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con il patrocinio di ORDINE DEI CHIMICI DI TARANTO REGIONE PUGLIA PROVINCIA DI TARANTO COMUNE DI TARANTO XIII CONGRESSO NAZIONALE DI CHIMICA DELL AMBIENTE E DEI BENI CULTURALI Dall’emergenza alla sostenibilità: il contributo della Chimica Taranto, Cittadella delle Imprese 10-14 settembre 2012 ATTI DEL CONGRESSO

xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

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Page 1: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

con il patrocinio di

ORDINE DEI CHIMICIDI TARANTO

REGIONE PUGLIA PROVINCIA DI TARANTO

COMUNE DI TARANTO

XXIIIIII CCOONNGGRREESSSSOO NNAAZZIIOONNAALLEE

DDII CCHHIIMMIICCAA DDEELLLL’’AAMMBBIIEENNTTEE EE DDEEII BBEENNII

CCUULLTTUURRAALLII

Dall’emergenza alla sostenibilità: il contributo della Chimica

Taranto, Cittadella delle Imprese

10-14 settembre 2012

ATTI DEL CONGRESSO

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SCOPO DEL CONGRESSO

La Chimica è una tra le più importanti discipline scientifiche in grado di fornire elementi

conoscitivi per lo sviluppo di azioni atte a salvaguardare l’uomo, la qualità della vita e l’habitat

naturale. La Chimica, inoltre, è in grado di supportare politiche di sviluppo sostenibile ed

affrontare emergenze planetarie, spesso legate ad un irrazionale uso delle risorse. La Chimica,

come scienza al servizio dell’umanità, dimostra dunque la sua forza creativa nell’innovazione

tecnologica, nei nuovi materiali e nei processi industriali puliti e, allo stesso tempo, nel settore dei

Beni Culturali, offre strumenti metodologici per la salvaguardia e valorizzazione. In questo senso,

la Chimica si propone come “Scienza di Vita” a difesa degli equilibri naturali e per la tutela delle

opere frutto dell’ingegno umano. Il XIII Congresso Nazionale della Divisione di Chimica

dell’Ambiente e dei Beni Culturali vuole dunque mettere in risalto questi aspetti, confrontando le

più avanzate esperienze scientifiche in campo nazionale.

La scelta di Taranto, connubio tra realtà industriali e pregevoli presenze archeologiche, a sede del

Congresso, vuole esaltare la connessione tra “Ambiente e Beni Culturali” in un’area dove la

conservazione del patrimonio storico-culturale rappresenta un potenziale volano di sviluppo

economico-sociale.

Taranto è la città dei due mari, antico e moderno porto che si affaccia sul mar Ionio nel cui golfo si

trovano alcune delle più belle spiagge della Puglia. Fondata dagli Spartani come colonia per

ampliare il raggio del commercio navale, Taranto oggi è un importante polo industriale e guarda al

mare per uno sviluppo futuro basato sul potenziamento del porto, sul turismo e sul rilancio di

antiche attività come la maricoltura.

Nicola Cardellicchio

Past-President della Divisione di Chimica dell’Ambiente e dei Beni Culturali

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COMITATO SCIENTIFICO

Giorgio Assennato ARPA Puglia

Pierluigi Barbieri Università di Trieste

Vincenzo Barone Università di Pisa

Massimo Blonda ARPA Puglia

Nicola Cardellicchio CNR-IAMC - Taranto

Oscar Chiantore Università di Torino

Alessandra Cincinelli Università di Firenze

Gianluigi De Gennaro Università di Bari

Franco Dell’Erba CRC - Taranto

Lorenzo Ferrara DIPAR

Giuseppe Geda Ordine dei Chimici Piemonte e Valle d’Aosta - Torino

Nadia Marchettini Università di Siena

Luciano Morselli Università di Bologna

Luigi Lopez Università di Bari

Fabrizio Passarini Università di Bologna

Silvia Prati Università di Bologna

Corrado Sarzanini Università di Torino

Luigi Sportelli Camera di Commercio Taranto

Vito Felice Uricchio CNR-IRSA Bari

COMITATO ORGANIZZATORE

Cristina Annicchiarico CNR-IAMC Taranto

Micaela Buonocore CNR-IAMC Taranto

Nicola Cardellicchio CNR-IAMC Taranto

Franco Dell’Erba CRC Taranto

Antonella Di Leo CNR-IAMC Taranto

Santina Giandomenico CNR-IAMC Taranto

Roberto Giua ARPA Puglia

Annamaria Demarinis Loiotile Università di Bari

Lucia Spada CNR-IAMC Taranto

Segreteria Scientifica e Organizzativa

Lucia Spada

CNR – Istituto per l’Ambiente Marino Costiero

Via Roma 3, 74123 Taranto

Tel. 099-4542206; Fax 099-4542215

e-mail: [email protected]

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Si ringraziano gli sponsor:

Appia Energy, Camera di Commercio di Taranto, Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale

Energia e Ambiente Università di Bologna, Chemical Research 2000, Hellma, Labozeta,

Lab Service analytica, Lenviros, Metrohm, Perkin Elmer, Project Automation, Sea Marconi, Solvay,

SolvAir, Systea, Thermo Fisher

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PROGRAMMA

LUNEDÌ 10 SETTEMBRE

15.00-17.00 Consiglio Direttivo della Divisione (Hotel Delfino Mercure)

18.00 Sala degli Specchi, Palazzo di Città

Cerimonia inaugurale

Introduzione: C. Sarzanini, Presidente della Divisione

Saluto delle Autorità

Consegna delle medaglie della Divisione a:

Nicola Cardellicchio, CNR-IAMC, Taranto

Giacomo Chiari, Getty Conservation Institute, Los Angeles, California

Chairman: F.Dell’Erba, C. Sarzanini

18.30-19.10 Plenary lecture

G. Chiari, Getty Conservation Institute, Los Angeles, California

Tendenze nella Scienza dei Beni Culturali: esempi dal Getty Conservation Institute.

20.00 Cocktail di benvenuto

Visita al Castello Aragonese in collaborazione con la Marina Militare

MARTEDÌ 11 SETTEMBRE

08.30-09.00 Registrazione dei partecipanti

09.00-09.40 Plenary lecture

Chairman: N. Marchettini, C. Sarzanini

N. Cardellicchio, CNR, Istituto per l’Ambiente Marino Costiero, Taranto

I siti contaminati: necessità di modelli integrati di “governance” per la gestione

sostenibile del territorio. SESSIONE AMBIENTE

09.40-10.00 F. Morandi, S. Bastianoni, D. Caro, E. Neri

Multi-scalar emergy analysis and set theory.

10.00-10.20 P.Barbieri, S. Licen, A. Tolloi, G. Barbieri, S. Cozzutto, G. Candotti, P. Plossi

Metodi di indagine per sorgenti attive e gradienti di contaminazione multi-specie:

rilevanza negli studi di esposizione.

10.20-10.40 R. Fuoco, S. Giannarelli, M. Onor, S. Ghimenti, C. Abete, M. Termine,

S. Francesconi

A snow/firn four-century record of persistent organic pollutants (POPs) at Talos

Dome (Antarctica).

10.40-11.00 D. Vione, E. De Laurentiis, M. Minella, V. Maurino, C. Minero

Processi fotoindotti di trasformazione di inquinanti emergenti nelle acque di

superficie.

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11.00-11.30 Coffee break

SESSIONE AMBIENTE

Chairman: P. Barbieri, F. Passarini

11.30-11.50 E. Papa, L. Van der Wal, A. Rizza, S. Kovarich, S. Cassani, P. Gramatica

Applicazione di metodologie predittive QSAR per la predizione dell’attività’

biologica di nano particelle.

11.50-12.10 E. Papa, S. Kovarich, L. Ceriani, P. Gramatica

Modelli QSAR per la predizione della biodegradabilità delle fragranze.

12.10-12.30 A.Brunelli, G. Pojana, A. Marcomini

Studio del comportamento ambientale di nanoparticelle ingegnerizzate in matrici

reali.

12.30-12.50 E. De Laurentiis, M. Minella, D. Vione, V. Maurino, C. Minero, M. Brigante,

G. Mailhot

Matrice di fluorescenza: un potente strumento nello studio dei processi

fotosensibilizzati di trasformazione di inquinanti emergenti nelle acque naturali.

12.50-13.10 V. Leone, S. Canzano, P. Iovino, R. Paterno, S. Salvestrini, S. Capasso

A novel organo-zeolite adduct for environmental applications.

13.10-15.00 Pausa pranzo

15.00-15.40 Plenary Lecture

Chairman: O. Chiantore, G. Chiari

M. P. Colombini, Università di Pisa

Macromolecole d'autore contemporaneo.

SESSIONE BENI CULTURALI

15.40-16.00 S. Prati, G. Sciutto, E. Catelli, R. Mazzeo

Sviluppo di nuovi sistemi per la preparazione di sezioni stratigrafiche di interesse

artistico.

16.00-16.20 E. Zendri, L. Falchi, E. Balliana, F. C. Izzo, G. Biscontin

Effectiveness of nanosilica dispersions as consolidants for porous architectural

surfaces.

16.20-16.40 E. Imperio, G. Giancane, L. Valli

Italian mail stamps history through Fourier transform infrared spectroscopy (FTIR).

16.40-17.00 Coffee break

SESSIONE BENI CULTURALI

Chairman: S. Prati, E. Zendri

17.00-17.20 M. Vagnini, M. Palmieri, L. Pitzurra, L. Cartechini, B. G. Brunetti

Tecniche immunologiche per l’analisi di leganti proteici.

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17.20-17.40 F. C. Izzo, E. Zendri, K. J. Van den Berg, H. Van Keulen, B. Ferriani

20th century oil paint formulations: an analytical challenge in the conservation of

modern and contemporary heritage.

17.40-18.00 G. Botticelli, M. Matteini, S. Lugli, S. Minghelli, P. Zannini

Trattamenti innovativi a base di esteri silicici per il consolidamento di

manufatti a base silicatica.

MERCOLEDÌ 12 SETTEMBRE

09.00-09.40 Plenary lecture

Chairman: A. Cincinelli, L. Morselli

A. Marcomini, Università Ca’ Foscari, Venezia

Nanoparticelle ingegnerizzate: nuova frontiera di ricerca per la Chimica

Ambientale.

SESSIONE AMBIENTE

09.40-10.00 R. Comparelli, F. Petronella, A. Pagliarulo, E. Fanizza, A. Panniello, G. Mascolo,

M. Striccoli, A. Agostiano, M. L. Curri

Novel nanocrystalline composite photocatalysts for water remediation.

10.00-10.20 G. Mascolo, S. Murgolo, E. Lorusso, R. Comparelli, M. L. Curri, R. Gerbasi,

F. Vsentin

Degradation of iodinated contrast media by solar photo-fenton and photocatalysis

with supported TiO2.

10.20-10.40 R. Cucciniello, A. Proto, F. Rossi, O. Motta

Sviluppo di substrati inorganici a base di ossidi metallici per la determinazione

simultanea di NO ed NO2 con campionatori passivi.

10.40-11.00 G. Mascolo, G. Del Moro, E. Barca, C. Di Iaconi, F. Palmisano

Municipal landfill leachate treatment using electrooxidation coupled with a

biological reactor.

11.00-11.30 Coffee break

SESSIONE AMBIENTE

Chairman: L. Ferrara, V.F. Uricchio

11.30-11.50 D. Fibbi, L. Ciofi, L. Checchini, E. Coppini, C. Gonnelli, M. Del Bubba

Studio della distribuzione ed efficienza di rimozione di cromo trivalente ed

esavalente in un impianto di fitodepurazione operante come post-trattamento di

reflui industriali.

11.50-12.10 D. Cespi, F. Passarini, L. Ciacci, I. Vassura, L. Morselli, V. Castellani

Tecnologie di riscaldamento domestico a biomasse attraverso una prospettiva di

ciclo di vita.

12.10-12.30 G. Perra, S. Focardi, C.Guerranti, N. Marchettini,

Determinazione (LC-ESI-MS/MS) dei livelli di acrilammide in patate fritte in

relazione ai parametri nutrizionali di differenti cultivar.

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12.30-12.50 S. Bodini, P. Moscetta

Analizzatore automatico per la caratterizzazione del livello di contaminazione da

sostanze tossiche nelle acque.

12.50-14.30 Pausa pranzo

14.30-15.10 Plenary Lecture

Chairman: A. Casoli, M.P. Colombini

G. Biscontin, E. Zendri, Università Ca’ Foscari, Venezia

Prospettive di sviluppo e innovazione della Chimica dei Beni Culturali.

SESSIONE BENI CULTURALI

15.10-15.30 F. C. Izzo, E. Zendri, Paola Biocca, B. Ferriani, Henk Van Keulen

Polyurethane in contemporary italian design: the case of “Pratoni” in the Triennale

Museum, Milan.

15.30-15.50 M. Quaranta, E. Catelli, S. Prati, G. Sciutto, R. Mazzeo

Applicazione della microscopia Raman per la caratterizzazione di pellicole

cinematografiche: studio di fenomeni di amplificazione SERS.

15.50-16.10 L. Falchi, E. Balliana, F. C.Izzo, E. Zendri, G. Biscontin

Mass hydrophobized lime cement mortar as tool for preventive conservation.

16.10-16.30 A. Daveri, F. Rosi, B. G. Brunetti, A. Sgamellotti, C. Miliani

Identificazione di leganti polimerici naturali e di sintesi con spettroscopia IR in

riflessione.

16.30-17.00 Coffee break

17.00-18.00 Sessione Poster

18.00 Assemblea della Divisione

GIOVEDÌ 13 SETTEMBRE

09.00 - 09.40 Plenary Lecture

Chairman: N.Cardellicchio, G. de Gennaro

G. Assennato, ARPA Puglia

Il ruolo dell'epidemiologia nella governance ambientale.

SESSIONE AMBIENTE

09.40-10.00 E. Andriani, L. Angiuli, G. Assennato, M. Blonda, A. M. D’Agnano, P. Dambruoso,

B. Daresta, G. de Gennaro, A. Demarinis Loiotile, A. Di Gilio, S. Ficocelli, R. Giua,

M. Mantovan, V. Musolino, M. Menegotto, A. Nocioni, R. Paolillo, V. Rosito,

M. Spartera e M. Tutino

Monitoraggio “diagnostico” del benzo(a)pirene nel PM10 a Taranto.

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10.00-10.20 V. Esposito, A. Maffei, L. Gigante, D. Bruno, M. Spartera, G. Assennato

Dioxin bioaccumulation in bottom-mussels from the Gulf of Taranto (Ionian sea,

Italy) collected in semienclosed transitional water basins near urban and industrial

pollution sources.

10.20-10.40 M. Amodio, E. Andriani, G. Assennato, P. R. Dambruoso, B. E. Daresta,

G. de Gennaro, A. Di Gilio, R. Giua, A. Laricchiuta, V. Musolino, J. Palmisani,

R. Paolillo, L. Trizio, M. Tutino

Studio dei nitro-IPA nel particolato atmosferico.

10.40-11.00 A. Morabito, R. Giua, A. Tanzarella, S. Spagnolo, T. Pastore, M. Bevere,

E.Valentini, G. Assennato, G. Tinarelli, G. Brusasca

Analisi modellistica di source apportionment per i macroinquinanti dell’area

tarantina.

11.00-11.30 Coffee break

SESSIONE AMBIENTE

Chairman: G. Assennato, R. Giua

11.30-11.50 B. E. Daresta, G. de Gennaro, M. Trotta, P. Veronico

Interazione del particolato atmosferico con batteri, nematodi e piante.

11.50-12.10 A. Nocioni, L. Angiuli, R. Barnaba, D. Calabrò, A. M. D’Agnano, V. Esposito,

S. Ficocelli, R. Giua, A. Maffei, M. Menegotto, V. Musolino, R. Paolillo, V. Rosito,

M. Spartera, G. Assennato

Rilevazioni vento-selettive nell’aria ambiente in Puglia per lo studio delle sorgenti

emissive di microinquinanti organici e di metalli.

12.10-12.30 A. Genga, F. Baglivi, M. Siciliano, T. Siciliano, C. Tortorella, D. Aiello

Single particle SEM-EDX analysis of particulate matter in three different sites.

12.30- 12.50 E. Andriani, P. R. Dambruoso, G. de Gennaro, A. De Marinis Loiotile, A. Di Gilio,

V.Di Palma, A. Marzocca, A. Mazzone, J. Palmisani, F. Porcelli, M. Tutino

Impatti delle combustioni di biomasse in ambienti indoor e outdoor.

12.50-14.30 Pausa pranzo

14.30-15.10 Plenary Lecture

Chairman: N. Marchettini, A. Marcomini

L. Morselli, E. Bernardi, L. Ciacci, Università di Bologna, sede di Rimini

Gli strumenti dell’industrial ecology nel contesto della green economy.

SESSIONE AMBIENTE

15.10-15.30 F. Bertocchi

SOLVAL® una realtà industriale consolidata per il recupero dei residui sodici dal

trattamento fumi.

15.30-15.50 F. Pieri, A. Cincinelli, T. Martellini, K. C. Jones, A. Sweetman

Volatile siloxanes in the atmosphere: emerging challenges, assessing sources,

spatial distribution and air quality.

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15.50-16.10 G. Sangiorgi, L. Ferrero, B. S. Ferrini, C. Lo Porto, M. G. Perrone, R. Zangrando,

A. Gambaro, Z. Lazzati, E. Bolzacchini

Modifica della composizione chimica del PM fine da outdoor a indoor: sorgenti

indoor (bpa) e perdita dei semi-volatili (IPA e ioni inorganici).

16.10-16.30 M. Brattoli, S.Catino, P. Dambruoso, G. de Gennaro, A. Demarinis Loiotile,

S. Petraccone

Applicazione di un approccio integrato per la valutazione delle emissioni

odorigene di un impianto di estrazione e lavorazione di petrolio greggio.

16.30-17.00 Coffee break

SESSIONE AMBIENTE

Chairman: G. Geda, E. Papa

17.00-17.20 D. Berto, F. Rampazzo, S. Noventa, F. Cacciatore, R. Boscolo Brusà, M. Gabellini.

Utilizzo degli isotopi stabili del carbonio e dell'azoto nel particellato organico in un

ambiente di transizione (laguna di Venezia).

17.20-17.40 M. Belmonte, A. Di Leo, F. Frontalini, S. Giandomenico, M. Greco, L. Spada,

L. Ferraro, F. Rubino

Utilizzo degli organismi marini nel monitoraggio ambientale di aree marino

costiere: un esempio dal Mar Piccolo di Taranto.

17.40-18.00 M. Masiol, S. Squizzato, G. Rampazzo, B. Pavoni

Influenza del clima, della circolazione atmosferica e dei trasporti esterni sul

particolato: due metodologie chemometriche a confronto.

20.00 Relais Histò S. Pietro, Mar Piccolo:

Assegnazione premi tesi di laurea: Dr. I. Mangili, Dr. S. Sasso

Cena Sociale: Gran Buffet di Puglia

VENERDÌ 14 SETTEMBRE

09.00-09.40 Plenary lecture

Chairman: F. Dell’Erba, C. Sarzanini

S. Lorusso, Università di Bologna, sede di Ravenna

Arte e ambiente come media per ecosostenibilità, etica, estetica.

SESSIONE BENI CULTURALI

09.40-10.00 A. Casoli

Che importanza viene data agli insegnamenti del SSD CHIM/12 nella formazione

di scienziati della conservazione, conservatori e restauratori.

10.00-10.20 V. Ros, V. Laterza, C. Turetta, J. Gabrieli, W. Cairns, E. Balliana, C. Baroni,

A. Bondesan, C. Barbante

Elemental and isotopic characterization of war resideus dating back to the first

world war.

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10.20-10.40 F. Di Girolamo, I. Bonduce, M. P. Colombini, T. Grøntoft, S. Lopez-Aparicio,

M. Odlyha, M. Sharff

Il ruolo degli inquinanti ambientali sul degrado delle vernici pittoriche di dipinti

conservati in cornici microclimatiche.

10.40-11.00 S. Marras, G. Pojana, R. Ganzerla, A. Marcomini, E. Sebastiani

Applicazione della HPLC-HR-TOF-MS all’analisi di pigmenti organici naturali in

manufatti artistici.

11.00-11.20 S. D’Amico

Chimica e gnomonica.

11.20-12.00 Conclusioni e chiusura del Congresso

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SESSIONE POSTER: AMBIENTE

AMB01 - G. Accoto, E. Acito, G. Anzilotta, D. Bochicchio, A. Mastore, V. Nola, A. Pipino, A. Palma.

IL PEPERONE (Capsicum annuum L.) COME ACCUMULATORE AMBIENTALE

AMB02 - M. Anselmo, V. Minganti, G. Drava, R. De Pellegrini, P. Modenesi.

BIOMONITORAGGIO DEL CROMO ESAVALENTE MEDIANTE L’USO DELLA SCORZA DI

LECCIO (Quercus ilex L.)

AMB03 - G. Anzilotta, M.R. Mauriello, A. Palma, T. Cataldi.

BIOACCUMULO E ANALISI DI “POLIBROMODIFENILETERI” IN MUSCHI E LICHENI

AMB04 - L. Barbieri, I. Lancellotti, E. Passaglia, T.Toschi.

INFLUENZA DI ZEOLITITE A CHABASITE SUL RILASCIO DI FOSFORO DA CENERI D’OSSA

ANIMALI CON FINI AGRONOMICI

AMB05 - A. Tolloi, G. Ghirardello, M. Romeo, S. Licen, A. Piazzalunga, S. Cozzutto, P. Plossi,

P. Barbieri.

VALUTAZIONI SU COMPONENTI ORGANICHE E SECONDARIE IN UN SITO DI BACKGROUND

DEL CARSO TRIESTINO

AMB06 - E. Bernardi, C. Chiavari, C. Martini, I. Vassura, F. Passarini, A. Motori, M. C. Bignozzi.

STUDIO DELLA CORROSIONE ATMOSFERICA DEL COR-TEN ATTRAVERSO ESPOSIZIONI IN

CAMPO ED INVECCHIAMENTI ACCELERATI

AMB07 - R. M. De Carlo, M. C. Bruzzoniti, C. Sarzanini, D. Caldarola, B. Onida.

UN PRECURSORE DI AL-MCM-41 NELLA RIMOZIONE DI NITRATI E DI ACIDI ALOACETICI

DALLE ACQUE

AMB08 - M. Buonocore, N. Cardellicchio, A. Di Leo.

TEMPORAL AND SPATIAL ACTIVE MOSS BIOMONITORING APPLIED TO URBAN AREA OF

TARANTO

AMB09 - C. Annicchiarico, G. Assennato, F. Basile, N. Cardellicchio, G. Castellano, M. Conversano, A. Di

Leo, S. Giandomenico, W. Martinelli, L. Spada, N.Ungaro.

VALUTAZIONE DEL RISCHIO ASSOCIATO AL CONSUMO DI MITILI ALLEVATI NEL MAR

PICCOLO E NEL MAR GRANDE DI TARANTO

AMB10 - S. Cassani, S. Kovarich, E. Papa, P. Pratim Roy, M. Rahmberg, S. Nilsson, T. Öberg,

N. Jeliazkova, N. Kochev, O. Pukalov, P. Gramatica.

MODELLI QSAR PER LA TOSSICITA’ ACQUATICA DI TRIAZOLI E BENZOTRIAZOLI:

RISULTATI NELL’AMBITO DEL PROGETTO CADASTER

AMB11 - A. Pagliarulo, F. Petronella, A.Calia, M. Lettieri, D.Colangiuli, A. Agostiano, M. L. Curri,

R. Comparelli.

NANOSTRUCTURED TiO2 BASED COATINGS FOR PROTECTION AND SELF-CLEANING OF

COMPACT AND POROUS STONES

AMB12 - F. M. Pulselli, L. Coscieme, V. Pelliciardi, F. Rossetti.

SUSTAINABILITY ASSESSMENT OF SOCIETY AND TRADITIONAL AGRICULTURE IN LADAKH

(INDIA) BASED ON EMERGY EVALUATION

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AMB13 - R. M. Pulselli, F. Morandi, L. Coscieme, N. Patrizi, S. Bastianoni.

EVALUATING ENVIRONMENTAL PERFORMANCES OF BUILDING ENVELOPES: THE CASE OF

VERTICAL GREENERY SYSTEMS

AMB14 - A. Fabbrocini, R. D’Adamo F. Del Prete, A. L. Langellotti, F. Rinna, R. Sessa, F. Silvestri,

G. Villani, V. Vitiello and G. Sansone.

SPERIMENTAZIONE DI NUOVI BIOSAGGI PER LE INDAGINI ECOTOSSICOLOGICHE:

IL TEST DI SPERMIOTOSSICITÀ CON SEME CRIOPRESERVATO

AMB15 - A. Specchiulli, M. Renzi, C. Manzo, L. Cilenti, T. Scirocco, R. D’Adamo.

L’ANGUILLA (Anguilla anguilla) COME INDICATORE DI INQUINAMENTO NELLE LAGUNE

COSTIERE DEL MEDITERRANEO

AMB16 - A. Dell’Erba, A. Primicino, M. Spartera, M. Blonda, G. Assennato.

RISULTATI DELL’ATTIVITA’ DI CONTROLLO DI ARPA PUGLIA SU DISCARICHE DEL

TERRITORIO DELLA PROVINCIA DI TARANTO

AMB17 - P.R. Dambruoso, G. de Gennaro, A. Di Gilio, J. Palmisani, M. Tutino.

IMPATTO DELLA SORGENTE “BIOMASS BURNING” SUI LIVELLI E SULLA COMPOSIZIONE

CHIMICA DEL PM

AMB18 - M. Amodio, P. R. Dambruoso, G. de Gennaro, A. Di Gilio.

CARATTERIZZAZIONE DEL PARTICOLATO ATMOSFERICO MEDIANTE TECNICHE AD ALTA

RISOLUZIONE TEMPORALE

AMB19 - C. Annicchiarico, N. Cardellicchio, A. Di Leo, S. Giandomenico, L. Spada.

LIVELLI DI METALLI E POLICLOROBIFENILI IN SEDIMENTI ED ORGANISMI MARINI EDIBILI

DEL MAR PICCOLO DI TARANTO E VALUTAZIONE DEL RISCHIO PER LA SALUTE UMANA

AMB20 - C. Annicchiarico, N. Cardellicchio, A. Di Leo, S. Giandomenico, L. Spada.

CARATTERIZZAZIONE DEL RISCHIO DA MERCURIO, METILMERCURIO E

POLICLOROBIFENILI ASSOCIATO AL CONSUMO DI SPECIE ITTICHE

AMB21 - G. Oliva, F. Perri, M. Manigrasso, C. Vernale, V. Galasso, F. Bailardi, A. L. Pellegrini,

C. Giannico, P. Avino.

STUDIO DELLE ALTERAZIONI DEL FILM LACRIMALE IN POPOLAZIONE ESPOSTA A

PARTICOLATO ATMOSFERICO NELL’AREA URBANA DELLA CITTÀ DI TARANTO

AMB22 - A. Hofer, A. Piazzalunga, P. Tieppo, G. M. Formenton, S. Squizzato, M. Masiol, S. Ficotto,

P. Fermo, G. Rampazzo, B. Pavoni.

LA DETERMINAZIONE DEL CARBONIO IN ATMOSFERA – CONFRONTO TRA DUE METODI DI

MISURA

AMB23 - R. Lava, L. Menegus, G. Pojana, A. Marcomini.

SIMOULTANEOUS DETERMINATION OF CHLOROANILINES AND CHLORONITROBENZENES

IN DIFFERENT ENVIRONMENTAL WATERS

AMB24 - I. Mangili.

SEWAGE SLUDGE FROM URBAN WASTEWATER TREATMENT PLANT: ENERGY RECOVERY

AND ENVIRONMENTAL ASSESSMENT

AMB25 - S. Mosca, E. Guerriero, S. Guidone, M. Rotatori, G. Bonifazi, M. Ferrini, V. Giancontieri,

A. Manni. PCDD/F NELLE MATERIE PRIME DI ORIGINE NATURALE: IL CAOLINO LAZIALE

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AMB26 - G. Marchetti, M. Minella, D. Vione, C. Minero, V. Maurino.

INDAGINE ELLISSOMETRICA DI FILM SOTTILI DI TiO2 PER L’OTTIMIZZAZIONE DEI PROCESSI

DI ABBATTIMENTO FOTOCATALITICO DI INQUINANTI REFRATTARI

AMB27 - E. Andriani, P. R. Dambruoso , G. de Gennaro , A. De Marinis Loiotile , A. Di Gilio,

V. Di Palma, A. Marzocca, A. Mazzone, J. Palmisani, M. Tutino.

IMPATTO DELLE COMBUSTIONI DOMESTICHE SULLA QUALITA’ DELL’ARIA INDOOR

AMB28 - M. Masiol, S. Squizzato, D. Ceccato, G. Rampazzo, B. Pavoni.

RELAZIONE TRA LA CIRCOLAZIONE ATMOSFERICA E LE DISTRIBUZIONI DIMENSIONALI DI

ALCUNI ELEMENTI NELL’AEROSOL DI VENEZIA

AMB29 - A. Morabito, R. Giua, S. Spagnolo, T. Pastore, M. Bevere, E. Valentini, G. Assennato,

M. G. Morselli, G. Tinarelli

ANALISI MODELLISTICA DI SOURCE APPORTIONMENT PER IL BENZO(A)PIRENE E GLI IPA

TOTALI PRESSO LA POSTAZIONE DI MONITORAGGIO DELLA QUALITA’ DELL’ARIA “VIA

MACHIAVELLI”A TARANTO

AMB30 - V. Librando, M. Pappalardo.

STUDY OF THE INTERACTION OF POLYCYCLIC AROMATIC HYDROCARBONS WITH THE

OXYGENASE (PHNI) AND THEIR SELECTED MUTANTS

AMB31 - F. Passarini, C. Corticelli, I. Vassura, L. Morselli.

CARATTERIZZAZIONE DI SEDIMENTI DA DRAGAGGIO: VALUTAZIONE DELLA MOBILITÀ DI

INQUINANTI INORGANICI, E DEGLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DI SOIL WASHING

AMB32 - L. Ciacci, F. Passarini, I. Vassura, L. Morselli.

ANALISI DEI FLUSSI E DELLE RISERVE DI ALLUMINIO IN ITALIA MEDIANTE MFA DINAMICA

AMB33 - N. Calace, L. Caliandro, L. Campanella, C. Cremisini, E. Nardi, B. M. Petronio, M. Pietrantonio,

M. Pietroletti

COMPOSTI ORGANICI AD ALTO PESO MOLECOLARE COME VEICOLO DI TRASPORTO PER I

METALLI: IL RUOLO DEI COMPOSTI UMICI

AMB34 - L. Caliandro, N. Cardelicchio, B. M. Petronio, M. Pietrantonio, M. Pietroletti.

L’INFLUENZA DELLE ATTIVITA' UMANE NELL’INQUINAMENTO DEI SEDIMENTI DEL MAR

PICCOLO DI TARANTO (MAR IONIO, ITALIA)

AMB35 - C. Annicchiarico, N. Cardellicchio, A. Di Leo, S. Giandomenico, L. Spada.

DIFENILETERI BROMATI (PBDEs) E COMPOSTI CLORURATI NEI MOLLUSCHI BIVALVI (Mytilus

galloprovincialis) DELLA REGIONE PUGLIA

AMB36 - S. Sasso, L. Scrano, S. A. Bufo, V. Trotta.

INFLUENZA DEI FATTORI CLIMATICI ED ANTROPICI NEL PROCESSO DI DETERIORAMENTO

DELLA CALCARENITE: UN CASO DI STUDIO

AMB37 - S. Sasso, S. A. Bufo, L. Scrano.

DETERIORAMENTO DELLA CALCARENITE ESPOSTA AGLI AGENTI ATMOSFERICI

AMB38 - A. Tanzarella, A. Morabito, R. Giua, G. Assennato.

APPLICAZIONE DI UN SISTEMA MODELLISTICO PER LA VALUTAZIONE SPEDITIVA

DELL’AREA DI IMPATTO DEI FUMI PRODOTTI DA UN INCENDIO

Page 15: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

15

AMB39 - T. Trabace, G. Filippo, M. Casamassima, A. Marraudino, S. Longo, A. Palma.

EPI-D E IBE: DUE INDICI BIOLOGICI A CONFRONTO NELLE ACQUE SUPERFICIALI DELL’AREA

VAL D’AGRI CAMASTRA

AMB40 - V. Maurino, A. Bedini, D. Borghesi, D. Vione, C. Minero.

PHOTOSENSITISED PROCESSES OF PHENOL TRANSFORMATION BY QUINONES DETECTED IN

AIRBORNE PARTICLES

SESSIONE POSTER: BENI CULTURALI

BC01 - N. Marchettini, A. Atrei, F. Benetti, E. Gliozzo, I. Turbanti Memmi, G. Perra.

STUDIO DI UN CROCIFISSO LIGNEO DEL XV SECOLO MEDIANTE TECNICHE

MICROSCOPICHE, SPETTROSCOPICHE E CROMATOGRAFICHE

BC02 - I. Bonacini, S. Prati, R. Mazzeo, M. Reggi, G. Falini, E. Scavetta, D. Tonelli.

SVILUPPO E SINTESI DI NANO SISTEMI INIBITORI DELLA CORROSIONE DEL BRONZO

BC03 - A. Buccolieri, G. Buccolieri, A. Castellano, M. Marabelli.

ANALISI EDXRF PER LA SALVAGUARDIA DEI BRONZI DI RIACE

BC04 - A. Buccolieri, D. Manno, F. Scigliuzzo, E. Filippo, A. Serra.

ANALISI DEL PROCESSO DI REIDROSSILAZIONE IN REPERTI CERAMICI

BC05 - A. Casoli, C. Isca, I. Saccani, F. Saggese.

“FARNESIA ARBOR": SPERIMENTAZIONE E VALUTAZIONE ANALITICA DEL TRATTAMENTO

DI DEACIDFICAZIONE

BC06 - A. Casoli, P. Cremonesi, C. Nardinocchi, G. Predieri, V. E. Selva Bonino, M. Tegoni.

STUDIO DI APPLICABILITÀ DI SOLUZIONI CHELANTI IN SISTEMI ADDENSATI CON GEL

ACQUOSI DI POLIACRILATO PER LA PULITURA DI DIPINTI MURALI

BC07 - A. Pagliarulo, F. Petronella, A. Calia, M. Lettieri, D. Colangiuli, A. Agostiano, M. L. Curri,

R. Comparelli.

NANOSTRUCTURED TiO2 BASED COATINGS FOR PROTECTION AND SELF-CLEANING OF

COMPACT AND POROUS STONES

BC08 - E. Zendri, L. Falchi, F. C. Izzo, M. Sgobbi, E. Balliana.

CHEMICAL CHARACTERISATION OF STUCCOES FROM THE ADDOLORATA CHAPEL IN ST.

PANTALON CHURCH IN VENICE

BC09 - E. Imperio, G. Giancane, L. Miotto, L. Valli.

FOURIER TRANSFORM INFRARED SPECTROSCOPY (FTIR) STUDIES ON PAPIER MACHE

COMPOSITIONS

BC10 - L. Martini, G.M.E.F.Martini-Ugurgieri, Anonimo

IMPIEGO DI “APPETIZING BALLS” A BASE DI JUVENIL HORMONES-WOOL CHERATIN

ANALOGS PER IL DEBELLAMENTO DELLE TARME NEI TESSUTI D’EPOCA.

BC11 - V. Librando, Z. Minniti.

ANALISI FTIR DI ANTICHI LIBRI DANNEGGIATI DA FENOMENI DI FOXING

Page 16: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

16

BC12 - C. Riedo, O. Chiantore.

PREPARAZIONE DI IDROGELI PER APPLICAZIONI NEI BENI CULTURALI

BC13 - O. Chiantore, C. Riedo, A. Piccirillo, T. Poli, J. La Nasa, F. Di Girolamo, S. Orsini, F. Modugno,

I. Bonaduce, M. P. Colombini.

CARATTERIZZAZIONE DEI MATERIALI DEL MURALE “TUTTOMONDO” DI KEITH HARING

PRELIMINARE AL RESTAURO DELL’OPERA

Page 17: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

17

Medaglie della Divisione

Page 18: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

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Prof. Nicola Cardellicchio

CNR – Istituto per l’Ambiente Marino Costiero – Unità Operativa di Taranto

Nicola Cardellicchio si è laureato in Chimica presso l'Università degli Studi

di Bari con il voto di 110/110 e lode.

Dal 1983 è ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Attualmente è

dirigente di ricerca presso l’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero - U.O.S.

di Taranto, di cui è il responsabile. E’ stato coordinatore di numerosi progetti

di ricerca nazionali ed internazionali. E’ stato docente in varie università

(Bari, Lecce, Potenza) e vincitore della cattedra di Chimica dell’Ambiente e

dei Beni Culturali presso l’Università del Salento.

Dal 1981 è iscritto alla Società Chimica Italiana ed è stato socio fondatore della Divisione di

Chimica Ambientale (ora Divisione di Chimica dell’Ambiente e dei Beni Culturali), di cui è stato

presidente per i trienni 2001-2003 e 2007-2009.

E’ autore di oltre 180 pubblicazioni su riviste nazionali ed internazionali, è editor di 5 volumi nel

settore della Chimica dell’Ambiente e del Monitoraggio Ambientale. Ha organizzato oltre 25

congressi e scuole e fatto parte di 75 comitati scientifici di varie iniziative.

I settori di interesse sono la chimica dell’ambiente marino, i fenomeni di inquinamento e degrado

ambientale, l’ecotossicologia e le tecnologie di remediation ambientale.

Page 19: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

19

Prof. Giacomo Chiari

Getty Conservation Institute, Los Angeles, California

Giacomo Chiari, ha insegnato Mineralogia Applicata all’Università

di Torino dove ha lavorato come cristallografo nel campo dei Raggi

X applicandoli anche ai Beni Culturali. Tra i suoi numerosi lavori vi

e’ l’uso del silicato di etile come consolidante di superfici (anche

dipinte) in terra cruda (Iraq, Peru); l’analisi dei pannelli censori del

Giudizio Universale di Michelangelo in Sistina; un metodo di

datazione di affreschi basato sulla orientazione magnetica

preferenziale dell’ematite e la caratterizzazione (sincrotrone,

neutroni) del Maya Blu. Nel 2003 si è trasferito al Getty

Conservation Institute di Los Angeles come Chief Scientist, dove dirige un gruppo di circa venti

scienziati dedicati allo studio e conservazione di Beni Culturali. In questo ruolo ha facilitato

l’acquisizione di nuove tecnologie quali (CT-scan per bronzi, uno strumento a interferometria

Laser per vedere distacchi di intonaci a distanza, uno strumento XRD/XRF portatile per analisi

non invasive in loco ed ha reso totalmente portatile ed usabile in presenza di luce ambiente la

technica VIL (Visible Induced Luminescence) che permette di visualizzare il blu Egiziano su

dipinti murali e statue marmoree.

Page 20: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

20

Premi Tesi di Laurea Nell’ambito del Congresso sono stati bandini 2 premi da 500 € ciascuno per tesi di laurea sui temi

della Chimica dell’Ambiente e dei Beni Culturali per laureati dell’anno accademico 2010-2011.

Dopo selezione, i premi, offerti da Sea Marconi e da Appia Energy sono stati assegnati a:

Dr. Ivan Mangili

Università di Milano Bicocca

Laurea specialistica in Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e il Territorio

Titolo della Tesi: “Valorizzazione energetica ed ambientale dei fanghi provenienti da impianto di

trattamento delle acque reflue urbane”

Dr. Sergio Sasso

Università della Basilicata

Laurea specialistica in Scienze e Tecnologie agrarie

Titolo della Tesi: “Deterioramento della calcarenite esposta agli agenti atmosferici”

Page 21: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

21

SEWAGE SLUDGE FROM URBAN WASTEWATER TREATMENT PLANT: ENERGY

RECOVERY AND ENVIRONMENTAL ASSESSMENT.

Ivan Mangili

Dip. Scienze dell’Ambiente e del Territorio, Università di Milano-Bicocca, piazza della Scienza 1,

20126 Milano

[email protected]

Sludge is by far the largest in volume amongst the by-products of wastewater treatment, and its

processing methods and disposal techniques are nowadays a matter of great concern. Currently, the

known sludge disposal methods are recycling as fertilizer, landfilling and incineration. Sludge

incineration presents several advantages, including volume reduction, thermal destruction of toxic

organic constituents, and energy recovery1. Moreover, sewage sludge, being a biosolid, can be

considered a renewable energy source, alternative to fossil fuels2.

Technologies available for thermal processing of sewage sludge can be grouped into three

categories, i.e. mono-incineration, co-combustion, and other thermal processes (gasification,

pyrolysis, wet oxidation)3. Among mono-incineration technologies, fluidized bed incineration is

becoming more and more attractive in comparison to the conventional multiple hearth type.

An integrated process where sludge is dried before incineration is presented and discussed. In order

to treat the sludge effectively, the knowledge of the sludge characteristics is crucial: physico-

chemical parameters as moisture content, ash content, ultimate composition (C, H, O, S, N, Cl as

%w/w dw), higher heating value, were determined together with the content of heavy metals, total

organic carbon, Polycyclic Aromatic Hydrocarbons (PAHs), PolyChloroDibenzo-p-Dioxins

(PCDDs) and PolyChloroDibenzoFurans (PCDFs).

A thermodynamic model was developed to simulate the integrated process, including indirect

thermal drying and combustion4. The heat of the exhaust gases from the furnace is recovered in a

downstream boiler and used for sludge drying.

The application of the algorithm described made clear that the sludge has to be fed to the fluidized

bed furnace at an optimal solid concentration of 52%, high enough to carry out a self sustaining

combustion, without any need of auxiliary fuel.

The energy efficiency, evaluated according to the criteria of the European Directive 2008/98, might

be as high as 50%, depending on the electric energy consumption for the integrated plant.

1. D. Fytili, A. Zabaniotou, Renew. Sust. Energ. Rev., 2008, 12, 116-140J.

2. E. Cartmell, P. Gostelow, D. Riddell-Black, N. Simms, J. Oakey, J. Morris, P. Jeffrey, P.

Howsam, S. Pollard, Environ. Sci. Technol., 2006, 40, 649-658

3. Werther, T. Ogada, Prog. Energy Combust. Sci., 1999, 25, 55-116

4. Mininni, G. Incineration with Energy Recovery. In Sludge into Biosolids: Processing, Disposal,

Utilization; Spinosa, L., Vesiling, P. A., Eds.; IWA Publishing: London, 2001

Page 22: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

22

DETERIORAMENTO DELLA CALCARENITE ESPOSTA AGLI AGENTI

ATMOSFERICI

Sasso Sergio, Bufo Sabino Aurelio, Scrano Laura

Dipartimento di Scienze dei Sistemi Colturali, Forestali e dell’Ambiente, Università degli Studi

della Basilicata, Potenza

[email protected]

Il processo di deterioramento dei materiali lapidei è un problema che in questi ultimi decenni sta

assumendo sempre maggiore rilevanza poiché inerisce il nostro patrimonio storico-culturale. A

differenza degli esseri viventi, i monumenti non posseggono sistemi di autodifesa in grado di

proteggerli da eventuali attacchi di agenti esterni che iniziano la loro opera demolitrice subito dopo

la realizzazione dell’opera. E’ ben nota a tutti la responsabilità assunta dallo sviluppo delle attività

umane, come l’industrializzazione che immettendo inquinanti in atmosfera costituisce un rischio per

l’integrità dei materiali lapidei, in ogni caso soggetti a naturali fenomeni di alterazione nella loro

interazione con gli agenti climatici. Il presente lavoro esamina i vari processi degradativi causati dai

fattori naturali ed antropici sulle pareti in calcarenite (tufo biancastro proveniente dalle cave di

Gravina di Puglia) di un’antica masseria sita nel comune di Lavello (PZ) in contrada Gravetta

(coordinate 41° 03' 36.28"N e 15° 48' 26.69"E), tra il primo nucleo del parco archeologico di

“Forentum romana” (III-I secolo a.C.) e l’inceneritore “Fenice” (località san Nicola di Melfi), ad

una distanza di 11 Km da quest’ultimo. Per poter identificare l’origine dei principali processi

degradativi, il lavoro considera le alterazioni subite nel tempo da un provino cubico realizzato nel

luglio 2009, utilizzando lo stesso materiale, e posto a ridosso dell’antica struttura oggetto di

indagine. Obiettivo del lavoro, è quello di evidenziare come il clima e gli agenti trasportati in

atmosfera possano contribuire, in sinergia, al deterioramento della calcarenite. Il campionamento,

sia sulle pareti della masseria che sul provino cubico, è stato eseguito a cadenza trimestrale a partire

dal 18 Giugno 2010 prelevando una quantità adeguata di polveri superficiali. Sulle polveri sono

stati determinati i livelli di alcuni inquinanti: metalli pesanti, PCB, fitofarmaci clorurati e fosforati

ed anioni (nitriti, nitrati e solfati). Altre determinazioni hanno riguardato: pH, conduttività elettrica,

calcare totale, carbonio organico e sostanza organica. I dati climatici come direzione del vento,

piovosità, radiazione solare, temperatura ed umidità relativa sono stati forniti dall’Agenzia

Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Basilicata (ARPAB). I risultati ottenuti,

permettono di fare le seguenti considerazioni: il processo di deterioramento sulle superfici lapidee è

lento ed irreversibile ed i fenomeni di alterazione e degrado sembrano influenzati sia dall’accumulo

degli inquinanti organici ed inorganici sia dalle condizioni ambientali, nonché dall’azione sinergica

di tutti questi fattori. I metalli pesanti, derivanti dall’attività industriale ed agricola, oltre ad

accumularsi sulla superficie dei materiali lapidei, si raccolgono nel terreno circostante attraverso le

piogge che dilavano le superfici calcaree. Non è da sottovalutare l’azione degli organismi biologici

(muschi, licheni ed alghe); tali organismi, trasportati dal vento, in presenza di idonee condizioni

climatiche (alte umidità relative dell’aria e temperature non troppo elevate), colonizzano facilmente

le superfici lapidee. Sulle superfici del provino, in corrispondenza dei venti dominanti, si assiste nel

tempo ad una diminuzione della percentuale di carbonati a favore dell’aumento di sostanza organica

e di sali solubili ed un abbassamento del valore di pH.

Page 23: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

23

Conferenze ad invito

Page 24: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

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TENDENZE NELLA SCIENZA DEI BENI CULTURALI: ESEMPI DAL GETTY

CONSERVATION INSTITUTE

Giacomo Chiari

The Getty Conservation Institute 1200 Getty Center Drive, Suite 700, Los Angeles, CA 90049-1684

[email protected]

La scienza dei beni culturali ha subito in anni recenti cambiamenti enormi. I problemi che ora sono

affrontati richiedono l’uso di molte tecniche diverse, appartenenti a differenti discipline, dalla

chimica alla fisica all’ingegneria. Gli oggetti studiati vanno dall’archeologia, all’arte antica o

contemporanea in tutte le sue forme e comprendono i materiali più svariati. Ovviamente la

determinazione del cambiamento, purtroppo inevitabile, e delle cause di alterazione di oggetti

culturalmente importanti, è fondamentale per la conservazione del patrimonio.

Il modo in cui lo scienziato della conservazione si rivolge agli oggetti studiati, è anch’esso

cambiato. Anni fa il prelievo di campioni, anche di dimensioni consistenti, non era un problema, e

spesso si possono ancora vedere i risultati negativi di tale attitudine. Con l’enorme balzo in

avanti dell’informatica e della microtecnologia si è ora arrivati a un elevato numero di strumenti e

tecniche non invasive e portatili. Questo ha permesso di portare gli strumenti agli oggetti anziché

prelevare campioni da portare in laboratorio. Il numero di analisi così effettuate è aumentato

esponenzialmente, anche se questo ha portato ad alcuni aspetti negativi che saranno discussi.

Il Getty Conservation Institute di Los Angeles è particolarmente sensibile all’uso di tecniche non

invasive, e ne descriverò qui alcune, messe a punto da noi o modificate adattando strumenti

esistenti. Di solito questi lavori sono stati condotti in collaborazione con altri enti o università. Oltre

ad alcuni interessanti esempi di applicazione delle tecniche di “routine” saranno descritti strumenti

innovativi quali:

CT-scan per bronzi di notevoli dimensioni. In collaborazione con Franco Casali e Matteo Bettuzzi

– Universita’ di Bologna. Approfittando della presenza di un tubo a raggi-X molto potente (460

KeV) a conclusione della messa a punto del metodo, abbiamo operato una tomografia

computerizzata su di un Cupido Romano (50-150 A.D.) in bronzo, alto 67 cm. Saranno presentati

sia la tecnica che i risultati.

Conservazione preventiva - Microfedometro – Jim Druzik ha ampiamente modificato lo

strumento inizialmente prodotto da Paul Withmore che permette di valutare in modo non distruttivo

la sensibilità alla luce di coloranti e di superfici delicate in genere, onde poter stabilire in modo

quantitativo l’esposizione alla luce che non danneggi l’oggetto. Con l’aiuto di Andrew Lerwill lo

strumento è ora miniaturizzato, portatile e funzionante anche come spettrofotometro.

Diffrattometro a raggi-X e Fluorescenza-X non invasivi e portatili – Giacomo Chiari in

collaborazione con Philippe Sarrazin (InXitu) ha facilitato la produzione questo innovativo

strumento, ora commercializzato dalla Olympus (DUETTO), che permette di ottenere senza toccare

l’oggetto, sia l’analisi elementare che la composizione di materiali cristallini. Saranno discussi i

vantaggi e gli inevitabili svantaggi di condurre analisi su campioni non trattati. Vengono presentate

anche applicazioni non convenzionali, quali possibilità di ottenere la stratigrafia di oggetti a strati

oppure di misurare quantitativamente la composizione di due o più leghe binarie presenti nello

stesso punto. I primi risultati sono stati presentati in un articolo su Nature.

Page 25: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

25

VIL – Visible Induced Luminescence – E’ una tecnica messa a punto da Giovanni Verri e

riadattata da Giacomo Chiari in modo da renderla totalmente portatile e utilizzabile anche in

presenza di luce diurna. Luce visibile, priva di componente IR, viene inviata sull’oggetto di cui

eseguire la mappa. Il Blu Egiziano (come il blu Han) è eccitato nel visibile ed emette nel vicino

infrarosso. Una normale macchina fotografica modificata con opportuni filtri permette di

visualizzare soltanto il blu egiziano. Oltre ad essere utile per mappe del pigmento, anche quando

questo non è visibile perché coperto da patine colorate (ossalati), il VIL può essere usato per

evidenziare minime quantità presenti su statue marmoree, provando la presenza di originale

policromia. Siccome il blu egiziano non era più usato nel Rinascimento, una piccola quantità di esso

è sufficiente per l’attribuzione di statue all’epoca Greco-Romana. Saranno mostrati anche i risultati

di una nuova applicazione del VIL su sezioni al microscopio. Si può in tal modo distinguere il blu

egiziano dal “verde egiziano”, un vetro di composizione chimica quasi identica.

Radiografia per Emissione Elettronica - Peter Reiching. Spesso la radiografia in trasmissione di

un quadro non può essere effettuata o perché il supporto è troppo spesso, o perché la preparazione è

uno strato di bianco di piombo, molto più assorbente della pittura in esame. Una tecnica nota già

negli anni 50 ma poco usata permette di ottenere una mappa simile al backscattered del SEM,

grande quanto un film radiografico e che coinvolge solo alcuni micrometri superficiali. Come

esempio sarà mostrato un quadro di Rembrandt che presenta un sotto-dipinto evidenziabile o no a

seconda del voltaggio del tubo.

Laser Speckle Interferometry – Lionel Keene e David Carson. Permette di evidenziare distacchi

di intonaci in modo non invasivo e a distanza, usando un leggero tocco oppure eccitazione sonora.

L’applicazione al soffitto delle terme di Ercolano ha permesso, senza l’uso di ponteggi, di

evidenziare parti sciolte da fissare, riducendo enormemente il costo dell’operazione.

In conclusione, le tecniche non invasive stanno diventando sempre più potenti e utili. Spesso però

convincono i responsabili che tutto si può fare senza prelevare campioni. Questo non è vero ed è

pericoloso in quanto la quantità/qualità di informazione ottenibile da campioni portati in laboratorio

è spesso essenziale per risolvere il problema in esame. Dovremmo quindi cercare di usare le

tecniche non distruttive come primo approccio all’analisi, per facilitare poi la scelta intelligente di

alcuni pochi punti da cui prelevare campioni, in conformità a specifici problemi non risolti.

Page 26: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

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I SITI CONTAMINATI: NECESSITÀ DI MODELLI INTEGRATI DI “GOVERNANCE”

PER LA GESTIONE SOSTENIBILE DEL TERRITORIO

Nicola Cardellicchio

CNR - Istituto per l’Ambiente Marino Costiero – U.O.S. Taranto, via Roma 3,

74123 Taranto

[email protected]

Il problema dei siti contaminati, i conflitti che in questi anni si sono instaurati tra il mondo della

produzione, con le sue pressioni antropiche e la conseguente contaminazione ambientale. e le realtà

urbane con ricadute non solo sulla qualità ambientale ma anche sulla salute umana hanno imposto

una riflessione su nuovi modelli di governance incentrati su una visione sostenibile delle varie

problematiche e sulla riorganizzazione dei sistemi industriali secondo i principi dell’Industrial

Ecology. Tutto ciò per arrivare a una nuova politica che non veda più limiti fisici ed antitetici tra

ambiente urbano e ambiente industriale. Il caso del sito contaminato di interesse nazionale (SIN) di

Taranto, qui illustrato, è emblematico e viene riportato come esempio di quelle contraddizioni che

una realtà industriale “chiusa su se stessa” ha generato sul territorio. Il moderno concetto di

sostenibilità apre ora nuovi orizzonti, introducendo allo stesso tempo l’idea di limiti allo sviluppo e

invitando a rimettere in discussione le divisioni disciplinari, l’idea dominante della specializzazione

del lavoro, l’incomunicabilità dei saperi e la prevalenza delle verticalità organizzative. Questa

nuova idea impone di allontanarsi dall’individualismo metodologico, dagli insularismi economici e

dalle ingiunzioni disciplinari per ricostruire, nel transdisciplinare, il concetto di sviluppo e poter

collegare l’etica, la politica e la scienza. La giustificazione di questo nuovo orientamento risiede

nella necessità prosaica di riunire le condizioni di sopravvivenza minacciate dalle antinomie che

appaiono tra la logica insulare, lineare e reversibile dell’economia e le discontinuità, la debole

resilienza e l’irreversibilità dei fenomeni negli ecosistemi. L’attività economica è dunque

fortemente dipendente, nella sua origine e nel suo esito, dall’ambiente naturale nel quale l’attività si

sviluppa.

In pratica, le soluzioni per l’impresa sono il realizzare cooperazioni al di là degli steccati in seno

alle strategie di concorrenza e l’accrescere la produttività delle risorse e dell’informazione piuttosto

che quella del lavoro. L’ecologia industriale offre a questo proposito prospettive globali e strumenti

microeconomici quali l’ecoefficienza, per introdurre la sostenibilità nelle strategie di sviluppo delle

imprese, ridurre i costi e gestire preventivamente, globalmente e localmente il rischio. La

sostenibilità dunque non è più un onere ma un investimento. L’ecologia industriale trae ispirazione

dalla conoscenze degli ecosistemi e della biosfera per determinare le trasformazioni suscettibili di

rendere il sistema industriale compatibile con un funzionamento “normale” degli ecosistemi

biologici. Non deve confondersi però con le industrie ambientali, né con le tecnologie verdi o pulite

ma s’interessa all’evoluzione a lungo termine del sistema industriale nel suo insieme. La questione

dell’impatto delle attività umane in siti contaminati non si riduce più quindi a risolvere problemi di

inquinamento. Inspirata dall’intuizione iniziale di E.G. Hutchinson, espressa in uno studio

pubblicato nel 1948 sui cicli biogeochimici e nel quale il sistema industriale si presentava come un

sottosistema della biosfera, l’ecologia industriale tenta, in linea con la premessa di base proposta da

J. J. Kay, di riunire ecologia, economia, engineering design, teoria dei sistemi e termodinamica per

fornire la metodologia per la progettazione, l'implementazione e mantenimento di sistemi eco-

compatibili. Questa metodologia si basa sui principi di interfacciamento, bionica, biotecnologia,

risorse non rinnovabili come capitale. L'interferenza tra sistemi artificiali ed ecosistemi naturali

porta a riflettere sulla limitata capacità degli ecosistemi naturali a fornire energia e assorbire rifiuti,

prima che il loro potenziale di sopravvivenza sia significativamente alterato. Il comportamento e la

struttura dei sistemi sociali su larga scala dovrebbe essere dunque il più possibile simile a quello

degli ecosistemi naturali. La continua contaminazione da sostanze xenobiotiche che ha riguardato

Page 27: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

27

sia la popolazione che gli organismi in generale impone una nuova visione del sistema industriale.

Le lezione del sito contaminato di Taranto, unitamente a tanti altri siti sparsi in Italia, vede dunque i

cittadini non più come soggetti passivi, ma come attori dello sviluppo del territorio. In questo

interfacciamento tra sistema industriale e sistema ecologico, la Chimica dell’Ambiente può dare un

notevole contributo, sia per una migliore comprensione dei fenomeni naturali, sia per la

riorganizzazione dei sistemi industriali.

Bibliografia

1) Kay, J., 2002, "On Complexity Theory, Exergy and Industrial Ecology: Some Implications

for Construction Ecology" in Kibert, C., Sendzimir, J. (eds), Guy, B., Construction Ecology:

Nature as a Basis for Green Buildings, Spon Press, pp. 72–107.

2) Kay. J., Regier, H., 2000. "Uncertainty, Complexity, And Ecological Integrity: Insights from

an Ecosystem Approach", in P. Crabbe, A. Holland, L. Ryszkowski and L. Westra (eds),

Implementing Ecological Integrity: Restoring Regional and Global Environmental and

Human Health, Kluwer, NATO Science Series, Environmental Security pp. 121–156.

Page 28: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

28

MACROMOLECOLE DI AUTORE CONTEMPORANEO

Maria Perla Colombini

Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale- Università di Pisa

[email protected]

Nel corso del ventesimo secolo, l’enorme sviluppo dell’industria chimica ha permesso agli artisti di

sviluppare nuove tecniche, coinvolgendo i nuovi prodotti industriali come vernici, colori e pigmenti

sintetici. Questo, combinato con numerosi stili pittorici ha creato un vasto panorama artistico che

nell’ottica della conservazione dei beni culturali richiede una corretta analisi chimica. Le numerose

sostanze coinvolte spesso non hanno formulazione nota, nè se ne conoscono le modalità di

interazione con altre sostanze e i meccanismi di degradazione. L’ampio uso di polimeri sintetici in

arte ed in restauro rende necessario lo studio della loro stabilità e della caratterizzazione dei loro

prodotti di degrado, mettendo in atto allo scopo metodologie analitiche adeguate. Se la diagnostica

di questi materiali pone dei problemi di difficile soluzione, la conservazione dei materiali sintetici

impiegati apre uno scenario vasto e complicato.

In particolare, verrà sottolineata l’importanza della spettrometria di massa, da sola o interfacciata a

tecniche cromatografiche, per la sua abilità a risolvere e caratterizzare miscele complesse anche a

concentrazioni molto basse come quelle che necessariamente si incontrano in campioni provenienti

da opere d’arte. Parallelamente, verrà mostrato come la sinergia di diverse tecniche applicate allo

stesso campione pittorico possono portare a definire la tecnica pittorica e a fornire informazioni

preziose per il restauro. Infine, passando da casi studio relativi a dipinti contemporanei, quali il

murale “Tuttomondo” di K. Haring, “il grande carico” di A. Kiefer, verrà illustrato il percorso che

dalla caratterizzazione dei materiali nelle opere d’arte passa a stabilire adatte procedure di restauro

e di conservazione

Page 29: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

29

NANOPARTICELLE DI SINTESI: NUOVA FRONTIERA DI RICERCA PER LA

CHIMICA AMBIENTALE

Antonio Marcomini

Università Ca’ Foscari, Venezia, Dipartimento di scienze Ambientali, Informatica e Statistica

[email protected]

Non c'è settore economico che non possa essere positivamente influenzato dallo sviluppo delle

nanotecnologie. Ciò sta generando la produzione e la commercializzazione di una ampia varietà di

nanomateriali. Con nanomateriale s’intende un materiale naturale, derivato o fabbricato contenente

particelle allo stato libero, aggregato o agglomerato, e in cui, per almeno il 50 % delle particelle

nella distribuzione dimensionale numerica, una o più dimensioni esterne siano comprese fra 1 nm e

100 nm. In casi specifici, e laddove le preoccupazioni per l’ambiente, la salute, la sicurezza e la

competitività lo giustifichino, la soglia del 50% della distribuzione dimensionale numerica può

essere sostituita da una soglia compresa fra l’1% e il 50% (2011/696/UE 18 ottobre 2011 ). Fra i

nanomateriali, le nanoparticelle di sintesi (ENP) stanno riscuotendo la maggiore attenzione per le

possibili conseguenze sulla salute umana e sull'ambiente. E' in atto, da parte della comunità

scientifica internazionale, uno sforzo cospicuo per identificare gli effetti tossicologici dei vari tipi di

ENP e correlare gli effetti osservati con le loro caratteristiche chimico-fisiche e comportamentali.

Lo studio delle ENP è, tuttavia, molto più complicato di quello delle sostanze chimiche, in quanto

sono instabili (elevata reattività superficiale e spiccate proprietà interfacciali) e sottostanno a

processi di agglomerazione e aggregazione che variano fortemente a seconda del mezzo, biologico

o ambientale, in cui si trovano. Ciò rallenta la forte richiesta di definire, dal punto di vista

regolamentativo, protocolli standardizzati per la determinazione e previsione dei parametri di

esposizione ed effetto che consentano la valutazione della pericolosità e del rischio associato a ENP

e ENM durante il loro intero ciclo di vita. La comunicazione si propone di evidenziare il contributo

che la Chimica Ambientale può offrire, e in parte sta già offrendo, all'avanzamento delle

conoscenze relative a nanoparticelle e nanomateriali ingegnerizzati. Con riferimento alle principali

ENP presenti in prodotti di largo consumo, si presentano i risultati più rilevanti che le metodologie

di indagine, sperimentale e modellistica, hanno finora prodotto per documentare la presenza, attuale

e futura, di ENP nell'ambiente e per accertare pericolosità e rischio di questi nuovi materiali nelle

matrici ambientali. Si segnalano, infine, le opportunità di finanziamento della ricerca avente come

oggetto la nanosafety.

Page 30: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

30

PROSPETTIVE DI SVILUPPO E INNOVAZIONE DELLA CHIMICA DEI BENI

CULTURALI

Guido Biscontin, Elisabetta Zendri

Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica

Università Ca’ Foscari, Venezia

La Chimica applicata ai Beni Culturali ha consolidato negli ultimi anni le proprie attività di ricerca

in particolare nell’ambito della caratterizzazione dei materiali e del loro stato di conservazione,

attraverso lo sviluppo o l’implementazione di strumenti analitici sempre più raffinati. Meno

intensa, sebbene di evidente interesse ed attualità, è anche l’attività di ricerca sui fenomeni di

degrado legati ai cambiamenti climatici e sulla previsione a lungo termine dei rischi connessi.

Le ricerche applicate allo sviluppo e alla messa a punto di nuove metodologie (materiali e tecniche)

per la conservazione e il restauro dei manufatti e dell’architettura risultano essere invece marginali,

in termini numerici, nonostante in passato sia stato uno dei settori di punta nell’ambito dei Beni

Culturali.

La scelta d’investire in ricerche focalizzate sulla caratterizzazione dei materiali potrebbe produrre

come effetto una visione poco pervasiva del ruolo delle Scienze Chimiche nel settore della

conservazione del patrimonio culturale, con il conseguente rischio che questa disciplina venga

identificata esclusivamente in quella della diagnostica, che, seppur essenziale, tende però ad

escluderla dai processi gestionali.

Un esempio concreto è dato dai siti archeologici, di enorme interesse scientifico, culturale ed

economico: fino ad oggi sono stati sviluppati metodi analitici sempre più sofisticati, in grado di

definire la composizione dei materiali archeologici e fino alla loro provenienza, ma sono ancora

carenti gli studi relativi alla messa a punto di nuove tecnologie per il restauro e la conservazione dei

materiali in loco e di metodi di monitoraggio e controllo del loro stato, che permettano interventi di

prevenzione del danno, anche in relazione all’entità-qualità dell’impatto antropico.

La figura del Chimico può invece essere centrale e di riferimento in queste fasi , dando precisi

indirizzi anche riguardo ad aspetti gestionali del bene, cioè alla definizione di un adeguato rapporto

tra un ”usura” accettabile e la fruizione del bene stesso.

Negli ultimi anni sono inoltre emersi molti altri ambiti in cui gli aspetti chimici legati alla

conservazione del patrimonio sono di grande rilevanza e chiedono un contributo più attivo.

Facciamo riferimento agli aspetti legati al processo globale di conservazione e valorizzazione dei

beni culturali, che richiede ancora la definizione di indicatori in grado di indirizzare le scelte

progettuali, di definire le prestazioni ottimali dei prodotti e delle metodologie impiegate nelle

diverse fasi del restauro e di definire le modalità degli interventi manutentivi, sempre considerando

le specifiche caratteristiche dei materiali, dell’ambiente di conservazione e dell’uso.

Questi aspetti rientrano in modo significativo nella definizione del concetto di “conservazione

sostenibile”, che riconosce il valore culturale e sociale del patrimonio ma sollecita la ricerca in

ambito chimico, affinché vengano sviluppati nuovi materiali e nuove tecnologie in grado di

rispondere all’attuale esigenza di contenere i costi, essere facilmente smaltibili, a basso impatto

sull’operatore e sull’ambiente e compatibili con i materiali costituenti il bene culturale.

Page 31: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

31

IL RUOLO DELL'EPIDEMIOLOGIA NELLA GOVERNANCE AMBIENTALE

Giorgio Assennato

Direzione Generale Arpa Puglia, Bari, 70126

L’esigenza di effettuare studi epidemiologici utili nella governance ambientale deriva dai limiti

intrinsecamente presenti nel tradizionale approccio di control&command. Per anni le agenzie

ambientali hanno prestato la propria attività tecnico-scientifica unicamente in funzione della

verifica del rispetto di limiti definiti nelle varie matrici ambientali. L’esempio dei limiti previsti

dalla legislazione italiana per le emissioni di diossine di origine industriali è un esempio

paradigmatico dell’inadeguatezza di tale approccio. I limiti,infatti, non sono in genere “health

based” e quindi non necessariamente il loro rispetto garantisce rispetto alla possibile insorgenza di

effetti avversi. Per rispondere alla elevata percezione del rischio delle popolazioni, è quindi

necessario realizzare studi epidemiologici in cui si definisca una stima della esposizione a livello

individuale che consenta di ricostruire la coorte degli esposti e di valutare in essa eventuali eccesso

di rischio rispetto a popolazioni di riferimento. In questo passaggio verso un approccio non

meramente repressivo ma basato sulla conoscenza è essenziale l’integrazione funzionale tra agenzie

per la protezione ambientale e dipartimenti di prevenzione della azienda sanitaria locale, essendo

evidentemente di competenza stretta delle prime la stima della esposizione a partire dalle emissioni

industriali, mentre delle seconde l’outcome sanitario, e di comune competenza la metodologia

epidemiologica necessaria pe la conduzione di studi che spesso appaiono molto complessi,

soprattutto in presenza di più sorgenti e di più inquinanti.

Page 32: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

32

GLI STRUMENTI DELL’INDUSTRIAL ECOLOGY NEL CONTESTO DELLA GREEN

ECONOMY

Luciano Morselli, Elena Bernardi, Luca Ciacci

Dipartimento di Chimica Industriale e dei Materiali

Università di Bologna - Polo di Rimini

[email protected]

Gli squilibri economici ed ambientali che stiamo vivendo sono direttamente collegabili alle attuali

crisi climatico-ambientale ed economico-finanziaria. Possibili soluzioni possono essere ricercate

nella Green Economy, un modello teorico di sviluppo economico sobrio e consapevole, che

considera non solo i processi produttivi, ma anche il loro impatto ambientale, proponendo, come

soluzione, l’incentivo di tutte quelle misure che consentono di ridurre il consumo di energia e

risorse, le emissioni, i rifiuti e che promuovono l’impiego di fonti di energia rinnovabile. Gli

strumenti necessari si rifanno ai principi della Industrial Ecology, disciplina che trae la sua origine

dalla Green Economy e si occupa della progettazione e della gestione di sistemi industriali,

prendendo come modello i sistemi naturali. Il suo obiettivo consiste nel comprendere le interazioni

tra attività economiche ed esigenze ambientali, cercando di bilanciarli, attraverso forme di

collaborazione tra imprese, per la soluzione strutturata e collettiva di problemi ambientali. L’UN

Environmental Program definisce l’Industrial Ecology come uno “studio, orientato ai sistemi, delle

interazioni ed interrelazioni fisiche, chimiche e biologiche sia all’interno dei sistemi industriali, che

tra sistemi industriali e naturali”. L’accostamento dei termini Ecologia ed Industriale risale alla fine

degli anni ’80 quando Frosh e Gallopoulos svilupparono l’idea che i sistemi industriali, essendo

parte di un sistema naturale, dovrebbero imitarne il comportamento. I sistemi naturali scambiano

energia e nutrienti attraverso un ciclo chiuso. Pertanto, i sistemi industriali, da lineari (con materiali

ed energia in ingresso e sottoprodotti e rifiuti in uscita nell’ambiente) dovrebbero organizzarsi

secondo un modello a ciclo chiuso in cui gli scarti di un processo industriale diventino materia

prima per un'altra industria e tutti i rifiuti generati e l’energia prodotta vengono recuperati per

alimentare nuovi processi.

I principi dell’Ecologia Industriale si rifanno ai principi della green chemistry e della green

engineering, che per primi si sono focalizzati sulla necessità di incentivare la prevenzione alla

produzione dei rifiuti, sviluppare processi chimici puliti, sintetizzare composti cosiddetti “green” e

impiegare fonti rinnovabili. Tali principi sono la base per l’attuazione di cinque elementi a sostegno

dell’Ecologia Industriale, ovvero analisi dei flussi delle materi prime e degli inquinanti interferenti,

ecodesign, politiche verdi, valutazione del ciclo di vita di prodotti, processi e sistemi, analisi di

rischio e simbiosi industriale. Strumenti, questi, che devono essere supportati ed attuati per

realizzare, in ambito industriale, il concetto di ciclo chiuso. L’Ecologia Industriale offre quindi alle

aziende nuovi strumenti per un’economia sostenibile e competitiva. I suoi principi, aggiornati ed

elaborati sulla base della ricerca industriale applicabile all’interno delle piattaforme tecnologiche

dedicate ai vari settori produttivi e di servizio, rispondono in modo sempre più esaustivo ai quesiti

posti a livello di attività produttive e di servizio ed, allo stesso tempo, rappresentano la base tecnico-

scientifica a supporto della Sostenibilità e della Green Economy.

Bibliografia

- Allenby B.R., “Industrial Ecology: Policy Framework and Implementation” Prentice Hall, Upper

Saddle River, NJ, 1995

- Morselli L., Passarini F., Piccari L, Vassura I., Bernardi E., “Risk assessment applied to air

emissions from a medium-sized Italian MSW incinerator”, Waste Management and Research, 29

(10 suppl), S48-S56, 2011

Page 33: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

33

ARTE E AMBIENTE COME MEDIA PER ECOSOSTENIBILITA’, ETICA, ESTETICA

Salvatore Lorusso

Dipartimento di Storie e Metodi per la Conservazione dei Beni Culturali

Alma Mater Studiorum Università di Bologna

[email protected]

“L'arte, in senso lato e stretto ad un tempo, ovvero il patrimonio culturale e ambientale -

considerando correttamente come tale anche l'ambiente con i suoi comparti aria, suolo, acqua - è

legata alla storia dell'uomo”.

In relazione a ciò, le varie espressioni artistiche e, quindi, le varie ondate generazionali, con

accadimenti e problematiche della società nel corso del tempo fino ai nostri giorni, sono fra loro

collegate temporalmente, in quanto ”il nostro passato è parte del nostro futuro e il futuro poggia sul

nostro passato”.

Tale verità è pragmaticamente alla base delle attività di formazione e di ricerca del sottoscritto

presso la Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell’Alma Mater Studiorum Università di

Bologna. Infatti, nell’affrontare le problematiche relative alla tutela e valorizzazione del patrimonio

culturale e ambientale con l’impiego di tecnologie diagnostico-analitiche, non si possono non

considerare e valutare i trascorsi storici e storico-tecnici dei manufatti sottoposti allo studio e,

quindi, il loro “passato”, proiettando le indagini e l’intervento conservativo al “futuro”.

Su queste iniziali considerazioni poggia, appunto, il contenuto del presente intervento, anche in

relazione alla corretta e completa formazione dei giovani nell'ambito della tutela e valorizzazione

del patrimonio culturale e ambientale.

A tal riguardo saranno trattati i seguenti argomenti:

ecosostenibilità, etica, estetica

l’arte oltre il bello: dall’estetico all’etico

l’evoluzione dell’arte e delle conoscenze tecnico-materiali nel corso dei secoli

l’arte fra prezzo e valore

l’interdisciplinarità e l’internazionalizzazione nel settore dei beni culturali

le tecniche diagnostico analitiche: alcuni casi di studio

la formazione

conclusione.

Page 34: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

34

Comunicazioni Orali

Page 35: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

35

MULTI-SCALAR EMERGY ANALYSIS AND SET THEORY

Fabiana Morandi, Simone Bastianoni, Dario Caro, Elena Neri

Department of Chemistry, University of Siena, Via A. Moro 2, 53100 Siena

[email protected]

Emergy, defined as the available energy of one kind previously used up directly and indirectly to

make a product or a service, is an important concept in ecology since it is able to consider all the

processes that sustain the biosphere on a common basis (Odum 1996).

Emergy analysis, with the calculation of emergy indicators, is an appropriate methodology for

analyzing the level of integration between humanity and environment.

In accordance with the fact that emergy can be described by the set of available solar energy inputs

that are directly and indirectly required to make a product, the language of set theory is utilized to

represent the emergy involved in all processes. A “new” definition of emergy rules is given using

set theory and then a multi-scale hierarchically-organized system is considered as a case study. This

model has been chosen because it is the model that better represents a territorial system. Three

levels of organization are considered: the system, its subsystems and its next larger system that

contain it. Each system, in fact, is characterized by energy fluxes to and from the system that

contains it; at the same time, the system’s internal dynamics may also be influenced by changes in

the management of its subsystems. We describe how the emergy related to every flow in these systems can be uniquely determined

through the operation of the union of sets. In particular we consider the relationships between

emergy flows to and within the system and the respective flows in one of its subsystems. A case

study considering Italy, European Union and Tuscany as reference system is presented.

References

Odum, H.T., 1996. Environmental Accounting: Emergy and Environmental Decision Making. John

Wiley and Sons, NY.

Page 36: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

36

METODI DI INDAGINE PER SORGENTI ATTIVE E GRADIENTI DI

CONTAMINAZIONE MULTI-SPECIE:

RILEVANZA NEGLI STUDI DI ESPOSIZIONE

Sabina Licen1, Arianna Tolloi

1, Gianpiero Barbieri

,2, Sergio Cozzutto

2, Giovanni Candotti

3, Paolo

Plossi4, Pierluigi Barbieri

1,2

1 Università di Trieste – DSCF, Via Giorgieri, 1 34127 Trieste

2 ARCo Solutions srl spin off dell’Univesità di Trieste, Via Giorgieri, 1 34127 Trieste

3 CaSe Studio di Ingegneria - via del Giambellino, 2 - 34100 Trieste

4 Provincia di Trieste, Via S. Anastasio, 3 34132 Trieste

[email protected]

La presenza di fonti attive di contaminazione richiede la valutazione dettagliata di gradienti di

inquinamento, anche al fine di stimare su microscala l’entità dell’eventuale esposizione della

popolazione. Campionatori passivi e sistemi di sensori a basso costo consentono di valutare

sperimentalmente i gradienti di concentrazione dei contaminanti, che spesso vengono stimati

soltanto per via computazionale. Si illustra uno studio che impiega sistemi passivi di campionatori

diffusivi per adsorbimento e sensori a basso costo per la determinazione di gradienti di

concentrazione di composti organici volatili in prossimità di uno stabilimento industriale. I sensori

possono fungere anche da strumenti di segnalazione per fughe accidentali di specie chimiche dalle

sorgenti considerate.

Si illustra, per il caso di emissioni diffuse non accidentali, una procedura per stimare la numerosità

della popolazione esposta a concentrazioni di inquinanti che richiedono attenzione, alle quali

corrispondono funzioni d’impatto sanitario. L’integrazione di informazione desunta da

strumentazione di riferimento posizionata in stazioni di misura fisse e dispositivi a basso costo

diffusi sul territorio consente valutazioni sull’estensione dei fenomeni di contaminazione fondate

sperimentalmente, utili per la stima di possibili costi sanitari associati all’inquinamento e quindi per

la scelta di alternative nel governo del territorio.

Page 37: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

37

A SNOW/FIRN FOUR-CENTURY RECORD OF PERSISTENT ORGANIC POLLUTANTS

(POPs) AT TALOS DOME (ANTARCTICA).

Roger Fuoco1, Stefania Giannarelli

1, Massimo Onor

2, Silvia Ghimenti

1, Carlo Abete

3, Marco

Termine1, Sandro Francesconi

1

1Department of Chemistry and Industrial Chemistry - University of Pisa, Pisa, Italy

2Institute for the Chemical-Physical Processes (CNR) – Pisa, Italy

3Institute for the Chemistry of Organo-metallic compound (CNR) – Pisa, Italy

[email protected]

A very important environmental issue with regard to the presence of Persistent Organic Pollutants

(POPs) concerns the evaluation of the net contribution of human activities to global environmental

pollution. Antarctica is a very unique continent and acts as an unparalleled natural laboratory for

research into the problems of global pollution and an ideal place both for performing baseline

studies of the environmental contamination, and for reading the natural archives of information

contained in the ice and sediment. At present, there is an almost total lack of data concerning

temporal trends of POPs in the past centuries. According to a simplified model, POPs are divided in

two main categories: accidentally formed and intentionally produced. Here polycyclic aromatic

hydrocarbons (PAHs) which belong to the former and polychlorobiphenyls (PCBs) to the latter

were determined in two snow/firn cores gathered at Talos Dome (Antarctica) which cover from

about 1600 to 2000 A.D.. As might be expected, our data highlighted the presence of several PAH

maxima which correlated with the major volcanic eruptions in the period of time observed, but

surprisingly it also revealed the presence of synchronous PCB maxima in the period 1600-1930.

Between 1930 and 2002, PAHs showed an overall 50% increase, with a slope of about 0.013 ng l-

1year

-1. This can be predominantly attributed to the emission of incomplete combustion processes of

organic matter related to anthropogenic activities. PCBs show a much higher increase (+200%) with

a slope of 0.0034 ng l-1

year-1

in a very limited period (1930-1980) which is almost totally due to the

massive industrial production and use of PCBs, here named “Industrial PCB excess”. The slight

tendency of PCBs to a constant level from 1980 to 2002 might be attributed to the reduction in the

industrial production of PCBs and the restricted use only in totally enclosed systems which started

in many countries in the late 1970s.

Page 38: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

38

PROCESSI FOTOINDOTTI DI TRASFORMAZIONE DI INQUINANTI EMERGENTI

NELLE ACQUE DI SUPERFICIE

Davide Vione, Elisa De Laurentiis, Marco Minella, Valter Maurino, Claudio Minero

Dipartimento di Chimica, Università di Torino, Via P. Giuria 5, 10125 Torino

[email protected]

I processi di trasformazione delle sostanze inquinanti nell’ambiente svolgono un ruolo

fondamentale nella definizione del loro impatto, regolandone la persistenza ambientale e portando

in certi casi alla formazione di intermedi pericolosi. Nelle acque superficiali i processi indotti dalla

radiazione solare ricoprono un ruolo chiave nella degradazione di inquinanti emergenti biorefrattari,

quali prodotti farmaceutici e per la cura della persona, ritardanti di fiamma e nuove sostanze

utilizzate nell’industria [1].

I processi fotochimici nelle acque naturali si distinguono solitamente in reazioni di fotolisi

diretta e fotosensibilizzate. Le prime interessano composti in grado di assorbire la radiazione solare

e di subire trasformazione. Le reazioni fotosensibilizzate coinvolgono specie reattive (radicali OH

e CO3

, ossigeno singoletto 1O2, stati eccitati di tripletto della materia organica disciolta

cromoforica, 3CDOM*) prodotte in seguito ad assorbimento della radiazione solare da parte di

molecole fotoattive note come fotosensibilizzatori (CDOM, nitriti e nitrati). Le reazioni

fotosensibilizzate possono interessare anche composti che non assorbono la radiazione solare [2].

E’ possibile prevedere la persistenza fotochimica di sostanze inquinanti nelle acque mediante un

approccio fortemente innovativo, il quale combina la misura in laboratorio di parametri di reattività

fotochimica con l’applicazione di un modello che descrive le cinetiche dei processi fotoindotti nelle

acque superficiali [3]. Tale approccio, validato mediante confronto con dati di campo, ci ha

permesso finora di prevedere con successo la cinetica di trasformazione nell’ambiente di antibiotici

della famiglia dei macrolidi [4], dell’ibuprofene [5] e di nitroderivati aromatici quali 2,4-

dinitrofenolo [6], 2,4-dicloro-6-nitrofenolo [7] e 4-cloro-2-nitrofenolo [8].

Sarà qui presentata l’estensione dell’approccio sperimentale e modellistico descritto al caso

degli intermedi di trasformazione fotochimica della carbamazepina. Tale farmaco antiepilettico

reagisce nell’ambiente prevalentemente per fotolisi diretta e per reazione con OH. Tra i suoi

intermedi di trasformazione vi è l’acridina, composto mutageno e cancerogeno che rappresenta il

tipico esempio di un intermedio più pericoloso del composto di partenza. Il metodo qui descritto

consente di prevedere la cinetica di formazione dell’acridina in funzione di parametri ambientali

quali composizione chimica e profondità della colonna d’acqua.

[1] C. Tixier et al., Environ. Sci. Technol. 2003, 37, 1061-1068.

[2] A.L. Boreen, W.A. Arnold, K. McNeill, Aquat. Sci. 2003, 65, 320-341.

[3] D. Vione et al., Water Research 2010, 44, 6053-6062.

[4] D. Vione, J.F. Felizzola, C. Minero, S. Chiron, Water Res. 2009, 43, 1959-1967.

[5] D. Vione et al., Water Research 2011, 45, 6725-6736.

[6] A. Albinet, C. Minero, D. Vione, Chemosphere 2010, 80, 759-763.

[7] P.R. Maddigapu et al., Environ. Sci. Technol. 2011, 45, 209-214.

[8] B. Sur et al., Sci. Total Environ., in press. DOI: 10.1016/j.scitotenv.2012.03.034.

Page 39: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

39

APPLICAZIONE DI METODOLOGIE PREDITTIVE QSAR PER LA PREDIZIONE

DELL’ATTIVITA’ BIOLOGICA DI NANOPARTICELLE

Ester Papa, Leon Van der Wal, Alessandra Rizza, Simona Kovarich, Stefano Cassani, Paola

Gramatica

QSAR Research Unit in Environmental Chemistry and Ecotoxicology, Department of Theoretical

and Applied Sciences, University of Insubria, Via Dunant 3, 21100, Varese [email protected]

L'attuale impiego di nanoparticelle (“manifactured nanoparticles” MNPs) per applicazioni

industriali e farmacologiche è diventato un motivo di crescente preoccupazione a causa della loro

possibile attività tossicologica negli esseri umani ed in altri organismi.

Lo studio e la predizione delle proprietà tossicologiche e fisico-chimiche di tali sostanze

rappresenta una sfida per il mondo scientifico e regolatorio. I principali problemi legati all’utilizzo

di metodologie predittive in questo ambito sono dovuti alla mancanza di sufficienti dati

sperimentali disponibili per descrivere sia le proprietà strutturali delle nanoparticelle, che le attività

biologiche, testate in vivo o in vitro.

Uno dei metodi attualmente utilizzati per indagare la potenziale attività biologica delle MNPs si

basa sullo sviluppo di relazioni quantitative struttura-attività per nanoparticelle caratterizzate dallo

stesso core metallico, ma differenziate in base alla tipologia di molecole organiche utilizzate come

rivestimento, che possono essere descritte da descrittori molecolari convenzionali.

In questo studio preliminare la variabilità strutturale di 109 MNPs, caratterizzate dallo stesso core

metallico (cross-linked iron oxide), ma da un rivestimento organico eterogeneo (principalmente

ammine, acidi, e anidridi ) [1], è stata inizialmente indagata mediante analisi multivariata. Tale

analisi è stata eseguita sia al fine di individuare gruppi strutturali rilevanti per la creazione di

modelli QSAR, che per la valutazione delle relazioni esistenti tra le proprietà di ripartizione

misurate o stimate per le molecole organiche studiate singolarmente, o utilizzate come rivestimento.

A partire dalle strutture 3D delle molecole organiche del rivestimento sono stati calcolati, mediante

diversi software, centinaia di descrittori molecolari teorici (1D, 2D e 3D). I modelli QSAR sono

stati sviluppati mediante regressione lineare multipla ed applicazione di opportune tecniche di

selezione delle variabili (Algoritmo Genetico), seguendo i “principi OECD”, che forniscono

un’indispensabile linea guida per lo sviluppo, la validazione e la corretta applicazione dei modelli

QSAR in ambito regolatorio.

In conclusione, i risultati preliminari ottenuti in questo studio dimostrano la possibilità di sviluppare

relazioni QSAR per la predizione dell’attività biologica di MNPs, e forniscono informazioni utili sia

nel disegno pre-sintesi e nello screening in silico delle proprietà delle MNPs, che, in ambito

regolatorio, nelle procedure di valutazione del rischio 1. Fourches, D.; Pu, D.; Tassa, C.; Weissleder, R.; Shaw, S.Y.; Mumper, R.J., Tropsha, A. ACS Nano, 4, 2010, pp.

5703–5712.

Page 40: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

40

MODELLI QSAR PER LA PREDIZIONE DELLA BIODEGRADABILITA’ DELLE

FRAGRANZE

Ester Papa, Simona Kovarich, Lidia Ceriani, Paola Gramatica

QSAR Research Unit in Environmental Chemistry and Ecotoxicology, Department of Theoretical

and Applied Sciences, University of Insubria, Via Dunant 3, 21100, Varese [email protected]

Le fragranze sono un gruppo di sostanze chimicamente eterogenee utilizzate nell’industria

cosmetica e nei prodotti per l’igiene personale come ingredienti di una grande varietà di prdotti di

uso quotidiano (profumi, creme, lozioni, detergenti, ecc...). L’utilizzo massivo di queste sostanze ha

determinato un incremento significativo delle loro concentrazioni ambientali, principalmente in aria

(sia indoor che outdoor) e nel comparto acquatico. Diventa dunque necessario valutare e

minimizzare i potenziali effetti negativi sull’uomo e sull’ambiente dovuti ad un’esposizione ormai

cronica alle fragranze. Un’importante parametro per la caratterizzazione dell’esposizione è la

persistenza ambientale e la biodegradazione rappresenta uno dei principali processi di rimozione

dei composti chimici dall’ambiente. La necessità di valutare la biodegradabilità delle sostanze,

possibilmente prima della loro sintesi, ha supportato l’utilizzo di modelli predittivi come le

metodologie QSAR (quantitative structure-activity relationships), basati sulla definizione di

relazioni quantitative tra la struttura e le proprietà (in questo caso biodegradabilità) delle sostanze.

Lo scopo del presente lavoro è stato lo sviluppo di modelli QSAR per la predizione della

biodegradabilità (Ready Biodegradability – OECD guidelines 301 A-F) delle fragranze. I dati

sperimentali utilizzati per lo sviluppo e la validazione dei modelli sono stati raccolti, e in parte

misurati, nell’ambito del progetto europeo CADASTER (CAse studies on the Development and

Application of in-Silico Techniques for Environmental hazard and Risk assessment), nel quale è

inserita la presente attività di ricerca. I modelli sono stati sviluppati utilizzando diversi metodi di

classificazione (k-NN, CART, etc.) e sono basati su descrittori molecolari mono- e bi-dimensionali

calcolati mediante i software DRAGON (commerciale) e PaDEL (gratuito). Diversi parametri

statistici, tra cui accuratezza, sensitività (Sn) e specificità (Sp), sono stati calcolati per valutare la

stabilità interna dei modelli e le loro capacità predittive. Il dominio strutturale di applicabilità dei

modelli è stato analizzato mediante il calcolo dei leverage.

In questo studio vengono proposti dei modelli QSAR di classificazione statisticamente robusti,

esternamente predittivi e con un definito dominio di applicabilità. Tali modelli, facilmente

riproducibili, possono essere applicati per lo screening di numerose fragranze in alternativa alle

batterie di test, o utilizzati a priori nel disegno e sviluppo di nuove sostanze meno persistenti, in

accordo con la filosofia della “green chemistry”.

Page 41: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

41

STUDIO DEL COMPORTAMENTO AMBIENTALE DI NANOPARTICELLE

INGEGNERIZZATE IN MATRICI REALI

Andrea Brunelli, Giulio Pojana, Antonio Marcomini

DAIS – Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica – Università Ca’

Foscari Venezia, Italia

[email protected]

Le nanoparticelle di sintesi (NP), grazie alle loro particolari proprietà chimico-fisiche, diverse

rispetto alle stesse particelle o specie chimiche di dimensioni maggiori, sono impiegate in svariati

settori tra cui quello tessile, sportivo, elettronico, farmaceutico e alimentare. A causa della loro

notevole diffusione è stata dimostrata la conseguente dispersione incontrollata di tali particelle in

ambiente. Tuttavia le scarse informazioni riguardanti i loro possibili effetti tossici spingono ad

indagarne il loro comportamento ambientale in matrici reali.

Questo lavoro mira ad approfondire lo studio delle possibili interazioni esistenti tra le NP di TiO2 ed

alcuni mezzi biologici di norma utilizzati sia come mezzi di coltura cellulare, sia per realizzare

saggi di natura (eco)tossicologica con organismi marini e d’acqua dolce. Per mezzo della tecnica

Dynamic Light Scattering (DLS), che misura la variazione dell’intensità della luce diffusa di

particelle disperse in una soluzione, sono stati compiuti degli esperimenti di laboratorio con

dispersioni di NP nelle matrici scelte, simulando ipotetici livelli di concentrazione ambientali (0.01-

10 mg/l). I dati ottenuti sono stati interpretati in funzione delle modalità e del tasso di

sedimentazione ed agglomerazione di tali particelle nei diversi mezzi di dispersione. I mezzi scelti

sono stati preparati ricostruendo gradienti di forza ionica tipici delle zone di transizione. Il tasso di

sedimentazione delle NP nelle soluzioni marine sintetiche è stato confrontato con quello di

soluzioni marine reali, prelevate sia in mare aperto sia nella laguna di Venezia, evidenziando

variazioni nel comportamento delle NP in funzione del mezzo di dispersione.

Dai risultati sperimentali ottenuti si può supporre che le NP di TiO2 indagate, disperse in acqua

dolce, siano trasportate come agglomerati anche a livelli di concentrazioni ambientali elevate (1-10

mg/l), mentre è probabile che sedimentino se disperse in acqua marina, a causa di elevata forza

ionica e presenza di materia organica che favoriscono tale fenomeno.

Page 42: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

42

MATRICE DI FLUORESCENZA: UN POTENTE STRUMENTO NELLO STUDIO DEI

PROCESSI FOTOSENSIBILIZZATI DI TRASFORMAZIONE DI INQUINANTI

EMERGENTI NELLE ACQUE NATURALI

Elisa De Laurentiis 1, Marco Minella

2, Davide Vione

3, Valter Maurino

4, Claudio Minero

5,

Marcello Brigante 6, Gilles Mailhot

7

1 Department of Chemistry, University of Turin, Via Pietro Giuria 5, 10125 Turin, Italy 2 Clermont Université, Blaise Pascal, Institute de Chimie de Clermont-Ferrand (ICCF)-

ENSCCF, BP 10448, F-63000 Clermont-Ferrand.

[email protected]

La materia organica disciolta (Dissolved Organic Matter, DOM) costituisce uno dei componenti

principali dei sistemi acquatici superficiali. Essa può essere prodotta in situ da alghe o batteri (DOM

autoctona), oppure (DOM alloctona) raggiungere il corpo idrico per via meteorica, per dilavamento

superficiale e per diffusione attraverso falde acquifere sotterranee (DOM pedogenica).

Quest’ultima, ricca di acidi umici e fulvici assorbe la porzione UV-visibile della radiazione solare,

contribuendo alla sua frazione cromoforica (Coloured Dissolved Organic Matter, CDOM).

La CDOM è la principale responsabile della fototrasformazione di composti organici, naturali e

xenobiotici, disciolti nei corpi idrici.1 I principali processi fotochimici coinvolti sono la fotolisi

diretta, le trasformazioni indotte dagli stati eccitati di tripletto della CDOM (3CDOM

*) e reazioni

con specie transienti quali OH, CO3

e

1O2.

2 I processi fotochimici svolgono un ruolo

fondamentale nel promuovere la trasformazione di inquinanti emergenti persistenti, primari (IPA,

pesticidi es. MCPA, principi attivi farmaceutici es. ibuprofene) e secondari (es. nitrofenoli), nelle

acque superficiali.3

La CDOM svolge un ruolo chiave nella fotochimica e nella fotobiologia dei corpi idrici, con effetti

importanti anche per la loro troficità. Infatti essa costituisce il maggior assorbitore UV nei corpi

idrici e la sua fotodegradazione (photobleaching) favorisce la penetrazione di raggi UV pericolosi

per gli organismi acquatici.4 Quanto esposto evidenzia l’importanza della caratterizzazione

fisico/chimica della CDOM, la quale è però resa molto difficile dalla sua elevata complessità

strutturale. Le tecniche di caratterizzazione ad oggi più utilizzate sono la spettrometria di massa e

varie tecniche spettroscopiche quali C13

NMR, FTIR, UV-Vis e fluorescenza5.

In questo lavoro si riporta l’utilizzo delle matrici di fluorescenza (Excitation/Emission Matrix,

EEM) come strumento per la caratterizzazione della materia organica disciolta presente in sistemi

aquatici di differenti caratteristiche e con diverso carico organico (es. sistemi fluviali e lacustri

alpini 6). I risultati sono particolarmente significativi ai fini della comprensione della reattività

fotochimica. Data l’elevata sensibilità, il facile utilizzo (applicazione immediata e senza necessità di

aggiungere additivi) e la non distruttività della tecnica, la EEM risulta essere un importante

strumento per la caratterizzazione della fotochimica della CDOM nelle acque naturali.

1 Loiselle, S. Bracchini, L., Cozar, A., Dattilo, A.M., Tognazzi, A., and Rossi, C., J. Photochem. Photobiol. B Biol., 2009, 95, 129 – 137.

2 Czaplicka, M., J. Hazard. Mater.,2006, 134, 45–59

3 Vione D., Maddigapu P.R., De Laurentiis E., Minella M., Pazzi M., Maurino V., Minero C., Kouros S., Richard C., Wat.Res., in press. DOI:

10.1016/j.watres.2011.10.014.

4 T. Brinkmann, D. Sartorius and F.H. Frimmel, Aquat. Sci., 2003, 65, 415.

5 K. Kalbitz, W. Geyer, S. Geyer,, Biogeochemistry , 1999, 47, 219–238.

6 De Laurentiis E., Minella M., Maurino V., Minero C., Brigante M., Mailhot G., Vione D., Chemosphere, in press. DOI:

10.1016/j.chemosphere.2012.03.071.

Page 43: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

43

A NOVEL ORGANO-ZEOLITE ADDUCT FOR ENVIRONMENTAL APPLICATIONS

Vicenzo Leone, Silvana Canzano, Pasquale Iovino, Roberto Paterno,

Stefano Salvestrini and Sante Capasso

Dipartimento di Scienze Ambientali, Seconda Università degli Studi di Napoli,Via Vivaldi 43,

81100 Caserta.

sante.capasso.unina2.it

A new organo-zeolite adduct has been synthesized by adsorbing humic acids (HA) onto zeolitic tuff

(PCT), rich in phillipsite and chabazite, and then heating the resulting complex at 330 °C for 1.5 h.

Desorption tests showed that this procedure effectively immobilized HA on the tuff. Powder XR

and IR spectra showed that the crystal structure of the zeolitic tuff and the chemical structure of HA

were not altered during the preparation. Phenol sorption analysis demonstrated that the HA-zeolite

adduct has good adsorbing properties. Table 1 reports the Langmuir parameters (eq. 1) for the

sorption of phenol onto two organo-zeolite adducts and for comparison onto immobilized calcium

humate and onto the zeolitic tuff used.

Table 1. Langmuir parameters for the sorption of phenol: PCT-ImHA-I = HA immobilized on

zeolite, amount of organic carbon 0.31 %; PCT-ImHA-II = HA immobilized on zeolite, amount of

organic carbon 0.56 %; ImCaHA = immobilized calcium humate; Ca-PCT = zeolitic tuff enriched

in calcium ion.

Sample K

L mg-1

qm

mg kg-1

r2

PCT-ImHA-I 0.05 ± 0.01 15000 ± 1300 0.97

PCT-ImHA-II 0.04 ± 0.01 18000 ± 1000 0.99

ImCaHA 0.20 ± 0.03 174000 ± 5000 0.99

Ca-PCT 0.01 ± 0.01 6000 ± 1000 0.94

Sorption Langmuir equation:

(1)

The two organo-zeolite adducts have much higher qm values than that the zeolitic tuff alone (Ca-

PCT); moreover, qm increases with the percent of organic carbon in the sample. The constant K has,

within the experimental error, an identical value, as expected considering that it is related to the

energy of the binding, which obviously does not depend on the amount of adsorbing material. The

results obtained in this study show that this new material has good potential application in water

purification from organic pollutants. Moreover, it is easy to prepare, has a low cost and it is

environmentally friendly.

Page 44: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

44

SVILUPPO DI NUOVI SISTEMI PER LA PREPARAZIONIE DI SEZIONI

STRATIGRAFICHE DI INTERESSE ARTISTICO

Silvia Prati, Giorgia Sciutto, Emilio Catelli, Rocco Mazzeo

Università di Bologna, M2ADL, Via Guaccimanni 42, 48100 Ravenna

[email protected]

Un campione policromo può essere formato da più strati sovrapposti di spessore diverso (10-100

µm) costituiti da miscele di materiali organici ed inorganici la cui caratterizzazione e localizzazione

risulta della massima importanza sia per studi storici che a supporto di interventi di restauro.

La preparazione della sezione stratigrafica, che si realizza attraverso l'inglobamento del frammento

in una resina polimerica seguita da levigatura o taglio attraverso microtomo, permette di ottenere un

blocco che consente di gestire facilmente i piccoli campioni pittorici e di analizzarli con tecniche

microscopiche. Tuttavia, la penetrazione della resina all'interno dei campioni porosi e le procedure

di lucidatura che possono contribuire a distribuirla sulla superficie del campione, influenzano

negativamente la caratterizzazione dei materiali organici presenti, ad esempio precludendone il

riconoscimento quando vengono impiegate tecniche spettroscopiche quali la spettroscopia FTIR,

dal momento che le bande di assorbimento dell’inglobante possono sovrapporsi a quelle

caratteristiche degli altri componenti. Per ovviare a questo inconveniente sali inattivi all’infrarosso

come AgCl, KBr, BaF2, CaF2 sono stati proposti come inglobanti per la preparazione di sezioni

sottili e trasversali. Attualmente il KBr è risultato il materiale più promettente [1], anche se ne sono

note le limitazioni legate al carattere idrofilico ed alla fragilità delle sezioni ottenute [2].

Questo lavoro si è focalizzato sulla ottimizzazione di metodi che permettano di superare gli

inconvenienti derivanti dall'impiego del KBr come mezzo di inglobamento. Il primo approccio

riguarda la messa a punto di una procedura che consente di inglobare i campioni precedentemente

inglobati in KBr in una resina polimerica allo scopo di ottenere un blocco più resistente e che possa

essere levigato con un holder. Inoltre i campioni inglobati in KBr sono stati lucidati impiegando

Argon Ion Milling allo scopo di ottimizzare la planarità del campione e di ridurre la contaminazione

derivante dalla levigatura a secco. In alternativa al KBr è stato testato il cloruro di sodio che

presenta i vantaggi di essere meno igroscopico e meno costoso (solubilità di NaCl 35,8 g/100g di

H2O rispetto alla solubilità di KBr 67,8 g/100 ml), non avere effetti negativi sulla salute e

permettere di ottenere sezioni più resistenti.

1. Prati S., Jospeh E., Sciutto G., Mazzeo R. (2010), Acc. Chem. Res., 43(6)792-801.

2. Prati, S., Rosi,F. Sciutto, G. Mazzeo, M., Magrini,D., Sotiropoulou, S., Van Bos M., (2012),

Micr. J., 103 79-89.

Parte di questa ricerca è stata finanziata dal progetto PRIN08 “Setting up of diagnostic

methodologies for the stratigraphical characterisation and spatial location of the organic

components in artistic and archaeological polychrome works of art “e dal progetto europeo

“CHARISMA” Cultural heritage Advanced Research Infrastructures: Synergy for a

Multidisciplinary Approach to Conservation/Restoration, FP7 INFRASTRUCTURE n.228330.

Page 45: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

45

EFFECTIVENESS OF NANOSILICA DISPERSIONS AS CONSOLIDANTS FOR POROUS

ARCHITECTURAL SURFACES

Elisabetta Zendri, Laura Falchi, Eleonora Balliana, Francesca Caterina Izzo, Guido Biscontin

University Ca’ Foscari of Venice, Department of Environmental Sciences, Informatics and

Statistics, Via Torino 155/b, 30174 Venice-Mestre

[email protected]

The problem of chemical and physical decay of Cultural Heritage materials and, in particular, the

loss of cohesion strength in the porous materials have been faced in many different ways during the

last decades. Recently nanodispersion consolidant systems seem to play an increasing role reaching

a growing importance thanks to their promising results. Alcohol-based nanodispersions of calcium

and magnesium hydroxides and carbonates have been successfully employed for the consolidation

and restoration of frescoes and mural paintings. Beside nanolime dispersions, aqueous dispersions

of nanosilica particles could represent a valuable, compatible and ecological alternative to the use

of the traditional solvent-based products. However, inorganic and organic dispersions seems to

have low ability to penetrate really in depth in the support, leading to a reduced efficiency of the

treatment. The chemical- physical interactions of the nanosilica dispersions and the substrate and

the relationship between the porosity of supports and the dimension of the colloidal particles are to

be taken into account to evaluate and comprehend the ability of such products to deeply penetrate.

Therefore, this knowledge is essential for the choice of the most suitable materials for intervention,

but unfortunately has not been well defined yet.

The aim of this research is to study the chemical interaction between nanosilica dispersions and

carbonatic and silicatic matrixes, and to understand the mechanism by which silica nanodispersions

(particles size from 10nm to 50nm) penetrate into stone supports having different porosity and

different pore radius distribution. This study takes into consideration the behaviour of some

commercial water-based silica dispersions applied on Lecce stone and on brick substrates, focusing

in particular on particle dimensions, physical-chemical characteristics and penetration depth of the

colloidal dispersion in relation to the substrate.

FT-IR analysis, XRD and 29

Si NMR-MAS spectroscopy were used to characterise the

nanodispersions and the interaction between them and the selected substrates. SEM-EDX analysis

on brick and Lecce stone samples, on which equal volumes of silica dispersions were applied,

allowed to study the distribution and penetration depth of the nanosilica dispersions. The 29

Si NMR

spectroscopy gave significant information for the variation of the chemical environment of silicon

atoms of the different silica dispersions, but no reactivity between silica and calcium carbonate

were detected. The most plausible hypothesis is that the substrate acts as a filter. In this way,

there’s an initial passage of particles across the substrate. The increase of particle concentration

may lead to a slowing down of the flow towards the internal part of the substrate and thus it may

lead to the formation of a silica layer on the surface, as show the SEM observations.

Page 46: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

46

ITALIAN MAIL STAMPS HISTORY THROUGH FOURIER TRANSFORM

INFRARED SPECTROSCOPY (FTIR)

Eleonora Imperio1, Gabriele Giancane

2, Ludovico Valli

3

1 Department of Engineering for Innovation, University of Salento, via per Monteroni - 73100,

Lecce 2Department of Cultural Heritage, University of Salento, via D. Birago, 64 - 73100, Lecce

3Department of Biological and Environmental Science and Technology (Di.S.Te.B.A.), University of

Salento, via per Monteroni - 73100, Lecce

[email protected]

From the inscription of the General Post Office in Washington DC: “The stamp is the propagator of

news, links between distant families, messenger between friends, solace in solitude, a vehicle for

commerce and industry, an element of human progress, promoting brotherhood, peace, goodwill

among men and nations”. It’s hard to imagine how much history can be held in a small piece of

paper and how many purposes this little object was destined to have. This is why postage stamps

have reached so much importance and interest, which they began to be considered as work of art

actually. In order to see beyond the careful eye of the philatelist, FTIR

(Fourier Transform Infrared Spectroscopy) in ATR (Attenuated Total

Reflection) mode has been successfully employed in material

characterization of many stamps. Samples since 1861, year of the

unification of the Kingdom of Italy, until to date, across a vast

philatelic collection, has been characterized in this study. The

immediate response of this type of spectroscopic technique let to

achieve significant data information, which led to design history

changes in paper making technologies, allowed to collect the entire

palette of pigments used and permitted to outline which glue was

chosen to form the adhesive layer on the back of the stamp. Nearly two

hundred postage models have been subjected to analyses. The first mail

stamps published in Italy portrayed King Vittorio Emanuele II and it

showed to be made of sheet of paper sized with gelatin glue, as signals at 1640 cm-1

and 1550 cm-1

suggested, after comparison [1]. Going forward in years, many differences were detected in paper

composition [2]. The analyses were performed without any alteration of the samples and no

removal of material was needed, which represents the “conditio sine qua non” for spectroscopic

investigations on these kinds of Cultural Heritage.

[1] Infrared spectral interpretation, B.C.Smith, CRC Press, Boca Raton, London, New York,

Washington D.C., 1999.

[2] Infrared Spectroscopy in Conservation Science, M.R. Derrick, D. Stilik, J.M. Landry, The Getty

Conservation Institute, Los Angeles, 1999.

Figure 1

Page 47: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

47

TECNICHE IMMUNOLOGICHE PER L’ANALISI DI LEGANTI PROTEICI

Manuela Vagnini3, Melissa Palmieri

1, Lucia Pitzurra

1, Laura Cartechini

1,2,

Brunetto Giovanni Brunetti1

1 Centro di Eccellenza SMAArt (Scientific Methodologies applied to Archaeology and Art)

Università degli Studi di Perugia. 2 Istituto CNR-ISTM (Istituto di Scienza e Tecnologie Molecolari), c/o Dipartimento di Chimica,

Università degli Studi di Perugia. 3 Associazione Laboratorio di diagnostica per i Beni Culturali, piazza Campello 2, 06049 Spoleto

(PG)

[email protected]

La tecniche immunologiche sono ampiamente utilizzate nei laboratori clinici e biochimici per la

loro elevata sensibilità e specificità nel riconoscimento di proteine antigene grazie all’interazione

altamente specifica che si stabilisce fra antigene e anticorpo. Per quanto detto le tecniche

immunologiche offrono un potenziale diagnostico di grande valore per la caratterizzazione di

componenti proteiche in materiali storico artistici [1,2]. Materiali proteici quali uovo, latte o caseina

e colle animali sono state ampiamente usate in passato per la realizzazione di dipinti e per il loro

restauro. L’identificazione di tali proteine e la determinazione della specie biologica di origine è un

informazione di grande interesse sia per capire la tecnica pittorica usata dall’artista sia per la

conservazione ed il restauro dell’opera stessa.

Fra le tecniche immunologiche l’ELISA (Enzyme Linked Immunosorbent Assay) si distingue per

rapidità, sensibilità e costi contenuti dell’analisi.

In questo lavoro verranno presentati i risultati ottenuti nello sviluppo di protocolli immunologici

ELISA per identificare proteine denaturate in micro campioni provenienti da opere d’arte antiche. A

tutt’oggi protocolli ELISA sono stati ottimizzati per l’identificazione di ovalbumina, -caseina

bovina, [3] fosvitina, e collagene di tipo I come marker dei più comuni leganti proteici quali: latte o

caseina, albume, tuorlo d’uovo, e colla animale, rispettivamente. Una sperimentazione sistematica

del protocollo ELISA è stata effettuata su provini di laboratorio invecchiati artificialmente. Strati

pittorici costituiti da vari pigmenti e diversi leganti sono stati applicati su due diversi supporti,

tavola di legno con preparazione a gesso e colla e intonaco, per valutare la presenza di possibili

interferenze analitiche dovute sia ai pigmenti che al substrato inorganico. Infine i protocolli ELISA

messi a punto sono stati applicati all’analisi di campioni provenienti da dipinti reali.

[1] M. Vagnini, L. Pitzurra, L. Cartechini, C. Miliani, B.G. Brunetti, A. Sgamellotti, Anal. Bioanal.

Chem. 392 (2008) 57–64.

[2] L.Cartechini, M. Vagnini, M. Palmieri, L. Pitzurra, T. Mello, J. Mazurek, G. Chiari, Accounts of

Chemical Research 43 (2010) 867-876

[3] M. Palmieri, M. Vagnini, L. Pitzurra, P. Rocchi, B.G. Brunetti, A. Sgamellotti , L. Cartechini,

Anal. Bioanal. Chem. 399 (2011) 3011-3023

Ringraziamenti

Il presente studio è stato svolto nell’ambito del progetto “Sviluppo e sperimentazione di prassi,

procedure e tecniche in ambito di diagnostica-prevenzione-conservazione” del Laboratorio di

diagnostica dei Beni Culturali di Spoleto.

Page 48: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

48

20TH

CENTURY OIL PAINT FORMULATIONS: AN ANALYTICAL CHALLENGE IN

THE CONSERVATION OF MODERN AND CONTEMPORARY HERITAGE

Francesca Caterina Izzo1, Elisabetta Zendri

1, Klaas Jan Van den Berg

2, Henk Van Keulen

2, Barbara

Ferriani3

1University Ca’ Foscari of Venice, Department of Environmental Sciences, Informatics and

Statistics, Via Torino 155/b, 30174 Venice-Mestre 2Rijksdienst voor het Cultureel Erfgoed-Cultural Heritage Agency of the Netherlands,

Hobbemastraat 22, 1071 ZC, Amsterdam

Barbara Ferriani Srl, Via Vettabbia 1, Milano

[email protected]

From the 19th

Century, artists’ oil paints were increasingly produced on an industrial scale and

include a number of additives, e.g. stabilisers, dispersion agents and driers [1]. These additives

allowed for faster production, stability, prolonged shelf life and uniform handling properties of the

paints in and from the tubes. In particular, aluminium and zinc stearates were introduced as wetting

and dispersion agents for the pigments and as stabiliser for the paint. However, the incorporation of

stearates into manufactured oil paints may cause water sensitivity during surface cleaning of

unvarnished paintings [2,3]. The aim of this research was to investigate 20th

century manufactured

oil paints by developing an analytical methodology for the detection of metal soaps and lipidic

additives using Gas Chromatography Mass Spectrometry (GC-MS).

A methodology for the detection of metal stearate and fatty acid additives was designed by analysis

of selected oil paint films. In addition, commercial tube oil paints from Winsor&Newton, Old

Holland, Talens, Gimborn, and Maimeri were tested.The developed analytical procedure was also

used for the analysis of samples from 20th

century oil paintings by Lucio Fontana, Jasper Johns,

Karel Appel, Willem de Kooning, and others.

The results obtained pointed out the employ of different kinds of oil media (such as linseed oil,

rapeseed oil, castor oil, safflower oil, sunflower oil, etc) and the presence of additives (such as

stearates, hydrogenated castor oil, waxes, etc). The identification of binding media and additives in

paint samples is important for the knowledge about painting techniques and to understand

degradation phenomena which occurr in modern and comtemporary works of art as well. This

knowledge may also play a role in the design of conservative practice.

[1] Gauld Bearn J., The chemistry of paints, pigments and varnishes, London, Ernest Benn 1923

[2] Burnstock A., van der Berg K. J., de Groot S. et alii, An investigation of water-sensitive oil

paints in the 20th century paintings, in Learner T. J. S., Smithen P., Krueger J. et alii, Modern

Paints Uncovered, Los Angeles, The Getty Conservation Institute 2007, pp. 177-188

[3] Wijnberg L., van den Berg K. J., Burnstock A. et alii, Jasper Johns’ Untitled 1964-65, in Art

matters, (2007), pp. 68-80

Page 49: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

49

TRATTAMENTI INNOVATIVI A BASE DI ESTERI SILICICI PER IL

CONSOLIDAMENTO DI MANUFATTI A BASE SILICATICA

Guido Botticelli1, Mauro Matteini

2, Stefano Lugli

3, Silvia Minghelli

4, Paolo Zannini

4

1Restauratore, libero professionista

2già Direttore ICVBC – CNR Sesto Fiorentino

3Università di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento di Scienze della Terra

4Università di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento di Chimica, via Campi 183, 41125 Modena

[email protected]

Viene proposto uno studio comparativo di 8 prodotti commerciali, a base di esteri silicici, utilizzati

nel settore del consolidamento di superfici di pietre arenarie storiche.

La natura chimica dei prodotti commerciali è stata preliminarmente studiata tramite alcune tecniche

strumentali idonee: FTIR, H+,

12C e

29Si NMR ed

HPLC-MS-IT.Dopo una fase di reperimento e

caratterizzazione di pietre arenariche contemporanee, recenti ed invecchiate naturalmente nell’ area

di Firenzuola (FI), si sono realizzati dei campioni artificiali che mimassero il più fedelmente

possibile il comportamento di tali rocce, quando degradate e parzialmente decoese, miscelando

polvere di taglio delle pietre arenariche e cementi non calcarei appositamente selezionati.

Per ottenere un allentamento della tenacia delle pietre arenariche moderne, si sono, poi, sperimentati

diversi tipi di trattamenti termici, nella speranza di poter mimare la resistenza superficiale di

campioni storici degradati, raccolti nel frattempo. Con tutte queste nuove matrici sono stati

realizzate svariate decine di provini, circolari o quadrati, di dimensioni circa cm. 10 x 10 x 2 su cui

si sono sperimentati diversi tipi di trattamenti, semplici e multipli, con l’ intenzione di provocare la

cementazione dei granuli di silice tramite penetrazione reattiva di soluzioni idonee.

I consolidanti sono stati applicati con varie tecniche, alternando anche trattamenti a base di

soluzioni acquose di sali inorganici, sulle superfici dei provini artificiali, verificando poi i livelli di

impregnazione e distribuzione raggiunti e l’ eventuale interazione chimica, tramite SEM-EDS,

FTIR, FRX, DRX ed altri saggi spot. La superficie dei provini trattati è stata poi caratterizzata

tecnologicamente, controllando la resistenza all’ abrasione superficiale e profonda con metodi

normati.

Page 50: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

50

NOVEL NANOCRYSTALLINE COMPOSITE PHOTOCATALYSTS FOR WATER

REMEDIATION

Roberto Comparelli1, Francesca Petronella

1,2, Antonella Pagliarulo

2, Elisabetta Fanizza

1,

Annamiaria Panniello1, Giuseppe Mascolo

3, Marinella Striccoli

1, Angela Agostiano

1,2,

Maria Lucia Curri1

1 CNR-IPCF U.O.S. Bari c/o Dip. Di Chimica, Via Orabona 4, 70126 - Bari

2 Università degli Studi di Bari – Dip. Di Chimica, Via Orabona 4, 70126 – Bari

3 CNR-IRSA Istituto di Ricerca sulle Acque, Via F. De Blasio 5, 70123 Bari, Italy

[email protected]

Advanced oxidation processes (AOPs) play a key role in removing recalcitrant pollutants in water

and wastewater, thanks to the “in situ” generation of hydroxyl radicals, with a strong reactivity,

ultimately leading to the complete mineralization of the target compounds. Nanosized

semiconductors represent a promising class of materials for photocatalytic degradation of organic

pollutants thanks to their size/shape dependent physical-chemical properties which provide the

opportunity to develop innovative materials for heterogeneous catalysis. Nanostructured materials

are characterized by a high surface-to-volume ratio leading to a high density of active sites for

adsorption and catalysis and by the possibility to tune band gap and redox potential as a function of

their size and shape. Such characteristics are expected to enhance their photocatalytic activity. Wide

band gap semiconductors (TiO2, ZnO) are potential candidate to photocatalysis as the redox

potential of •OH/H2O pair falls in their band gap, thus photogenerated electron-hole (e-/h+) pairs

can react with dissolved oxygen or water, respectively, to generate •OH. Indeed, nanosized TiO2

exhibits a superior photocatalytic activity against its corresponding bulk equivalent although

nanosized ZnO appears very promising for degradation of organic compounds in aqueous systems.

Nonetheless, wide band gap semiconductors can be activated only by UV light, thus limiting the

fraction of solar spectrum able to generate •OH to ~4%. Current efforts in the field of designing and

synthesis of photocatalysts aims at improving charge separation, inhibiting charge carrier

recombination and enhancing the catalytic activity in the visible region. We have investigated

synthesis and characterization of nanostructured photocatalysts and their application in the

degradation of organic pollutants in aqueous matrices. In particular, TiO2 and ZnO nanocrystals

(NCs) have been prepared with control on size, shape and surface chemistry. Bifunctional catalysts

have been also prepared, namely TiO2/Ag, TiO2/Au TiO2/CdS and TiO2/CNTs. The

photocatalytic properties of the obtained nanomaterials have been tested in the photocatalytic

degradation of several organic pollutants (pesticides, pharmaceutics, textile dyes) in comparison

with their commercial counterpart. The obtained results point out the enhanced photoactivity of

nanosized catalysts, the possibility to shift their photoactivity in the visible range and their viability

for several environmental related applications.[1-4]

This work was partially supported by Apulia Region Funded Projects RELA-VALBIOR, Network

of Laboratories in the Apulia Region Framework Program for Scientific Research (Italy).

[1] A. Panniello, et al., Appl. Catal. B, 121-122 (2012) 190.

[2] F. Petronella, et al., J. Phys. Chem. C, 115 (2011) 12033. [3] G. Mascolo, et al., J. Hazard. Mater., 142 (2007) 130.

[4] R. Comparelli, et al., Applied Catalysis B-Environmental, 55 (2005) 81.

Page 51: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

51

DEGRADATION OF IODINATED CONTRAST MEDIA BY SOLAR PHOTO-FENTON

AND PHOTOCATALYSIS WITH SUPPORTED TIO2

Giuseppe Mascolo1, Sapia Murgolo

1, Elena Lorusso

1, Roberto Comparelli

2, Maria Lucia Curri

2,

Rosalba Gerbasi3, Francesca Visentin

3

1Istituto di Ricerca Sulle Acque, CNR, Viale F. De Blasio 5, 70132 Bari

2CNR, Istituto per i Processi Chimico-Fisici, Via Orabona 4, Bari

3CNR, Istituto di chimica inorganica e delle superfici, Corso Stati Uniti 4, Padova

[email protected]

Although several treatment set-ups can be employed to effectively remove emerging organic

pollutants from contaminated water and wastewater, the selection should also be cost-effective,

allowing to comply the local discharge standards at the lowest cost. Advanced oxidation processes

(AOPs) used for the complete mineralization of pollutants are generally expensive as the

intermediates formed during the reaction tend to be more and more resistant to their complete

oxidation (i.e., mineralization) [1]. Specifically, common drawback of AOPs is the high demand of

electrical energy for devices such as ozonizers, UV lamps, ultrasounds, which results in rather high

treatment costs [2]. Solar-based AOPs seem to be very promising due to its great advantage of

working even with visible light, leading to a reduction of the operating costs [3]. Solar driven

photo-Fenton appears as the preferable one from an integrated environmental and economic point of

view based on the comparison between several AOPs for wastewater treatment considering their

life-cycle greenhouse gas emissions and life-cycle cost [1]. In addition, solar-based photocatalysis is

very attractive if the catalyst can be immobilized. In fact, many attempts have been made to

immobilize catalysts onto substrates, such as glass beads, glass fibres, silica, stainless steel, textiles,

honeycombs, activated carbon, and zeolites [4]. For these reasons, design and implementation of

novel TiO2-based catalysts deposited onto suitable substrates to obtain materials exploitable for

environmental applications is a challenging task. In addition a critical drawback of catalyst

immobilization lies in the dramatic reduction of the active surface area, which turns into the

consequent decrease in catalytic efficiency.

In the present work, two solar-based AOPs, namely photo-Fenton and photocatalysis employing

supported TiO2 have been tested and compared for the removal of an emerging organic pollutant in

aqueous solutions. As for the supported TiO2, TiO2 anatase films realized by metallorganic

chemical vapor deposition (MOCVD) were prepared achieving highly efficient catalytic materials.

The morphological and structural characteristics of the obtained coatings have been elucidated by

X-ray diffraction and scanning electron microscopy. As for TiO2 nanoparticles, they were

synthesized in anatase phase by using a sol-gel route, namely a typical polymeric route was

followed to produce TiO2 nanoparticles from metal alkoxides, allowing the deposition of the

nanostructured material, by dip-coating technique, onto a silica fiber.

[1] I. Munoz, S. Malato, A. Rodriguez, X. Domnech, J. Adv. Oxid. Technol., 11 (2008) 270-275.

[2] A. Lopez, M. Pagano, A. Volpe, A. Claudio Di Pinto, Chemosphere, 54 (2004) 1005-1010.

[3] J.L. de Morais, P.P. Zamora, J. Hazard. Mater., 123 (2005) 181-186.

[4] R. Comparelli, E. Fanizza, M.L. Curri, P.D. Cozzoli, G. Mascolo, R. Passino, A. Agostiano, Applied

Catalysis B-Environmental, 55 (2005) 81-91.

Page 52: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

52

SVILUPPO DI SUBSTRATI INORGANICI A BASE DI OSSIDI METALLICI PER LA

DETERMINAZIONE SIMULTANEA DI NO ed NO2 CON CAMPIONATORI PASSIVI

Raffaele Cucciniello1, Antonio Proto

1, Federico Rossi

1, Oriana Motta

2

1 Dipartimento di Chimica e Biologia,

2 DISUFF

Università di Salerno

via Ponte Don Melillo, 84084 Fisciano (SA) – Italia

[email protected]

Gli ossidi di azoto (NOx) sono presenti in atmosfere urbane in elevate concentrazioni

principalmente a causa del traffico veicolare e degli impianti di riscaldamento domestico. La

determinazione della concentrazione degli NOx è effettuata in continuo con detector a

chemiluminescenza il cui utilizzo è limitato dall’ingombro, dal costo di acquisto e della

manutenzione.

Da molti anni una soluzione alternativa, semplice ed economica, per determinare gli ossidi di azoto

è quella di utilizzare i campionatori passivi. Questi sono piccoli dispositivi costituiti da un corpo

diffusivo a geometria radiale di materiale poroso contenente un cilindro a rete metallica che ospita il

substrato reattivo. Il substrato in commercio che viene utilizzato per captare l’NO2 è la

trietanolammina (TEA) che però non reagisce con l’NO (1)

.

Poiché sono noti numerosi processi industriali di conversione catalitica per l’abbattimento degli

NOx dai gas di scarico che si basano sull’interazione degli ossidi di azoto con ossidi dei metalli

alcalini e alcalino terrosi, in questo studio abbiamo provato ad utilizzarne alcuni con le

caratteristiche morfologiche idonee per essere impiegati nei campionatori passivi (2)

.

In particolare, è stato sintetizzato e caratterizzato un substrato alcalino a base di ossido di calcio e

mayenite (Ca12Al14O33) che in base alle sue caratteristiche morfologiche, legate al processo di

sintesi, è un ottimo substrato che consente di determinare contemporaneamente sia NO che NO2 (3)

.

Campionatori passivi a base di ossido di calcio e mayenite sono stati selettivamente esposti, in

differenti condizioni ambientali, a NO ed NO2 e i substrati sono stati studiati attraverso tecniche

spettroscopiche e termo calorimetriche al fine di caratterizzare le specie formate in seguito

all’adsorbimento degli NOx, riuscendo anche a definire le idonee tecniche analitiche per la

determinazione e quantificazione degli ossidi di azoto adsorbiti.

(1)

T.Gorecki et all., Passive sampling in environmental analysis, Journal of Chromatography A,

1184 (2008) ,234-253. (2)

J. Szanyi et all., NOx uptake on alkaline earth oxides (BaO, CaO, MgO and SrO) supported on γ-

Al2O3, Catalysis today, (2008), 136, 121-127 (3)

R.Cucciniello, A.Proto et all., Synthesis, characterization and exposition tests of a new based

calcium CO2 absorbent for Radial diffusive sampler, Athmospheric Environment, in press

Page 53: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

53

MUNICIPAL LANDFILL LEACHATE TREATMENT USING ELECTROOXIDATION

COUPLED WITH A BIOLOGICAL REACTOR

Giuseppe Mascolo1, Guido Del Moro

1, Emanuele Barca

1, Claudio Di Iaconi

1, Francesco Palmisano

2

1Istituto di Ricerca Sulle Acque, CNR, Viale F. De Blasio 5, 70132 Bari

2Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Bari, Via E. Orabona 4, 70126 Bari

[email protected]

Municipal landfill leachate, is defined as the aqueous effluent generated by rain percolation through

municipal wastes. It is a complex wastewater, containing a large amounts of organic matter, as well

as ammonia-nitrogen, heavy metals, xenobiotic organic compounds, inorganic salts and other

toxicants. Conventional biological treatments followed by classical physico-chemical methods are

not able to efficiently treat this wastewater hindered by specific toxic substances and by the

presence of high amount of refractory to biodegradation organic matter. Oxidative electrochemical

technologies, widely recognized as highly efficient for recalcitrant wastewater treatment, offer a

solution based on its higher versatility and energy efficiency, the absence of sludge production, and

its ease of automation, compared to other available technologies. Accordingly, in the present

investigation an electrooxidation process was applied as a finishing step to an effluent of a

sequencing batch biofilter granular reactor (SBBGR), already proved to have higher performance

[1]. A two steps approach based on experimental design followed by multi-response optimization

was used to set up the electrooxidation stage. Specifically, a Box-Behnken experimental design was

employed along with a multi-response optimization performed by response surface methodology

(RSM) combined with the desirability function approach to form the so-called desirability

optimization methodology (DOM) [2, 3]. COD and colour were chosen as parameters to be

minimized because, according Italian legislation, they are among the most representative for

leachate dispose of. In addition, the minimization of both residual chlorine and specific energy

consumption was also considered in order to asses the magnitude of organochlorine by-product

formation (measured as AOX) and process operating cost. After optimization at current density of

133 mA/cm2, stirring speed of 566 rpm and reaction time of 46.2 min, the COD removal percentage

of 78.2% (corresponding to the receiving water bodies discharge limit) and a colour removal

maximization of 99.3% were observed. In addition, the minimization of residual chlorine and

specific energy consumption reached the values of 1213 mg/L and 42.4 kWh/m3, respectively.

Moreover, the high residual chlorine production leading to final effluent AOX concentration up to

35 mgCl-/L, represents an intrinsic treatment drawback. As organo-chlorine compounds are likely to

be more toxic than the parent organic molecules, they should be appropriately removed before the

final discharge in the receiving water bodies. In spite of the cost for a possible residual chlorine

removal treatment, the total cost amount (5.87 €/m3inf.) is far below the average reference cost for

landfill leachate treatment (20 – 40 €/m3

inf. ) [4-6].

1. Di Iaconi C. et al., Int. J. Environ.Waste Manage., 2009, 4(3/4): p. 422-432.

2. Trautmann, H. and Weihs, C., Metrika, 2006, 63(2): p. 207-213.

3. Kamaruddin, M.A. et al., J. Sci. Ind. Res., 2011, 70(7): p. 554-560.

4. Berge, N.D. et al., Waste Manage., 2009, 29(5): p. 1558-1567.

5. Damgaard A. et al., Waste Manage., 2011, 31(7): p. 1532-1541.

6. Cassano D. et al., Chem. Eng. J. (Lausanne), 2011, 172(1): p. 250-257.

Page 54: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

54

STUDIO DELLA DISTRIBUZIONE ED EFFICIENZA DI RIMOZIONE DI CROMO

TRIVALENTE ED ESAVALENTE IN UN IMPIANTO DI FITODEPURAZIONE

OPERANTE COME POST-TRATTAMENTO DI REFLUI INDUSTRIALI

Donatella Fibbi1, Lorenzo Ciofi

1, Leonardo Checchini

1, Ester Coppini

2, Cristina Gonnelli

3,

Massimo Del Bubba1

1Dipartimento di Chimica “Ugo Schiff”, Università di Firenze, Via della Lastruccia 3, 50019 Sesto

Fiorentino (FI) 2 GIDA S.p.A., Via di Baciacavallo, 36, 59100 Prato

3Dipartimento di Biologia Evoluzionistica “Leo Pardi”, Via Micheli 1, 50121 Firenze

[email protected]

Con il termine fitorimediazione viene inteso quell’insieme di tecniche basate sull’uso di essenze

vegetali, aventi per scopo il miglioramento della qualità di acque reflue o di suoli contaminati da

metalli pesanti.

Le essenze vegetali possono avere un ruolo diretto nel processo fitorimediativo assorbendo il

metallo presente nel mezzo di crescita ed accumulandolo nei vari organi, oppure partecipare ai

processi chimici e biologici che avvengono nei diversi comparti ambientali. In questa ricerca è stata

studiata l’efficienza di rimozione del cromo totale e del cromo esavalente in un impianto di

fitodepurazione a flusso sub superficiale orizzontale piantumato con Phragmites australis che

riceve l’effluente di un impianto a fanghi attivi. E’ stata condotta una campagna di monitoraggio in

cui sono stati raccolti campioni di acqua in ingresso ed uscita all’impianto di fitodepurazione su cui

sono state determinate le concentrazioni di cromo totale, cromo esavalente e trivalente [1].

Inoltre all’inizio e alla fine del monitoraggio sono stati raccolti alcuni campioni di sedimento e di

Phragmites australis a diverse distanze dall’ingresso al fine di determinare la quantità di metallo

presente in essi. I risultati ottenuti in questo studio hanno indicato che l’impianto di fitodepurazione

è in grado di diminuire effettivamente le concentrazioni di cromo esavalente, soddisfacendo i

requisiti previsti dalla normativa italiana. Tale diminuzione è una conseguenza della riduzione della

forma esavalente del cromo in quella trivalente. Per quanto riguarda i sedimenti, indipendentemente

dal periodo di campionamento, la concentrazione di cromo diminuisce in modo significativo con

l'aumentare della distanza dall’ingresso.

Nelle piante, la radice è risultata essere l'organo che ha mostrato maggiori differenze nelle

concentrazioni di cromo con andamento analogo ai sedimenti [2].

Sulla base di questi dati è possibile, ampliando la dimensione dell’impianto su larga scala,

soddisfare la richiesta di acqua riciclata del distretto industriale preso in esame.

[1]: D. Fibbi, S. Doumett, I. Colzi, E. Coppini, S. Pucci, C. Gonnelli, M. Del Bubba, 2011. Total

and hexavalent chromium removal in a subsurface horizontal flow (h-SSF) constructed wetland

operating as post-treatment of textile wastewater for water reuse. Water Science and Technology

64.4, 826-831.

[2]: D. Fibbi, S. Doumett, L. Lepri, L. Checchini, C. Gonnelli, E. Coppini, M. Del Bubba, 2012.

Distribution and mass balance of hexavalent and trivalent chromium in a subsurface horizontal flow

(SF-h) constructed wetland operating as post-treatment of textile wastewater for water reuse.

Journal of Hazardous Materials 199– 200, 209– 216.

Page 55: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

55

TECNOLOGIE DI RISCALDAMENTO DOMESTICO A BIOMASSE ATTRAVERSO UNA

PROSPETTIVA DI CICLO DI VITA

Daniele Cespi1,*

, Fabrizio Passarini1,*

, Luca Ciacci1, Ivano Vassura

1, Luciano Morselli

1,

Valentina Castellani2

1 CIRI Energia e Ambiente & Dipartimento di Chimica Industriale e dei Materiali, Università di

Bologna, viale Del Risorgimento 4, Bologna - 40136 2 Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali, Università di Milano – Bicocca, Piazza

della Scienza 1, 20126 Milano

[email protected] [email protected]

La valutazione del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA) è una valutazione oggettiva dei

carichi ambientali e sulla salute umana di un processo, prodotto o sistema, durante l’intero ciclo di

vita. La metodologia è stata applicata a sistemi di riscaldamento domestico a biomassa, nell’ambito

del progetto PRIN “L.En.S.” (Legno Energia Salute). L’LCA è stata condotta su due tecnologie di

riscaldamento domestico differenti: una stufa innovativa a legna ed una stufa a pellet, entrambe

modellate secondo le migliori tecnologie disponibili (Best Available Technologies, BAT); inoltre,

per garantire un quadro di riferimento completo, un confronto con sistemi alternativi di

riscaldamento domestico (boiler a gas, pannello solare termico e pompa di calore) è stato eseguito.

Nello studio si è scelta come unità funzionale una stessa quantità di energia generata da ogni

tecnologia (1MJ termico). Il software impiegato per eseguire l’analisi è il SimaPro 7.2; EcoInvent è

il principale database per l’analisi di inventario. Il metodo di analisi scelto per condurre l’indagine è

il ReCiPe 2008. I risultati emersi dal confronto tra i due sistemi a biomassa mostrano come lo

scenario di riscaldamento a legna abbia un impatto tre volte maggiore rispetto alla stufa a pellet

nella categorie di tossicità umana e formazione di materiale particolato. Il contributo maggiore alla

categoria tossicità umana deriva principalmente dal metodo di smaltimento delle ceneri e dal

processo di combustione in sé. I risultati ottenuti per la categoria formazione di materiale

particolato sono in linea con le previsioni: l’impatto maggiore dello scenario a legna rispetto al

pellet è dovuto alle diverse caratteristiche chimico-fisiche del combustibile, quali il grado di

umidità, le dimensioni, la densità energetica. Inoltre, lo scenario a legna ha un maggior impatto per

la categoria di occupazione del suolo agricolo, associato alla sottrazione di suolo necessario per la

crescita di alberi destinati a fini energetici, diversamente dal pellet, che viene prodotto

esclusivamente da scarti di lavorazione. Contrariamente allo scenario a legna il sistema di

riscaldamento a pellet presenta carichi maggiori per categorie di impatto con danni più globali,

come cambiamento climatico e consumo di combustibili fossili. Tali risultati sono ascrivibili

principalmente al processo di pellettizzazione, caratterizzato dall’elevato impiego di combustibili

nelle fasi che lo compongono. La comparazione con sistemi alternativi mostra come i due scenari a

biomassa siano confrontabili, in termini di impatto globale, con le tre tecnologie investigate. In

particolare i processi a biocombustibili hanno impatti minori in termini di consumo di risorse e

cambiamento climatico, ma danni più rilevanti in termini di formazione di particolato e tossicità

umana. Il modello creato permette il confronto tra diversi sistemi di riscaldamento domestico a

biomassa ed è implementabile con dati primari derivanti da monitoraggio diretto di tali strumenti,

inoltre fornisce un utile mezzo di confronto con tecnologie di riscaldamento domestico alternative.

Page 56: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

56

DETERMINAZIONE (LC-ESI-MS/MS ) DEI LIVELLI DI ACRILAMMIDE IN PATATE

FRITTE IN RELAZIONE AI PARAMETRI NUTRIZIONALI DI DIFFERENTI CULTIVAR

Guido Perra1, Silvia Focardi

1, Cristiana Guerranti

2, Nadia Marchettini

1

1Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Siena, Via della Diana, 2A, 53100 Siena

2Dipartimento di Scienze Ambientali “G. Sarfatti”, Università degli Studi di Siena, Via P.A.

Mattioli, 4, 53100 Siena

[email protected]

L’acrilammide è un composto tossico (probabile agente cancerogeno per l’uomo) che si forma

naturalmente negli alimenti amilacei a seguito di processi di cottura (es. frittura) ad alta temperatura

(superiori a 120°C). La via di sintesi dell’acrilammide non è ancora del tutto chiara, ma l’ipotesi più

attendibile pare sia la stretta relazione con la reazione di Maillard. In particolare, la formazione di

acrilammide sembra dipendere dalla presenza nella matrice alimentare di un amminoacido libero,

l’asparagina, e di zuccheri riducenti, quali glucosio e fruttosio. Il primo obiettivo di questo studio è

stato la caratterizzazione comparativa di alcuni parametri nutrizionali (aminoacidi e zuccheri) in due

cultivar di patate a diffusione regionale ed una cultivar commerciale, presente sul territorio italiano.

Inoltre, lo scopo della presente indagine è stato quello di determinare mediante LC-ESI-MS/MS,

nelle diverse varietà di tuberi, i tenori di acrilammide formatasi inevitabilmente durante la frittura

con diverse tipologie di olio a diverso punto di fumo. I risultati ottenuti in questa indagine indicano

che cultivar di patate diverse sono caratterizzate da concentrazioni molto variabili di zuccheri

riducenti, quali glucosio (range: 4,5-58,1 mmol/kg peso fresco, p.f.) e fruttosio (range: 5,7-55,1

mmol/kg p.f.) e, in minor misura, dell'amminoacido asparagina (range: 4,1-17,9 mmol/kg p.f.). Le

concentrazioni di acrilammide variano nel range <LOD, limit of detection - 1616,15 ng/g p.f.. Le

variazioni nelle concentrazioni di acrilammide nei diversi campioni sono, almeno in parte, causate

dai diversi livelli dei precursori dell'acrilammide nei vari lotti di patate analizzate. I bassi livelli dei

due zuccheri riducenti, glucosio e fruttosio, rilevati nelle varietà regionali (cui corrispondono bassi

tenori di acrilammide nel prodotto fritto) rispetto alla varietà commerciali, lasciano presagire un

buon comportamento organolettico e ridotte problematiche di formazione di acrilammide attraverso

la reazione di Maillard. Tale aspetto, caratterizzante soprattutto le cultivar a diffusione regionale

rispetto alla commerciale è un'importante conferma del valore della difesa e della conservazione

della biodiversità in campo agricolo ed alimentare.

Page 57: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

57

ANALIZZATORE DISCRETO PER L’ESECUZIONE IN AUTOMATICO DEL SAGGIO

DI TOSSICITÀ ACUTA CON BATTERI BIOLUMINESCENTI

Sergio Bodini e Pompeo Moscetta

Systea SpA, via Paduni 2/A, 03012 Anagni (FR)

[email protected]

Il controllo della qualità delle acque rappresenta una questione fondamentale per la tutela della

sicurezza e della salute a livello mondiale. Per questa ragione, la possibilità di ottenere risultati

riproducibili ad alta frequenza analitica, costituisce un’evoluzione tecnologica di estremo interesse.

Il saggio che utilizza il batterio bioluminescente Vibrio fischeri è comunemente utilizzato per

determinare gli effetti tossici a breve termine (15-30 min) di campioni d’acqua (superficiale,

potabile o di scarico) o solidi (estratti e eluati di sedimenti e fanghi). Il saggio permette di calcolare

per ciascun campione i valori di EC50, EC20 o la diluizione di non effetto. Un intenso lavoro di

ricerca e sviluppo ha permesso di progettare, realizzare e sperimentare, in Systea S.p.A., un

originale analizzatore discreto, basato su tecnologia random access a lettura diretta, per l’analisi in

automatico di campioni, percolati ed estratti acquosi, al fine di determinare la presenza di sostanze

tossiche, tramite l’utilizzo di sospensioni di Vibrio fischeri. Parallelamente, esso è stato predisposto

per eseguire test rapidi di tossicità algale misurando le variazioni indotte da contaminanti con effetti

erbicidi sull’emissione di fluorescenza di microalghe quali Chlamydomonas reinhardtii. Esso

consiste di una struttura base contenitiva che consente l’alloggiamento di un modulo contenitivo per

campioni, un modulo di stoccaggio dei tamponi acquosi e dei batteri bioluminescenti e/o delle

microalghe, un braccio meccanico per prelievo, trasferimento e aggiunta di reagenti e campioni e di

un carosello di reazione dotato di 80 cuvette di reazione da 500 microlitri, a cui sono associate una

stazione di misura luminometrica, una stazione di misura fluorimetrica e una stazione di lavaggio e

sterilizzazione con linea di scarico. Secondo la norma UNI EN ISO 11348-3:2009, i microrganismi

indicati per l’analisi di tossicità acuta appartengono al ceppo di riferimento Vibrio fischeri NRRL

B-11177. Questi batteri sono stati allevati, stabilizzati e liofilizzati in maniera originale, tale da

garantirne un utilizzo continuativo, dopo la reidratazione in apposito tampone salino. In questo

modo, essi mantengono per almeno una decina di giorni un segnale di bioluminescenza misurabile e

un’inalterata sensibilità alle diverse tipologie di composti tossici definiti nella norma sopraccitata,

quali solfato di zinco, potassio bicromato e 3,5-diclorofenolo. I cicli analitici e la frequenza,

parametri e limiti del controllo qualità sono programmabili dall’operatore e gestiti in forma

completamente automatizzata. Lo strumento è predisposto per eseguire analisi cinetiche,

multistandard e differenziali con bianco campione. La misurazione continua di bianchi e campioni a

concentrazioni crescenti e intervalli di tempo predefiniti, di ca. 30 secondi, risulta nella generazione

di cinetiche di inibizione, che permettono di acquisire, fin dai primi minuti dell’analisi,

informazioni preliminari sul livello di contaminazione presente nel campione. Dato che

l’analizzatore è predisposto per eseguire un’analisi ogni 60 secondi, fino a 80 bianchi/campioni

simultaneamente, è possibile eseguire immediatamente repliche, a concentrazioni uguali o maggiori

di campione, per confermare una tossicità identificata o chiarire, in senso positivo o negativo, una

tossicità dubbia. In conclusione, l’analizzatore di tossicità realizzato è completamente autonomo in

ogni sua fase, di facile utilizzo e fornisce risposte rapide, sensibili, riproducibili e immediatamente

verificabili, limitando in maniera significativa, l’evenienza di falsi positivi e negativi.

Page 58: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

58

POLYURETHANE IN CONTEMPORARY ITALIAN DESIGN: THE CASE OF

“PRATONI” IN THE TRIENNALE MUSEUM, MILAN

Francesca Caterina Izzo1, Elisabetta Zendri

1, Paola Biocca

1, Barbara Ferriani

2,3, Henk Van Keulen

4

1University Ca’ Foscari of Venice, Department of Environmental Sciences, Informatics and

Statistics, Via Torino 155/b, 30174 Venice-Mestre 2 Barbara Ferriani Srl, Via Vettabbia 1, Milano

3 Triennale Museum, Milano

4 Rijksdienst voor het Cultureel Erfgoed-Cultural Heritage Agency of the Netherlands,

Hobbemastraat 22, 1071 ZC, Amsterdam

[email protected]

Since it was synthesised in 1864 by C.A. Wurtz, Polyurethane (PUR) has been widely used for

industrial purposes thanks to its great versatility. For this reason, it has been chosen also by

designers and artists as a versatile material for the creation of works of art and daily-life objects.

PUR, however, is one of the synthetic materials which are subjected to deterioration phenomena in

shorter time if compared to historical and traditional art materials.

This study takes into consideration three examples of “Pratone”, belonging to the “Multipli” series

by the Italian brand Gufram srl and conserved in the Triennale Museum in Milano. “Pratone” is a

sofa which reproduces on a higher scale a portion of grass; it was firstly projected in the 1970s

using polyurethane foam painted in green colour to recall the natural element. These design objects,

although produced in the last 10 years, were already interested by degradation processes.

Therefore, they were analysed by optical microscopy, SEM-EDS, FTIR-ATR and TG-DSC

techniques in order to obtain information on the compositional materials and the degradation

observed and to give information for their conservation in terms of restoration practice and

environmental storage conditions.

The results pointed out that the three Pratoni were produced using ether-based polyurethane foams,

in which additives (such as inorganic fillers, anti-flames retardants, dyestuff, etc) were introduced in

the PUR composition. The green paint appeared to be a polyisoprene-based latex. The only

difference among the Pratoni consists in the protective layers: two examples were covered by

polymetacrilate-based varnish, while the third one was treated with polyetheretherketon (PEEK).

The main deterioration processes (yellowing and brittleness of the alveolar structure) were largely

due photo-oxidation and humidity problems.

This research aims also to stress the importance of studying and understanding what is happening to

contemporary art materials and to elaborate preventive conservation plans for their maintenance.

Page 59: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

59

APPLICAZIONE DELLA MICROSCOPIA RAMAN PER LA CARATTERIZZAZIONE DI

PELLICOLE CINEMATOGRAFICHE: STUDIO DI FENOMENI DI AMPLIFICAZIONE

SERS

Marta Quaranta, Emilio Catelli, Silvia Prati, Giorgia Sciutto, Rocco Mazzeo

Laboratorio diagnostico di microchimica e microscopia per i beni culturali (M2ADL), Università

di Bologna, sede di Ravenna, via Guaccimanni, 42 48100 Ravenna (I)

[email protected]

Il presente lavoro di ricerca è stato mirato alla caratterizzazione dei materiali costitutivi e dello stato

di conservazione di pellicole cinematografiche in bianco e nero sottoposte a processi di colorazione.

Nella storia del cinema, infatti, numerose sono le tipologie di materiali e tecniche impiegate al fine

di creare particolari effetti sulle immagini proiettate. In particolare, all’inizio del XX secolo, sono

state sperimentate tecniche alternative di colorazione come l’imbibizione e il viraggio, entrambe

basate sul trattamento della pellicola con opportuni reagenti.

Lo studio ha visto l’applicazione di un approccio analitico integrato per l’investigazione di alcuni

fotogrammi relativi alla bobina del film Il tamburino sardo (1911, Cineteca di Roma), tramite

impiego di microscopia SEM-EDX, FTIR e Raman. In particolare, la spettroscopia Raman è

risultata efficace e valida per l’identificazione del colorante, a base di rodamina, rivelando i passati

interventi subiti da alcuni fotogrammi della bobina e facendo luce sulla storia conservativa del film.

Di particolare interesse è notare come questo risultato sia stato possibile grazie ad un effetto di

amplificazione del segnale spontaneamente generato dalle particelle di argento disperse nello strato

di gelatina (emulsione fotosensibile). Ciò ha consentito di identificare il colorante impiegato

nonostante la matrice organica in cui esso è disperso, senza l’impiego di supporti ad hoc.

RINGRAZIAMENTI

Parte di questa ricerca è stata finanziata dal progetto PRIN08 “Setting up of diagnostic

methodologies for the stratigraphical characterisation and spatial location of the organic

components in artistic and archaeological polychrome works of art “e dal progetto europeo

“CHARISMA” Cultural heritage Advanced Research Infrastructures: Synergy for a

Multidisciplinary Approach to Conservation/Restoration, FP7 INFRASTRUCTURE n.228330.

Page 60: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

60

MASS HYDROPHOBIZED LIME CEMENT MORTAR AS TOOL FOR PREVENTIVE

CONSERVATION

Laura Falchi, Eleonora Balliana, Francesca Caterina Izzo, Elisabetta Zendri, Guido Biscontin

University Ca’ Foscari of Venice, Department of Environmental Sciences, Informatics and

Statistics, Via Torino 155/b, 30174 Venice-Mestre

[email protected]

Water represents without any doubt one of the most important degradation factors for a wide

typology of materials like plasters, mortars, concretes, bricks and natural stones [1]. The

degradation processes due to the water action towards architectural materials has been over time a

problem with an increasing importance in the last years, as a consequence of the intensification of

precipitations and world climate changes. The damages caused by water to buildings and

architectures are often serious, with high costs for the reparation of materials and structures which

are not well protected. Solutions able to prevent and limit this problem should be seen and studied

as a sustainability tools for the protection of new and old buildings. This research deals with the

study and development of in-mass-hydrophobized rendering mortars, which can be applied for the

protection of building facades. Previous studies have focused on in mass water-repellent mortars,

showing that hydrophobic compounds can be mixed to different binders and aggregates to obtain

mortars whose water-repellent effectiveness depends most on the binder system chosen [2-5]. In

this research lime cement mortars, which have not been deeply investigated yet, were taken in

account. Integral water repellent lime cement mortars were prepared using different hydrophobic

compounds. Calcium stearates, zinc stearates, powder silanes, liquid silanes were added to lime

cement mortars. The influence of the additives on the setting and structure of mortars were

investigated as well as the effectiveness of these agents in protecting the mortars against damages

caused by the water action. Instrumental techniques such FT-IR and XRD were used in order to

understand the chemical-physical interaction between agents and cement mortars. MIP analysis,

ultrasonic measurements, water absorption tests and contact angle measurements were carried out to

investigate the effectiveness of the water-repellent additives in hydrophobizing the final mortars.

Workability variation of fresh mortars and a slight influence on the hydration times and products

were observed. The water-repellent effectiveness changed with the additive chosen as well as the

structure and the water vapor permeability.

[1]T. Stambolov, " The deterioration and conservation of porous Building Materials in Monuments:

A litterature review", International Centre for the study of the preservation and restoration of

cultural property, 1972.

[2]Pagona Maravelaki-Kalaitzaki, "Hydraulic lime mortars with siloxane for waterproofing historic

masonry" CEMCONCRES 37 (2007) 283-290

[3]Giovanni Martinola, "Modified ECC by Means of Internal Impregnation", Journal of advanced

Concrete Technology Vol.2, No2, 207-212, June 2004

[4]M. Lanzón, “Effectiveness and durability evaluation of rendering mortars made with metallic

soaps and powdered silicone”, CONBUILDMAT 22 (2008), 2308-2315

[5] A. Izaguirre, "Effect of water-repellent admixtures on the behaviour of aerial lime based-

mortars", CEMCONCRES 39 (2009), 1095-1104.

Page 61: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

61

IDENTIFICAZIONE DI LEGANTI POLIMERICI NATURALI E DI SINTESI CON

SPETTROSCOPIA IR IN RIFLESSIONE

Alessia Daveri1, Francesca Rosi

2, Bruno Giovanni Brunetti,

3,2, Antonio Sgamellotti

3,2,

Costanza Miliani2,3

1

Laboratorio di Diagnostica per i Beni Culturali di Spoleto P.zza Campello 2 - Rocca

Albornoziana Spoleto (PG) 2CNR-ISTM, c/o Dipartimento di Chimica, Università di Perugia, Via Elce di Sotto, 8,

06123Perugia 3 Centro di Eccellenza SMAArt, Dipartimento di Chimica, Università di Perugia, Via Elce di Sotto,

8, 06123 Perugia

[email protected]

Un ambito di forte interesse nel settore della diagnostica dei beni culturali è lo sviluppo di

metodologie analitiche non invasive che permettano di ottenere informazioni sulla composizione

chimica dei materiali artistici senza effettuare movimentazione dell’opera d’arte dal suo luogo di

conservazione e senza effettuare prelievi che, se pur minimi, ne danneggino l’integrità. Numerosi

sono gli studi conoscitivi condotti tramite il laboratorio mobile MOLAB su materiali pittorici

attraverso l’integrazione di differenti tecniche di tipo elementare (XRF) e molecolare (FTIR in

riflessione, riflettanza e fluorescenza UV-visibile, Raman, NIR) [1;2]. Ottimi risultati sono stati

ottenuti per l’identificazione dei pigmenti inorganici [3], mentre più complesso è certamente lo

studio dei leganti organici la cui conoscenza risulta essere di fondamentale importanza non solo per

la tecnica pittorica ma anche per la conservazione ed il restauro dell’opera stessa. In questa

direzione si indirizza il lavoro qui presentato che riguarda l’utilizzo della spettroscopia FTIR in

riflessione per il riconoscimento di alcune classi di leganti utilizzate nella pittura antica ed in quella

moderna. Per discutere le potenzialità e le limitazioni di questa tecnica viene dettagliato uno studio

spettroscopico di modelli pittorici ottenuti mescolando leganti polimerici impiegati in pittura

(tempera ad uovo, oli siccativi, resine acriliche, viniliche e alchidiche) con differenti pigmenti. In

questo modo è possibile valutare le distorsioni spettrali delle bande diagnostiche della componente

organica, causate dalla presenza congiunta della riflessione speculare e diffusa. Saranno inoltre

presentati alcuni casi studio effettuati su policromie su tavola e tela realizzati con la spettroscopia

nel medio infrarosso in riflessione nei quali è stato possibile fornire informazioni utili sulla classe di

appartenenza del legante utilizzato.

Riferimenti

[1] C. Miliani, F. Rosi, B.G Brunetti, A. Sgamellotti: Acc. Chem. Res. 43, 728 (2010)

[2] F. Rosi, C. Miliani, C. Clementi, K. Kahrim, F. Presciutti, M. Vagnini, V. Manuali, A. Daveri,

L. Cartechini, B.G. Brunetti, A. Sgamellotti: Appl. Phys. A 100, 613 (2010)

[3] C. Miliani, F. Rosi, A. Daveri, B. G. Brunetti Appl. Phys. A: Materials Science & Processing,

106, 295, (2012)

Ringraziamenti

Questo studio è stato svolto nell’ambito del progetto “Sviluppo e sperimentazione di prassi,

procedure e tecniche in ambito di diagnostica-prevenzione-conservazione” del Laboratorio di

Diagnostica per i beni culturali di Spoleto.

Page 62: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

62

MONITORAGGIO “DIAGNOSTICO” DEL BENZO(A)PIRENE NEL PM10 A

TARANTO

Eleonora Andriani1, Lorenzo Angiuli

2, Giorgio Assennato

2, Massimo Blonda

2,

Anna Maria D’Agnano4, Piero Dambruoso

1, Barbara Daresta

1, Gianluigi de Gennaro

1,

Annamaria Demarinis Loiotile1, Alessia Di Gilio

1, S. Ficocelli

3, Roberto Giua

2, Maria Mantovan

3,

Vincenzo Musolino4, Micaela Menegotto

3, Alessandra Nocioni

4, Rossella Paolillo

4,

Valerio Rosito3, Maria Spartera

3, Maria Tutino

1

1 Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Bari, via Orabona 4, 70126 Bari

2 Arpa Puglia, Corso Trieste 27, 70126 Bari

3 Arpa Puglia, Ospedale Testa, Contrada Rondinella, 74123 Taranto

4 Arpa Puglia, Via Galanti 16, 72100 Brindisi

Corresponding author. Tel:+39-80-5460252/+39-99-9946349

[email protected]

Keywords: benzo(a)pirene, PM10, Taranto, source apportionment

Nel periodo novembre 2010÷luglio 2011, su incarico dell’Assessorato all’Ambiente della Regione

Puglia, è stata svolta a Taranto una campagna di monitoraggio del benzo(a)pirene (BaP) nel PM10 in

sette postazioni dislocate intorno all’area industriale e all’interno di essa, secondo due “transetti”

disposti lungo le direzione dei venti dominanti. Tale campagna aveva l’obiettivo di fornire dati di

concentrazione con una risoluzione temporale (valori giornalieri) e con una distribuzione spaziale

tale da permettere di determinare la correlazione dei dati rilevati con le condizioni meteorologiche

e con le sorgenti emissive presenti nell’area.

Per il prelievo del particolato sul quale effettuare le analisi chimiche per la determinazione degli

idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sono stati impiegati monitor bicanali o monocanali che hanno

consentito, inoltre, la misura diretta della concentrazione del PM10 per attenuazione di raggi ß.

A tali apparecchi sono stati affiancati alcuni monitor per l'analisi in continuo degli idrocarburi

policiclici aromatici legati al particolato aerodisperso mediante fotoionizzazione selettiva, oltre ad

un monitor per la misura del grado di rimescolamento dei bassi strati dello strato limite planetario

(PBL) ed un monitor OPC (Optical Particle Counter) per il conteggio e la selezione dimensionale

delle particelle aerodisperse mediante scattering di luce laser.

Alla campagna “principale” sono state associate rilevazioni vento-selettive di microinquinanti

organici ed inorganici e rilevazioni di IPA e BaP svolte all’interno degli ambienti di lavoro della

cokeria.

La metodologia impiegata per le misure del particolato aerodisperso e del BaP è stata, inoltre,

validata con l’applicazione di uno specifico protocollo di qualità, riguardante sia le procedure

analitiche che di campionamento. I risultati ottenuti hanno messo in evidenza, in concomitanza ad

“eventi” corrispondenti a più alte concentrazioni di BaP, direzioni di provenienza del vento

dall’area dello stabilimento siderurgico. Inoltre, la concentrazione del BaP “sottovento” rispetto allo

stabilimento siderurgico è risultata, per la quasi totalità dei siti, superiore rispetto a quella

“sopravento”, con rapporti particolarmente elevati per i siti più vicini all’area dello stabilimento

siderurgico, in presenza di concentrazioni più alte di BaP nel particolato.

Page 63: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

63

DIOXIN BIOACCUMULATION IN BOTTOM-MUSSELS FROM THE GULF OF

TARANTO (IONIAN SEA, ITALY) COLLECTED IN SEMIENCLOSED TRANSITIONAL

WATER BASINS NEAR URBAN AND INDUSTRIAL POLLUTION SOURCES

Vittorio Esposito, Annamaria Maffei, Luca Gigante, Donato Bruno, Maria Spartera,

Giorgio Assennato

ARPA PUGLIA, Via Anfiteatro 8, 74100 Taranto, Italy.

[email protected]

The mainland used by Taranto industrial area and the bottom of two semienclosed transitional water

basins, Mar Grande and Mar Piccolo, are part of one of the largest Italian remediation sites as listed

by national legislation aimed at the identification and rehabilitation of polluted areas. POPs

(dioxins, PCBs, PAHs, chlorinated pesticides) and heavy metals bioaccumulation studies in marine

organisms as molluscs and necto-bentonic species have been performed in several Italian

remediation sites as a preliminary assessment before sediment sampling and chemical analyses were

started. The magnitude (or lack) of bioaccumulation was then used to steer the sampling effort, in

both numerousness and array of chemical species analysed, towards the most critical areas as

identified by the more polluted molluscs. ARPA Puglia performed the duplicate laboratory analysis

for the determination of PCDD/Fs, dioxin-like PCBs, and total PCBs for 32 bottom-mussel samples

with the aim of assessing the health of the seabed in relation with the pollutants discharged into

local water basins by industrial, military an civil sources over the past decades and in order to

validate the results obtained by contract laboratories.

The Taranto area (Southern Italy) hosts several industrial facilities including thermal/combustion

processes with remarkably high raw materials and high energy demand and known potential

sources of PCDD/Fs and PCBs release to air, land, and water.3

These facilities include a large

integrated steel plant, a medium-sized oil refinery, a large cement-works, two power plants, and

three waste incinerators as well as a large naval base with military shipyards. Taranto is a relatively

large southern Italian city, the capital of the Province of Taranto and an important commercial port,

with a population of over two-hundred thousand inhabitants.

The magnitude of the environmental pressure on the Taranto marine environment is known to some

extent. Although there is some information on the potential impact of the measured environmental

levels of heavy metals on the food chain through molluscs reared in Taranto coastal area, scarce

data are available on presence of PCDD/F and dioxin-like PCBs in filter-feeding organisms at direct

or close proximity with polluted sediments, like bottom-mussels, despite the presence of numerous

rope-mussel culture installations.

PCDD/Fs concentrations ranged from 0.27 to 2.48 pgWHO-TE/g and the lowest values were found

for mussels collected in Mar Grande (mean 0,46 pgWHO-TE/g) while highest values were found

for mussels from Mar Piccolo (mean 2.21 pgWHO-TE/g). Dioxin-like PCBs ranged from 1.55 to

12.59 pgWHO-TE/g with lowest values found for mussels collected in Mart piccolo east-side (mean

2.25 pgWHO-TE/g) while highest values were found for mussels from west-side (mean 11.22

pgWHO-TE/g).

Page 64: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

64

STUDIO DEI NITRO-IPA NEL PARTICOLATO ATMOSFERICO

Martino Amodio1, Eleonora Andriani

1, Giorgio Assennato

2, Paolo Rosario Dambruoso

1,

Barbara .E. Daresta1, Gianluigi de Gennaro

1, Alessia Di Gilio

1, Roberto Giua

2,,

Antonello Laricchiuta1, Vincenzo Musolino

3, Jolanda Palmisani

1, Rossella Paolillo

3, Livia Trizio

1,

Maria Tutino1

1 Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Bari, via Orabona 4, 70126 Bari

2 Arpa Puglia, Corso Trieste 27, 70126 Bari

3 Arpa Puglia, Via Galanti 16, 72100 Brindisi

[email protected]

Keywords: nitro-IPA, 2-nitro-fluorene, PM10, Taranto

Gli idrocarburi policiclici aromatici nitrati, nitro-IPA, rappresentano una classe di composti organici

caratterizzati dalla presenza di uno o più gruppi nitro sulla struttura degli idrocarburi policiclici

aromatici [1-2]. I nitro-IPA presenti in atmosfera possono essere di origine primaria oppure prodotti

in seguito a reazioni radicaliche tra IPA e agenti nitranti prodotti durante fenomeni di smog

fotochimico. Gli impianti di trattamento del carbone, le cokerie, le acciaierie, le fonderie, il

riscaldamento per uso domestico, la combustione di biomassa e gli scarichi autoveicolari, in

particolare dei motori diesel, rappresentano le principali sorgenti antropiche di nitro-IPA in

atmosfera [3]. Così come gli IPA, anche i composti nitrati sono da tempo oggetto di studio per il

loro impatto sulla salute dell'uomo [4-5]. Alcuni di essi sono stati classificati dalla International

Agency for Research on Cancer (IARC) in classe 2B: possibili cancerogeni per l’uomo e ancora

particolare attenzione è rivolta al 2-nitrofluorantene per il suo elevato potere mutageno. Al fine di

studiare il comportamento dei nitro-IPA in atmosfera in relazione alle diverse condizioni meteo, alla

tipologia delle sorgenti emissive e alla distanza dei recettori sensibile, è stata condotta una

campagna di monitoraggio di PM10 in 7 siti di campionamento posti a diversa distanza dall’area

industriale della città di Taranto. Lo scopo ultimo del lavoro è determinare l’impatto di questi

inquinanti sui siti recettori ed identificare eventuali marker di sorgente. Il campionamento delle

poveri PM10 è stato effettuato con campionatori basso volume SWAM bicanale (FAI Instruments

s.r.l.) su filtri da 47mm in fibra di quarzo. Contemporaneamente nei diversi siti è stata monitorata la

concentrazione oraria di IPA totale utilizzando un analizzatore in continuo (ECOCHEM PAS 2000)

e i principali parametri meteo. L’analisi dei campioni raccolti insieme ai dati meteo hanno mostrato

che alte concentrazioni di nitro-IPA si registrano quando la direzione del vento è tale da permettere

il trasporto degli inquinanti dall’area industriale sul sito sotto-vento. Inoltre lo studio delle

concentrazioni dei singoli nitro-IPA ha permesso di identificare il 2-nitro fluorene come possibile

marker delle emissioni industriali.

Bibliografia

[1] A. Cucinato et al., J Chromatogr. A, 846(1{2), 255-264 (1999).

[2] J. Schnelle et al., Chemosphere, 31 (4), 3119-3127 (1995).

[3] K. Levsen et al., Fresenius Z. Anal. Chem., 331, 467-478 (1988).

[4] K. Hayakawa et al., Chromatogr J. Sep. Detect. Sci., 20(1), 37-43 (1999).

[5] B. Beije et al., Mutat. Res. 196, 177-209 (1988).

Page 65: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

65

ANALISI MODELLISTICA DI SOURCE APPORTIONMENT PER I

MACROINQUINANTI DELL’AREA TARANTINA

A. Morabito1, R. Giua

1, A. Tanzarella

1, S. Spagnolo

1, T. Pastore

1, M.Bevere

1, E. Valentini

1,

G. Assennato1

, G. Tinarelli2, G. Brusasca

2

1 ARPA Puglia, Centro Regionale Aria

2 ARIANET , Milano

L’area tarantina è caratterizzata da emissioni in atmosfera di particolare rilievo per la presenza di

rilevanti e molteplici complessi industriali nonché dell’area portuale. I risultati di diverse campagne

di monitoraggio della qualità dell’aria, svolte da Arpa Puglia, hanno ormai accertato che l’area

suddetta presenta criticità in relazione a sostanze inquinanti, di cui è riconosciuta la dannosità per la

salute umana (benzo(a)Pirene, diossine e PM10). La stima delle emissioni, effettuata da Arpa Puglia

per il 2007 con la redazione dell’inventario regionale emissivo Inemar, ha evidenziato inoltre nel

comune di Taranto una presenza rilevante di inquinanti di origine primaria. Al fine di intraprendere

opportune azioni di risanamento, è stata effettuata una valutazione quantitativa del contributo di

diversi comparti emissivi sullo stato della qualità dell’aria (source apportionment) attraverso

l’ausilio di tecniche modellistiche tridimensionali avanzate. La simulazione annuale, condotta per il

2007 con la catena modellistica SWIFT-SURFPRO-SPRAY con una risoluzione target pari a 500m,

ha fornito l’impatto delle sostanze inquinanti primarie (benzene, PM10, PM2.5,ossidi di azoto e

anidride solforosa) sul territorio tarantino, emesse da un alto numero di sorgenti che afferiscono a

diversi comparti emissivi (sorgenti convogliate industriali, traffico, riscaldamento, attività portuali,

sorgenti fuggitive, sorgenti diffuse industriali). L’utilizzo del codice lagrangiano a particelle

SPRAY ha permesso in modo rapido e naturale di separare, identificare e calcolare l’apporto

quantitativo di tali comparti all’interno delle matrici di concentrazione relativamente ad ognuna

delle sostanze considerate. Il modello di dispersione è stato alimentato con i dati emissivi

dell’inventario Inemar, predisposto da Arpa Puglia per il 2007. La meteorologia sull’area di studio è

stata ricostruita con il codice meteorologico diagnostico SWIFT a partire dai campi meteorologici

tridimensionali MINNI 2007, disponibili ad una risoluzione orizzontale di 4 km su un dominio

spaziale che comprende l’Italia meridionale. La ricostruzione dei parametri turbolenti è avvenuta

con il modello micrometeorologico SURFPRO. La metodologia messa a punto ha consentito di

quantificare il contributo primario dei diversi comparti emissivi alle concentrazioni dei

macroinquinanti, misurate dalle postazioni di monitoraggio della qualità dell’aria.

La simulazione totale (somma di tutti i comparti emissivi), oltre ad individuare le aree

maggiormente esposte ai fenomeni di inquinamento primario caratterizzando le condizioni

meteorologiche più sfavorevoli, è stata utilizzata ai fini della verifica della conformità su base

annuale dello stato della qualità dell’aria.

Page 66: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

66

INTERAZIONE DEL PARTICOLATO ATMOSFERICO CON BATTERI, NEMATODI E

PIANTE

Barbara Elisabetta Daresta1,*

, Gianluigi de Gennaro1, Massimo Trotta

2, Pasqua Veronico

3

1Università degli Studi di Bari, Dipartimento di Chimica, Via E. Orabona 4, 70126 Bari

2CNR, Istituto per i Processi Chimici e Fisici, Via E. Orabona 4, 70126 Bari

3CNR, Istituto per la Protezione delle Piante, Via G. Amendola 122/D, 70126 Bari

[email protected]

Il particolato atmosferico (PM) è costituito da una miscela di particelle solide e liquide aventi

origine primaria e secondaria. La composizione chimica del PM varia notevolmente e dipende da

fattori quali le fonti di combustione, il clima, la stagione e il tipo di inquinamento. Il PM è costituito

da particelle di materiale carbonioso, da composti organici volatili o semi-volatili adsorbiti sulle

particelle carboniose, da ioni, metalli di transizione, materiali di origine biologica e minerali. Se

classificato in base alla sua granulometria, il PM è distinto in “coarse” e “fine” e le due frazioni

comprendono le particelle aventi rispettivamente diametro aerodinamico superiore e inferiore ai 2.5

µm (PM2.5). Il particolato fine ed ultrafine è quello maggiormente associato agli effetti negativi

sulla salute umana perché può raggiungere le vie respiratorie più profonde fino ad arrivare agli

alveoli polmonari, tuttavia non si può escludere la pericolosità delle particelle, caratterizzate da

diametro aerodinamico inferiore ai 10 µm (PM10). In generale gli effetti del PM sui diversi

organismi variano a seconda della concentrazione in atmosfera, delle loro caratteristiche fisico-

chimiche e dal tempo di esposizione degli organismi a tale inquinante.

In questo lavoro è stata studiata l’interazione del PM10 con tre differenti organismi. Estratti organici

di PM10 (EOM) e soluzioni standard di Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) sono stati testati

sugli organismi modello Rhodobacter (R.) sphaeroides 2.4.1 e Caenorhabditis elegans. Campioni

di PM10 raccolti su filtri in fibra di quarzo sono stati utilizzati come supporto per la crescita di

piantine di pomodoro (Solanum lycopersicon). I risultati ottenuti indicano che gli effetti degli

estratti organici di particolato atmosferico sono fortemente dipendenti dal tipo di organismo che ad

essi viene esposto. Mentre il C. elegans subisce un effetto negativo, con una mortalità fino al 50% a

partire dal secondo stadio larvale (Liuzzi et al, 2012), l’esposizione di R. sphaeroides agli EOM non

mostra effetti dannosi, eccettuata una contenuta diminuzione della velocità di crescita. Le piante

esposte al particolato mostrano un evidente cambiamento nella morfologia dell’apparato radicale e

stress ossidativo rappresentato da un aumento del contenuto di radicali dell’ossigeno (ROS).

Liuzzi V.C., Daresta B.E., de Gennaro G., De Giorgi C. Different effects of polycyclic aromatic

hydrocarbons in artificial and in environmental mixture on the free living nematode C. elegans.

Journal of Applied Toxicology, 2012; 32: 45–50.

Lighty JS, Veranth JM, Sarofim AF. Combustion aerosols: factors governing their size and

composition and implications to human health. Review. Journal of Air and Waste Management

Association 2000; 50:1565–1618.

Liuzzi V.C., Daresta B.E., de Gennaro G., De Giorgi C. Different effects of polycyclic aromatic

hydrocarbons in artificial and in environmental mixture on the free living nematode C. elegans.

Journal of Applied Toxicology, 2012; 32: 45–50.

Page 67: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

67

RILEVAZIONI VENTO-SELETTIVE NELL’ARIA AMBIENTE IN PUGLIA PER LO

STUDIO DELLE SORGENTI EMISSIVE DI MICROINQUINANTI ORGANICI E DI

METALLI

A. Nocioni4,*

, L. Angiuli2, R. Barnaba

4, P. Caprioli

4, C. Colucci

3, D. Calabrò

3,

F. Catucci, A.M. D’Agnano4, V. Esposito

3, S. Ficocelli

3, R. Giua

2, A. Maffei

3, M. Manca

4,

M. Menegotto3, V. Musolino

4, R. Paolillo

4, V. Rosito

3, M. Spartera

3, G. Assennato

1

1 Direzione Generale Arpa Puglia, Bari, 70126

2 Direzione Scientifica Arpa Puglia, Bari, 70126

3 DAP Arpa Puglia, Taranto, 74100

4 DAP Arpa Puglia, Brindisi, 72100

Tel: 0831/536849,

[email protected]

Keywords: Wind Select, Metalli, IPA, Diossine, PM10

A partire dal 2008, Arpa Puglia ha effettuato, sia nell’area tarantina che in quella brindisina, alcune

campagne di monitoraggio vento selettive in aria ambiente di microinquinanti organici

Policlorodibenzodiossine (PCDD) e Policlorodibenzofurani (PCDF), Idrocarburi Policiclici

Aromatici (IPA) e Policlorobifenili (PCB) mediante campionatori “Wind Select”; tali strumenti,

dotati di sensore di direzione del vento e di tre cartucce composte da filtro piano per materiale

particellare e adsorbente in schiuma di poliuretano (PUF), consentono di separare i volumi di aria in

funzione della direzione di provenienza e di catturare su diversi supporti i microinquinanti organici

provenienti da due differenti settori di vento ed in condizioni di calma di vento. Nell’ambito degli

studi sulle fonti emissive ricadenti nelle aree monitorate, sono stati ottenuti interessanti risultati

nell’area tarantina (Tamburi, Statte c/o Tecnomec, Masseria Carmine) dove sono state effettuate

alcune campagne di monitoraggio finalizzate a valutare i contributi di sorgenti industriali, nell’area

di Brindisi e della provincia (a Torchiarolo, sito industriale suburbano a pochi Km a Sud-SudEst

rispetto alla centrale di ENEL) dove sono state ripetute rilevazioni nella stagione estiva ed

invernale, per studiare i contributi delle emissioni da combustione di biomasse per riscaldamento

domestico, differenziandoli da quelli industriali. Altre campagne sono state svolte a Melpignano

(Lecce) e nell’area portuale del comune di Bari, al fine di determinare il contributo delle emissioni

del traffico navale. Nel corso dell’anno 2011, tali strumenti sono stati implementati con ulteriori

accessori che consentono di valutare le concentrazioni delle frazioni di materiale particolato PM10

e PM2.5 provenienti da diversi settori di vento e determinare, analiticamente, il relativo contenuto

dei metalli: il primo campionamento è stato svolto a Brindisi, in un’area industriale limitrofa alla

città, il secondo a Torchiarolo (BR), il terzo a Modugno (BA) in zona industriale/commerciale e il

quarto a Taranto, in un sito industriale; contemporaneamente a quest’ultimo, in altri due siti

limitrofi, sono state eseguite due campagne vento-selettive per microinquinanti organici.

La caratterizzazione chimica dell’aria ambiente campionata in modalità vento-selettiva ha

permesso, in alcuni casi, di identificare la provenienza degli inquinanti ricercati da determinate

sorgenti emissive.

I risultati degli studi effettuati dall’Agenzia sono resi pubblici sul sito www.arpa.puglia.it.

Ringraziamenti

Si ringrazia il dott. Antonio Fornaro di LabService Analytica s.r.l. per il supporto fornito nel corso

dei campionamenti.

Page 68: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

68

SINGLE PARTICLE SEM-EDX ANALYSIS OF PARTICULATE MATTER IN THREE

DIFFERENT SITES

Alessandra Genga1, Federico Baglivi

1, Maria Siciliano

1, Tiziana Siciliano

1, Carmela Tortorella

2,

Domenico Aiello2

aDipartimento di Scienza dei Materiali, University of Salento, via per Arnesano, 73100 Lecce, Italy.

bEnel Ingegneria ed Innovazione - Area Tecnica Ricerca - Litoranea S.na Brindisi Casalabate -

Località Cerano - Tuturano (Br), Italy.

[email protected]

The undeniable effect of the presence of particulates in the atmosphere is the increasing

number of people affected by problems of the respiratory and cardiovascular. Epidemiological

studies have shown an the associations between levels of particulate matter and respiratory and

cardiovascular disease mortality in the short and long term exposure.

The biological mechanisms are not yet been clarified and especially remains to be defined

which parameters are more biologically relevant, for example the size fraction, the number or mass

of the particles, the chemical composition of the same.

The use of a scanning electron microscope has permitted the investigation of morphological

and chemical parameters of the particles. In fact, the simultaneous characterization of both physical-

chemical, morphological and dimensional parameters of a complex mixture of organic and

inorganic particulate is one of the major aspects for the characterization and identification of

emission sources which contribute to the concentration of particulate matter in the atmosphere

(Contini et all. , 2010). The particles collected on filters, used for the sampling of urban air, have a

large number of shapes and sizes (Ebert, Inerle-Hof, & Weinbruch, 2002; Ebert, Weinbruch,

Hoffmann, & Ortner, 2004; Shi et al. 2003; Willis , Blanchard, and Conner, 2002). Disregarding

this morphological and dimensional variety, the effects of many processes may not adequately

considering , such as the absorption of volatile molecules of pollutants and water, the chemical

reactivity and the origin of the particles.

Morpho-chemical characterisation of particles was performed by ESEM - EDS microanalysis:

20 chemical parameters (C, O, Na, Mg, Al, Si, P, Cd, Cl, K, Ca, Sn, Ti, Cr, Mn, Fe, Co, Ni, Cu, Zn)

were determined and 7 morphological parameters (area, aspect ratio, roundness, fractal dimension,

box width, box height, perimeter) were measured by Image Pro Analyzer 6.3.

A chemical and morphological characterization of particulate matter belonging to three sites

was carried out: an urban site, a rural site and an industrial yard site. The particles were clustered

according to their composition and. It has been made then a characterization of the three sites based

on distribution of these clusters.

References

1) Contini et all. 2010

2) Ebert, Inerle-Hof, & Weinbruch, 2002;

3) Ebert, Weinbruch, Hoffmann, & Ortner, 2004;

4) Shi et al. 2003;

5) Willis, Blanchard, e Conner, 2002

Page 69: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

69

IMPATTI DELLE COMBUSTIONI DI BIOMASSE IN AMBIENTI

INDOOR E OUTDOOR

Eleonora Andriani, Paolo Rosario Dambruoso, Gianluigi de Gennaro,

Annamaria De Marinis Loiotile, Alessia Di Gilio, Valerio Di Palma, Annalisa Marzocca,

Antonio Mazzone, Jolanda Palmisani, Francesca Porcelli, Maria Tutino

Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Bari di Bari, via Orabona, 4, 70126 Bari

[email protected]

Parole chiave: Combustione di biomassa, Indoor, Outdoor, Materiale particellare

Studi epidemiologici dimostrano che la combustione di biomassa determina l’emissione in aria di

particelle fini e ultrafini in grado di raggiungere le vie aeree più profonde e di determinare effetti

negativi sulla salute umana [1].

La combustione degli scarti della potatura degli alberi di ulivo è una pratica comune nelle aree

rurali del Sud Italia e la prossimità delle zone rurali alle aree urbane determina una maggiore

esposizione stagionale della popolazione agli inquinanti atmosferici. E’ crescente inoltre l’interesse

della comunità scientifica nei confronti dei fenomeni di inquinamento indoor connessi alla

combustione delle biomasse [2], come ad esempio l’utilizzo di stufe e caminetti.

Il presente lavoro si pone come principale obiettivo un’attenta valutazione dell’impatto della

sorgente emissiva “biomass burning” sui livelli e sulla composizione chimica del materiale

particellare in ambienti indoor ed outdoor.

Nell’ambito di due campagne di monitoraggio effettuate in un sito rurale interessato da un’attività

di combustione di scarti di potature, sono stati collezionati campioni giornalieri di PM10 mediante

l’ausilio di un campionatore alto volume (Tisch Environmental). Durante le campagne di

monitoraggio sono stati raccolti campioni di PM10 inducendo e controllando la combustione degli

scarti di potatura per circa tre ore al giorno.

Il campionamento di PM10 è stato inoltre condotto in abitazioni con caminetti di differente

tipologia (aperti, chiusi, termo camini) utilizzando un campionatore sequenziale (campionamenti di

12 ore).

Al fine di studiare le distribuzioni dimensionali delle particelle prodotte durante gli eventi di

combustione di biomassa e comprendere l’evoluzione temporale dei diversi inquinanti, è stata

utilizzata strumentazione ad alta definizione temporale. In particolare, per entrambi gli studi sono

state determinate la concentrazione numerica delle particelle e la concentrazione totale degli

Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) attraverso l’uso di un Contatore Ottico di Particelle (OPC) e

di un analizzatore di IPA (EcochemPas 2000), rispettivamente. La caratterizzazione chimica dei

campioni di PM10 è stata effettuata al fine di determinare quantitativamente ioni, elementi e IPA e

l’analisi preliminare dei dati sperimentali raccolti ha messo in evidenza l’importanza di alcuni

traccianti organici ed inorganici nell’interpretazione dell’influenza della sorgente emissiva

“biomass burning” sulle concentrazioni atmosferiche di PM10.

Riferimenti bibliografici:

1) Nadadur, S.S et al, Toxicol. Sci. 318-327, 100(2007).

2) Gehin, E., et al, Atmospheric Environment, 42, 8341–8352(2008).

Page 70: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

70

SOLVAL® UNA REALTA’ INDUSTRIALE CONSOLIDATA PER IL RECUPERO DEI

RESIDUI SODICI DAL TRATTAMENTO FUMI.

Franco Bertocchi

Solvay Valorizzazione Alcali – SOLVAL S.p.A. via Aurelia 247, 57013 Rosignano Solvay (LI)

[email protected]

La protezione dell’ambiente e, più specificatamente, la preservazione della qualità dell’aria

rappresentano oggi una priorità sia per la salute umana che per la salvaguardia sociale.

Il controllo della qualità dell’aria attraverso il monitoraggio delle emissioni gassose in atmosfera

rappresentano una delle sfide più impegnative per la nostra società, le autorità pubbliche e le

aziende che svolgono attività industriali. In questo contesto, le aziende debbono soddisfare i

requisiti sempre più impegnativi che le norme impongono per le emissioni gassose di origine

industriale

Nel più specifico contesto della gestione dei rifiuti, la legislazione Europea spinge sempre di più

ad incrementare gli sforzi nel senso di minimizzare l’impatto ambientale indotto dai rifiuti generati

da qualsiasi prodotto/processo produttivo, attraverso il loro riciclaggio o recupero.

Il processo NEUTREC®, sviluppato da SOLVAY, rappresenta una semplice ed efficiente

tecnologia basata sull’iniezione di bicarbonato di sodio finemente macinato direttamente nelle

emissioni gassose che debbono essere purificate.

Il bicarbonato di sodio, grazie alla struttura fisico-chimica dei grani che lo compongono,

neutralizza efficacemente le componenti acide (acido cloridrico, SOx, acido fluoridrico etc.) tipiche

dei fumi da combustione. Questo processo genera un rifiuto, i Prodotti Sodici Residui (PSR), che in

alcuni contesti industriali possono essere direttamente riciclati all’interno dei cicli produttivi che li

hanno originati, in altri casi si deve provvedere al loro smaltimento o recupero esternamente ai cicli

produttivi di origine.

Nel caso d’inceneritori di rifiuti urbani o ospedalieri, laddove sia utilizzato un doppio sistema di

filtrazione dei fumi, i PSR raccolti nel secondo filtro sono costituiti principalmente da sali di sodio

nelle forme cloruro, solfato e carbonato. Contengono inoltre altri contaminanti, costituiti

essenzialmente da residuali quantità di ceneri volanti non trattenute dalla prima fase di filtrazione,

carbone attivo e metalli pesanti. Questa tipologia di rifiuti non può essere riciclata all’interno del

processo che li ha generati e deve quindi essere smaltita o recuperata in altro modo.

Solvay ha sviluppato, brevettato ed industrializzato una nuova tecnologia - il processo

SOLVAL® - come parte complementare del processo NEUTREC®: i PSR sono recuperati

producendo una salamoia concentrata di tale purezza che viene utilizzata nel classico processo

Solvay di produzione del carbonato di sodio, in sostituzione di una delle materie prime basilari che

costituiscono questa tecnologia.

Nel processo SOLVAL® i PSR sono disciolti in acqua a pH controllato, sono aggiunti opportuni

additivi, e la sospensione è filtrata per filtropressatura, separando così la componente solubile da

quella insolubile, costituita essenzialmente da metalli pesanti precipitati in varie forme, carbone

attivo e ceneri volanti. Si ottengono così una salamoia grezza ed un rifiuto ultimo solido.

La salamoia è sottoposta ad un ulteriore trattamento di raffinazione su carboni attivi granulari,

mirato alla rimozione di eventuali tracce di sostanze organiche disciolte, ed un passaggio finale su

colonne a resine scambiatrici di ioni per un più spinto abbattimento di metalli pesanti in tracce. La

salamoia risultante da questo trattamento di ulteriore purificazione rappresenta il prodotto finito del

processo SOLVAL® ed al contempo la materia prima destinata ad essere utilizzata nel processo

Solvay di produzione del carbonato di sodio.

Il rifiuto prodotto dalla filtropressatura è smaltito in apposite discariche autorizzate e se ne

produce mediamente in ragione di 1 – 3 kg per tonnellata di rifiuto urbano incenerito. L’impianto

Page 71: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

71

SOLVAL® non produce effluenti liquidi: qualsiasi fluido derivante da fasi di lavaggio o

rigenerazione è intermante riciclato all’interno del processo.

La tecnologia qui descritta è realizzata a livello industriale nell’impianto situato a Rosignano

Solvay (LI), di proprietà di SOLVAY VALORIZZAZIONE ALCALI - SOLVAL S.p.A, società

appartenente al Gruppo SOLVAY.

L’elevato grado di eco compatibilità del processo SOLVAL® è riassumibile in almeno i seguenti

aspetti:

- elevato tasso di recupero: la componente del PSR recuperate è costtuita dalla loro

porzione solubile, che rappresenta mediamente il 90-95% del rifiuto tal quale;

- l’impiego industriale dei PSR così recuperati in sostituzione di una materia prima,

produce una corrispondente riduzione dello sfruttamento di quelle risorse naturali

usualmente impiegate per produrre tale materia prima;

- elevato tasso di riduzione dei rifiuti destinati a smaltimento: il rifiuto finale derivante dal

processo SOLVAL® rappresenta mediamente il 10 – 20% in peso dei PSR trattati;

- la collocazione geografica del’impianto SOLVAL®, baricentrica rispetto al territorio

nazionale, contribuisce ad ottimizzare gli aspetti logistici, in termini sia di riduzione dei

chilometraggi medi di trasporto che di corrispondente riduzione delle emissioni di CO2.

Page 72: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

72

VOLATILE SILOXANES IN THE ATMOSPHERE:

EMERGING CHALLENGES, ASSESSING SOURCES, SPATIAL DISTRIBUTION AND

AIR QUALITY

Francesca Pieri1, Alessandra Cincinelli

1,2, Tania Martellini

1, Kevin C. Jones

2, Andy Sweetman

2

1Dipartimento di Chimica “Ugo Schiff”, Università di Firenze, Via della Lastruccia 3, 50019 Sesto

Fiorentino (FI) 2Lancaster Environment Centre, Lancaster University, Lancaster, LA1 4YQ, U.K.

[email protected]

Cyclic and linear volatile methyl siloxanes are widely used in personal care products, cosmetics and

industrial applications (biomedical products, surface treatment agents, plasticizers and construction

materials). These compounds are of environmental concern due to their volatility, persistence and

tendency to bioaccumulate.

The purpose of this study was to investigate their occurrence and distribution in indoor air,

including domestic (bathrooms, living rooms, boys-girls-adult rooms) and non domestic

(supermarkets, offices, schools, waste disposal centre) environments, as well as outdoor air

environments. An extensive air sampling campaign was performed contemporarily in the UK and

Italy during 2011. Indoor air samples (n 100) were collected on adsorption Tenax GR cartridges,

using conventional portable air sampling pumps. Sampling cartridges were desorbed using the

Automatic Thermal Desorber UNITY2 coupled to a GC/MS-system.

In addition, to investigate the global distribution of linear and cyclic volatile methyl siloxanes, 85

sorbent-impregnated polyurethane foam (SIP) disk passive air samplers were deployed at 18 sites

worldwide, along a rural/remote latitudinal transect from Portugal to Norway and extracted in

soxhlet.

Source evaluation was also investigated by Compound Specific Isotope Analysis (CSIA). Source

identification of siloxanes, using isotopic signatures assumes that the compound specific isotope

composition is subject to less chemical and biological alteration than traditional molecular

compositions. CSIA quantifies isotopic composition and hence provides additional and often unique

means to allocate and distinguish sources of siloxanes, and identify and quantify transformation

reactions.

Page 73: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

73

MODIFICA DELLA COMPOSIZIONE CHIMICA DEL PM FINE DA OUTDOOR A

INDOOR: SORGENTI INDOOR (BPA) E PERDITA DEI SEMI-VOLATILI (IPA E IONI

INORGANICI)

Giorgia Sangiorgi1, Luca Ferrero

1, Barbara Sara Ferrini

1, Claudia Lo Porto

1, Maria Grazia Perrone

1,

Roberta Zangrando2, Andrea Gambaro

2,3, Zelda Lazzati

4, Ezio Bolzacchini

1

1 Dipartimento di Scienze Ambientali, Università degli Studi di Milano - Bicocca, piazza della

Scienza 1, 20126, Milano 2 Istituto per le Dinamiche dei Processi Ambientali - CNR, Dorsoduro, 2137, 30123 Venezia

3 Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica, Università di Venezia, Ca’ Foscari,

30123 Venezia 4 Public Health Laboratory – Environmental Health and Water Chemistry, Local Public Health

Unit USL 2, piazza Aldo Moro, 55012 Capannori, Lucca

[email protected]

Negli ultimi anni, sono stati fatti molti sforzi per determinare la qualità dell’aria indoor, ma poca

attenzione è stata rivolta agli uffici, nonostante siano gli ambienti dove molte persone trascorrono la

maggior parte del proprio tempo lavorativo. L’obiettivo dello studio è stato valutare il livello di PM

fine in alcuni uffici di Milano e nel corrispondente ambiente outdoor. Sono stati selezionati uffici

caratterizzati dall’assenza di importanti sorgenti indoor di PM, quali fumo di sigaretta e impianti di

condizionamento dell’aria. Durante due campagne di misura (ago-ott 2007, gen-mar 2008), sono

stati raccolti campioni di PM1 e PM2.5, poi analizzati per determinare la concentrazione di

composti con potenziale effetto negativo (diretto o indiretto) sulla salute umana: BpA, IPA e ioni

inorganici solubili in acqua. Si è osservata una buona correlazione tra concentrazioni di PM indoor

e outdoor (R2~0.87). Inoltre, il livello indoor di PM è risultato sempre minore rispetto all’outdoor

(max I/O = 0.92). Dalla regressione lineare tra le concentrazioni outdoor e indoor si è ricavato un

fattore d’infiltrazione, FINF, medio di 0.55, indicando che circa la metà del PM outdoor (~ 18

µg/m3) è entrato nell’ambiente indoor. Quindi, per gli uffici in studio, l’ambiente outdoor è una

forte sorgente di PM indoor. La concentrazione di particolato generato da sorgenti indoor, Cig,

invece è risultata molto bassa, con valori da 0 a 4.4 µg/m3 (<25% della concentrazione del PM

indoor), confermando il piccolo contributo delle sorgenti indoor di PM per gli ambienti selezionati.

L’analisi della regressione lineare tra la concentrazione indoor e outdoor delle specie chimiche

analizzate nel PM ha dimostrato che non erano presenti negli uffici efficaci sorgenti di queste

molecole (Cig <25% della concentrazione indoor). Unica eccezione è rappresentata dal BpA, per il

quale si ha Cig~58%. Possibili sorgenti di questa specie negli uffici sono le componenti elettroniche

dei computer (Salapasidou et al. 2011). L’analisi dei valori di FINF permette di dimostrare la

presenza di un effetto di perdita per volatilizzazione dalla fase particolata alla fase gassosa dei

composti semi-volatili organici (IPA a 4-5 anelli) e inorganici (nitrato d’ammonio). Per tenere conto

di questo fenomeno viene suggerita l’introduzione di un nuovo parametro, chiamato volatilization

effect vc, da inserire nell’equazione di regressione lineare tra concentrazione outdoor e indoor del

PM.

Salapasidou M., Samara C., Voutsa D. (2011) Atmos. Environ. 45(22), 3720-3729.

Page 74: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

74

APPLICAZIONE DI UN APPROCCIO INTEGRATO PER LA VALUTAZIONE DELLE

EMISSIONI ODORIGENE DI UN IMPIANTO DI ESTRAZIONE E LAVORAZIONE DI

PETROLIO GREGGIO

Magda Brattoli, Simona Catino, Paolo Dambruoso, Gianluigi de Gennaro,

Annamaria Demarinis Loiotile, Stefania Petraccone

Dipartimento di Chimica – Università degli Studi di Bari “A. Moro”, via Orabona, 4 70126 Bari

[email protected]

La valutazione di un caso di molestia olfattiva richiede l’impiego di differenti metodologie che,

opportunamente integrate, possono contribuire a comprendere in maniera efficace la problematica,

che si caratterizza per la sua notevole complessità. Il presente lavoro ha focalizzato l’attenzione

sullo studio delle emissioni odorigene di un impianto di estrazione e lavorazione greggio.

L’obiettivo è stato quello di verificare, con approcci metodologici oggettivi, la reale entità della

molestia olfattiva nonché di identificare un metodo oggettivo in grado di rilevare, in continuo, la

percezione dell’odore.

Per la particolare natura delle miscele odorigene, è necessario impiegare metodi e parametri di

misura differenti da quelli utilizzati per gli altri inquinanti atmosferici e passare da un approccio più

rigorosamente analitico ad uno sensoriale.

Infatti, per questo specifico studio, sono state effettuate misurazioni puntuali in aria ambiente,

attraverso la metodologia ufficiale per la determinazione delle concentrazioni di odore,

l’olfattometria dinamica (standardizzata dalla norma tecnica UNIEN 13725/2004), e misurazioni in

continuo attraverso l’impiego di un naso elettronico, installato presso il recettore. A supporto delle

determinazioni strumentali, è stata coinvolta direttamente la popolazione residente nei dintorni

dell’impianto attraverso la somministrazione di questionari per il rilevamento del disturbo olfattivo

con lo scopo di segnalare gli episodi di molestia e la loro durata.

Sia i risultati olfattometrici sia quelli ottenuti attraverso naso elettronico hanno evidenziato episodi

significativi di emissione odorigena in aria ambiente. L’attribuzione di tali eventi alla sorgente è

stata verificata attraverso l’analisi delle direzioni del vento, registrate in fase di campionamento.

Dall’analisi integrata dei risultati sono emerse corrispondenze tra segnale strumentale, direzioni del

vento e segnalazioni dei residenti. In conclusione, l’approccio integrato utilizzato nel presente

lavoro si è dimostrato particolarmente adatto per la comprensione del fenomeno complessivo con

particolare riguardo per l’implementazione del sistema di monitoraggio in continuo, indispensabile

per la tipologia di sorgente, non caratterizzata da emissioni regolari nel tempo.

Bibliografia

[1] EN13725: Air Quality—Determination of Odour Concentration by Dynamic Olfactometry;

Committee for European Normalization (CEN), Brussels, Belgium, 2003.

[2] Brattoli, M.; de Gennaro, G.; De Pinto, V.; Demarinis Loiotile, A.; Lovascio, S.; Penza, M.

Odour Detection Methods: Olfactometry and Chemical Sensors. Sensors 2011, vol. 11, pag. 5290-

5322.

[3] Walker, J.C. The performance of the human nose in odour measurement. Water & Science

Technology, 2001Vol. 44, No. 9, pp. 1-7

Page 75: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

75

UTILIZZO DEGLI ISOTOPI STABILI DEL CARBONIO E DELL'AZOTO NEL

PARTICELLATO ORGANICO IN UN AMBIENTE DI TRANSIZIONE (LAGUNA DI

VENEZIA)

Daniela Berto1, Federico Rampazzo

1, Seta Noventa

1,

Federica Cacciatore

1,

Rossella Boscolo Brusà1, Massimo Gabellini

2

1ISPRA -

Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Brondolo, 30015 Chioggia

2ISPRA -

Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, via Vitaliano Brancati 48,

Roma 00144

[email protected]

L'analisi dei rapporti degli isotopi stabili del carbonio e dell'azoto è una promettente tecnica

analitica ampiamente utilizzata in studi ecologici (reti trofiche), in campo ambientale e nel settore

alimentare. Le variazioni stagionali e spaziali rapporti isotopici stabili del carbonio e dell'azoto

(δ13

C e δ15

N) permettono di identificare le possibili fonti, alloctone (input terrestri e antropici) e

autoctone (produzione primaria fitoplantonica, microfitobentonica e produzione chemioautotrofa),

che entrano in sistemi ecologici complessi, quali gli ambienti di transizione, soggetti ad apporti di

diversa natura. L'utilizzo del δ13

C e del δ15

N nel particellato organico (POC), integra inoltre

l'informazione relativa ai processi biogeochimici, quali la produzione primaria e i cicli dei nutrienti,

che si verificano negli ambienti acquatici.

Lo scopo del presente lavoro è stato di valutare δ13

C e δ15

N nel POC in Laguna di Venezia. Il

campionamento della colonna d'acqua è stato eseguito stagionalmente da febbraio 2011 a febbraio

2012 in 30 stazioni della Laguna di Venezia, appartenenti alla rete di monitoraggio istituita per la

Direttiva 2000/60/CE. Oltre alle analisi del particellato (POC, δ13

C, δ15

N e rapporto molare C/N)

sono stati determinati anche i nutrienti (nitriti, nitrati, ammoniaca, ortofosfati) e il carbonio organico

disciolto.

I risultati evidenziano l'influenza sia di fonti autoctone che alloctone in tutte le stazioni della laguna.

Tuttavia, in autunno, valori di δ13

C più negativi e rapporti molari C/N più alti, potrebbero indicare

una maggiore influenza delle fonti alloctone causata dall'aumento degli apporti di acque dolci dalla

gronda.

Sono state osservate, inoltre, fluttuazioni stagionali di δ15

N con arricchimento dell'isotopo pesante

(15

N) nei periodi primaverili ed estivi, e una diminuzione dei valori δ15

N nei periodi autunnali e

invernali.

Diversi processi, quali la fissazione dell'azoto e il riciclo dei nutrienti, potrebbero spiegare i bassi

valori di δ15

N, anche se non si esclude un possibile contributo stagionale di fonti alloctone, in

particolar modo nelle stazioni più confinate e a minor salinità. I risultati ottenuti in questo studio

evidenziano che l'utilizzo dei rapporti isotopici del carbonio e dell'azoto rappresenta un approccio

alternativo rispetto alla determinazione dei parametri chimico-fisici classici, sia per tracciare e

discriminare tra i differenti apporti, sia per lo studio dei processi biogeochimici in ecosistemi

complessi come gli ambienti di transizione.

Page 76: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

76

UTILIZZO DEGLI ORGANISMI MARINI NEL MONITORAGGIO AMBIENTALE DI

AREE MARINO COSTIERE:

UN ESEMPIO DAL MAR PICCOLO DI TARANTO

Manuela Belmonte1, Antonella Di Leo

1, Fabrizio Frontalini

2, Santina Giandomenico

1,

Mattia Greco2, Lucia Spada

1, Luciana Ferraro

3, Fernando Rubino

1

1Istituto per l’Ambiente Marino Costiero (IAMC) – CNR, U.O.S. Talassografico “A. Cerruti”,

Taranto 2Dipartimento di Scienze della Terra, della Vita e dell’Ambiente, Università di Urbino

3Istituto per l’Ambiente Marino Costiero (IAMC) – CNR, Sede di Napoli

[email protected]

Negli ultimi decenni innumerevoli perturbazioni hanno condizionato l'ecosistema marino

causandone una degradazione sempre più allarmante, così come dimostrano anche i cambiamenti

nella biodiversità causati, direttamente o indirettamente, da attività antropiche. Per tale motivo

l’attenzione ai problemi ambientali si è notevolmente accresciuta e la ricerca di nuove metodologie

e tecniche per il monitoraggio degli ecosistemi marini si è fatta più attiva ed accurata. In generale le

aree costiere e gli ambienti di transizione sono le zone più esposte a stress legati ad attività umane,

che si ripercuotono soprattutto sulle comunità bentoniche alterando i parametri strutturali quali

densità e diversità, che costituiscono elementi da cui è possibile ricavare informazioni sullo stato di

salute di un sito nel lungo periodo.

Tra gli organismi bentonici i foraminiferi rappresentano un gruppo di protozoi ampiamente diffusi

in tutti gli ambienti marini e salmastri e da molti anni vengono utilizzati in studi sulla valutazione

della qualità ambientale di aree sottoposte ad intensa attività antropica. Questi organismi, vivendo

in corrispondenza dell’interfaccia acqua-sedimento o pochi centimetri al di sotto, sono molto

sensibili alla variazione, sia per cause naturali che antropiche, delle variabili fisico-chimiche

ambientali (salinità, temperatura, ossigenazione, etc.). Tali variazioni influenzano sia la

distribuzione che la struttura delle associazioni a foraminiferi, con la dominanza di poche specie

opportuniste o la manifestazione in singoli individui di anomalie morfologiche e di taglia,

soprattutto in aree soggette ad elevato stress ambientale.

D’altra parte, la scoperta che molte specie planctoniche producono stadi dormienti che cadono verso

il fondo del mare dove aspettano la successiva stagione favorevole, permette di utilizzare anche

questi organismi, alla base della catena alimentare nel mare, quali bioindicatori di quanto avviene

nella colonna dacqua.

In questa maniera, il campionamento dei sedimenti di un’area marina costiera, permette di

monitorare le risposte sia del microplancton che del microbenthos a possibili eventi di disturbo

dell’equilibrio dell’ecosistema.

In questo lavoro viene illustrato uno studio pilota condotto nel Mar Piccolo di Taranto, sito di

bonifica di interesse nazionale, attraverso il prelievo di sedimenti superficiali in 10 stazioni per

ciascun bacino (primo e secondo seno). I campioni sono stati analizzati allo scopo di definire sia le

correlazioni tra le associazioni viventi a foraminiferi bentonici, gli stadi dormienti del plancton e la

contaminazione dei sedimenti, sia l’utilizzo di questi organismi come bioindicatori del livello dello

stress ambientale.

Page 77: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

77

INFLUENZA DEL CLIMA, DELLA CIRCOLAZIONE ATMOSFERICA E DEI

TRASPORTI ESTERNI SUL PARTICOLATO: DUE METODOLOGIE

CHEMOMETRICHE A CONFRONTO

Mauro Masiol, Stefania Squizzato, Giancarlo Rampazzo, Bruno Pavoni

Dip. Scienze Ambientali, Informatica e Statistica, Università Ca’ Foscari Venezia, Dorsoduro

2137, 30123 Venezia.

[email protected]

La Pianura Padana presenta tra i più alti livelli di inquinanti atmosferici di tutta Europa, con livelli

che eccedono frequentemente i limiti imposti dalle Direttive Comunitarie. Le cause di questi alti

livelli di inquinanti sono da attribuire all’elevata urbanizzazione ed industrializzazione del territorio,

ma soprattutto alle peculiari condizioni orografiche che favoriscono la stagnazione delle masse

d’aria limitandone la dispersione.

L’area veneziana si trova in una posizione ideale per studiare gli effetti della circolazione

atmosferica locale e dei trasporti a scala regionale, poiché presenta scenari emissivi comuni ad altre

grandi città del Nord Italia ed è situata tra la Pianura Padana ed il Mare Adriatico. Le fonti locali di

inquinamento sono rappresentate da zone residenziali ad alta densità (~270000 abitanti), strade ed

autostrade fortemente trafficate, l’estesa area industriale di Porto Marghera (che include impianti

petrolchimici, inceneritori di rifiuti solidi urbani, una centrale termoelettrica a carbone, industrie

metallurgiche, ecc.), il distretto del vetro artistico di Murano ed un inteso traffico marittimo dovuto

a trasporti pubblici, imbarcazioni private, un porto turistico ed uno commerciale.

Recentemente, alcuni studi condotti nell’area veneziana hanno permesso di individuare e

quantificare le sorgenti di emissione più importanti, mettendo in luce sia l’influenza dei fenomeni di

generazione locali che il ruolo dei trasporti esterni a scala continentale e regionale [1,2].

Questo contributo presenta i risultati di uno studio sul particolato atmosferico fine (PM2.5) condotto

in un sito industriale a Marghera. Le analisi hanno permesso di determinare quantitativamente la

massa del particolato con il metodo gravimetrico, 6 ioni inorganici maggiori (Cl–, NO3

–,SO4

2–, Na

+,

NH4+, Mg

2+) in cromatografia ionica, 15 elementi (Mg, Al, Ca, K, Ti, V, Mn, Fe, Ni, Cu, Zn, As,

Cd, Ba e Pb) in ICP-OES e ICP-MS e 11 congeneri di idrocarburi policiclici aromatici (Fluor, Pyr,

BaA, Chry, BbF, BkF, BeP, BaP, IcdP, DBahA e BghiP) in GC-MS.

L’applicazione di un modello a recettore ha permesso di individuare le sorgenti di emissione più

importanti e di stimarne i contributi sulla massa del particolato. La successiva applicazione di due

metodologie chemiometriche recentemente sviluppate [1,3] ha permesso di determinare l’influenza

dei trasporti a scala regionale e continentale sulle varie sorgenti di particolato, di individuare la

composizione chimica del fondo locale e di studiare il ruolo di alcuni parametri micro-

meteorologici sulla chimica dell’aerosol.

[1] Masiol M. et al., Chemosphere 80 (2010) 771

[2] Squizzato S. et al. J. Aerosol Sci. 46 (2012) 64

[3] Masiol M. et al., Atmos. Environ. 54 (2012) 127

Page 78: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

78

CHE IMPORTANZA VIENE DATA AGLI INSEGNAMENTI DEL SSD CHIM/12

NELLA FORMAZIONE DI SCIENZIATI DELLA CONSERVAZIONE, CONSERVATORI

E RESTAURATORI

Antonella Casoli

Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Parma, viale G.P. Usberti 17/a; 43121 Parma

[email protected]

Vengono presi in esame: i corsi di laurea triennali, attivi negli Atenei italiani, delle classi L-1 Beni

culturali e L-43 -Tecnologie per la conservazione e il restauro dei beni culturali, i corsi di laurea

magistrale della classe LM-11 - Scienze per la conservazione dei beni culturali. Particolare

attenzione verrà rivolta alle nuove istituzioni formative accreditate allo svolgimento dei corsi di

formazione dei restauratori, impiegando la classe di laurea a ciclo unico LMR/02 - Conservazione e

restauro dei beni culturali.

Da questa indagine si vuole mettere in evidenza la presenza degli insegnamenti del settore

scientifico disciplinare CHIM/12 – Chimica dell’Ambiente e dei Beni Culturali nella offerta

formativa degli atenei italiani e delle istituzioni accreditate.

Page 79: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

79

ELEMENTAL AND ISOTOPIC CHARACTERIZATION OF WAR RESIDEUS DATING

BACK TO THE FIRST WORLD WAR

Veronica Ros 1, Vittoria Laterza

2,3, Clara Turetta

4, Jacopo Gabrieli

4, Warren Cairns

4,

Eleonora Balliana 1, Carlo Baroni

3, Aldino Bondesan

2, Carlo Barbante

1,4

1Department of Environmental Sciences, Informatics and Statistics, University Ca’ Foscari of

Venice, Via Torino 155/b, 30175 Mestre (VE), 2Geography Department, University of Padua

3Earth Science Department, University of Pisa

4Institute for the Dynamics of the Environmental Processes – National Research

Council (IDPA-CNR), Venice

[email protected]

A comparison of the elemental and isotopic composition of bullets and projectiles from old conflicts

could give useful information for forensic science and archaeometry.

Projectiles, bullets, cartridge cases and Pb artillery shots, dated back to the First World War, were

analysed by inductively coupled plasma quadrupole mass spectrometry equipped with an octopole

reaction system (ORS-ICP-QMS) to determine both the trace elemental composition and the Pb

isotope ratios. Multivariate statistical analysis techniques were applied to the dataset to evaluate the

different origins and characteristic of the war residues.

The core of rifle bullets of Italian and Austro-Hungarian origin is characterized by high levels of Li,

Sr, Cd, Ga and Ba compared to Russian, German and British bullets which all show higher

concentrations of Ag and Mo. The origin of the bullet cores cannot be discriminated through the

study of Pb isotopic ratios, while the external jacketing of Italian and Austro-Hungarian samples are

well discriminated. This could mean that while the bullet cores were made using seized or salvaged

war materials, the external jacket, which represents the most important part of a bullet, is principally

made higher quality materials using non re-cycled metal from definite sources. Moreover, the

external armoured jacket is different depending on the weapon type and is nation specific.

Similarly, the Pb isotope ratios of Italian and Austrian artillery lead shots (shrapnels) differ

significantly, allowing a good discrimination between these two groups.

The elemental and isotopic characterization of bullets and projectiles dating back to the First War

World provides important information on the allocation of war materials in terms of country of

provenance, production period and weapon typology.

Page 80: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

80

IL RUOLO DEGLI INQUINANTI AMBIENTALI SUL DEGRADO DELLE VERNICI

PITTORICHE DI DIPINTI CONSERVATI IN CORNICI MICROCLIMATICHE

Francesca Di Girolamo1, Ilaria Bonduce

1, Maria Perla Colombini

1, Terje Grøntoft

2,

Susana Lopez-Aparicio2, Marianne Odlyha

3, Mikkel Sharff

4

1

Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, Università di Pisa, via Risorgimento 35, 56126

Pisa 2 Norwegian Institute for Air Research (NILU), P.O.box 100, NO-2027 Kjeller, Norway.

3 Birkbeck College, Malet St. Bloomsbury, London WC1E 7HX, UK

4 Danish School of Conservation, Royal Danish Academy of fine arts (RDAFA.SC), Esplanaden 34,

DK 1263 Copenhagen K, Denmark

[email protected]

Per valutare lo stato di conservazione di dipinti conservati in cornici microclimatiche in ambienti

museali, durante le fasi di immagazzinamento ed esposizione, è stato effettuato uno studio

dell’azione degradante degli inquinanti presenti in ambienti chiusi sulle vernici pittoriche a base di

mastice e dammar. Dammar e mastice sono due resine comunemente usate per la preparazione delle

vernici pittoriche, e rappresentano la prima barriera protettiva che il dipinto espone all’ambiente

circostante. All’interno del progetto EC PROPAINT e EC MEMORI è stato studiato l’effetto degli

inquinanti inorganici (NO2 and O3) e organici ( acido acetico e formico) su stesure di riferimento di

vernici pittoriche, utilizzando tecniche basate su spettrometria di massa, come GC-MS, ESI-MS e

SIMS insieme ad analisi termoanalitiche. Campioni di resina mastice, dammar, dammar e Tinuvin

292 sono stati sottoposti ad invecchiamento artificiale con differenti livelli di inquinanti e in seguito

analizzati. I risultati dimostrano che è possibile stabilire una relazione tra la dose di inquinante e i

fenomeni di degrado per ossidazione e cross-linking delle resine. Gli acidi organici hanno un potere

ossidante comparabile a quello di NO2 e O3. Gli studi inoltre hanno dimostrato che le cornici

microclimatiche utilizzate per la protezione dei dipinti, non sempre rappresentano il miglior metodo

di prevenzione del degrado delle vernici pittoriche, a causa del possibile intrappolamento di acidi

organici volatili emessi dal legno della cornice stessa e dal pannello di supporto. L’obiettivo

principale di questo studio è duplice: da un lato capire come ridurre gli effetti degli acidi organici

volatili, per migliorare l’effetto protettivo delle cornici microclimatiche, dall’altro stabilire dei

livelli di tollerabilità basati sull’assenza di effetti di degrado (No Observable Adverse Effects

Levels, NOAELS) e di ridotto effetto di degrado (Lowest Observable Adverse Effects Levels,

LOAELS), al fine di fornire ai conservatori uno strumento utile per la definizione di efficaci

protocolli di conservazione preventiva per i dipinti conservati in ambienti museali.

Page 81: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

81

APPLICAZIONE DELLA HPLC-HR-TOF-MS ALL’ANALISI DI PIGMENTI ORGANICI

NATURALI IN MANUFATTI ARTISTICI

Susanna Marras1, Giulio Pojana

2, Renzo Ganzerla

1, Antonio Marcomini

3, Eligio Sebastiani

4

1 Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi, Università Ca’ Foscari Venezia, Calle Larga

S. Marta 2137, 30123, Venezia, 2 Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali, Università Ca’ Foscari Venezia, Malcanton Marcorà,

Dorsoduro 3484/D, 30123, Venezia 3Dipartimento di Scienze Ambientali Informatica e Statistica, Università Ca’ Foscari Venezia,

Calle Larga S. Marta 2137, 30123, Venezia 4 SRA Instruments S.p.A., Cernusco sul Naviglio, Milano

[email protected]

L’analisi di lacche e coloranti organici rappresenta una sfida nel campo della diagnostica dei beni

culturali per via delle difficoltà intrinseche che la loro identificazione in matrici complesse implica.

In questo studio si riporta l'applicazione della Cromatrografia Liquida ad Alte Prestazioni

accoppiata a Spettrometria di Massa a Tempo di Volo ad Alta Risoluzione (HPLC-HR-TOF-MS)

alla identificazione e caratterizzazio-ne dei pigmenti organici naturali tradizionalmente impiegati

dagli artisti dall'antichità fino ai primi decenni del XX secolo. L'obiettivo principale è lo sviluppo di

un approccio innovativo da utilizzare per l’analisi di routine di coloranti naturali presenti in

manufatti pittorici.

La combinazione di una efficiente procedura di estrazione dei coloranti da framenti microscopici di

dipinto, seguita da una separazione cromatografica accoppiata all’elevata risoluzione dello

spettrometro di massa impiegato, permettono di ottenere la selettività e la sensibilità richieste per

tale obiettivo. L’approccio analitico prevede tre fasi operative: 1) la preparazione delle lacche

secondo antichi trattati e ricettari e la realizzazione con esse di modelli da sottoporre ad

invecchiamento artificiale; 2) lo sviluppo della metodologia analitica sulla base dei materiali di

riferimento ottenuti; 3) la validazione del metodo sviluppato mediante sua applicazione a campioni

reali di varie epoche e provenienza.

Parallelamente si eseguirà una completa caratterizzazione delle lacche mediante tecniche

spettroscopiche (Spettroscopia FTIR, spettrofotometria UV-Visibile, colorimetria) con conseguente

creazione di un database completo di spettri di riferimento. Qui viene presentato lo stato dell'arte, i

risultati ottenuti finora e le prospettive di sviluppo futuro di questa attività.

Page 82: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

82

CHIMICA E GNOMONICA

Sergio D’Amico

Via Cremona, 13, 73100 – Lecce

[email protected]

Nella presente comunicazione si affrontano le problematiche relative alle analisi diagnostiche da

effettuarsi su quadranti solari (meglio noti come “Meridiane”), in vista di successivi interventi,

mirati alla datazione, al restauro, ed al ripristino di questa peculiare tipologia di manufatti.

Che risultano essere, allo stesso tempo, opere d’arte, espressioni della cultura di una popolazione e

strumenti scientifici, dedicati alla misurazione del tempo, ed allo studio dei fenomeni astronomici

legati al moto apparente del Sole sulla volta celeste.

Dopo un’introduzione sulle caratteristiche dei diversi modelli di quadranti solari – fissi e portatili -,

e sui rispettivi principi di funzionamento, si mettono in evidenza gli elementi di criticità legati alla

particolare natura di questi oggetti. Che richiedono competenze interdisciplinari, comprendenti

nozioni di Astronomia, Chimica, Fisica e Tecniche di restauro.

Dopo aver elencato le caratteristiche che devono avere le metodologie di analisi, datazione e

diagnostica dei quadranti solari, si affronta una breve descrizione dei più utilizzati, fra i suddetti

procedimenti (Fluorescenza a raggi X, Riflettografia multispettrale, Termografia infrarossa).

Infine, si descrive un originale modello di quadrante solare, progettato e realizzato da due docenti

universitari di Chimica, che incorpora numerosi elementi e simboli di questa scienza.

Page 83: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

83

Poster “Ambiente”

Page 84: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

84

AMB01

IL PEPERONE (Capsicum annuum L.) COME ACCUMULATORE AMBIENTALE

Grazia Accoto, Eustachio Acito, Giuseppe Anzilotta, Dominga Bochicchio, Antonio Mastore,

Vittoria Nola, Alessandro Pipino, Achille Palma.

Metapontum Agrobios s.s. Jonica 106 km 448.2, 75014 Metaponto (Matera)

[email protected]

Il comprensorio lucano della Val d’Agri Camastra Alto Sauro da più di 15 anni è interessato da

coltivazioni petrolifere. Dal 2001 sono in corso, nell’area, attività di monitoraggio ambientale,

finanziate dalla Regione Basilicata, basate su rilevamenti tradizionali di inquinanti dell’aria, suolo,

acqua e sottosuolo in accordo alla legislazione nazionale e comunitaria. Contemporaneamente, vista

l’unicità dell’area oggetto di studio, sono stati realizzati studi innovativi per lo studio della

distribuzione ambientale degli inquinanti. In particolare, dal 2008 è attiva una rete di studio

approfondito sull’ accumulo di Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), Idrocarburi Volatili (VOC),

e Policlorobifenili (PCB) nella classe di alimenti vegetali non sottoposti a trasformazione prodotti

direttamente da privati o da aziende agricole situate intorno dell’area industriale di Viggiano sede

dell’impianto di trattamento del petrolio greggio estratto dai pozzi situati nell’area (Centro Olii).

Il regolamento CE N.1881/2006 del 19 dicembre 2006 definisce i tenori massimi di alcuni

contaminanti nei prodotti alimentari, soprattutto quelli con elevato contenuto di materiale

idrofobico. Tale regolamento tiene conto di alcuni tra gli inquinanti più diffusi come i più volte

citati PCB, IPA e alcuni metalli pesanti.

Tuttavia studi approfonditi hanno dimostrato che il benzo[a]pirene (l’unico IPA citato dal

regolamento) contribuisce solo per 10-20% nel contenuto totale di IPA e altri composti aromatici

possono essere presenti nell’ambiente generati da processi di combustione incompleta o da reazioni

che avvengono nell’atmosfera. Nel 2008, il gruppo di esperti sui contaminanti nella catena

alimentare dell’EFSA (CONTAM Panel) ha concluso che tra gli IPA studiati la somma del

contenuto di otto IPA (PAH8) è attualmente l’unico possibile indicatori del potenziale cancerogeno

degli IPA negli alimenti. Molto più scarsi gli studi sulla distribuzione di VOC e PCB su alimenti

vegetali. Tra gli alimenti di origine vegetale campionati, particolarmente interessanti sono stati i

risultati analitici ottenuti dai peperoni coltivati nella zona ed essiccati all’aria aperta nel periodo

estivo dagli abitanti del posto.

È noto che gli organismi superiori offrono notevoli possibilità come indicatori ambientali; infatti i

muschi e licheni da anni sono impiegati nel biomonitoraggio di metalli pesanti presenti nell'aria .

Nel presente lavoro vengono presentati alcuni risultati della distribuzione analitica di IPA VOC e

PCB nel peperone. Tra alimenti vegetali assunti direttamente dall’uomo e analizzati nella zona

oggetto di studio, il peperone essiccato, a differenza del prodotto appena raccolto, ha presentato

valori di PAH8, PCB e VOC, normalizzati al peso secco, significativamente superiori ai valori medi

riscontrati nelle altre matrici vegetali (cavoli, broccoli, mele, uva, drupe di olive, frumento e miele).

Tale andamento è risultato fortemente correlato con le precipitazioni atmosferiche del periodo di

esposizione.

Page 85: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

85

AMB02

BIOMONITORAGGIO DEL CROMO ESAVALENTE MEDIANTE L’USO DELLA

SCORZA DI LECCIO (QUERCUS ILEX L. )

Marco Anselmo1, Vincenzo Minganti

1, Giuliana Drava

1, Rodolfo De Pellegrini

1, Paolo Modenesi

2

1Dipartimento di Farmacia, Università degli Studi di Genova, Viale Cembrano 4, 16148 Genova

2DipTeRis, Polo Botanico “Hanbury”, Università degli Studi di Genova, Corso Dogali 1 M, 16126

Genova

[email protected]

Alcuni lavori in letteratura hanno messo in evidenza come si possa utilizzare la scorza, il

rivestimento sugheroso del corpo secondario di una pianta legnosa, per stimare la presenza di

Cr(VI) nell’atmosfera. In questo lavoro è stata utilizzata la scorza prelevata da porzioni di rami di

leccio (Quercus ilex L.) in modo da avere informazioni oltre che sulle concentrazioni anche sulle

loro variazioni temporali. E’, infatti, possibile stimare l’età delle porzioni di ramo in base alla

posizione delle vecchie cicatrici delle gemme terminali, retrocedendo da quella apicale dell’ultimo

anno. I campioni sono stati raccolti tra i comuni di Cogoleto e Arenzano (Genova) in una zona dove

ha operato la “Luigi Stoppani S.p.A.”, azienda che produceva principalmente composti del cromo

esavalente: cromato e bicromato di sodio e di potassio, e acido cromico. Tale ditta ha operato tra

l’inizio del secolo scorso e il 2003, e attualmente il sito è sottoposto ad operazioni di bonifica. Le

concentrazioni di Cr(VI) sono state misurate mediante spettrofotometria di assorbimento atomico

con atomizzazione elettrotermica secondo un metodo derivato da Panichev e coll. [1]. La

determinazione del cromo esavalente è resa possibile grazie alla solubilità dei suoi composti

nell’ambiente alcalino in cui è eseguita l’estrazione dei campioni, mentre in tale ambiente sono

scarsamente solubili i composti di cromo trivalente [2]. Per verificare l’accuratezza del metodo sono

state fatte estrazioni su campioni con aggiunte di Cr(VI), ottenendo un recupero del 102±16 %

(n=9); è stato inoltre analizzato un campione certificato (RTC SQC-012 Chromium VI in soil)

ottenendo un ottimo accordo con il valore certificato (recupero 96±4 %, n=9). Campioni di scorza

sono stati prelevati da porzioni di rami che rappresentano la crescita degli ultimi dieci anni circa. Le

concentrazioni di Cr(VI) misurate sono in linea con i pochi valori riportati in letteratura sia per zone

contaminate (impianto di produzione acciaio al cromo) sia per zone di controllo [1,3]. Le

concentrazioni medie diminuiscono in maniera netta all’aumentare della distanza dal sito “Luigi

Stoppani S.p.A.”. Studiando le variazioni temporali si osserva in molti campioni un brusco calo

nelle concentrazioni, coincidente con la fine dell’attività dello stabilimento. Mentre esistono molte

misure sulle concentrazioni di Cr(VI) all’interno del sito industriale e nella zona di mare antistante,

esistono poche informazioni sulla distribuzione di tali composti nelle zone esterne alla fabbrica. Le

tecniche di biomonitoraggio descritte hanno dimostrato che possono essere utilizzate per questo tipo

d’indagini.

[1] N. Panichev, K.L. Mandiwana, T. Resane, P. Ngobeni. J. Hazard. Mater. B137 (2006) 1241-

1245.

[2] K. Furtmann, D. Seifert. Fresenius J. Anal. Chem. 338 (1990) 73-74.

[3] N. Panichev, K.L. Mandiwana, H.N. Sedumedi, P. Ngobeni. J. Hazard. Mater. 172 (2009) 1686-

1689.

Page 86: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

86

AMB03

BIOACCUMULO E ANALISI DI “POLIBROMODIFENILETERI” IN MUSCHI E

LICHENI

Giuseppe Anzilotta1, Mosè Rosario Mauriello

1, Achille Palma

1, Tommaso Cataldi

2

1Metapontum Agrobios, S.S. Jonica 106, Km 448.2, 75010 Metaponto, Matera

2Centro Interdipartimentale SMART, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, Campus

Universitario, Via E. Orabona, 4 - 70126 Bari

[email protected]

I polibromodifenileteri (PBDEs) sono una classe di sostanze organiche polibromurate che da alcuni

decenni vengono largamente impiegate come ritardanti di fiamma (BFRs) in plastiche, rivestimenti

e materiali elettronici per ridurre l’infiammabilità del materiale stesso. Tali molecole interagiscono

con i radicali che si formano in fase gassosa durante il processo di combustione decomponendosi a

una temperatura inferiore a quella di degradazione del polimero. Sono una famiglia di 209

congeneri, differenti per numero e posizione degli atomi di bromo sui due anelli aromatici; simili

per struttura e per proprietà ai PCBs e ai PBBs: sono piuttosto stabili e lipofili. Nell’ultimo

decennio le forti evidenze di pericolosità e di una diffusa presenza nell’ambiente e nell’uomo hanno

indotto alcuni organismi nazionali e sovranazionali a emanare specifiche norme volte a limitarne

l’uso (direttiva WEEE del 2003; messa al bando in Europa delle miscele penta-BDE e octa-BDE;

EPA (PBDEs) Project Plan;). I modelli spaziali di deposizione atmosferica dei PBDEs

nell’ambiente terrestre possono essere studiati analizzando campioni di muschio e di licheni. I

muschi forniscono informazioni complementari ai tradizionali campionatori passivi, inoltre,

possono essere particolarmente suscettibili ai PBDEs ad elevato peso molecolare adsorbiti sul

particolato atmosferico per i quali le tecniche di campionamento passivo dell’aria non sono adatte.

Scopo di questo studio è stato quello di verificare i livelli di concentrazione di PBDEs, in alcuni

vegetali bioaccumulatori autoctoni (muschi della specie “Bryum sp” e licheni della specie “Xanthoria

parietina”) nell’area industriale “La Martella” di Matera e in aree incontaminate, nonché testare la

migliore risposta da parte delle matrici utilizzate al fine di selezionare il migliore “biomonitor”. Le

principali attività individuate nell’area di studio come potenziali sorgenti di PBDEs sono quelle

legate alla produzione di mobili imbottiti, di quadri elettrici e allo smaltimento di rifiuti.

L’estrazione dei campioni è stata effettuata con solvente pressurizzato (PLE), la purificazione su

colonna multistrato di silice acida e basica e l’analisi strumentale con gascromatografia accoppiata a

un analizzatore di massa a triplo quadrupolo. La modalità scelta per l’acquisizione degli spettri di

massa è il “monitoraggio di reazioni multiple” (MRM), ottimizzata sia nella scelta delle reazioni in

fase gas da seguire sia nei valori di energia di collisione. La metodologia di analisi quantitativa

adoperata è nota come “diluizione isotopica” che consiste nel quantificare gli analiti di interesse

rispetto agli analoghi composti marcati al C aggiunti inizialmente al campione. Il confronto dei dati

ottenuti con quanto riportato in letteratura evidenzia che i livelli ambientali misurati di PBDEs sono

i più alti, fin’ora registrati, per queste matrici vegetali. Il sistema accoppiato GC-MS con rivelatore

a triplo quadrupolo si è dimostrato un valido strumento di controllo dei microinquinanti organici

persistenti (sensibilità nell’ordine del picogrammo e precisione, rappresentata dal CV% < 30 %).

L’indagine ha previsto, tra l’altro, un confronto sperimentale tra le matrici utilizzate definendo il

muschio come migliore organismo bioaccumulatore di PBDEs rispetto al lichene.

Page 87: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

87

AMB04

INFLUENZA DI ZEOLITITE A CHABASITE SUL RILASCIO DI FOSFORO DA CENERI

D’OSSA ANIMALI CON FINI AGRONOMICI

Luisa Barbieri 2, Isabella Lancellotti

2, Elio Passaglia

1, Tanya Toschi

2

1Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Modena e Reggio Emilia

2Dipartimento di Ingegneria dei Materiali e dell’Ambiente,

Università di Modena e Reggio Emilia

[email protected]; [email protected]

L’uso dei tradizionali fertilizzanti non è garante assoluto di un corretto e bilanciato nutrimento dei

terreni; non solo il tanto ingente, quanto sconsiderato, impiego di questi si rivela spesso inefficace

ma persino promotore di impatti su ogni matrice ambientale.

Il D. Lgs. n. 75 del 2010 indica azoto, potassio e fosforo quali elementi nutritivi principali per le

colture. Di questi tre, quello di più difficile somministrazione ai terreni è certamente l’ultimo:

nonostante il fosforo possa presentarsi legato a diverse specie nei suoli, i suoi composti non sono

tutti ugualmente solubili (solubilità delle specie nutritive è sinonimo di assimilabilità per le piante);

nella fattispecie, i fosfati solubili H2PO4- sussistono nel terreno solo qualora esso abbia pH neutro.

Pertanto, causa la limitata stabilità del P solubile e la ridotta esigenza delle piante dell’elemento

(rispetto ad N e K) è inefficace somministrarne al suolo smisurate quantità.

Dunque, per un corretto apporto di fosforo, che esuli dalle inquinanti pratiche di concimazione

massiva, una strada percorribile consiste nei sistemi di fertilizzazione a rilascio graduale, quali i

substrati zeoponici: miscele a base di zeolititi (rocce con contenuto in zeolite maggiore del 50%) e

fonti fosfatiche; questi suoli sintetici, frequentemente a base di zeolititi a clinoptilolite od a

phillipsite ed apatite (quale fonte di P) furono ampiamente studiati, tanto da delineare una loro

tendenza comune: nei substrati zeoponici le zeolititi, in virtù della loro elevata capacità di scambio

cationico, ovvero accettando gli ioni Ca2+

derivanti dall’esigua dissoluzione dei fosfati di calcio

propri dell’apatite, enfatizzavano e sollecitavano la dissociazione della roccia fosfatica.

Nel presente lavoro ci si è proposti di analizzare un substrato zeoponico “alternativo”, ottenuto

dalla compresenza di zeolitite a chabasite, molto diffusa in Italia, e ceneri fosfatiche, rifiuto del

processo di gassificazione di farine animali. I risultati emersi a conclusione dell’attività hanno

sottolineato una cessione di fosforo solubile più graduale e maggiore ad opera del substrato

zeoponico, rispetto alla sola cenere d’ossa; si è inoltre riscontrato che la dissoluzione del fosforo

cresce all’aumentare del rapporto massa zeolitite/massa cenere. Qualora la zeolitite sia stata

preventivamente arricchita in ammonio viene ulteriormente favorito lo scambio cationico Ca/NH4 e

di conseguenza aumenta la solubilizzazione del fosforo.

Page 88: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

88

AMB05

VALUTAZIONI SU COMPONENTI ORGANICHE E SECONDARIE IN UN SITO DI

BACKGROUND DEL CARSO TRIESTINO

Arianna Tolloi1, Giulia Ghirardello

1, Michele Romeo

1, Sabina Licen

1, Andrea Piazzalunga

2,

Sergio Cozzutto3, Paolo Plossi

4, Pierluigi Barbieri

1,3

1. Università di Trieste – DSCF, Via Giorgieri, 1 34127 Trieste

2. Università di Milano Bicocca - DISAT - piazza della Scienza, n. 1, 20126 Milano

3. ARCo Solutions srl spin off dell’Univesità di Trieste, Via Giorgieri, 1 34127 Trieste

4. Provincia di Trieste, Via Via S. Anastasio n. 3, 34132 Trieste

[email protected]

Studi su processi di contaminazione atmosferica a scala regionale si basano generalmente su

simulazioni modellistiche, che debbono essere validati con monitoraggi sperimentali,

preferibimente in siti non condizionati da hot spot. A questo fine si è predisposta una stazione di

campionamento per aerosol nel sito extraurbano/rurale di Borgo Grotta Gigante in provincia di

Trieste. Nel sito, accanto alla rilevazione di dati meteorologici, si campiona, con campionatore ad

alto volume, PM10 sul quale vengono misurati OC/EC, specie ioniche, traccianti di combustione di

biomasse e composti biogenici. Tali misure possono corroborare quelle prodotte dalla rete

istituzionale, aggiornata secondo le indicazioni del D.Lgs. 155/2010. Le evidenze sperimentali sono

confrontate con stime modellistiche sulle concentrazioni di aerosol e gas biogenici, rappresentative

di aree relativamente estese, anche al fine di valutare il peso di componenti biogeniche sui valori di

PM10 nel territorio giuliano.

L’integrazione di dati desunti dalla sperimentazione analitica e da approcci computazionali per la

valutazione di un sito di background mirano a evidenziare realisticamente lo stato della conoscenza

dei processi ambientali coinvolti nella generazione dell’aerosol, al fine di rafforzare il supporto

scientifico alla gestione del territorio.

Page 89: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

89

AMB06

STUDIO DELLA CORROSIONE ATMOSFERICA DEL COR-TEN ATTRAVERSO

ESPOSIZIONI IN CAMPO ED INVECCHIAMENTI ACCELERATI

Elena Bernardi1, Cristina Chiavari

2, Carla Martini

3, Ivano Vassura

1,4, Fabrizio Passarini

1,4,

Antonio Motori5, Maria Chiara Bignozzi

5

1

Dipartimento di Chimica Industriale e dei Materiali

2 C.I.R.I. Meccanica Avanzata e Materiali

3 Dipartimento di Scienza dei Metalli, Elettrochimica e Tecniche Chimiche

4 C.I.R.I. Energia e Ambiente

5 Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e dei Materiali

Università di Bologna, Via Risorgimento 4, 40136 Bologna

[email protected]

Il Cor-Ten, un acciaio basso legato con Cr, Cu, Ni e P come principali elementi di lega, vive oggi

in Europa un periodo di grande popolarità ed è scelto sempre più frequentemente per la

realizzazione di opere artistiche, architettoniche ed infrastrutturali di ampie dimensioni ed a diretto

contatto con recettori ambientali. Questo materiale, oltre che per le caratteristiche cromatiche e la

resistenza meccanica, è particolarmente apprezzato per la capacità di autoproteggersi dalla

corrosione, mediante la formazione di una patina superficiale aderente e protettiva. Tuttavia, le

condizioni ambientali (umidità, presenza di inquinanti, …) e di esposizione (geometria,

orientazione, …) giocano un ruolo fondamentale nel determinare le prestazioni della patina ed

anche il Cor-Ten, come ogni altro materiale esposto all’aperto, è soggetto ad un processo corrosivo

ed al rilascio di metalli nell’ambiente. Nel caso del Cor-Ten tale rilascio è evidente dalle colature

brune visibili, ad esempio, sui basamenti delle sculture. L’entità dei diversi metalli rilasciati dipende

dunque da vari fattori: contenuto e caratteristiche dei metalli costituenti la lega, protettività/stabilità

della patina formatasi, condizioni ambientali e struttura dell’opera.

Il presente lavoro si concentra sul comportamento a corrosione del Cor-Ten esposto sia in

condizioni riparate (con elevata umidità o ristagni di pioggia) che in condizioni di run-off. Tali

condizioni sono riprodotte sia mediante test di invecchiamento accelerati che prove di esposizione

naturale. Queste ultime sono in corso in un ambiente urbano costiero (Rimini), vicino a una stazione

di monitoraggio in cui vengono periodicamente monitorati parametri microclimatici, inquinanti

gassosi e deposizioni atmosferiche. L'influenza di diverse condizioni di finitura superficiale

utilizzate in architettura/scultura è stata considerata testando campioni di Cor-Ten commerciale

nudo o pre-patinato, con o senza un rivestimento di cera d'api. Il comportamento a corrosione della

patina e la sua evoluzione sono stati studiati mediante misure elettrochimiche e analisi

microstrutturali. Parallelamente è stato seguito il rilascio di Fe, Cu, Cr, Mn e Ni nell’ambiente, in

funzione del tempo di esposizione.

I risultati ottenuti fino ad ora hanno mostrato che la pre-patinatura, con o senza ceratura, non

sembra determinare effetti benefici sulla corrosione ed hanno confermato il comportamento

insoddisfacente (con un conseguente rilascio di metalli superiore) dell’acciaio nudo in presenza di

ristagni, rispetto alle condizioni di run-off.

Page 90: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

90

AMB07

UN PRECURSORE DI AL-MCM-41 NELLA

RIMOZIONE DI NITRATI E DI ACIDI ALOACETICI DALLE ACQUE

Rosa Maria De Carlo1, Maria Concetta Bruzzoniti

1, Corrado Sarzanini

1, Dario Caldarola

2,

Barbara Onida2

1Dipartimento di Chimica, Università di Torino, Via P. Giuria 5, 10125 Torino, email:

2 Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia, CR-INSTM for Materials with Controlled

Porosity, Politecnico di Torino, Corso Duca degli Abruzzi 24, 10129 Torino

[email protected]

La presenza di nitrati nelle acque sotterranee è origine di preoccupazione per la possibile

contaminazione delle fonti di approvvigionamento delle acque successivamente destinate all’uso

umano. Inoltre, la formazione di acidi aloacetici (HAA), quali sottoprodotti dei processi di

disinfezione con cloro e possibili cancerogeni per l’uomo, è tuttora una problematica tossicologica

ed ambientale rilevante.

In questo studio vengono presentati i risultati relativi alla valutazione dell’affinità degli ioni NO3- e

dei 5 HAA normati dall’EPA per un precursore dell’ Al-MCM-41 (materiale allumino-silicato

mesostrutturato esagonale). Il materiale, caratterizzato mediante tecniche chimico-fisiche, è stato

successivamente testato per l’adsorbimento degli inquinanti in oggetto da campioni simulati di

acqua potabile, valutando le rese di recupero mediante cromatografia ionica. E’ stata inoltre studiata

l’eventuale interferenza degli ioni comunemente presenti nelle acque potabili sul recupero delle

specie. L’affinità mostrata dall’adsorbente nei confronti degli HAA è risultata essere

TCAA=DBAA=DCAA>MBAA>MCAA con una completa ritenzione di DCAA, DBAA e TCAA a

livelli di concentrazione di 7-25 ppm. Si è inoltre riscontrata, anche per lo ione nitrato, una elevata

affinità dell’adsorbente (rimozione del 77% a concentrazioni di 13 mg/L). Lo studio delle isoterme

e delle cinetiche di adsorbimento dello ione nitrato e del MCAA (scelto come molecola sonda), è

stato condotto applicando i dati sperimentali ottenuti a tre modelli di adsorbimento (isoterme di

Langmuir, Freundlich e Temkin) e a tre modelli di cinetica delle reazioni di adsorbimento (pseudo-

primo ordine, pseudo-secondo ordine ed Elovich). E’ risultato che le isoterme di adsorbimento sono

descrivibili dall’equazione di Freundlich, mentre la cinetica di adsorbimento segue un meccanismo

di pseudo-secondo ordine. Alla luce dei risultati di affinità ottenuti, è stato ipotizzato un

meccanismo di interazione adsorbente-inquinanti di scambio ionico, confermato dalle cinetiche di

adsorbimento di pseudo-secondo ordine che controllano i meccanismi di scambio ionico [1-3].

Legenda:

MCAA: acido monocloroacetico; MBAA: acido monobromoacetico; DCAA: acido dicloroacetico;

DBAA: acido dibromoacetico; TCAA: acido tricloroacetico

1. Lei LC, Li XJ, Zhang XW Sep Purif Technol 58 (2008) 359-366

2. Zheng H, Han LJ, Ma HW, Zheng Y, Zhang HM, Liu DH, Liang SP J Hazard Mater 158 (2008)

577-584

3. Zhu WL, Cui LH, Ouyang Y, Long CF, Tang XD Pedosphere 21 (2011) 454-463.

Page 91: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

91

AMB08

TEMPORAL AND SPATIAL ACTIVE MOSS BIOMONITORING APPLIED TO URBAN

AREA OF TARANTO

Micaela Buonocore, Nicola Cardellicchio , Antonella Di Leo

CNR- Istituto per l’Ambiente Marino Costiero Via Roma 3, 74123 Taranto

[email protected]

The urban atmosphere is subjected to large inputs of anthropogenic contaminants produced by both

stationary sources (power plants, industries and residential heating) and mobile sources related to

traffic. Trace elements are widely dispersed in the environment and their interactions with different

natural components result in toxic effects on the biosphere. The transport and mobilization of trace

elements have already attracted much attention. Most trace elements in terrestrial ecosystems

originate from atmospheric wet and dry deposition. From a biogeochemical perspective, the

characterization of atmospheric deposition is relevant in order to identify the variability and sources

of the atmospheric pollutants. The extensively employed direct collection of atmospheric deposition

using bulk sampling devices offers a practical approach for monitoring deposition of atmospheric

heavy metal and other elements on the surface environment. However, studies on atmospheric

contamination have frequently been limited by the high cost of classical analytical methods and

difficulties in carrying out extensive monitoring in time and space. There has been increasing

interest in the use of indirect monitoring methods, such as the use of organisms that act as

bioaccumulators. Many studies have demonstrated the ability of moss to absorb and accumulate

atmospheric pollutants in tissue. In urban areas, where mosses are often scarce or even absent, the

‘‘bags technique’’ (active biomonitoring) has been initiated and developed with the aim of spatial

and/or temporal assessment of contaminant deposition in highly polluted areas. In this work, active

moss biomonitoring using the species bags Hypnum cupressiforme was used to examine trace

element atmospheric deposition in the urban area of Taranto. Five moss transplants were deployed

on monitoring stations located at representative urban sites. After exposure for about a month, the

samples were analyzed for 12 elements (Cd, Cr, Ni, Cu, Mn, Pd, Hg, V, As, Fe, Al and Mn) using

ICP –MS technique. The monitoring was repeated from 2006 for three years (2007 and 2008),

considering the same seasonal weather conditions. Based on the results obtained the sampling

variability is discussed in relation to the analytical variability, and the relative uptake of the

different elements is assessed. Significant accumulation of most elements occurred in the exposed

moss bags compared with the initial moss content. Correlations between the elements were also

discussed. The deposition pattern was in some cases modified by a series of natural factors, like the

main direction of winds or away from industrial sites. The deposition patterns of Cd, Cr, Ni, Cu,

Mn, Pd, Hg, V, As, Fe, Al and Mn are substantially influenced by long-range transport; for V, Ni,

Pb, and Cd the deposition patterns are largely determined by contributions from refinery processes

while for As and Mn from iron and steel factory. The moss-bags using Hypnum cupressiforme

demonstrate a high or a very high relative uptake for a majority of the 12 investigated elements, but

the values depend on the initial element concentration in the moss. The obtained data is also

compared with PM10 values. Contributions to the trace element concentrations in moss from

sources other than atmospheric deposition are identified and discussed.

Page 92: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

92

AMB09

VALUTAZIONE DEL RISCHIO ASSOCIATO AL CONSUMO DI MITILI ALLEVATI

NEL MAR PICCOLO E NEL MAR GRANDE DI TARANTO

Cristina Annicchiarico1, Giorgio Assennato

3, Fabrizio Basile

2, Nicola Cardellicchio

1,

Giacomo Castellano2, Michele Conversano

2, Antonella Di Leo

1, Santina Giandomenico

1,

Walter Martinelli2, Lucia Spada

1, Nicola Ungaro

3

1CNR – Istituto per l’Ambiente Marino Costiero – Unità Operativa di Taranto, via Roma 3, 74123

Taranto. 2Azienda Unità Sanitaria Locale TA - Dipartimento di Prevenzione, C.da Rondinella, c/o Ospedale

Testa, 74123 Taranto. 3 ARPA – Puglia,

Corso Trieste 27, 70126 Bari

[email protected]

Nell’ambito del Piano Straordinario di monitoraggio, sorveglianza attiva e di campionamento

dell’ASL di Taranto per la valutazione e gestione del rischio associato alla contaminazione da

diossine, furani e policlorobifenili dioxin-like (PCB-DL) negli alimenti e allevamenti prodotti nel

raggio di 20 km dalle zone industriali di Taranto, da marzo 2011, è stata avviata un’indagine

approfondita sui mitili (Mytilus galloprovincialis) allevati nel Mar Piccolo (I e II Seno) e nel Mar

Grande di Taranto. In base al piano di monitoraggio, attualmente ancora in corso, effettuato con

campionamenti mensili, sono state individuate 57 stazioni di prelievo nel I Seno del Mar Piccolo e

34 nel II Seno e nel Mar Grande. A seguito dei risultati relativi ai mitili prelevati nel I Seno nel

mese di giugno 2011, risultati non conformi ai limiti imposti dal regolamento UE 1881/2006, per i

livelli di diossine, furani e PCB-DL, l’ASL-TA, con ordinanza del 22.7.2011, ha disposto il blocco

del prelievo e della movimentazione di tutti i molluschi bivalvi vivi presenti nel I° seno del Mar

Piccolo. Le analisi effettuate hanno mostrato, inoltre, che la contaminazione derivava

essenzialmente dalla presenza di PCB-DL. Nonostante i livelli di diossine, furani e PCB-DL dei

mitili sono stati e continuano ad essere significativamente maggiori nel I Seno, le concentrazioni

riscontrate nelle altre aree di indagine, sebbene inferiori ai limiti di legge, sono comunque

preoccupanti. Il seguente studio ha avuto, pertanto, come obiettivo la valutazione del rischio per

l’uomo associato al consumo di mitili allevati, oltre che nel I Seno, anche nel II Seno del Mar

Piccolo e nel Mar Grande. A tale proposito è stato effettuato il calcolo della dose tollerabile

giornaliera (Tolerable Dietary Intake, TDI). Per dose o assunzione tollerabile si intende la quantità

di sostanza nociva che può essere assunta quotidianamente, senza che insorga un rischio rilevante

per la salute. La valutazione del rischio è stata effettuata prendendo in considerazione l’esposizione

per bambini e adulti, con riferimento al peso corporeo medio ed ai consumi alimentari medi italiani

e di una popolazione, come quella di Taranto, che consuma elevate quantità di prodotti ittici. I

risultati ottenuti hanno mostrato che, per forti consumatori, il TDI (pari a 1-4 pg TEQ/kg-peso

corporeo per giorno) è stato superato, per i bambini, in tutti i mesi di campionamento per i mitili del

I seno (range TDI 14-46.3 pgTEQ/Kg peso corporeo), del II seno del Mar Piccolo (range TDI 4.48-

15.90 pgTEQ/Kg peso corporeo) e del Mar Grande (5.90-15.85 pgTEQ/Kg peso corporeo). Per gli

adulti, il TDI è stato superato sempre nel I seno (range TDI 8-17.3 pgTEQ/Kg peso corporeo); nel II

seno del Mar Piccolo solo nel mese di luglio (TDI 5.96 pgTEQ/Kg peso corporeo) mentre nel Mar

Grande, è stato superato nel periodo compreso tra luglio e ottobre (range 4.51-5.94 pgTEQ/Kg peso

corporeo).

Page 93: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

93

AMB10

MODELLI QSAR PER LA TOSSICITA’ ACQUATICA DI TRIAZOLI E

BENZOTRIAZOLI: RISULTATI NELL’AMBITO DEL PROGETTO CADASTER

Stefano Cassani1, Simona Kovarich

1, Ester Papa

1, Parta Pratim Roy

1, Magnus Rahmberg

2,

Sara Nilsson 2

, Tomas Öberg 3

, Nina Jeliazkova 4, Nikolay Kochev

5, Ognyan Pukalov

5,

Paola Gramatica1

1QSAR Research Unit in Environmental Chemistry and Ecotoxicology, University of Insubria,

Varese, Italy, 2 Swedish Environmental Research Institute, Stockholm, Sweden,

3School of Natural Sciences, Linnaeus University, Kalmar, Sweden,

4IdeaConsult Ltd., Bulgaria,

5University of Plovdiv, Plovdiv, Bulgaria

[email protected]

Lo sviluppo e la validazione di modelli QSAR utilizzati come strumenti di supporto

nell’applicazione della regolamentazione EU-REACH, è uno dei temi del progetto europeo FP7

CADASTER (CAse studies on the Development and Application of in-Silico Techniques for

Environmental hazard and Risk assessment).

Questo poster riassume i modelli QSAR sviluppati dai diversi partner del progetto CADASTER per

lo studio della tossicità acquatica di triazoli e benzotriazoli (TAZ/BTAZs). Tali molecole sono

considerate inquinanti emergenti a causa della loro diffusione ambientale e della loro potenziale

tossicità. TAZ e BTAZs sono infatti largamente utilizzati in diversi processi industriali oltre che

impiegati come componenti di liquidi deghiaccianti, farmaci e pesticidi, e sono stati misurati in

concentrazioni rilevanti nell’ambiente soprattutto nel comparto acquatico (concentrazioni di mg/L,

misurate in corsi d’acqua in zone aeroportuali).

Gli endpoints presi in considerazione in questo studio sono relativi alla tossicità acuta acquatica

misurata in alghe (EC50 72h in Pseudokirchneriella subcapitata), crostacei (EC50 48h in Daphnia

magna), e pesci (LC50 96h in Onchorhynchus mykiss).

I modelli QSAR sono stati sviluppati mediante diversi approcci (Regressione lineare multipa MLR-

OLS e PLSR), a partire da descrittori molecolari teorici calcolati sia con il software commerciale

DRAGON, che con software gratuitamente disponibili nel web (PaDEL-Descriptor, CADASTER

online). I modelli proposti sono conformi ai principi OECD per la validazione dei modelli QSAR da

utilizzare in ambito regolatorio.

Tali modelli sono stati applicati per predire la tossicità acquatica di oltre 300 TAZ/BTAZs privi di

dato sperimentale (di cui 88 inclusi nella lista di pre-registrazione della European Chemical Agency

(ECHA)), dopo averne verificato l’applicabilità mediante analisi del dominio strutturale.

L’utilità dei modelli proposti è particolarmente rilevante nelle procedure di valutazione del rischio

chimico, sia per lo screening di molecole prioritarie che, in ambito REACH, per colmare la

mancanza di dati per molecole di interesse quali quelle già incluse nella lista di pre-registrazione

dell’ECHA.

Page 94: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

94

AMB11

NANOSTRUCTURED TIO2 BASED COATINGS FOR PROTECTION AND SELF-

CLEANING OF COMPACT AND POROUS STONES

A. Pagliarulo,1 F. Petronella,

1, A.Calia

2, M. Lettieri

2, D.Colangiuli

2, A. Agostiano,

1,3 M. L. Curri,

3

R. Comparelli3

1Università degli Studi di Bari – Dipartimento di Chimica, Via Orabona 4, 70126, Bari

2 CNR-IBAM, Prov.le Lecce Monteroni, 73100 Lecce

3CNR-IPCF, c/o Dipartimento di Chimica, Via Orabona 4, 70126, Bari

[email protected]

Nanostructured TiO2 exhibits enhanced photocatalytic activity leading to the degradation of a wide

range of organic pollutants resulting in self-cleaning effect. The deposition of TiO2 nanocrystalline

(NCs) coatings on stone was investigated in order to provide surface protection and self-cleaning

properties. Hydrophobic TiO2 NCs were prepared by colloidal chemistry routes and characterized

by Scanning and Transmission Electron Microscopy (SEM and TEM).

The selected substrates for NC deposition were calcarenite and limestone, as example of porous and

compact stone, respectively. Different techniques have been investigated for coating preparation

namely casting, dipping and spray coating.

The morphological and physical properties of both coated and uncoated stones were investigated by

contact angle measurements, colorimetry and environmental-SEM.

The degradation of a selected organic dye has been used to test the self-cleaning properties of the

NC coated surfaces under solar irradiation.

The obtained results point out that such TiO2 NC coatings offer at the same time the opportunity,

increasing surface hydrophobicity, to prevent the stone from water absorption and to convey self-

cleaning properties, leaving unaltered the original colour and appearance of the stones.

Acknowledgment

This work was partially supported by Apulia Region Funded Projects PS_083 within the Scientific

Research Framework Program 2006

Page 95: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

95

AMB12

SUSTAINABILITY ASSESSMENT OF SOCIETY AND TRADITIONAL AGRICULTURE

IN LADAKH (INDIA) BASED ON EMERGY EVALUATION.

Federico M. Pulselli1, Luca Coscieme

1, Vladimiro Pelliciardi

2, Francesca Rossetti

1

1Dept. of Chemistry, University of Siena, Via A. Moro 2, 53100 Siena, ITALY

2CIRPS, University of Rome “La Sapienza”, Piazza San Pietro in Vincoli 10, 00184 Roma, ITALY.

[email protected]

Energy drives all processes of nature (and human society), but it has been noted that different kinds

of energy have different quality and ability to do work (Odum, 1971). To give a measure of this

difference in energy quality, emergy has been introduced to express the quantity of solar energy

required, directly or indirectly to generate a flow or storage (Odum, 1996). Emergy evaluation is an

environmental accounting methodology based on energy transformation in the biosphere.

We present the results of the emergy evaluation of the socio-economic system and traditional

agriculture in Ladakh, a region of West Himalaya (India), ranging from 2300 m to 7672 m a.s.l. The

area, classified as “high cold desert”, is poor in natural resources and for centuries the population

has led a self-reliant existence, mainly based upon subsistence agriculture and (marginal) trade with

Tibet, central Asia, and the Indian plain. Local traditional agriculture, still the backbone of regional

economy, is governed by seasonal cycles and supported by the careful management of local scarce

resources. A picture of this system is presented along with the Unit Emergy Value calculation of

some of the main products, namely barley, wheat, peas, mustard and fodder. At the regional level,

population growth, the development of tourism, and the progressive openness to external resources

are the characteristics of the current development trend, especially in the city of Leh. These steps

towards modernization (e.g. infrastructural development or agriculture mechanization) are

encouraged for economic purposes; however, they may also bring about unsustainable behavior in

the use of resources and land, and a loss of traditional knowledge and environmental wisdom.

Emergy evaluation highlights some peculiarities of the area and the crucial role of environmental

resources involved in local processes and activities. The main points are: irrigation with melted

water from glaciers, soil properties and their conservation, and an increasing dependence of the

socio-economic system on flows of goods from the outside. The method gives the opportunity to

systematically monitor the area, and helps to design future perspectives and identify possible threats

of developmental dynamics.

References

Odum HT., 1971. Environment, Power and Society. John Wiley, New York, USA.

Odum HT., 1996. Environmental accounting. Emergy and environmental decision making. John

Wiley & Sons, New York, USA.

Page 96: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

96

AMB13

EVALUATING ENVIRONMENTAL PERFORMANCES OF BUILDING ENVELOPES:

THE CASE OF VERTICAL GREENERY SYSTEMS.

Riccardo M. Pulselli, Fabiana Morandi, Luca Coscieme, Nicoletta Patrizi, Simone Bastianoni

Dept. of Chemistry, University of Siena, Via A. Moro 2, 53100 Siena

[email protected]

Vertical Greenery Systems (VGS) is a vertical structure to be anchored on a building facade

composed of plants fixed on felt layers that allow for a hydroponic culture (without substrate).

A research project, namely GREENED, is aimed at investigating potential environmental impacts

and benefits due to the application of VGS on building facades. A Life Cycle Assessment and an

eMergy evaluation were performed for measuring ipotential inputs due to the manufacturing and

maintenance of a VGS based on different categories such as, among others: abiotic depletion (AD);

acidification potential (AP); eutrophication potential (EP); global warming potential (GWP); human

toxicity potential (HTP); ozone layer depletion potential (ODP).

Environmental costs were then compared with potential benefits in terms of energy saving due to

the augmented thermal performances registered during the operational time of the VGS.

In particular, the present study accounted for environmental resource use in the following phases: a)

manufacturing of structural elements (materials and components, including plants); b) maintenance

(including materials lifetime and the use of water, fertilizers and electricity); c) use (concerning the

saved quantity of electricity for cooling and natural gas for heating).

Page 97: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

97

AMB14

SPERIMENTAZIONE DI NUOVI BIOSAGGI PER LE INDAGINI

ECOTOSSICOLOGICHE:

IL TEST DI SPERMIOTOSSICITÀ CON SEME CRIOPRESERVATO

A. Fabbrocini1, R. D’Adamo

1 F. Del Prete

3, A. L. Langellotti

3, F. Rinna

3, R. Sessa

2,

F. Silvestri3, G. Villani

2, V. Vitiello

2 and G. Sansone

2,3

1Istituto di Scienze Marine - UOS Lesina, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Italy 2Dip. delle Scienze Biologiche, Università degli Studi di Napoli Federico II, Italy

3CRIAcq, Università degli Studi di Napoli Federico II, Italy

[email protected]

I saggi ecotossicologici con gameti ed embrioni di organismi acquatici sono comunemente

impiegati nei programmi di monitoraggio ambientale, grazie alla relativa facilità di esecuzione dei

test ed alla loro elevata sensibilità. D’altra parte, il loro utilizzo spesso strettamente dipendente dalla

stagione riproduttiva, la elevata variabilità biologica e la difficoltà nello stabulare i riproduttori o

trasferirli in base alle necessità restringono fortemente il numero di specie da poter inserire nelle

batterie di test.

Nell’ambito delle ricerche tese alla messa a punto di nuovi biosaggi, gli autori hanno sperimentato

un approccio innovativo: l’utilizzo di gameti criopreservati quale sistema biologico test. La

criopreservazione di gameti ed embrioni di specie acquatiche è infatti una biotecnologia ormai

ampiamente affermata, che permette di ottenere “on demand” gameti ed embrioni di elevata ed

omogenea qualità, potenzialmente utilizzabili non solo a fini acquacolturali, ma anche in campo

ecotossicologico. Per la messa a punto di questo CRYO-ecotest sperimentale è stato utilizzato il

seme dell’orata S. aurata, una specie eurialina diffusa e comunemente allevata nell’area

Mediterranea, per la quale la fisiologia della motilità spermatica è stata ampiamente studiata e

protocolli per la crioconservazione del seme sono disponibili ormai da diversi anni. Il seme

criopreservato è stato scongelato ed immediatamente incubato sia in tossici di riferimento (metalli

pesanti, IPA, pesticidi) che in matrici ambientali (sedimenti, percolati); al termine del periodo di

incubazione i parametri di motilità sono stati valutati mediante videomicroscopia o sistema

computerizzato (SCA – Sperm Class Anayzer®). La sensibilità del sistema biologico “seme

criopreservato” e la riproducibilità del CRYO-ecotest sono stati valutati e confrontati con quelli

relativi a seme fresco di numerose specie acquatiche.

Il CRYO-ecotest è risultato essere rapido e di facile esecuzione; il seme criopreservato può essere

facilmente trasportato e conservato anche per periodi relativamente lunghi, rendendo possibile

condurre saggi indipendentemente dalla stagione riproduttiva, con la possibilità di utilizzare in

luoghi o in momenti diversi lo stesso batch di seme. Inoltre, l’end point sperimentato non richiede

elevate quantità di matrice da testare e soprattutto non prevede l’utilizzo di stadi larvali o di

giovanili, aspetto questo molto importante per la scelta dei biosaggi con vertebrati da inserire nelle

batterie di test.

In conclusione, considerato l’elevato numero di specie acquatiche (sia invertebrati che vertebrati)

per le quali esistono protocolli di criopreservazione di gameti ed embrioni ormai standardizzati, il

CRYO-ecotest mostra notevoli potenzialità come punto di partenza per la messa a punto di biosaggi

“universali”, ovvero estremamente versatili, da poter essere ottimizzati di volta in volta in base alle

specifiche caratteristiche ecologiche ed ambientali dell’area da monitorare.

Page 98: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

98

AMB15

L’ANGUILLA (ANGUILLA ANGUILLA) COME INDICATORE DI INQUINAMENTO

NELLE LAGUNE COSTIERE DEL MEDITERRANEO

A. Specchiulli1, M. Renzi

2, C. Manzo

1, L. Cilenti

1, T. Scirocco

1, R. D’Adamo

1

1Istituto di Scienze Marine - UOS Lesina, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Italy

2Department of Environmental Science, University of Siena, Via Mattioli 4, 53100 Siena, Italy

[email protected]

L’anguilla europea è ampiamente usata come biomonitor nelle lagune costiere per la sua capacità di

accumulare contaminanti durante la sua lunga vita, per i suoi bassi tassi di espulsione, per il suo

comportamento ecologico e tolleranza ad alti livelli di inquinamento. In tale studio viene valutata la

bontà dell’anguilla come bioindicatore di inquinamento in due lagune italiane (Orbetello e Varano).

Campioni di sedimento superficiale e tessuti (fegato e muscolo) di anguille argentine, provenienti

da catture commerciali, sono stati raccolti con lo scopo di determinare il contenuto degli inquinanti

(organici ed inorganici), di valutare l’arricchimento nei tessuti e di correlare tali livelli alla

potenziale differente pressione umana. Per valutare l’accumulo di contaminanti legato alle attività

umane sono stati calcolati i fattori di arricchimento biologico (BEF), mentre l’analisi multivariata è

stata usata per confrontare la pressione antropica sui due ecosistemi e l’influenza delle sorgenti di

scarico. I risultati evidenziano una differenza significativa tra le lagune di Orbetello e Varano per

ciò che riguarda i contaminanti organici nei sedimenti, con valori medi largamente più alti nella

laguna di Orbetello. Stesso risultato è stato riscontrato dalle analisi dei tessuti delle anguille,

evidenziando la presenza di un importante fonte locale di tale contaminazione ad Orbetello rispetto

a Varano. In relazione agli inquinanti inorganici, arricchimenti significativi di alcuni elementi in

traccia (per es. Zn e Cu) sono stati ritrovati in entrambi le lagune, con valori di BEF sensibilmente

più alti nella laguna di Orbetello. In conclusione, i risultati ottenuti in questo studio confermano che

l’anguilla europea rappresenta un buon indicatore della qualità delle lagune costiere. Sebbene la

laguna di Varano risulti essere meno impattata da un punto di vista della qualità chimica rispetto ad

Orbetello, dai fattori di accumulo è stato possibile differenziare la pressione antropica (origine)

sulle due lagune. Nella laguna di Varano prevale l’inquinamento inorganico da elementi in traccia,

dovuto ad intense attività agricole nel bacino imbrifero, mentre nella laguna di Orbetello è maggiore

la biodisponibilità degli inquinanti organici, dovuti ad una maggiore industrializzazione ed

urbanizzazione dell’area.

Page 99: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

99

AMB16

RISULTATI DELL’ATTIVITA’ DI CONTROLLO DI ARPA PUGLIA SU DISCARICHE

DEL TERRITORIO DELLA PROVINCIA DI TARANTO

Adele Dell’Erba1,*

, Adriana Primicino1, Maria Spartera

1, Massimo Blonda

2, Giorgio Assennato

2

1ARPA Puglia, Servizio Territoriale DAP Taranto, Contrada Rondinella, 74121 Taranto

2 ARPA Puglia, Corso Trieste 27, 70126 Bari

Tel:+39-099-9946331, E-mail: [email protected]

Nel presente lavoro si riportano gli esiti del monitoraggio effettuato da ARPA PUGLIA nel biennio

2009-2011 sul percolato e sulle acque di falda prelevate dai pozzi spia di due discariche (una in

esercizio e una in post-gestione) ubicate nel tarantino, autorizzate dalla Provincia di Taranto e

classificate in categoria ex 2B ai sensi della Delibera Comitato Interministeriale 27/07/1984.

Tali controlli sono previsti dall’art. 13 del D.Lgs. 36/03 in relazione alle fasi di gestione operativa e

post operativa delle discariche; in particolare, l’Allegato 1 al predetto decreto prevede la captazione,

raccolta e smaltimento del percolato e delle acque di discarica per tutto il tempo di vita

dell’impianto e, comunque, per un tempo non inferiore a 30 anni dalla data di chiusura definitiva.

Il punto 5.1 del citato Allegato 1 stabilisce che il controllo delle acque sotterranee venga espletato

individuando almeno un pozzo a monte idrogeologico e due a valle dell’impianto, indicando altresì

i parametri da monitorare e la frequenza delle misure.

La finalità del monitoraggio delle acque sotterranee è quella di rilevare tempestivamente eventuali

situazioni di inquinamento riconducibili alla discarica, al fine di adottare le necessarie misure

correttive.

Le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) per le acque sotterranee sono fissate dalla

Tabella 2 dell’Allegato 5, Titolo V, Parte IV del D.Lvo 152/06.

L’evidenza del nesso di causalità tra contaminazione e fonte-discarica si basa principalmente sul

confronto dei valori riscontrati nel pozzo a monte e nei pozzi a valle del sito, lungo la linea di

deflusso della falda.

Dai dati del monitoraggio dei pozzi spia presenti nelle due discariche campione emergono

superamenti delle CSC relative, in un caso, ai parametri solfati, piombo e nichel e, nell’altro, del

parametro fluoruri.

La valutazione finale dei risultati analitici per i siti in esame ha tenuto conto dell’ubicazione degli

stessi in area SIN (Sito di Interesse Nazionale) la cui caratterizzazione ha evidenziato una

contaminazione diffusa della falda da metalli pesanti e composti organici clorurati.

La caratterizzazione chimica del percolato di discarica, obbligatoria per il gestore ai fini della

classificazione del refluo per l’avvio agli impianti di destinazione finale, è stata utilizzata

dall’Agenzia per supportare l’ipotizzato nesso di causalità tra contaminazione della falda e

discarica.

Page 100: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

100

AMB17

IMPATTO DELLA SORGENTE “BIOMASS BURNING” SUI LIVELLI E

SULLA COMPOSIZIONE CHIMICA DEL PM

Paolo Rosario Dambruoso, Gianluigi de Gennaro, Alessia Di Gilio, Jolanda Palmisani, MariaTutino

Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Bari, via Orabona 4, 70126 Bari

[email protected]

Keywords: Biomass burning, caratterizzazione chimica, fattori di arricchimento, particolato

atmosferico, OPC, analizzatore di IPA in continuo.

Studi epidemiologici dimostrano che la combustione di biomassa determina l’emissione in

atmosfera di particelle fini e ultrafini in grado di raggiungere le vie aeree più profonde e di

determinare effetti negativi sulla salute umana [1]. La combustione degli scarti della potatura degli

alberi di ulivo è una pratica comune nelle aree rurali del Sud Italia; e la prossimità delle zone rurali

alle aree urbane determina una maggiore esposizione stagionale della popolazione agli inquinanti

atmosferici. Il presente lavoro si pone come principale obiettivo un’attenta valutazione dell’impatto

della sorgente emissiva “biomass burning” sui livelli e sulla composizione chimica del PM10.

Nell’ambito di due campagne di monitoraggio, ciascuna della durata di una settimana ed effettuate

in due anni distinti, sono stati collezionati campioni giornalieri di PM10 mediante l’ausilio di un

campionatore alto volume (Tisch Environmental). Nello specifico, nei primi tre giorni della

campagna settimanale sono stati raccolti campioni giornalieri di PM10 definiti ‘Bianco’ mentre nei

restanti tre giorni, sono stati raccolti campioni di PM10 caratterizzati dalla sorgente ‘biomass

burning’ inducendo appositamente la combustione controllata degli scarti di potatura per circa tre

ore al giorno. Durante la campagna di monitoraggio inoltre, un secondo campionatore alto volume è

stato utilizzato al fine di effettuare campionamenti di PM10 a pochi metri di distanza dall’incendio

ed esclusivamente nelle ore in cui si verificava la combustione degli scarti di potatura. Infine sono

state determinate la concentrazione numerica delle particelle e la concentrazione atmosferica totale

degli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) attraverso l’uso di un Contatore Ottico di Particelle

(OPC) e di un analizzatore di IPA (EcochemPas 2000), rispettivamente. La caratterizzazione

chimica dei campioni di PM10 è stata effettuata al fine di determinare quantitativamente gli ioni e

gli elementi presenti nella componente inorganica, gli IPA e la frazione carboniosa (OC, EC).

L’analisi preliminare dei dati sperimentali raccolti ha messo in evidenza l’importanza di alcuni

traccianti organici ed inorganici nell’interpretazione dell’influenza della sorgente emissiva

“biomass burning” sulle concentrazioni atmosferiche di PM10. Sono state osservate, infatti, elevate

concentrazioni atmosferiche di OC, EC, K, Pb e di benzo(a)antracene, benzo(a)pirene e

benzo(k)fluorantene. Saranno inoltre determinati i fattori di arricchimento (EF) relativi a ciascun

elemento e studiate le distribuzioni dimensionali delle particelle prodotte durante eventi di

combustione di biomassa.

Bibliografia

[1] Nadadur, S.S et al, Toxicol. Sci. 318-327, 100(2007).

Page 101: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

101

AMB18

CARATTERIZZAZIONE DEL PARTICOLATO ATMOSFERICO

MEDIANTE TECNICHE AD ALTA RISOLUZIONE TEMPORALE

Martino Amodio, Paolo Rosario Dambruoso, Gianluigi de Gennaro, Alessia Di Gilio

Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Bari, via Orabona 4, 70126 Bari

[email protected]

Keywords: caratterizzazione chimica, frazione ionica, PM2,5, tecniche ad alta risoluzione

temporale

Per valutare la qualità dell’aria ambiente, nel 2008 la comunità europea ha sancito la necessità della

speciazione chimica del particolato atmosferico (PM) in termini di frazione ionica e carbonio

organico ed elementare (2008/50/CE). Negli ultimi anni, infatti, un numero crescente di

pubblicazioni scientifiche ha dimostrato che la pericolosità del PM è correlata non soltanto alle

dimensioni delle particelle ma anche alla variabilità della sua composizione chimica ed in particolar

modo per quella che ne caratterizza la frazione più fine, in grado di raggiungere le vie aeree più

profonde e di determinare effetti negativi sulla salute [1].

Al fine di comprendere i processi di trasporto, di interazione tra gli inquinanti e di trasformazione

del PM, è stato sperimentato sul campo un Sistema Integrato costituito da una stazione di

monitoraggio del particolato atmosferico composta da un campionatore doppio canale SWAM, un

PBL Mixing monitor, un monitor OPC, un Fast Mobility Particles Size (FMPS) e un campionatore

Ambient Ion Monitor (AIM 9000D-URG). L’ FMPS permette di studiare i modi di nucleazione e

accumulazione delle particelle nel range di dimensioni comprese tra 5.6-560 nm mentre il

campionatore AIM 9000D è un sistema automatizzato che, direttamente in campo campiona sia il

gas che il particolato e determina la concentrazione oraria di anioni e cationi adsorbiti sul

particolato fine (cloruro, nitrito, nitrato, fosfato, solfato, sodio, ammonio, potassio, magnesio,

calcio) e dei loro precursori gassosi (acido cloridrico, acido nitrico, acido nitroso, anidride solforosa

ed ammoniaca) in atmosfera. L’analisi dei dati raccolti dal sistema integrato durante una campagna

di monitoraggio di un mese (1-31 Ottobre 2011) nel Campus Universitario di Bari, ha permesso di

osservare eventi emissivi limitati nel tempo e di breve durata, evidenziare il ruolo di eventi di

trasporto, l’impatto di sorgenti occasionali e la variazione temporale delle emissioni di importanti

sorgenti.

Bibliografia

[1] CA Pope et al., New Engl J Med 360:376-386 (2009)

Page 102: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

102

AMB19

METALS AND POLYCHLORINATED BIPHENYLS IN MEDITERRANEAN SEAFOOD

AND SURFACE SEDIMENTS, INTAKE EVALUATION AND RISK FOR CONSUMERS

Cristina Annicchiarico, Nicola Cardellicchio, Antonella Di Leo, Santina Giandomenico,

Lucia Spada

CNR – Istituto per l’Ambiente Marino Costiero – Unità Operativa di Taranto, via Roma 3, 74123

Taranto

[email protected]

The aim of this work was to determine the concentrations of metals (Al, Fe, Cd, Cu, As, Hg, Mn,

Ni, Pb, Sn, V, and Zn) and 32 polychlorinated biphenyls (PCBs) in the sediments, bivalve molluscs

(Mytilus galloprovincialis, Chlamys glabra) and gastropod molluscs (Hexaplex trunculus) collected

in 4 sites from first inlet of the Mar Piccolo of Taranto (Ionian sea, Italy) at March and July 2011, in

order to investigate contamination level and public health risks, associated with consuming seafood

harvested from these areas. Moreover the goal of this study was also to estimate the weekly intake,

in children and adults, and compare it with the Provisional Tolerable Weekly Intake (PTWI)

recommended by the European Food Safety Authority.

Concerning the sediments the highest levels of PCBs, Mn, V, Sn, Pb, Ni and As were found in the

stations 1 (located near to Military Navy Arsenal), in both sampling campaigns. In the organisms, in

both sampling campaigns, the highest Zn, Cd, Hg, Cu, As and PCBs concentrations were observed

in H. trunculus, while the highest Al, Fe and Mn levels were observed in C. glabra.

Concerning Hg no organisms collected in March and July exceeded the legal limits set by EU

Regulation n. 1881/06 (0.5 mg/kg w.w.), Pb levels only in station 1 at March in M.

galloprovincialis and C. glabra were above the legal limits of 1.5 mg/kg w.w. while Cd levels in

the stations 2, 3 and 4 at July in H. trunculus were above the legal limits of 1.0 mg/kg w.w.. The

non-dioxin-like PCBs levels (as sum of the six congeners: 28, 52, 101, 138, 153 and 180) in the H.

trunculus collected in all stations both March that July were above the legal limits of 75 ng/g w.w.

by EU Regulation n. 1259/11, while in M. galloprovincialis only at July in stations 2 and 3 the non-

dioxin-like PCBs levels were above the legal limits. As regards C. glabra, the non-dioxin-like

PCBs levels were under the legal limits in all station both March that July.

The estimated weekly intake of Hg, Cd and Pb calculated for adults, were always below the

established PTWI (4 µg/kg body weight for Hg, 7 µg/kg body weight for Cd and 25 µg/kg body

weight for Pb) for all sampled organisms in all stations both March that July. Instead in children the

estimated weekly intake of Cd were always above the established PTWI in the H. trunculus in all

stations in both sampling campaigns, also the estimated weekly intake of Hg were above the

established PTWI in the H. trunculus in all stations mostly at July. As regards, the estimated weekly

intake of ndl PCBs were always above the established PTWI (0.07-0.45 µg/kg body weight) for all

sampled organism both children that adult in all stations in both sampling campaigns. Thus, health

risks due to the dietary Hg, Cd, Pb and ndl PCBs intake for children especially cannot be excluded.

Page 103: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

103

AMB20

RISK CHARACTERIZATION FOR MERCURY, METHYLMERCURY AND

POLYCHLORINATED BIPHENYLS ASSOCIATED WITH FISH CONSUMPTION

Cristina Annicchiarico, Nicola Cardellicchio, Antonella Di Leo, Santina Giandomenico,

Lucia Spada.

CNR – Istituto per l’Ambiente Marino Costiero – Unità Operativa di Taranto, via Roma 3, 74123

Taranto

[email protected]

Contaminants in aquatic ecosystems, such as total mercury (THg), methylmercury (MeHg) and

polychlorinated biphenyls (PCBs), have become a matter of concern because of their toxicity and

tendency to accumulate in food chains. Fish are often located at the end of the aquatic food chain

and may accumulate these pollutants and pass them to human beings through food, causing chronic

or acute diseases. Fish consumption is the primary pathway of human exposure to THg, MeHg and

PCB. To safeguard public health, concentration standards in seafood for many of these pollutants

have been established in various countries. The European Community with Regulation No.

1881/2006 sets the maximum limit for THg in fish at 0.5 µg/g w.w. whereas the Regulation (EU)

No. 1259/2011 sets the maximum limit for non-dioxin-like PCBs (ndl PCBs) as sum of the six

congeners (PCB 28, 52, 101, 138, 153 and 180) at 75 ng/g w.w.. The aim of this work was to

determine the levels of THg, MeHg and non-dioxin-like PCBs (ndl PCB) in different species of fish

(Trachurus trachurus, Boops boops, Sarpa salpa and Gobius niger) collected from Mar Piccolo of

Taranto (Ionian Sea, Southern Italy), in order to investigate contamination level and public health

risks associated with consuming fish harvested from this area. Moreover the goal of this study was

also to estimate the weekly intake both in children that adults and compare it with the provisional

tolerable weekly intake (PTWI) recommended by the European Food Safety Autority (EFSA, 2004

and 2005).

Concerning THg no fish collected exceeded the legal limits set by EU Regulation n. 1881/2006 (0.5

mg/kg wet weight) while the ndl PCBs concentrations, in the Trachurus trachurus and Boops boops

were above the limit value of 75 ng/g wet weight by EU Regulation n. 1259/2011.

The estimated weekly intake of THg, calculated for children, only in the Trachurus trachurus

exceeded the PTWI (4 µg/kg body weight ) while the estimated weekly intake of MeHg exceeded

the PTWI (1.6 µg/kg body weight) both children that adult for the Trachurus trachurus and Boops

boops.

Instead, the estimated weekly intake of ndl PCBs were always above the established PTWI (0.07-

0.45 µg/kg body weight) for all sampled fish in children while in adults estimated weekly intake

were above the established PTWI only for Trachurus trachurus and Boops boops.

Page 104: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

104

AMB21

STUDIO DELLE ALTERAZIONI DEL FILM LACRIMALE IN POPOLAZIONE

ESPOSTA A PARTICOLATO ATMOSFERICO NELL’AREA URBANA DELLA CITTÀ

DI TARANTO

Geremia Oliva1, Francesco Perri

2, Maurizio Manigrasso

3, Claudio Vernale

3, Vincenzo Galasso

2,

Francesco Bailardi1, Antonia L. Pellegrini

2, Carlo Giannico

2, Pasquale Avino

3

1ASL TA/1, viale Virgilio 31 - 74100 Taranto

2INAIL ex-ISPESL, settore Ricerca, sex. Taranto, via D’Aquino 40 - 74100 Taranto

3INAIL ex-ISPESL, settore Ricerca, via Urbana 167 - 00184 Roma.

[email protected]

Recenti studi sugli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana hanno messo in

evidenza l’emergere di nuove patologie dovute agli inquinanti ambientali, specialmente nelle aree

urbane.

Tra i vari inquinanti atmosferici una particolare attenzione viene data al particolato per le sue

caratteristiche chimiche e fisiche: le particelle possono essere inalate e penetrare in profondità nel

sistema respiratorio. L’esposizione a questo inquinante, in particolare a particelle fini ed ultrafini

(<100 nm), può causare gravi danni alla salute umana.

Lo scopo di questo studio è quello di determinare se il particolato può essere in grado di alterare il

film lacrimale, una sottile pellicola trasparente che ricopre l’epitelio corneale e congiuntivale, che

ha funzioni lubrificanti, protettive, nutrizionali e antimicrobiche.

Le valutazioni sono state effettuate in una zona ad alta industrializzazione come la città di Taranto.

La ricerca è stata condotta su due gruppi di individui, il primo composto di residenti nella zona

urbana nei pressi del centro industriale, mentre il secondo è costituito da residenti in centro. Allo

stesso tempo abbiamo studiato il comportamento del particolato atmosferico.

Su una popolazione di 321 pazienti testati sono stati eseguiti diversi test (test di Schirmer, MA test e

prove ferning oculari): sono stati confrontati i risultati tra soggetti normali e patologici, utilizzando

anche un test di statistica.

Dall’analisi dei dati, si evidenzia una maggiore incidenza di alterazione del film lacrimale nei

pazienti selezionati per sesso ed età. In ogni caso, appare importante migliorare lo studio con

misurazioni oculari altri per approfondire i livelli dei danni oculari.

Page 105: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

105

AMB22

LA DETERMINAZIONE DEL CARBONIO IN ATMOSFERA –

CONFRONTO TRA DUE METODI DI MISURA

Angelika Hofer1, Andrea Piazzalunga

2, Paulo Tieppo

3, Gian Maria Formenton

3, Stefania

Squizzato1, Mauro Masiol

1, Silvia Ficotto

3, Paola Fermo

4, Giancarlo Rampazzo

1, Bruno Pavoni

1

1 Dip. di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica, Università Ca’ Foscari Venezia

Dipartimento di Scienze Ambientali, Università di Milano Bicocca, Piazza della Scienza 1,

20126 Milano 2 Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto, Dipartimento

Provinciale di Venezia, via Lissa 6, 30174 Venice – Mestre 3 Dipartimento di Chimica Inorganica Metallorganica e Analitica, Università degli Studi di

Milano

[email protected]

La componente carboniosa rappresenta una delle frazioni maggiori dei polveri sottili (PM2.5) in

atmosfera, soprattutto in prossimità di sorgenti antropiche come aggregati industriali e zone

urbane ad alto traffico veicolare, in quanto è in primis un prodotto della combustione di

carburanti. Oltre ad influenzare l’effetto serra e causare una riduzione della visibilità, il materiale

carbonaceo può provocare degli effetti negativi sulla salute umana [1]. Proprio per questo la

Direttiva Europea 2008/50/CE, ratificata in Italia con il decreto legislativo n. 155 del 13 agosto

2010, richiede le analisi del carbonio elementare (EC), generato soprattutto dalla combustione

incompleta di carburanti in ambienti poveri di ossigeno, e del carbonio organico (OC), il quale

invece può essere di origine sia primaria sia secondaria.

Tuttavia né la direttiva né il suo recepimento nazionale presentano un metodo analitico ufficiale

per la determinazione di questi parametri, nonostante la WHO solleciti una standardizzazione dei

vari metodi analitici in modo tale da poter confrontare i risultati ottenuti [1].

In questo lavoro sono stati messi a confronto i risultati ottenuti dalle analisi di filtri in fibra di

quarzo (Ø = 47 mm) campionati durante l’inverno 2008/2009 nella zona industriale di Venezia –

Mestre con un campionatore a basso volume (2.3 m3 h

-1). Le analisi sono state eseguite mediante

a) un analizzatore Shimadzu TOC-5000 accoppiato con SSM-5000A [2] e b) un Lab OC-EC

Aerosol Analyzer (Sunset Laboratory Inc., USA), metodo NIOSH [3]. Nonostante l’analizzatore

TOC sia utilizzato comunemente per analizzare il carbonio totale (TC) di campioni solidi come

sedimenti o rifiuti, i risultati mostrano che può essere una valida alternativa ad un OC-EC

Analyzer. I fattori di correlazione tra i due metodi presentano valori di 0.99, 0.79 e 0.95 per TC,

EC e OC, rispettivamente.

[1] WHO, 2012: Health effects of Black Carbon.

[2] Formenton G., Libralesso B. (2007): Caratterizzazione chimica del particolato atmosferico

di Venezia: la determinazione del carbonio. Il Bollettino 2-2007: 28-35

[3] Perrone M.R., Piazzalunga A., Prato M., Carofalo I. (2011): Composition of fine and coarse

particles in a coastal site of the central Mediterranean: Carbonaceous species contributions.

Atmospheric Environment 45: 7470-7477

Page 106: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

106

AMB23

SIMOULTANEOUS DETERMINATION OF CHLOROANILINES AND

CHLORONITROBENZENES IN DIFFERENT ENVIRONMENTAL WATERS

Roberto Lava1,2

, Luciana Menegus2, Giulio Pojana

1, Antonio Marcomini

1

1 Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica, Universitá Cá Foscari Calle Larga

S.Marta 2137, I-30123 Venezia 2 ARPAV – Agenzia Regionale di Protezione e Prevenzione Ambientale del Veneto, Via Lissa 6,

30171 Venezia Mestre

[email protected]

Chlorinated aromatic amines and chloronitrobenzenes are two classes of substances considered

harmful and dangerous because of their toxicity. They are classified as pollutants of main concern

for water resources by Italian environmental legislation

[1], according to the national

implementation of the EU Water Framework Directive [2]. A simple and efficient multiresidue

method for the screening and simultaneous detection of seven chloroanilines and five

chloronitrobenzenes, as pollutants of environmental waters, is described. The extraction is based on

solid phase extraction (SPE) followed by gas chromatography coupled with mass spectrometry

detection (GC-MS), without any derivatization. The first part of the study develops the best

analytical conditions to obtain an easy and quick, yet rugged, method to be applied in a

routine/control environmental laboratory. Moreover, investigations and considerations on different

extraction cartridges, on pH conditions and on the final elution step, were made. Afterwards, the

method was validated in terms of linearity, repeatability, recovery, breakthrough and LODs/LOQs

on spiked environmental samples. Finally, the analytical method for the selected compounds was

tested on different real environmental water samples such as ground water, surface water and waste

water collected over the 2007-2009 period in different areas of the Veneto Region.

References:

1. Decreto 14 Aprile 2009 n.56 del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del

Mare recante "Criteri tecnici per il monitoraggio dei corpi idrici e l'identificazione delle

condizioni di riferimento per la modifica delle norme tecniche del decreto legislativo 3

aprile 2006 .153" Gazzetta Ufficiale n.124 del 30/05/2009 S.O. n.83, Allegato I

2. Directive 2000/60/EC of the European Parliament and of the Council of 23 October 2000

establishing a "Framework for Community action in the field of water policy", Official

Journal, L 327; 22/12/2000: P. 0001-0073.

Page 107: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

107

AMB24

SEWAGE SLUDGE FROM URBAN WASTEWATER TREATMENT PLANT: ENERGY

RECOVERY AND ENVIRONMENTAL ASSESSMENT

Ivan Mangili

Dip. Scienze dell’Ambiente e del Territorio, Università di Milano-Bicocca, piazza della Scienza 1,

20126 Milano

[email protected]

Sludge is by far the largest in volume amongst the by-products of wastewater treatment, and its

processing methods and disposal techniques are nowadays a matter of great concern. Currently, the

known sludge disposal methods are recycling as fertilizer, landfilling and incineration. Sludge

incineration presents several advantages, including volume reduction, thermal destruction of toxic

organic constituents, and energy recovery1. Moreover, sewage sludge, being a biosolid, can be

considered a renewable energy source, alternative to fossil fuels2.

Technologies available for thermal processing of sewage sludge can be grouped into three

categories, i.e. mono-incineration, co-combustion, and other thermal processes (gasification,

pyrolysis, wet oxidation)3. Among mono-incineration technologies, fluidized bed incineration is

becoming more and more attractive in comparison to the conventional multiple hearth type.

An integrated process where sludge is dried before incineration is presented and discussed. In order

to treat the sludge effectively, the knowledge of the sludge characteristics is crucial: physico-

chemical parameters as moisture content, ash content, ultimate composition (C, H, O, S, N, Cl as

%w/w dw), higher heating value, were determined together with the content of heavy metals, total

organic carbon, Polycyclic Aromatic Hydrocarbons (PAHs), PolyChloroDibenzo-p-Dioxins

(PCDDs) and PolyChloroDibenzoFurans (PCDFs).

A thermodynamic model was developed to simulate the integrated process, including indirect

thermal drying and combustion4. The heat of the exhaust gases from the furnace is recovered in a

downstream boiler and used for sludge drying.

The application of the algorithm described made clear that the sludge has to be fed to the fluidized

bed furnace at an optimal solid concentration of 52%, high enough to carry out a self sustaining

combustion, without any need of auxiliary fuel.

The energy efficiency, evaluated according to the criteria of the European Directive 2008/98, might

be as high as 50%, depending on the electric energy consumption for the integrated plant.

1. D. Fytili, A. Zabaniotou, Renew. Sust. Energ. Rev., 2008, 12, 116-140J.

2. E. Cartmell, P. Gostelow, D. Riddell-Black, N. Simms, J. Oakey, J. Morris, P. Jeffrey, P.

Howsam, S. Pollard, Environ. Sci. Technol., 2006, 40, 649-658

3. Werther, T. Ogada, Prog. Energy Combust. Sci., 1999, 25, 55-116

4. Mininni, G. Incineration with Energy Recovery. In Sludge into Biosolids: Processing, Disposal,

Utilization; Spinosa, L., Vesiling, P. A., Eds.; IWA Publishing: London, 2001

Page 108: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

108

AMB25

PCDD/F NELLE MATERIE PRIME DI ORIGINE NATURALE:

IL CAOLINO LAZIALE

Silvia Mosca1, Ettore Guerriero

1, Simone Guidone

1, Mauro Rotatori

1,

Giuseppe Bonifazi2, Mauro Ferrini

2, Vincenzo Giancontieri

2, Andrea Manni

2

1 Istituto sull’Inquinamento

Atmosferico – CNR (CNR-IIA) – Via Salaria km 29,300 00015

Monterotondo (RM) 2

Dip. ICMA Università "La Sapienza" - Via Eudossiana 18, 00184 Roma;

[email protected]

Il caolino trova utilizzo in una vasta gamma di applicazioni come nell’industria delle ceramiche e

delle porcellane, nell'industria farmaceutica come eccipiente delle compresse, nell'industria della

carta e come additivo alimentare nei mangimi. Negli ultimi anni la quantità di diossine (PCDD/F)

contenuta in questo tipo di minerale ha creato seri problemi di contaminazione in diverse parti del

mondo. Ancora non è ben chiara l’origine (naturale o antropogenica) di questi microinquinanti.

Nella maggior parte dei dati disponibili in letteratura, l'analisi dei microinquinanti è stata effettuata

sulla roccia che contiene la mineralizzazione, senza differenziare le diverse componenti

mineralogiche. In questo lavoro, si è studiato il giacimento di caolino “primario” di Monte

Sughereto, in località Sasso di Furbara, posto nel comune di Cerveteri (RM) e rientrante nel

distretto vulcanico dei Monti Ceriti, in cui la caolinite si trova all’interno della trachite alterata per

l’azione di fluidi idrotermali.

I campioni (selezionati manualmente, e prelevati a due quote differenti del fronte della miniera)

sono stati macinati mediante un frantoio a mascelle e sottoposti ad un processo automatico di

attrizione al fine di liberare il caolino dalla matrice (ganga trachitica) e così generare due frazioni

meglio definite sia dal punto di vista mineralogico che granulometrico.

Lo scopo del lavoro è stato duplice: effettuare una valutazione multidisciplinare, chimica e geo-

ingegneristica, del materiale caolinico rispetto alla ganga trachitica ed una valutazione della

distribuzione di diossine sulle due componenti della roccia.

Sia sui campioni di caolino che di trachite sono presenti le diossine ed i furani ad elevato grado di

clorurazione (epta ed otta diossine e furani); in particolare si è potuto osservare una quantità

maggiore di diossine sul caolino rispetto alla corrispondente trachite. Inoltre, i campioni prelevati a

quota +20m rispetto al piano di cava risultano essere più contaminati.

Tali risultati aggiungono informazioni che contribuiranno a definire meglio sia il processo di

formazione dei microinquinanti organici sia il processo di formazione del giacimento minerario.

Bibliografia

Guerriero E., Pomponio S., Mosca S., Rotatori M., Bonifazi G., Giancontieri V., Manni A.,

Micropollutants in An Italian Kaolin: Assessment and Formation Proposal, Organohalogen

Compds. (2011) 73: 138-141

Barrese E., Della Ventura G., Di Sabatino B., Giampaolo C., Nuovi dati chimici sul deposito di

caolino di Monte Sughereto. Geologica Romana (1993) 29: 187-196

Page 109: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

109

AMB26

INDAGINE ELLISSOMETRICA DI FILM SOTTILI DI TiO2 PER L’OTTIMIZZAZIONE

DEI PROCESSI DI ABBATTIMENTO FOTOCATALITICO DI INQUINANTI

REFRATTARI

Giulia Marchetti, Marco Minella, Davide Vione, Claudio Minero, Valter Maurino

Dipartimento di Chimica, Università di Torino, Via Pietro Giuria 5, 10125 Torino,

[email protected]

L’inquinamento delle acque e dell’atmosfera è uno dei principali problemi della società

contemporanea. Per un efficace abbattimento di inquinanti refrattari sono state messe a punto

tecnologie avanzate di ossidazione (Advanced Oxidation Technologies, AOTs)7. Tra queste, la

fotocatalisi su semiconduttori è in grado di abbattere e mineralizzare la quasi totalità degli

inquinanti organici, promuovendone l’ossidazione a CO2, acqua e ioni inorganici, in condizioni di

reazione blande8.

Per la sua fotostabilità, atossicità, basso costo e buona fotoattività, il TiO2 policristallino, nella

fase anatasio, è il semiconduttore di maggior interesse. Tuttavia la resa quantica e la resa fotonica

dei fotoprocessi che avvengono negli ossidi semiconduttori è ancora piuttosto bassa. In questo

lavoro sono stati prodotti e studiati film sottili di biossido di titanio, variamente drogati. Le loro

proprietà ottiche sono state correlate con la loro attività fotocatalitica valutata monitorando la

degradazione di un inquinante standard (fenolo) sotto irraggiamento UV e visibile. L’indagine delle

proprietà ottiche dei film sintetizzati è stata condotta mediante ellissometria spettroscopica, una

tecnica di misurazione ottica che, studiando le proprietà di riflessione (o trasmissione) della luce da

parte di un campione, permette di ottenere le sue proprietà dielettriche (indice di rifrazione e

coefficiente di assorbimento) e strutturali (spessore e rugosità)9. I due tipi di drogaggio indagati

(con azoto e con cationi metallici) portano da un lato all’ottenimento di una riduzione del band gap

del semiconduttore e conseguente assorbimento nel visibile, dall’altro all’inserimento di difetti nel

reticolo cristallino che possono giocare un ruolo importante nella separazione e ricombinazione dei

portatori di carica fotogenerati10

.

Le risultanze sperimentali hanno evidenziato che: (i) nei film sottili prodotti è presente un

gradiente di proprietà ottiche in funzione dello spessore; (ii) la presenza di materia organica

scarsamente volatile, come un tensioattivo non ionico, migliora l’attività fotocatalitica dei film; (iii)

il drogaggio con azoto è efficace per ciò che riguarda l’attività nel visibile se il precursore organico

contiene un elevato rapporto N/C e una buona capacità complessante nei confronti del Ti(IV); (iv) il

drogaggio con cationi aliovalenti rispetto al Ti(IV) può condurre a buone fotoattività se il raggio

cristallografico del catione si adatta al reticolo cristallino dell’anatasio; (v) determinanti nel

controllo dell’attività fotocatalitica non sono solo le proprietà ottiche, ed in particolare il band gap,

ma anche e soprattutto la presenza di difetti cristallini.

7 M. I. Bitter, Introduction to Photochemical Advanced-Oxidation Processes for Water Treatment, 325-366 in

Handbook of Environmental Chemistry, Part M, 2005, Springer, Berlin. 8 E. Pelizzetti, V. Maurino, C. Minero, V. Carlin, E. Pramauro, O. Zerbinati, M.L. Tosato; Photocatalytic degradation of

atrazine and other s-triazine herbicide, Environ. Sci. Technol., 1990, 24, 1559. 9 H. Fujiwara; Spectroscopic Ellipsometry: Principles and applications, John Wiley & Sons, 2007.

10 M.K. Nowotny, L.R. Sheppard, T. Bak, J. Nowotny; Defect chemistry of titanium dioxide. Application of defect

engineering in processing of TiO2-based photocatalysts, J. Phys. Chem. C, 2008, 112, 5275.

Page 110: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

110

AMB27

IMPATTO DELLE COMBUSTIONI DOMESTICHE SULLA QUALITA’ DELL’ARIA

INDOOR

Eleonora Andriani, Paolo Rosario Dambruoso , Gianluigi de Gennaro,

Annamaria De Marinis Loiotile , Alessia Di Gilio, Valerio Di Palma, Annalisa Marzocca,

Antonio Mazzone, Jolanda Palmisani, Maria Tutino

Dipartimento di Chimica, Università di Bari, via Orabona, 4. 70126 Bari

[email protected]

E’ crescente l’interesse della comunità scientifica nei confronti dei fenomeni di inquinamento

indoor connessi alla combustione delle biomasse, come ad esempio l’utilizzo di stufe e caminetti,

in relazione anche alle nuove politiche energetiche che ne incentivano l’impiego.

Studi bibliografici (1) mostrano che la combustione di biomassa è responsabile di elevate emissioni

di particolato. La frazione più fine (diametro aerodinamico < 2.5 μm) può essere costituita da una

complessa miscela di composti di differente tossicità per l’uomo già individualmente considerati,

come gli idrocarburi policiclici aromatici, IPA, e i metalli pesanti (2). E’ opportuno ricordare che in

ambienti domestici vi sono anche altre attività di combustione che possono contribuire all’aumento

della concentrazione di detti inquinanti (cottura dei cibi, fumo di sigarette ecc…) (3).

Nello studio in oggetto è stato condotto un monitoraggio in abitazioni con caminetti di differente

tipologia (aperti, chiusi, termo camini). Le attività di campionamento sono state effettuate

utilizzando un campionatore sequenziale per la raccolta della frazione PM10 (campionamenti di 12

ore) e, al fine di comprendere l’evoluzione temporale dei diversi inquinanti in ciascuno stadio di

attività del caminetto, è stata utilizzata strumentazione ad alta definizione temporale: un

contaparticelle ottico multicanale per la caratterizzazione in tempo reale della distribuzione

granulometrica del materiale particellare aerodisperso ; un misuratore di particelle submicroniche

nel range di dimensioni comprese tra 6 nm e 0,5 μm in grado di fornire uno spettro dimensionale

delle particelle nel range indicato ; un analizzatore in continuo per la determinazione degli IPA

adsorbiti sulla superficie degli aerosol carboniosi; un detector a fotoionizzazione per la misura di

COV.

Analizzando gli andamenti dei parametri monitorati è stato possibile distinguere nella maggior parte

dei casi, i profili e i contributi delle sorgenti (caminetto, fumo di sigaretta, cottura cibi) nelle diverse

fasi e la loro variabilità nel tempo in dipendenza dalle condizioni ambientali e di esercizio.

Riferimenti bibliografici:

3) Energy and Fuels. Nussbaumer, T., 2003. 17 (6),1510–1521

4) ‘Europart’. Airborne particles in the indoor environment. A European interdisciplinary

review of scientific evidence on associations between exposure to particles in buildings and

health effects. T. Schneider, J. Sundel, W. Bischof, M. Bohgard, J. W. Cherrie, P. A.

Clausen1, S. Dreborg, J. Kildes, S. K. Kjærgaard, M. Løvik, P. Pasanen, K. Skyberg- Indoor

Air 2003; 13: 38–48

5) Size distribution and emission rate measurement of fine and ultrafine particle from indoor

human activities. Gehin, E., Ramalho, O., Kirchner, S. (2008).Atmospheric Environment,

42, 8341–8352.

Page 111: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

111

AMB28

RELAZIONE TRA LA CIRCOLAZIONE ATMOSFERICA E LE DISTRIBUZIONI

DIMENSIONALI DI ALCUNI ELEMENTI NELL’AEROSOL DI VENEZIA

Mauro Masiol1, Stefania Squizzato

1, Daniele Ceccato

2, Giancarlo Rampazzo

1, Bruno Pavoni

1

1 Dip. Scienze Ambientali, Informatica e Statistica, Università Ca’ Foscari Venezia, Dorsoduro

2137, 30123 Venezia. 2 Dip. Fisica e Astronomia “Galileo Galilei”, Università degli Studi di Padova, via Marzolo 8,

35131 Padova

[email protected]

Le particelle che compongono l’aerosol hanno differenti dimensioni, forme, composizione chimica

e giocano un ruolo diretto ed indiretto sul clima, influenzano la visibilità, possono subire reazioni

chimiche in atmosfera e possono causare effetti negativi per la salute dell’uomo. Inoltre, le

caratteristiche dimensionali e la composizione delle particelle sono strettamente relazionate alle

sorgenti di emissione e ai processi chimici in atmosfera che le generano.

Recentemente, alcuni studi condotti nell’area veneziana hanno permesso di individuare e

quantificare le sorgenti di emissione più importanti, mettendo in luce sia l’influenza dei fenomeni di

generazione locali che il ruolo dei trasporti esterni a scala continentale e regionale [1–4].

Questo contributo presenta i risultati preliminari di uno studio condotto in una stazione di fondo

semi-rurale dell’area veneziana utilizzando un impattatore multistadio per determinare le relazioni

tra la circolazione locale, il clima e la distribuzione dimensionale di alcuni elementi maggiori e

minori dell’aerosol. Un totale di 18 campioni sono stati raccolti usando un impattatore a 8 stadi I-1

(PIXE International Co., tagli aerodinamici a 16, 8, 4, 2, 1, 0.5, 0.25 μm), per un totale di 144

singole membrane. Ogni membrana, unitamente a bianchi campo e bianchi filtro, è stata analizzata

usando la tecnica PIXE presso i laboratori di Legnaro dell’INFN per la determinazione quantitativa

di 14 elementi (Na, Mg, Al, Si, K, Ca, Ti, V, Cr, Mn, Fe, Ni, Cu e Zn).

Gli elementi di origine tipicamente marina e di origine terrigena mostrano distribuzioni

dimensionali con mode generalmente supermicrometriche, mentre zolfo, potassio e alcuni elementi

associabili a sorgenti antropiche (Cr, Mn, Cu, Zn) presentano mode marcate nella regione

submicrometrica. Lo studio della distribuzione dimensionale degli elementi ha permesso di

ampliare la conoscenza delle caratteristiche chimico-fisiche dell’aerosol nell’area di studio e ha

fornito importanti indicazioni sui principali processi di emissione primaria e di formazione

secondaria. Lo studio di alcuni parametri micro-meteorologici, della circolazione atmosferica e dei

trasporti a lunga distanza ha permesso di approfondire l’origine dell’aerosol e i principali

meccanismi di generazione secondaria e di deplezione del cloro.

[1] Masiol M. et al., Chemosphere 80 (2010) 771

[2] Squizzato S. et al. J. Aerosol Sci. 46 (2012) 64

[3] Masiol M. et al., Atmos. Environ. 54 (2012) 127

[4] Masiol M. et al., Environ. Sci. Pollut. Res. (2012) in stampa

Page 112: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

112

AMB29

ANALISI MODELLISTICA DI SOURCE APPORTIONMENT PER IL BENZO(A)PIRENE

E GLI IPA TOTALI PRESSO LA POSTAZIONE DI MONITORAGGIO DELLA

QUALITA’ DELL’ARIA “VIA MACHIAVELLI”A TARANTO

Angela Morabito1, Roberto Giua

1, Stefano Spagnolo

1, Tiziano Pastore

1, Monica Bevere

1,

Ettore Valentini1, Giorgio Assennato

1 , Maria Grazia Morselli

2, Gianni Tinarelli

2

1 ARPA Puglia, Centro Regionale Aria

2 ARIANET , Milano

[email protected]

L’area tarantina, insieme alle problematiche ambientali comuni a tutte le aree urbane, presenta

un’elevata concentrazione di diverse tipologie di emissioni industriali che hanno provocato negli

anni alti livelli di concentrazione di inquinanti in aria ambiente con conseguenti gravi alterazioni

degli equilibri ambientali.

Il monitoraggio annuale del benzo(a)pirene (BaP) svolto sul PM10 in aria ambiente da ARPA

Puglia ha evidenziato negli anni 2009, 2010 e 2011 il superamento del valore obiettivo previsto dal

D.Lgs. 155/2010 presso la postazione di monitoraggio sita in via Machiavelli, a ridosso della zona

industriale.

Al fine di identificare la causa di tali superamenti è stata effettuata con l’ausilio di tecniche

modellistiche tridimensionali avanzate una valutazione quantitativa del contributo dei diversi

comparti emissivi alle concentrazioni di BaP e IPA totali previste in corrispondenza della centralina

Via Machiavelli.

E’ stata quindi condotta una simulazione annuale per l’anno 2009 del BaP e degli IPA totali con la

catena modellistica SWIFT-SURFPRO-SPRAY con una risoluzione target pari a 500m,

considerando come sorgenti emissive le convogliate industriali, le diffuse industriali, il porto ed il

traffico (limitatamente alle strade poste in prossimità di Via Machiavelli), stimate attraverso la

metodologia internazionale CORINAIR.

La meteorologia sull’area di studio è stata ricostruita con il codice meteorologico diagnostico

MINERVE a partire dalle previsioni meteorologiche tridimensionali elaborate con RAMS. La

ricostruzione dei parametri turbolenti è avvenuta con il modello micrometeorologico SURFPRO.

L’utilizzo del codice lagrangiano a particelle SPRAY ha permesso in modo rapido e naturale di

separare, identificare e calcolare l’apporto quantitativo di tali comparti all’interno delle matrici di

concentrazione relativamente alle sostanze inquinanti considerate. La metodologia messa a punto ha

consentito di identificare nelle emissioni diffuse della cokeria ILVA la causa dei superamenti per il

BaP presso la centralina Via Machiavelli.

Page 113: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

113

AMB30

STUDY OF THE INTERACTION OF POLYCYCLIC AROMATIC HYDROCARBONS

WITH THE OXYGENASE (PHNI) AND THEIR SELECTED MUTANTS

Vito Librando1,2

, Matteo Pappalardo1

1Dipartimento di Scienze Chimiche, Università di Catania, Viale A.Doria 6, 95125, Catania

2Research Center for Analysis, Monitoring and Minimization Methods of Environmental Risk,

Chemical Science Building, Viale A.Doria 6, 95125, Catania

[email protected]

The surrounding area of oil refinery is often contaminated by Polycyclic Aromatic Hydrocarbons

(PAH). Their low reactivity, poor water solubility, and high hazard for human health represent one

of the most challenging aspects in environmental chemistry. Recent approaches to PAH removal

involved the use of enzyme able to degrade their molecular structure, but at present real and

efficient solutions are not known. Recently some authors resolved structure of an enzyme with a

good PAH removal capability for low weight molecules. Here we want to study that oxygenase

(PhnI) with Molecular Dynamics (MD) and Docking calculation with the aim to point out new

mutants with high degrading capability. Molecular Dynamics (MD) simulation was employed to

optimize enzymatic geometry of the wild type enzyme and led us to the discovery of a network of

channel spanning inside the enzyme. Moreover docking calculation confirmed literature data, and

on these bases we generated six mutants of PhnI. The results indicate that the increase of the cavity

of the active site in the mutants, allows inserting of high molecular weight PAH. Besides, resolution

of Poisson-Boltzmann equation evidenced that a positive electrostatic potential on the active site

of mutants F350A increase significantly its docking score versus high molecular weight PAH.

Further studies are now in progress to increase in silico degrading efficiency for this enzyme, and

we are planning parallel laboratory experiments.

Page 114: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

114

AMB31

CARATTERIZZAZIONE DI SEDIMENTI DA DRAGAGGIO: VALUTAZIONE DELLA

MOBILITÀ DI INQUINANTI INORGANICI, E DEGLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO

DI SOIL WASHING.

Fabrizio Passarini,Claudio Corticelli, Ivano Vassura, Luciano Morselli

Dip. di Chimica Industriale e dei Materiali - Università di Bologna

[email protected]

Il problema della ricollocazione dei sedimenti da dragaggio dei porti è sempre più pressante poiché

i materiali di risulta sono volumetricamente consistenti, e le normative riguardanti il loro

smaltimento sempre più vincolanti, a causa delle maggiori attenzioni riguardanti l’ambiente e la sua

conservazione [1]. I sedimenti dragati sono spesso contaminati da inquinanti di diverso tipo,

distinguibili in due grandi macroaree: metalli pesanti e idrocarburi, derivanti da attività industriali

nelle aree portuali e dal transito di natanti.

Nell’ambito della caratterizzazione di fanghi da dragaggio portuali, ci si è occupati di valutare la

mobilità degli inquinanti inorganici in campioni contaminati prelevati dal porto canale di Ravenna.

Si è lavorato su sedimenti tal quali e sui prodotti trattati tramite separazione granulometrica.

Si è operato tramite l’utilizzo di due test di cessione, a pH controllato ed a percolazione, seguendo

le specifiche tecniche UNI CEN/TS 14997 [2] e UNI CEN/TS 14405 [3], per valutare la

lisciviabilità delle componenti inorganiche in processi analoghi a quelli che subiscono i sedimenti

una volta stoccati nell’ambiente. L’utilizzo di test di cessione permette di valutare l’effetto del

trattamento sulla mobilità degli inquinanti.

Questo tipo di caratterizzazione fornisce informazioni indirette sulla pericolosità dei materiali e

informazioni sui meccanismi di rilascio. Quindi l’utilizzo di test di cessione fornisce dati

complementari all’analisi del contenuto totale di inquinanti, che permettono di comprendere, oltre al

carico di contaminanti, la loro natura e la loro biodisponibilità, che può variare a seconda dello

scenario di ricollocazione.

La ripartizione degli inquinanti è influenzata notevolmente dalla distribuzione granulometrica,

infatti, in particolare per i campioni maggiormente contaminati, si riscontrano, a seguito della

separazione, concentrazioni circa 3 volte superiori nei sedimenti fini rispetto alle sabbie per i

seguenti analiti: Cr, Fe, Ni, Pb, Cu, Zn.

Questo studio preliminare, oltre a valutare la ripartizione dei contaminanti su base granulometrica,

mostra come la mobilità di molti metalli pesanti sia più elevata nella frazione fine separata rispetto

al sedimento tal quale, in particolare si è visto come il rilascio percentuale di Nichel e Zinco

incrementi in modo consistente (fino a quattro volte tanto) sul materiale trattato rispetto a quello di

partenza.

[1] Apat Icram, Manuale per la movimentazione di sedimenti marini, 2006.

[2] UNI CEN TS 14997, "Caratterizzazione dei rifiuti Prove di comportamento alla lisciviazione

Influenza del pH sulla lisciviazione con controllo continuo del pH”, 2007.

[3] UNI CEN TS 14405, "Caratterizzazione dei rifiuti Prove di comportamento alla lisciviazione

Prova di percolazione a flusso ascendente (nelle condizioni specificate)", 2004.

Page 115: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

115

AMB32

ANALISI DEI FLUSSI E DELLE RISERVE DI ALLUMINIO IN ITALIA MEDIANTE

MFA DINAMICA

Luca Ciacci, Fabrizio Passarini, Ivano Vassura, Luciano Morselli

Dipartimento di Chimica Industriale e dei Materiali & CIRI Energia e Ambiente, Università di

Bologna, Viale del Risorgimento 4, 40136, Bologna.

[email protected]

Lo sfruttamento su larga scala di miniere e giacimenti naturali determina la trasformazione di molte

risorse naturali in prodotti antropogenici. Nelle economie sviluppate, gli input di materiale superano

solitamente gli output, determinando un accumulo di risorse all’interno delle società umane.

L’analisi dei flussi di materia (Material Flow Analysis, MFA) è una metodologia che consente

l’identificazione e la quantificazione di flussi e riserve in uso. Nello studio un modello di MFA

dinamica è stato applicato per l’analisi dei flussi e delle riserve di alluminio in Italia per gli anni dal

1947 al 2009. Il modello elabora la struttura metodologica STAF (Stock And Flows Analysis)

sviluppato dal Center for Industrial Ecology (Yale University), che divide il ciclo di vita di un

metallo in quattro fasi principali: Produzione, Lavorazione e Fabbricazione, Uso e Gestione dei

rifiuti e Riciclo. Ciascuna di queste fasi è suddivisa nei singoli processi, che nel caso dell’alluminio

includono l’estrazione dei minerali (bauxite), raffinazione dell’allumina ed elettrolisi, forgiatura e

produzione di semi-lavorati (es. laminati, estrusi) e prodotti finiti, quindi raccolta e trattamento dei

rottami per la fusione secondaria.

L’MFA si basa sul principio di conservazione della massa, che ha richiesto un’estesa raccolta dati

riguardanti la produzione e il consumo di alluminio, inclusi i flussi recuperati, dissipati e depositati

nell’ambiente. Inoltre, il database United Nations Commodity Trade Statistics Database ha

permesso l’acquisizione delle informazioni riguardanti i flussi importati ed esportati di prodotti

contenenti alluminio. La stima del contenuto di metallo in ciascun prodotto è stata condotta da dati

riportati in letteratura, da industrie ed associazioni di categoria e, in alcuni casi, anche mediante

l’impiego di dati proxy.

Una considerazione a parte merita di essere fatta per la fase di Gestione dei rifiuti e Riciclo perché

permette la stima dell’alluminio recuperato dalla fase di Uso e, mediante un approccio “top-down”

la quantificazione del metallo presente nelle riserve in uso. Un aspetto chiave riguarda la

generazione di rottami dai settori di applicazione per prodotti finiti (edilizia e costruzioni, trasporto,

beni durevoli, imballaggi, applicazioni meccaniche ed elettriche, ecc.), aventi tempi di vita che

possono variare da qualche mese a diversi decenni. La stima della generazione di rottami e prodotti

obsoleti contenenti alluminio in uscita dalla fase di Uso è stata eseguita applicando un modello di

distribuzione statistica (normale) e conoscendo l’input per ciascun anno alla fase di Uso: il principio

di conservazione della massa è stato quindi applicato per il bilancio di flussi e riserve.

I risultati mostrano un rapido incremento per produzione, importazione netta e consumo di

alluminio, che causa una rapida accumulazione del metallo nelle riserve in uso. La stima cumulativa

di tali riserve ammonta a circa 20 Mt, circa 340 kg pro capite. La produzione media annuale

dell’ultimo decennio si attesta intorno a un milione di tonnellate di alluminio: dal confronto si

evince la potenzialità associata allo sfruttamento di queste riserve, con conseguenti vantaggi

ambientali in termini di consumo di risorse primarie e riduzione delle emissioni inquinanti.

Page 116: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

116

AMB33

COMPOSTI ORGANICI AD ALTO PESO MOLECOLARE COME VEICOLO DI

TRASPORTO PER I METALLI: IL RUOLO DEI COMPOSTI UMICI

Nicoletta Calace3, Lucia Caliandro

1, Luigi Campanella

1, Carlo Cremisini

2, Elisa Nardi

2,

Bianca Maria Petronio1, Massimiliana Pietrantonio

2, Marco Pietroletti

3

1Dipartimento di Chimica Università Sapienza,Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma

2 ENEA, PROT-CHIM, Via Anguillarese, 301- 00060 Roma

3 Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, via Curtatone 3, 00100 Roma

[email protected]

Il trasporto atmosferico a lungo raggio e la successiva deposizione a terra sono stati considerati

essere la via più importante per il trasferimento di sostanze inquinanti dai luoghi di origine in aree

remote. Per avere informazioni sul processo di trasferimento a terra di inquinanti adsorbiti sul

particolato e/o presenti nell’ areosol marino, negli ultimi decenni sono stati effettuati numerosi studi

su campioni di neve e ghiaccio provenienti da zone scarsamente popolate, in modo da rendere

trascurabile l’apporto antropogenico locale. Particolare attenzione è stata rivota alla determinazione

della concentrazione di metalli pesanti in Antartide sia nella neve che in carote di ghiaccio,

concentrandosi in particolare sui metalli i cui cicli sono stati fortemente modificati dalle attività

umane (Boutron e Görlach, 1990; G. Scarponi et al, 1997;. Wolff et al, 1999;. Planchon et al, 2000).

Scopo di tali ricerche è stato lo studio dell’andamento delle emissioni nel tempo, partendo dal

presupposto che, se l’efficienza delle deposizioni può essere considerata relativamente costante, le

variazioni delle concentrazioni degli analiti in esame possono essere messe in relazione con le

variazioni verificatesi a livello di “fonti” (Wolff et al., 1999).

Studi precedenti da noi effettuati (Calace et al., 2001; 2005a) sui composti umici presenti nelle nevi

dell’Antartide, hanno messo in evidenza l’origine marina di tali composti. Si può quindi supporre

che una parte dei composti chimici derivanti da attività naturali ed antropiche e presenti in aree

remote, trasportata “via aerosol marino” da composti organici ad alto peso molecolare, sia in effetti

legata agli acidi umici.

Lo scopo di questo studio è stato quindi quello di valutare il ruolo delle sostanze organiche ad alto

peso molecolare nel trasporto a lunga distanza dei metalli pesanti e di evidenziare in quest’ambito il

contributo derivante dalla presenza dei composti umici. Sono stati presi in esame campioni di neve

provenienti da una trincea scavata a Dome C (Antartide) prendendo in considerazione sia i soli

composti umici che l’insieme delle sostanze organiche ad alto peso molecolare. Quest’ultima

frazione è stata isolata mediante ultrafiltrazione su membrane da 500 Dalton, con una procedura

messa a punto nel nostro laboratorio. In questo modo sono stati recuperati anche i metalli

fortemente legati alla materia organica. La concentrazione di Cu, Zn Cd, Pb, As, U è stata

determinata mediante ICP-MS.

I risultati ottenuti mostrano per i metalli legati alla materia organica un andamento crescente: Cd ~

As << Pb < Cu. Va ricordato che i dati riportati si riferiscono alla sola quantità di metallo legato in

forma stabile alla materia organica ad elevato peso molecolare, inclusi i composti umici.

Gli andamenti delle concentrazioni nel tempo, ricavate dall’analisi dei diversi strati di neve della

trincea, variano con la natura del metallo. Particolarmente interessante è l’andamento della

concentrazione del piombo che mostra valori crescenti lungo la carota di ghiaccio, quindi un

decremento in tempi recenti, in accordo con i dati trovati da alcuni autori (Wolff and Suttie, 1994;

Scarponi et al., 1997). Un confronto tra i valori ottenuti mediante ultrafiltrazione ed i valori della

concentrazione totale dei metalli trovati da alcuni autori nella neve (Suttie and Wolff ,1992; Wolff

et al., 1999; Planchon et al., 2002) fa pensare che nella neve i metalli siano presenti

Page 117: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

117

prevalentemente sotto forma di complessi con sostanze organiche ad alto peso molecolare. Si può

inoltre ipotizzare che gran parte del materiale organico ad elevato peso molecolare sia costituito da

composti umici, dato che non si osservano variazioni nell’andamento delle concentrazioni dei

metalli se queste vengono riportate normalizzando i valori rispetto al contenuto di composti umici.

Questo fatto sottolinea il ruolo dei composti umici nel trasporto atmosferico a lunga distanza.

Boutron C.F., Görlach U., (1990). The occurrence of heavy metals in Anterctic and Greenland

ancient ice and recent snow. In: Metal speciation in the environment (J.A.C. Broekaert, C. Gücer, F.

Adams eds.). Berlin and Heidelberg: Springer Verlag, 137-151.

Görlach U., Boutron C.F., (1992). Change in heavy metals concentrations in Antarctic snow

from the 1940 to 1980. J. Atmos. Chem., 14, 205-222.

Scarponi G., Barbante C., Turetta C., Gambaro A., Cescon P., (1997). Chemical contamination of

Antarctic snow: the case of lead. Microchem. J., 55, 24-32.

Wolff E.W., Suttie E.D., Peel A.D., (1999). Antarctic snow record of cadmium, copper, and zinc

content during the twentieth century. Atmospheric Environ., 33, 1535-1541.

Planchon F.A.M., Boutron C.F., Barbante C., Cozzi G., Gaspari V., Wolff E.W., Ferrari C.P.,

Cescon P., (2002). Changes in heavy metals in Antarctic snow from Coats Land since the mid-19th

to the late-20th

century. Earth Planet. Sci. Lett. 200, 207-222.

Calace N., Petronio B.M., Cini R., Stortini A.M., Pampaloni B., Udisti R. (2001). Humic marine

matter and insoluble materials in Antarctic snow. Intern. J. Environ. Anal. Chem. 79, 331-348

Calace N., Cantafora E., Mirante S., Petronio B.M., Pietroletti M., (2005a). Transport and

modification of humic substances present in Antarctic snow and ancient ice. J. Environ Monitor, 7,

1320 – 1327.

Wolff E.W., Suttie E.D., (1994). Antarctic snow record of Southern-Hemisphere lead pollution.

Geophys. Res. Lett., 21, 781-784.

Suttie E.D., Wolff E.W., (1992). Seasonal input of heavy metals to Antarctic snow. Tellus 44B,

351-357.

Page 118: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

118

AMB34

L’INFLUENZA DELLE ATTIVITA' UMANE NELL’INQUINAMENTO DEI SEDIMENTI

DEL MAR PICCOLO DI TARANTO (MAR IONIO, ITALIA)

Lucia Caliandro1, Nicola Cardelicchio

2, Bianca Maria Petronio

1, Massimiliana Pietrantonio

3,

Marco Pietroletti4

1Dipartimento di Chimica, Sapienza, Piazzale Aldo Moro, 5- 00185 Roma

2

CNR-Istituto per l’Ambiente Marino Costiero Via Roma 3- 74100 Taranto 3

ENEA, PROT-CHIM, Via Anguillarese, 301- 00060 Roma 4

ISPRA, Via di Casalotti, 300- 00166 Roma

[email protected]

Negli ultimi decenni i livelli dei contaminanti nell'ambiente marino sono aumentati notevolmente a

causa delle attività antropiche. Questo fenomeno è particolarmente rilevante nel caso dei metalli

pesanti, che, a differenza di altri inquinanti, non sono biodegradabili e quindi sono soggetti ad

accumulo. Possono essere trasferiti dall'acqua ai sedimenti dagli ossidi di azoto (Murray 1975;.

Rasmussen et al 1998), o dalla materia organica, accumularsi nei sedimenti e negli organismi, e

successivamente trasferirsi nell’uomo attraverso la catena alimentare. I sedimenti quindi agiscono

come “trappole” per i metalli (Shne et al. 1995), di conseguenza il contenuto dei metalli nei

sedimenti è generalmente ben al di sopra dei limiti anche quando la loro concentrazione nelle acque

è bassa. Per questo motivo l’analisi dei sedimenti è particolarmente importante per valutare

correttamente la contaminazione da metalli in acque naturali in quanto consente di determinare sia

l’entità degli ingressi dei metalli nell’ambiente acquatico che le sorgenti di inquinamento (Pardo et

al., 1990; Wardas et al., 1996).

Le zone costiere, in particolare quelle vicine a grandi centri urbani, sono fonte di preoccupazione in

quanto esposte a contaminazione chimica, dovuta alla presenza di fonti di inquinamento differenti,

quali, ad esempio, scarichi civili e industriali.

In questo lavoro abbiamo considerato i sedimenti del Mar Piccolo di Taranto. Esso è un bacino

semi-chiuso, costituito dal Primo e dal Secondo Seno, sottoposto a fenomeni di inquinamento e di

eutrofizzazione, con una scarsa circolazione di acqua a causa della sua particolare morfologia, tanto

da essere considerato un mare interno. Lo sviluppo di centri industriali e urbani intorno alle zone

costiere ha portato ad un aumento dell'inquinamento diffuso ed ad alcuni cambiamenti sostanziali

nella qualità delle acque, riducendo la qualità ambientale del Mar di Taranto. Precedenti lavori

(Calace et al., 2008) hanno evidenziato che i sedimenti del Primo Seno sono molto più inquinati di

quelli del Secondo Seno.

L'obiettivo primario di questo studio è stato quello di evidenziare l'influenza delle diverse fonti di

inquinamento analizzando tre serie di campioni di sedimenti superficiali. Ogni serie è costituita da

un certo numero di campioni che, per la loro posizione, possono mettere in evidenza il contributo

dovuto a singole fonti di inquinamento, quali il cantiere navale della Marina Militare Italiana, con i

suoi bacini di carenaggio, o scarichi che raccolgono acque reflue con carichi inquinanti di natura

differente. Oltre al contenuto di metalli pesanti è stata considerata anche la quantità totale di

carbonio organico presente e la distribuzione del manganese nelle sue diverse forme chimiche, in

particolare Mn(II) e Mn(IV) in modo da evidenziare le condizioni redox del sistema.

I risultati ottenuti consentono di evidenziare le differenze, in termini di inquinamento, dovute alla

diversa natura degli scarichi e sottolineano che a partire dal 2001 vi è stato un certo miglioramento

nell’ambiente acquatico per quanto si riferisce allo stato di ossigenazione del sistema.

Page 119: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

119

Murray, J.W. (1975). The interaction of metal ions at the manganese dioxide-solution interface.

Geochimica et Cosmochimica Acta 39: 505–20.

Rasmussen, P.E., Villard D.J., Gardner H.D., Fortescue J.A.C., Schiff S.L., Shilts W.W. (1998).

Mercury in lake sediments of the Precambrian Shield near Huntsville, Ontario, Canada.

Environmental Geology 33: 170–81.

Shne, J. P., Ika, R. V., Ford, T. E. (1995). Multivariate statistical examination of spatial and

temporal patterns of heavy metal contamination in New Bedform Harbor marine sediment.

Environmental Science and Technology, 29, 1781–17963.

Pardo, R., Barrado, E., Pèrez, L., Vega, M. (1990). Determination and speciation of heavy metals in

sediments of the Pisuerga River. Water Research, 24, 373–379.

Wardas, M., Budek, L., Rybicka, E. H. (1996). Variability of heavy metals content in bottom

sediments of the Wilga River, a tributary of the Vistula River (Kraków area, Poland). Applied

Geochemistry, 11, 197–202.

Calace N., Cardellicchio N., Ciardullo S., Petronio B.M., Pietrantonio M., Pietroletti M. (2008).

Metal distribution in marine sediments of the Mar Piccolo in Taranto(Ionian Sea, southern Italy)

Toxicological and Environmental Chemistry 90, 549–564.

Page 120: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

120

AMB35

DIFENILETERI BROMATI (PBDEs) E COMPOSTI CLORURATI NEI MOLLUSCHI

BIVALVI (Mytilus galloprovincialis) DELLA REGIONE PUGLIA

Cristina Annicchiarico, Nicola Cardellicchio, Antonella Di Leo, Santina Giandomenico,

Lucia Spada

CNR – Istituto per l’Ambiente Marino Costiero – Unità Operativa di Taranto, via Roma 3, 74123

Taranto

[email protected]

Difenileteri bromati (PBDEs) e differenti composti clorurati come i policlorobifenili (PCB)

(congeneri 28, 52, 77, 81, 101, 118, 126, 128, 138, 153, 156, 169, 180) e alcuni pesticidi clorurati

(isomeri del DDT, isomeri dell’HCH, aldrin, dieldrin, alfa-endosulfan, esaclorobenzene,

pentaclorobenzene) sono stati determinati nei tessuti dei molluschi bivalvi “Mytilus

galloprovincialis” campionati lungo le coste della Regione Puglia.

I mitili rappresentano efficienti organismi accumulatori dei contaminanti organici persistenti

(POPs), per tale motivo essi sono largamente impiegati come bioindicatori dell’ambiente marino,

grazie anche alla loro ampia distribuzione geografica, tolleranza a differenti condizioni ambientale e

soprattutto alla loro reperibilità.

Obiettivo della ricerca è stato quello di valutare la qualità delle aree marino-costiere utilizzando i

molluschi come bioindicatori. Le informazioni ottenute hanno permesso di verificare i livelli dei

suddetti inquinanti prioritari e la distribuzione spaziale nell’ambiente marino oggetto di studio.

Idonee quantità di mitili sono state prelevate in trentadue siti distribuiti lungo le coste Pugliesi, 13

dei quali ubicati in corrispondenza impianti di allevamento di molluschi.

Dopo il prelievo, per ciascuna stazione di campionamento, i molluschi sono stati opportunamente

selezionati per taglia (3.0-5.0 cm), omogeneizzati e quindi liofilizzati.

I PCB ed i pesticidi clorurati (OCPs) sono stati estratti con solvente mediante estrazione assistita da

microonde (EPA Method 3546) e successiva determinazione in GC-MS. La determinazione dei

PBDE è stata condotta secondo il metodo EPA 1614 e la determinazione analitica è stata effettuata

mediante GC-MS/MS.

Relativamente ai PCB, la concentrazione massima (Σ PCB = 395.0 µg/kg s.s.) è stata osservata nel I

seno del Mar Piccolo di Taranto (Mar Ionio). La maggior parte dei pesticidi clorurati sono risultati

al di sotto del limite di rivelabilità in quasi tutte le stazioni, ad eccezione dell’isomero 4,4’ DDE la

cui massima concentrazione è stata riscontrata nel II seno del Mar Piccolo di Taranto (Mar Ionio).

Per quanto riguarda invece i PBDE, l’isomero 85 è risultato non determinabile in tutte le stazioni

mentre i livelli più alti dei congeneri PBDE-99 e 100 (2.7 e 1.2 µg/kg s.s. rispettivamente) sono stati

osservati in corrispondenza della foce del fiume Lenne (Mar Ionio).

L’analisi delle componenti principali PCA, condotta sui 32 siti, ha confermato la maggiore

contaminazione del I seno del Mar Piccolo dove sussistono diverse realtà cantieristiche e dove sono

accertate situazioni di contaminazione dei sedimenti marini.

Page 121: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

121

AMB36

INFLUENZA DEI FATTORI CLIMATICI ED ANTROPICI NEL PROCESSO DI

DETERIORAMENTO DELLA CALCARENITE: UN CASO DI STUDIO

Sasso Sergio1,2

, Scrano Laura2, Bufo Sabino Aurelio

2, Trotta Vincenzo

3

1Dottorato di ricerca internazionale “Bioecosistemi e Biotecnologie”,Università degli Studi della

Basilicata, Potenza 2Dipartimento di Scienze dei Sistemi Colturali, Forestali e dell’Ambiente, Università degli Studi

della Basilicata, Potenza 3Dipartimento di Biologia, Difesa e Biotecnologie agroforestali, Università degli Studi della

Basilicata, Potenza

[email protected]

Il deterioramento dei materiali lapidei è un processo progressivo ed irreversibile molto complesso

inserito nel “ciclo della trasformazione della materia” [1]. La tempistica e la modalità di impatto

sono diversi a seconda delle caratteristiche dei materiali da costruzione utilizzati, del microclima

locale, dell'inquinamento atmosferico e della presenza di flora e fauna specifiche.

La calcarenite, litotipo ampiamente utilizzato in passato come materiale da costruzione nell'area del

Mediterraneo, a causa della sua natura chimico-fisica, una volta esposto all’atmosfera può subire

facilmente fenomeni di alterazione per via dell’elevato contenuto di carbonato di calcio, inoltre,

essendo un materiale lapideo molto poroso, è particolarmente sensibile all’attacco degli agenti

chimici, fisici e biologici [2].

Facendo seguito ad una ricerca già conclusa da alcuni degli autori [3], che ha evidenziato la stretta

correlazione tra parametri ambientali, attività antropica e degradazione di manufatti lapidei, in

questo lavoro si è voluto affrontare lo studio dal punto di vista statistico al fine di validarne i

risultati.

Il manufatto lapideo oggetto d’indagine, ricadente nell’agro del comune di Lavello (PZ) (41° 03'

36.28"N e 15° 48' 26.69"E) ai margini di un pianoro che si affaccia sulla Valle dell'Ofanto, è sito tra

il primo nucleo del parco archeologico di Forentum romana e l’area industriale di San Nicola di

Melfi. I parametri utilizzato nello studio sono stati:

VARIABILI AMBIENTALI (direzione ed intensità del vento, piovosità, radiazione solare,

temperatura ed umidità relativa),VARIABILI CHIMICHE (Calcare Totale e Carbonio Organico;

Metalli pesanti, Anioni), VARIABILI CHIMICO-FISICHE (pH, CE, esposizione),VARIABILI DI

COLONIZZAZIONE BIOLOGICA, VARIABILI DI DEGRADAZIONE (capillarità e trasmissione

suono). Per studiare le correlazioni tra i diversi indicatori ed individuare le eventuali differenze nel

deterioramento imputabili a parametri ambientali, i risultati del presente studio sono stati sottoposti

ad analisi multivariate (analisi delle componenti principali e MANOVA). Le elaborazioni sono state

eseguite ricorrendo all'ambiente statistico R.

L’analisi delle componenti principali ha messo in evidenza una forte interazione tra parametri

chimico-fisici e degradazione legata alla colonizzazione biologica. Discreta è l’interazione tra

alcune variabili chimiche e l’avanzamento del deterioramento.

[1]Tiano P., Biagiotti L., Mastromei G. (1999): “Bacterial bio-mediated calcite precipitation for monumental stones conservation: methods of

evaluation” Journal of Microbiological Methods 36, pp. 139–145;

[2] Lipfert, F.W. (1989): “Atmosferic damage to calcareous stones comparison and reconciliation of recent experimental findings”

Atmospheric Environment. Vol. 23, Number 2, pp.415-429; [3]Sasso S., Scrano L., Fraddosio Boccone L., Lovallo M., Palma A., Bufo S.A. (2011): “Air pollution Climate change and calcarenite stone, a case of

study”; atti del 3rd

Meeting on Meteorology and Climatology of the Mediterranean, Castellaneta (TA) 06-09 giugno.

Page 122: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

122

AMB37

DETERIORAMENTO DELLA CALCARENITE ESPOSTA AGLI AGENTI

ATMOSFERICI

Sasso Sergio, Bufo Sabino Aurelio, Scrano Laura

Dipartimento di Scienze dei Sistemi Colturali, Forestali e dell’Ambiente, Università degli Studi

della Basilicata, Potenza

[email protected]

Il processo di deterioramento dei materiali lapidei è un problema che in questi ultimi decenni sta

assumendo sempre maggiore rilevanza poiché inerisce il nostro patrimonio storico-culturale. A

differenza degli esseri viventi, i monumenti non posseggono sistemi di autodifesa in grado di

proteggerli da eventuali attacchi di agenti esterni che iniziano la loro opera demolitrice subito dopo

la realizzazione dell’opera. E’ ben nota a tutti la responsabilità assunta dallo sviluppo delle attività

umane, come l’industrializzazione che immettendo inquinanti in atmosfera costituisce un rischio per

l’integrità dei materiali lapidei, in ogni caso soggetti a naturali fenomeni di alterazione nella loro

interazione con gli agenti climatici. Il presente lavoro esamina i vari processi degradativi causati dai

fattori naturali ed antropici sulle pareti in calcarenite (tufo biancastro proveniente dalle cave di

Gravina di Puglia) di un’antica masseria sita nel comune di Lavello (PZ) in contrada Gravetta

(coordinate 41° 03' 36.28"N e 15° 48' 26.69"E), tra il primo nucleo del parco archeologico di

“Forentum romana” (III-I secolo a.C.) e l’inceneritore “Fenice” (località san Nicola di Melfi), ad

una distanza di 11 Km da quest’ultimo. Per poter identificare l’origine dei principali processi

degradativi, il lavoro considera le alterazioni subite nel tempo da un provino cubico realizzato nel

luglio 2009, utilizzando lo stesso materiale, e posto a ridosso dell’antica struttura oggetto di

indagine. Obiettivo del lavoro, è quello di evidenziare come il clima e gli agenti trasportati in

atmosfera possano contribuire, in sinergia, al deterioramento della calcarenite. Il campionamento,

sia sulle pareti della masseria che sul provino cubico, è stato eseguito a cadenza trimestrale a partire

dal 18 Giugno 2010 prelevando una quantità adeguata di polveri superficiali. Sulle polveri sono

stati determinati i livelli di alcuni inquinanti: metalli pesanti, PCB, fitofarmaci clorurati e fosforati

ed anioni (nitriti, nitrati e solfati). Altre determinazioni hanno riguardato: pH, conduttività elettrica,

calcare totale, carbonio organico e sostanza organica. I dati climatici come direzione del vento,

piovosità, radiazione solare, temperatura ed umidità relativa sono stati forniti dall’Agenzia

Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Basilicata (ARPAB). I risultati ottenuti,

permettono di fare le seguenti considerazioni: il processo di deterioramento sulle superfici lapidee è

lento ed irreversibile ed i fenomeni di alterazione e degrado sembrano influenzati sia dall’accumulo

degli inquinanti organici ed inorganici sia dalle condizioni ambientali, nonché dall’azione sinergica

di tutti questi fattori. I metalli pesanti, derivanti dall’attività industriale ed agricola, oltre ad

accumularsi sulla superficie dei materiali lapidei, si raccolgono nel terreno circostante attraverso le

piogge che dilavano le superfici calcaree. Non è da sottovalutare l’azione degli organismi biologici

(muschi, licheni ed alghe); tali organismi, trasportati dal vento, in presenza di idonee condizioni

climatiche (alte umidità relative dell’aria e temperature non troppo elevate), colonizzano facilmente

le superfici lapidee. Sulle superfici del provino, in corrispondenza dei venti dominanti, si assiste nel

tempo ad una diminuzione della percentuale di carbonati a favore dell’aumento di sostanza organica

e di sali solubili ed un abbassamento del valore di pH.

Page 123: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

123

AMB38

APPLICAZIONE DI UN SISTEMA MODELLISTICO PER LA VALUTAZIONE

SPEDITIVA DELL’AREA DI IMPATTO DEI FUMI PRODOTTI DA UN INCENDIO

Annalisa Tanzarella1, Angela Morabito

2, Roberto Giua

1, Giorgio Assennato

3

1ARPA Puglia, Centro Regionale Aria, ex Ospedale Testa, Contrada Rondinella, 74121 Taranto

2ARPA Puglia, Via Galanti 16, 72100 Brindisi 3 ARPA Puglia, Corso Trieste 27, 70126 Bari

Tel:+39-099-9946352

[email protected]

La normativa italiana con il decreto 155/2010 recepisce la direttiva europea 2008/50/CE

attribuendo alla modellistica un ruolo di primaria importanza nella “valutazione preliminare della

qualità dell’aria” utilizzandola anche come tecnica integrativa per completare il contenuto

informativo delle misure dirette e un valido supporto alla gestione delle emergenze ambientali per la

valutazione dell’impatto ambientale di eventi incidentali. In particolare l’utilizzo della modellistica

permette di avere la visione spaziale e non solamente puntuale degli effetti dell’inquinamento

atmosferico, rappresentando un importante strumento per fornire una informazione al pubblico nel

più breve tempo possibile e il più possibile vicine allo “stato di fatto”. Il sistema modellistico

MINERVE(1)-SURFPRO(2)-SPRAY(2), implementato presso l’ARPA Puglia, è stato applicato per

valutare l’impatto di un incendio sviluppatosi nell’area industriale di Taranto, a circa 6km a nord-

ovest rispetto al centro cittadino. L’evento è durato poco più di un’ora. In particolare, la

meteorologia sull’area di studio è stata ricostruita mediante il modello diagnostico MINERVE a

partire dalle misure al suolo dei parametri meteorologici misurati presso le postazioni di qualità

dell’aria di ARPA Puglia; il pre-processore micro meteorologico SURFPRO ha permesso di

ricostruire i parametri legati alla turbolenza atmosferica; infine le simulazioni del trasporto e della

diffusione degli inquinanti primari in atmosfera sono state condotte con il modello lagrangiano

SPRAY. A causa della prevalenza di venti di forte intensità, si è scelta una estensione del dominio

di simulazione pari a 92x66km, centrato sulla sorgente emissiva. Poiché non si disponeva

dell’informazione relativa alla tipologia degli inquinanti emessi e i relativi flussi di massa, la

simulazione è stata condotta trattando l’emissione come una sorgente puntuale al suolo che ha

emesso una sostanza inquinante generica con un quantitativo pari a 100 kg. L’algoritmo contenuto

nel modello ha permesso di stimare l’altezza del plume prodotto dall’incendio mediante una

formulazione che tiene conto della dimensione iniziale dell’incendio (3). Il modello di dispersione

ha quindi riprodotto l’evoluzione del pennacchio e la sua ricaduta al suolo durante il periodo in cui

si è sviluppato l’incendio: tale stima ha permesso di identificare le aree di maggior impatto.

Sebbene nelle modalità in cui è stato condotto lo studio non è stato possibile fornire una valutazione

quantitativa di tali ricadute, il confronto tra i dati stimati dal modello e le misure in una centralina

della qualità dell’aria localizzata lungo la direzione di massima ricaduta, ha evidenziato un buon

accordo temporale. (1) Geai P. (1987), Methode d'interpolation and reconstitution tridimensionelle d'un champ de vent: le code d'analyse

objective MINERVE, EDF/DER report HE-34/87.03

(2) Arianet, 2007: SURFPRO (SURrface-atmosphere interFace PROcessor) User's guide, Version 2.2.10.; SPRAY 3.1

General Description and User’s Guide, R2007.08

(3) Fischer B.E.A. at al. (2001), “Modelling plume rise and dispersion from pool fires” – Atmospheric Environment 35,

pp. 2101 - 2110

Page 124: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

124

AMB39

EPI-D E IBE: DUE INDICI BIOLOGICI A CONFRONTO NELLE ACQUE SUPERFICIALI DELL’AREA VAL D’AGRI CAMASTRA.

Teresa Trabace, Giovanna Filippo, Michela Casamassima, Annunziata Marraudino,

Salvatore Longo e Achille Palma

Metapontum Agrobios s.s. Jonica 106 km 448.2, 75014 Metaponto (Matera)

[email protected]

L’indice diatomico di Eutrofizzazione/polluzione o EPI-D, messo a punto in Italia a seguito di

ricerche sulle comunità algali dei corsi d’acqua dell’Appennino centrale e relativi confronti ad

ambienti lotici alpini ed appennini meridionali (Dell’Uomo, 1981, 1986; Dell’Uomo e Masi, 1986,

1988; Dell’Uomo, 1991, 1992; Dell’Uomo e Tantucci, 1996; Grandoni e Dell’Uomo, 1996;

Dell’Uomo e Grandoni, 1997; Dell’Uomo et al., 1999; Torrisi e Dell’Uomo, 2001a, 2001b, 2001c,

2003; Dell’Uomo, 2003), è un indice integrato che si basa sulla sensibilità delle Diatomee

bentoniche (Divisione Chrysophyta) ai nutrienti, alla sostanza organica e al grado di

mineralizzazione del corpo idrico. L’EPI-D (Dell’Uomo, 2004), come l ‘IBD (Indice Biologique

Diatomées – Prygiel e Coste, 1999) e l’IDG (Indice Diatomique Generique – Coste e Ayphassorho,

1991) è un indice di qualità generale che integra le risposte delle diatomee bentoniche a più fattori

di inquinamento; non è quindi ristretto all’inquinamento organico, come gli indici saprobici, quali

l’IPS – Indice de poluosensibilité Specifique (Cemagref, 1982) e l’ SI – Saprobique Index (Rott. Et

all., 1997), né al livello di trofia delle acque, come gli indici trofici, quali il TDI – Trophic Diatom

Index (Kelly, 1998) e il TI – Trophic Index (Rott.et all., 1999). Il controllo biologico di qualità degli

ambienti delle acque correnti mediante I.B.E. si basa sull’analisi delle comunità di invertebrati

bentonici con taglia (alla fine dello sviluppo larvale o dello stadio immaginale) raramente < 1mm.

Si tratta generalmente di organismi appartenenti agli Insetti (Crostacei, Molluschi, Irudinei,

Tricladi, Oligocheti (raramente Briozoi, Poriferi o Nematomorfi) che vivono almeno una parte del

loro ciclo vitale, sulla superficie dei substrati (epibentici) o all’interno dei sedimenti fluviali

(freaticoli). Dal punto di vista trofico, la comunità macrobentonica viene suddivisa in organismi

macro-predatori, -filtratori, -raccoglitori, -tagliuzzatori, se utilizzano il particellato più grossolano e

producono residui con dimensioni < 1mm. Questi residui vengono trasportati a valle dalla corrente

per essere utilizzati da organismi micro-predatori, -filtratori, -raccoglitori, -raschiatori.

Nell’ambito delle attività del “ Progetto Val D’Agri - Studio finalizzato alla valutazione

dell’impatto ambientale delle attività estrattive della Val D’Agri per il triennio 2009-2011” sono

state svolte le indagini su campioni di diatomee e di macroinvertebrati prelevati nelle stazioni di

monitoraggio del fiume Agri e suoi affluenti, del torrente Camastra e del torrente Sauro.

I valori di I.B.E. ed EPI-D, per poter essere confrontati, sono stati convertiti in scala 0-20 (EPI-D

0-20) secondo Ciutti et all., 2003. Il confronto tra i dati di valutazione della qualità biologica

ottenuti attraverso lo studio della comunità dei macroinvertebrati (I.B.E.) e della comunità

diatomica (EPI-D), ha permesso di osservare che in linea di massima concordano; le discordanze

sono dovute alla capacità delle comunità vegetali, essendo produttori primari, di rilevare l’impatto

determinato dall’aumento di fattori eutrofizzanti e/o polluenti a seconda del tratto di fiume studiato.

Page 125: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

125

AMB40

PHOTOSENSITISED PROCESSES OF PHENOL TRANSFORMATION BY QUINONES

DETECTED IN AIRBORNE PARTICLES

Valter Maurino, Andrea Bedini, Daniele Borghesi, Davide Vione, Claudio Minero

Dipartimento di Chimica, Università di Torino, Via P. Giuria 5, 10125 Torino

[email protected]

Quinone compounds are important photosensitisers in surface waters and in airborne particles [1,2].

They absorb a significant fraction of the sunlight spectrum, and absorption induces the formation of

excited singlet states that can evolve into triplets by an often efficient inter-system crossing. Triplet

states are chemically reactive and can sensitise the transformation of easily oxidised molecules

upon electron or hydrogen abstraction, or upon energy transfer [3].

In this work, we have studied the transformation of phenol as model oxidisable compound in the

presence of quinones that are commonly found in airborne particles, such as 2-ethylanthraquinone

(EtAQ), benzanthracene-7,12-dione (BAD), 5,12-naphthacenequinone (NQ), 9,10-

anthraquinone(AQ), and 2,6-dihydroxyanthraquinone (DAQ). The quinone compounds were

deposited on glass spheres, to simulate their occurrence on particulate matter. The sphere-loaded

quinones were irradiated in aqueous suspension in the presence of phenol, under a solar simulator

and under a blue lamp, the latter to enable easier calculation of the phototransformation quantum

yields.

EtAQ was the most active quinone to sensitise phenol transformation under simulated sunlight,

allowing a complete kinetic study of its reaction pathways with phenol. Phenoxyphenols and

dihydroxybiphenyls were detected as phenol intermediates, suggesting the formation of the phenoxy

radical upon phenol oxidation by triplet EtAQ. Under the adopted conditions, EtAQ mostly

underwent transformation of the alkyl lateral chain.

In the case of blue-light irradiation, the quantum yield of phenol transformation was the highest

for AQ and the lowest for DAQ. Such a different behaviour could be explained with a density

functional theory (DFT) study of the spin density distribution in AQ and DAQ triplet states [4]. The

results show that most of the spin density in triplet AQ is localised on a carbonyl group, which is

likely involved in reaction with phenol to give phenoxyl and a semiquinone radical. In contrast,

most of the DAQ spin density in the triplet state is distributed on the aromatic skeleton of the

molecule. Photoactive EtAQ has similar spin distribution as AQ in the triplet state, suggesting an

interesting correlation between electronic properties and photosensitising effects.

Acknowledgements

Financial support by MIUR – PRIN 2009 (project 20092C7KRC-ARCTICA) is kindly appreciated.

[1] R.M. Cory, D.M. McKnight, Environ. Sci. Technol. 2005, 39, 8142-8149.

[2] M. Jang, S.R. McDow, Environ. Sci. Technol. 1997, 31, 1046-1053.

[3] D. Vione, V. Maurino, C. Minero, E. Pelizzetti, M.A.J. Harrison, R.I. Olariu, C. Arsene, Chem.

Soc. Rev. 2006, 35, 441-453.

[4] V. Maurino, A. Bedini, D. Borghesi, D. Vione, C. Minero, Phys. Chem. Chem. Phys. 2011, 13,

11213-11221.

Page 126: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

126

Poster “Beni Culturali”

Page 127: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

127

BC01

STUDIO DI UN CROCIFISSO LIGNEO DEL XV SECOLO MEDIANTE

TECNICHE MICROSCOPICHE, SPETTROSCOPICHE E

CROMATOGRAFICHE

Nadia Marchettini

1, Andrea Atrei

1, Francesca Benetti

1, Elisabetta Gliozzo

2,

Isabella Turbanti Memmi2, Guido Perra

1

1 Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Siena, Via della Diana 2a - 53100 Siena

2 Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8 - 53100

Siena

[email protected]; [email protected]

In questo lavoro vengono presentati i risultati preliminari di una campagna diagnostica condotta su

un crocifisso ligneo policromo, risalente al XV secolo, in cattive condizioni di conservazione ed

interessato da numerosi rimaneggiamenti e ridipinture, effettuati nel tempo. Prima di pianificare

idonee strategie di restauro sono state effettuate una serie di indagini chimiche, per poter valutare lo

stato di conservazione dell’opera e caratterizzare i materiali impiegati dall’artista, nonché la tecnica

artistica.

Sui frammenti prelevati dal manufatto ligneo sono state effettuate le seguenti indagini:

microscopia ottica, per la caratterizzazione della stratigrafia dei campioni;

microscopia elettronica a scansione corredata di microanalisi a dispersione di energia (SEM-

EDS), per la caratterizzazione chimica delle componenti inorganiche presenti negli strati

pittorici;

la spettrometria di massa di ioni secondari abbinata ad un analizzatore a tempo di volo (ToF-

SIMS), per la caratterizzazione delle componenti organiche ed inorganiche e della loro

distribuzione negli strati pittorici;

la gas-cromatografia abbinata alla spettrometria di massa (GC-MS), per l’identificazione dei

leganti organici;

la tecnica HPLC-FL (Cromatografia Liquida ad alta Pressione accoppiata a Rivelatore a

Fluorescenza) per la caratterizzazione chimica degli amminoacidi e degli acidi grassi

presenti in un campione di polvere di legno. Dai primi risultati è emerso che la stratigrafia

dei campioni analizzati è caratterizzata, da due o più strati di preparazione, composti da

gesso e da colla animale, in cui si alternano vari strati di pigmento. Le misure hanno

mostrato chiaramente la presenza di più strati pittorici, che si sono sovrapposti nel tempo. I

principali pigmenti identificati sono la biacca (PbCO3 2Pb(OH)2 il cinabro (HgS) e con

l’incertezza tra il realgar (AsS-rosso) e l’orpimento (As2S3-giallo). Per quanto riguarda il

legante organico, è stato identificato l’impiego di colla animale, anche se non è stato

possibile escludere con certezza l’utilizzo di miscele di colla-uovo o colla-latte.

Dalle analisi effettuate, mediante HPLC-FL, su un campione di polvere di legno, raccolto dalla

statua policroma, sono stati evidenziati alcuni picchi di amminoacidi (in particolare la cistina) ed un

ulteriore intenso segnale relativo a residui azotati, che potrebbero rappresentare un’indicazione di

fenomeni degradativi del legno, dovuti a insetti xilofagi. Il presente studio rientra nell’ambito del progetto “S.I.C.A.M.O.R. – Sviluppo di Indagini Chimiche

Applicate al Mantenimento delle Opere e al Restauro”, finanziato dalla Regione Toscana, PAR FAS

REGIONE TOSCANA - Linea di Azione 1.1.a.3.

Page 128: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

128

BC02

SVILUPPO E SINTESI DI NANO SISTEMI INIBITORI DELLA CORROSIONE DEL

BRONZO

Irene Bonacini1, Silvia Prati

1, Rocco Mazzeo

1, Michela Reggi

2, Giuseppe Falini

2, Erika Scavetta

3,

Domenica Tonelli3

1:Università di Bologna, M2ADL, Via Guaccimanni 42, 48100 Ravenna,

2:Università di Bologna, Dipartimento di Chimica“G. Ciamician”, via Selmi 2, 40136 Bologna 3:Università di Bologna, Dipartimento di Chimica Fisica e Inorganica, Viale Risorgimento 4,

40136 Bologna

irene.bonacini2 @unibo.it

La corrosione dei materiali metallici avviene attraverso un processo di ossido-riduzione che si

instaura in conseguenza dell’interazione tra il materiale e l’ambiente che lo circonda; uno degli

esempi più significativi è la corrosione elettrolitica ciclica delle leghe in rame, chiamata “cancro del

bronzo”[1]. Numerosi studi sono stati condotti per comprendere a fondo questo processo e,

parallelamente, per proteggere la superficie con differenti inibitori di corrosione. Gli inibitori

interagendo con il materiale metallico aumentano la resistenza alla corrosione della lega Facendo

penetrare questi prodotti all’interno delle micro porosità delle patine di corrosione, l’efficacia del

trattamento aumenterebbe notevolmente. A tal fine si è pensato di ridurne le dimensioni a livello

nanometrico. Pertanto in questo lavoro vengono proposti nuovi sistemi di inibizione della

corrosione, ottenuti intrappolando le sostanze attive all’interno di nano particelle di calcite. Le

dimensioni e la natura delle particelle dovrebbero contribuire a favorire da una parte la penetrazione

del materiale all’interno delle micro porosità della patina, dall’altra il rilascio controllato

dell’inibitore in risposta all’instaurarsi di condizioni di acidità tali da indurre fenomeni di

corrosione attiva. Sono state quindi sintetizzate nano-micro particelle di carbonato di calcio co-

cristallizzato in presenza di diverse sostanze, normalmente utilizzate quali inibitori di corrosione,

come: Benzotriazolo (BTA), 5-ammino-1,2,3,4-tetrazolo monoidrato (ATM), Decanoato di Sodio,

L-Cisteina, Etanolammina (ETH), Potassio Etil-Xantato (KEX) [2]. Analisi in XRD, SEM e micro-

FTIR hanno consentito di selezionare gli inibitori che, avendo modificato la geometria dei cristalli

di carbonato di calcio, sembrano essere stati incapsulati al loro interno. Inoltre sono stati eseguiti

test elettrochimici per studiare l’efficienza dei diversi inibitori al fine di scegliere quelli con il

maggior potere inibitorio. A tal fine sia le curve di polarizzazione che le misure di impedenza hanno

permesso di selezionare quattro sostanze da testare: L-Cisteina, Benzotriazolo, Etanolammina e

Decanoato di Sodio. Lo step successivo prevederà l’applicazione dei materiali sintetizzati su provini

standard di bronzi corrosi, allo scopo di valutarne l’efficacia inibitoria ed i possibili fenomeni di

interazione tra patina di corrosione e sistemi nano inibitori, quali, ad esempio, la comparsa di

variazioni cromatiche, sbiancamenti superficiali o variazioni di colore della patina.

[1] Mazzeo R. (2005) Patine su manufatti metallici, in ‘Le Patine. Genesi, significato,

conservazione’ Kermesquaderni Nardini Editore: 29-43;

[2] Goffredo S., Vergini P., et al. (2011) “The Skeletal Organic Matrix from Mediterranean Coral

Balanophylliaeuropaea Influences Calcium Carbonate Precipitation”, PLoS ONE.

Page 129: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

129

BC03

ANALISI EDXRF PER LA SALVAGUARDIA DEI BRONZI DI RIACE

Alessandro Buccolieri1, Giovanni Buccolieri

2, Alfredo Castellano

2, Maurizio Marabelli

3

1 Università del Salento, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali, 73100,

Lecce.

2 Università del Salento, Dipartimento di Matematica e Fisica, 73100, Lecce

3 Istituto Centrale del Restauro (ICR), 00198, Roma

[email protected]

I Bronzi di Riace, famosissima coppia di statue bronzee (statua A alta 205 cm e statua B alta 198

cm) di provenienza greca o magnogreca o siceliota e databili al V secolo a.C., sono state ritrovate il

16 Agosto 1972, in eccezionale stato di conservazione, nei pressi di Riace, in provincia di Reggio

Calabria, a trecento metri dalla riva e otto metri di profondità.

Le ipotesi sulla provenienza e sugli autori delle statue sono diverse, ma non esistono ancora

elementi che permettano di attribuire con certezza le opere a uno specifico scultore.

Dopo il ritrovamento furono restaurati presso la Soprintendenza di Reggio Calabria fino al 1975 e

poi trasferiti presso il Laboratori di Restauro dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze dove furono

analizzati e restaurati fino alla fine del 1980. Nel capoluogo toscano furono esposti per sei mesi e

successivamente riportati a Reggio Calabria.

Nel 1990 sono comparsi preoccupanti fenomeni di degrado e per tale cagione ambedue le statue

sono state svuotate dai resti delle terre di fusione.

Dal 12 Marzo 2010 fino a Marzo 2011 sono stati trasferiti presso il Laboratorio di Restauro e

Mostra di Palazzo Campanella, sede del consiglio regionale, di Reggio Calabria in attesa del

completamento dei lavori presso il Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria, ove i

Bronzi avranno, ci si augura, la definitiva collocazione.

Sono considerati tra i capolavori scultorei più significativi del ciclo ellenico, e tra le poche

testimonianze dirette dei grandi maestri scultori del mondo greco classico.

Numerose analisi chimico-fisiche sono state eseguite dal giorno del loro ritrovamento al fine di

conoscere la composizione delle leghe, delle cere, dei chiodi presenti e delle patine, di comprendere

i processi di corrosione ma, soprattutto, pianificare un adeguato progetto di conservazione dopo la

lunga permanenza in mare durata più di 2000 anni.

In questo lavoro si mostreranno i risultati sperimentali delle analisi di fluorescenza dei raggi X in

dispersione di energia (EDXRF) eseguite, su ambedue le statue, durante le ultime investigazioni

svolte presso il Laboratorio di Restauro e Mostra di Reggio Calabria.

Tali investigazioni avevano l’obiettivo principale di identificare la composizione delle diverse

patine e valutare le condizioni ambientali più adeguate per la conservazione delle preziose statue.

Mediante un strumento portatile è stata determinata la concentrazione di zolfo, cloro, calcio,

manganese, ferro, rame, zinco, stagno e piombo della superficie e delle patine.

I risultati sperimentali hanno mostrato presenza significativa di zolfo e cloro, rispetto alla superficie

dei due bronzi, e in quantità differente per le due statue. Inoltre, è stato possibile comprendere la

composizione chimica e la formazione delle patine e alcuni meccanismi di corrosione.

Page 130: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

130

BC04

ANALISI DEL PROCESSO DI REIDROSSILAZIONE IN REPERTI CERAMICI

Alessandro Buccolieri1, Daniela Manno

1, Federica Scigliuzzo

2, Emanuela Filippo

2, Antonio Serra

2

1 Università del Salento, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali, via

Monteroni, 73100, Lecce

2 Università del Salento, Dipartimento di Beni Culturali, via Birago, 73100, Lecce

[email protected]

Un materiale ceramico assorbe acqua dall’atmosfera aumentando di peso e tanto più è pesante, tanto

più è antico. Sfruttando questa semplice relazione, alcuni scienziati hanno cercato di datare dei

reperti ceramici (Wilson et al., 2009).

L’innovativa tecnica di datazione, nota come “rehydroxylation dating”, consiste nel riscaldare un

reperto in ceramica in un forno a 500 °C, rimuovendo l’acqua catturata nel corso del tempo, per

riportalo al suo peso originario. Una volta fuori dal forno, il reperto deve essere pesato con una

bilancia ad alta precisione, a intervalli di tempo regolari e sotto controllo di temperatura e umidità,

per determinare la velocità dell’aumento di peso, e quindi, quella del riassorbimento di acqua

dall’atmosfera.

In tal guisa, è possibile stabilire quanto tempo occorrerebbe al campione per tornare al peso che

aveva quando è stato trovato e, quindi, calcolare quando è stato fabbricato.

L’argilla, durante la cottura, perde prima l’acqua molecolare debolmente legata e poi, a temperature

nell’intervallo tra 500-900 °C, perde l’acqua dal foglio ottaedrico con la deidrossilazione chimica.

Con la reidrossilazione avviene, invece, il processo inverso. Successivamente, riguadagna acqua in

due stadi: un primo stadio (idratazione) in cui viene assorbita l’acqua legata fisicamente e ciò causa

un rigonfiamento delle argille e quindi un aumento del peso e un secondo stadio (reidrossilazione)

in cui l’acqua idrossile inizia a penetrare nei fogli dei minerali argillosi nella forma di gruppi –OH

strutturali e si verifica la ricombinazione chimica. Durante il secondo stadio, la velocità di aumento

della massa e l’espansione del volume per i manufatti ceramici è dovuto alla reidrossilazione,

governata da una legge t1/4

. Utilizzando tale legge e, relazionandola con il comportamento relativo

all’aumento della massa della ceramica, è possibile stimare il tempo trascorso tra l’ultima cottura

del materiale e il momento dell’analisi.

Occorre considerare che è basilare che la ceramica sia compatta. Non è importante, invece, la

quantità d’acqua con cui è stato a contatto il reperto nel corso del tempo poiché il tasso di

reidrossilazione è controllato completamente da processi interni e non aumenta quando l’acqua è

eccessivamente disponibile nell’ambiente.

Il metodo di datazione per reidrossilazione offre alcuni vantaggi rispetto al complesso metodo della

termoluminescenza, infatti, essendo una tecnica gravimetrica, è piuttosto semplice ed economica e

consiste essenzialmente in un metodo autocalibrante, basato su una precisa legge cinetica ma,

analogamente alla termoluminescenza, è necessario annoverare che se il materiale è esposto a

condizioni estreme di calore l’orologio di datazione interno viene azzerato.

In questo lavoro è stato studiato il meccanismo di reidrossilazione per otto campioni ceramici al

fine di valutare l’applicabilità e i limiti nel campo della datazione di reperti ceramici.

M.A. Wilson, M.A. Carter, C. Hall, W.D. Hoff, C. Ince, S.D. Savage, B. Mckay, I.M. Betts.

Proceeding of the Royal Society A. (2009). 1-9.

Page 131: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

131

BC05

“FARNESIA ARBOR": SPERIMENTAZIONE E VALUTAZIONE

ANALITICA DEL TRATTAMENTO DI DEACIDFICAZIONE

Antonella Casoli1, Clelia Isca

1, Ilaria Saccani

2,

Fulvia Saggese

1

Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Parma, viale G.P. Usberti 17/a 43121 Parma

2 CESMAR 7 Via Mentana 5 , 37128 Verona

[email protected]

L'opera “Farnesia Arbor” (fine del XVII secolo - inizi del XVIII ) è un'incisione su carta, dipinta,

intelaiata e incorniciata. E' proprietà privata di una famiglia parmigiana, e molto probabilmente è

una delle poche copie dell'albero genealogico falsificato che Francesco Farnese commissionò al

fine di giustificare e autenticare la propria discendenza da Costantino il Grande, per acquistare il

titolo di Gran Maestro del Sacro Ordine Costantiniano di San Giorgio. L'incisore è Mauro Oddi,

morto a Parma nel 1702.

Il lavoro svolto sull'opera “Farnesia Arbor” è stato articolato in diverse fasi e propone futuri

programmi di intervento conservativo. Da un punto di vista conservativo l’opera presenta dei

distacchi all’interfaccia tra carta e tela, della carta dalla tela, macchie di diversa natura,

deformazione della superficie. Col passare del tempo tutti i manufatti a base di cellulosa subiscono

in maniera più o meno evidente il problema dell’acidificazione, spesso connesso a fenomeni di tipo

ossidativo. L’acidità dei supporti cellulosici può essere causata da tanti fattori: interazione con

ambienti inquinati, presenza di inchiostri ferro-gallici, eventuale presenza di allume nelle colle. Il

fenomeno di acidificazione è inoltre una conseguenza diretta dell’inevitabile ossidazione della

cellulosa stessa. Dopo un'accurata osservazione dell'opera, sono state effettuate le prime indagini in

situ, come analisi mediante XRF per la caratterizzazione dei pigmenti e misura del pH di superficie

in più punti. La misurazione del pH rappresenta uno stadio importante per la conoscenza dello stato

di alterazione, di acidificazione del substrato e per pianificare un intervento di deacidificazione del

manufatto. Dopo avere analizzato l’impasto fibroso del supporto cartaceo e l’adesivo presente tra la

carta e la tela (test chimici con i reattivi, 4- dimetilamminobenzaldeide e lugol, reazioni con

fluoroglucinolo; analisi mediante microspettrofotometria FTIR) sono stati preparati dei provini in

laboratorio con carte fatte a mano a diversa grammatura, incollate su tela di lino, utilizzando una

miscela di colla di coniglio e colla d’amido in diverse proporzioni. Tali provini sono stati sottoposti

a cicli di invecchiamento termo-igrometrico per testare diversi trattamenti di deacidificazione della

carta. Misurazione del pH, analisi colorimetriche sono a tal fine di primaria importanza per

monitorare il trattamento, per valutarne l’efficacia e per garantire l’idoneità dell’intervento

sull’opera. La sperimentazione e l’applicazione di diverse sostanze deacidificanti sui provini ha

permesso di selezionare un metodo idoneo per il trattamento dell’opera “Farnesia Arbor”.

Page 132: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

132

BC06

STUDIO DI APPLICABILITÀ DI SOLUZIONI CHELANTI

IN SISTEMI ADDENSATI CON GEL ACQUOSI DI POLIACRILATO PER LA

PULITURA DI DIPINTI MURALI

Antonella Casoli1, Paolo Cremonesi

2, Claudia Nardinocchi

1,

Giovanni Predieri1, Valentina Emanuela Selva Bonino

1, Matteo Tegoni

1

1

Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Parma, viale G.P. Usberti 17/a

43121 Parma 2

Via Pascoli 1, 26854 Cornegliano Laudense (LO)

[email protected]

Nell’ambito della conservazione dei beni culturali, si sta assistendo con sempre maggiore incidenza,

alla crescente richiesta di un concreto supporto scientifico alle scelte operative che il restauratore

compie nella pratica del mestiere.

Tra i composti maggiormente utili ai fini della conservazione dei beni culturali, in particolare nella

pulitura dei dipinti murali, vi sono gli agenti chelanti in grado di creare dei complessi stabili con

alcuni ioni, tra cui lo ione calcio, costituente di molti prodotti di degrado (velature di

ricarbonatazione, solfatazioni, patine di ossalati), ma anche del materiale costitutivo l’intonaco, il

carbonato di calcio.

Da qui l’interesse a studiare l’interazione degli agenti chelanti con il supporto murale al fine di

poter condurre un’operazione selettiva nei confronti dei materiali da rimuovere nel rispetto del

substrato costitutivo l’opera d’arte.

Nello specifico, tra gli agenti chelanti ne sono stati presi in esame due, i più diffusi in ambito

conservativo: EDTA trisodico diidrato e il citrato di sodio tribasico diidrato.

In prima istanza è stata studiata l’interazione tra tre principali composti presenti nell’intonaco

(carbonato di calcio, solfato di calcio biidrato e ossalato di calcio monoidrato, presi singolarmente e

in miscele binarie) e soluzioni chelanti a diversi pH.

Mediante l’impiego di tecniche analitiche, si è giunti a determinare e a quantificare la maggiore

affinità dei suddetti composti rispetto all’uno e all’altro chelante; sono stati realizzati modelli

termodinamici (Hyss-Hyperquad Simulation and Speciation) con l’obiettivo di confermare i risultati

ottenuti nella fase sperimentale e, infine, a identificare la formazione di un prodotto secondario

(citrato di calcio e sodio), in seguito caratterizzato.

Parallelamente a tale ricerca, si sono indagate le caratteristiche di una sostanza gelificante derivata

dall’acido poliacrilico, il Carbopol®, impiegato come supportante di soluzioni acquose. Ecco

quindi la scelta di unire chelanti e Carbopol® allo scopo di studiarne le interazioni chimico-fisiche

con il supporto murale, per poter condurre un’operazione selettiva nei confronti del materiali da

rimuovere nel rispetto del substrato carbonatico. A tal fine, campioni di intonaco realizzati ad hoc,

sono stati trattati con il gel di Carbopol® contenente i chelanti considerati, a diversi pH, applicati

con e senza interposizione di carta giapponese, materiali in seguito caratterizzati mediante tecniche

analitiche.

E. Beltrami, M. Berzioli, M. Cagna, A. Casoli, V.E. Selva Bonino, La pulitura dei dipinti murali:

uno studio di applicabilità di sistemi tradizionali e sistemi addensati con gel acquosi di

poliacrilato, QUADERNO N. 10 /CESMAR7. Casa Editrice Il Prato, Saonara (PADOVA), 2012.

Page 133: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

133

BC07

NANOSTRUCTURED TIO2 BASED COATINGS FOR PROTECTION AND SELF-

CLEANING OF COMPACT AND POROUS STONES

Antonella Pagliarulo,1 Francesca Petronella,

1, Angela Calia

2, Mariateresa Lettieri

2,

Donato Colangiuli2, Angela Agostiano,

1,3 Maria Lucia Curri,

3 Roberto Comparelli

3

1Università degli Studi di Bari – Dipartimento di Chimica, Via Orabona 4, 70126, Bari

2 CNR-IBAM, Prov.le Lecce Monteroni, 73100 Lecce

3CNR-IPCF, c/o Dipartimento di Chimica, Via Orabona 4, 70126, Bari

[email protected]

Nanostructured TiO2 exhibits enhanced photocatalytic activity leading to the degradation of a wide

range of organic pollutants resulting in self-cleaning effect. The deposition of TiO2 nanocrystalline

(NCs) coatings on stone was investigated in order to provide surface protection and self-cleaning

properties. Hydrophobic TiO2 NCs were prepared by colloidal chemistry routes and characterized

by Scanning and Transmission Electron Microscopy (SEM and TEM).

The selected substrates for NC deposition were calcarenite and limestone, as example of porous and

compact stone, respectively. Different techniques have been investigated for coating preparation

namely casting, dipping and spray coating.

The morphological and physical properties of both coated and uncoated stones were investigated by

contact angle measurements, colorimetry and environmental-SEM.

The degradation of a selected organic dye has been used to test the self-cleaning properties of the

NC coated surfaces under solar irradiation.

The obtained results point out that such TiO2 NC coatings offer at the same time the opportunity,

increasing surface hydrophobicity, to prevent the stone from water absorption and to convey self-

cleaning properties, leaving unaltered the original colour and appearance of the stones.

Acknowledgment

This work was partially supported by Apulia Region Funded Projects PS_083 within the Scientific

Research Framework Program 2006

Page 134: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

134

BC08

CHEMICAL CHARACTERISATION OF STUCCOES FROM THE ADDOLORATA

CHAPEL IN ST. PANTALON CHURCH IN VENICE

Elisabetta Zendri, Laura Falchi, Francesca Caterina Izzo, Manuela Sgobbi, Eleonora Balliana

University Ca’ Foscari of Venice, Department of Environmental Sciences, Informatics and Statistics,

Via Torino 155/b, 30174 Venice-Mestre

[email protected]

Stuccoes have been widely in architecture to decorate interiors and external walls of houses,

churches and palaces. The Barocco style exalted the use of stuccoes in decorations, often

polychrome, which are characteristic of walls and ceilings friezes in churches, public and private

buildings. The classical stuccoes were realized in different layers, with lime-based impasto, marble

dust, organic and inorganic additives which varied in relation to the period and local habits.

Recent studies outlined some peculiarities concerning the ‘500 stuccoes applied in the Church of

S.Maria Formosa and in Grimani Palace in Venice. The recent restoration of St. Pantalon church in

Venice allowed the analysis of the stuccoes from the decoration of the Addolorata Chapel, dating

back the end of the XVII century. A widespread presence of magnesite (MgCO3), already found out

in stuccoes from the XVI century, was detected together with gypsum and magnesium sulphate. The

presence of magnesite, identified by TG-DSC and FTIR-ATR analyses, appears to be typical of

venetian stuccoes done between ‘500 and ‘700. This compound does not come from carbonation

processes occurring in dolomitic limes, which lead to the formation of hydromagnesite

Mg5(CO3)4(OH)2*4H2O or other magnesium basic carbonates neither from the use of particular

magnesium aggregates.

It is likely a widespread presence into the binder fraction of stuccoes, as detected by SEM-EDX

analysis, so presumably it was added as powder to the impasto to confer workability properties-in

particular to slow down the drying process or to improve the resistance in a humid environment.

The study of these stuccoes has furthermore pointed out the use of gypsum, typical of the technique

called “stucco forte”. It could be the responsible for indirect deterioration processes, due to the

exchange reaction with MgCO3 which leads to the formation of epsomite, detected in many

analysed samples and considered to be the man cause for the widespread decohesion problems in

the finishing layers.

The results have addressed adequate and compatible techniques for the restoration of stuccoes,

taking into account the environmental conditions as well. Moreover, the results allowed to obtain

interesting indications for the choice of new materials to be used for the realization of finishing

intonacoes able to resist to high humidity conditions.

Page 135: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

135

BC09

FOURIER TRANSFORM INFRARED SPECTROSCOPY (FTIR) STUDIES ON

PAPIER MACHE COMPOSITIONS

Eleonora Imperio1, Gabriele Giancane

2, Lidiana Miotto

3, Ludovico Valli

4

1Department of Engineering for Innovation, University of Salento, via per Monteroni - 73100,

Lecce 2Department of Cultural Heritage, University of Salento, via D. Birago, 64 - 73100, Lecce

3Centro Restauro Materiale Cartaceo, Via Roberto Caracciolo 6 - 73100 Lecce

4 Department of Biological and Environmental Science and Technology (Di.S.Te.B.A.), University

of Salento, via per Monteroni - 73100, Lecce

[email protected]

Today’s new non-destructive methodologies let to perform physical and chemical analysis to

Cultural Heritage. The goal of these studies was to reach a wider knowledge of technical

proceedings used in the production of papier mache statues by baroque artists of Salento. Samples

from two different statues were investigated: the first spaceman belongs to Madonna della Divina

Provvidenza and the other one is an half-length statue of a bishop of Lecce. The analyses were

carried out using a FTIR spectrometer. Infrared Spectroscopy have

been used to characterize different types of singular papier mache

layers, identifying the principal peaks [1]. In addition, some

comparisons permitted to identify glue typology spread between the

papier mache layers and which pigments were employed, including

their medium and varnish, contributing to discover antique artists

secretes, that otherwise would be lost in the course of time. In fact, it

was possible to distinguish different kinds of medium employed by

the artist in order to disperse a particular color. Protein or Oil

derivatives were easily recognized through their respective IR signals

[2] and all data recorded was achieved without modifying fragments,

which were just placed onto the ATR (Attenuated Total Reflection) tool plate, ready to be scanned.

This is the important characteristic of the FTIR-ATR technique, considering the priceless value of

Cultural Heritage: no sample preparation is needed and no damage is caused to the sample.

[1] Infrared spectra of crystalline polysaccharides, C.Y Liang., R.H. Marchessault, 1959.

[2] Infrared Spectroscopy in Conservation Science, M.R. Derrick, D. Stilik, J.M. Landry, The Getty

Conservation Institute, Los Angeles, 1999.

Figure 1

Page 136: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

136

BC10

IMPIEGO DI “APPETIZING BALLS” A BASE DI JUVENIL HORMONES-WOOL

CHERATIN ANALOGS PER IL DEBELLAMENTO DELLE TARME NEI TESSUTI

D’EPOCA.

Lorenzo Martini¹, Ginevra M.E.F.Martini-Ugurgieri², Anonimo³

¹Dipt. Di Chimica, Università di Siena,²Liceo Ginnasio E.S.Piccolomini, Siena, ³Eremo dei

Cappuccini della Maddalena, Montepulciano (SI)

[email protected]

La Tarma è il nome comunemente utilizzato per indicare alcune specie di lepidotteri le cui larve si

nutrono a spese delle cheratine alfa e beta costitutive dei tessuti di origine animale, come lana,

seta, bisso e crinoline ma anche di origine vegetale, quali cotone e filati di esso medesimo, lino,rafia

ma anche di altre cheratine, caratteristiche delle piume di uccelli, unghie, corno di mammiferi e

volatili e livree di rettili e addirittura jais. Anche se né Linneo né Fabricius riportano nei loro studi

sistematici e tassonomici nel XVIII sec. La specie più comune, ovvero la Tineola bisselliella, gli

esperti concordano nell’asserire che le varie specie infestanti furono portate in Europa via mare

accidentalmente alla fine del 700 e inizi 800 tramite i trofei di guerra dall’Africa e dall’Asia e che

grazie all’avvento del riscaldamento centrale nelle magioni borghesi e nei musei si siano ben

ambientate e si stanno vieppiù propagando grazie al surriscaldamento del globo terrestre.

E’ noto dalla pratica popolare che alcune fragranze ad elevato pool di terpeni volatili repellono le

tarme adulte, grazie all’aroma a loro sgradito (Canfora, Cedro Rosso Americano dell’Est, ma non

il Cedro Rosso Americano dell’Ovest, Lavanda e Lavandino, Pepe Cubebe, Timo Bianco e

Rosso, Eucalipto, Geranio Bourbon e Menta (var. pulegium), Assenzio, Alloro e Chiodo di

garofano, ma è un mito da sfatare quello per cui dette sostanze odorose possano riuscire utili come

tarmicide, giacché gli addetti ai lavori sanno bene che solo le larve, alla schiusa delle uova deposte

dalle femmine adulte, trovano nutrimento nelle fibre delle cheratine vegetali e animali e si

costruiscono intorno un vero e proprio bozzolo (case o cocoon, alla stessa stregua del baco da seta)

nel quale dopo 65-70 giorni, se le condizioni di temperatura e umidità ambientali sono loro

favorevoli, diventano adulte per il tramite della pupazione e danno luogo allo sfarfallamento per

poter di nuovo, emerse ad adulte, ovideporre e proseguire il loro ciclo vitale. Quindi laddove le

tarme adulte qualora allontanate grazie all’azione di fragranze terpeniche hanno già deposto le uova,

queste ultime permangono e alla ricerca di cibo nelle fibre cheratiniche e apportano danni seri a capi

di vestiario, preferibilmente vetusti, poiché ricchi in residui di sporcizia e umidità e rappresentano

un vero problema per la conservazione di vestiari antichi e campioni tassidermici, custoditi in

ambito museale. Scopo della nostra ricerca è di intervenire a livello della schiusa e

dell’impupamento, cioè sui passaggi da Uovo a Larva e da Larva a Pupa del ciclo vitale della tarma,

tentando di inibirli ambedue grazie all’ausilio di analoghi dell’Ormone Giovanile (J.H.) di origine

biologica. Tali principi odorosi simili strutturalmente agli JH I e III, sottoforma di esteri del

farnesolo e dell’acido farnesoico (ma anche diesteri) e di esteri dell’ acido undecadienoico e

decadienoico, sono repertabili nelle bucce di ibridi di citracee allo stato acerbo. Abbiamo quindi

valutato l’efficacia di detti J.H. analogs su esche a loro volta costituite da analoghi di cheratina alfa

e beta.

Page 137: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

137

BC11

ANALISI FTIR DI ANTICHI LIBRI DANNEGGIATI DA FENOMENI DI FOXING

Vito Librando, Zelica Minniti

Dipartimento di Chimica dell’Università di Catania, Viale A. Doria 6, 95125, Catania

[email protected]

I beni archivistici e librari costituiscono una parte importante del patrimonio culturale nazionale. Al

fine di identificare le metodiche di conservazione e restauro più appropriate, è importante

comprendere l'attuale stato di conservazione del manufatto da un punto di vista chimico-fisico e

come tale stato di conservazione possa essere influenzato dalla microstruttura delle fibre che lo

compongono.

La spettroscopia è uno dei più potenti strumenti per la caratterizzazione di materiali cartacei e

l'identificazione dei prodotti di degradazione. Questo lavoro descrive l'applicazione della

spettroscopia FTIR su campioni carta provenienti da libri fortemente macchiati per studiare le cause

del cosiddetto "foxing".

Allo stato attuale, la natura del foxing è ancora in discussione. Alcuni autori hanno osservato un

attacco biologico, altri la presenza di sali, altri ancora entrambe le attività evidenziando in

particolare spore fungine e prodotti chimici. La complessità del problema è relativo a una varietà di

reazioni chimiche e processi fisici che determinano l’invecchiamento e la degradazione della carta e

che si influenzano a vicenda.

L’analisi ATR-FTIR di macchie dovute al fenomeno di foxing su campioni di carta di

composizione diversa ha confermato la natura biotica di tali macchie imputabili alla presenza di

ceppi fungini attivi o tracce di attività fungina pregressa.

Page 138: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

138

BC12

PREPARAZIONE DI IDROGELI PER APPLICAZIONI NEI BENI CULTURALI

Chiara Riedo, Oscar Chiantore

Dipartimento di Chimica e NIS Centro di Eccellenza, Università degli Studi di Torino

Via Pietro Giuria 7, 10125 Torino

[email protected]

Gli idrogeli e le dispersioni polimeriche ad alta densità sono di grande interesse nel campo del

restauro, in particolare nelle procedure di pulitura e in applicazioni legate alla diagnostica dei beni

culturali.

Convenzionalmente le operazioni di pulitura vengono effettuate con solventi, i quali danno luogo ad

inconvenienti quali penetrazione nel supporto, rigonfiamento e asportazione indesiderata di

materiale originale. Questi inconvenienti si possono limitare aumentando la viscosità del sistema

pulente, utilizzando quindi come base un gelo o una dispersione polimerica ad alta densità.

Nuove formulazioni polimeriche sono state investigate con l’obiettivo di ottenere geli rigidi

facilmente rimovibili e compatibili con solventi non acquosi.

A differenza di quanto già proposto in letteratura, per ottenere un materiale che racchiuda le

proprietà desiderate sono state testate formulazioni con combinazioni di differenti polimeri. Le

proprietà del gel vengono calibrate cambiando la concentrazione e i rapporti dei diversi componenti

del sistema.

Come punto di partenza è stato scelto il poli(vinilalcol) (PVA) che, come è già noto[11

], è in grado

di formare geli stabili in presenza di borace. Per migliorare le proprietà meccaniche del gel e

renderlo maggiormente compatibile con vari tipi di solventi organici è stato studiato un sistema

contenente come additivo il poli(etilenossido) (PEO). Il PEO non è completamente miscibile con il

PVA, ma sono stati ottenuti geli trasparenti, con buone capacità di ritenzione del solvente e

facilmente asportabili. In particolare, tramite misurazioni termogravimetriche è stato possibile

appurare che in presenza di PEO la ritenzione di acetone a temperatura ambiente migliora rispetto

alla formulazione a base di solo PVA.

Prove di pulitura su materiali lapidei trattati con protettivi acrilici sono state effettuate e sono

tutt’ora in corso con lo scopo di verificare l’efficacia nella rimozione del protettivo, la rimovibilità

del gel e l’eventuale presenza di residui del medesimo sul supporto sottoposto a pulitura.

[

11] Carretti E.; Grassi S.; Cossalter M.; Natali, I.; Caminati G.; Weiss R. G.; Baglioni, P.; Dei L., Langmuir 2009, 25, (15),

8656-8662

Page 139: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

139

BC13

CARATTERIZZAZIONE DEI MATERIALI DEL MURALE “TUTTOMONDO” DI

KEITH HARING PRELIMINARE AL RESTAURO DELL’OPERA

Oscar Chiantore1, Chiara Riedo

1, Anna Piccirillo

1, Tommaso Poli

1, Jacopo La Nasa

2,

Francesca Di Girolamo2, Sibilla Orsini

2, Francesca Modugno

2, Ilaria Bonaduce

2,

Maria Perla Colombini2

1Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Torino

2SCIBEC-INSTM, DCCI , Università di Pisa

[email protected], [email protected]

Il murale “Tuttomondo” fu realizzato da Keith Haring nel 1989. L’artista tracciò a mano libera i

contorni in nero dell’opera su una superficie di 200 mq sul muro esterno della chiesa di S. Antonio

Abate a Pisa. I materiali usati dall’artista sono stati forniti dalla Caparol (Vicopisano, Pisa).

Dopo 22 anni dalla sua creazione l’opera, rimasta esposta agli agenti atmosferici e inquinanti,

presentava fenomeni di deterioramento in grado di minare la persistenza nel tempo dell’opera:

alterazioni cromatiche, ingiallimento e ingrigimento dello strato preparatorio bianco, con perdita di

colore e spolvero delle linee di contorno nere.

Nel settembre 2011, nell’ambito del Progetto COPAC – Preventive Conservation of Contemporary

Art, finanziato dalla Regione Toscana, e grazie al supporto del Comune di Pisa e della Friends of

Heritage Preservation (Los Angeles) è stato intrapreso un intervento di conservazione che ha

previsto una campagna diagnostica mirata a valutare lo stato di conservazione dei materiali

costituenti il murale. Analisi stratigrafiche e microanalisi chimiche sono alcune delle tecniche

utilizzate, a supporto dell’intervento di pulitura e protezione dell’opera.

Sono stati effettuati campionamenti minimamente invasivi dalle diverse campiture di colore, dai

bordi neri e dal fondo di preparazione bianco.

Alcuni campioni sono stati osservati in microscopia ottica e sottoposti ad indagine SEM-EDX, sia

tal quali che preparati in sezione. L’osservazione diretta al microscopio ottico e le microfotografie

SEM hanno permesso di evidenziare che la superficie colorata esposta all’esterno è irregolare e

presenta rigonfiamenti e spaccature. Le sezioni osservate in ottico permettono di rilevare sulla

superficie dei campioni uno strato di colore meno saturo, sotto il quale è ancora osservabile uno

strato in cui il colore ha mantenuto la sua saturazione originale, suggerendo quindi un degrado solo

superficiale dello strato pittorico. L’analisi EDX effettuata sulle sezioni permette di ricostruire una

sequenza comune alla maggior parte dei campioni: patina superficiale (carbonato di calcio e solfato

di bario), strato di colore (ossido di titanio, solfato di bario, caolino), strato di maltina idraulica

(base silicatica), malta idraulica/cementizia (base silicatica) e carbonato di calcio. Il degrado della

superficie si ritiene dovuto alla migrazione e ricristallizzazione del carbonato di calcio e solfato di

bario presenti negli strati più profondi.

Le analisi Py-GC/MS e DE-MS mirate alla caratterizzazione del legante organico della pittura,

hanno evidenziato un copolimero stirene-nbutilacrilato.

Tramite analisi FTIR è stato possibile confermare la presenza del carbonato di calcio nella sottile

patina bianca che ricopriva la superficie del murale. In seguito all’intervento di pulitura effettuato

dai restauratori Antonio Rava e Will Shank, è sorta la necessità di identificare un protettivo idoneo

ad essere applicato sulla superficie . Ulteriori indagini sono state quindi svolte per valutare

l’efficacia e la stabilità dei protettivi silossanici Hydrophase (Phase Restauro, Trento, Italia ) e

Disboxan 450 (Caparol, Vicopisano, Italia).

Page 140: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

140

ADDENDUM

AMB41

DISCRIMINANT FUNCTION ANALYSIS AND NEURAL NETWORKS APPLIED TO

APULIA REGION GROUND WATERS AND SOILS DATA SETS: COMPARISON OF

THE CLASSIFICATION AND FORECASTING PERFORMANCE

Pierina Ielpo1*

, Livia Trizio2, Daniela Cassano

1, Antonio Lopez

1, Giuseppe Pappagallo

1,

Vito felice Uricchio1

1Institute of Water Research - CNR Via F. de Blasio, 5 - Bari Italy

*present address: Institute of Atmospheric Sciences and Climate, Lecce, Italy 2Arpa Puglia, Direzione scientifica U.O. Aria, corso Trieste 27, Bari

[email protected]

During the years 2004-2007 Agricultural and Food Authority of Apulia Region has implemented

the project “Expansion of regional agro-meteorological network” in order to assess, monitor and

manage regional ground waters and soils quality. In fact in 2004 a Water and Soil Monitoring

Campaign was launched with the aim to check the quality of soils and ground waters, used for

irrigation, and then the quality level of the regional agricultural produces. The wells monitored

during this activity amounted to 473, and the water samples analyzed were 1021. The amount of

soil samples collected was 417.

The Project founded on a tight soil and water sampling collection, carried out all around the region,

and on the determination of the main physical and chemical parameters of soils and waters.

The large water and soil data sets were subjected to different multivariate statistical techniques with

a view to extract information about the similarities or dissimilarities among the sampling sites,

identification of water and soil quality variables responsible for spatial and temporal variations, the

influence of the possible sources (natural and anthropogenic) on the water and soil quality

parameters and the source apportionment of pollutants sources (Ielpo et al, 2012).

In order to have information about the classification of the ground waters and soils of the different

provinces of Apulia region Discriminant Function Analysis (DFA) and Radial Basis Function

Neural Network (RBF NN) were applied to the data sets collected. In a previous paper we have

shown that for ground water data set the methods pointed out the effective division among waters

quality of different provinces. Even if both methods DFA and RBF NN applied to water data set

gave good results in terms of classification and forecasting, the RBF NN showed better

performance (Ielpo et al, 2012). In this work a comparison between Discriminant Function Analysis

and Radial Basis Neural Network results on water and soil data sets will be shown.

P. Ielpo, D. Cassano, A. Lopez, G. Pappagallo, V. F. Uricchio, P. Abbruzzese De Napoli.

Chemistry Central Journal 2012, 6(Suppl 2):S5

P. Ielpo, D. Cassano, A. Lopez, G. Pappagallo, V. F. Uricchio, L. Trizio, G. de Gennaro, 21st

Century Watershed Technology Workshops, Proceedings, May 27-June 1, 2012, Bari, Italy

Page 141: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

141

Indice degli Autori

Page 142: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

142

AUTORI PAGINA

Abete C. 37

Accoto G. 84

Acito E. 84

Agostiano A. 50,94,133

Aiello D. 68

Amodio M. 64,101

Andriani E. 62,64,69,110

Angiuli L. 62,67

Annicchiarico C. 92,102,103,120

Anselmo M. 85

Anzilotta G. 84,86

Assennato G. 31,62,63,64,65,67,92,99,112,123

Atrei A. 127

Avino P. 104

Baglivi F. 68

Bailardi F. 104

Balliana E. 45,60,79,134

Barbante C. 79

Barbieri G. 36

Barbieri L. 87

Barbieri P. 36,88

Barca E. 53

Barnaba R. 67

Baroni C. 79

Basile F. 92

Bastianoni S. 35,96

Bedini A. 125

Belmonte M. 76

Benetti F. 127

Bernardi E. 32,89

Berto D. 75

Bertocchi F. 70

Bevere M. 65,112

Bignozzi M.C. 89

Biocca P. 58

Biscontin G. 30,45,60

Blonda M. 62,99

Bochicchio D. 84

Bodini S. 57

Bolzacchini E. 73

Bonacini I. 128

Page 143: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

143

Bonaduce I. 139

Bondesan A. 79

Bonduce I. 80

Bonifazi G. 108

Borghesi D. 125

Boscolo Brusà R. 75

Botticelli G. 49

Brattoli M. 74

Brigante M. 42

Brunelli A. 41

Brunetti B.G. 47,61

Bruno D. 63

Brusasca G. 65

Bruzzoniti M.C. 90

Buccolieri A. 129,130

Buccolieri G. 129

Bufo S.A. 22,121,122

Buonocore M. 91

Cacciatore F. 75

Cairns W. 79

Calabrò D. 67

Calace N. 116

Caldarola D. 90

Calia A. 94,133

Caliandro L. 116,118

Campanella L. 116

Candotti G. 36

Canzano S. 43

Capasso S. 43

Caprioli P. 67

Cardellicchio N. 26,91,92,102,103,118,120

Caro D. 35

Cartechini L. 47

Casamassima M. 124

Casoli A. 78,131,132

Cassani S. 39,93

Cassano D. 140

Castellani V. 55

Castellano A. 129

Castellano G. 92

Cataldi T. 86

Catelli E. 44,59

Catino S. 74

Catucci F. 67

Ceccato D. 111

Ceriani L. 40

Cespi D. 55

Checchini L. 54

Chiantore O. 138,139

Page 144: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

144

Chiari G. 24

Chiavari C. 89

Ciacci L. 32,55,115

Cilenti L. 98

Cincinelli A. 72

Ciofi L. 54

Colangiuli D. 94,133

Colombini M.P. 28,80,139

Colucci C. 67

Comparelli R. 50,51,94,133

Conversano M. 92

Coppini E. 54

Corticelli C. 114

Coscieme L. 95,96

Cozzutto S. 36,88

Cremisini C. 116

Cremonesi P. 132

Cucciniello R. 52

Curri M.L. 50,51,94,133

D’Adamo R. 97,98

D’Agnano A.M. 62,67

D’Amico S. 82

Dambruoso P. 62,64,69,74,100,101,110

Daresta B.E. 62,64,66

Daveri Alessia 61

De Carlo R.M. 90

de Gennaro G. 62,64,66,69,74,100,101,110

De Laurentiis E. 38,42

De Marinis Loiotile 62,69,74,110

De Pellegrini R. 85

Dell’Erba A. 99

Del Bubba M. 54

Del Moro G. 53

Del Prete F. 97

Di Gilio A. 62,64,69,100,101,110

Di Girolamo F. 80,139

Di Iaconi C. 53

Di Leo A. 76,91,92,102,103,120

Di Palma V. 69,110

Drava G. 85

Esposito V. 63,67

Fabbrocini A. 97

Falchi L. 45,60,134

Falini G. 128

Fanizza E. 50

Fermo P. 105

Ferraro L. 76

Page 145: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

145

Ferrero L. 73

Ferriani B. 48, 58

Ferrini B.S. 73

Ferrini M. 108

Fibbi D. 54

Ficocelli S. 62,67

Ficotto S. 105

Filippo E. 130

Filippo G. 124

Focardi S. 56

Formenton G.M. 105

Francesconi S. 37

Frontalini F. 76

Fuoco R. 37

Gabellini M. 75

Gabrieli J. 79

Galasso V. 104

Gambaro A. 73

Ganzerla R. 81

Genga A. 68

Gerbasi R. 51

Ghimenti S. 37

Ghirardello G. 88

Giancane G. 46,135

Giancontieri V. 108

Giandomenico S. 76,92,102,103,120

Giannarelli S. 37

Giannico C. 104

Gigante L. 63

Giua R. 62,64,65,67,112,123

Gliozzo E. 127

Gonnelli C. 54

Gramatica P. 39,40,93

Greco M. 76

Grøntoft T. 80

Guerranti C. 56

Guerriero E. 108

Guidone S. 108

Hofer A. 105

Ielpo P. 140

Imperio E. 46,135

Iovino P. 43

Isca C. 131

Izzo F.C. 45,48,58,60,134

Jeliazkova N. 93

Jones K. C. 72

Page 146: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

146

Kochev N. 93

Kovarich S. 39,40,93

Lancellotti I. 87

Langellotti A.L. 97

La Nasa J. 139

Laricchiuta A. 64

Laterza V. 79

Lava R. 106

Lazzati Z. 73

Leone V. 43

Lettieri M. 94,133

Librando V. 113,137

Licen S. 36,88

Lo Porto C. 73

Longo S. 124

Lopez-Aparicio S. 80

Lopez A. 140

Lorusso E. 51

Lorusso S. 33

Lugli S. 49

Maffei A. 63,67

Mailhot G. 42

Manca M. 67

Mangili I. 21,107

Manigrasso M. 104

Manni A. 108

Manno D. 130

Mantovan M. 62

Manzo C. 98

Marabelli M. 129

Marchetti G. 109

Marchettini N. 56,127

Marcomini A. 29,41,81,106

Marras S. 81

Marraudino A. 124

Martellini T. 72

Martinelli W. 92

Martini C. 89

Martini L. 136

Martini-Ugurgieri G.M.E.F 136

Marzocca A. 69,110

Mascolo G. 50,51,53

Masiol M. 77,105,111

Mastore A. 84

Matteini M. 49

Mauriello M.R. 86

Maurino V. 38,42,109,125

Page 147: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

147

Mazzeo R. 44,59,128

Mazzone A. 69,110

Menegotto M. 62,67

Menegus L. 106

Miliani C. 61

Minella M. 38,42,109

Minero C. 38,42,109,125

Minganti V. 85

Minghelli S. 49

Minniti Z. 137

Miotto L. 135

Modenesi P. 85

Modugno F. 139

Morabito A. 65,112,123

Morandi F. 35,96

Morselli L. 32,55,114,115

Morselli M.G. 112

Mosca S. 108

Moscetta P. 57

Motori A. 89

Motta O. 52

Murgolo S. 51

Musolino V. 62,64,67

Nardi E. 116

Nardinocchi C. 132

Neri E. 35

Nilsson S. 93

Nocioni A. 62,67

Nola V. 84

Noventa S. 75

Öberg T. 93

Odlyha M. 80

Oliva G. 104

Onida B. 90

Onor M. 37

Orsini S. 139

Pagliarulo A. 50,94,133

Palma A. 84,86,124

Palmieri M. 47

Palmisani J. 64,69,100,110

Palmisano F. 53

Panniello A. 50

Paolillo R. 62,64,67

Papa E. 39,40,93

Pappagallo G. 140

Pappalardo M. 113

Passaglia E. 87

Passarini F. 55,89,114,115

Page 148: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

148

Pastore T. 65,112

Paterno R. 43

Patrizi N. 96

Pavoni B. 77,105,111

Pellegrini A.L. 104

Pelliciardi V. 95

Perra G. 56,127

Perri F. 104

Perrone M.G. 73

Petraccone S. 74

Petronella F. 50,94,133

Petronio B. M. 116,118

Piazzalunga A. 88,105

Piccirillo A. 139

Pieri F. 72

Pietrantonio M. 116,118

Pietroletti M. 116,118

Pipino A. 84

Pitzurra L. 47

Plossi P. 36,88

Pojana G. 41,81,106

Poli T. 139

Porcelli F. 69

Prati S. 44,59,128

Pratim Roy P. 93

Predieri G. 132

Primicino A. 99

Proto A. 52

Pukalov O. 93

Pulselli F.M. 95

Pulselli R.M. 96

Quaranta M. 59

Rahmberg M. 93

Rampazzo F. 75

Rampazzo G. 77,105,111

Reggi M. 128

Renzi M. 98

Riedo C. 138,139

Rinna F. 97

Rizza A. 39

Romeo M. 88

Ros V. 79

Rosi F. 61

Rosito V. 62,67

Rossetti F. 95

Rossi F. 52

Rotatori M. 108

Rubino F. 76

Page 149: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

149

Saccani I. 131

Saggese F. 131

Salvestrini S. 43

Sangiorgi G. 73

Sansone G. 97

Sarzanini C. 90

Sasso S. 22,121,122

Scavetta E. 128

Scigliuzzo F. 130

Scirocco T. 98

Sciutto G. 44,59

Scrano L. 22,121,122

Sebastiani E. 81

Selva Bonino V.E. 132

Serra A. 130

Sessa R. 97

Sgamellotti A. 61

Sgobbi M. 134

Sharff M. 80

Siciliano M. 68

Siciliano T. 68

Silvestri F. 97

Spada L. 76,92,102,103,120

Spagnolo S. 65,112

Spartera M. 62,63,67,99

Specchiulli A. 98

Squizzato S. 77,105,111

Striccoli M. 50

Sweetman A. 72

Tanzarella A. 65,123

Tegoni M. 132

Termine M. 37

Tieppo P. 105

Tinarelli G. 65,112

Tolloi A. 36,88

Tonelli D. 128

Tortorella C. 68

Toschi T. 87

Trabace T. 124

Trizio L. 64, 140

Trotta M. 66

Trotta V. 121

Turbanti Memmi I. 127

Turetta C. 79

Tutino M. 62,64,69,100,110

Ungaro N. 92

Uricchio V.F. 140

Page 150: xiii congresso nazionale di chimica dell'ambiente e dei beni culturali

150

Vagnini M. 47

Valentini E. 65,112

Valli L. 46,135

Van den Berg K.J. 48

Van der Wal L. 39

Van Keulen H. 48,58

Vassura I. 55,89,114,115

Vernale C. 104

Veronico P. 66

Villani G. 97

Vione D. 38,42,109,125

Visentin F. 51

Vitiello V. 97

Zangrando R. 73

Zannini P. 49

Zendri E. 30,45,48,58,60,134