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Page 1: Premio Letterario "Ippolito Nievo" 14^ edizione

Istituto Comprensivo “IPPOLITO NIEVO”San Donà di Piave

Sabato 25 maggio 2013

Centro Culturale “Leonardo Da Vinci”

PremioLetterario

IPPOLITONIEVO

Quattordicesima Edizione

CITTA’ DI SAN DONA’ DI PIAVEAssessorato alla Pubblica Istruzione

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Istituto Comprensivo“IPPOLITO NIEVO”San Donà di Piave

PremioLetterario

IPPOLITONIEVO

Quattordicesima Edizione

CITTA’ DI SAN DONA’ DI PIAVEAssessorato alla Pubblica Istruzione

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Presentazione

Chi leggerà le composizioni di questo libretto non potrà fare a meno di essere piacevolmente sorpreso.I nostri ragazzi hanno infatti saputo impregnare i propri scritti di una tale vivacità e freschezza narrativa, che il lettore ritroverà sicuramente immagini ed emozioni riconducibili alla fantasia e, nello stesso tempo, alla realtà attuale.Gli elaborati costruiti attorno alle frasi suggerite, così come da regola del concorso, riescono a presentare una varietà di argomenti che, in termini di costrutto espressivo, di raffinatezza lessicale e sviluppo testuale, arrivano a creare situazioni di vera e propria suspance.Troviamo il racconto di fantasia che, in rapida sintesi, sa riagganciarsi alle problematiche della società di oggi; la narrazione che, con ritmo incalzante, ci introduce e ci fa immergere in un ambiente lontano, cogliendone gli aspetti più suggestivi, quasi come in una successione di fotogrammi; il componimento dove chi scrive è riuscito ad elaborare, passo dopo passo, con naturalezza ed equilibrio esperienze personali che toccano il cuore. “Scrittori in erba” che sanno ben esprimere e coniugare insieme conoscenze e sentimenti.

Complimenti RAGAZZI! Un meritato plauso a tutti.Il Vostro impegno non solo va premiato, ma anche coltivato, perché i Vostri sogni sul futuro siano realizzati.

Un sincero apprezzamento agli insegnanti e al personale scolastico per l’impegno e la professionalità dimostrata nell’organizzazione, nella realizzazione di tutta l’attività e dell’evento finale.

Un ringraziamento ai genitori, ai membri esterni della giuria, all’Amministrazione Comunale e a tutti coloro che, con il loro contributo, hanno reso possibile questa quattordicesima edizione.

Buona lettura! La Dirigente Scolastica Prof.ssa Morena Causin

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Giuria del Premio Letterario

Componenti giuria:

Laura Bartolotta Docente dell’Istituto NievoLucia Bragato Docente dell’Istituto NievoMaria Luisa Grandin Docente dell’Istituto NievoRosanna Menegotto Docente dell’Istituto NievoOnorina Vendraminetto Docente dell’Istituto Nievo

Componenti giuria allargata:

Ivan Basso Presidente Consiglio d’Istituto NievoMorena Causin Dirigente Istituto Comprensivo NievoNicoletta Guiotto Responsabile Sez. Ragazzi Biblioteca Civica di S. DonàOrnello Teso Amministrazione Comunale di San Donà di PiavePaola Turra DocenteAndrea Zanin Direttore Biblioteca Civica di San Donà di Piave

Organizzazione del Premio:

Morena Causin Dirigente dell’Istituto NievoOnorina Vendraminetto Docente dell’Istituto Nievo

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Ringraziamenti

Si ringraziano:

Amministrazione Comunale di San Donà di Piave

Biblioteca Civica per la preziosa collaborazione

Cartoleria Acquarello per il contributo all’acquisto dei premi

Banca FriulAdria - Crédit Agricole

Dirigente Scolastica e studenti – lettori del Liceo Classico “E. Montale”

di San Donà di Piave

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Argomento

TEMA DEL CONCORSO: “GLI ANIMALI”

La frase scelta va opportunamente inserita all’inizio, all’interno o alla fine di un racconto che tu avrai cura di rendere coerente con essa.

• Dicono che gli animali non hanno un’anima...io non ci credo. Se avere un’anima significa essere in grado di provare e dare amore, fedeltà e gratitudine...

• ...Si ricorderà per tutta la vita del giorno in cui entrò nel giardino zoologico. Non aveva la più pallida idea di che cosa fosse, non capiva come si potessero piantare degli animali in un giardino.

• Sì, era solo un cane, e i cani vanno e vengono nel corso di una vita umana, a volte li mettiamo semplicemente da parte perché diventano un fastidio.

• Non è semplice conquistare l’amicizia di un gatto. Egli è un filosofo, calmo, tranquillo, una creatura abitudinaria amante della decenza e dell’ordine. Non concede facilmente il suo sguardo e, sebbene possa acconsentire ad essere il vostro compagno, non sarà mai il vostro schiavo...

• L’insetto si avvicinava. Quando fu a pochi centimetri, ripiegò le zampe anteriori e chinò la testa ripugnante come se volesse rendergli omaggio. Poi emise un debole squittìo. Stranamente senza paura, il bambino salì sulla groppa possente dello scarabeo e imbrigliandone tutta la forza cavalcò nella foresta...

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Alunni f inalisti

Scuola Giannino AncillottoClasse V A Quatraro Agnese Livinal NicoleClasse V B Bardellotto Amanda Lucia Bergo IreneClasse V C Rizzello Gioia Passador Anna

Scuola Leonardo da VinciClasse V A Gallocchio Silvia Serafin Tommaso

Scuola XIII MartiriClasse V A Marin Carlotta Teso Elisa

Scuola Silvio TrentinClasse V A Cecchini Irene Quadrini VittoriaClasse V B Schimmelpfenning Jasmine Scivales Martina

CLASSE V Scuola Primaria

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Alunni f inalisti

classe I A Valenti Sofia Zuliani Daniele

classe I B Crosato Christian Scomparin Giulia

classe I C Cremonese Beatrice Sebastiani Francesca

classe I D Filippi Federica Terzi Eugenio

classe I E Busanel Chiara Carrer Benedetta

classe I F Enzo Martina Sclano Carlotta

classe I G Basso Laura Lucatello Maddalena

classe I H Moro Irene Mucelli Francesco

classe II A Pirani Stefano Pizziol Anna

classe II B Franzo Martina Kolos Vitaliya

classe II C Brollo Valentina Calore Marco

classe II D Ortenzi Veronica Popov Cristina

classe II E Danieli Pietro Lucca Lorenzo

Scuola Secondaria di primo grado

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Alunni f inalisti

classe II F Bertelli Federica Giraldi Lara

classe II G Dandrea Francesco Ongaretto Andrea

classe III A Cremonese Giorgio Riccioli Daniela

classe III B Andreetta Petra Giusto Sveva

classe III C Baseotto Marica Crosera Sara

classe III D Salvato Manuela Vazzola Teresa

classe III E Montagner Elena Rovati Martina

classe III F Baldo Anna Marin Beatrice

classe III G Cibin Mariangela Sforzin Leonardo

classe III H Sassano Federica Secco Annalesi

Scuola Secondaria di primo grado

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Primo Premio Assoluto

classe V scuola primaria

SULLE ALI DELLA LIBERTÀBardellotto Amanda Lucia classe V B scuola Giannino Ancillotto

Quando il sogno e la realtà sono intrecciati dalla fantasia dell’autrice, può accadere di tutto...anche la conquista della libertà.

classe I scuola secondaria I grado

CORRI CON MEFilippi Federica classe I D scuola Ippolito Nievo

Una descrizione ricca e puntuale ci conduce nel paesaggio e nella luce della savana, dove un leone leggendario è visto come personificazione dell’anima della natura.Il testo evidenzia una notevole capacità di scrittura e di riflessione.

classe II scuola secondaria I grado:

UNA GRANDE AMICIZIABertelli Federica classe II F scuola Ippolito Nievo

La quotidiana convivenza con un gatto raccontata con immagini fresche ed immediate: una ragazza e il gatto dei vicini scoprono la reciproca fiducia e la serenità del ri-trovarsi.

classe III scuola secondaria I grado

JACKSecco Annalesi classe III H scuola Ippolito Nievo

Il racconto scritto con serena pacatezza esprime una profonda sensibilità, consapevolezza dei sentimenti provati nella semplicità e nell’intensità della vita quotidiana.

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Menzione

classe III scuola secondaria I grado Ippolito Nievo

PICCOLO MONDO, GRANDE FOBIARiccioli Daniela classe III A

UN’AMICIZIA NUOVACrosera Sara classe III C

Vengono segnalati per la particolare originalità i testi “Piccolo mondo, grande fobia” e “Un’amicizia nuova”. In entrambi, infatti, seppure in modo diverso, il tema è stato trattato con ironia e con la capacità di affrontare l’argomento da punti di vista inusuali.

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Primo Premio

SULLE ALI DELLA LIBERTA’

Dopo una faticosissima giornata di scuola - tra l’altro c’era stato anche il “Premio Letterario” - andando a casa ormai sfinita, un vecchietto mi fermò. Era vestito con un lungo abito nero. Mi porse una collana, poi se ne andò, mostrando un largo buco nel suo vestito, da cui si intravedevano dei mutandoni bianchi con dei cuoricini rossi. Osservai la collana: un filo di metallo con una statuetta legata, non era niente di che! Rincorsi il tipo per chiedere il motivo di quel dono, ma appena lo raggiunsi, sparì in una nuvola di fumo.Arrivai nel parco in cui gioco sempre, nonostante i miei 10 anni. Decisi di fare una pausa così entrai nel recinto di giochi per bambini e mi sedetti sulla panchina vicino allo scivolo. Mangiai della cioccolata; guardandomi intorno, il mio sguardo cadde su un enorme albero, alla mia destra. Lo squadrai dall’alto in basso: le sue foglie erano verdi, il tronco imponente e alle radici c’era una porticina. Tutto normale! Aspetta... una porticina?!All’improvviso la collana, che mi aveva dato il vecchietto, si illuminò. La porticina si ingrandì e si aprì. Mi guardai intorno: non c’era nessuno. Presa dalla curiosità, entrai.Ben presto mi ritrovai in uno strano mondo. C’erano moltissimi bambini che lavoravano e faticavano tanto e uno di loro li sorvegliava, pronto a punirli se si fermavano. A quella vista mi assalì una profonda tristezza e il primo impulso fu quello di scappare. Mi voltai: la porta era sparita.All’improvviso sentii un fischio e un potente sbattere di ali: l’insetto si avvicinava. Quando fu a pochi centimetri, ripiegò le zampe anteriori e chinò la testa ripugnante come se volesse rendergli omaggio. Poi emise un debole squittio. Stranamente senza paura, il bambino salì sulla groppa possente dello scarabeo e imbrigliandone tutta la forza lo cavalcò nella foresta. D’un tratto la collana si illuminò di nuovo e si sentì un altro fischio. Apparvero altri scarabei. Ogni insetto volò verso uno di quei piccoli lavoranti. Ben presto il cielo straripava di bambini felici, ognuno cavalcante un insetto. Tutti si diressero nella foresta volando via da ogni fatica. Rimasi solo io lì, impalata come uno stoccafisso, davanti a quell’immagine che si allontanava sempre più dalla mia vista.

Classe quintaScuola Primaria

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La mia collana si illuminò nuovamente, facendo comparire un altro scarabeo. Salii sulla sua possente groppa. Pian piano si alzò da terra e cominciai a vedere il suolo sempre più lontano... Intravidi gli altri bambini volare spensierati e poi scendere in planata per fermarsi in uno spiazzo d’erba e mettersi a giocare, come fanno tutti i bambini della loro età. Misi la mano sulla testa del mio docile animaletto e mi resi conto che anche un insetto così disgustoso all’apparenza può nascondere in sé tanta umanità. Il vecchio e la sua collana... Gli scarabei... Io... Tutto era servito per liberare quei bambini e questa era la cosa più importante e ne ero fiera. Improvvisamente un rumore mi svegliò: il mio era stato un sogno? Ma se era solo un sogno, perché la mia collana c’era ancora? Il giorno dopo lessi nel giornale che, in un piccolo paese dell’Africa, alcuni bambini, sfruttati e sottomessi, avevano riacquistato la libertà. Ma allora il mio era stato solo un sogno o la realtà?

Bardellotto Amanda Luciaclasse V B - scuola G. Ancillotto

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Primo Premio

CORRI CON ME

Mi trovavo in mezzo alla savana. Fino a un istante prima saltellavo spensierata sulla terra arida, dalla quale si alzavano granelli di polvere che danzavano leggeri nell’aria torrida, illuminati dalla magnifica luce del sole cocente. Maestose nuvole “di fuoco” rimanevano perfettamente immobili nel cielo dorato. Lance calde e luminose fendevano l’aria e andavano ad “infrangersi” sulla nuda terra, lasciandovi un pizzico della loro luce abbagliante. La mia pelle nera veniva accarezzata da una piacevole, insolita, irresistibile brezza. Continuai la mia gara col vento. Mi sembrava di volare, spinta dalle mie gambe ossute. Non temevo gli orizzonti che mi avrebbero attesa. Mi allontanavo veloce dal mio accampamento. A volte mi capitava di sfiorare la corteccia ruvida di un alberello solitario dalle fronde dorate come gemme. La mia corsa sfrenata continuava. Mi chiedevo se volessi raggiungere l’orizzonte o l’infinito. Di una cosa ero certa: sarei andata dove il mio cuore mi avrebbe portata. Improvvisamente mi arrestai. Accanto ad una pozza d’acqua cristallina illuminata da incantevoli riflessi, scorsi un maestoso leone dal corpo possente e dalla folta criniera. Mi tappai la bocca con la mano e spalancai le palpebre terrorizzata. Iniziai ad indietreggiare cautamente per non attirare la sua attenzione. Tenevo i miei occhi fissi sui suoi, che sembravano carboni ardenti. Mi persi per un attimo ad osservare la sua schiena arcuata e il suo manto color sabbia. Con movimenti sinuosi, di un’impareggiabile, incomparabile, insuperabile grazia e possenza, il leone si alzò e camminò imponente verso di me. Le sue zampe muscolose parevano affondare nella terra e il suo respiro espandersi come un soffio caldo nell’aria. Lo percepii come un’onda tiepida sulla mia pelle. Mi immobilizzai, non riuscivo a muovermi. Sentivo il cuore scoppiarmi nel petto e le gambe tremare. Era così tremendamente orribile sentirmi “disarmata”. Dopo un attimo, fu a pochi centimetri da me. Fui paralizzata dalla sua ineguagliabile possenza, grandezza e dalla

Classe primaScuola Secondaria di primo grado

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sua vigorosità, che faceva di lui un essere semplicemente magnifico in ogni suo dettaglio. Avevo voglia di accarezzargli la criniera che gli incorniciava sublimemente il volto. Feci per allungare la mano verso il leone, che non si mosse. Il suo sguardo magnetico quasi mi ipnotizzava. Tastai il suo pelo lucido e morbido con indecisione. Esaminai ogni ciocca della sua indescrivibile criniera che gli conferiva maestosità e forza. L’animale rimase immobile come una statua di marmo. I miei occhi si persero nei suoi, che sembravano riflettere l’immagine dell’intera savana. Spinta dal mio istinto, feci per salirgli in groppa. Mai avrei scordato quell’attimo eterno in cui rischiavo la vita per puro piacere. Feci una leggera pressione sulla sua schiena e, insicura ma entusiasta, mi sedetti su di lui. Gli cinsi delicatamente il collo con le braccia e strinsi due ciuffi della criniera, che decisi di usare come “redini”: volevo cavalcarlo. Quella creatura ruggì con forza, spalancando le fauci e mostrando una fila di denti acuminati e spaventosi. Il suo “grido” impregnò la savana della sua energia. Un istante dopo il leone correva veloce come il lampo. Era bellissimo cavalcare sul dorso di quell’animale dalla maestosità leggendaria. Sentivo l’aria sbattere sulla mia faccia come un’onda violenta e inarrestabile. In quel momento ero anch’io parte di una leggenda. Pareva impensabile che il leone avesse voluto condividere il suo tempo con me, eppure ero lì. Avevo avuto il privilegio di toccarlo, di correre con lui; gli sarei stata eternamente grata. La natura pareva pronunciare il mio nome. Accostai il mio viso all’orecchio del leone, supremo re della foresta, e sussurrai: “Ti voglio bene.” Lui si arrestò ed io scesi dalla sua groppa, allarmata. Era come se mi avesse non solo sentita, ma ascoltata e capita. Non trovai il coraggio di allontanarmi da lui. Una brezza leggera faceva ondeggiare la sua criniera in modo armonioso, a ritmo del vento. Dicono che gli animali non hanno un’anima … io non ci credo. Se avere un’anima significa essere in grado di provare e dare amore, fedeltà e gratitudine, allora quel leone era lo spirito della natura stessa.

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Quest’ultimo alzò il capo e fissò il sole con talmente tanta forza, che quella sfera infuocata parve persino sciogliersi e, in una cascata di lava, fondersi con il cielo del tramonto. Passò un istante eterno dopo il quale, del leone, non rimase che l’eco del ruggito. “Tastai” l’aria disperatamente, chiedendomi dove fosse andato. Solo dopo capii: se veramente quell’animale dalla bellezza divina era l’anima della natura, ad essa era tornato, scomparendo nelle viscere della terra o trascinato via dal vento in un mio attimo di distrazione. Di una cosa ero certa: un giorno lo avrei rivisto per cavalcare con lui verso l’infinito, dove ogni creatura rivive la bellezza della perfezione e la completezza della semplicità.

Filippi Federicaclasse I D - scuola Ippolito Nievo

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Primo Premio

UNA GRANDE AMICIZIA

Non è semplice conquistare l’amicizia di un gatto. Egli è un filosofo, calmo, tranquillo, una creatura abitudinaria amante della decenza e dell’ordine. Non concede facilmente il suo sguardo e, sebbene possa acconsentire ad essere il vostro compagno, non sarà mai il vostro schiavo. E’ difficile…eppure qualcuno c’è riuscito: pure io.Cominciò tutto due anni fa. Un pomeriggio, tornando a casa da scuola, vidi una piccola macchietta bianca e nera correre per il giardino. Non avevo idea che sarebbe nata un’amicizia fantastica con quella creatura. Mi avvicinai, cautamente, fino ad arrivare a pochi metri da lei. Ci guardammo e, in quell’attimo, capii che sarebbe tornata. Era una piccola gatta bianca e nera ,col pelo soffice e vellutato, il nasino rosa e un piccolo muso. Non aveva bisogno di cibo, per questo c’erano già i suoi padroni: voleva solo un po’ di coccole. Ogni giorno era là, nel mio giardino, sempre più vicina alla casa, sempre più pronta alle mie carezze, alla mia mano tesa in segno di affetto.Un bel giorno si decise. Tornando da scuola non la vidi: o le era successo qualcosa di brutto o era salita in terrazza. Non aveva mai saltato il nostro appuntamento ormai da due mesi. Speravo vivamente che la seconda idea fosse quella giusta. Se fosse salita in terrazzo significava che si fidava di noi, che voleva le nostre coccole e a queste non si è mai tirata indietro. Salii le scale velocemente, sbirciai in terrazza e la vidi lì, appallottolata sulla sedia, che muoveva lentamente la coda come per non annoiarsi. Sapevo di avere un sacco di compiti e ogni attimo era prezioso, ma se non ci fossi andata avrei tradito la sua fiducia e non potevo sopportarlo. Corsi in terrazza e mi avvicinai piano piano, non volevo farla scappare e aspettavo che fosse lei a fare la prima mossa. Mi aspettavo di tutto: che alzasse il musetto, che muovesse la coda, che si alzasse e pure che scappasse invece rimase lì, alzò il muso timidamente e pronunciò solo un fievole “miao”.Aveva una voce acuta ma tenera, come se la usasse per entrare nel cuore delle persone, ma su di me non faceva nessun effetto, mi bastava guardarla fissa negli occhi per vedere la voglia di essere coccolata, la voglia di non essere trattata come un oggetto ma come una creatura.

Classe secondaScuola Secondaria di primo grado

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Mi bastava uno sguardo.Le corsi vicino e iniziai ad accarezzarla. Non si tirava indietro, anzi, cercava la mia mano. Ogni volta che la toglievo scendeva dalla sedia e mi faceva le fusa. Strisciava il suo morbido pelo contro la mia gamba, miagolava timidamente poi si sedeva, mi fissava e aspettava. Aspettava le mie coccole, quelle che non aveva mai ricevuto prima, quelle che ti fanno sentire bene, quelle che ti fanno capire di essere importante per una persona, come lei lo è per me e io lo sono per lei.

Bertelli Federicaclasse II F - scuola Ippolito Nievo

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Primo Premio

JACK

Quand’ero giovane avevo un cane, non era di razza, ma era proprio un bel cane; aveva il pelo color marrone chiaro, lucente e folto, era snello e correva veloce come la luce. Si chiamava Jack.Una calda mattinata d’estate ci svegliammo nella nostra casa in campagna e trovammo questo cagnolino, ancora abbastanza piccolo, di fronte alla porta di casa, dolcemente addormentato sullo zerbino. Appena sentì che gli eravamo affianco si svegliò e cominciò a scodinzolare felice. Fu la prima volta che vidi quel musetto marrone, con quella sua macchia bianca sull’orecchio destro, e fu la prima volta che quegli occhietti neri neri e vispi mi scrutarono. Sì, era la prima volta, ma erano già pieni d’amore, di quell’amore che mi dimostrò per tutta la sua vita.È inutile dire che la gioia di avere un cucciolo a casa era immensa. Delle semplici cose come dargli da mangiare, farlo giocare in giardino, dormirci assieme, riempivano le mie giornate di gioia e amore, amore che davo e amore che ricevevo. Guardarlo mentre si rincorreva la coda, fargli i grattini sulla pancia, addormentarmi con lui dopo una giornata di giochi e corse, era tutto semplicemente stupendo. E mano a mano che crescevamo, assieme, la nostra amicizia si trasformava in qualcosa di più importante, di più profondo, a cui non so dare un nome, quel rapporto di fiducia, divertimento, affetto, complicità e gratitudine che si può formare solo tra uomo e cane, che non può nascere tra due persone.Qualcuno ha detto “Sì, era solo un cane, e i cani vanno e vengono nel corso di una vita umana, a volte li mettiamo semplicemente da parte perché diventano un fastidio”. Ma Jack poteva essere tutto tranne che un fastidio. Avevo tanti altri amici, ma con lui non servivano parole per capirsi, bastava uno sguardo e ci comprendevamo al volo, non servivano chiarimenti, bastava una carezza, un gesto giocoso, una zampa, per sistemare tutto, e non c’era invidia, gelosia, cattiveria, rabbia, bugie o rivalità. Era amore, gioia, era vita allo stato puro.Certo però, che uno dei pochi difetti dei cani, è la durata della loro vita. Mi ha dato tanto, non mi ha mai lasciato, ma con il tempo il giorno in cui ci saremmo dovuti separare si avvicinava sempre di più. Era

Classe terzaScuola Secondaria di primo grado

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un pensiero amaro che cercavo in tutti i modi di tenere distante, ma quando lo vedevo faticare nelle corse, quando mi faceva capire che non aveva la forza di giocare, quando mi fermavo ad accarezzarlo e lo vedevo, vecchio e stanco, quel pensiero tornava, ed era inevitabile che scendesse una lacrima, e da una lacrima un pianto...E mentre io piangevo, lui negli occhi aveva quella stessa gioia, quello stesso amore che aveva il primo giorno. Sì non era più un tenero cucciolo paffuto che scorrazzava buffamente per il giardino, era affaticato, magro e con le ossa stanche, ma portava dentro sé una felicità sconfinata, frutto di amore, giochi, sorrisi, frutto di giornate di sole all’aperto passate a correre e scherzare e di giornate di pioggia passate davanti al camino a riposare.E lo sentivo, lo sentivo da come mi stava vicino che non aveva rimpianti, che aveva vissuto a pieno ogni secondo.L’unico dolore, così profondo e spietato, era quello di non poter passare altro tempo assieme, di doversi separare, anche se solo fisicamente. Di non poter più affondare le dita nel suo pelo folto, e vederlo venirmi incontro, non poter più sentire il suo fiato sul mio collo nelle fredde giornate d’inverno passate a dormire assieme.Queste semplici cose riempivano le mie giornate. E quando, un attimo prima che si lasciasse andare, mi guardò dritto negli occhi e mi diede la zampa, e io posai la mia mano su di essa, lo ringraziai, lo ringraziai di avermi insegnato ad amare senza aspettarmi niente in cambio.

Secco Annalesiclasse III H - scuola Ippolito Nievo

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Menzione

PICCOLO MONDO, GRANDE FOBIA

Roby era un bambino come altri, forse un po’ alto per la sua età ma a lui non importava, erano gli altri che lo canzonavano con i soprannomi che gli avevano affibbiato: “Spilungone”, “Alberello”, “Lampione”.Ma lui con il suo sorriso spavaldo, gli occhi verdi e lucenti, le lentiggini sulle guance ed i suoi capelli fulvi andava avanti baldanzoso, sembrava che niente e nessuno potesse fermarlo; eppure qualcosa c’era, una piccola fobia dominava questo buffo ragazzone: aveva paura degli insetti.Come un elefante barrisce e scappa alla vista di un topo (secondo dicerie popolari) “il nostro spilungone” fuggiva gridando come una femminuccia alla vista di un’innocua formichina; al contrario aveva una strana attrazione verso gli aracnidi ed il mondo che interagiva con il nostro, gli piaceva il modo in cui articolavano le loro agili zampette.I compagni lo prendevano per pazzo: giocava con i ragni e se li faceva zampettare su tutte le braccia, ma quando entrò una mosca in classe corse in bagno urlando. I genitori e lo psicologo scolastico erano sconcertati: i genitori erano speranzosi verso la possibile ipotesi dello psicologo ed egli era perplesso; come poteva un ragazzo che non aveva avuto traumi infantili con “gli amici a sei zampe” esserne totalmente terrorizzato?Nessuno lo sapeva, nemmeno lui. Roby aveva una sorella più piccola, ma più brontolona del cane del vicino, il cane da guardia che avvistato il piede di Roby, aveva cercato invano di maciullarglielo.Era un sabato pomeriggio e la famiglia di Roby decise di andare alla “Casa degli aracnidi”. La famigliola si mise in macchina e la madre annunciò: -Siete pronti? Oggi andremo in un posto speciale: la “Casa degli aracnidi”-. La figlia con sarcasmo rispose: -Wow! Non ci siamo mai andati prima!- Il padre la rimproverò: -Lo sai Suzie che la mamma vuole fare sembrare ogni cosa più interessante, fa quello che può: -Bla,bla,bla... rispose la figlia con riluttanza, Roby “rimbalzava ” sul sedile dall’entusiasmo.Avendo visitato svariate volte quel terrario, Roby dava solo una rapida occhiata saltellando (ironia della sorte, come una cavalletta) da un “mini habitat” all’altro, finché un particolare ragno attirò i suoi vispi occhi verdi: era stato aggiunto un nuovo ragno dall’Oceania, era molto

Classe terzaScuola Secondaria di primo grado

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colorato e quindi, di sicuro, molto velenoso. I genitori si erano allontanati troppo (poiché erano rimasti indietro), mentre Suzie sbuffava annoiata. Forse si avvicinò troppo, forse era destino, Roby venne morso da quel ragno, più velenoso del tedio di sua sorella: certo l’allarme della gabbietta scattò, ma era troppo tardi, sfortunatamente il ragno non era stato privato della sua fonte di veleno.Il personale e la famiglia, nonché i presenti, accorsero immediatamente, arrivati i soccorsi gli misero una sorta di laccio emostatico per non far entrare il veleno in circolo.Roby svenne e si ritrovò in un mondo strano: tutto era più grande, era confuso, per la prima volta si sentì piccolo, udì un ronzio che si faceva sempre più forte, il ragazzo trasalì ma non riuscì ad urlare, era senza voce, non gli sarebbe servita, in una foresta pluviale colma e pullulante di insetti, allora provò a scappare ma inciampò in una grande radice d’albero, non riuscì ad alzarsi: era in trappola. L’insetto si avvicinava. Quando fu a pochi centimetri, ripiegò le zampe anteriori e chinò la testa ripugnante come se volesse rendergli omaggio. Poi emise un debole squittio. Stranamente senza paura, il bambino salì sulla groppa possente dello scarabeo e imbrigliandone tutta la forza cavalcò nella foresta... Allora Roby si ricordò: un giorno, involontariamente, aveva liberato uno scarabeo dalle ragnatele di un ragno molto affamato che con fare bramoso si avvicinava alla preda. Mentre volava Roby realizzò: non avrebbe più temuto gli insetti, o almeno quelli non velenosi e sarebbe stato più diffidente verso i ragni... o almeno verso quelli più velenosi.Roby riaprì gli occhi e corrugò la fronte: era in una sala bianca, vedeva annebbiate alcuni forme, si concentrò e vide più nitidamente: era circondato da infermiere e dalla famiglia, persino da Suzie.L’infermiera aprì la finestra per ossigenare la stanza, una mosca entrò e si posò sul naso di Roby, i genitori terrorizzati cercarono di scacciarla prima che Roby svegliasse l’intero ospedale in preda al panico, ma lui alzò il braccio e li fermò: aveva capito.

Riccioli Danielaclasse III A - scuola Ippolito Nievo

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Menzione

UN’AMICIZIA NUOVA“Non è semplice conquistare l’amicizia di un gatto. Egli è un filosofo calmo, tranquillo, una creatura abitudinaria amante della decenza e dell’ordine. Non concede facilmente il suo sguardo e, sebbene possa acconsentire ad essere il vostro compagno, non sarà mai il vostro schiavo.” Era ciò che mi diceva spesso la nonna.Ogni fine settimana, ogni volta che la domenica mamma mi portava da lei in campagna. E quando diceva così, sembrava lei, la filosofa. Certo, esperta com’è, con una trentina di gatti in casa, c’è da figurarsi! Da quando il nonno non c’è più, i gatti sono la sua passione, il suo grande amore. In un confronto, preferirebbe la loro compagnia alla settimanale presenza mia e della mamma in casa. Io, invece, i gatti li odio. Sono presuntuosi e arroganti, non scodinzolano e non ti fanno le feste, sono figure meschine. Con questo, non voglio far pensare che odio gli animali, anzi. Però, al contrario della mamma della mia mamma, penso che i cani siano mille volte meglio. La scorsa domenica sono tornata in campagna e l’ho trovata lì, presa a contemplarli in tutta la loro freddezza ed egocentricità. Prendo lo sgabello. Mi avvicino e osservo la scena. E’ incredibile. Con la nonna sembrano cambiare faccia, come se si aprissero, come se la loro gelida corazza esterna si sciogliesse e cadesse piano piano, a mano a mano che Maria Francesca li coccola, li accarezza e trasmette loro tutta la sua tenerezza.Tutto ad un tratto, sento un forte impulso dentro di me. Ho improvvisamente voglia di prenderlo in braccio. Lui, così bianco, peloso, così morbido e candido. Un fiocco di neve nella rossa terra senese in un giorno di luglio. E i suoi occhi, così carini e lucidi, lo rendevano una creatura magica, quasi irreale. Strano. Non l’avevo mai notato. OK. Ce ne era qualche decina, ma un gatto così bello, avrei dovuto notarlo molto molto prima. Ovviamente il gatto è subito mio. Nonna gli vuole un bene dell’anima, ma è comunque disposta a lasciarmelo, così che io possa apprezzare di lui ciò che vede anche lei. Perché mi sono innamorata. Sì. Di un gatto. Se l’avessi detto ieri, avrei pensato d’essere pazza. E invece… In quel momento capii il grande amore (reciproco) che provava nonna

Classe terzaScuola Secondaria di primo grado

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per “quelle povere bestioline”. Già, perché alla fine, mamma non ha opposto resistenza e il gatto, non solo ha oltrepassato il nostro cancello, ma anche il giardino e persino il portone d’ingresso, fermandosi (ma solo per il momento), appollaiato sul divano in pelle color pece, che è diventato il SUO divano, sua residenza permanente, tanto che mamma si lamenta dei peli che cadono e lo zio Roberto, quando viene a pranzo da noi, parte come un treno a parlare della Juve non appena vede il contrasto bianco-nero, gatto-divano.Adesso posso permettermi di modificare la teoria “Maria- franceschiana”, perché non mi trovo d’accordo con alcuni punti. Il risultato finale è il seguente: “Conquistare l’amicizia di un gatto è semplice (è come con un ragazzo: basta trovare quello giusto). Egli sarà anche un filosofo (ma è più brava la nonna), calmo, tranquillo, amante della vita oziosa e del divano in pelle di casa nostra. Concede facilmente il suo sguardo (principalmente quando ti trovi qualche crocchetta in mano) e, sebbene possa acconsentire ad essere il vostro compagno, non sarà mai il vostro schiavo (questo sarà il VOSTRO ruolo).Questo lo dico affettuosamente, al mio gattino voglio bene, tanto bene. Ma la mia filosofia non è da buttare, è molto realistica e mamma la pensa come me. Nonna, invece, è molto più profonda e sentimentale, ma (in questo caso) i geni in famiglia non passano; la passione per i gatti sì.

Crosera Saraclasse III C - scuola Ippolito Nievo

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Istituto Comprensivo “IPPOLITO NIEVO”San Donà di Piave

Sabato 25 maggio 2013

Centro Culturale “Leonardo Da Vinci”

PremioLetterario

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Quattordicesima Edizione

CITTA’ DI SAN DONA’ DI PIAVEAssessorato alla Pubblica Istruzione

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