apprendimento per gli studenti con diversi tipi di bisogni educativi speciali. Il nostro progetto “In-formation and Communication Technology in Special Needs Education (ICT in SNE) 1999-2001”, ha creato banche dati web dedicate, per facilitare l’accessibilità alle informazioni, gli aspetti chiave, gli esempi di pra-tiche interessanti e innovative, le fonti di informazio-ne e le più importanti sfide future. Questo progetto è stato recentemente rivisitato dalla ICT per il progetto Inclusione (http://www.european-agency.org/agency-projects/ict4i). Negli ultimi anni l’Agenzia ha contribuito alle con-sultazioni dell’UNESCO incentrate sulle ICT per le persone con disabilità. In un progetto congiunto con l’Istituto per le Information Technologies in Education (UNESCO IITE), l’Agenzia ha sviluppato una rasse-gna sulle pratiche innovative legate alle ICT nel set-tore dell’istruzione per persone con disabilità (2011). La Commissione europea ha inoltre finanziato due progetti dell’Agenzia incentrati sulla fornitura di rac-comandazioni e linee guida per l’accessibilità delle in-formazioni per l’apprendimento: il primo sulla fornitura di informazioni accessibile per l’apprendimento per-manente (http://www.european-agency.org/agency-

projects/i-access), il secondo sulle ICT per l’accessibi-lità dell’informazione nell’insegnamento (http://www.european-agency.org/agency-projects/ict4ial).

Qual è il ruolo della scuola nella promozione delle pari opportunità e dell’inclusione sociale?

Le scuole hanno un ruolo chiave nella promozione delle pari opportunità e un sistema scolastico caratterizzato da discriminazione non è di qualità. Il recente lavoro dell’Agenzia sulle disposizioni statali, dove le scuole riconoscono la diversità e il fatto che alcuni bambini entrino a scuola in situazioni diseguali, fornisce op-portunità per lo sviluppo d’indipendenza e competen-za, attraverso l’apprendimento personalizzato. Questo porta ad un maggiore impegno nel processo educativo e riduce la probabilità di abbandono scolastico. Costru-ire la resilienza consente inoltre agli studenti di gestire meglio le situazioni di vita quotidiana. Sui tempi lun-ghi, una tale partecipazione alla scuola e alla comuni-tà sostiene l’inclusione sociale e aiuta gli studenti ad acquisire i valori e gli atteggiamenti di cittadinanza responsabile. I dirigenti scolastici svolgono un ruolo importante nel garantire un’etica positiva della scuola, fissano obiettivi e aspettative elevate per tutti, utilizza-no le risorse in modo creativo e garantiscono un lavoro di necessaria collaborazione per una pratica inclusiva e prestazioni di alta qualità. L’importanza dell’organiz-zazione della scuola può avere un grande impatto sul profitto di tutti gli studenti. La motivazione e le ‘capa-cità’ di apprendimento sono supportate sia dai senti-menti di appartenenza, sia da approcci didattici, che rispondono alle individualità, offrendo scelte e ascol-to agli studenti e lavorando con gli altri. Per una reale collaborazione, i dirigenti vedono anche gli insegnanti come studenti, che continuano la loro crescita profes-sionale attraverso la ricerca, la riflessione e la risolu-zione dei problemi. Tale collaborazione deve estendersi anche al di là della scuola, lavorando con altre scuole e agenzie della comunità, in un approccio olistico per

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tutti gli studenti, dove anche la famiglia ha un ruolo importante. Esiste un luogo di valenza internazionale dove gio-

vani studenti con disabilità possono essere ascoltati?

Dal 2003, l’Agenzia ha organizzato tre audizioni per i giovani con disabilità, o con bisogni educativi speciali, provenienti da tutti i Paesi membri. Il principale obiet-tivo era di ascoltarli, sapere cosa pensano della loro istruzione, cosa si potrebbe migliorare e come vedono il loro futuro. La prima udienza si è tenuta nel 2003 a

Bruxelles, presso il Parlamento europeo, la seconda è stata organizzata nel 2007 e la terza nel 2011, sempre a Bruxelles, dove studenti con disabilità si sono incon-trati con i loro colleghi senza disabilità, 234 giovani che hanno parlato di educazione inclusiva. Ognuno di que-sti incontri è stato relazionato e sintetizzato e inviato alle scuole e ai Ministeri dell’Istruzione dei Paesi coin-volti. La prossima udienza si terrà nel 2015, durante la Presidenza lussemburghese dell’Unione europea.

L’Italia è l’unico paese europeo in cui studenti con disabilità frequentano la stessa scuola con gli altri:

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qual è la vostra opinione su questo aspetto?

Vorremmo fare una precisazione su questo, perché sono molti i Paesi europei che offrono una qualche for-ma di opportunità di formazione inclusiva per gli alun-ni con disabilità e bisogni educativi speciali e la prati-ca è in aumento, a mano a mano che si risponde alla Convenzione delle Nazioni Unite del 2006 sui diritti delle persone con disabilità. Tutti i Paesi europei hanno esempi di buone pratiche nel sostegno degli alunni con disabilità nelle scuole tradizionali. E tutti i Paesi euro-pei hanno buoni esempi di alunni educati in situazioni separate, nel settore privato, o pubblico. Inoltre, tutti

i Paesi - tra cui l’Italia - si trovano ad affrontare sfide per garantire a tutti gli alunni una scuola inclusiva e un’istruzione di qualità.Imparare a trattare con le diversità di apprendimento e le differenze in ogni ambito educativo è una qualità che coinvolge tutti gli studenti, non solo quelli vulnerabili all’esclusione, o con disabilità. Un tale approccio ha l’obiettivo di raccogliere successi per tutti gli studenti e richiede un cambiamento sistemico basato sui diritti, incrementando la capacità delle scuole di aumentare i risultati di ogni allievo, piuttosto che focalizzarsi sui ‘bisogni’ di alcuni. Per l’intervista in lingua inglese: www.xaltro.it

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Intervista a GIULIANO POLETTIMinistro del Lavoro e delle Politiche Sociali

La piena inclusione degli alunni con disabilità è un obiettivo che la scuola dell’autonomia persegue attraverso un’intensa e articolata progettualità, valorizzando le professionalità interne e le risorse offerte dal territorio

I DIVERSI ATTORIDELL’ INTEGRAZIONE

L’Italia è l’unico Paese europeo che prevede l’integra-zione degli alunni disabili all’interno delle classi co-muni, nelle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e private. Pensa che possiamo portare un contributo all’Europa, nel dare valore e riconoscere il diritto del minore disabile a vivere l’esperienza scolastica insieme agli altri bambini?

L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità co-stituisce un punto di forza del nostro sistema educativo e ci pone come Paese leader nel campo, a livello inter-nazionale. La scuola italiana, infatti, vuole essere una comunità accogliente, nella quale tutti gli alunni, a prescindere dalle loro diversità funzionali, possano re-alizzare esperienze di crescita individuale e sociale. La piena inclusione degli alunni con disabilità è un obiet-tivo che la scuola dell’autonomia persegue attraverso un’intensa e articolata progettualità, valorizzando le professionalità interne e le risorse offerte dal territorio. Lo sforzo che dobbiamo fare quindi è quello di conti-nuare a garantire un diritto sancito nella Convenzione ONU di diritti delle persone con disabilità, ratificata nel 2009 dall’Italia, che all’articolo 24 dice che lo Stato Par-te deve realizzare il diritto all’istruzione senza discri-

di Silvia Vicchi

minazioni e su base di pari opportunità, garantendo un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli, per porre le persone con disabilità (e cito testualmente) in condi-zione di partecipare effettivamente a una società libera.

Quale ruolo può avere la cooperazione sociale, attra-verso la figura dell’educatore sociale, nel dare valore e mostrare come vantaggio la presenza del bambino di-sabile nella scuola di tutti?

La Legge quadro 104 del 1992, in materia di assisten-za, integrazione sociale e diritti delle persone con di-sabilità, affronta in maniera globale il problema della disabilità psichica, fisica e sensoriale, in particolare evidenzia la collaborazione tra gli organi scolastici e le unità sanitarie locali, per favorire l’integrazione scola-stica degli alunni con disabilità. Si prevede, inoltre, il coordinamento dei servizi scolastici con quelli sanita-ri, socio-assistenziali, culturali, ricreativi e sportivi, da realizzarsi attraverso accordi di programma tra enti lo-cali, organi scolastici e unità sanitarie locali. In questo contesto di cooperazione dei diversi attori chiamati ad intervenire nel processo educativo dell’alunno disabile, può avere senz’altro un ruolo fondamentale l’apporto

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Per garantire che il progetto di integrazione sia realmente efficace è necessario assicurare una continuità tra l’esperienza di vita scolastica ed extrascolastica dell’alunno disabile

delle cooperative sociali e più in generale del terzo set-tore, mediante l’intervento di professionalità altamen-te specializzate nel campo della disabilità.

Ritiene sufficiente l’impegno delle istituzioni e della scuola per l’integrazione dei disabili, o pensa necessa-ria l’attenzione e partecipazione di quelle componenti della società che ne garantiscono la vitalità e l’anima, quali famiglia, movimenti, associazioni, volontariato, cooperazione?

Per garantire che il progetto di integrazione sia real-mente efficace è necessario assicurare una continui-tà tra l’esperienza di vita scolastica ed extrascolastica dell’alunno disabile. Nei fatti, devono promuoversi le dovute sinergie tra coloro che a diverso titolo interven-gono nello sviluppo socio educativo della persona con disabiltà ed in questo quadro le organizzazioni del terzo settore costituiscono una risorsa preziosa. La famiglia, peraltro, rappresenta un punto di riferimento essenzia-le per la corretta inclusione scolastica dell’alunno con disabilità, sia in quanto fonte di informazioni preziose, sia in quanto luogo in cui avviene la continuità fra edu-cazione formale ed educazione informale.

Quali politiche per l’integrazione porterà prioritaria-mente avanti il suo governo?

Ricordo che l’Osservatorio Nazionale sulla condizio-ne delle persone con disabilità ha elaborato il primo Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità, pre-sentato ai principali stakeholder in occasione della IV Conferenza nazionale sulle condizioni delle persone con disabilità, tenutasi a Bologna nel luglio del 2013 e definitivamente approvato alla fine dello scorso anno. Il Programma, cui hanno partecipato le organizzazioni del mondo della disabilità, si articola in sette linee di intervento, tra le quali una è espressamente dedica-ta ai processi formativi e all’inclusione scolastica. Fra le diverse proposte, vorrei ricordare quella di istituire percorsi formativi specifici per i docenti specializzati per l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità ed il principio di permanenza dell’insegnante per il sostegno nella classe per l’alunno con disabilità, per tutto il ciclo scolastico, a garanzia della continuità di-dattica. Vi si auspica, inoltre, un piano di adeguamen-to e progettazione di tutti gli edifici e plessi scolastici alla normativa relativa all’abbattimento delle barriere architettoniche, secondo i principi della progettazione universale. Infine, per riallacciarmi a quanto si diceva prima, si mira a facilitare la partecipazione attiva delle famiglie, anche attraverso un sostegno adeguato alla comunicazione, per i familiari con necessità speciali. Sono tutti obiettivi che intendiamo perseguire nel pros-simo biennio.

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Intervista a MARIA CHIARA CARROZZADeputata ed Ex Ministro per l’Istruzione

La scuola ha il dovere di garantire, a tutti i livelli del percorso scolastico, l’acco-glienza e l’inserimento dei minori stranieri. È pur vero che ancora oggi in diverse aree del Paese sussistono barriere che impediscono la piena realizzazione di questo intento...

QUANDO L’IMMIGRAZIONEDIVENTA RICCHEZZA SOCIALE

Oggi, in Italia, anche un minore irregolare ha diritto all’istruzione. È un passo avanti del nostro Paese nel ri-conoscere la Convenzione dei diritti dell’infanzia?

È sicuramente un doveroso adempimento degli articoli 2 e 28 della Convenzione sui diritti del fanciullo, oltre che la re-alizzazione di un preciso obbligo morale e civico. Garantire l’istruzione a tutti i bambini, indipendentemente dal loro status giuridico, non può che essere la più sincera attuazio-ne dei principi costituzionali su cui si fonda la Repubblica Italiana.

La scuola è aperta a tutti, è pronta anche a garantire accoglienza e integrazione? Gli insegnanti sono prepa-rati alla sfida e hanno gli strumenti necessari per af-frontarla?

La scuola ha il dovere di garantire, a tutti i livelli del percor-

so scolastico, l’accoglienza e l’inserimento dei minori stra-nieri. È pur vero che ancora oggi in diverse aree del Paese sussistono barriere che impediscono la piena realizzazione di questo intento: dobbiamo agire con il coinvolgimento di tutti i soggetti, in particolare degli insegnanti, che do-vrebbero essere sostenuti da un piano nazionale opportu-namente contestualizzato alle varie realtà del nostro pae-se. Le “Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri”, che abbiamo elaborato quando ero Mini-stro al MIUR, contengono un esplicito riferimento anche al coinvolgimento delle famiglie, attori essenziali per l’inseri-mento dei figli nel nuovo ambiente scolastico. Infatti, senza un effettivo dialogo tra scuole e famiglie non sarà possibile per i docenti comprendere il contesto di provenienza e le reali esigenze degli alunni stranieri.

Definire linee guida per l’integrazione degli alunni stra-nieri nella scuola era necessario e perché?

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Non dimentichiamoci però del prezioso contributo che le famiglie dei bambini italiani possono dare a questo processo. Se i bambini apprendono sin dai primi anni i valori del rispetto, dell’ascolto, dell’aiuto e - non da ultimo - sono stimolati a conoscere e ad interagire con altre culture, allora tutto questo percorso sarà agevolato

Era dal 2006 che queste linee guida non erano aggiorna-te. Nel frattempo, vi è stata una considerevole evoluzione del contesto demografico e culturale in cui gli insegnanti si trovano ad operare. Questi mutamenti sono stati tali da richiedere una revisione di quel progetto in senso progres-sista, che si adeguasse anche ai nuovi bisogni e costituisse una valida piattaforma su cui basare il lavoro dei prossimi anni. Io sono convinta che la scuola sia la palestra per spe-rimentare e anticipare linee guida per il processo di inte-grazione degli immigrati nella nostra società. Nonostante le difficoltà e la crisi, continuo a pensare che l’immigrazio-ne rappresenti una grande opportunità per l’Italia.

Alcuni sostengono che inserire un bambino appena giunto nel nostro Paese in un contesto scolastico del quale non conosce lingua e cultura significhi discrimi-narlo, mentre per altri è inclusione sociale. Lei cosa ne pensa?

Certamente se non dotiamo la scuola degli strumenti op-portuni per affrontare il tema dell’immigrazione, l’inseri-mento di minori senza il dovuto supporto può diventare ad-dirittura controproducente: molto dipende dagli strumenti messi in campo dalla Scuola al momento dell’arrivo del bambino. Se le scuole sono sprovviste di mezzi, se non è stata compiuta un’adeguata opera di sensibilizzazione su insegnanti e alunni, allora l’inclusione del ragazzo può tra-sformarsi in silenziosa discriminazione. Ma se, al contrario, vi è un contesto pronto ad accoglierlo tramite corsi di lin-gua, attività che mettano in risalto la sua cultura d’origine e che permettano una condivisione di questo background

con gli altri ragazzi italiani, ecco, allora siamo di fronte ad un vero e proprio processo di crescita collettiva. È questa la strada che dobbiamo percorrere, è questo l’obiettivo a cui mirare, sono questi i valori che devono ispirare la scuola del terzo millennio. Abbiamo tanti casi di successo in tutta Italia dove la scuola riesce a fare passi importanti nel pro-cesso di integrazione.

L’accoglienza e l’integrazione possono diventare priori-tà del Piano dell’offerta formativa (POF), con un conse-guente investimento di risorse per la formazione e l’ag-giornamento dei docenti e di facilitazioni didattiche per gli alunni?

Indubbiamente è difficile stabilire quale principio debba essere in assoluto prioritario nei POF: l’educazione al rispet-to ed all’ascolto reciproco rappresentano tuttavia uno dei valori da difendere tenacemente, anche contro facili popu-lismi. Il successo dell’integrazione nelle scuole è la miglior risposta che possiamo dare a chi oggi mette in discussione il valore della condivisione culturale, arroccandosi invece in una anacronistica chiusura culturale e sociale. Dalle scuole, come ormai avviene da diversi anni, possono giungere progetti sempre più ambiziosi che siano però con-testualizzati alle realtà locali. Ambizione e concretezza non sono antitetiche, ma devono marciare su binari paralleli, sta alle scelte politiche trovare un equilibrio fra le risorse da destinare a queste come alle altre priorità della scuola.

Quale ruolo può avere la famiglia nell’integrazione sco-lastica dei minori stranieri?

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Ho già fatto cenno al ruolo centrale che la famiglia del bambino straniero ha oggi nella sua formazione e nel suo inserimento nel nuovo contesto scolastico. Non dimen-tichiamoci però del prezioso contributo che le famiglie dei bambini italiani possono dare a questo processo. Se i bambini apprendono sin dai primi anni i valori del rispetto, dell’ascolto, dell’aiuto e - non da ultimo - sono stimolati a conoscere e ad interagire con altre culture, allora tutto que-sto percorso sarà agevolato.

Gli insegnanti di sostegno e gli assistenti o educatori di sostegno sono risorsa per l’integrazione e quali caratte-ristiche formative devono avere?

Gli insegnanti di sostegno e gli assistenti educativi sono una risorsa di cui la Scuola non può fare a meno e credo di averlo dimostrato durante la mia attività da Ministro con

il piano di assunzioni che è in corso di implementazione. Naturalmente, anche questo è un profilo professionale che deve evolvere di pari passo con i tempi. All’insegnante di sostegno non può mancare innanzitutto un forte profilo interdisciplinare, che renda possibile un suo intervento operativo in tutti i settori e nelle varie materie. Inoltre, oggi è più che mai essenziale che i neo-assunti parlino fluente-mente una o più lingue comunitarie. Nessuno può natural-mente pretendere che conoscano gli idiomi delle principali minoranze linguistiche presenti sul territorio, però, a titolo d’esempio, lingue come il francese rappresentano un im-portante strumento di mediazione e comunicazione inter-culturale per interagire con la numerosa comunità magh-rebina. Le iniziali ed inevitabili difficoltà linguistiche non possono e non devono essere d’ostacolo al dialogo. A scuo-la gli orizzonti diventano più ampi. Tocca a noi valorizzare quegli aspetti che progressivamente faranno dell’Italia la terra delle culture e delle opportunità.

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Il diritto per tutti gli alunni che presentano svantaggi o difficoltà di avere un pieno ed effettivo accesso agli apprendimenti passa attraverso una didattica realmente personalizzata

BISOGNI EDUCATIVISPECIALI: come metterli a frutto alla luce delle recenti indicazioni ministeriali

La Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 «Strumenti d’intervento per gli alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica» e la successiva Circolare n. 8 del 6 marzo 2013 recante le indi-cazioni operative per la sua attuazione hanno suscitato rea-zioni contrastanti nel mondo della scuola e tra coloro che si occupano di inclusione scolastica.È quindi più che giustificata la necessità da parte della scuola di ricevere indicazioni per essere in grado di orientar-si e rispondere tempestivamente a questi bisogni, anche in riferimento alla Nota ministeriale del 27/6/2013. La cornice concettuale e metodologica di riferimento all’in-terno della quale suggeriamo di collocare il lavoro di indi-viduazione degli alunni con BES è quella del modello bio-psico-sociale ICF-CY (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della salute - versione per bambini e adolescenti, OMS, 2007).Si tratta di un modello di lettura delle difficoltà di «funziona-mento educativo-apprenditivo» utilizzabile dagli insegnanti per cogliere in tempo i vari Bisogni Educativi Speciali e atti-vare tutte le risorse possibili. Uno dei primi concetti riportati all’interno di Direttiva e Cir-

DARIO IANESUniversità di Bolzano

con la collaborazione di Sofia Cramerotti - Centro Studi Erickson, Trento

colare dai quali far partire la riflessione è quello di estensio-ne, ossia di un’attenzione che viene estesa ai bisogni educa-tivi speciali nella loro totalità, andando oltre la certificazione di disabilità, per abbracciare il campo dei disturbi specifici dell’apprendimento ma anche lo svantaggio sociale e cultu-rale e le difficoltà linguistiche per gli alunni stranieri. L’ottica è quindi quella della presa in carico globale e inclusiva di tutti gli alunni che implica innanzitutto una capacità di in-dividuazione corretta dei BES anche attraverso l’uso di stru-menti specifici.La recente Direttiva sancisce infatti il diritto per tutti gli alun-ni che presentano queste tipologie di difficoltà e di svantag-gio di avere un pieno ed effettivo accesso agli apprendimenti.Questo può essere realizzato solo attraverso una didattica realmente personalizzata. Ecco quindi un altro concetto chiave, quello della personalizzazione, intesa come ricono-scimento delle differenze individuali e diversificazione delle mete formative volte a favorire la promozione delle poten-zialità.Strumento privilegiato per realizzare tale obiettivo è il Piano Didattico Personalizzato (PDP), all’interno del quale si deli-neano le strategie, le indicazioni operative, la progettazione

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educativo-didattica, l’impostazione delle attività di lavoro, i parametri di valutazione degli apprendimenti e i criteri mini-mi attesi per l’alunno. Si tratta quindi di un lavoro che deve necessariamente basarsi su una stretta alleanza e progetta-zione condivisa, un’elaborazione collegiale e partecipata tra la scuola, la famiglia e gli eventuali professionisti/figure che seguono l’alunno in difficoltà.Si tratta di un lavoro di personalizzazione che non deve però basarsi esclusivamente sul singolo alunno, ma deve neces-sariamente prendere le mosse dall’idea di classe inclusiva, concentrando l’attenzione quindi non tanto sulle modalità con cui un insegnante può personalizzare la didattica per il singolo studente, quanto piuttosto su come può lavorare in prima battuta a livello di classe grazie a un’ampia gamma di approcci metodologici che la ricerca e l’applicazione sul campo hanno decretato essere quelli più idonei ed efficaci per realizzare una didattica inclusiva.Ci riferiamo, in modo particolare, alle facilitazioni disciplina-ri e all’adattamento degli obiettivi curricolari e dei materiali didattici, all’apprendimento nei gruppi cooperativi, alle tec-nologie come risorsa inclusiva, all’approccio metacognitivo, alla diversità degli alunni come risorsa, alle strategie e agli

strumenti compensativi.In tutto questo va quindi sottolineato il ruolo da protagoni-sta assunto dal Consiglio di classe, con una sua valorizza-zione in termini di programmazione pedagogico-didattica, soprattutto laddove non sia ancora presente una certifica-zione clinica o una diagnosi - anche nei casi di alunni con DSA - ma la scuola sia comunque chiamata a offrire risposte tempestive ai reali bisogni dell’allievo, bisogni educativi che non possono aspettare.Va sottolineata inoltre la funzione del Gruppo di Lavoro per l’Inclusione (GLI) al quale compete, tra le varie mansioni, anche quella di redigere al termine di ogni anno scolastico il Piano Annuale per l’Inclusività (PAI).Altro punto nodale di Direttiva e Circolare ministeriale è la questione relativa alla rilevazione, al monitoraggio e alla valutazione del grado di inclusività della scuola, attraverso precisi strumenti operativi quali l’Index per l’Inclusione.Non vanno infine dimenticati il ruolo e le opportunità offer-te dai Centri Territoriali di Supporto (CTS) e per l’Inclusio-ne (CTI), organismi fondamentali e strategici per attuare in modo ottimale le azioni inclusive della scuola anche su un piano strettamente operativo.

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UNA SCUOLA AD OSTACOLI

Secondo l’Istat, sono 84.000 gli studenti disabili che nel 2013 hanno frequenta-to la scuola primaria e 65.000 quelli presenti nella scuola secondaria di primo grado, circa il 4% degli alunni. Il numero aumenta di anno in anno e rispetto al 2012 se ne contano 4.000 in più.Le problematiche più comuni sono il ritardo mentale, i disturbi del linguaggio, dell’apprendimento e dell’attenzione. Nelle primarie, il 21,4% non è autonomo nello spostarsi all’interno dell’edificio scolastico, nel mangiare, o nel recarsi in bagno da solo e l’8% in tutte e tre le attività, mentre nelle scuole superiori di primo grado le percentuali sono rispet-tivamente del 14,7% e del 5,5%.Per loro, il Ministero dell’Istruzione ha messo in campo oltre 67.000 insegnanti di sostegno, 2.000 in più rispetto all’anno precedente, che nell’oltre 80% dei casi svolgono attività didattica e nel quasi 10% si occupano prevalentemente di attività di tipo assistenziale. L’insegnante di sostegno è una figura professio-

nale importante, sia per la formazione, che per il percorso d’inclusione sociale, anche se il continuo turn over non ottimizza i risultati: il 14,5% degli alunni con disabilità della scuola primaria e il 12,5% della scuola secondaria di primo grado ha cambiato insegnante di sostegno nel corso dell’anno, così come il 44,2% e il 37,9% lo ha cambiato rispetto all’anno precedente. Sarebbe invece auspicabile una continuità nel rapporto docente di sostegno-alunno disabile sull’intero ciclo scolastico. La figura dell’as-sistente educativo culturale, o l’educatore di sostegno, forniti dall’ente locale andrebbe valorizzata e incentivata: ognuno di loro dispone di circa nove ore settimanali per alunni gravemente non autonomi, che si riducono fino a tre, per quelli con minori limitazioni. Troppo poche, per una professionalità indicata al sostegno della socializzazione e dell’autonomia dello studente, se si considera inoltre che meno della metà degli alunni con handicap partecipa ad attività extrascolastiche organizzate dalla scuola e nei campi scuola sono presenti meno di 2 alunni su cento certificati. La presenza di barriere architettoniche nelle scuole è an-cora significativa su tutto il territorio italiano. Al Sud circa l’80% delle scuole non ha scale a norma e circa il 70% non ha i servizi igienici handicap, mentre al Nord la percentuale si riduce a circa il 15%. Anche i percorsi interni alle scuole sono nel 35,7% inac-cessibili nelle scuole primarie del Sud e nel 23,45% in quelle del Nord. La tecnologia, che è fattore di facilitazione nell’inclusione scolastica dell’alunno con disabilità, fatica a decollare e più di un quarto delle scuole primarie e secondarie di primo grado non hanno postazioni informatiche adatte. Il primato in positivo lo detiene l’Emilia Romagna, dove l’82,9% delle scuole è dotato di ausili informatici, anche se quasi sempre collocati in laboratori dedicati e non in classe. Anche gli alunni con cittadinanza non italiana continuano a crescere di numero e di percentuale: sono ormai 786.630, l’8,8% sul totale degli iscritti nelle scuole italiane. Aumentano gli alunni di seconda generazione: il 47,2% degli studenti stranieri sono nati in Italia, ma la percentuale sale all’80% nelle scuole dell’infanzia e al 60% nelle primarie. Gli alunni con cittadinanza non italiana sono presenti soprattutto nelle regioni del Nord e del Centro. La maggioranza sono di nazionalità rumena (148.602), seguiti dagli albanesi (104.710) e dai marocchini (98.106). E, se si guarda al genere, le femmine sono quasi pari alle compagne di origine italiana. Nelle scuole superiori le stu-dentesse di origine immigrata addirittura superano per incidenza quelle italiane. Ma è soprattutto nei risultati scolastici che l’integrazione sta diventando una realtà, considerato che alla maturità il 7,4% prende più di 90 ai licei e c’è un boom di ragazze iscritte alle superiori. La novità assoluta è che il Rapporto del Miur 2012/2013, per la prima volta si occupa di alunni stranieri con disabilità certificata, visiva, uditiva e psico-fisica. Negli ultimi cinque anni la loro presenza è praticamente raddoppiata: ora sono il 3,1% tra gli alunni con cittadinanza non italiana e il 10,8% tra gli alunni con disabilità.

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Intervista a EMILIO FRANZONIDirettore dell’U.O. di Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna

INTEGRIAMO LA PERSONA, NON IL DISABILE

Spesso in una classe il bambino con disabilità viene tenuto isolato, pur se nello stesso spazio e contesto. Sembra che egli sia nella classe e che lavori con gli altri, ma è ugualmente emarginato. Il grosso lavoro da fare è questo, quindi, non solo di inserirlo in classe, ma di permettergli di stare con gli altri come persona

Professore, quale valore ha l’inclusione scolastica, in un percorso di cura e riabilitazione di un bambino con disabilità?

Quando si parla di disabilità bisogna pensare a un mondo molto variegato, si va dalle forme più lievi a quelle più gravi, come i bambini che sono costretti in carrozzina, con movimenti scarsi e impediti, o che han-no una cognitività limitata e a tutti deve essere garan-tita la possibilità di relazione con gli altri. L’inserimento scolastico e sociale è importante non solo per chi è portatore di disabilità, ma anche per coloro che gli sono vicini, perché scoprono un mondo diverso. L’integrazione deve essere però organizzata e programmata e non limitata a tenere un ragazzino di-sabile per un certo numero di ore nella scuola, giusto per sgravare la famiglia di una difficoltà, concetto per fortuna in Italia ormai superato. Noi italiani da questo punto di vista siamo all’avanguardia nel mondo, anche se questi inserimenti a volte vengono travisati, come nel caso di una mamma che ho incontrato stamattina. Si lamentava del fatto che il bambino, autistico grave, fino a poco tempo fa tenuto a scuola in uno splendido isolamento, inserito nella classe ha perso il controllo, dà in escandescenze, è diventato aggressivo. È eviden-

te che non andava bene l’isolamento, ma non va bene nemmeno un inserimento indiscriminato. La maggiore difficoltà d’inserire a scuola bambini e ragazzi con di-sabilità sta proprio nella prima valutazione.

A chi è affidato il compito di valutare?

Lo fa il neuropsichiatra infantile, aiutato dagli psico-logi e in un secondo momento dagli insegnanti. Pur-troppo i docenti non sono coinvolti prima e si trovano a subire cose decise e sulle quali avrebbero potuto dare un contributo, anche importante. Inoltre, quando si fa l’inserimento di un ragazzino con disabilità, bisogne-rebbe sempre prevedere un periodo sperimentale, in cui si provano alcune metodologie d’intervento, con o senza la presenza dei compagni di classe. Il ruolo dei compagni è fondamentale, non basta una brava inse-gnante a portare il ragazzo con disabilità nel contesto scolastico, ma ci vuole una preparazione della classe, su come accogliere questa persona e farla sentire tale. È questo il punto: troppo spesso il bambino con disabi-lità viene tenuto nascosto, mentre è aiutato solo se gli altri alunni sono contenti di essere suoi compagni d’in-tegrazione. Questi bambini hanno una profonda capa-cità di sentire l’affettività intorno a loro e questo vuol

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dire comunicare. La comunicazione, attraverso l’amo-re, fa sì che essi sentano la presenza dell’altro ed è un risultato importante, perché nessuno pretende che un bambino con grave ritardo mentale, o deficit cognitivo, vada all’Università, o faccia quel che fanno gli altri, ma sentirsi parte del gruppo è un grande aspetto, purtrop-po non sempre scontato. Spesso in una classe il bambi-no con disabilità viene tenuto isolato, pur se nello stes-so spazio e contesto. Sembra che egli sia nella classe e che lavori con gli altri, ma è ugualmente emarginato. Il grosso lavoro da fare è questo, quindi, non solo di inserirlo in classe, ma di permettergli di stare con gli altri come persona.

Cosa può fare il volontariato e che aiuto danno gli educatori, per meglio costruire l’integrazione del ra-gazzo nella classe?

Nell’associazionismo dobbiamo distinguere tra realtà che vivono di puro volontariato e altre che sono forma-te da volontari specializzati e quindi anche retribuiti. Si tratta di organizzazioni importanti, per troppo tempo lasciate sole. L’esistenza dei volontari ha portato a un adagiarsi del pubblico e se le associazioni fioriscono come funghi è perché c’è qualcosa che non funziona nelle istituzioni. Da un lato, esse non possono arrivare dappertutto, soprattutto nelle piccole sindromi (picco-

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le come numero di pazienti, intendo), ma questo è un mondo che va coordinato dalle istituzioni, per evitare la guerra tra poveri. All’Unità Pediatrica abbiamo coniato il termine di “Ospedale creativo”, che affianca quello vero e pro-prio, con una serie di attività non solo ludiche, ma anche laboratori, che offrono ai bambini momenti costruttivi durante il ricovero. A maggior ragione il modello può essere esportato nella scuola, dove agli insegnanti di sostegno, che hanno compiti di suppor-to didattico, possono affiancarsi gli educatori delle co-operative sociali, operando in un’ottica di solidarietà, facendosi carico non solo del bambino disabile, ma anche degli altri, aiutandoli a creare gruppo. Questo è l’obiettivo che deve essere chiaro da subito, perché non si lavora solo per il ragazzino disabile, ma per tut-ta la classe.

L’Italia è il solo Paese europeo che prevede la fre-quenza scolastica dell’alunno disabile in classi per tutti. È un valore aggiunto?

Ah, non c’è dubbio! Qualche tempo fa ero al ristorante e ho visto una famiglia al tavolo vicino, con un figlio cerebroleso, affetto da una grave distonia, di quelli che di solito i genitori non portano in giro e ancor meno in luoghi pubblici. Mi sono alzato e li ho ringraziati di affrontare la disabilità con coraggio e normalità. Erano sorpresi, perché era la prima volta che un matto diceva loro queste cose, ma ne sono stati molto felici. Questo per dire come l’integrazione non passi solo dalla scuo-la, che se è fatta bene è un bel passaggio ed educa i ra-gazzini a capire che non tutti sono fortunati come loro, ma anche della famiglia e della società, che devono essere inclusive ed educarsi anch’esse in questo senso.

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L’équipe dell’Ausilioteca di AIAS Bologna onlus si occupa dal 1982 di consigliare ausili a tutti i livelli tecnologici per le diverse disabilità. Ha sviluppato forme di servizio che sono state riconosciute ed assunte come proprie dall’Azienda USL di Bologna e dalla Regione Emilia-Romagna e riprodotte in altre regioni d’Italia. Oggi gestisce, in con-venzione con l’Azienda USL di Bologna, l’Area Ausili di Corte Roncati, dove si realizza una partecipazione sinergica dell’Ente pubblico e del Privato sociale per la progetta-zione e gestione dei servizi per l’autonomia e la qualità della vita delle persone con disabilità. In particolare, l’Area Ausili comprende più Centri: Centro Ausili Tecnologici (CAT), Centro Regionale Ausili (CRA) e Centro Adattamento dell’Ambiente Domestico (CAAD). Si tratta di servizi pubblici ad accesso gratuito. Gli ausili e le soluzioni inoltre riguardano tutte le età e tutte le disabilità, con eccezione per le disabilità puramente sensoriali per cui esistono altri centri specializzati. Gli ambiti considerati sono quindi: l’apprendimento, il gioco, la scuola, il lavoro, il tempo libero, la mobilità e la postura, la vita quotidiana, la cura della persona, il controllo dell’ambiente, la domotica, l’acces-sibilità ambientale e la fruibilità del domicilio. Per saperne di più abbiamo intervistato l’Ing. Claudio Bitelli, responsabile dell’Ausilioteca di AIAS Bologna onlus

AUSILIOTECA:un prezioso punto di riferimento

Intervista a CLAUDIO BITELLIResponsabile Ausilioteca AIAS Bologna Onlus

di Federica Pagliarone

Ing. Bitelli, quali sono i vostri principi guida? E in cosa consiste il “percorso ausili”?

Ausilioteca ha sempre operato seguendo alcuni princi-pi molto chiari, che oggi si ritrovano nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (in Italia è la Legge n. 18/2009) e nella definizione di disabilità indica-ta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (ICF), che promuove un approccio alla disabilità non “sanitario” ma globale, “bio-psico-sociale”. La proposta di ausili, soprattutto nei casi complessi - o per ausili complessi - per essere efficace richiede la mes-sa in campo di competenze tecniche e metodologiche precise e costantemente aggiornate: è questo il nostro

ruolo, che non sostituisce ma integra e potenzia l’operato dei professionisti che già operano sul caso. Ogni propo-sta di ausili avviene all’interno di un percorso altamente personalizzato, che prevede la condivisione da parte di co-loro che vi sono coinvolti: persona, famiglia, servizi, ecc.. E’ un percorso che può essere articolato e comprendere fasi di valutazione e prove di ausili, interventi di supporto e avviamento all’uso, messe a punto sul piano tecnico o educativo. Per poter attuare un approccio globale, tutti i servizi gestiti da Ausilioteca sono dotati di team multidi-sciplinari, con professionisti negli ambiti: sanitario (fisio-terapisti e terapisti occupazionali), psico-socio-educativo (educatori professionali, operatori sociali, psicologo), tec-nico (ingegneri, tecnici, architetti). A nostro avviso un con-

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sulente di ausili deve poter spaziare fra tutte le offerte del mercato: per questo manteniamo una rigorosa estraneità a qualsiasi interesse commerciale, pur avendo relazioni con le aziende del mercato. Oggi il nostro modello di lavo-ro è condiviso con molte strutture in Italia ed all’estero e siamo orgogliosi del fatto che il termine “Ausilioteca” da noi coniato negli anni ’80 sia diventato di uso comune.

Operativamente come funzionano i servizi dell’Area Ausili gestiti da Ausilioteca?

L’accesso ai tre servizi è gratuito, su appuntamento; per alcune prestazioni è necessaria una richiesta da parte del medico specialista, mentre altre sono attivabili diretta-mente dal cittadino.Le persone con disabilità possono ricevere diverse presta-zioni così raggruppabili:

-informazione ed orientamento su ausili, servizi, norma-tive-percorsi di valutazione di ausili o soluzioni per l’adatta-mento del domicilio-percorsi di supporto individualizzato per l’uso degli ausili-personalizzazione e prestito temporaneo di ausili tecno-logiciGli operatori professionali possono trovare:-consulenza tecnica e metodologica sugli ausili e sulla loro proposta-formazione e aggiornamento-consulenza alle istituzioni -laboratorio stabile di Comunicazione Aumentativa e Al-ternativaLe valutazioni e le prove di ausili, insieme agli eventi formativi, avvengono all’interno dell’ampia e aggiorna-ta Mostra di ausili e nei due appartamenti sperimentali

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domotizzati. Il calendario formativo aggiornato è consul-tabile su: www.ausilioteca.org.

Tra i vostri ausili per l’apprendimento sono contem-plati anche giochi per bambini disabili e /o parchi attrezzati? Il tema del gioco per i bambini con disabilità è da sem-pre uno dei punti di interesse di Ausilioteca e viene affrontato integrando competenze educative e pedago-giche a quelle riabilitative e tecniche. E’ importante fornire in età più precoce possibile la possibilità di gio-care, ovvero di sperimentare modalità di piacere e di divertimento di tipo libero, da soli o in compagnia degli amici: molti giocattoli, soprattutto quelli ad alimenta-zione elettrica, possono diventare fruibili attraverso semplici adattamenti tecnici. Andando avanti con

l’età, c’è il mondo dei giochi al computer, tablet, con-solles, cui dedichiamo attenzione per le possibilità di scelta e di personalizzazione del gioco e di adattamento dei comandi alle capacità di utilizzo del bambino. Su un altro versante, sosteniamo la proposta della dimensione ludica nei percorsi educativi e riabilitativi, attraverso la formazione degli operatori e delle famiglie all’utilizzo di soluzioni semplici o tecnologiche (hardware e software) personalizzabili, in modo da garantire la migliore fruibi-lità da parte del bambino; per questo fra le nostre pre-stazioni di servizio c’è una consulenza specifica dedica-ta al software educativo e ludico. Per quanto riguarda i parchi, segnalo i giardini attrezzati di Corte Roncati – alla cui progettazione abbiamo collaborato - come un esempio di luoghi deputati al benessere ma anche al “gioco accessibile per tutti” e alla scoperta di situazioni divertenti a contatto con la natura.

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QUEGLI ALLIEVICHE SI METTONO

IN VIAGGIOCon “Vado a scuola”, presentato al Festival del cinema di Locarno, ci ha restituito le storie straordinarie di quattro ragazzini nelle zone più remote del globo che ogni mattina intraprendono un difficile cammino per inseguire il proprio sogno. Quello di ricevere un’istruzione. Il regista Pascal Plisson racconta la genesi del film

Dalle savane del Kenya ai sentieri delle montagne dell’Atlante in Marocco, dal caldo soffocante dell’India ai vertiginosi altopiani della Patagonia, quattro bam-bini sono uniti dallo stesso sogno, quello di ricevere un’istruzione scolastica. Per farlo si trovano ad affron-

Intervista a PASCAL PLISSONRegista documentarista

tare ogni giorno innumerevoli ostacoli, tra distanze enormi e pericoli concreti. Sono Jackson, Zahira, Samuel e Carlito, piccoli grandi eroi, tutti tra i 10 e gli 11 anni, di “Vado a scuola”, il film che il francese Bernard Plisson, presentato al Festival

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di Locarno e portato in Italia da Two Academy, ha gira-to sul tema dell’accesso all’istruzione nel mondo. Restituendoci così la storia di Jackson, che abita in Kenya e percorre, mattina e sera, quindici chilometri in mezzo alla savana e agli animali selvaggi. E quella di Zahira, che sull’Atlante marocchino cammina un gior-no intero per raggiungere la scuola. O ancora quella di Samuel, che in India percorre quotidianamente otto chilometri, spinto nella sua carrozzina dai due fratelli minori. E, infine, Carlito, che per studiare attraversa le pianure della Patagonia per oltre venticinque chilome-tri, portando con sé la sorellina.

Come è nata l’idea del film?

Ero nel Nord del Kenya, alla ricerca di location per un film, quando ho intravisto alcune strane forme in lontananza. Era impossibile sapere se fossero zebre o qualche altra specie di animale o esseri umani. Quando si sono avvici-nati mi sono accorto che erano tre giovani Masai, che ave-vano lasciato la casa prima dell’alba e avevano corso per due ore per arrivare a scuola. Prima di allora, nonostante

avessi viaggiato in lungo e in largo, incontrando un sacco di ragazzi in tutto il mondo, non conoscevo gli sforzi che questi bambini compiono per poter accedere alla cono-scenza. Questo incontro mi ha commosso profondamente.

Come ha scoperto i quattro ‘eroi’ del film?

Una volta deciso che volevo raccontare le storie di questi bambini con il sostegno dell’Unesco e di Aide et action ci siamo messi in cerca degli alunni che affrontavano i viaggi più difficili per raggiungere la scuola. Abbiamo rac-colto circa sessanta storie, provenienti da tutto il mondo. Ci siamo resi conto che questi bambini, non solo lottano per andare a scuola, ma sono molto consapevoli della loro situazione e sono coscienti del fatto che la scuola ha un ruolo fondamentale per il loro futuro. Alla fine abbiamo reputato quelle di Jackson, Zahira, Samuel e Carlito come le più emblematiche.

Come sono state effettuate le riprese?

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Questi bambini non sono attori, volevo che continuasse-ro a vivere la loro vita come al solito. Era importante che rimanessero se stessi nonostante la nostra presenza. Ho speso una grande quantità di tempo per ottenere la loro fiducia, li ho incontrati e ho parlato con loro, da solo, sen-za la mia macchina fotografica, mi hanno parlato dei loro sogni e dei loro desideri. Poi, ho fatto il viaggio a scuola con ciascuno di loro diverse volte, così ho potuto veramen-te capire com’era, cosa succedeva durante il cammino. Siamo stati dodici giorni con ogni bambino, cercando di interferire il meno possibile con la loro vita. L’unica cosa che ho chiesto loro è stata di non guardare in macchina. Ho voluto che si comportassero normalmente, ho diretto il film senza dirigere gli attori.

Come era l’ambiente familiare di questi bambini?

Per quasi tutte le famiglie che ho incontrato, questi bambi-ni sono la prima generazione ad andare a scuola. Appena

quindici anni fa, era ancora considerato ridicolo mandare i bambini a scuola perché significava allontanarli dalla loro cultura. Le cose sono cambiate. Anche negli angoli più re-moti della terra, la gente ora si rende conto che l’accesso alla conoscenza è una reale opportunità.

Che cosa le è rimasto di questa esperienza?

Non dimenticherò mai tutta questa avventura. Spero di mostrare al pubblico che ci sono altre realtà, che l’accesso alla conoscenza è di fondamentale importanza per tutti i bambini del mondo. Nel mondo occidentale abbiamo la fortuna di avere una scuola proprio dietro ogni angolo, ma nel resto del mondo non è così. Ogni bambino deve essere aiutato a sviluppare il proprio potenziale, sia che viva in un angolo sperduto del pianeta, o tra le montagne più remo-te, o nelle nostre città. Più impegnativo è l’ambiente, più motivati sono i bambini. Se gli diamo questa possibilità saremo tutti più ricchi.

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LA SCUOLA, MAESTRA DI VITA PER TUTTI

Presidente della Federazione Associazioni Docenti per l’Integrazione Scolastica

...l’innalzamento del numero degli alunni per classe ha determinato la riduzione del personale docente rendendo molto problematica l’individualizzazione degli inse-gnamenti, non solo per gli alunni con disabilità, ma in generale per tutti gli studenti

Qual è la situazione degli insegnanti di sostegno oggi e quella degli alunni che hanno diritto al so-stegno?

Il sistema scolastico italiano, dalla fine degli anni Settanta del Novecento, è incentrato sull’integrazione degli alunni con disabilità nelle classi comuni delle scuole di ogni ordi-ne e grado. Tuttavia, la situazione odierna degli insegnanti di sostegno non è definita in maniera adeguata sul piano professionale. Mi riferisco in particolare alla necessità di istituire una specifica classe di concorso per chi svolge questa professione. Purtroppo in questi anni abbiamo as-sistito a utilizzazioni sul sostegno di persone che non ne avevano assolutamente la competenza e la motivazione, con la successiva ricaduta negativa su persone che non necessitano di altre difficoltà.Diverso il discorso per gli alunni con disabilità, dove almeno sul piano normativo abbiamo una tradizione legislativa in favore dell’integrazione scolastica, ancora all’avanguardia in Europa. Il problema resta l’attuazione di queste norme in tutte le scuole italiane, dove coesistono diversi approcci

all’integrazione, talvolta ancora incentrati esclusivamente sul rapporto insegnante di sostegno e alunno con disabi-lità. L’integrazione scolastica degli alunni e delle alunne disabili è un percorso che va condiviso con i genitori e che deve necessariamente coinvolgere l’intero sistema scola-stico e non solo i docenti di sostegno.

I tagli alla scuola hanno avuto come conseguenza meno insegnanti e meno collaboratori scolastici: quali ricadute ci sono state sull’integrazione scolastica degli alunni con disabilità?

In primo luogo l’innalzamento del numero degli alunni per classe ha determinato la riduzione del personale docente rendendo molto problematica l’individualizzazione degli insegnamenti, non solo per gli alunni con disabilità, ma in generale per tutti gli studenti. È bene ricordare che le recenti riforme scolastiche hanno introdotto l’individualiz-zazione e la personalizzazione degli insegnamenti non solo per i disabili, ma anche per gli studenti con Disturbi Spe-cifici di Apprendimento e in generale per tutti coloro che

Intervista a NICOLA QUIRICO

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presentano forme di svantaggio. Per quanto riguarda la questione degli organici dei do-centi di sostegno, la FADIS ha sempre sostenuto due importanti criteri per la loro determinazione: il primo è legato al mantenimento del rapporto un insegnan-te ogni due alunni certificati, in ogni ordine di scuola, come valore medio di riferimento; il secondo prevede la possibilità di attivazione di posti in deroga, limitati ai casi di effettiva necessità. Entrambi i criteri sono stati ribaditi dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 80 del 22/02/2010. È il sistema di gestione e di comando del Ministero dell’Istruzione, nelle sue varie diramazio-ni, che impedisce il corretto avvio dell’anno scolastico per diversi alunni con disabilità, con i conseguenti ripe-tuti interventi dei genitori presso i tribunali, per tutelare i diritti dei propri figli.Meno appariscente, ma non meno importante, è la que-

stione dei collaboratori scolastici, cui spetta il compito di assicurare l’assistenza igienica agli alunni con disa-bilità che necessitano di essere accompagnati in bagno. Durante quest’anno scolastico ci sono state difficoltà nei pagamenti delle indennità previste dal contratto di lavo-ro per questa mansione. Come accennavo nella risposta precedente, l’integrazione scolastica è possibile grazie all’intervento di più soggetti e basta che uno di questi venga a mancare che percorsi avviati con grande pro-fessionalità nelle scuole possono risultare difficilmente percorribili.

La condizione di precarietà dei docenti non garantisce continuità didattica e sono molti gli alunni che cam-biano insegnante di sostegno anche nel corso dello stesso anno scolastico. Come vive un professionista questa condizione?

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Il tema della continuità didattica rimane sicuramente una delle costanti nel dibattito sul funzionamento, sull’orga-nizzazione e sulla qualità della scuola italiana. Per quan-to riguarda l’aspetto più specifico dei docenti di sostegno, questo tema si fa sicuramente scottante, in quanto da sem-pre una gran parte dei docenti di sostegno sono precari. Un passo avanti per la risoluzione di questo problema è stato avviato grazie alla Legge n. 128/2013, che prevede la pro-gressiva stabilizzazione di circa 26mila docenti di sostegno che saranno assunti con contratti a tempo indeterminato nel triennio 2014-2016.

Ritiene che i docenti siano formati sul tema dell’in-tegrazione scolastica e quali dovrebbero essere le strategie che la scuola mette in atto al fine di creare integrazione?

La formazione sui temi della disabilità, delle metodologie didattiche e dei criteri di valutazione relativi all’integrazio-ne scolastica deve ancora essere resa obbligatoria per tutti i docenti. Ognuno poi, secondo il proprio ruolo, contribuirà al successo dell’integrazione scolastica. Pertanto la formazio-ne obbligatoria su questo aspetto dovrebbe essere presente sia nella formazione iniziale, sia in quella in itinere.Qualche timido segnale d’inversione di tendenza è stato solo recentemente introdotto nei percorsi di formazione ini-ziale per la scuola primaria, mentre appare insignificante il monte ore previsto per i futuri docenti della scuola seconda-ria che frequenteranno il TFA, Tirocinio Formativo Attivo.

Quando si parla dell’insegnante di sostegno spesso non si dà pari dignità alla sua professionalità, rispet-to a quella degli altri docenti, e di conseguenza si rischia di non riconoscere pari valore allo studente disabile. Ritiene che manchi in Italia una cultura in questo senso?

In generale nel nostro Paese è pressoché assente un reale riconoscimento della professionalità dei docenti. Per questo motivo non credo che si tratti di un problema specifico dei

docenti di sostegno. Da sempre gran parte delle attività più innovative e di ricerca nella scuola italiana è svolta dai do-centi in forma volontaria.

Gli alunni con disabilità risultano aumentare nelle classi superiori. Dove vanno cercate le motivazioni di questo aumento di iscrizioni? E la scuola è preparata ad accoglierli?

Secondo i dati forniti dal MIUR, per l’anno scolastico 2012/2013, nella scuola secondaria di secondo grado si è registrato un incremento del +4,3%. In generale si tratta di una tendenza all’aumento che è in atto da diverso tem-po e sulla quale vale la pena soffermarsi. Innanzitutto, la scuola media di primo grado non è professionalizzante ed è alle superiori che i ragazzi e le ragazze con disabilità pos-sono essere inseriti, quando è possibile, in un percorso di avviamento al lavoro. La recente riforma della scuola se-condaria di secondo grado prevede dalle classi terze la rea-lizzazione di percorsi di alternanza scuola-lavoro, con stage in azienda, ai quali possono partecipare anche gli alunni con disabilità. Si tratta di esperienze che possono diventare fondamentali per il futuro di questi alunni, per i quali molto spesso al termine della scuola mancano strutture e per-corsi adeguati. La scuola secondaria superiore si presenta come uno dei passaggi di vita tra i più complessi e delicati per l’alunno con disabilità. Su questi temi c’è ancora molto da fare sia nelle scuole sia nella società.

Creare un welfare di comunità, unendo le forze tra scuola e privato sociale, si può?

Si tratta di percorsi di cui, in alcune realtà del nostro Pae-se, esistono già esperienze molto positive che vanno soste-nute. Ad esempio, attraverso il welfare di comunità si può puntare con maggiore probabilità di successo alla realiz-zazione di progetti che prevedono l’acquisizione delle au-tonomie sociali in ambienti extrascolastici, creando quelle opportunità di crescita che la scuola non è sempre in grado di percorrere.

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PARI OPPORTUNITÀ?MEGLIO COMINCIARE

DA PICCOLIUna nuova proposta di legge vuole rivoluzionare l’istruzione da 0 a 6 mesi. Perché per lottare contro le diseguaglianze e favorire l’inclusione bisogna iniziare presto

Intervista a FRANCESCA PUGLISIPolitica

Rivoluzionare l’istruzione nella fascia 0-6, trasforman-done il concetto stesso: da servizio per le famiglie a di-ritto educativo di bambine e bambini. È l’obiettivo della proposta di legge DDl 1260 portata avanti dalla VII commissione in Senato dal titolo “Di-sposizioni in materia di sistema integrato di educazio-ne e istruzione dalla nascita fino ai sei anni e del diritto delle bambine e dei bambini alle pari opportunità di ap-prendimento”. Ne spiega le ragioni Francesca Puglisi, capogruppo del Pd in Commissione Istruzione, prima firmataria e relatrice del provvedimento. Quali sono gli obiettivi del disegno di legge? Il testo parte da una scelta politica netta, quella di investire sull’educazione e l’istruzione dei bambini e delle bambine del nostro Paese come moderna forma di lotta alle disuguaglianze, passando dal concetto di asilo o scuola dell’infanzia come servizio alle famiglie a diritto educativo. Senza tralasciare il sostegno con-creto allo sviluppo all’occupazione femminile e alla ge-nitorialità.

Partiamo dal primo punto. In che modo si concre-tizzano la lotta alle diseguaglianze e le pari oppor-tunità?

Partiamo da un dato scientifico, tutti gli studi e le ricer-che hanno dimostrato l’importanza dei primi anni nella vita delle persone, delle condizioni materiali e relazio-nali in cui li si vive e delle esperienze che si fanno. In particolare quando esistono condizioni difficili – siano esse fisiche, psichiche o socioculturali – è stato prova-to che cominciare in tenera età un percorso scolastico aiuta a recuperare gli svantaggi di partenza. Al contra-rio, iniziare tardi può annullare di fatto la possibilità di recupero.

Come ci si riesce?

Con interventi personalizzati e un’organizzazione degli spazi e delle attività mirata a prevenire o limitare le conseguenze determinate da disabilità e da svantaggi culturali o sociali. Il che naturalmente richiede perso-nale altamente preparato, che è un altro degli aspetti

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Politica

su cui la proposta di legge interviene, puntando sulla qualificazione universitaria, la formazione in servizio continua, il coordinamento pedagogico, la continuità educativa e didattica.

Tra gli obiettivi c’è anche quello di favorire l’inclu-sione sociale. Come?

Valorizzando l’accoglienza e il sostegno delle diversi-tà linguistiche, culturali, religiose ed etniche nel caso della multiculturalità. È ormai evidente, anche a fronte della crescente presenza di famiglie con bambini pic-coli provenienti da molti altri Paesi e portatori di cul-ture diverse, che i servizi prescolari possano svolgere una funzione fondamentale a sostegno della coesio-ne sociale e nella lotta contro l’esclusione, diventan-do luoghi importanti nelle città, luoghi di incontro e confronto, di partecipazione e integrazione. Anche per questo oggi le politiche per l’infanzia sono considerate in molti Paesi europei un pezzo fondamentale del wel-fare locale.

Da un punto di vista più generale la legge punta an-

che a rimettere la palla in mano allo Stato.

Che è stato il grande assente, scaricando tutto il peso della formazione 0-6 sulle regioni. Noi puntiamo invece al raggiungimento dei livelli es-senziali per garantire un cofinanziamento del 50 per cento dei costi di gestione o con trasferimenti diretti o con la gestione diretta delle scuole dell’infanzia, men-tre il restante 50 per cento rimane a carico di regioni ed enti locali. È un passo importante perché si restituisce allo Stato la responsabilità in merito.

A tal proposito, che cosa pensa delle politiche del go-verno Renzi nei confronti della scuola, in particolare per la fascia 0-6?

Per la prima volta viene inserito nelle linee program-matiche del MIUR l’educazione e l’istruzione 0-6 anni. Inoltre la Ministra Giannini ha assicurato di voler la-vorare per realizzare ‘una scuola di qualità per tutti’, in cui far crescere la multiculturalità e dare spazio alle diverse abilità.

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GIOCA CON ME: LA JUVE DALLA PARTE DEI

BIMBI MENO FORTUNATISviluppato in collaborazione con il Centro Unesco di Torino (con il patrocinio dell’UNESCO Italia) e Juventus Soccer Schools, “Gioca con me” offre l’opportunità a bambini a rischio di emarginazione di seguire i programmi delle JSS

Un divertimento, ma anche una scuola di vita. Un mo-mento di aggregazione, ma anche di crescita perso-nale, che non deve essere negato a nessun bambino. Questo è il calcio. E la Juventus, che da sempre ne riconosce l’importanza educativa e sociale, ha voluto scendere in campo per promuovere l’integrazione e per dare l’opportunità ai bambini meno fortunati di parte-cipare gratuitamente al programma di allenamenti di Juventus Soccer Schools. E’ nato così “GIOCA CON ME”, progetto ideato dalla società bianconera in colla-borazione con il Centro UNESCO di Torino e Juventus Soccer Schools. L’iniziativa è destinata ai bambini della scuola primaria, dalla seconda alla quarta elementare, delle circoscrizioni 6 e 10 di Torino. Per ogni annata il Centro Unesco ne selezionerà 22, meritevoli dal punto di vista scolastico che, per motivi economici e sociali, non potrebbero sostenere il costo dell’iscrizione al pro-gramma Juventus Soccer Schools. Ognuno di loro, se manterrà le caratteristiche per le quali è stato selezio-nato, sarà coinvolto in un ciclo triennale di allenamen-

ti, che andranno da settembre a giugno, con le squadre Primi Calci e Juventus Soccer School, naturalmente in completa integrazione con il resto del gruppo. Il Centro Formazione Juventus ed il Centro Studi Ju-ventus Soccer Schools monitorano l’attività, verifican-do programmi tecnici e valutando aspetti sociali e psi-cologici della squadra e delle famiglie. In sintesi, gli obiettivi del progetto consistono nel promuovere una cultura di integrazione, collegando-la strettamente all’attività sportiva; nel dare ad alcu-ne famiglie l’opportunità di iscrivere il proprio figlio ad un’attività sportiva di gruppo che altrimenti non potrebbero sostenere; nel premiare bambini che, no-nostante condizioni di vita difficili, frequentano rego-larmente la scuola con buoni risultati; e nel formare allenatori, famiglie ed insegnanti ai concetti di solida-rietà e responsabilità.Nello specifico, “Gioca con me” rivolge la propria atten-zione a bambini appartenenti a famiglie con difficoltà economiche e sociali, meritevoli dal punto di vista sco-

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lastico (frequenza a scuola, impegno, comportamento, ecc.). Nella selezione dei candidati, per promuovere i valori dell’uguaglianza e dell’integrazione, non è stata e non verrà fatta alcuna distinzione in base a sesso, nazionalità e cultura.Avendo completato con successo il primo ciclo del

progetto (stagione 2012/2013), la stagione sportiva 2013/2014 ha visto il coinvolgimento di altri 22 bambi-ni, per un totale di 44 che da settembre hanno iniziato a seguire il programma delle Juventus Soccer School. Per la stagione 2014/2015 i bambini iscritti grazie al proget-to saranno 66.

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HOTEL 6 STELLE:UN REALITY CONTROOGNI PREGIUDIZIO

Martina, una delle sei protagoniste down della docufiction andata in onda su Rai 3 e premiata dagli ascolti racconta il dietro le quinte di una trasmissione che ha già fatto storia. Dimostrando che un’altra tv è possibile

Per una volta, la tv ha fatto centro. Dimostrando che è pos-sibile coniugare una buona programmazione e ascolti alti. Ci è riuscita con «Hotel 6 stelle», una docu-fiction su sei ragazzi che per sei settimane hanno frequentato uno sta-ge in un grande albergo di Roma, dove si son messi alla prova per imparare un mestiere. Sei ragazzi Down - Ni-colas, Benedetta, Martina, Emanuele, Edoardo, Livia - in collaborazione con l’Aipd, l’Associazione Italiana Persone Down che hanno dimostrato la loro capacità di integrarsi perfettamente nei propri reparti, di acquisire sicurezza e disinvoltura nello svolgimento delle proprie mansioni, di riuscire a gestire con successo imprevisti e compiti nuovi. Il tutto davanti alle telecamere e raccontato in sei pun-tate, andate in onda dal 17 febbraio al 31 marzo dopo le 23 su Rai 3, registrando ottimi ascolti con un’impennata per l’ultimo appuntamento di 943 mila spettatori per uno share del 5.5%. Un’esperienza speciale, e non solo per i sei protagonisti, che ci ha raccontato Martina.

Martina, quanti anni hai?31

Intervista a MARTINAProtagonista Hotel 6 Stelle

Quando ti hanno invitato a prender parte a Hotel 6 stelle, che cosa hai pensato?Me lo ha comunicato l’associazione, non vedevo l’ora di cominciare.

In che cosa consisteva il tuo lavoro in hotel?Ero addetta ai piani, che significa mettere in ordine le ca-mere, bagni compresi. Con pochissimo tempo e lavoro di precisione.

Che cosa dovevi fare in particolare?Sistemare la camera, passare l’aspirapolvere, rifare il letto e pulire il bagno.

È stata dura?Ho avuto qualche difficoltà, ma le ho superate. All’inizio ad esempio non mi ricordavo come si faceva il letto. Poi, è stato brutto, quando c’è stata l’ispezione per vedere se le camere erano fatte come dovevano. La persona molto severa e mi ha fatto diversi appunti. Per fortuna c’era De-borah, la mia tutor.

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Come è stato il rapporto con Deborah, la tua tutor?Fantastico, siamo rimaste amiche.

E a livello psicologico qual è stata la difficoltà più gran-de da superare? La paura di essere criticata e non capita dagli altri.

Che cosa ha rappresentato per te questo tipo di esperienza?Sono stata contentissima, è molto bello per me lavorare. Il lavoro è importante, tutti dovrebbero poter lavorare.

Lo rifaresti?Assolutamente, sì.

E la notorietà ti è piaciuta?Sì, tantissimo.

Cosa hai capito di te stessa?Che parto un po’ lentamente, posso sembrare pigra, ma poi sono determinata nel fare le cose che mi richiedono.

Adesso che Hotel 6 stelle si è concluso, come passi le tue giornate?Vivo con la mia famiglia, ho tre sorelle e sette nipotini. Aiu-to a casa, con le pulizie domestiche, mi piace ordinare e pulire. Non mi piace stirare, però.

E nel tempo libero?Esco, di solito l’associazione organizza gite o anche solo giornate per stare insieme.

Qual è il tuo sogno?Trovare un lavoro, magari proprio in un albergo.

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VI RACCONTOIL MIO SKIANTO

Filippo Timi torna a teatro con un monologo per portare in scena la storia di un ragazzo disabile. Uno spettacolo a metà strada tra il racconto autobiografico e la necessità di andare oltre se stessi

“Per un anno e mezzo ho calcato le scene di tutta la penisola come Don Giovanni, poi a un certo punto, ho sentito il bisogno di tirare il freno, di tornare alle origi-ni”. Filippo Timi, uno dei nostri attori più talentuosi e celebri, di tanto teatro e cinema, racconta così la gene-si di “Skianto”, il nuovo spettacolo teatrale in cui veste i panni di un disabile. Per farlo è tornato alla scrittura in prima persona, per altro in dialetto umbro, e al mo-nologo. Uno spettacolo autobiografico – il protagonista in scena si chiama Filo e nella locandina campeggia una foto di Timi ragazzino – ma dal valore universale. Filo infatti guarda i cartoni, Goldrake, Candy, ama can-tare, sogna di diventare un pattinatore artistico. E sof-fre perché sa che non potrà mia realizzarli.

Timi, come è nato Skianto?

Ispirandomi al mio disagio personale. In Skianto il ra-gazzo disabile sono io, racconto una condizione estre-ma, cercando di rivelarne l’universo interiore, inacces-sibile a chi lo circonda.Ma c’è anche l’esperienza di Daniela, mia cugina nata con la scatola cranica sigillata.

Intervista a FILIPPO TIMIAttore

Ci può dire di più?

Da bambino la frequentavo molto, perché viveva vicino a me e, come tutti i bambini, non coglievo le implicazio-ni del suo stato. Quello che forse Daniela mi ha dato è la possibilità da bambino, quando si è privi di pregiudizi, di entrare in relazione con la sua disabilità senza farme-ne spaventare, lei per me era la ‘cugina magica’. Avevo anche un compagno di classe disabile, Andrea. Fare merenda con lui era una festa. Ero allegro a quell’età e non mi rendevo conto delle implicazioni e del dolore che c’era dietro, per me erano solo bambini speciali.

E il pubblico come reagisce?

Con grande pudore. La prima parte dello spettacolo è divertente, si ride. È un po’ la mia cifra quella di essere tragico e leggero insieme. Non volevo far piangere, né suscitare pietismo. Sono atteggiamenti che allontana-no le persone dalla disabilità. Io volevo mostrare che dentro a quell’essere, che non riesce a comunicare, si nasconde un mondo, ma anche che tutti noi abbiamo

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una scatola cranica sigillata. Siamo chiusi dentro un nostro mondo.

Portare in scena quel mondo, forse, può far cam-biare la prospettiva al pubblico sulla disabilità mentale?

In Skianto il ragazzo disabile sono io, racconto una condizione estrema, cercando di rivelarne l’universo interiore, inaccessibile a chi lo circonda

Magari: sarei felice di avere almeno instillato il dub-bio che dentro quelle persone c’è una grande vitalità. Ogni spettacolo è politico, è etico. Io chiedo al pubbli-co di credere che dentro a ogni essere c’è un mondo sconfinato. A me basterebbe che dopo aver visto il mio spettacolo gli spettatori entrassero in crisi. Sarebbe già molto. Ma non è una cosa a cui penso prima.

© Foto di Sebastiano Mauri

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A questo proposito che ruolo pensa abbia la scuola per questi bambini?

È l’unico sostegno che spesso le famiglie hanno, l’uni-ca ancora per vivere una parvenza di normalità, oltre che l’occasione, così come è stata per me, per gli altri bambini di non aver paura della disabilità.

Lei è un attore di successo, anche se soffre di balbuzie ed è ipovedente a causa della sindrome di Stargardt. Non sono disabilità gravi, ma forse sfide importanti per un attore.

Da questo punto di vista mi sento già risarcito, ho una mia compagnia teatrale con cui porto in giro spettacoli. Adesso la sfida è guardare oltre me. Ho da poco com-piuto i 40 anni, ho un cane, ho un mutuo. Sarà banale ma cerco di andare oltre me stesso.

Come si è preparato allo spettacolo?

Frequentando l’associazione Amici di Tog che cura i bambini con gravi problemi neurologici, ora ne seguo-no gratuitamente 100. Li ho invitati alla prima di Skian-to, dedicandogli lo spettacolo. È stato molto toccante.

Con oltre 1.250 impresa associate specializzate in vari settori imprenditoriali, UNIFICA svolge la propria attività sull'intero territorio italiano impiegando operativamente oltre 10.000 addetti.UNIFICA, nato della volontà di CIPEA, CARIIEE e Co.Ed.A, ha un volume d’affari dell’intero gruppo, per l’anno 2011, superiore ai 150 milioni di euro.

Nasce UNIFICA Il Consorzio di Imprese Artigiane più grande d’Italia

UNIFICA rappresenta la forza del gruppo artigiano ed opera nei seguenti settori:

- Edilizia pubblica / privata e restauri conservativi - Impianti tecnologici e risparmio energetico - Infrastrutture - Global Service e Facility Management - Project Financing

© Foto di Sebastiano Mauri

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Selleri, Battaglia, Chiodini, Ancona sono i nomi di alcuni servizi per disabili di Società Dolce, ma sono soprattutto le persone che, negli anni ’70, diedero voce ai diritti delle persone disabili portando alla redazione della legge 104. Erano un gruppo di persone bolognesi con storie diverse che, nel fulgore degli anni della rivendicazione dei dirit-ti, si unirono con professionalità con un unico obbiettivo: la parità di cittadinanza per le persone disabili.Iniziarono da quello che sembrava lo scoglio più duro, il diritto alla scuola. Non il diritto all’istruzione perché la filosofia della legge 104 si basa sul diritto alla cittadinanza, a partecipare alla vita in una società inclusiva. Un approccio seguito, a livello europeo, in Italia, Portogallo e Grecia; negli altri paesi è stata fatta la scelta delle scuole speciali o istituti dove l’obbiettivo è raggiungere un livello di istruzione in linea con le proprie capacità. Se ci si basa sul diritto all’istruzione questo può comportare il rischio dell’esclusione di coloro che non hanno suf-ficienti capacità di apprendimento. Su questi diversi approcci parte-cipiamo ad un confronto continuo nell’ambito della European Agency for Special Needs and Inclusive Education.Nella stagione dei diritti se ne diffusero altri con tempistiche diverse: la chiusura dei manicomi, il diritto delle donne al lavoro, a cui inizial-mente risposero i Comuni che avevano per la prima volta la gestione in autonomia dallo Stato con conseguente incremento di dipendenti pubblici. Il blocco delle assunzioni da parte degli enti locali comportò il trovare nuovi soggetti che rispondessero a bisogni diventati diritti: nacquero le prime cooperative sociali. In questo contesto nacque, nel 1988, Società Dolce e, dall’anno se-guente, iniziò la gestione dei servizi integrativi scolastici. Il termine servizi integrativi riassume in sé due grandi risposte quali l’inclusione

CARLA FERREROVice PresidenteCOOPERATIVA SOCIALESOCIETA’ DOLCE

LEGGE 104: una dolce conquista all’inclusione scolastica

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delle persone disabili nelle scuole e il potenziamento degli orari di apertura delle scuole per permettere ai genitori di recarsi al lavoro. In questi 25 anni, partendo dalla città di Bologna, siamo arrivati a dare risposta in Emilia Romagna e in Lombardia annualmente a 11.000 bambini e a sostenere l’inserimento scolastico di 800 ragazzi disabili e 2.000 minori con altri bisogni speciali.Come ricordare che quella che viene ora considerata giustamente la normalità non lo era e non lo è ancora in molti paesi? Guardando il film del regista Plisson “Vado a Scuola” che evidenzia cosa significhi, in alcune parti del mondo, andare a Scuola e dove lo sguardo dei ragazzi protagonisti supera qualsiasi trattato, oppure leggendo le semplici parole di Malala all’ONU.Negli anni si è evoluta la società italiana, come pure i suoi bisogni e, di conseguenza, i diritti. Vanno in questa di-rezione le “Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri”, la direttiva ministeriale “Strumenti d’intervento per gli alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica” e la proposta di legge sul “Sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita fino ai sei anni e del diritto delle bambine e dei bambini alle pari opportunità di apprendimento”, tutte con l’obbiettivo di migliorare la qualità in una scuola inclusiva che si basi sul riconoscimento dei nuovi e dei vecchi diritti. Abbiamo dunque la responsabilità di lavorare riconoscendo i diritti, nuovi o vecchi che siano, perché come diceva Gianni Selleri, mio amico oltre che mentore, “i diritti non si discutono, al massimo si spiegano”.

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ISA GRASSANOGiornalista

Sono piccole attività di nicchia, cresciute grazie alla tenacia, al coraggio e all’intraprendenza di persone capaci di “alimentare il futuro”. C’è molta passione dietro alle storie di tante cooperative sociali che hanno dato vita a locali dove possono lavorare anche persone svantaggiate. Un modo per far sì che questi giovani siano una

DALLA RISTORAZIONE AL FASHION, LA DISABILITÀ SI TRASFORMA IN ECCELLENZA

Locanda dei Girasoli, Roma Ciccilla, Milano

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DALLA RISTORAZIONE AL FASHION, LA DISABILITÀ SI TRASFORMA IN ECCELLENZA

Fantàsia, Venezia

“risorsa”. Così è nato il ristorante Fantàsia, a Venezia, voluto dall’impresa sociale Uniamo – Goldin (www.unia-mogoldin.it). Il nome è un omaggio al romanzo di Micha-el Ende, “la storia infinita”. In forza del potere creativo della fantasia, è possibile estendersi senza limiti spazio-temporali al di là di ogni confine fisico e di ogni barriera mentale, immaginando il futuro e reinventando il pre-sente. Qui si possono degustare sfiziosi “cicchétti”, gli stuzzichini fatti di polpette, uova sode, sarde in “saor”, seppioline “roste”, fritto di baccalà. A Milano, si fa no-tare Ciccilla (www.ciccilla.it), la prima polpetteria sotto la Madonnina che promuove la sfera sociale degli inse-rimenti lavorativi. É nata, qualche anno fa, da un’idea del Consorzio Sociale Light, il consorzio di cooperative sociali aderenti a Legacoop Lombardia. Da non perdere, accanto alle varianti classiche di polpette di carne, pe-sce, verdure, quelle gustose di alghe ad uso alimentare.Spostandosi nella capitale, si trova la Locanda dei Gira-soli (www.lalocandadeigirasoli.it), voluta dalla coopera-tiva I Girasoli, con l’obiettivo di promuovere l’inserimen-to lavorativo di ragazzi con sindrome di Down. Si possono

Ciccilla, Milano

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assaggiare piatti di mare e di terra. Sulla stessa scia, anche il ristorante I ragazzi di sipario, a San Frediano, uno dei quartieri più caratteristici della vecchia Firenze, dove lavorano ragazzi con handicap intellettivo o sen-soriale (organizzati in una cooperativa Sociale di tipo “B” onlus). Il fiore all’occhiello? Qui “niente è scontato”: i prezzi sono davvero bassi ed è impossibile abbassarli ulteriormente e con questi giovani “niente può darsi per scontato”.Non solo ristoranti. A Bilbao, si trova il primo hotel europeo gestito da disabili mentali: si chiama Bbk Bilbao Good Hostel (www.bbkbilbaogoodhostel.com, realizzato da un’associazione non profit, Lantegi Batuak). Tra gli impiegati ci sono ben 12 disabili mentali. È stato, inoltre, creato con l’obiettivo di abbattere le barriere fisiche: ogni stanza è dotata di cartelli in braille, sia sui pavimenti che sulle pareti, segnali di emergenza e altri supporti tecnici. Infine, anche nel settore del fashion, si sta dando sempre più spazio al reinserimento sociale delle persone svantaggiate attraverso il lavoro. É il caso delle suore di Santa Maria del Rosario a Iolo (www.domenicaneiolo.org), a sud della città di Prato, che hanno lanciato uno spaccio benefico, il cui slogan è: «vestiti griffati a prezzi stracciati». A consigliare nella scelta ci sono le novelle Sister Act, insieme ad un gruppo di ragazze con disagi psichici, conosciute come le “stelline”. Il ricavato va a finanziare adozioni a distanza di bambini e anziani, mis-sioni in India, Ecuador, Romania. Quasi una multinazionale della solidarietà.

... Sono piccole attività di nicchia, cresciute grazie alla tenacia, al coraggio e all’in-traprendenza di persone capaci di “alimentare il futuro”...

L’ALTRO SPAZIO

Si chiama “L’Altro spazio”, ed è un luogo, aperto da qualche mese a Bologna (via Polese, 7) dove sperimentare cosa si prova a vivere al buio ma anche uno spazio dove mangiare e bere insieme è un’esperienza possibile anche per le persone cieche e per i sordo-ciechi. È il primo bar italiano concepito per una “clientela particolare” che può trascorrere una piacevole serata, divertirsi e sentirsi a proprio agio, grazie alla collaborazione dell’associazione La Girobus-sola. All’ingresso viene consegnata una mappa tattile del locale per favorire l’orientamento tra i tavoli. Su ogni tavolo ci sono etichette in Braille con indi-cate le precise posizioni di acqua, bicchieri, posate, pane. C’è la bacheca con i biglietti prestampati per le ordinazioni, c’è uno spazio esterno per ospitare i cani-guida e ci sono postazioni per ascoltare audio-libri. Anche la cucina è speciale, in modo che possa garantire una linea di equilibrio alimentare. Cosa curiosa, in programma ci sono due aperitivi al buio al mese, per far vivere a tutti un momento sensoriale.

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EMANUELA GIAMPAOLIGiornalista

LA SCUOLA?UNO SPETTACOLO

PER TUTTI

“’La mia classe’ di Daniele Gaglianone viene proiettato in quasi tutte le scuole, ma in sala c’è stato a malapena”. Paro-la di Valerio Mastandrea, protagonista del film che per fortuna è uscito di recente in dvd. Lui, nella pellicola, fa il mae-stro di italiano impegnato a svelare segreti della grammatica e della sintassi del nostro idioma a una classe di studenti extra-comunitari. E se l’impresa si rivela subito difficilissima, quel che invece emerge con la forza delle cose vere, è che per gli studenti diventa uno dei pochi barlumi di umanità in un paese che non ne vuol sapere di loro. “La classe - ha

È quasi un genere il racconto dell’istruzione che tra libri, film e pièce teatrali ci ricorda tra ste-reotipi e vita vera l’importanza di stare tra i banchi. Un’occasione unica nella vita di un ragazzo. Da non sprecare mai

Scatto dal set di “La mia classe”, di Daniele Gaglianone

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spiegato Gaglianone - l’abbia-mo costruita mettendo insieme studenti autentici incontrati nelle nostre visite a corsi vari di italiano in giro per Roma”. Persone vere con problemi veri che a un certo punto irrompo-no nella finzione narrativa tra-sformando l’opera quasi in un documentario, dove la troupe diventa parte attiva del film. “Studenti che provengono ap-parentemente da mondi rassi-curatamente lontani dal nostro – dice ancora il regista – diven-gono familiari,‘nostri”, grazie a quelle lezioni di italiano in tutta la loro dimensione sia di-dattica sia ludica: è allora che smettono di essere invisibili”.

do si è in navigazione da tanti anni si per-de la rotta».

Tempo di imparare è un libro scritto in prima persona, in cui «io» e «tu» diventa-no un’unica cosa: «irriducibili l’uno all’al-tro, eppure intercambiabili». La voce di Valeria Parrella – intima, abissale – dice il momento in cui la relazione tra ogni ge-nitore e ogni figlio si strappa, il binomio si scompone, e ci si guarda da lontano: per intero.

Valeria Parrella è nata nel 1974, vive a Napoli. Per minimum fax ha pubblicato le raccolte di rac-conti mosca piú balena (2003) e Per grazia ricevu-ta (2005). Per Einaudi ha pubblicato i romanzi Lo spazio bianco (2008), da cui Francesca Comenci-ni ha tratto l’omonimo film, e Lettera di dimissioni (2011). Per Rizzoli ha pubblicato Ma quale amore (2010), di prossima ripubblicazione negli Einau-di Super ET. È autrice dei testi teatrali Il verdet-to (Bompiani 2007), Tre terzi (Einaudi 2009, insie-me a Diego De Silva e Antonio Pascale), Ciao ma-schio (Bompiani 2009) e Antigone (Einaudi 2012). Per Ricordi, in apertura della stagione sinfonica al Teatro San Carlo, ha firmato nel 2011 il libret-to Terra su musica di Luca Francesconi. Ha inoltre curato la riedizione italiana de Il Fiume di Rumer Godden (Bompiani 2012). Da anni si occupa della rubrica dei libri di «Grazia».

«E io mi preparo. La mattina faccio la cartella: elmetto, e mela per la merenda. Fucile e quaderno a quadretti grandi. Marca da bollo e penna con l’impugnatura facilitata. Vestito buono e cuore cattivo.Mi preparo – ma accettare, quello ancora non riesco».

Valeria Parrella è nata nel 1974, vive a Napoli. Tra i suoi libri pubblicati da Einaudi, Lo spazio bianco.

m 17,00

ISBN 978-88-06-21406-7

9 7 8 8 8 0 6 2 1 4 0 6 7

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EParrella

Fare il nodo ai lacci delle scarpe, colo-rare dentro i contorni, lavare bene i denti (anche quelli in fondo), salire scale sempre nuove senza stringere per forza il corrima-no. E poi: avere lo sguardo lungo, separa-re l’ansia dal pericolo vero, vincere, perde-re, aspettare, agire, confidarsi, farsi valere, rassegnarsi. A dover imparare tutto ciò, in questo romanzo colmo d’energia e dal po-tere medicamentoso, sono una donna e il suo bambino. Lei ha l’esperienza, mentre lui per capire mira all’essenziale; lei ha oc-chi pronti a cogliere ogni spigolo, mentre lui da dietro gli occhiali le insegna a legge-re il mondo a due dimensioni.

Davanti a loro si stagliano tutti gli osta-coli possibili, e per fronteggiarli hanno a disposizione molta paura e altrettante ar-mi. La paura è quella di non farcela, e le armi a ben guardare sono le stesse della letteratura: nominare le cose, percorrer-le, trasfigurarle, lasciarle andare. Tenen-dosi per mano – ma chi reggendo chi è dif-ficile dirlo – si muovono tra fisioterapi-sti e burocrati, insegnanti e compagni di classe, barcollando o danzando, ma sem-pre stringendo nel pugno una parola dif-ficile che comincia per «H», e che sembra impossibile far germogliare.

Perché se hai tatuato addosso il nume-ro 104 – quello della legge sulla disabilità – e vivi in un mondo «che non ha proprio la forma della promessa», mettere un pas-so dopo l’altro diventa ogni giorno piú dif-ficile. Ma c’è chi prima di loro e insieme a loro ha solcato lo stesso mare impetuoso, facendosi le stesse domande: «Stiamo tor-nando indietro o andando avanti? Quan-

In sopracoperta: The Horizon. © Foto Egor Shapovalov.

EINAUDI

VAlERIA PARREllA

TEMPO DI IMPARARE

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La scuola è anche il luogo dove la protagonista del libro “Tempo di imparare” della scrittrice napoletana Valeria Parrella, pubblicato da Einaudi, accompagna tutte le mattine il suo bambino. Che si chiama Arturo e che per un’asfissia alla nascita ha un grave handicap. Per farlo la mamma si prepara così: “La mattina faccio la cartella: elmetto, e mela per la merenda. Fucile e quaderno a quadretti grandi. Marca da bollo e penna con l’impugnatura facilitata. Vestito buono e cuore cattivo. Mi preparo - ma accettare, quello ancora non riesco”.Difficile da accettare non è il figlio disabile, quello che non si accetta è l’inse-gnante di sostegno che non c’è, i diritti da conquistare ogni giorno, le attese lunghissime per le visite mediche. Perché se hai tatuato addosso il numero 104 – quello della legge sulla disabilità – e vivi in un mondo «che non ha proprio la forma della promessa», ci vuole dav-vero coraggio per affrontare le sfide di ogni giorno. «Che sconfitta, figlio, tenere assedio al proprio Paese» dice la protagonista a un certo punto. Eppure bisogna tener duro, perché a quel diritto, al diritto di andare a scuola, insieme a tutti gli altri bambini proprio non si può rinunciare. Al ruolo formativo dell’esperienza scolastica, rimanda anche “La scuola”, spet-

Valerio Mastandrea in “La mia classe” di Daniele Gaglianone

Copertina del libro “Tempo di imparare” di Valeria Parrella

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© Foto di Andrea Gallo

tacolo teatrale del ’92, ispirato al libro di Domenico Starnone “Sottobanco”, già diventato un film per la regia di Daniele Luchetti nel ’95 (disponibile in dvd), che vent’anni dopo Silvio Orlando, protagonista di oggi come di ieri, ha riproposto la scorsa stagione nei grandi teatri italiani, registrando quasi sempre il tutto esaurito. Lo spettacolo era (e resta) un affresco della scuola italiana di quei tempi e al tempo stesso è un esempio quasi profetico del cammino che il nostro sistema scolastico stava intraprendendo.“Ho deciso di riportare in scena lo spettacolo più importante della mia carriera; fu un evento straordinario, entu-siasmante, con una forte presa sul pubblico” ha spiegato Orlando. Il racconto ruota intorno all’ultimo giorno di scuola, momento di saluti prima della pausa estiva e soprattutto di scrutini. Orlando, nei panni del professor Cozzolino, e il resto del corpo insegnante interpretato da Marina Massi-roni, Roberto Citran, Roberto Nobile portano in scena il confronto tra speranze, ambizioni, conflitti sociali, amori, amicizie e scontri generazionali, ma soprattutto richiamano l’attenzione sul ruolo centrale che la scuola può avere per tutti i ragazzi. Quelli di borgata e di buona famiglia, gli studiosi e gli indisciplinati, i simpatici e gli antipatici, gli ubbidienti e i ribelli. In una parola, tutti.

I protagonisti dello spettacolo teatrale “La scuola” di Silvio Orlando

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LA SCUOLA NON SERVE A NIENTE

Se un ragazzo di quindici anni abbandona i banchi di chi è la colpa? Dei profes-sori? Della famiglia? Dello studente? Cerca di dare una risposta a questa doman-da il volume “La scuola non serve a niente” l’ultimo, provocatorio saggio di An-drea Bajani, arricchito dai contributi, tra gli altri, di Massimo Recalcati, Mariapia Veladiano e Marco Lodoli. In vendita in edicola, libreria e in formato ebook, per la collana Repubblica e Laterza, il libro si sofferma sulle lacune dell’istruzione scolastica, oggi sempre più abbandonata dagli studenti, come mostrano grafici e statistiche. Bajani riflette su una scuola che accanto a nozioni e conoscenze, sia in grado di porsi come strumento di comprensione della realtà in cui viviamo. A partire dalla cultura, ma anche dalla capacità di coinvolgere tutti. “Non a caso, la scuola è il nostro primo e forse ultimo luogo di aggregazione, comunità, con-divisione. E quindi è indispensabile in un’epoca di profonde solitudini come la nostra” osserva l’autore. A patto di ridare agli insegnanti non solo il proprio ruolo, ma pure il sostegno dello Stato.

Cooperativa N.C.V. • Via Emilia, 11 40056 Crespellano (BO) • Tel. 051 6502020 • Fax 051 [email protected] • www.ncv.it

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Il Cinno selvaggio

SOCIETA’ DOLCE NEWS

Happy from Dolce

In rete stanno spopolando video “virali” in cui persone di ogni parte del mondo ballano e si divertono al ritmo incalzante della canzone Happy di Pharrel Williams, il cantante statunitense che ha lanciato l’iniziativa di reinterpretare il suo video. Anche in Italia varie organizzazioni hanno diffu-so in rete i loro video, rendendo lo spaccato di un paese vivace che riesce, anche per poco, a dimenticare la crisi e i problemi quotidiani. Gli uffici di Società Dolce di Bologna, insieme alla Direzione Allargata, hanno pensato di aderire all’iniziativa realizzando il videoclip “Happy from Dolce“, in cui per 100 secondi si balla al ritmo della canzone. L’intento è quello di diffon-dere il virus della “felicità” anche nelle strutture e nei servizi di Società Dolce, coinvolgendo lavoratori ed utenti. Perciò il contagio non finisce qui.

www.societadolce.it oppure https://www.youtube.com/watch?v=1m9AQbbfLa8.

www.societadolce.it

10 Novembre 2012 - h. 9.00-13.30, Auditorium Enzo Ferrari, Maranello info iscrizioni: www.societadolce.it

Un progetto del Centro Diurno Rondine, nato dall’idea di far incontrare artisti e illustratori affermati con artisti outsider provenienti dalla salu-te mentale. Ideatrici e curatrici del progetto “IL CINNO SELVAGGIO” sono Silvia Ferro e Barbara Bizzaro, che attraverso questo progetto vogliono dare la possibilità agli utenti di partecipare a laboratori fi-nalizzati allo sviluppo del loro potenziale creativo, orientando la loro produzione artistica verso una sempre più ampia visibilità esterna. Il progetto è iniziato con la collaborazione del visual artist Ericailcane e la realizzazione di un video di animazione digitale. E’ proseguito con la fumettista Francesca Ghermandi e la rivista “Guida ai segreti di Bologna”, una riflessione onirica su una Bologna immaginaria. Attual-mente è in corso un laboratorio di fumetto condotto da Andrea Bruno. L’esperienza di questi due anni ha dimostrato come l’intervento di un artista visivo possa restituire dignità ed attenzione alla creatività degli utenti. Il processo artistico diventa il tramite per arrivare ad un rico-noscimento sociale.

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Il nuovo centro per disabili di San Giorgio di Mantova

www.societadolce.it

Il Menestrello

Il 13 maggio 2014 a Bologna in Salaborsa si è tenuta la premiazio-ne del 9° Concorso dei cartelloni realizzati dai bambini e ragazzi dei Servizi Integrativi Scolastici della Città di Bologna gestiti da Società Dolce. Nella splendida cornice della biblioteca bolognese sono state premiate le 5 classi vincitrici del Concorso che aveva, quest’anno, il titolo “Il Menestrello”. I cartelloni in mostra dal 13 al 24 maggio rappresentano il piacere di saper narrare, ascoltare e reinterpretare favole e racconti di altri tempi e luoghi. Il progetto ha visto coinvolte 44 scuole per un totale di 3.500 bambini impe-

gnati in letture, racconti, favole, animazioni di storie e rappresentazioni artistiche. Il Concorso riassume il filo condut-tore scelto annualmente per dare un senso educativo ai momenti dei servizi pre e post scuola.

L’esperienza “lombarda” di Società Dolce nel campo dei servizi socio-educativo-assistenziali per disabili è partita nel lontano 1998 dal Centro “Tam Tam” di Mantova. Proprio nel territorio mantovano e precisa-mente nel Comune di San Giorgio di Mantova il 10 maggio 2014 Società Dolce ha inaugurato il Centro per Disabili “Tam Tam“, una nuova struttura, di proprietà della Cooperativa Sociale Società Dolce, progettata ad hoc per ospitare un Centro Diurno per Disabili per 30 utenti, prima frequentanti l’omonimo Centro Diurno a Mantova, una Residenza Sanitaria per Disabili da 10 posti letto e la sede territoriale del Servizio di As-sistenza Domiciliare Integrata. L’obiettivo è quello di creare un polo di servizi destinato alle persone non autosufficienti. Il taglio del nastro è avvenuto alla presenza di Pietro Segata (Presidente Cooperativa Sociale Società Dolce), Damiano Vicovaro (Sindaco Comune di San Giorgio di Mantova), Elena Magri (Assessore Servizi Sociali della Provincia di Mantova), Germana Tommasini (Direttore Sociale ASL Mantova).

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SOCIETA’ DOLCE NEWSwww.societadolce.it

Accordi territoriali Pianura est di Bologna

L’Accordo Provinciale di Programma per l’Integrazione Educa-tiva, Scolastica e Formativa dei bambini e degli alunni disabi-li, per il periodo 2009-2013, indica nell’Accordo Territoriale lo strumento per “attuare a livello locale il dettato normativo della Legge 104/92 e dell’Accordo Provinciale in rapporto ai bisogni dell’utenza e delle risorse proprie di ogni territorio”. Nell’ambito del Piano di Zona Pianura Est di Bologna si è costituito un grup-po composto da rappresentanti delle Amministrazioni Comu-nali, dell’Azienda USL, delle Istituzioni Scolastiche Autonome Statali e Paritarie, delle Famiglie, dei Centri di Formazione Pro-fessionale, al quale Società Dolce in qualità di rappresentante delle Cooperative Sociali presenti nel Distretto Pianura Est ha partecipato attivamente alla stesura.

Tratto da Il Resto del Carlino, Ravenna, Noi ravennati di Andrea Degidi, 2/10/2013

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CENTRI ESTIVI IN VILLA

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DA 6 A 11 ANNI

questa estate mettimi al centro

L’estate 2014 è alle porte e Società Dolce apre le iscrizioni ai propri centri estivi per bambini da 1 a 11 anni. Da giugno a settembre le nostre strut-ture offrono settimane ricche di attività e di gioco all’aria aperta con la-boratori e tanto divertimento insieme a personale attento e qualificato, con possibilità d’iscrizione part time o tempo pieno. GIOCHI IN CITTÀ PER TIPI DA SPIAGGIA è il servizio rivolto alla fascia 1-5 anni con pos-sibilità d’iscrizione presso le strutture per l’infanzia dislocate sul territorio di Bologna, Modena e Par-ma, Forlì-Cesena, Raven-

na e Rimini. VILLA PINI centri estivi in Villa, a Bologna - quartiere San Vitale, rivolto a bambini 6-11 anni - offre uno spazio accogliente, immerso nel verde, un calendario di attività ludiche espressive e tec-nico sportive oltre a giochi d’acqua e gite. Il programma completo delle iniziative lo trovi su www.societadolce.it dove sarà possibile effettuare l’iscrizione on line fino a esaurimento posti.

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Arfie

www.societadolce.it

Una delegazione di Società Dolce ha partecipato il 23 maggio 2014 a Barcellona all’As-semblea annuale di ARFIE (Association de Recherche et Formation sur l’Insertion en Europe), l’associazione europea di formatori nell’ambito della disabilità, creata nel 1991 e riconosciuta come ONG nel 1993, di cui Società Dolce è membro permanente. Nell’am-bito del tema di approfondimento per il 2014 «l’inclusione scolastica per i disabili» è stato presentato il lavoro svolto dalle cooperative sociali Open Group, Cadiai e Società Dolce che da anni lavorano insieme nei servizi di integrazione scolastica, scuole d’infanzia e materne. Il documento ha l’obiettivo di valorizzare il modello italiano di scuola finalizza-ta all’inclusione sociale nel confronto con gli altri modelli di scuole speciali.

www.arfie.info

Sotto il melograno

Da maggio, Bologna ha un nuovo spazio pensato e creato da Società Dol-ce per gli anziani. Sotto il Melograno è un centro socioculturale rivolto a persone over 60, dove incontrare nuovi amici, sperimentare ambiti inso-liti, come la pittura e la poesia, prendersi cura di sé. Sito in via Bentivogli 9, sotto al Centro diurno Il Melograno, propone un ricco programma, alla portata di tutti e per ogni gusto: dal corso di cucina, pasta fresca e pane, alla lettura di poesie orientali accompagnata da merenda con dolcetti

arabi, dal laboratorio di acquerello, alla ginnastica dolce. I corsi, tenuti da esperti, sono ad iscrizione e a costi veramente irrisori: dai 3, ai 5 euro. All’inaugurazione, oltre a Carla Ferrero, vicepresidente di Società Dolce e Sara Saltarelli, respon-sabile Area assistenza alla persona, erano presenti la presidente del Quartiere San Vitale, Milena Naldi e il presidente del Quartiere San Donato, Simone Borsari, che hanno accompagnato l’apertura con parole di condivisione sui valori di accoglienza e rete mutualistica.

Centri estivi

ASSEMBLEA DEI SOCI

Giovedì 29 maggio 2014 alle ore 18.00 a Bologna presso Savoia Hotel Regency (Via del Pilastro 2) si è tenuta l’Assemblea Ordinaria dei Soci della Cooperativa, in seconda convocazione, con il seguente Ordine del Giorno: Bilancio di Esercizio al 31 dicembre 2013; Relazione del Collegio Sindacale; Nomina Membri Comitato Etico.

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NEL PROSSIMO NUMERO

AMBIENTEE TERRITORIO

I SERVIZI INTEGRATIVIdi Zazza

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