… perun’educazionecomunitaria
PropostaFormativa
2016/2017
Indice
Introduzione pag. 3
1. La scuola come ricerca comune pag. 4
a. Educazione formale, non-formale e informale pag. 5
b. Peer education pag. 6
2. La valutazione pag. 7
a. Curricola personalizzati pag. 7
b. Peer assessment pag. 8
3. L’alternanza scuola–lavoro pag. 9
4. Proposte di attività pag. 11
a. Gruppi di studio pag. 11
b. Punti di Incontro pag. 12
c. La scrittura collettiva pag. 13
2
Per la Proposta dell’anno 2016 si ringraziano Michele Giovanardi, Giovanni Mugnaini, Roberta Lancellotti e Silvia Malacarne.
Introduzione
Nell’anno in cui ricorrono i cinquant’anni dalla morte di Don
Lorenzo Milani, il Msac vuole accompagnare gli studenti durante
tutto l’anno scolastico con alcune schede formative che, basandosi
proprio sui pensieri e sull’opera di Don Lorenzo, li aiutino a vivere
al meglio il tempo passato dentro le aule scolastiche e, perché no,
anche quello passato fuori da scuola.
Lo scopo di questa scheda è proprio quello di presentare nuovi possibili metodi
educativi in parallelo con le idee di educazione che aveva il prete di Barbiana.
Don Lorenzo, infatti, insisteva molto sull’idea che il processo educativo non dovesse
essere soltanto un processo graduale, istituzionalizzato, da attuarsi soltanto tra le
quattro mura di un’aula scolastica. Vedeva l’educazione come un fatto comunitario,
come un’occasione unica di crescita per tutti, studenti e insegnanti.
Padre Balducci, parlando di Don Milani, scrisse che “la scuola di Barbiana fu una
scuola comunitaria, in cui davvero prese corpo la famosa tesi di Paolo Freire:
«nessuno educa nessuno, gli uomini si educano insieme»”. Questa affermazione
potremmo considerarla una parafrasi dell’I Care, motto di quella piccola e particolare
scuola “per contadini” del Mugello. “Un metodo troppo avanti”, è stato detto da
molti autorevoli commentatori, per la scuola delle città degli anni ’60 del secolo
scorso; figuriamoci per chi a scuola andava soltanto quando il tempo era brutto e
non c’erano da portare fuori le poche bestie presenti in quei casolari isolati tra i
boschi.
Eppure la concezione del processo educativo come crescita e come ricerca comune la
ritroviamo in gran parte dei nuovi metodi educativi che sono stati proposti e ideati
da studenti, da professori e anche, come vedremo, dalle istituzioni dell’Unione
Europea. Tutto questo fa di Don Lorenzo Milani, oltre che grande innovatore, un
grande precursore di metodi “non canonici”, che si basano sulla trasmissione
3
orizzontale del sapere e cercano di rendere la scuola sempre più uno strumento di
ricerca comune, in cui anche il maestro, il professore, diventa alunno.
Le esperienze vissute fuori e dentro la scuola dagli studenti diventano una parte
fondamentale del processo educativo, in quanto occasioni che un giovane ha per
imparare, per farsi quel bagaglio, anzi, quello zaino, che si porterà sulla schiena
nella vita. Anche in questo ci ha preceduto Don Lorenzo: la sua scuola, infatti, si
basava anche sulle storie di vita che ogni giorno quei bambini di campagna
raccontavano al prete. Sempre Padre Ernesto Balducci ha scritto che “il suo sforzo
era quello di mettersi a disposizione dei ragazzi in modo da essere uno strumento di
illuminazione e consapevolezza e in modo da accogliere i temi del discorso,
dell’esperienza vissuta dai suoi ragazzi”1.
Applicando le idee di Don Lorenzo al nostro tempo, possiamo pensare a qualche
innovazione attuabile nelle nostre scuole. In questa scheda vi presenteremo alcuni
possibili metodi educativi, che si affiancano alle ore passate seduti a studiare poeti o
funzioni matematiche (comunque necessarie, eh!).
1. La scuola come ricerca comune
La visione del processo educativo come fatto comunitario apre a nuovi scenari
dell’educazione (fuori e dentro la scuola) e permette di considerare come occasioni
per imparare gran parte delle esperienze personali che il giovane studente fa ogni
giorno. Da tempo ormai anche l’Unione Europea si sta interessando a queste nuove
forme di educazione. Presentiamo due esempi di metodi educativi innovativi che
mettono al centro proprio questa caratteristica comunitaria di ricerca, che la scuola
può (e deve) assumere.
1 Educare alla mondialità – conversazioni su Don Lorenzo Milani, Padre Ernesto Balducci, Giunti, p. 68
4
a. Educazione formale, non-formale e informale
Con il termine educazione formale si vuole intendere quel tipo di educazione
fortemente istituzionalizzata, graduale, che ha un iter specifico: in altre parole, la
scuola. Fino a poco tempo fa questo metodo era ritenuto l’unico realmente valido per
far sì che un ragazzo si formasse come uomo del futuro e come cittadino. Nonostante
continui ad avere un ruolo centrale nel processo di apprendimento, recentemente
all’educazione formale sono stati affiancati altri due metodi, che stanno rinforzando
l’idea che il processo educativo prende forza anche dal confronto e dalle occasioni
che esulano da quel “processo discendente e gerarchico, che prevede il maestro in
cattedra e gli alunni che ascoltano”.
L’educazione informale racchiude proprio quel processo educativo destrutturato,
attuato con l’esperienza personale dell’individuo, che ha occasione di migliorarsi ogni
giorno traendo spunto dagli infiniti stimoli nei quali si imbatte. Per questo, più che
educazione informale, alcuni preferiscono chiamarlo apprendimento informale.
Alla voce educazione non-formale, invece, negli ultimi anni sono state date molte
definizioni che vedono questo tipo di educazione come qualcosa di definito e
strutturato, ma che si allontana dagli schemi dell’educazione formale. Tale
concetto quindi si può applicare in molti campi: a scuola, ad esempio, può diventare
un nuovo tipo di struttura della lezione in cui l’insegnante cerca di far sì che gli
studenti apprendano e creino il loro zaino di esperienze nel modo migliore, mettendo
da parte lo schema “classico” della lezione frontale. Se pensiamo un attimo, lo si
può fare per esempio con il professore di storia, con il quale si possono commentare
i quotidiani e contestualizzare le notizie dal punto di vista storico… Oppure, tramite
una collaborazione tra gli insegnanti di italiano e di storia, studiare i conflitti
mondiali del XX secolo attraverso il libri scritti da persone che quelle guerre le
hanno vissute… Chi ne ha più ne metta!
5
L’Unione Europea ha riconosciuto, negli ultimi anni, la validità di questi metodi
alternativi da affiancare all’educazione istituzionalizzata. Tramite il portale
youthpass.eu si è cercato di dare spazio alla formazione dei giovani, anche per
ambiti che esulano da quello scolastico, primo fra tutti l’ambito lavorativo.
All’interno di questo sito si trovano molte schede sui metodi educativi ma anche
sull’importanza dell’imparare e sul percorso che ogni giovane compie durante questo
processo. Un altro sito su cui approfondire è infed.
b. Peer education
Letteralmente il termine peer education si può tradurre come “educazione tra pari”
ed è un altro metodo che si sta affiancando all’insegnamento scolastico. Si basa sulla
comunicazione tra coetaneo e coetaneo e sul fatto che all’interno di un gruppo c’è
un’occasione continua e reciproca di formazione.
Anche questo metodo può essere applicato in molti settori, dall’ambiente di lavoro
fino alla scuola. Attraverso questa tipologia di insegnamento, il professore (che
possiamo tranquillamente considerare come “l’esperto in materia”) si affianca ai
ragazzi e li guida all’apprendimento di un dato argomento sfruttando soprattutto il
confronto che nasce all’interno del gruppo.
La peer education per certi aspetti può sembrare molto simile alla non–formal
education (vedi paragrafo a.), ma è un metodo più specifico e dettagliato: se, infatti,
all’interno del concetto di educazione non formale si può far rientrare moltissime
attività, la peer education si basa unicamente sul confronto e sulla discussione del
gruppo. Prevede cioè un metodo di lavoro preciso, univoco, basato sullo scambio di
idee, di opinioni e di esperienze diverse che ci possono essere all’interno di una
classe scolastica.
Se ben sfruttato, quindi, può risultare un buonissimo metodo integrativo alla lezione
frontale scolastica: attraverso il confronto, lo scontro, la discussione in classe, dove
6
tutti ci dobbiamo considerare “pari”, uno studente può maturare la sua esperienza e
vivere da protagonista le ore scolastiche, partecipando con motivazione e in maniera
attiva.
Per capire meglio cos’è questo metodo e come può essere integrato nella scuola,
potete leggere una scheda scritta nel febbraio 2010 dagli aderenti al progetto PRESTO
(Peer Related Education Supporting Tools), sostenuto anche dall’UE.
(Link: Guida alle attività di peer education nella scuola)
2. La valutazione
Anche uno strumento come la valutazione
scolastica può essere rivisitato nell’ottica
dei nuovi metodi educativi: spesso infatti
corriamo il rischio di essere etichettati con voto, come se quel numero bastasse per
descrivere tutti noi stessi. Don Lorenzo si scagliava molto contro questa concezione
del voto che serviva solo per presentare lo studente come “bravo” o come un
“buono a nulla”.
a. Curricola personalizzati
La valutazione è un tema che da sempre il Msac ha a cuore (rileggete in merito il
Manifesto della buona scuola del Msa c ), e con la nuova legge de “la Buona scuola”
si è cercato di fare qualche passo avanti per far sì che anche la valutazione diventi
un ulteriore strumento per la crescita dello studente.
Con la nuova legge, infatti, gli studenti possono valutare i professori attraverso il
Nucleo di Valutazione che ogni scuola ha istituito. Ma soprattutto nella nuova legge
si parla di curricola “personalizzati” per gli studenti, veri e propri curriculum che
7
ogni studente potrà compilare con le competenze che ha maturato all’interno della
scuola, attraverso corsi extrascolastici, e anche all’esterno dell’istituto scolastico, nella
sua vita privata. L’intento sarebbe anche quello di dare un peso a questo curriculum
al momento dell’esame di maturità.
Il curriculum che la scuola aiuta a redigere può rivelarsi uno strumento efficace per
l’orientamento dello studente alla fine del ciclo scolastico e, soprattutto, per gli
studenti che dopo le superiori si trovano “catapultati” nel mondo del lavoro senza
sapere nemmeno da dove cominciare.
Potreste provare, perciò, a proporre questo strumento nelle vostre scuole, in
collaborazione con il preside e con il corpo docenti!
b. Peer assessment
Il peer assessment è un metodo di valutazione molto particolare che è stato utilizzato
inizialmente dalle aziende statunitensi, ma che negli ultimi anni è stato ripensato
anche in ambito scolastico.
Questo particolare tipo di valutazione vede gli studenti coinvolti in prima persona
nel valutare sia il loro lavoro che quello dei compagni, anche se comunque l’ultima
parola spetta al docente, che deve dare il voto finale.
Lo scopo è quello di rendere lo studente capace di senso critico, in modo che
riesca a giudicare in modo serio il suo lavoro e quello dei compagni, anche
attraverso il confronto e la discussione in classe dopo la correzione.
Può sembrare un metodo del tutto innovativo, ma sappiate che anche in questo ci
aveva preceduto Don Lorenzo: a Barbiana i ragazzi più grandi erano i primi
maestri di quelli più piccoli. Questo era uno degli aspetti più innovativi e più
importanti di quella scuola, come si può leggere in “Lettera a una professoressa”.
8
Per attuare questo metodo occorre però un sano impegno da parte di professori e
studenti: se i primi, infatti, non devono vedere il peer assessment come un’occasione
per risparmiarsi il tempo della correzione dei compiti, gli altri sono chiamati a
mettersi con serietà e impegno a valutare il lavoro degli altri studenti, cercando di
non fare favoritismi tra i compagni. Diciamoci la verità, a tutti verrebbe voglia di
farlo, ma così si sminuirebbe il metodo e non si arriverebbe allo scopo previsto: il
confronto tra gli studenti, cosa non sempre scontata tra i banchi!
Con l’aiuto di un vostro prof, potreste provare a mettere in atto questo metodo per
la correzione di verifiche fatte in classe!
3. L’alternanza scuola–lavoro
Negli ultimi anni si sta discutendo molto anche sul peso da
dare all’alternanza scuola–lavoro e su come attuare
questo progetto. Con la nuova legge si è provato a
regolamentarlo e a dare le linee guida perché sia i licei
che soprattutto gli istituti tecnici sfruttino queste occasioni per inserire gli studenti
all’interno del mondo del lavoro e per educarli tramite metodi che esulino dalle
lezioni tipiche che si tengono a scuola (si rimanda al punto 1, paragrafo a).
Con questo progetto, la scuola invita lo studente a passare delle ore scolastiche (400
in tutto per gli istituti tecnici, 200 per i licei) all’interno di aziende, enti pubblici,
musei, ecc.
L’alternanza scuola–lavoro è un vero e proprio metodo educativo innovativo, che
però spesso rischia di rimanere soffocato tra le troppe pratiche burocratiche e, la
maggior parte delle volte, lo studente rischia di vivere le ore di alternanza come un
qualcosa di imposto, che “si deve fare”. Ovviamente, questo punto di vista non lo
9
aiuta di certo a sentire questi momenti come una vera e propria occasione di
crescita.
Nell’ultimo anno scolastico tutte le scuole hanno dato la possibilità agli studenti di
fare ore di alternanza scuola–lavoro e questo metodo, che ha chiaramente bisogno di
essere assimilato e per certi aspetti anche migliorato, ha visto studenti al fianco di
lavoratori all’interno di aziende oppure li ha visti impegnati come guide in un museo
della loro città.
Può diventare quindi un valido momento di formazione personale per lo studente e
può riabilitare quella “componente creativa” che anche Don Lorenzo Milani cercava
di risvegliare nei suoi ragazzi.
Tutti questi metodi innovativi, che possono essere integrati all’educazione tipica che
troviamo nelle nostre scuole, rappresentano l’aspetto comunitario dell’educazione
che non è facile ritrovare nelle scuole di oggi, troppo spesso sommerse da pratiche
burocratiche, dalla frenesia di compilare moduli e finire i programmi.
Le occasioni di confronto e di discussione all’interno della classe non devono mai
mancare nel nostro percorso scolastico e questi metodi possono rivelarsi uno
strumento utile. Sono infatti focalizzati proprio nel far risaltare la personalità del
singolo studente presente in classe e puntano alla formazione dell’esperienza e alla
realizzazione del ragazzo come uomo e come cittadino. Proprio come Don Lorenzo
che con la sua scuola, per mezzo di un’educazione “orizzontale”, ha voluto dare a
dei bambini, a dei ragazzi, un futuro e delle speranze apparentemente inimmaginabili
per loro.
10
4. Proposte di attività
a. Gruppi di studio
Una delle più conosciute tecniche di insegnamento alla scuola di Barbiana era
“l’educazione tra pari”; non il docente che spiega ai ragazzi, non un adulto verso
dei giovani, ma studenti per gli studenti, da compagni di classe a compagni di classe.
Come più volte richiamato in questa scheda, oggi una versione simile di questo
metodo è chiamata “peer education”.
Come prima proposta di attività, vi invitiamo a organizzare un gruppo di studio,
all’interno delle vostre scuole, con i vostri stessi compagni d’istituto; magari
chiedendo aiuto a un vostro docente, che possa servire da “esperto in materia”.
Attraverso questi momenti, gli studenti più grandi possono accompagnare i più
piccoli nello studio, aiutandoli anche ad approfondire le materie di studio, o
semplicemente a chiarire dei concetti che, per loro, sembrano ancora lontani e
difficili. Un gruppo di studio, però, può anche essere formato da persone dello
stesso anno; non è detto che siano sempre i più grandi a dover aiutare: “tra pari”
indica proprio questo!
Quello che conta, in questa attività, è riuscire a creare occasioni e tempi in cui ogni
studente possa sentirsi protagonista del suo processo di apprendimento; attore e
costruttore della sua e dell’altrui conoscenza! L’obiettivo principale deve essere
quello di stimolare in chi partecipa uno studio attento e critico, che sappia
interrogarsi anche autonomamente e cercare risposte alle proprie domande.
Contemporaneamente, ogni studente deve sentirsi corresponsabile della formazione
dei suoi compagni: ognuno impara dagli altri, ma può anche insegnare qualcosa!
Per organizzarlo, potete rifarvi a questa Scheda formativa, aiutandovi con i link che
contiene.
11
b. Punto di Incontro
Non poteva mancare, tra le proposte, una di un Punto di incontro, anzi... due!
Attraverso di essi, molti dei temi trattati in questa Scheda formativa possono essere
discussi e approfonditi all’interno delle scuole.
In un primo Punto di Incontro, potete soffermarvi sui nuovi metodi di fare lezione.
Sarebbe utile, sempre, confrontarsi a partire dalla propria realtà e dalle necessità
che si vivono. Per questa attività, principalmente, possiamo rifarci alla parte 1 della
Scheda: la scuola come ricerca comune.
Ecco alcune domande/spunto per una riflessione condivisa:
1. Come sono le mie lezioni? Ho mai sperimentato uno di questi metodi?
2. Che cosa manca nel metodo con cui oggi studio e imparo?
3. Questi metodi “alternativi” possono essere efficaci? Trasmettono ugualmente
contenuti come la lezione frontale? Cosa hanno in più?
4. Guardando alla mia classe, quale di questi metodi potrei proporre?
Una seconda proposta per un Punto di Incontro nella vostra scuola è incentrata sul
tema della valutazione. Oggi se ne parla ancora tanto: affrontato anche in questa
Scheda formativa, è oggetto anche dei decreti attuativi de lla “ B uona scuola”. Il PdI
potrebbe partire dagli spunti di questa Scheda, per poi approfondire i vari temi e
discuterne, anche partendo dagli articoli che vi proponiamo (le immagini sono
link).
12
c. La scrittura collettiva
Uno dei punti di forza della scuola di Barbiana era che tutti i ragazzi potevano, anzi
dovevano mettere tutto l’impegno possibile per far sì che ogni giorno passato in
quell’aula diventasse un’occasione per imparare. “Lettera a una professoressa” è stato
scritto non solo da Don Lorenzo ma da tutti i suoi ragazzi, dal primo all’ultimo.
Ognuno di loro aveva qualcosa da dire e poi, dopo un confronto sul se e come
scriverlo, si procedeva alla scrittura.
Provate anche voi: con la vostra classe, magari aiutati dal prof di italiano, fate
esperienza di scrittura collettiva!Ma come fare una scrittura collettiva come si
deve? Ecco alcuni passi da seguire.
Fase 1. Scegliere un tema
Decidete un tema sul quale basare la vostra scrittura collettiva: può essere una
tematica strettamente scolastica (diritto allo studio) oppure più sociale (un problema
del nostro territorio). Definito ciò, sarebbe bene fornire alcuni spunti, alcune
domande con cui stimolare la riflessione (vanno bene anche dei “punti”).Es. parliamo di “edilizia scolastica”. I punti sono: [1] perché è importante avere scuole “fatte bene”; [2] cosa
vorremmo fosse fatto meglio; [3] cosa manca, ma servirebbe.
Fase 2. Il blocco notes
Preparare tanti foglietti di uguale dimensione (tipo “post-it”). Ognuno scrive una sua
idea su un foglietto. Attenzione! Ogni idea su un foglietto separato; non
importa usarne tanti, ciò che conta è che ciascuno contenga un solo concetto!Es. scrivo 4 concetti su 4 post-it diversi: 1) mancano strutture sportive; 2) una scuola con buone strutture
permette di coltivare attenzioni diverse dal “semplice studio”; 3) le cattive strutture rendono difficile la vita
a chi ha disabilità; 4) si dovrebbero migliorare i sistemi di sicurezza nelle scuole.
Fase 3. Il tavolo, il paniere, i mucchietti
Su un tavolo (o a terra) si formano tanti panieri quanti sono i punti (le domande,
gli spunti) decisi. Ognuno divide i suoi post-it nel paniere giusto, in base
13
all’argomento. A questo punto si prende un paniere alla volta e si leggono, uno per
uno, tutti i foglietti. Se il concetto non è chiaro chi lo ha scritto può intervenire e
spiegarlo. Poi, per ogni post-it, si decide se (in base all’idea che esprime) si trovi
nel paniere giusto o è meglio spostarlo. Si fa questo per tutti i foglietti. I post-it si
dividono, quindi, per argomento, formando dei mucchietti (possono essere di uguale
numero o di più rispetto ai panieri). Ogni mucchietto viene affidato a una persona.Es. 3 panieri (gli spunti erano 3). Divido i miei spunti: concetto 1) nel punto [3]; concetti 2) e 3) nel punto
[1]; concetto 4) nel punto [2]. Gli altri dividono. Si comincia a leggere un post-it alla volta, si discute se va
bene in quel paniere; eventualmente lo si sposta. Si formano, poi, 4 mucchietti (si definiscono 4 temi):
“bello studio in bella scuola”; “la scuola per tutti”; “le cose che non vanno”; “quello che si può migliorare”.
Fase 4. La catena di concetti
Si prendono i mucchietti. Per ogni mucchietto bisogna: rileggere i concetti, eliminare
i doppioni di idee, integrare le ripetizioni, mettere in ordine i post-it che
rimangono per formare una catena.Es. ogni mucchietto ora è formato da post-it con idee su uno stesso tema e, insieme, formano un concetto
unitario. Ora cominciano ad avere un filo logico. Si formano 4 “catene” diverse, una per ogni mucchietto.
Fase 5. Stesura del testo
A questo punto si “butta giù il testo, come viene viene”. Una volta ottenuto un
testo unitario si comincia ad affinare: si lavora insieme sulla bozza “grezza”; la si
rende un testo scorrevole e i concetti si scrivono in maniera compiuta.Es. mettiamo insieme le 4 catene. All’inizio non ha molto senso come testo, ma dopo un bel lavoro di
affinamento prende forma. Ora è un vero e proprio documento!
Fase 6. Pareri
Il testo ora può essere sottoposto al parere di “estranei”, come facevano i ragazzi di
Barbiana per vedere “se hanno capito quello che volevamo dire”.Es. sottoponiamo il testo finale alla nostra Prof di lettere!
Fase 7. Pronto all’uso!
Il testo può essere inviato alle istituzioni locali, a un preside o, comunque, usato!
14