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PERCORSO DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO PER IL PAZIENTE AFFETTO DA CARCINOMA

DEL COLON E RETTO. L’approccio multidisciplinare integrato è la migliore garanzia di qualità e di efficienza del

percorso diagnostico-terapeutico e assistenziale per i pazienti affetti da neoplasia del colon e

retto. Tale approccio permette oggi un trattamento personalizzato sulle caratteristiche

biologiche della malattia, e sulle condizioni specifiche del singolo individuo. L’Oncologica

Medica dello Ospedale Umberto I° di Enna, garantisce ai pazienti affetti da tumore del colon

e retto un approccio multidisciplinare lungo tutto il percorso di diagnosi e cura.

Il paziente che giunge all’osservazione c/o l’ambulatorio di prime visite dedicato, con diagnosi

di neoplasia del colon/retto sospetta o accertata, viene valutato, come segue:

“ prima visita oncologica”

-anmnesi e valutazione clinica completa, che comprende la documentazione clinica recente, in

suo possesso (referti anatomo-patologici, eventuale documentazione radiologica, etc…);

-programmazione di esami ematochimici e strumentali, per la definizione dell’estensione di

malattia (stadio);

-comunicazione riguardo la diagnosi e la prognosi della malattia;

-proposta delle opzioni e obiettivi del trattamento sistemico, che potrà essere integrato con

la radioterapia, l’intervento chirurgico, eventuali altre opzioni terapeutiche;

-modalità di somministrazione della chemioterapia, possibili effetti indesiderati e modalità

per la prevenzione ed il loro trattamento;

-acquisizione del consenso informato per la terapia (se il trattamento fosse già definito);

-accurata valutazione a tutti i pazienti anziani (>70 anni) o fragili;

-programmazione degli appuntamenti successivi;

-invio di una relazione di sintesi al Medico di Medicina Generale (MMG).

“inquadramento diagnostico ed esami di stadiazione”

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Definiscono la diagnosi istologica, l’estensione del tumore primitivo, il coinvolgimento

linfonodale e la presenza di metastasi a distanza. Comprendono:

-colonscopia;

-T.C. torace ed addome completo, con MDC.

Nel caso di tumori del retto, per meglio definire la stadiazione locale, si può aggiungere:

-R.M. addome inferiore e pelvi, con MDC (coinvolgimento degli sfinteri e dei LLNN loco-

regionali).

A tutti i pazienti saranno eseguiti prelievi ematochimici, comprendenti: emocromo,

funzionalità epatica e renale, markers tumorali (CEA, CA 19-9).

Nel complesso, tali parametri consentiranno di definire la prognosi e di pianificare il

trattamento.

Il campionamento bioptico per la tipizzazione istologica e preliminare a qualsiasi opzione

terapeutica, sarà ottenuto mediante:

-colonscopia con biopsia diagnostica;

-agobiopsia percutanea eco-guidata o T.C.–guidata, in caso di neoplasia primitiva sconosciuta,

con localizzazioni a distanza o di recidiva di malattia;

- in alcuni casi si potrà procedere con approccio chirurgico, in laparoscopia.

Sul materiale ottenuto, oltre alla diagnosi istologica, saranno eseguite le indagini molecolari,

che potranno rivelarsi fondamentali nella scelta del trattamento, in quanto predittive di

risposta ai farmaci a bersaglio molecolare e perché forniscono informazioni prognostiche utili

per pianificare la strategia terapeutica, per ciascun paziente.

In tutti i casi di malattia avanzata sarà pertanto eseguita l’analisi mutazionale dei geni RAS

(K-RAS e N-RAS) e BRAF, mediante sequenziamento diretto o pyrosequencing, e l’analisi

immunoistochimica per l’espressione di HER-2 (nei casi di malattia wild-type per RAS).

Stadiazione (TNM)

Stadio I: tumori che invadono la sottomucosa (T1) o la muscolare propria (T2), senza

interessamento dei LLNN loco-regionali ed in assenza di localizzazioni a distanza;

Stadio II: tumori che invadono la sottosierosa o i tessuti pericolici (T3) oppure che invadono

direttamente altri organi o strutture e/o perforano direttamente il peritoneo viscerale (T4),

senza interessamento dei LLNN loco-regionali ed in assenza di localizzazioni a distanza;

Stadio III: tumori con qualsiasi T e metastasi nei LLNN loco-regionali (ogni T, N1-2), in

assenza di localizzazioni a distanza;

Stadio IV: tumori con qualsiasi T, qualsiasi N e metastasi a distanza, confinate ad un organo

(M1a) o in più organi (M1b).

Una volta accertata la diagnosi istologica e stabilito lo stadio di malattia, avviene la

programmazione terapeutica personalizzata per ogni singolo paziente nell’ambito della

discussione multidisciplinare.

Per la candidabilità ai vari trattamenti, ci si atterrà alle linee guida e si valuterà il possibile

arruolamento in studi clinici sperimentali, attivi c/o altre Strutture regionali e non, in regime

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di stretta collaborazione e con la massima disponibilità, nell’interesse di garantire a tutti i

pazienti la migliore opzione terapeutica.

Stadi di malattia limitata (stadio I, II, III)

Per quanto riguarda le neoplasie del colon, il trattamento è solitamente chirurgico, se non ci

sono limiti alla fattibilità. Dopo la chirurgia, il paziente sarà rivalutato, per decidere il

prosieguo terapeutico, sulla base della diagnosi patologica:

-nei tumori del colon di stadio I e II senza fattori di rischio, il paziente proseguirà con soli

controlli programmati;

-nei tumori del colon di stadio II con almeno un fattore di rischio (T4, grading G3, invasione

vascolare e/o perineurale, meno di 12 LLNN asportati, presentazione con

occlusione/perforazione) e stadio III, il pz. è candidato a ricevere un trattamento post-

operatorio precauzionale (adiuvante) al fine di ridurre il rischio di recidiva della malattia.

Il trattamento prevede l’utilizzo di fluoro-pirimidine (capecitabina o 5-FU) da sole o in

associazione ad oxaliplatino, da intraprendere dopo 4 e sino a un massimo di 8 settimane, dopo

la chirurgia, per una durata complessiva di circa 6 mesi:

-schedule utilizzate: XELOX, FOLFOX, Capecitabina, in monoterapia nei pazienti anziani o in

quelli fragili, in cui non si ritenga indicata una terapia di associazione.

Indipendentemente dal tipo di schema adottato, il giorno 1 di ciascun ciclo è prevista una

visita ambulatoriale di controllo, che comprende prelievo ematochimico, valutazione clinica con

registrazione degli eventi avversi ed esame obiettivo.

Negli stadi II e III delle neoplasie rettali, si considera standard un trattamento di tipo

combinato, che prevede una chemio-radioterapia preoperatoria (neoadiuvante).

La terapia prevede l’associazione di Capecitabina, (assunta per os, tutti i giorni, per tutta la

durata della RT) con la radioterapia per 5 settimane, seguite dall’intervento chirurgico, dopo

6-8- settimane dalla fine della RT, previa ristadiazione endoscopica e di imaging.

Qualora dopo la chirurgia, fosse indicata una terapia adiuvante, essa andrà proseguita per 6

mesi complessivi, considerando anche la terapia pre-operatoria.

Follow-up

In pazienti sottoposti a trattamento curativo con chirurgia o ad un approccio multimodale

(chirurgia, chemioterapia e/o radioterapia), è indicato un follow-up oncologico trimestrale o

quadrimestrale nei primi due anni, semestrale dal 3° al 5° anno, poi annuale.

Ad ogni visita saranno consigliati gli esami strumentali appropriati. In particolare:

Stadio I: per il basso rischio di recidiva, la raccomandazione assoluta da linea guida è per

il solo follow-up endoscopico, con la prima colonscopia di controllo ad 1 anno, quindi-se

negativa-a 3 anni e poi ogni 5 anni (“ cancer- and polyp-free colon”).

In casi selezionati, si opterà per controllo semestrale, a discrezione del curante.

Stadio II e III:

--visita: nei primi due anni ogni 3-4 mesi, dal 3° al 5° ogni 6 mesi, oltre il 5° annuale;

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--CEA ad ogni visita;

--ecografia: nei primi 2 anni ogni 3-4 mesi (ad eccezione di quando prevista T.C.), nel 3°-

5° anno ogni 6 mesi, oltre il 5° anno annuale;

--T.C.: non c’è unanimità sull’utilità della T.C. nel follow-up del ca. del colon, tuttavia

facendo riferimento alle linee guida, si ritiene ragionevole una T.C. torace ed addome

completo, con MDC, per i primi cinque anni;

--colonscopia: a 1 anno (oppure entro 3-6 mesi dalla chirurgia, se non è stata eseguita sino

al cieco, per lesione stenosante, prima dell’intervento), quindi, se normale, a 3 anni e poi

ogni 5 anni, a condizioni di una colonscopia negativa pre- o perioperatoria;

--PET/TC: non è di routine. E’ appropriata nel restaging di pazienti con sospetto

laboratoristico o imaging dubbio o in lesioni metastatiche potenzialmente operabili;

--rettoscopia: nei tumori del retto, nei primi 3 anni, va eseguita ogni 6 mesi.

Importante nel follow-up sollecitare il paziente a mantenere uno stile di vita adeguato (in

particolare l’alimentazione, e l’attività fisica quotidiana) che favorisce la riduzione del

rischio di recidiva.

La complessità del paziente oncologico impone l’identificazione di una figura di riferimento

in ambito medico, che coordini le varie fasi di trattamento della malattia.

Nella fase di trattamento chemioterapico, la figura di riferimento si identifica

nell’Oncologo medico, che prescrive gli accertamenti, stabilisce i tempi degli stessi e tiene

informato il MMG.

Per facilitare la gestione a domicilio del paziente, saranno attenzionati i potenziali effetti

collaterali delle cure, per garantire la tempestività e la certezza degli interventi da

attuare.

Al completamento della chemioterapia, l’oncologo invierà al MMG una epicrisi della

situazione clinica ed un programma “di massima” per i successivi controlli.

Pertanto nella fase di follow-up, la figura di riferimento si identifica nel MMG, che

coordinerà i controlli specialistici, per la recidiva del tumore e monitorerà le eventuali

altre patologie di cui il paziente è affetto e il possibile rischio di secondi tumori.

Nel timing sopra descritto, in accordo a quanto definito, anche, da AIOM, si alterneranno

la visita oncologica specialista alla visita presso il MMG, intensificando i contatti nei casi

dubbi, tra i soggetti in causa.

Malattia avanzata (stadio IV)

Soprattutto in questo stadio, la valutazione multidisciplinare diventa fondamentale per

definire una strategia comune, attraverso la condivisione della sequenza dei trattamenti e

la tempistica degli stessi, ritenuta più idonea per il singolo paziente.

In caso di tumore primitivo paucisintomatico, l’approccio in prima istanza è solitamente

oncologico, con rivalutazione per resecabilità, sia del primitivo che delle metastasi, in base

alla risposta terapeutica.

In caso di tumore sintomatico (occlusione o sanguinamento), il primo step deve essere

chirurgico e solo successivamente chemioterapico.

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Nei casi di neoplasia in stadio avanzato, l’introduzione nella pratica clinica di nuovi farmaci

(oxaliplatino, irinotecan, bevacizumab, cetuximab, panitumumab, regorafenib) ha

progressivamente migliorato la sopravvivenza, portandone la mediana ad oltre 24 mesi e

consentendo in alcuni casi, un downstaging efficace e tale da rendere operabili pazienti

giudicati altrimenti inoperabili, prima della CT.

Se non si può attuare un trattamento con intento radicale, si cercherà di ridurre o

posticipare l’insorgenza dei sintomi, legati alla malattia, migliorare la qualità della vita e

prolungare la sopravvivenza.

La scelta del trattamento terrà pertanto conto, di diverse variabili, quali:

-condizioni generali, comorbidità, età;

-malattia resecabile vs malattia non resecabile;

-analisi mutazionali, fondamentali nella scelta dei farmaci biologici, da associare alla CT.

(anticorpi monoclonali anti-EGFR, nei pazienti wild-type, ed anti-VEGF), anche in ambito di

protocolli sperimentali.

Per il quadro della malattia, le modalità di somministrazione dei trattamenti ed una più

facile gestione in caso di supporto endovenoso domiciliare, viene proposto, ai pazienti con

malattia avanzata, il posizionamento di un accesso venoso centrale, tipo port-a-cath.

Gli schemi di scelta nella prima linea prevedono una schedula di CT. (generalmente una

doppietta o tripletta, in associazione o meno ad un anticorpo monoclonale, in base al profilo

mutazionale.

Dopo 4-6 cicli di trattamento saranno ripetuti ematochimica completa, con markers

tumorali ed una T.C. T/A, con contrasto di rivalutazione, in base alla quale si deciderà il

prosieguo della terapia secondo l’entità della risposta e della tolleranza.

La chemioterapia viene eseguita generalmente per 6 mesi, oltre ai quali, a seconda dei casi,

il trattamento può essere proseguito con una terapia “depotenziata” di mantenimento,

generalmente, costituita dall’anticorpo monoclonale.

Dopo la progressione alla prima linea di terapia sistemica, se le condizioni cliniche lo

consentono, il trattamento di elezione è rappresentato dalla somministrazione di una

doppietta di CT. in associazione eventualmente ad un anticorpo monoclonale, in base a:

-comorbidità e profilo di tossicità;

-trattamento sistemico somministrato in prima linea;

-istologia e profilo mutazionale di RAS e BRAF.

Il trattamento di elezione a progressione può essere rappresentato dalla sola CT (a

seconda di quanto già eseguito), eventualmente in associazione ad un anticorpo

monoclonale.

Pertanto i pazienti senza mutazione di RAS, potranno ricevere un anticorpo anti-EGFR

(cetuximab o panitumumab) in II o III linea di trattamento oppure un anticorpo anti-

VEGF, sino a progressione o tossicità intollerabile.

In terza linea ed oltre, si è recentemente reso disponibile regorafenib (un inibitore della

protein-chinasi).

Il follow-up clinico e radiologico, è previsto ogni 2-3 mesi, al fine di poter iniziare

precocemente una nuova linea di trattamento, in caso di progressione di malattia.

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Pazienti anziani o “fragili”

Pazienti anziani o con comorbidità, che ne condizionano pesantemente l’autonomia, hanno

minore probabilità di trarre benefici dalla CT. e maggiori possibilità, che la stessa

provochi un peggioramento della loro qualità di vita.

In questi casi si preferisce un trattamento monochemioterapico, generalmente la

capecitabina, o decidere di astenersi dal trattamento antiblastico e cercare di impostare

il miglior trattamento palliativo possibile.

Un’attenta valutazione multidimensionale permette all’oncologo di orientarsi nella scelta

del trattamento più opportuno, in base al grado di tollerabilità delle cure oncologiche

specifiche ed all’aspettativa di vita dei pazienti, in relazione allo stadio della patologia ed

alle comorbidità associate.

Cure simultanee.

Negli ultimi anni numerosi studi condotti su pazienti, in fase metastatica, hanno

dimostrato l’utilità di associare, in modo sistematico, alle terapia antitumorali anche le

cure palliative, ottenendo non solo un beneficio su tutti i parametri di qualità della vita, ma

in qualche caso, anche un prolungamento della sopravvivenza.

Pertanto, le cure simultanee garantiscono il corretto setting di cure a fine vita, di

migliorare la soddisfazione del paziente e di ridurre i costi e, sono considerate oggi, il

paradigma della migliore assistenza per il malato oncologico in fase avanzata e/o

metastatica.

Un’attenta valutazione del paziente e del contesto familiare-assistenziale, con la precoce

attivazione dei servizi, consente di identificare i bisogni reali e di avviare, così, i percorsi

istituzionali più idonei: Hospice e/o ADI, che in collaborazione con il MMG/distretti,

possano garantire un epilogo dignitoso e meno traumatico possibile.


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