Dott. Francesco Gulli Pedagogista Clinico Pedagogista per le
difficolt di apprendimento- Pedagogista dello Sport
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BES: Bisogno Educativo Speciale Lidea di Bisogno Educativo
Speciale fondata sul funzionamento globale della persona, come
definito dallOrganizzazione Mondiale della Sanit nel modello ICF,
porta ad un superamento delle categorie diagnostiche tradizionali
nella fase del riconoscimento di una situazione in cui lalunno ha
diritto a un intervento individualizzato inclusivo.
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Non significa rifiutare o ignorare le diagnosi cliniche che
hanno un profondo significato per gli aspetti legati alla terapia,
alla prevenzione, al trattamento educativo. Nel modello di Bisogno
Educativo Speciale entrano anche alunni che non potrebbero essere
diagnosticati con alcuna delle condizioni patologiche tradizionali,
ma che hanno talvolta enormi Bisogni Educativi Speciali che vanno
riconosciuti in tempo ed esattamente, anche se sfuggono ai sistemi
tradizionali di classificazione
La soglia tra funzionamento normale e problematico Linsegnante
e i genitori colgono in tempo, si accorgono che qualcosa non va,
che il funzionamento del bambino e dellalunno in qualche modo sono
negativamente condizionati.
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E allora?.... Come passare da una sensazione soggettiva di
disagio a una valutazione il pi possibile oggettiva che quello
stato di funzionamento in quel particolare momento effettivamente
problematico per il bambino?
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Per fare questo passaggio dovremmo avere alcuni criteri il pi
possibili oggettivi per decidere.
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TRE criteri il pi possibile oggettivi per decidere e capire
quando c difficolt..
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Tre criteri: 1. Danno 2. Ostacolo 3. Stigmate sociale
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Il primo criterio quello del danno, effettivamente vissuto
dallalunno e prodotto su altri, alunni o adulti, rispetto alla sua
integrit fisica, psicologica o relazionale. Si pensi a disturbi del
comportamento gravi. Allautolesionismo, ai disturbi emozionali
gravi, gravi deficit di attivit personali, a situazioni di grandi
rifiuti o allontanamento dal gruppo
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Il secondo criterio lostacolo. Un funzionamento problematico
realmente tale per quel bambino se lo ostacola nel suo sviluppo
futuro, se cio lo condizioner nei futuri apprendimenti cognitivi,
sociali, relazionali ed emotivi. Rischia di porre il bambino in una
situazione di svantaggio per ulteriori successivi sviluppi.
Pensiamo al disturbi apprendimento o disturbo specifico
apprendimento.
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Terzo criterio pu essere la Stigmate sociale. Con questo terzo
criterio ci si chiede se oggettivamente il bambino, attraverso il
suo scarso funzionamento educativo-apprenditivo, stia peggiorando
la sua immagine sociale, stia costruendosi ulteriori stigmi,
soprattutto se appartiene a qualche categoria socialmente debole.
Unimmagine sociale negativa diventer ostacolo e successivamente
danno allo sviluppo
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Interventi psicoeducativi positivi sui comportamenti
problema
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Alleanza psicoeducativa; Osservazione dei comportamenti
realmente problematici; Rilevazione delle reali difficolt;
Comprendere la funzionalit della persona; Mettere insieme le
competenze degli adulti e interventi sostitutivi positivi; Le
strategie adottate e da adottare; Risultanze positive e possibili
strategie da adottare.
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Alleanza psicoeducativa Gli interventi psicoeducativi si
inseriscono nella cornice di una forte alleanza tra chi condivide
la responsabilit di cura, sviluppo, e benessere della persona:
genitori, insegnanti, pedagogisti, psicologi, educatori personale
medico e del volontariato; Lalleanza prevede labilit da parte degli
adulti di perseguire obbiettivi comuni; Riuscire a guidare i
genitori e fornirgli strumenti utili in modo da attivare risultanze
e risorse positive.
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Lalleanza educativa richiede prima di tutto capire insieme
lorigine dei comportamenti problema e la loro comprensione. I
comportamenti problema sono funzionali al soggetto che li
manifesta, anche se sono realmente dannosi e controproducenti. Le
funzioni che essi svolgono sono prevalentemente comunicative
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Posizione ormai prevalentemente condivisa dalla comunit
Internazionale attraverso gli studi EdwardCarr (1998), secondo il
quale i comportamenti problema sono dei precisi atti di
comunicazione, messaggi non sempre facili da interpretare. In
mancanza di strategie di comunicazione migliori e socialmente pi
accettabili, la persona con difficolt user i comportamenti
problema. Quindi, il comportamento problema la comunicazione lo
dovr essere anche il suo trattamento educativo.
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Il trattamento non dovr essere solo mirato a ridurre o
eliminare il comportamento (anche se talvolta necessario, urgente e
umano pensarlo e agirlo), ma deve puntare a identificare la
funzione e insegnare forme alternative e pi efficaci di
comunicazione
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Lalleanza tra genitori e operatori pu essere fondata su alcuni
principi che possono essere condivisi: Migliorare ladattamento
dellindividuo al mondo in cui vive, potenziando le abilit esistenti
attraverso luso delle migliori tecniche educative disponibili; Dare
priorit allincremento delle abilit esistenti e riconoscere
accettandoli, i punti deboli da migliorare. Utilizzare strategie
che favoriscano linclusione scolastica e sociale.
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Losservazione dei comportamenti realmente problematici
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Osservare e allearsi con il vissuto affettivo Milton Erickson
riteneva che la competenza pi importante clinica fosse proprio
losservazione.. Il problema per linsegnante che deve osservare pi
velocemente possibile senza farsi condizionare dai pregiudizi
Riconoscere alcuni segni della vita affettiva.. sono nascosti..
importante riconoscere alcuni segni nello sguardo, nella postura,
nelle parole dette e in quelle taciute
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Osservazione dei comportamenti realmente problematici
Osservare; Osservare e capire se i comportamenti osservati sono
davvero problematici per lalunno oltre che per noi; Va assunta una
prospettiva pi neutrale, che ha a cuore il benessere, lo sviluppo e
la liberazione del soggetto dalle gabbie dei suoi comportamenti
problema
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DIMENSIONE RELAZIONALE DIMENSIONE AFFETTIVA DIMENSIONE
DIDATTICA PROCESSI DI MEDIAZIONE DELLA MICRODINAMICA DI
INSEGNAMENTO/APPRENDIMENTO
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Questi quattro piani si interconnettono e si influenzano a
vicenda. Le azioni e le strategie per linsegnamento e lo sviluppo
in un alunno con difficolt non saranno mai semplici, uniche e
totalizzanti
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Abbiamo bisogno di una mappa che orienti e costruisca una
visione dinsieme, anche per cercare consapevolmente nella carriera
professionale sempre nuovi approcci, azioni, materiali, che sapremo
per assimilare bene nel nostro background.
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Linsegnante e leducatore, leggendo, studiando e sperimentando
incontreranno nuove proposte e le potranno collocare al livello
della relazione, dellaffettivit, della metodologia/organizzazione,
della mediazione, oppure con varie sovrapposizioni e scavalchi, ma
sempre con consapevolezza critica
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Lo sviluppo di competenze e lapprendimento hanno bisogno di: 1.
Relazione positiva; 2.Sostegno affettivo; 3.Organizzazione e
struttura della didattica; 4.Di gestione dei processi
insegnamento/apprendimento.
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LA CORNICE RELAZIONALE: LA QUALITA DELLA RELAZIONE
INSEGNANTE-ALUNNO
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Una buona relazione tale .soltanto se lo per entrambi (D.Ianes,
V.Macchia)
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La Pedagogia ci insegna che una buona relazione di aiuto uno
sviluppo, una crescita, un processo che ha bisogno di tempo, di
occasioni e di incontri ripetuti, non bisogna avere fretta.
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Nella relazione essenziale sfuggire a due rischi:
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1. La manipolazione e il controllo dellaltro per i propri
bisogni (di approvazione, di sentirsi, indispensabili, amati e
efficaci nel curarlo) 2. La fuga dalle responsabilit di rimanere a
contatto con i propri vissuti affettivi Lettura di Crittenden
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Ricercare nella relazione educativa la difficile terza via
dellautorevolezza stretta tra autoritarismo e assenza di
regole*
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Accettazione incondizionata Una relazione si avvia a diventare
buona quando ci si accetta per quello che si , quando laltro mi va
bene al di l delle sue capacit, competenze, stato di salute, et,
comportamento. Pianta (2001) ci si suggerisce di dedicare del tempo
allo stare insieme non vincolato a unattivit finalizzata e scelta
dal docente.
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Lascolto attivo, conoscenza, comprensione empatia Lascolto
attivo trattenersi fortemente dalle interpretazioni frettolose,
dalle schematizzazioni rigide. Lascolto attivo sempre provvisorio,
alla ricerca di una conoscenza transitoria.
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Va aperta la nostra percezione a molti vari linguaggi
espressivi, sia verbali che del corpo, della prossemica e anche ai
comportamenti apparentemente non comunicativi
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Il terzo ambito di riflessione riguarda lempatia sentire
laltro. Un insegnante empatico riesce a comprendere lemozione
dellalunno (comprendere non significa giustificare, n spiegare
soltanto razionalmente), gli sta vicino mentre la esprime, gli
consente di esprimerla, lo aiuta a nominarla-classificarla, e forse
a controllarla un po di pi, in modo produttivo e non
repressivo
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Stimolo, aiuto, azione orientata, proposta, guida, attese Per
educare bisogna partecipare con energia al processo formativo.
Ognuno deve essere guidato ma anche aiutato a diventare autonomo.
Maria Montessori suggeriva Aiutami a fare da solo
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Elaboriamo un alfabeto della comunicazione positiva come base
per formare una relazione positiva su cui far leva nella didattica:
A. ACCOGLIENZA B. BISOGNI DELLALTRO C. CUORE D. DECISIONE E.
EMPOWERMENT, strategie per rendere laltro competente
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Autostima, identit e sicurezza Nella nostra azione di aiuto
allapprendimento cerchiamo di tener conto dellautostima dellalunno
e della nostra Se lazione sta andando bene, lautostima aumenta, e
con essa lautoefficacia, la motivazione intrinseca, la curiosit e
gli interessi, la ricerca di obiettivi sempre pi avanzati.
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Alcuni aspetti della relazione insegnante-alunno sono molto
connessi con lidentit. Si aiuta lidentit conservando e rielaborando
insieme la memoria di una storia personale e familiare e insieme
progettando il futuro, con i suoi desideri, valori e obiettivi
(Ianes e Demo)
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Linsegnante un modello di eccezionale valore per aiutare
lalunno nella scoperta di s: lanimale umano scopre se stesso, come
quel certo corpo che , quella certa soggettivit che soltanto
attraverso la relazione con laltro. Cimatti 2005