UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CATANIA
DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE E ARCHITETTURA
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1 - NORMATIVA INTERNAZIONALE E NAZIONALE
IL TRASPORTO AEREO NEL QUADRO DI RIFERIMENTO INTERNAZIONALE
Al termine della seconda guerra mondiale, per facilitare la ripresa e lo sviluppo dell’aviazione civile, secondo
principi di ordine e sicurezza, e per un consolidamento del trasporto aereo sul piano internazionale, con
regole di eguaglianza ed economicità, la Convenzione di Chicago, del 7 Dicembre 1944 adottò la
Convenzione per l’aviazione civile internazionale. Tale convenzione fissò principi e regole in materia di
navigazione aerea e di trasporto aereo internazionale e definì la struttura e i compiti di un’agenzia
specializzata delle Nazioni Unite, denominata I.C.A.O. (International Civil Aviation Organization), preposta
alla regolamentazione tecnica di tutti i settori dell’aviazione civile.
In seguito a quanto stabilito nella Convenzione di Chicago (1944), l'ICAO ha come compiti ed obiettivi di
elaborare principi e tecniche della navigazione aerea internazionale e di promuovere la pianificazione e lo
sviluppo del trasporto aereo internazionale allo scopo di:
• assicurare lo sviluppo ordinato e sicuro dell'aviazione civile internazionale in tutto il mondo;
• incoraggiare le tecniche di costruzione ed esercizio degli aeromobili a fini pacifici;
• favorire lo sviluppo delle vie aeree, degli aeroporti e delle installazioni e servizi di navigazione aerea
per l'aviazione civile internazionale;
• rispondere ai bisogni dei popoli in materia di trasporto aereo sicuro, regolare, efficace ed economico;
• prevenire i disagi economici che derivano da una concorrenza indesiderabile;
• assicurare il rispetto integrale dei diritti degli Stati contraenti;
• favorire la creazione di compagnie di trasporto aereo internazionale;
• evitare la discriminazione tra gli Stati;
• promuovere la sicurezza del volo nella navigazione aerea internazionale;
• incrementare in generale lo sviluppo dell'aeronautica civile in tutti i suoi aspetti.
L’ICAO ha emanato 18 Allegati tecnici (comunemente detti Annessi) con lo scopo di regolare in modo
organico l’esercizio del trasporto aereo internazionale, in tutta la sua complessità tecnica ed operativa,
garantendone soprattutto la sicurezza.
Un Allegato tecnico ICAO è composto dalle seguenti parti:
a. Standard (Norme): sono direttive aventi lo scopo di stabilire caratteristiche fisiche, configurazioni,
materiali, prestazioni, personale, o procedure; l’applicazione uniforme di queste direttive è
riconosciuta necessaria per la sicurezza o la regolarità dell’esercizio delle attività di volo in campo
internazionale e, in conformità a queste direttive, gli Stati aderenti sono tenuti ad operare, come
previsto nella Convenzione; in caso di impossibilità ad uniformarsi a queste direttive, è obbligatoria
una notifica al Consiglio, come previsto dall’articolo 38.
b. Recommended Practice (Pratiche Raccomandate): sono direttive aventi lo scopo di stabilire
caratteristiche fisiche, configurazioni, materiali, prestazioni, personale, o procedure; l’applicazione
uniforme di queste direttive è riconosciuta desiderabile per la sicurezza o la regolarità dell’esercizio
delle attività di volo in campo internazionale e, in conformità a queste direttive, gli Stati aderenti
faranno il possibile per operare, come previsto nella Convenzione.
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Gli allegati tecnici ICAO affrontano i temi riportati sella seguente tabella:
Allegato Titolo
Annex 1 Personnel Licensing (Licenze del personale)
Annex 2 Rules of the Air (Regole dell’aria)
Annex 3
Meteorological Service for International Air Navigation (Servizi di meteorologia per la navigazione aerea internazionale)
Annex 4 Aeronautical Charts (Carte aeronautiche)
Annex 5 Units of Measurement to be Used in Air and Ground Operations (Unità di misura usate per le operazioni in volo e a terra)
Annex 6 Operation of Aircraft (Esercizio degli aeromobili)
Annex 7 Aircraft Nationality and Registration Marks (Marche di nazionalità e di immatricolazione)
Annex 8 Airworthiness of Aircraft (Navigabilità degli aeromobili)
Annex 9 Facilitation (Attrezzature)
Annex 10 Aeronautical Telecommunications (Telecomunicazioni aeronautiche)
Annex 11 Air Traffic Control Service, Flight Information Service, Alerting Service (Servizi del traffico aereo)
Annex 12 Search and Rescue (Ricerca e salvataggio)
Annex 13 Aircraft Accident and Incident Investigation (Investigazione sugli incidenti aerei)
Annex 14 Aerodromes (Aerodromi)
Annex 15 Aeronautical Information Services (Servizi di informazioni aeronautiche)
Annex 16 Environmental Protection (Protezione dell’ambiente)
Annex 17 Security, Safeguarding International Civil Aviation against Acts Unlawful Interference (Sicurezza, salvaguardia dell’aviazione civile internazionale da azioni di interferenza illecita)
Annex 18 The Safe Transport of Dangerous Goods by Air (Sicurezza del trasporto aereo di merci pericolose)
L’annesso di maggiore interesse per chi si occupa di progettazione e gestione di un aeroporto è l’Annex 14
“Aerodromes”. Esso viene redatto per la prima volta nel 1951 e contiene prescrizioni che sono state
continuamente aggiornate fino all’ultima edizione del 1995, sulle caratteristiche fisiche, sugli aiuti visivi e
sulle limitazioni agli ostacoli che devono essere osservate per gli aeroporti.
ORGANIZZAZIONE DELL’AVIAZIONE CIVILE ITALIANA
Le Convenzioni Internazionali, per essere efficaci, devono essere recepite nell’ordinamento di uno Stato
mediante una legge; solo in tal modo le norme contenute nelle Convenzioni hanno lo stesso valore di quelle
contenute in qualsiasi altra legge dello Stato.
Ogni Stato, in quanto contraente della Convenzione di Chicago, deve organizzare con leggi interne il
proprio sistema nazionale di aviazione civile al fine di realizzare la conformità con quanto previsto dalla
normativa ICAO e per fare in modo che vi sia un funzionamento armonico tra le componenti del sistema.
L’Italia ha dato esecuzione alla Convenzione di Chicago con il Decreto Legislativo n°616 del 6 Marzo
1948, ratificata definitivamente con la Legge n° 561 del 17 Aprile 1956.
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La Legge n° 213 del 13 maggio 1983 ed il D.P.R. n° 461 del 14 Luglio 1985 hanno posto le condizioni
giuridiche per il recepimento degli allegati tecnici ICAO, ma le disposizioni tecniche attuative sono state
emanate solo in minima parte, pertanto il recepimento è stato avviato ma non completato.
Legge Annesso
recepito
Contenuto
D.P.R. n°566 del 18/11/88 1 Licenze, abilitazioni ed attestati aeronautici
D.M. n°2 del 15/11/91 17 Istituzione del Comitato Nazionale per la Sicurezza
D.M. n°311 del 05/03/92 17 Standard n°4.3.1 su bagaglio e passeggero
D.M. del 19/12/94 e 28/03/95 16 Protezione ambientale delle emissioni sonore dei motori
D.D. n°16 del 22/11/96 18 Trasporto aereo delle merci pericolose
D.M. del 23/05/2002 14 Certificazione, costruzione ed esercizio degli aeroporti
Altre fonti normative che regolano la navigazione aerea in Italia sono:
• Il Codice della Navigazione (Regio Decreto n° 327 del 30 marzo 1942) che regola sia la
navigazione aerea che marittima. Recenti modifiche sono state introdotte dal D.Lgs. N° 96 del 9
maggio 2005;
• Il Regolamento della navigazione aerea (R.D. n°356 dell’11 Gennaio 1925 di cui sono vigenti
solo alcune norme;
• Le Ordinanze dei Direttori di Aeroporto;
• I Notam (Notice to Airmen) che, oltre ad essere importanti avvisi informativi, hanno assunto la
qualità di vere e proprie norme.
In Italia, il vertice della gerarchia amministrativa, competente per l’attività dell’Aviazione Civile in Italia, è
costituito dal Ministero dei Trasporti e della Navigazione che esercita la sua autorità tramite il Dipartimento
dell’Aviazione Civile e l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC).
L'Ente nazionale per l'aviazione civile è un ente pubblico non economico dotato di autonomia
regolamentare, organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile e finanziaria, sottoposto all'indirizzo,
vigilanza e controllo del Ministro dei trasporti e della navigazione.
L'Ente nello svolgimento delle proprie funzioni provvede, fatte salve le prerogative del Ministro dei trasporti e
della navigazione, in particolare ai compiti di:
a) regolamentazione tecnica, certificazione, attività inerenti ai provvedimenti di autorizzazione,
concessione e licenze, nonché coordinamento, controllo, ispezione e attività sanzionatoria in materia di:
a.1. progettazione, costruzione e manutenzione degli aeromobili e delle loro componenti;
a.2. esercizio degli aeromobili, nonché espletamento delle attività di trasporto aereo, di lavoro aereo, di
scuola di pilotaggio e di aviazione generale;
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a.3. attività lavorative del personale di terra e di volo impiegato nel campo aeronautico, nonché
qualificazione dei relativi addetti, rilascio, mantenimento in esercizio, rinnovazione, sospensione,
revoca e più in generale controllo dei connessi titoli e licenze;
a.4. progettazione, costruzione, manutenzione ed esercizio delle infrastrutture e degli impianti
aeroportuali;
a.5. installazioni, servizi e attività aeroportuali, sicurezza operativa degli aeroporti e delle aviosuperfici,
sicurezza del volo e del trasporto aereo, attrezzatura;
a.6. prevenzione e contenimento dell'inquinamento acustico ed ambientale, compreso quello
elettromagnetico;
b) proposta e partecipazione alle attività di indirizzo, programmazione e garanzia dello sviluppo del
sistema di trasporto aereo ed aeroportuale;
c) tenuta del registro aeronautico nazionale e pubblicazione del registro degli aeromobili civili;
d) tenuta dei registri e degli albi del personale navigante e degli altri operatori del settore nelle forme
previste dal Codice della navigazione o dalle altre leggi speciali, nonché accertamento delle infrazioni
disciplinari ed applicazione delle relative sanzioni;
e) attività di coordinamento con l'Ente nazionale di assistenza al volo, con l'Agenzia nazionale per la
sicurezza del volo e con l'Aeronautica militare, nell'ambito delle rispettive competenze, in materia di
regolamentazione dei servizi di comunicazione, navigazione, sorveglianza e gestione del traffico aereo,
anche con riferimento all'impiego dei satelliti e di nuove tecnologie;
f) rapporti con enti, società ed organizzazioni nazionali ed internazionali, operanti nel settore
dell'aviazione civile e rappresentanza, con unità operative, presso le organizzazioni internazionali,
anche su delega del Ministro dei trasporti e della navigazione;
g) partecipazione, anche su delega del Ministro dei trasporti e della navigazione, alle attività nazionali ed
internazionali, comprese quelle inerenti alla predisposizione degli accordi internazionali e bilaterali ed
elaborazione della normativa di adeguamento ai princìpi e alle disposizioni nazionali ed internazionali
nelle materie di competenza dell'Ente;
h) elaborazione delle proposte di pianificazione e di sviluppo del sistema aeroportuale nazionale e del
sistema del trasporto aereo, individuando le relative fonti finanziarie;
i) regolamentazione, esame e valutazione dei piani regolatori aeroportuali, dei programmi d'intervento e
dei piani d'investimento aeroportuale, razionalizzazione e modifiche delle procedure e di altre attività in
materia di servizi aeroportuali nonché affidamento dei servizi aeroportuali e relative concessioni;
j) eventuale partecipazione all'attività di gestione degli aeroporti di preminente interesse turistico e sociale
ovvero strategico-economico;
k) affidamento, nelle forme previste dalla normativa vigente, dei beni del demanio aeroportuale, nonché
apposizione dei vincoli di competenza nelle zone limitrofe agli aeroporti;
l) definizione e controllo dei parametri di qualità dei servizi aeroportuali e di trasporto aereo;
m) definizione dei parametri per la determinazione della capacità aeroportuale ai fini dell'attività di gestione
delle bande orarie nonché assegnazione e gestione delle bande orarie negli aeroporti in cui le relative
competenze non siano affidate ad altri organismi;
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n) esame delle problematiche economiche del trasporto aereo anche a livello internazionale, nonché
istruttoria degli atti concernenti tariffe, tasse e diritti aeroportuali, in attuazione anche delle direttive del
Ministro;
o) attività di ricerca, studio e promozione nel settore dell'aviazione civile;
p) consulenza tecnica, giuridica, economica ed operativa; formazione, aggiornamento e riqualificazione
professionale, attività peritale, nonché certificazione dei sistemi di qualità, nel settore dell'aviazione
civile;
q) ogni altra attività nel settore dell'aviazione civile che non sia riservata per legge alla esclusiva
competenza di altri soggetti.
A seguito delle disposizioni contenute nell’emendamento n° 4 all’Annesso 14 dell’ICAO, l’ENAC, in data
30 Settembre 2002, ha emanato il Regolamento per la costruzione e l’esercizio degli Aeroporti, avente lo
scopo di disciplinare i requisiti per la costruzione delle infrastrutture, dei sistemi e degli impianti degli
aeroporti e i requisiti per la gestione dell’aeroporto stesso. Tale regolamento è una diretta conseguenza del
Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 23 Maggio 2002: Recepimento dell’Annesso 14
ICAO “Aerodromi”, terza edizione del Luglio 1999 e successivi emendamenti, pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale n° 137 del 13 Giugno 2002.
Il Regolamento ENAC prescrive i requisiti, in materia di sicurezza delle infrastrutture aeroportuali, per
l’emissione e il mantenimento della certificazione degli aeroporti; esso riflette quindi gli standard
internazionali contenuti nell’Annesso 14 ICAO.
Con la prima edizione (30/09/2002) del Regolamento, l’ENAC ha definito gli standard di sicurezza da
applicare per le infrastrutture aeroportuali, con alcune differenze rispetto a quelli previsti dall’ICAO;
successivamente ha avviato il processo di revisione che, dopo un articolato iter burocratico, ha portato alla
seconda edizione del Regolamento (21/10/2003), edizione più conforme all’Annesso 14.
Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo
Il Decreto Legislativo 25 febbraio 1999 n. 66 ha istituito l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo
(ANSV). Tale Agenzia conduce l’inchiesta tecnica su ogni incidente aereo e su ogni inconveniente grave
accaduto nel territorio italiano. Qualora non sia effettuata da altro Stato, l’Agenzia svolge l’inchiesta tecnica
su incidenti e su inconvenienti gravi occorsi fuori dal territorio italiano ad aeromobili immatricolati in Italia o il
cui esercente sia una compagnia con sede legale in Italia.
L’ANSV ha sostanzialmente due compiti:
a) quello di svolgere le inchieste tecniche relative agli incidenti ed agli inconvenienti occorsi ad
aeromobili dell’aviazione civile, emanando, se necessario, le opportune raccomandazioni di
sicurezza (esulano dalla sua competenza le inchieste sugli incidenti e sugli inconvenienti occorsi ad
aeromobili di Stato);
b) quello di svolgere un’attività di studio e di indagine al fine di favorire il miglioramento della sicurezza
del volo.
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Si tratta, pertanto, di una istituzione a connotazione prevalentemente investigativa che non ha,
diversamente dalle altre istituzioni aeronautiche, compiti di regolazione, controllo e gestione del sistema
aviazione civile.
Inoltre l'Agenzia provvede, in particolare, a:
a) proporre alle autorità aeronautiche competenti l'emanazione di provvedimenti diretti a salvaguardare
e migliorare la sicurezza del volo;
b) collaborare, ove richiesto, con l'autorità giudiziaria nello svolgimento di inchieste correlate a fatti
aeronautici;
c) assicurare i rapporti con enti, istituzioni ed operatori aeronautici nazionali ed esteri;
d) consentire, in regime di reciprocità, la partecipazione di rappresentanti dello Stato in cui è
immatricolato un aeromobile interessato da incidente o inconveniente grave alla relativa indagine
tecnica;
e) monitorare, ai fini della prevenzione, gli indicatori significativi emersi nel corso delle investigazioni;
f) monitorare gli incidenti occorsi ad apparecchi per il volo da diporto e sportivo.
Nell’espletamento dell’inchiesta tecnica, l'ANSV procede in conformità con quanto previsto dall’Annesso
13 dell'ICAO, che fornisce gli standard e le pratiche raccomandate ai fini della realizzazione delle indagini
tecniche sugli incidenti e sugli eventi di pericolo aeronautici.
L’ENTE CONTROLLORE EUROPEO: L’EASA
Il regolamento (CE) n. 1592/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio adottato il 15 luglio 2002,
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee il 7 settembre 2002, ha di fatto aperto la strada a
una nuova regolamentazione comunitaria in materia di sicurezza e di protezione ambientale nell'aviazione
civile, consentendo la costituzione di una nuova Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA- European
Aviation Safety Agency) già operativa da settembre 2003.
L’EASA assume il compito di ente responsabile della produzione e dell’adozione di tutta la normativa di
sicurezza, inclusa quella relativa alla navigazione aerea ed agli aeroporti. Sotto l’egida dell’EASA, la
produzione di normativa deve seguire una procedura che assicuri la partecipazione di tutti i soggetti
interessati e la trasparenza delle decisioni adottate.
L’EASA è l’agenzia dell’Unione Europea alla quale sono stati affidati specifici compiti regolatori ed
esecutivi sulla sicurezza aerea. L’EASA è un punto chiave della strategia dell’Unione Europea per affermare
e mantenere un elevato livello di sicurezza dell’aviazione civile in Europa.
La missione dell’Agenzia è duplice. Da un lato essa fornisce consulenza tecnica all’Unione Europea nella
stesura dei regolamenti e nella conclusione di accordi internazionali riguardanti la sicurezza aerea. Dall'altro
ha assunto, a partire dal 28 Settembre 2003, alcune funzioni operative prima svolte dalle Autorità
Aeronautiche dei paesi membri, quali l’omologazione dei prodotti aeronautici e l’emissione delle Prescrizioni
di Aeronavigabilità, mentre per le altre attività (rilascio dei Certificati di Navigabilità, approvazione delle
imprese di produzione e di manutenzione, rilascio delle licenze al personale di manutenzione, approvazione
delle organizzazioni di addestramento, ecc.) la responsabilità resta alle Autorità Aeronautiche nazionali sotto
la supervisione dell’EASA.
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L’EASA è pertanto destinata a diventare nel futuro l’unica agenzia europea per la sicurezza nel settore
dell’aviazione civile, con l’obiettivo di garantire sicurezza mediante l’adozione di regole comuni e misure per
assicurare che i prodotti, le persone e le organizzazioni rispettino tali regole. In tal modo la UE si appresta a
divenire l’unica titolare del potere regolamentare, facendo di fatto perdere alle singole autorità nazionali la
loro autonoma individualità.
DEFINIZIONE DI TRASPORTO AEREO
Il trasporto aereo può suddividersi in due categorie: aviazione commerciale e aviazione generale.
La prima comprende il traffico effettuato per trasportare persone o cose dietro corrispettivo e comprende i
servizi di linea e non di linea.
I servizi aerei di linea sono quei servizi di trasporto aereo effettuati dietro remunerazione, accessibili al
pubblico ed operati in base ad un orario pubblicato con caratteristiche di regolarità e di frequenza tali da
costituire una evidente serie sistematica di voli.
I servizi aerei non di linea sono invece voli effettuati per trasporto passeggeri o merce in forza di un
contratto di noleggio stipulato da uno o più contraenti per l’intera capacità dell’aeromobile; se il numero di
posti è superiore a 12 si parla di voli charter, in caso contrario di aerotaxi.
L’aviazione generale o trasporto aereo non commerciale comprende sostanzialmente l’attività degli
aeroclub, delle scuole di volo, dei piccoli aerei privati, i servizi di lavoro aereo pubblicitari, aerofotografici e di
rilevazione, spargimenti di sostanze, trasporti di merci esterni al mezzo, etc.
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2 - CLASSIFICAZIONE DEGLI AERODROMI E AREE AEROPORTUALI
L’Organizzazione per l’Aviazione Civile Internazionale (ICAO - International Civil Aviation Organization)
definisce l’aerodromo come “un’area di definite dimensioni, su terra o su acqua (comprendente anche
fabbricati, impianti e istallazioni), destinata in tutto o in parte ad essere impiegata per la partenza, l’arrivo ed
il movimento di superficie degli aeromobili”.
CRITERI DI CLASSIFICAZIONE
A seconda degli scopi, può essere utile suddividere gli aerodromi in categorie omogenee (Figura 1). In
particolare è possibile classificare gli aerodromi in funzione:
a. della proprietà;
b. del tipo di utenti;
c. del tipo di aeromobili cui sono destinati;
d. del Regolamento per la Navigazione Aerea;
e. delle caratteristiche fisiche;
f. dell’assistenza antincendio disponibile. Di seguito analizzeremo le varie classificazioni.
Figura 1- Classificazione degli aerodromi
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Classificazione in funzione della proprietà
Gli aerodromi possono aver due tipi diversi di proprietari e, pertanto, possono essere suddivisi in:
a. statali: sono gli aerodromi di proprietà e gestiti dallo Stato e possono essere ulteriormente classificati
in civili, militari e misti (vedere successivo para 3);
b. privati: sono quegli aerodromi costruiti e gestiti da privati e la cui utilizzazione, salvo eventuali casi di
emergenza, è limitata agli aeromobili appartenenti al proprietario dell’aerodromo, o comunque da
questi autorizzati.
Classificazione in funzione del tipo di utenti
Gli utenti degli aerodromi possono essere civili o militari. A seconda del tipo di utenza , è possibile
classificare gli aerodromi in:
a. civili: tutti quegli aerodromi utilizzati prevalentemente dal traffico aereo civile. È possibile accettare il
criterio, invalso nell’uso, di classificare ulteriormente gli aerodromi civili in:
a.1. intercontinentali: aerodromi designati quali scali intercontinentali in cui affluisce il traffico a “lungo
raggio”;
a.2. internazionali: aerodromi dove si svolge rilevante traffico internazionale di linea e/o charter a “medio
e breve raggio”;
a.3. nazionali: aerodromi interessati da un consistente traffico nazionale (domestic flights) ed
eventualmente da una limitata attività charter internazionale;
a.4. regionali: aerodromi interessati da una modesta attività di aeromobili di dimensioni contenute che
operano su rotte a bassa frequentazione per servizi aerei transfrontalieri;
a.5. a traffico locale: aerodromi aperti al traffico dell’aviazione generale ed aerotaxi.
b. militari: tutti quegli aerodromi sorti per esigenze connesse alla difesa del territorio nazionale ed
impiegati o impiegabili a tale fine. Gli aerodromi militari possono essere classificati in:
b.1. armati: sono sede di Reparti o di Scuole di Volo;
b.2. attrezzati: pur non essendo né sede di Reparto né sede di Scuola di Volo, ospitano attività di volo
sia pure saltuarie e sono dotati di tutti i servizi prescritti per le Telecomunicazioni e l’Assistenza al
Volo, Sanitari, Antincendi, ecc., in misura proporzionata all’attività svolta;
b.3. custoditi: non rientrano nelle prime due categorie, ma sono provvisti di installazioni o immobili che
richiedono sorveglianza continua;
b.4. zone demaniali aeronautiche: sono zone di terreno suscettibili di essere trasformate in campi di
aviazione, ma sono sprovviste di attrezzature e di servizi.
c. misti: quando i compiti affidati ai Reparti di base lo permettono, alcuni aerodromi militari possono
accogliere il traffico commerciale.
È importante notare che gli aerodromi civili, tranne alcune eccezioni, sono sempre aperti al traffico militare e
non rientrano nella definizione di “aerodromi misti”.
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Classificazione in funzione del tipo di aeromobili cui sono destinati
Un’altra possibile forma di classificazione degli aerodromi è quella che prende in considerazione il tipo di
aeromobili cui sono destinati. Utilizzando tale criterio è possibile distinguere gli aerodromi in:
a. aeroporti: con questo termine, normalmente, si individuano gli aerodromi basati su terra e destinati
ad aeroplani o elicotteri;
b. idroscali: sono gli aerodromi ubicati sul mare o altri specchi d’acqua, utilizzabili da idrovolanti o
aeromobili anfibi;
c. eliporti: sono quelle aree situate in un aerodromo o anche su edifici, destinate all’involo e all’approdo
di elicotteri;
d. aeroscali: sono quelle aree destinate alle manovre di atterraggio e decollo dei dirigibili;
e. aviosuperfici: sono quelle aree di terreno non classificate come aeroporti o eliporti, oppure specchi
d’acqua non classificati come idroscali, idonei a consentire le operazioni di determinati tipi di
aeromobili condotti da piloti in possesso di specifiche abilitazioni. Le aviosuperfici hanno lo scopo di
facilitare il diffondersi del mezzo aereo, senza essere soggette a tutte le impegnative norme e
prescrizioni che regolamentano l’apertura al traffico, il funzionamento degli aeroporti, non richiedono
la disponibilità di complesse e costose apparecchiature radioelettriche e possono essere realizzate
su qualsiasi località, compresi i ghiacciai.
Classificazione prevista dal Regolamento per la Navigazione Aerea
La classificazione appena vista non deve però essere confusa con quella riportata nel Codice della
Navigazione Marittima e Aerea e nel Regolamento per la Navigazione Aerea. Anche in questi testi il termine
“aerodromo” viene utilizzato in senso generico ma la definizione di “aeroporto” viene estesa anche agli
idroscali e agli aeroscali.
La classificazione riportata nell’articolo 6 del Regolamento per la Navigazione Aerea è la seguente:
– aeroporto: ogni località sia terrestre che acquea, destinata, anche in via temporanea, alla partenza,
all’approdo ed allo stazionamento degli aeromobili (agli effetti del Regolamento, sono considerati
aeroporti anche gli aeroscali per l’atterramento dei dirigibili e gli idroscali per l’ammaramento degli
idrovolanti);
– campo di volo: località istituita dallo Stato destinata al volo degli alianti, per la quale valgono, in quanto
applicabili, le norme previste per gli aeroporti privati;
– campo di fortuna: località indicata dal Ministero competente, utilizzata dagli aeromobili soltanto in
occasione di una forzata discesa (sui campi di fortuna a tal fine designati dallo stesso Ministero
possono operare gli aeromobili da turismo).
Classificazione in funzione delle caratteristiche fisiche
Un pilota, nel pianificare il suo volo, deve scegliere un aerodromo di destinazione con caratteristiche
fisiche che soddisfino le esigenze del suo aeromobile. È abbastanza facile intuire che un Boeing 747 (il
famoso “Jumbo”) non possa atterrare su una qualsiasi striscia ma avrà bisogno di piste con una determinata
larghezza e lunghezza. Inoltre, onde evitare di restare “intrappolato” in pista, il pilota dovrà considerare
anche la larghezza delle vie di uscita dalla pista.
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L’ICAO, al fine di dare a piloti ed operatori uno strumento rapido di classificazione degli aeroporti in
funzione delle loro caratteristiche fisiche, ha stabilito una speciale forma di codificazione detta “codice di
riferimento dell’aerodromo (aerodrome reference code)”. Il codice di riferimento è basato sulle dimensioni e
sulle esigenze operative del tipo di aeromobile che si prevede utilizzerà maggiormente lo scalo, ossia tra tutti
i vari tipi di aeromobili utilizzatori verrà scelto quello con le maggiori esigenze nelle fasi di decollo e
atterraggio e in quelle di rullaggio e parcheggio (aereo critico).
Il codice è formato da due elementi:
a. un elemento numerico, costituito da una cifra da “1” a “4” compreso;
b. un elemento alfabetico, costituito da una lettera dalla “A” alla “F” compresa.
L’elemento numerico viene determinato in base alle esigenze dell’aeromobile durante le fasi di decollo e
atterraggio e serve per stabilire le caratteristiche della pista di volo e delle superfici di limitazione degli
ostacoli. Nel determinare l’elemento numerico si fa riferimento alla lunghezza di campo caratteristica
dell’aereo critico (aeroplane reference field lenght). ossia “la minima lunghezza di campo necessaria per
decollare al peso massimo certificato per il decollo, in condizioni di Atmosfera Standard, in aria calma e con
una pendenza di pista nulla.
L’elemento alfabetico si riferisce alle esigenze di manovra dell’aeromobile nelle fasi di rullaggio e
parcheggio, espresse in termini di apertura alare e di distanza tra i bordi esterni delle ruote del carrello
principale (figura 2).
Figura 2 – Apertura alare e distanza tra i bordi esterni delle ruote del carrello principale di un velivolo
Per la determinazione effettiva del codice di riferimento è sufficiente, una volta determinato l’aereo critico
del nostro aerodromo, utilizzando la tabella 1:
a. inserire la lunghezza caratteristica di campo e verificare la cifra corrispondente;
b. inserire l’apertura alare e la distanza tra i bordi esterni delle ruote del carrello principale, verificare le
lettere corrispondenti e adottare quella cui corrispondono le maggiori esigenze.
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Tabella 1- Codice di riferimento dell’aerodromo
Classificazione in funzione dell’assistenza antincendio disponibile
Il decollo e l’atterraggio sono, purtroppo, notoriamente conosciuti come le fasi più pericolose di un volo.
Un pilota, in fase di pianificazione non può semplicemente limitarsi a verificare che sull’aeroporto esista un
servizio antincendio ma, in funzione delle caratteristiche del suo velivolo, dovrà accertarsi che tale servizio
sia adeguato ad una eventuale necessità in caso di incidente.
L’ICAO ha stabilito una apposita classificazione antincendio degli aeroporti, articolata in 10 categorie, e
definita in base a:
– quantità e qualità degli agenti estinguenti;
– numero veicoli antincendio operativamente disponibili degli aeroporti.
Nel determinare le categorie vengono tenute in considerazione anche le dimensioni massime degli
aeromobili che generalmente operano sull’aerodromo, espresse in termini di lunghezza e larghezza della
fusoliera (tabella 2). La categoria antincendio indica, quindi, il livello di protezione garantito sull’aerodromo.
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Tabella 2 – Categoria antincendio degli aerodromi
Classificazione in funzione della capacità portante della pavimentazione
Per evitare che aerei troppo pesanti danneggino le pavimentazioni di piste o piazzali, l’ICAO, nel 1983,
ha introdotto il sistema di classifica degli aeroporti denominato ACN/PCN (ACN: Aircraft Cassification
Number, PCN: Pavement Classification Number).
L’ ACN è un numero che esprime l’effetto relativo di un aereo su una pavimentazione poggiante su un
terreno di sottofondo caratterizzato da una specifica capacità portante. Ogni aereo è caratterizzato da un
valore ACN in funzione del suo peso massimo al decollo.
Il PCN è un numero che esprime la capacità portante di una pavimentazione, espressa in termini di
carico per ruota da essa sopportato.
Una pavimentazione con uno specifico PCN può accettare senza limitazioni il traffico di aeromobili il cui
valore di ACN è inferiore o uguale al suo PCN.
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LE AREE AEROPORTUALI
In base alle operazioni che vi avvengono, ogni aeroporto è stato suddiviso nelle seguenti aree:
a. Area di Atterraggio;
b. Area di Manovra;
c. Area di Movimento.
L’Area di Atterraggio
Un aerodromo nasce per consentire l’esecuzione in sicurezza delle manovre di atterraggio e decollo
degli aeromobili, ma anche per il parcheggio, il rifornimento, la manutenzione, l’imbarco/sbarco dei
passeggeri, ecc... Quella parte di un aerodromo destinata proprio alle manovre di atterraggio e decollo è
conosciuta come “Area di Atterraggio”. Infatti, l’ICAO definisce l’Area di Atterraggio (Landing Area) come
“quella parte dell’Area di Movimento destinata all’atterraggio o al decollo degli aeromobili”.
Si sarebbe portati ad associare l’Area di Atterraggio alla pista di decollo. In realtà, tale visione sarebbe
restrittiva in quanto su uno stesso aerodromo possono coesistere una o più piste ma anche altre aree di
decollo destinate ad esempio agli elicotteri o agli aeromobili VTOL (Vertical Take-Off and Landing -
aeromobili a decollo e atterraggio verticale).
In base al tipo di operazioni che sono destinate ad ospitare, le piste vengono normalmente suddivise in
due categorie:
a. piste STRUMENTALI;
b. piste NON STRUMENTALI;
dove per strumentali s’intendono quelle piste che possono essere utilizzate anche in condizioni
meteorologiche tali da dover far ricorso a strumenti (radioassistenze o altri ausili) per condurre
l’avvicinamento alla pista stessa.
Le piste strumentali sono ulteriormente suddivise in:
– piste di PRECISIONE;
– piste NON DI PRECISIONE;
dove per piste di precisione s’intendono quelle piste servite da apparati in grado di guidare l’aeromobile
non solo sul piano orizzontale (allineamento con la pista) ma anche su quello verticale (sentiero di discesa).
Infine, le piste di precisione possono essere ulteriormente suddivise in base all’accuratezza che gli apparati
sono in grado di garantire, ossia fino a quale posizione possono guidare un aeromobile in sicurezza. In base
a tale parametri, le piste possono essere classificate in:
– piste per avvicinamenti di I categoria;
– piste per avvicinamenti di II categoria;
– piste per avvicinamenti di III categoria, ulteriormente suddivisa in 3 sottocategorie (A, B, e C);
dove la I categoria è quella meno precisa mentre la categoria III C è quella che consente di atterrare
anche in condizioni di visibilità nulla (Figura3).
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Figura 3: Classificazione delle piste aeroportuali
L‘I.L.S. (Instrument Landing System) è un sistema per l’atterraggio strumentale composto da un apparato di
terra e un apparato a bordo.
Gli impianti I.L.S. si suddividono, in funzione della portata visiva di pista in tre categorie:
• 1a categoria: consentono l’avvicinamento di precisione sino ad un’altezza di decisione di 60m e con
portata visiva di pista di 800m;
• 2a categoria: l’altezza di decisione è ridotta a 30 m e la portata visiva a 400m;
• 3a categoria: consentono avvicinamenti di precisione senza fissare alcuna altezza di decisone. A
seconda della portata visiva della pista si suddividono a loro volta in tre classi:
– A per portata visiva di 200m;
– B per portata visiva di 50m;
– C per avvicinamento con visibilità nulla.
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L’Area di Manovra
L’Area di Manovra (Manoeuvring Area) è definita come “quella parte di un aerodromo che deve essere
usata per il decollo, l’atterraggio e per il rullaggio degli aeromobili, escludendo i piazzali”.
Pertanto, fanno parte dell’Area di Manovra le Piste e le altre Aree di Atterraggio (ad esempio i campi
erbosi e le aree di atterraggio per gli elicotteri), nonché tutte le vie di circolazione che conducono a tali aree.
Non fanno invece parte di tale area la zona manutenzione, gli hangars, i piazzali di parcheggio.
Una via di rullaggio (taxiway) è “un percorso determinato su di un aerodromo terrestre, adibito al
rullaggio degli aeromobili e che intende garantire un collegamento tra due parti dell’aerodromo stesso,
includendo:
a. il corridoio di rullaggio per la zona di stazionamento dell’aeromobile (aircraft stand taxilane): una parte
del piazzale designata come una via di rullaggio e destinata solamente a permettere l’accesso
dell’aeromobile alle aree di stazionamento.
b. via di rullaggio del piazzale (apron taxiway): una parte del complesso delle vie di rullaggio situata su
un piazzale e destinata a fornire un percorso di rullaggio attraverso il piazzale.
c. Via di rullaggio di uscita rapida (rapid exit taxiway): una via di rullaggio collegata, con la pista ad
angolo acuto e designata per permettere agli aeromobili in atterraggio di uscire a una velocità
maggiore di quella ottenibile su altre vie di rullaggio di uscita e perciò ridurre al minimo il tempo di
occupazione della pista”.
L’Area di Movimento.
L’Area di Movimento (Movement Area) per definizione è “quella parte di un aerodromo che deve essere
utilizzata per il decollo, l’atterraggio ed il rullaggio degli aeromobili, comprendente l’Area di Manovra ed i
piazzali”, ossia qualsiasi area, pavimentata o non, sulla quale un aeromobile possa transitare.
Tale area comprende quindi, oltre alle aree di atterraggio e alle taxiway, anche i piazzali di parcheggio,
le piazzole prova motore e i piazzali della zona manutenzione.
Aree strettamente connesse alla pista
Oltre alla pista propriamente detta, esistono altre aree, adiacenti o nelle immediate vicinanze, che sono in
stretta connessione con la pista stessa influenzando le sicurezza delle operazioni degli aeromobili.
Tra queste aree possiamo individuare:
a. la stopway;
b. la clearway;
c. le banchine;
d. la striscia;
e. l’area di sicurezza di fondo pista.
Stopway
Il pilota deve sempre prevedere qualche avaria nella fase di decollo e, in alcuni casi, può essere
costretto ad interrompere il decollo. A causa di considerazioni economiche, non sempre è possibile
prolungare la pista in modo da renderla sicura per tutti gli aeromobili; in alcuni casi, al fine di creare un
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adeguato margine di sicurezza e lo spazio a disposizione lo consente, può essere realizzata una zona di
arresto (stopway - SWY) ad una o ad entrambe le estremità della pista.
La stopway è definita come “una superficie rettangolare sul suolo, posta alla fine della pista disponibile
per il decollo, preparata per consentire l’arresto di un aeromobile in caso di decollo interrotto”.
Clearway
La clearway (CWY) è “un’area rettangolare definita, sul terreno o sull’acqua, sotto il controllo dell’appropriata
autorità, scelta o preparata in modo da costituire un’area al di sopra della quale un aeromobile può effettuare
una parte della sua salita iniziale fino ad una specificata altezza”.
Tale area ha inizio immediatamente dopo la fine della pista disponibile per il decollo ed il terreno e,
sebbene possa essere leggermente sconnesso e contenere canali di irrigazione, deve essere spianato e
libero dagli ostacoli per consentire il completamento della fase di involo in piena sicurezza.
La clearway viene considerata dai piloti per la valutazione della distanza totale utile per completare le
due fasi del decollo.
Shoulders
Le banchine (shoulders) sono delle “aree adiacenti al bordo di superfici pavimentate e servono per
garantire una transizione tra la zona pavimentata e le altre superfici attigue”.
Nel caso di banchine relative ad una pista (runway shoulders), queste devono essere in grado di
sopportare il peso di un aeromobile che esca di pista senza procurargli danni strutturali o quello di veicoli
che operino sulla banchina stessa.
Runway Strip
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La “striscia di pista” è “un’area definita che include la pista e, se prevista, la stopway, e serve a ridurre il
rischio di danneggiamento nel caso in cui un aeromobile esca lateralmente dalla pista stessa, nonché per
proteggere gli aeromobili che la dovessero sorvolare nelle fasi di decollo e di atterraggio”.
Runway End Safety
Area - RESA
L’area di sicurezza di fondo pista (Runway End Safety Area - RESA) è “un’area simmetrica rispetto
all’asse centrale della pista, adiacente alla fine della striscia avente lo scopo principale di ridurre il rischio di
danneggiamento ad un aeromobile che tocchi prima dell’inizio della pista o che esca dalla pista in fase di
decollo”.
DISTANZE DICHIARATE DI UNA PISTA AEROPORTUALE
Le caratteristiche fisiche della pista influenzano le operazioni di decollo ed atterraggio e, in particolare la
pianificazione che viene effettuata prima di tali manovre. Per agevolare il lavoro dei piloti, sulle pubblicazioni
di informazioni aeronautiche (AIP e PIV) sono riportate le cosiddette “distanze dichiarate” (Decleared
Distances) della pista.
Per decollo si intende “una operazione che fa passare l’aeromobile dall’immobilità al suolo ad una
situazione di volo sicura, condizione che si considera raggiunta quando si sono ottenuti appropriati valori di
velocità e di altezza dal livello della pista”.
Il decollo può essere distinto in due fasi:
– la corsa di decollo: ossia il rullaggio compiuto sulla pista allo scopo di raggiungere la velocità di distacco
(lift-off speed);
– l’involo: cioè la traiettoria effettuata dopo il distacco fino a raggiungere 10,7 m (35 ft) rispetto al livello
della pista.
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Durante la corsa di decollo l’aeromobile può utilizzare tutta o parte della pista, mentre durante l’involo
l’aeromobile deve poter sorvolare una zona libera da ostacoli.
La lunghezza di pista disponibile per la corsa di decollo viene chiamata TORA (Take Off Run Available). La
TORA è quindi la lunghezza della pista dichiarata disponibile ed idonea per la corsa al suolo di un
aeromobile in decollo; normalmente è pari alla lunghezza della pista (anche in presenza di soglia spostata –
displaced threshold).
Nel computo della distanza totale utile per completare le due fasi del decollo si deve tener conto della
eventuale clearway. Tale distanza è conosciuta come distanza di decollo disponibile (TODA = Take Off
Distance Available) ed è costituita dalla somma di TORA e clearway (TODA = TORA + CWY).
La TODA in pratica è la distanza disponibile per completare l’involo e deve consentire agli aeromobili che
usano quella pista di decollare, anche con potenza ridotta a causa di avaria a uno o più motori, fino a
raggiungere 10,7 m (35 ft) rispetto al livello della pista.
Non sempre, in caso di decollo mancato, è possibile frenare l’aeromobile entro la TORA indicata per la
pista in uso. Per ovviare a tale problema e creare un adeguato margine di sicurezza per tutti gli aeromobili
che si prevede che utilizzeranno quella pista si può realizzare un’area denominata stopway, posizionata
subito alla fine della pista stessa. L’insieme della pista e della stopway viene denominato ASDA (Accelerate
and Stop Distance Available) e costituisce la distanza utile per accelerare e fermarsi in caso dell’insorgere di
un avaria (ASDA = TORA + SWY).
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Gli aeromobili che si avvicinano alla pista toccano terra in una zona della pista chiamata “zona di contatto”
(touch-down zone), che si trova normalmente a 150/300 m dopo la soglia pista in funzione delle
caratteristiche fisiche della pista stessa.
L’atterraggio può anche avvenire oltre tale zona; in tal caso si dice che l’aeromobile ha effettuato un
atterraggio “lungo”. Se invece atterra prima della zona di contatto, si dice che l’aeromobile ha effettuato un
atterraggio “corto”.
Effettuando la “corsa di atterraggio” lungo la pista, l’aeromobile rallenta fino alla velocità normale di rullaggio;
l’attrito delle ruote sulla pista, l’eventuale pendenza della pista, l’azione del vento e l’eventuale presenza di
acqua sulla pavimentazione influiscono sulla decelerazione dell’aeromobile.
Nella maggior parte degli aeromobili è inoltre possibile sfruttare la forza del motore/i per arrestare
l’aeromobile in minor spazio azionando il cosiddetto “reverse”.
La lunghezza di pista necessaria per completare la corsa di atterraggio dipende principalmente dalle
caratteristiche proprie dell’aeromobile. Il pilota, prima di decidere di atterrare su di un aerodromo, deve ben
valutare la lunghezza di pista disponibile per l’atterraggio (Landing Distance Available o LDA), ossia la
lunghezza di pista dichiarata disponibile ed idonea per la corsa di decelerazione di un aeromobile in
atterraggio.
L’LDA è normalmente pari alla TORA tranne in presenza di soglia spostata (displaced threshold); in tal caso
l’LDA è pari alla differenza tra la TORA e la porzione di pista che precede la soglia spostata (LDA = TORA –
Displaced Threshold).
Nel calcolo dell’LDA non deve essere considerata la stopway; questo perché è bene che l’atterraggio venga
programmato solo su aerodromi dove si è in grado di completare la corsa al suolo entro la pista disponibile.
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3 - IL PROGETTO DI UNA PISTA AEROPORTUALE
COEFFICIENTE DI UTILIZZAZIONE
Nella tecnica delle costruzioni aeroportuali si parla di coefficiente di utilizzazione di una pista o di un
complesso di piste di volo, riferendosi alla percentuale di tempo durante il quale l’uso, in decollo o in
atterraggio, di una pista o di un sistema di piste non è limitato, per effetto di una eccessiva intensità della
componente trasversale del vento.
Nel progetto di un nuovo aeroporto l’ICAO raccomanda di prevedere un numero di piste ed un loro
orientamento tale da poter raggiungere un coefficiente di utilizzazione non inferiore al 95%. Nel caso in cui
non sia possibile raggiungere il valore minimo del 95%, l’Annex 14 raccomanda di realizzare una pista
secondaria con diverso orientamento rispetto a quella principale.
ORIENTAMENTO E NUMERO DELLE PISTE
L’orientamento di una pista è influenzato da diversi fattori, quali la distribuzione dei venti e la morfologia del
sito.
La direzione preferibile per l’orientamento di una pista nei confronti del vento è quella per la quale si hanno il
massimo coefficiente di utilizzazione e le minime componenti laterali del vento.
Per effettuare l’analisi delle direzioni del vento si fa ricorso a una rappresentazione grafica, nota come
diagramma polare delle intensità e delle frequenze (figura 1).
Figura 1 – Diagramma polare delle intensità e delle frequenze
Tale diagramma è costituito da una serie di cerchi concentrici tagliati da linee radiali. Ogni circonferenza
definisce la frontiera tra famiglie di venti di intensità variabile. Le linee radiali sono disegnate in modo che
l’asse dell’area compresa tra ogni coppia successiva di linee sia centrata lungo la direzione del vento che si
va a riportare.
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Le velocità registrate per ogni direzione, in un determinato intervallo di tempo, vengono convertite in
percentuali e registrate all’interno del settore corrispondente.
Un metodo per l’individuazione dell’orientamento ottimale è quello di tracciare due linee parallele e la loro
linea d’asse, la distanza tra le due linee e l’asse è rappresentativa dell’intensità dei venti laterali accettabile.
Ruotando lo schema intorno al punto centrale, fino a che la somma delle percentuali dei singoli settori
compresi all’interno delle linee esterne del limite del vento laterale risulta massimizzata, si perviene
all’orientamento ottimale della pista.
La figura 2 riporta, a titolo di esempio, un diagramma completo utilizzato per la definizione dell’orientamento
della pista.
Figura 2 – Esempio di diagramma polare delle intensità e delle frequenze
DETERMINAZIONE DELLA LUNGHEZZA DELLA PISTA
Per dimensionare correttamente la lunghezza di una pista di volo occorre analizzare le manovre degli
aeromobili abilitati ad utilizzare tale infrastruttura, facendo riferimento a quella che, relativamente all’aereo
critico, richiede maggiore lunghezza.
L’aereo critico o di progetto è definito come quell’aereo che, tra quanti operano con maggiore frequenza
nell’aeroporto, per il carico operativo richiede per le suddette manovre la maggiore lunghezza di pista.
DETERMINAZIONE DELLA LUNGHEZZA DI PISTA IN DECOLLO Per la determinazione della lunghezza di pista in decollo è necessario conoscere le procedure che
normalmente l’aereo compie per effettuare la manovra di decollo.
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La manovra di decollo
L’avanzamento di un velivolo sulla pista e l’aumento della sua velocità vengono prodotti dalla spinta, fornita
dalle eliche e dai reattori. In questa fase, si generano delle forze sulle ali dirette dal basso verso l’alto che
determinano la portanza dell’aeromobile.
Quando la velocità raggiunge un valore prestabilito, detto velocità di sostentamento, la portanza P risulta
uguale al peso dell’aereo G che, pertanto non grava più sulla pista. La velocità di sostentamento (Vsost) è
data dalla seguente relazione:
essendo:
ρ = densità dell’aria;
Cp = coefficiente di portanza, funzione dell’assetto al decollo prescelto (angolo dei flap e dei slat scelt),;
S = superficie alare.
Il valore della portanza dipende dalle caratteristiche del profilo alare, dalla superficie complessiva delle ali e
dall’inclinazione di queste ultime rispetto alla direzione del moto.
Durante la corsa di decollo l’a/m raggiunge una velocità V1, detta velocità di decisione, funzione tra l’altro del
peso di decollo. Se alla velocità V1 avvenisse un’improvvisa avaria ad un motore, con riduzione della spinta
totale, il pilota potrebbe scegliere se proseguire ugualmente la manovra o se arrestare l’a/m.
Superata la V1 l’a/m raggiunge una velocità VR (Rotation speed) in corrispondenza della quale il pilota,
abbassando i piani di coda, provoca una rotazione con sollevamento dal suolo del carrello anteriore.
Alla velocità VLO>VR (Lift-Off speed) l’aeromobile si stacca dalla pista e, alla quota di 35 ft (10,5 m) riferiti al
punto più basso del velivolo, si considera convenzionalmente conclusa l’operazione di decollo e ha inizio la
fase di allontanamento; la velocità di allontanamento è detta V2.
Nel caso che, durante la corsa di decollo, prima che l’a/m raggiunga la velocità V1, si verifichi un’avaria il
pilota deve interrompere la manovra e fermare il velivolo; nel caso in cui l’avaria si verifichi ad una velocità
superiore a V1 il pilota deve proseguire nella manovra di decollo. A causa della diminuzione di spinta e
quindi del valore di accelerazione esprimibile, l’aeromobile avrà bisogno di maggiore spazio per raggiungere
la VR e la VLO ed avrà un rateo di salita più basso. Di conseguenza raggiungerà la quota di 35 ft ad una
distanza dal punto di rilascio freni superiore al caso del decollo con tutti i motori efficienti.
Bisogna sottolineare che il valore di V1 non è unico per ogni a/m ma può essere scelto dal pilota al momento
del decollo all’interno di un intervallo di definizione caratteristico di ciascun aereo, nelle condizioni di peso,
atmosferiche e di assetto in cui avviene il decollo. Il limite superiore dell’intervallo di definizione rappresenta
il minimo valore di V1 al quale gli organi di controllo aerodinamico dell’a/m sono ancora efficaci. Il limite
inferiore rappresenta invece il massimo valore di V1 al quale gli organi di frenatura meccanica dell’aereo
riescono ancora ad essere efficaci.
Distanze richieste dagli aeromobili in decollo
L’ICAO definisce le distanze richieste dagli aeromobili per effettuare il decollo nel caso ordinario e in quelli di
decollo abortito e di decollo con motore in avaria. Tali distanze sono così definite:
Ø T.O.D (Take-off Distance) è la maggiore tra le seguenti distanze:
€
Vsost =2G
ρ⋅ Cp ⋅ S
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1. la distanza compresa tra il punto di rilascio freni ed il punto in cui l’a/m, con avaria alla
velocità V1 del motore critico (quello che, in caso di avaria, produce la maggior perdita di
potenza), raggiunge la quota di 35 ft sulla pista;
2. la stessa distanza nel caso di motori efficienti, incrementata del 15%.
Ø T.O.R. (Take-Off Run) è la maggiore tra le seguenti distanze:
1. la distanza compresa tra il punto rilascio freni e il punto intermedio tra il punto
corrispondente a V=VLO e il punto il cui l’a/m raggiunge la quota di 35 ft, con un motore in
avaria alla velocità V2.
2. la stessa distanza, con motori efficienti, incrementata del 15%.
Ø A.S.D. (Acceleration-Stop Distance) è la distanza compresa tra il punto rilascio freni e il punto in cui
si arresta il velivolo in caso di avaria alla velocità V1.
La lunghezza da assegnare alla pista con riferimento alle operazioni di decollo, è la maggiore tra le tre
distanze sopra definite.
Determinazione della lunghezza di pista per il decollo
Per determinare le distanze richieste dagli a/m occorre studiare il moto del velivolo a terra e nelle immediate
vicinanze del suolo. Tale moto è composto da tre fasi:
- fase di rullaggio: il velivolo partendo praticamente da fermo in corrispondenza della testata della
pista, percorre una distanza L1 fino a raggiungere la velocità di rotazione VR;
- fase di manovra: l’aereo prosegue la sua corsa in accelerazione con i pneumatici dei soli carrelli
posteriori al suolo, fino a raggiungere la condizione di portanza massima. Al termine di questa fase,
durante la quale viene percorso la distanza L2, si avvia il distacco dal suolo;
- fase di salita: l’a/m inizia la traiettoria di involo in modo da raggiungere un’altezza di 35 ft,
percorrendo lo spazio L3.
Nella fase di rullaggio le forze agenti sul velivolo sono:
• lo sforzo di trazione T, supposto per semplicità costante ed agente in direzione parallela al suolo;
• il peso totale massimo del velivolo W;
• la forza di inerzia Fi, ossia:
dove g rappresenta l’accelerazione di gravità e dv/dt l’accelerazione in atto;
• la resistenza complessiva al moto R , somma della resistenza dovuta al rotolamento (Rrot ) e della
resistenza aerodinamica (Raerod ). In particolare risulta:
dove:
f : coefficiente di aderenza tra le ruote del carrello e la pavimentazione della pista;
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Cp : coefficiente di portanza legato alla fase di rotolamento;
Cr : coefficiente di resistenza aerodinamica;
ρ : densità dell’aria;
S : sezione trasversale del velivolo;
v : velocità del velivolo.
Per l’equilibrio del velivolo deve essere soddisfatta la seguente relazione:
T - R - Fi = 0
Dalla quale è possibile ricavare lo sforzo acceleratore come differenza tra lo sforzo di trazione e la somma
delle resistenze:
La soluzione analitica della relazione precedente fornisce il valore dell’accelerazione da utilizzare per il
calcolo della distanza L1; tale soluzione risulta però assai complessa, in quanto i coefficienti f, CP e Cr non
sono costanti. Operando invece in modo grafico, il calcolo della L1 può dedursi costruendo il diagramma che
fornisce gli sforzi di trazione e le resistenze in funzione della velocità. Difatti, poiché le ordinate comprese tra
le curve R e T rappresentano gli sforzi acceleratori si potranno determinare le accelerazioni alle varie
velocità.
Se a questo punto si costruisce un diagramma nel piano cartesiano ponendo in ascissa la velocità v,
variabile nell’intervallo 0÷VR e in ordinate il rapporto v/a tra la velocità e la corrispondente accelerazione,
l’area da esso sotteso rappresenta proprio lo spazio di rullaggio L1 (fig.3), ovvero:
Nella fase di manovra affinché il velivolo si stacchi dal suolo occorre un certo tempo tm (mediamente pari a 2
secondi), durante il quale l’aereo percorre la distanza L2 valutabile con la seguente espressione:
L2 = v * tm
essendo v variabile da VR alla velocità V2 di stacco.
Nella fase di salita, infine, il velivolo si stacca dal piano della pista e percorre, in accelerazione, una
traiettoria con pendenza p in salita non minore del 3%. Tale fase termina nel momento in cui l’a/m raggiunge
la quota di 10,7 m, dopo aver percorso lo spazio L3 sul piano della pista, ne consegue che:
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In definitiva la distanza richiesta dal velivolo per il decollo risulta pari a:
Ld = L1 + L2 + L3
In questo modo si definisce una lunghezza caratteristica che è la lunghezza di una pista orizzontale (i=0),
posta a livello del mare, velocità del vento nulla, e superficie della pista pavimentata, asciutta in
calcestruzzo, in condizioni di “atmosfera tipo” cioè: aria asciutta, temperatura di 15°C, pressione barometrica
760 mm.
Per tenere conto delle condizioni reali (diverse da quelle standard), occorre correggere opportunamente la
distanza Ld. L’ICAO suggerisce, a tal proposito, il cosiddetto metodo del fattore di correzione medio che
prevede i seguenti incrementi della lunghezza base calcolata:
- incremento del 7% per ogni 300m di altitudine sul livello del mare;
- incremento del 10% per ogni 1% di pendenza longitudinale media positiva della pista;
- incremento dell’1% della lunghezza base per ogni 1°C di eccedenza della temperatura di riferimento
rispetto alla temperatura dell’atmosfera tipo a quella quota.
Nello specifico la temperatura di riferimento dell’aeroporto è definita dalla seguente espressione:
essendo:
T1: temperatura media quotidiana, calcolata nelle 24 ore del mese più caldo;
T2: medie delle temperature massime diurne del mese più caldo.
Le correzioni di cui sopra sono correzioni medie, che possono essere più o meno valide a seconda del tipo
di a/m; perciò, nella pratica per il calcolo della lunghezza della pista, è più corretto servirsi dei diagrammi di
prestazione degli aa/mm, forniti dalle case costruttrici.
I diagrammi di prestazione degli aeromobili
Le distanze richieste variano per ogni aeromobile al variare delle condizioni in cui avviene il decollo; i
parametri che concorrono al raggiungimento di tali distanze per un dato a/m sono il peso e l’assetto al
decollo, la temperatura atmosferica, la quota della pista, l’intensità e la direzione del vento, l’uso o meno
dell’impianto di condizionamento e dell’impianto antighiaccio, pendenza della pista e suo stato superficiale
(asciutta, bagnata, innevata).
I controlli tesi a verificare la compatibilità fra distanze richieste dall’a/m e distanze disponibili della pista e la
determinazione del peso massimo al decollo compatibile con la lunghezza di pista disponibile, vengono
effettuati dal pilota prima del decollo, utilizzando apposite tabelle. Per rendersi conto di come ogni parametro
influenzi l’entità delle distanze richieste al decollo da un dato a/m è necessario consultare le curve di
prestazione ad esso relative, fornite dalle cosa costruttrici (Figura 4).
Tali curve sono di grande aiuto anche in fase progettuale per determinare le lunghezze delle runway,
stopway e clearway più opportune.
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Figura 4 – Curva di prestazione dell’MD11
Questi diagrammi possono essere utilizzati quindi, per determinare il massimo peso al decollo consentito
con una determinata lunghezza di pista o viceversa.
Diagramma payload range
La lunghezza di pista ha una influenza diretta sulla distanza che gli aa/mm che la impegnano possono
coprire in volo. È pertanto necessario, data una lunghezza di pista, capire qual è il peso massimo che l’aereo
può avere al decollo. Il peso di un aereo infatti può essere molto diverso a seconda se esso ha imbarcato il
massimo numero di passeggeri e di merci possibili per la sua capacità (carico pagante o payload) e se ha
riempito o meno i serbatoi di carburante. Questi due pesi, tipici per ogni a/m, influenzano la distanza (range)
che esso può compiere in volo. La relazione tra payload e range è riportata in figura 5.
La distanza che può percorrere un velivolo in volo dipende, oltre che dal peso del carico pagante e del
carburante, anche da molteplici fattori, quali: le condizioni meteorologiche durante il volo, dalla quota di volo,
dalla velocità e del vento. Le case costruttrici forniscono i diagrammi payload-range per una giornata
standard e in assenza di vento.
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Figura 5- Diagramma Payload-range dell’MD11
DETERMINAZIONE DELLA LUNGHEZZA DI PISTA IN ATTERRAGGIO
Per la determinazione della lunghezza di pista in atterraggio è necessario conoscere le procedure che
normalmente l’aereo compie per effettuare tale manovra.
La manovra di atterraggio
L’atterraggio è la manovra che consente al velivolo di passare dalla quota di volo al suolo. Se la manovra è
eseguita correttamente il velivolo deve toccare terra con velocità verticale nulla ed arrestarsi nel minimo
spazio. In pratica difficilmente è realizzabile questa condotta di volo, soprattutto per quanto attiene alla prima
condizione; in ogni caso la velocità verticale deve essere la minima possibile, per non sovraccaricare
eccessivamente il carrello. Le norme stabiliscono che deve intendersi per distanza di atterraggio la distanza
necessaria ad arrestare il velivolo, partendo dalla sommità di un ostacolo alto 15 metri posto all’inizio della
pista. Se in prossimità delle piste esistessero ostacoli di maggiore altezza, sarebbero questi a condizionare
la distanza di atterraggio.
Determinazione della distanza e del tempo di atterraggio
Con riferimento a quanto ipotizzato nel paragrafo precedente, la distanza di atterraggio, indicata con La,
può essere suddivisa in tre fasi caratterizzate da specifiche peculiarità (fig. 6):
• discesa;
• manovra;
• rullaggio.
A queste che rappresentano le fasi proprie dell’atterraggio, bisognerebbe aggiungere quella di
avvicinamento che porta il velivolo dalla quota di volo alla sommità dell’ostacolo.
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Figura 6 - Rappresentazione schematica delle fasi di atterraggio.
L’avvicinamento alla pista può avvenire mediante un volo a vista o di tipo strumentale. I voli a vista
vengono condotti esclusivamente in base a riferimenti visuali e possono effettuarsi soltanto in determinate
condizioni meteorologiche denominate Visual Meteorological Conditions VMC, per questi voli si osservano le
regole di navigazione denominate Visual Flight Rules VFR. I voli strumentali vengono invece condotti con
opportuni strumenti di navigazione e avvengono in condizioni denominate Instrument Meteorological
Condition IMC, in osservanza delle regole di navigazione Instrument Flight Rules IFR. Gli avvicinamenti
strumentali possono ulteriormente essere suddivisi in avvicinamenti di precisione e di non precisione, a
seconda che si utilizzino o meno guide elettroniche di precisione (sistemi ILS, MLS, etc.) per individuare la
corretta pendenza del sentiero di avvicinamento.
La manovra di atterraggio, risente sia dell’abilità del pilota che del tipo di propulsore. Particolare
attenzione occorre porre, inoltre, all’influenza del vento in quanto esso condiziona la pendenza e quindi la
lunghezza della traiettoria di discesa. Rispetto allo spazio in aria calma, un vento di coda comporta, a parità
di tutte le altre condizioni, una minore pendenza della traiettoria di discesa con conseguente aumento dello
spazio relativo. Con vento di prua, invece, la pendenza cresce e si riduce di conseguenza lo spazio.
Determinazione della distanza e del tempo di discesa in aria calma
Durante questa fase di volo i regolamenti impongono che per motivi di sicurezza, connessi con la possibilità
di stallo per raffiche o errori di manovra del pilota, sulla sommità dell’ostacolo la velocità del velivolo sia
superiore alla minima aerodinamica nella configurazione di atterraggio di almeno il 30%, come espressa
dalla:
Vd = 1,3Vst.ip
con Vst.ip: velocità di stallo con ipersostentatori estesi e carrello abbassato.
In base al triangolo ABH di figura 6, la distanza di discesa Ld può essere determinata con la seguente
relazione:
31
L’angolo di pendenza della traiettoria, se non è stabilito diversamente, può essere valutato
considerando che la discesa avvenga in volo planato, ipotesi valida se il pilota fa uso dei freni aerodinamici
che annullano la trazione del propulsore. Con tale assunzione l’angolo di discesa, variabile tra 3° e 5°, può
essere valutato come:
dove EH è il valore assunto dall’Efficienza di volo alla sommità dell’ostacolo.
Quindi:
Ld = h" EH
con la quale è possibile valutare, con buona approssimazione, lo spazio di discesa.
Valutiamo ora il tempo che occorre per la discesa. Con riferimento alla figura 6 notiamo che il tempo
che il velivolo impiega per passare da H a B alla velocità Vd è lo stesso che impiegherebbe per coprire la
distanza AB alla velocità:
u = Vd " cos γd
dove u è componente orizzontale della Vd. Con tale considerazione il tempo impiegato dal velivolo per la
discesa sarà espresso dalla:
Determinazione della distanza e del tempo di manovra in aria calma
L’ultima fase della discesa consiste in un rallentamento della planata, che inizia ad una decina di metri dal
suolo. All’altezza del punto B’ (fig. 6), una decisa richiamata fa aumentare l’angolo d’incidenza e quindi la
portanza che frena la discesa del velivolo. Da questo momento la velocità diminuisce ulteriormente e il
contatto con il suolo, nel punto C, avviene nelle migliori condizioni di leggerezza a velocità molto bassa. I
regolamenti prescrivono che il tempo occorrente per compiere questa manovra sia non superiore a due
secondi. Nell’ipotesi che la velocità tra B’ e C non cambi molto e non sia diversa da quella di stallo, lo spazio
di manovra può valutarsi con la seguente relazione:
avendo posto, come precedentemente detto, tm=2 sec.
Determinazione della distanza e del tempo di rullaggio in aria calma
Nel punto C di fig. 4 il velivolo, a causa della manovra precedente, si presenta con la coda bassa e le ruote
principali del carrello toccano il suolo. Il pilota a questo punto disattiva i motori ed inizia la frenatura che
porterà all’arresto del velivolo. Durante il rullaggio agiscono sul velivolo le seguenti forze:
• la trazione T, che rappresenta la forza sviluppata dal propulsore in presenza di inversori o la resistenza
dovuta ad eventuale presenza di paracadute di frenamento o della trazione delle eliche con passo invertito;
• il peso del velivolo W, supposto costante;
• la portanza P, variabile nel tempo in quanto tale è la velocità durante la corsa;
• la resistenza R, variabile nel tempo per la variabilità della velocità durante il moto;
32
• la resistenza di attrito Rat, dovuta al contatto delle ruote del velivolo con il suolo, variabile nel tempo perché
varia il peso che grava sulle ruote;
• la forza d’inerzia Fi.
Le equazioni di equilibrio dinamico del moto del velivolo sono espresse dalle seguenti relazioni:
dove con a si è indicata la decelerazione.
La (1) è valida per velivoli dotati di sistemi per l’inversione della spinta o del passo dell’elica o di paracadute
di frenamento, la (2) è valida nel caso in cui i motori sono spenti. In entrambe le equazioni con Rts si indica la
resistenza totale al suolo, somma di quella aerodinamica e di quella di attrito:
dove f’ rappresenta il coefficiente di attrito volvente. I valori di f’ variano da 0.4 a 0.6 per atterraggi su piste
asciutte in cemento, si riducono a 0,2 se le piste sono bagnate e scendono a 0,07 se le piste sono addirittura
ghiacciate. Si intuisce come in quest’ultimo caso l’azione dei freni sia del tutto inefficace per cui, per
contenere lo spazio di atterraggio entro limiti accettabili, occorre ricorrere a sistemi alternativi quali, ad
esempio, l’inversione della spinta. La ricerca dello spazio e del tempo di rullaggio può essere fatta ricorrendo
all’integrazione analitica o grafica delle (1) e (2), tenendo conto dell’espressione precedente. Un modo più
semplice e meno laborioso, che conduce a risultati ugualmente accettabili, è quello di considerare il moto del
velivolo uniformemente decelerato per tutta la corsa di rullaggio. Con tale assunzione si avrà:
Tenendo conto che il tempo di rullaggio, in modo analogo a quanto visto nel decollo per l’involo, è
esprimibile nel modo seguente:
Circa i valori della decelerazione da adottare, i regolamenti consigliano i seguenti valori:
• 1.5 m/s2 per velivoli con semplice sistema frenante;
• 2 m/s2 per velivoli che adottano sistema frenante alle ruote con controllo automatico dello slittamento;
• 3 m/s2 per velivoli che oltre al sistema frenante alle ruote abbiano anche sistemi integrativi quali, ad
esempio, l’inversione della spinta.
Adoperando un valore medio di decelerazione pari a 2 le espressioni di Lr e di tr assumono la forma:
33
Generalmente il valore di La così ottenuto viene moltiplicato per un fattore di sicurezza, che i regolamenti
indicano in 1.67, per tenere conto delle diverse tecniche di atterraggio, della non perfetta efficienza dei
sistemi di frenatura o addirittura degli errori di manovra.
Come per il decollo, anche per la manovra di atterraggio, la distanza necessaria può essere ricavata in base
ai diagrammi di prestazione forniti dalle case costruttrici.
Diagrammi di prestazione all’atterraggio
Anche per l’atterraggio le case costruttrici degli aeromobili forniscono dei diagrammi di prestazione che
legano la lunghezza della pista richiesta per l’atterraggio alle caratteristiche prestazionali del velivolo.
L’impiego di tali diagrammi ha gli stessi scopi di quelli già visti per le operazioni di decollo: verifica di
compatibilità fra distanze richieste e quelle dichiarate o, in fase progettuale, determinazione della lunghezza
di pista e/o delle penalizzazioni in termini di peso per gli aa/mm previsti sulla pista in progetto.
A titolo di esempio si riporta in figura 7 il diagramma di prestazione all’atterraggio per l’A321.
Figura 7- Diagramma di prestazione in atterraggio dell’A321
34
Verifiche di peso al decollo
Un aeromobile può essere autorizzato al decollo su una data pista solo se il suo peso (TOW) soddisfa 5
condizioni:
1. Verifica strutturale: il TOW non deve superare il MTOW relativo all’aereo in questione;
2. Verifica di lunghezza di pista in decollo: il TOW non deve superare il massimo peso compatibile con
la possibilità di decollo tenuto conto delle distanze disponibili;
3. Verifica della traiettoria di allontanamento: il TOW non deve superare il massimo peso consentito
dall’obbligo di osservare i particolari gradienti minimi di salita relativi ad ognuno dei segmenti di cui si
compone la traiettoria al decollo in caso di avaria motore;
4. Verifica della traiettoria in rotta: il TOW non deve superare il massimo peso consentito dalla
necessità di sorvolare con dovuti margini di sicurezza gli ostacoli segnalati lungo la rotta in caso di
avaria di un motore;
5. Verifica di resistenza delle pavimentazioni: il TOW non deve comportare, nelle pavimentazioni
utilizzate duranti le fasi di rullaggio e decollo, sollecitazioni maggiori di quelle che la pavimentazione
può sostenere.
Verifiche di peso all’atterraggio
Il peso all’atterraggio LW dell’aeromobile deve essere tale da soddisfare le seguenti verifiche:
1. Verifica di resistenza pista: il LW deve essere tale da non provocare sollecitazioni inammissibili
nelle pavimentazioni utilizzate durante l’atterraggio, il rullaggio, il parcheggio;
2. Verifica strutturale: LW<MLW (Maximum Landing Weight);
3. Verifica di lunghezza pista: il LW non deve risultare superiore al massimo peso consentito dalla
possibilità di fermarsi nell’ambito del 60% della lunghezza di pista disponibile per l’atterraggio;
4. Verifica di riattaccata: il Lwnon deve essere superiore al massimo peso consentito dai richiesti
gradienti minimi di salita in caso di riattaccata, tenendo conto delle condizioni di temperatura e
pressione prevista all’atterraggio.
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4 - CARATTERISTICHE FISICHE DEGLI AEROPORTI SECONDO IL REGOLAMENTO ENAC
Il progetto di nuove infrastrutture o di rifacimenti di quelle esistenti deve soddisfare in maniera integrata i
requisiti del Regolamento ENAC e le esigenze derivanti dall’implementazione delle misure di security.
Nel presente capitolo sono riportati gli standard previsti dal Regolamento per i vari elementi di un aeroporto.
PISTE DI VOLO
Per pista si intende un’area rettangolare all’interno dell’aeroporto idonea all’atterraggio e al decollo dei
velivoli. A seconda che la pista sia strumentale o a vista sono applicabili caratteristiche specifiche. L’ENAC
stabilisce le distanze dichiarate sulla base dei dati forniti dal gestore.
Larghezza
La larghezza di una pista deve avere dimensioni non inferiori a quanto specificato nella seguente tabella:
Pendenza longitudinale
La pendenza longitudinale complessiva, calcolata dividendo la differenza di quota tra le due testate della
pista, misurata lungo l’asse, per la lunghezza della pista, non deve essere superiore a 1% (1:100) per le
piste con numero di codice pari a 3 o 4 e a 2% (1:50) per le piste con numero di codice pari a 1 o 2.
In nessuna porzione della pista la pendenza longitudinale può superare i limiti sottoindicati:
(a) 1,25% con numero di codice pari a 4;
(b) 1,50% con numero di codice pari a 3;
(c) 2,00% con numero di codice pari a 1 o 2;
La pendenza del primo e ultimo quarto di una pista di codice 3 o 4 non può essere superiore allo 0.8%.
Qualora non possano essere evitate variazioni di pendenza, la differenza tra due pendenze consecutive non
può superare i limiti sottoindicati:
(a) 1.5% con numero di codice pari a 3 o 4;
(b) 2.0% con numero di codice pari a 1 o 2;
In pista si devono evitare ondulazioni o cambiamenti apprezzabili tra le pendenze di porzioni di pista
contigue. La distanza in metri tra i punti di intersezione di due successive variazioni di pendenza non deve
essere inferiore alla somma (espressa in termini assoluti) delle due variazioni di pendenza moltiplicata per:
• 300 con numero di codice pari a 4;
• 150 con numero di codice pari a 3;
• 50 con numero di codice pari a 1 o 2.
La distanza minima tra due successive variazioni di pendenza non deve essere inferiore a 45 m.
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Pendenze trasversali sulle piste pavimentate
Il rapido drenaggio dell’acqua da una pista pavimentata è facilitato da una sua configurazione a schiena
d’asino.
Nel caso di realizzazione di una nuova pista, pur essendo consigliabile una configurazione a schiena
d’asino, è accettabile una pendenza trasversale a falda unica dall’alto al basso nella direzione del flusso del
vento più frequentemente associato con la pioggia.
La sezione trasversale a schiena d’asino deve avere una pendenza massima pari a:
(a) 1.5% (1:66) per lettera di codice C, D, E, o F;
(b) 2% (1:50) per lettera di codice A o B;
e una pendenza minima dell’1%, ad eccezione delle intersezioni con piste o taxiway, dove possono
richiedersi pendenze meno accentuate.
Per una sezione trasversale a falda unica tale la pendenza trasversale deve essere compresa tra 1% e
1,5%.
Per piste a schiena d’asino già realizzate su aeroporti esistenti è ammessa una pendenza inferiore al 1%
purché sia assicurato un adeguato drenaggio dell’acqua con l’adozione di uno strato superficiale drenante
(PFC) o scanalato. In occasione del primo rifacimento della pista è comunque richiesto l’adeguamento a
quanto richiesto ai paragrafi precedenti.
Banchine di pista (Runway Shoulders)
Forti venti di traverso possono causare delle deviazioni significative dall’ asse pista. I motori, montati sulle ali
di aeromobili di grandi dimensioni, possono sporgere al di fuori dal bordo pista con il rischio di erodere con il
loro getto la superficie adiacente alla pista stessa. Ciò può causare polveri e la possibile ingestione di detriti
da parte dei motori.
Per risolvere i potenziali problemi devono essere realizzate delle banchine simmetriche rispetto all’asse per
piste con lettera di codice D, E o F per le quali la larghezza complessiva di pista più banchine sia di almeno:
(a) m 60 per piste di codice D ed E;
(b) m 75 per piste di codice F.
La superficie della banchina attigua alla pista deve essere a livello della superficie della pista e la sua
pendenza trasversale non deve superare il 2.5% (1:40). Per piste esistenti possono essere ammessi dislivelli
inferiori a 4 cm tra pista e banchina, da eliminare in occasione del primo rifacimento della pista.
Le banchine di pista devono essere in grado di sostenere gli aeromobili che utilizzano la pista, senza
causare danni strutturali agli stessi. Devono anche essere in grado di sostenere veicoli quali quelli
antincendio.
RUNWAY STRIP
La striscia di sicurezza della pista è una superficie che comprende la pista stessa e le stopway associate. Il
suo scopo è quello di:
(a) ridurre il rischio di danni ad un aeromobile che esce di pista mediante la rispondenza a specifici requisiti
relativi alle pendenze longitudinali e trasversali e alla portanza;
37
(b) proteggere gli aeromobili in volo sopra essa durante atterraggi, decolli, atterraggi e decolli abortiti,
fornendo loro un’area priva di ostacoli, ad eccezione di alcuni aiuti necessari alla navigazione aerea e
debitamente autorizzati.
La strip deve essere priva di ostacoli. Nella strip possono essere presenti attrezzature per aiuti visivi, radio e
radar, che non possono svolgere la loro funzione se ubicati fuori dalla strip stessa.
All’interno della strip non devono esistere colture agricole che costituiscano un ambiente favorevole allo
stazionamento degli uccelli o pericolo di incendio, o che possano ostacolare l’utilizzo degli aiuti visivi.
La porzione di strip posta fino a 30 m oltre la soglia deve essere preparata contro l’erosione provocata dal
getto dei motori, così da proteggere un aeromobile in atterraggio da un possibile impatto contro uno spigolo
vivo.
La strip deve avere caratteristiche tali da consentire l’intervento dei veicoli dei servizi di emergenza.
Lunghezza
Per piste di codice 2, 3, e 4, e strumentali di codice 1, la strip si estende oltre i fine pista e relative zone di
arresto per una distanza di almeno 60m. Per piste non strumentali di codice 1 tale distanza è di almeno 30
m.
Larghezza
La strip che comprende una pista strumentale deve estendersi simmetricamente rispetto all’asse pista per
almeno:
(a) 150 m per piste di codice 3 o 4;
(b) 75 m per piste di codice 1 o 2.
La strip che comprende una pista non strumentale deve estendersi simmetricamente rispetto all’asse pista
per almeno:
(a) 75 m per piste di codice 3 o 4;
(b) 40 m per piste di codice 2;
AREA DI SICUREZZA DI FINE PISTA (RESA)
La RESA ha lo scopo di ridurre il rischio di danni agli aeromobili - e quindi ai loro occupanti - che dovessero
arrivare troppo corti in atterraggio o uscire di pista in decollo o in atterraggio. Tale area, delle dimensioni
minime sotto specificate, deve essere presente presso entrambe le estremità della strip.
Per gli aeroporti esistenti con piste non strumentali di codice 1 e 2 possono essere autorizzate deroghe, in
considerazione delle caratteristiche specifiche dell’aeroporto.
La RESA è simmetrica rispetto all’asse pista, con una larghezza minima pari al doppio della larghezza della
pista.
Ove realizzabile la larghezza della RESA è pari alla larghezza della CGA.
Per le piste di nuova realizzazione, o in occasione di prolungamento della pista, la larghezza della resa è
pari alla larghezza della CGA.
Per piste già realizzate su aeroporti esistenti la lunghezza della RESA deve essere di almeno 90 metri. Negli
altri casi occorre predisporre una RESA di almeno 240 metri per piste di codice 3 e 4, e almeno 120 metri
per piste di codice 1 e 2.
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Qualora vincoli fisici impediscano la realizzazione di una RESA secondo i suddetti requisiti possono essere
adottate le seguenti misure di contenimento del rischio, che determinino risultati equivalenti a parità di
condizioni operative:
(a) migliorare le caratteristiche superficiali delle piste e i sistemi di rilevazione e registrazione delle
condizioni di pista, soprattutto in caso di piste contaminate e soggette a precipitazioni;
(b) assicurarsi che vengano comunicate tempestivamente all’equipaggio di volo informazioni accurate e
aggiornate su: condizioni atmosferiche, stato generale della pista, tipo di contaminazione, valore
dell’azione frenante e quant’altro necessario;
(c) migliorare la conoscenza, registrazione, previsione e divulgazione dei dati sul vento, ivi incluso il “wind
shear” e ogni altra pertinente informazione sulle condizioni climatiche;
(d) ridurre la presenza di ostacoli al di là della RESA;
(e) potenziare gli aiuti visivi e strumentali per l’atterraggio (ivi inclusa l’installazione di un Sistema di
Atterraggio Strumentale - ILS) per avere un posizionamento dell’aeromobile sul sentiero finale il più
vicino a quello ottimale per l’atterraggio;
(f) emanare, di concerto con le compagnie di navigazione aerea, e divulgare in maniera idonea le
procedure operative ed eventuali restrizioni, relative alle condizioni atmosferiche avverse e ogni altra
procedura aeroportuale significativa;
(g) prevedere idonei sistemi di arresto, tenendo conto degli eventuali rischi connessi al loro impiego;
(h) pubblicare le caratteristiche della RESA sull’AIP.
La superficie della RESA deve favorire la decelerazione degli aeromobili nel caso di uscita di pista ma non
deve:
1) ostacolare il movimento dei veicoli di soccorso e antincendio;
2) ridurre l’efficacia delle operazioni di soccorso e antincendio;
3) costituire un pericolo per gli aeromobili nel caso di atterraggi corti o lunghi o uscite di pista in decollo.
Il profilo longitudinale della RESA non deve avere pendenze verso il basso superiori al 5% (1/20)e deve
essere tale che nessuna sua parte fori le superfici di avvicinamento o decollo.
Le pendenze trasversali non devono essere superiore al 5% (1:20).
Cambi di pendenza e transizioni tra pendenze diverse devono essere graduali; deve essere pertanto
rimossa ogni variazione repentina o inversione di pendenza.
Gli aiuti alla navigazione, che per la loro funzione devono essere posti entro la RESA, devono essere
costruiti e ubicati in modo tale da costituire il minimo rischio possibile.
VIE DI RULLAGGIO (TAXIWAYS)
Le vie di rullaggio (altrimenti denominate raccordi o bretelle) sono necessarie per il movimento ordinato e in
sicurezza degli aeromobili a terra o quando è necessario che gli aeromobili seguano un certo percorso
senza entrare in aree o superfici protette. Quando una pista non è larga abbastanza per consentire ad un
aeromobile di invertire la marcia, la pista deve essere dotata di vie di rullaggio che consentano tale
inversione.
Larghezza
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La larghezza di una taxiway deve essere tale che, con la cabina di pilotaggio del velivolo più critico
consentito posta sopra la mezzeria, la distanza minima tra il bordo esterno delle ruote principali del velivolo
e il bordo della pavimentazione è pari a:
(a) 4.5 m con codice F, E, D o C (per taxiway usate da velivoli con interasse uguale o superiore a 18 m);
(b) 3 m con codice C e taxiway usate da velivoli con interasse inferiore a 18 m;
(c) 2.25 m con codice B;
(d) 1.5 m con codice A.
I cambi di direzione sulle taxiway devono essere limitati al massimo e le curve devono essere compatibili
con la capacità di manovra del velivolo critico di progetto alla normale velocità di rullaggio. Per garantire le
distanze di rispetto definite nei punti precedenti può essere necessario allargare la taxiway nella parte
interna della curva; la dimensione dell’allargamento dipenderà dall’interasse e dal percorso del velivolo
critico di progetto, nonché dal raggio di curvatura dell’asse
della taxi way (v. Fig. 2).
Figura 2 – Allargamento in curva della taxiway
Le parti rettilinee di una taxiway devono avere una larghezza non inferiore a:
(a) 25 m con lettera di codice F;
(b) 23 m con lettera di codice E, e D per taxiway usate da velivoli con larghezza esterna del carrello
principale uguale o superiore a di 9 m;
(c) 18 m con lettera di codice D e taxiway usata da velivoli con larghezza esterna del carrello principale
inferiore a 9 m;
(d) 18 m con lettera di codice C e taxiway usata da velivoli con interasse non inferiore a 18 m;
(e) 15 m con lettera di codice C e taxiway usata da velivoli con a interasse inferiore a 18 m;
(f) 10,5 m con lettera di codice B;
(g) 7,5 m con lettera di codice A.
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Pendenza longitudinale e sua variazione
Le pendenze longitudinali delle taxiway devono essere ridotte al minimo e non devono essere superiori a:
(a) 1.5% (1:66) con lettera di codice C, D , E; F;
(b) 3.0% (1:33) con lettera di codice A o B.
Laddove non sia possibile evitare variazioni di pendenza longitudinale su una taxiway, la transizione da una
all’altra pendenza è effettuata da una superficie curva di raccordo con gradiente non superiore a:
(a) 1% per 30 m per lettera di codice C, D, E, F;
(b) 1% per 25 m con lettera di codice A o B.
Pendenza trasversale
La pendenza trasversale di una taxiway deve essere sufficiente per impedire l’accumulazione dell’acqua,
ma non superiore a:
(a) 1.5% (1:66) con codice C, D, E, F;
(b) 2.0% (1:50) con codice A o B.
Distanze di separazione delle taxiway
La distanza minima (espressa in metri) tra taxiway e altre infrastrutture dell’aeroporto è indicata nella
seguente tabella:
Tabella 2 – Distanze di separazione delle taxiway
Negli aeroporti esistenti dove queste separazioni non sono realizzabili possono essere autorizzate distanze
inferiori purché il gestore dimostri tramite uno studio aeronautico che tali distanze non influenzino
negativamente la sicurezza delle operazioni e non modifichino significativamente la regolarità delle
operazioni.
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ZONA DI ARRESTO (STOPWAY)
La Zona di arresto è un’area rettangolare definita, oltre la fine della TORA, che può essere adeguatamente
predisposta e destinata come area nella quale un velivolo può essere arrestato in sicurezza nel caso di
decollo abortito.
La stopway necessita di caratteristiche di portanza e resistenza all’usura inferiori a quelle della pista ad
essa associata. In alcuni casi le superfici naturali possono essere adeguate, mentre in altri possono essere
necessari drenaggi, lavori di livellamento e consolidamento del terreno o una pavimentazione leggera.
Portanza
La stopway deve avere una portanza sufficiente a sostenere gli aeromobili in uso sull’aeroporto, senza
causare danni strutturali agli stessi. Una stopway deve consentire il passaggio senza impedimenti ai veicoli
di soccorso e antincendio.
Larghezza
La stopway deve avere la stessa larghezza della pista associata.
Pendenze I requisiti per le pendenze, le loro variazioni e la transizione tra la pista e la stopway sono quelli relativi alla
pista associata. È viceversa esclusa per la stopway la limitazione di pendenza allo 0.8%, prevista per il
primo e ultimo quarto di una pista con numero di codice 3 o 4.
La variazione della pendenza di una stopway non deve essere superiore a:
(a) 0.3% per ogni 30 m per piste di codice 3 o 4,
(b) 0.5% per ogni 30 m con numero di codice pari a 1 o 2.
Superficie La superficie di una stopway pavimentata deve essere costruita in maniera tale da fornire un buon
coefficiente di attrito, che sia compatibile con quello della pista associata, in particolare quando la stopway è
bagnata.
Le caratteristiche di attrito di una stopway non pavimentata non devono essere sostanzialmente inferiori a
quelle della pista associata.
CLEARWAY
La clearway è un’area rettangolare, che può essere realizzata oltre la fine della corsa di decollo disponibile
(TORA), libera da ostacoli che possono rappresentare un rischio per le operazioni di volo degli aeromobili.
Congiuntamente con la pista essa fornisce un’area sopra la quale un velivolo può operare in sicurezza dalla
rotazione, fino al raggiungimento delle altezze minime previste.
La superficie di una clearway non necessita di caratteristiche di portanza e può estendersi sul terreno o
sull’acqua. Può estendersi anche al di fuori del confini dell’aeroporto, a condizione che sia sotto il controllo
dell’ente di gestione, a garanzia della necessità che sia tenuta libera da ostacoli o da intrusioni di sorta.
Larghezza La larghezza della clearway alla fine della TORA deve essere almeno uguale alla larghezza della strip
prevista per pista non strumentale.
Lunghezza
La lunghezza della clearway - fino al primo ostacolo verticale, fatta esclusione di quelli frangibili e di altezza
inferiore a m 0,9 - è di valore massimo pari al 50% della TORA.
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PIAZZALE (APRON) E PIAZZOLA DI SOSTA (STAND)
Il piazzale è un’area definita dell’aeroporto destinata ad accogliere gli aeromobili per l’imbarco e lo sbarco
dei passeggeri, il carico e scarico della posta e delle merci nonché per il rifornimento carburanti, il
parcheggio o la manutenzione.
Nel piazzale sono definite piazzole di sosta per agevolare il parcheggio ed il movimento in sicurezza di
aeromobili e persone.
Dimensioni
In relazione al numero ed al tipo di aeromobili previsti, le dimensioni del piazzale devono essere tali da
garantire adeguate separazioni, evitando manovre difficoltose che richiedano un uso eccessivo di potenza
del motore e costituiscano sollecitazioni anomale per carrello e pneumatici. In particolare sono adottate le
seguenti separazioni minime tra un aeromobile in parcheggio ed ogni altro aeromobile e manufatto
adiacente:
Tabella 3 – Separazione tra aa/mm sui piazzali
Pendenze
Le pendenze di una piazzola non devono eccedere l’1% in qualsiasi direzione. I piazzali o le piazzole di
sosta non devono avere pendenze negative verso l’aerostazione. Quando ciò sia inevitabile si devono
adottare specifici accorgimenti per raccogliere eventuali perdite di carburante.
SOGLIA PISTA
Per Soglia della Pista si intende l’inizio di quella parte della pista utilizzabile per l’atterraggio. Quando sono
garantiti i requisiti relativi alle dimensione della strip e della RESA, la soglia di norma coincide con l’inizio
pista.
In casi specifici, al fine di garantire corrette separazioni da ostacoli non rimovibili, si può spostare la soglia
dal fine pista.
L’entità dello spostamento dipende da:
(a) Natura, tipo e intensità di traffico.
(b) Procedure d’atterraggio a vista o strumentali (rispettivamente di precisione o meno).
(c) Posizione rispetto alla soglia e al prolungamento dell’asse pista di ostacoli che condizionano le
dimensioni della RESA o che forano la superficie di avvicinamento.
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(d) Entità dell’estensione di un ostacolo oltre la superficie di avvicinamento e sua influenza nel calcolo
dell’OCH (Obstacle Clearence Height).
(e) Angolo del sentiero di discesa reale o nominale, nel caso di procedure di avvicinamento strumentale, e
valore del relativo OCH.
(f) Minimi di visibilità e di base delle nubi per la pista in uso, secondo i quali si può operare.
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5 - VALUTAZIONE E LIMITAZIONE OSTACOLI Al fine di garantire la sicurezza della navigazione aerea, l’ENAC individua le zone da sottoporre a vincolo
nelle aree limitrofe agli aeroporti e stabilisce le limitazioni relative agli ostacoli per la navigazione aerea e ai
potenziali pericoli per la stessa navigazione. Le zone da sottoporre a vincolo e le relative limitazioni sono
riportate in apposite mappe alla cui redazione provvede il gestore aeroportuale nell’ambito dei compiti di cui
al certificato di aeroporto. Gli Enti locali, nell’esercizio delle proprie competenze in ordine alla
programmazione ed al governo del territorio, adeguano i propri strumenti di pianificazione alle prescrizioni
delle mappe di vincolo.
SUPERFICI DI DELIMITAZIONE DEGLI OSTACOLI
La figura 1 mostra l’insieme delle superfici di delimitazioni degli ostacoli di una pista aeroportuale.
Figura 1 - Denominazione delle diverse superfici di separazione ostacoli
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Take off Climb Surface (Superficie di salita al decollo)
La Take off Climb Surface (TOCS) è un piano inclinato con origine oltre la fine della pista o alla fine della
clearway quando presente. Tale superficie è stabilita per ogni direzione di decollo.
I limiti della Take off Climb Surface sono caratterizzati da:
(a) un lato interno, orizzontale e perpendicolare all’asse pista, di lunghezza determinata, ubicato ad una
distanza non inferiore a:
1. 60 m misurata orizzontalmente nella direzione di decollo con inizio alla fine della TORA per piste di
codice 2, 3 e 4;
2. 30 m misurata orizzontalmente nella direzione di decollo con inizio alla fine della TORA per piste di
codice 1; ovvero alla fine della clearway, se di lunghezza superiore alla distanza specificata.
(b) due limiti laterali originanti alle estremità del lato interno, divergenti uniformemente, con un angolo
determinato rispetto al prolungamento dell’asse pista, fino a una determinata larghezza finale che
rimane costante per la lunghezza residua di tali limiti.
(c) un lato esterno orizzontale e perpendicolare alla traiettoria di decollo.
Le dimensioni della Take off Climb Surface sono specificate nella tabella 1 ed illustrate nella figura da 2.
Tabella 1 – Dimensioni e pendenze delle TOCS
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Figura 2 – Dimensioni e pendenze delle TOCS
Approach Surface (Superficie di avvicinamento)
La superficie di avvicinamento è un piano inclinato o una combinazione di piani che terminano 60 o 30 metri
prima della soglia pista. Tale superficie ha lo scopo di proteggere la traiettoria di avvicinamento alla pista.
La superficie di avvicinamento è definita per ogni direzione di atterraggio.
I limiti della superficie di avvicinamento sono costituiti da:
(a) un lato orizzontale interno di lunghezza determinata, perpendicolare al prolungamento dell’asse pista,
sito ad una distanza di 60 metri dalla soglia. Tale distanza è ridotta a 30 metri per piste non strumentali di
codice 1;
(b) due bordi laterali con origine alle estremità del lato interno e che divergono uniformemente rispetto al
prolungamento dell’asse pista ad un rateo determinato;
(c) un lato esterno parallelo al lato interno.
Le dimensioni e la pendenza della superficie di avvicinamento sono definite in tabella 2, fatti salvi casi
eccezionali, approvati dall’ENAC, che non possono comunque superare il 3,3% per pista di codice 4 e 5%
per piste di codice 3.
47
Transitional Surface (Superficie di transizione)
La superficie di transizione TS è una superficie che si sviluppa dal bordo laterale della strip e da parte del
bordo laterale della superficie di avvicinamento, con pendenza verso l’alto e verso l’esterno, fino alla
superficie interna orizzontale (Inner Horizontal Surface (IHS). Ha lo scopo di proteggere un aeromobile che
sorvoli la pista spostato di fianco.
Superfici di transizione sono definite per tutte le piste usate per atterraggi.
La pendenza della TS è misurata in un piano verticale ortogonale all’asse pista. Per piste di codice 1 e 2 sia
per avvicinamenti a vista che strumentali non di precisione, la pendenza è del 20%. In tutti gli altri casi è il
14,3%.
Il bordo esterno della TS è determinato dall’intersezione tra il piano della TS e il piano della superficie
dell’IHS.
Inner Horizontal Surface (Superficie orizzontale interna)
L’IHS è una superficie orizzontale collocata al di sopra di un aeroporto e delle sue aree limitrofe.
Rappresenta il livello al di sopra del quale devono essere presi provvedimenti per limitare nuovi ostacoli, e
rimuovere o segnalare quelli esistenti al fine di permettere operazioni di volo a vista in sicurezza nello
spazio aereo in prossimità dell’aeroporto. Una IHS è definita per ogni aeroporto.
La IHS è contenuta in piano orizzontale posto 45 m al di sopra dell’elevazione della più bassa soglia pista,
esistente o prevista in quell’aeroporto o del valore stabilito dall’ENAC a tale proposito.
I bordi esterni dell’IHS sono stabiliti come segue:
• Per aeroporti con pista principale di lunghezza non inferiore a 1800 m (cod. 4), circonferenze di
raggio 4000 m con centro sui punti di incontro dell’asse pista con i fine pista. Tali circonferenze sono
raccordate da tangenti parallele all’asse pista.
• Per aeroporti con pista principale inferiore a 1800 m (cod. 1, 2 o 3), circonferenze il cui centro
corrisponde al punto medio dell’asse pista e raggio della lunghezza indicata in tabella 2.
Conical Surface (Superficie conica)
La Conica Surface CS è una superficie con origine sul limite periferico della IHS e con pendenza verso l’alto
e verso l’esterno. Al pari della IHS rappresenta il livello al di sopra del quale devono essere presi
provvedimenti per limitare nuovi ostacoli, e rimuovere o segnalare quelli esistenti al fine di permettere
operazioni di volo a vista in sicurezza nello spazio aereo in prossimità dell’aeroporto. Una CS è definita per
ogni aeroporto.
La pendenza della CS rispetto ad un piano orizzontale è del 5%.
Il bordo esterno della CS è delimitato dal piano orizzontale collocato sopra la IHS all’altezza riportata in
tabella 2.
Outer Horizontal Surface (Superficie orizzontale esterna)
La OHS è una porzione definita del piano orizzontale circostante un aeroporto che origina dal limite esterno
della CS e rappresenta il livello al di sopra del quale devono essere presi provvedimenti per il controllo di
nuovi ostacoli al fine di consentire procedure di avvicinamento strumentali efficienti e praticabili e, in
congiunzione alla CS e IHS, assicurare la sicurezza delle operazioni di volo a vista in prossimità
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dell’aeroporto. L’OHS è definita per ogni aeroporto la cui pista principale sia di lunghezza non inferiore a
1200 m.
Tabella 2 – Dimensioni e pendenze delle superfici di delimitazione degli ostacoli
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L’OHS si estende dal limite esterno della CS per un raggio minimo a partire dal Punto di Riferimento
dell’Aeroporto (Airport Reference Point –ARP), pari a:
(a) 15000 m per aeroporti con pista principale non inferiore a 1800 m,
(b) 10000 m per aeroporti con pista principale non inferiore a 1200 m e inferiore a 1800 m.
Obstacle Free Zone (Zona libera da ostacoli) La OFZ ha lo scopo di proteggere i velivoli da ostacoli fissi e mobili durante operazioni strumentali di
precisione al di sotto dell’altezza di decisione (DH) e durante ogni successiva manovra di riattaccata o di
atterraggio interrotto con tutti i motori operativi. Non è intesa a sostituire i requisiti relativi ad altre superfici o
aree quando questi sono più penalizzanti.
In figura 3 sono riportati i limiti dell’OFZ per piste di codice 3 e 4 fino al codice letterale E.
Figura 3 – Dimensioni e pendenze della OFZ per piste di codice 3 e 4
Tali limiti sono definiti a protezione di un velivolo con apertura alare fino a 60 m che è in avvicinamento ad
una altezza al di sotto di 100 piedi, alla quale esso è correttamente allineato alla pista con positivi riscontri
visivi della pista o delle luci di avvicinamento. La lunghezza della porzione di pista inclusa nell’OFZ è basata
sul fondamento logico che una riattaccata sia iniziata non oltre la fine della zona di toccata e che ulteriori
900 m siano la distanza sufficiente al pilota per effettuare tutte le necessarie variazioni dell’assetto del
velivolo ed acquisire una rateo di salita pari ad almeno il 3,33%, mentre la deviazione massima dalla rotta
deve essere contenuta entro una divergenza rispetto all’asse pista non superiore al 10%.
Quando l’apertura alare di un velivolo è superiore a 60 m o le sue prestazioni sono inferiori rispetto a quelle
assunte in definizione, la OFZ deve essere ridisegnata o devono essere limitate le operazioni di quel tipo di
velivolo.
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Di converso, una OFZ più piccola può essere accettabile se le operazioni in quel particolare aeroporto sono
limitate a velivoli con valori massimi di apertura alare inferiori a 60 m.
Per piste di codice letterale F l’apertura alare da assumere per definire la OFZ è pari a 77,5 m in luogo di 60
m.
La OFZ per piste di codice 3 o 4 è delimitata da:
(a) quella parte della superficie di avvicinamento strumentale (Inner Approach Surface - IAS), che inizia dal
bordo interno coincidente con quello interno dell’Approach Surface per una larghezza di 60 m per ogni
parte dell’asse pista e si estende con questa larghezza per una distanza di 900 m in senso contrario
alla direzione di atterraggio, con gradiente del 2% (1:50) e con un bordo esterno parallelo a quello
interno. L’ENAC, per uno specifico aeroporto, può disporne l’estensione fino a 1500 m.
(b) quella parte di strip di pista di larghezza pari a 60m per ogni parte dell’asse pista, che inizia 60m prima
della soglia per una distanza di 1800m oltre la soglia stessa o per una distanza fino al fine pista se
inferiore a 1800 m;
(c) la superficie di atterraggio interrotto (Balked Landing Surface - BLS), definita nel modo seguente:
1. bordo interno orizzontale e perpendicolare all’asse pista coincidente con il lato sopravvento dell’area
descritta al punto (b) con una elevazione pari alla elevazione dell’asse pista in quel punto;
2. due lati con origine alle estremità del bordo interno divergenti del 10% per ogni lato rispetto all’asse
pista;
3. un bordo esterno, parallelo a quello interno, determinato dalla intersezione tra la BLS e la IHS;
4. il gradiente misurato sul piano verticale passante per l’asse pista del 3,33%;
(d) superfici laterali con gradiente, misurato su un piano verticale ortogonale all’asse pista pari al 33.3%
(Inner Transitional Surface):
1. originanti dai lati della porzione dell’IAS fino ad una altezza pari a quella dell’IHS, con l’elevazione
di ogni punto del bordo inferiore uguale alla elevazione del corrispondente punto dell’IAS;
2. originanti dai lati dell’area descritta al punto (b) fino ad una altezza pari a quella dell’IHS, con
elevazione di ogni punto lungo il lato inferiore uguale all’elevazione del corrispondente punto sull’asse
pista;
3. originanti dai lati della porzione della BLS fino ad una altezza pari a quella dell’IHS, con l’elevazione di
ogni punto del bordo inferiore uguale alla elevazione del corrispondente punto della BLS.
La OFZ per piste di codice 1 o 2 è delimitata da:
(a) quella parte della superficie di avvicinamento strumentale (Inner Approach Surface - IAS), che inizia dal
suo bordo interno coincidente con quello interno dell’Approach Surface per una larghezza di 45 m per
ogni parte dell’asse pista e si estende con questa larghezza per una distanza di 900 m in senso
contrario alla direzione di atterraggio, con gradiente del 2,5% e con un bordo esterno parallelo a quello
interno. L’ENAC, per uno specifico aeroporto, può disporne l’estensione fino a 1500 m.
(b) quella parte di strip di pista di larghezza pari a 45 m per ogni parte dell’asse pista, che inizia 60m prima
della soglia fino ad una distanza di 60 m oltre la fine della LDA;
(c) la superficie di atterraggio interrotto (Balked Landing Surface - BLS), definita nel modo seguente:
1. bordo interno coincidente con il lato sopravvento dell’area descritta al punto b con una elevazione pari
alla elevazione dell’asse pista in quel punto;
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2. due lati con origine alle estremità del bordo interno divergenti del 10% per ogni lato rispetto all’asse
pista;
3. un bordo esterno, parallelo a quello interno, determinato dalla intersezione tra la BLS e la IHS;
4. il gradiente misurato sul piano verticale passante per l’asse pista del 4%.
(d) superfici laterali con rampa, misurata su un piano verticale ortogonale all’asse pista, pari al 40% (Inner
Transitional Surface):
1. originanti dai lati della porzione dell’IAS descritta al punto (a) fino ad una altezza pari a quella dell’IHS,
con l’elevazione di ogni punto del bordo inferiore uguale alla elevazione del corrispondente punto
dell’IAS,
2. originanti dai lati dell’area descritta al punto (b) fino ad una altezza pari a quella dell’IHS, con
elevazione di ogni punto lungo il lato inferiore uguale all’elevazione del corrispondente punto sull’asse
pista,
3. originanti dai lati della porzione dell’BLS descritta al punto (c) fino ad una altezza pari a quella dell’IHS,
con l’elevazione di ogni punto del bordo inferiore uguale alla elevazione del corrispondente punto
dell’BLS.
I limiti di una OFZ relativa a piste di codice 1 e 2 sono riportati in figura 4.
Figura 4 – Dimensioni e pendenze della OFZ per piste di codice 1 e 2
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LIMITAZIONE E RIMOZIONE OSTACOLI
Nuovi manufatti o estensioni degli stessi non possono forare la superficie di avvicinamento o quella di
transizione fatta eccezione del caso in cui è dimostrato all’ENAC con studi aeronautici che il nuovo
manufatto o l’estensione risulterebbe in ombra rispetto a un esistente manufatto inamovibile.
Nuovi manufatti o estensioni degli stessi non possono forare la superficie di salita al decollo, la superficie
orizzontale interna la superficie conica e la superficie orizzontale esterna fatta eccezione del caso in cui è
dimostrato all’ENAC con studi aeronautici che il nuovo manufatto o estensione risulterebbe in ombra
rispetto a un esistente manufatto inamovibile, oppure è dimostrato che questo non influirebbe
negativamente sulla sicurezza delle operazioni o sulla regolarità delle stesse.
Manufatti o qualsiasi ostacolo esistente che forano le superfici di avvicinamento, di transizione, di salita al
decollo, la superficie orizzontale interna o quella conica devono, per quanto praticabile, essere rimossi, fatta
eccezione del caso in cui è dimostrato all’ENAC con studi aeronautici che il manufatto o qualsiasi ostacolo è
in ombra rispetto a un esistente manufatto inamovibile oppure è dimostrato che questo non influisce
negativamente sulla sicurezza delle operazioni o sulla regolarità delle stesse. Nel caso non sia possibile
procedere alla rimozione di ostacoli esistenti, l’ENAC stabilisce le necessarie condizioni e limitazioni
all’operatività dell’aeroporto.
Ostacoli che non forano la superficie di avvicinamento di una pista o quella relativa ad un suo previsto
prolungamento, ma che possono influire negativamente sulle prestazioni ottimali degli aiuti alla navigazione
visivi e non visivi devono essere rimossi a cura del gestore, nel sedime aeroportuale. La rimozione degli
ostacoli che si trovano al di fuori del sedime aeroportuale è richiesta dall’ENAC.
Devono essere rimossi, a cura del gestore tutti quegli oggetti che possono essere di ostacolo agli
aeromobili nell’area di movimento.
Nessun oggetto, fisso o mobile può penetrare la OFZ durante operazioni di atterraggio in categoria II o III,
ad eccezione degli AVL montati su supporto frangibile. Nessun oggetto fisso o mobile può penetrare l’OFZ
durante operazione di atterraggio in CAT I sugli aeroporti per i quali l’ENAC ha disposto l’adozione di OFZ
CAT I.
Nella clearway non è ammessa la presenza di alcun oggetto che possa costituire rischio per le operazioni di
un aeromobile in volo. Sono consentiti gli aiuti essenziali alla navigazione aerea purché siano frangibili e di
altezza non superiore a 1,1 m rispetto al livello del terreno o al piano di superficie della clearway.
Nella stopway e nella RESA non è ammessa la presenza di oggetti che possano costituire rischio per le
operazioni degli aeromobili a terra. Nella stopway è consentita la presenza di luci di avvicinamento a
condizione che siano frangibili e che non superino l’altezza di 0,46 m.
Piste non strumentali
Nessuna costruzione dovrà forare le superficie di avvicinamento e transizione (standard), tale disposizione
vale come raccomandazione per le superfici conica e orizzontale.
Piste strumentali
Per avvicinamenti non di precisione: Nessuna costruzione od ostacolo dovrà interferire con le superfici di
avvicinamento e transizione nello spazio compreso i 3000m di raggio (standard), tale disposizione vale
come raccomandazione per le superfici conica e orizzontale.
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Per avvicinamenti di precisione: Nessuna ostacolo fisso dovrà forare le superfici di avvicinamento e
transizione (standard), tale disposizione vale come raccomandazione per le superfici conica e orizzontale.
Piste strumentali
Nessun ostacolo dovrà trovarsi entro la superficie di salita per il decollo.
SEGNALAZIONE ED ILLUMINAZIONE DEGLI OSTACOLI E DELLE AREE NON PRATICABILI
A meno che non sia diversamente disposto, la responsabilità della segnalazione ed illuminazione degli
ostacoli e del mantenimento in efficienza dei sistemi di segnalazione è del titolare dell’oggetto che
costituisce ostacolo.
È responsabilità del gestore monitorare l’efficienza dei sistemi di segnalazione ed illuminazione degli
ostacoli siti nell’area sottostante le superfici di delimitazione degli ostacoli, sia all’interno sia all’esterno del
sedime aeroportuale, nell’area di circuitazione, sulla base di un programma di attività accettabile per
l’ENAC. Le circostanze che impediscono l’attuazione del programma devono essere riportate all’ENAC.
Oggetti che si trovano al di fuori delle superfici di delimitazione degli ostacoli, con altezza sul livello del
terreno superiore o uguale a 100 m e a 45 m sull’acqua, devono essere trattati come ostacolo alla
navigazione aerea. Parimenti devono essere trattati come ostacoli tutti gli oggetti di altezza inferiore a 100
m che rappresentano un rischio per la navigazione aerea.
Al fine di ridurre il rischio per le operazioni in condizioni di volo a vista o operazioni nell’area di movimento, è
necessario indicare la presenza di ostacoli mediante segnali e illuminazione.
Gli ostacoli che si estendono al di sopra delle superfici di protezione ostacolo degli indicatori ottici della
pendenza di avvicinamento e quegli oggetti che sono considerati dall’ENAC come ostacoli alle operazioni,
qualora non sia possibile la loro rimozione, devono essere segnalati e, nel caso di operazioni notturne,
illuminati, salvo che:
(a) ostacoli rilevanti facilmente identificabili per dimensione, sagoma e colore non necessitano di
segnalazione diurna;
(b) oggetti che si possono considerare in ombra di altro ostacolo non necessitano né di segnalazione
diurna né di illuminazione;
(c) ostacoli inamovibili o profilo del terreno che ostacolano in maniera estesa l’area di circuito di un
aeroporto non necessitano di segnalazione o illuminazione, a condizione che siano state adottate
speciali procedure al fine di evitarli;
(d) ostacoli che a giudizio dell’ENAC non abbiano rilevanza.
Impianti di illuminazione in elevazione rispetto al suolo devono essere resi identificabili da adeguata
segnalazione diurna.
Gli ostacoli fissi che per sagoma dimensione o colori sono facilmente identificabile non necessitano di
ulteriore segnalazione diurna.
Gli ostacoli fissi che richiedono segnalazione devono essere di colorazione vistosa. Nel caso in cui ciò non
fosse possibile si deve provvedere tramite segnali o bandierine posti sugli stessi.
Ostacoli fissi muniti di luci lampeggianti bianche ad alta intensità non necessitano di ulteriore segnalazione.
Un ostacolo fisso deve essere segnalato tramite bande alternate di colori contrastanti quando:
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(a) ha sagoma sostanzialmente piena e una delle due dimensioni (orizzontale o verticale) è superiore a
1,5 m e l’altra (orizzontale o verticale) inferiore a 4,5m;
(b) è una struttura di tipo a traliccio con una delle due dimensioni (orizzontale o verticale) superiore a
1,5 m.
Le bande devono essere ortogonali alla dimensione maggiore e devono avere una larghezza in accordo a
quanto riportato in figura 5.
I colori utilizzati par la segnalazione di ostacoli fissi devono contrastare con lo sfondo sul quale gli stessi si
proiettano. Quando possibile si utilizzano l’arancione e bianco o rosso e bianco per scacchiere e bande. Per
le segnalazioni a bande/scacchi le estremità/angoli devono essere del colore più scuro (vedi fig. 5).
Figura 5 – Segnalazione degli ostacoli con bande colorate
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INFORMAZIONI DA RENDERE DISPONIBILI
Le informazioni aeronautiche sono rese dall’ENAV, responsabile della fornitura del Servizio Informazioni
Aeronautiche - AIS, mediante la pubblicazione dell’AIP-Italia (Aeronautical Information Publication) e relativi
emendamenti (Varianti e Supplementi a ciclo normale oppure AIRAC), delle Aeronautical Information
Circulars – AIC e dei NOTAM, Notice To Airmen.
L’ENAV rende disponibili agli utilizzatori dell’aeroporto, tramite l’Air traffic services Reporting Office – ARO,
le informazioni significative per la condotta delle operazioni di volo da e per l’aeroporto.
Il gestore deve notificare all’ENAC:
Ø ogni errore od omissione nelle informazioni dell’aeroporto, che hanno impatto sulle caratteristiche
fisiche dell’aeroporto o sulla condotta delle operazioni e che risultino pubblicate nell’AIP-Italia, in
una AIC o in un NOTAM;
Ø ogni prevista modifica della configurazione dell’aeroporto e delle sue installazioni, che potrebbe
avere influenza su tali informazioni.
In un aeroporto certificato in accordo al presente regolamento, in aggiunta alle notizie riportate in AIP e
NOTAM, devono essere fornite ai piloti ed agli operatori aerei le informazioni relative ai punti seguenti,
coerentemente con quanto previsto dalla normativa internazionale in materia di informazioni pre-volo:
• mutamenti significativi nelle operazioni di aeroporti e piste;
• mutamenti significativi apportati a procedure per i servizi di navigazione aerea;
• lavori di costruzione o di manutenzione nell’area di manovra o nelle immediate vicinanze;
• porzioni non utilizzabili di qualunque parte dell’area di manovra;
• presenza di neve e spessore del suo manto, di ghiaccio o neve mista ad acqua (slush) sulle piste e
sulle taxiway, riportando il loro effetto sull’azione frenante;
• condizioni della superficie della pista (umida, bagnata, con pozze d’acqua o allagata, a seconda dei
casi);
• accumuli o ammassi di neve su piste o raccordi o nelle immediate adiacenze di essi;
• aeromobili parcheggiati o presenza di altri oggetti sulle taxiway o nelle immediate adiacenze;
• presenza di altri fattori di rischio temporanei od ostacoli, inclusi quelli creati dalla presenza di volatili;
• inefficienza o operatività irregolare di qualunque sezione degli impianti AVL o dei sistemi di
illuminazione aeroportuale, inclusa l’indisponibilità delle luci di avvicinamento, soglia pista, pista,
raccordi, ostacoli, area di manovra, e dell’alimentazione elettrica aeroportuale;
• inefficienza, operatività irregolare e modifiche nelle condizioni operative di qualunque aiuto per
l’avvicinamento, la navigazione e le comunicazioni aeronautiche e del sistema di alimentazione
secondaria;
• inefficienza, operatività irregolare e/o variazioni nel sistema di osservazione dell’RVR;
• variazioni e limitazioni sulla disponibilità di combustibile, olio ed ossigeno;
• ogni altra informazione significativa per la condotta delle operazioni.
Ogni volta che, con breve preavviso, si verifica o si prevede possa verificarsi una delle seguenti condizioni, il
gestore deve attivarsi e trasmettere all’ENAV con immediatezza le variazioni o le modifiche da pubblicare
tramite NOTAM:
(a) implementazione, chiusura o mutamenti significativi nelle operazioni di aeroporto e piste, incluse
variazioni nella disponibilità dell’area di manovra e variazioni delle distanze dichiarate di pista;
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(b) implementazione, cancellazione o avarie delle luci di aeroporto e degli altri AVL di competenza;
(c) presenza o rimozione di ostruzioni temporanee alle operazioni degli aeromobili nell’area di manovra;
(d) presenza o rimozione di fattori di rischio a causa di neve, ghiaccio, acqua o “slush” sull’area di
movimento;
(e) presenza di animali che costituiscono rischio per le operazioni degli aeromobili;
(f) interruzione, ripristino in servizio o variazioni al livello di protezione normalmente disponibile
sull’aeroporto per il servizio antincendio e soccorso, ove tale servizio è reso dal gestore;
(g) implementazione, rimozione, inefficienza o ripristino della funzionalità dei fari d’aeroporto e delle luci
ostacoli, presenti nell’aeroporto o nelle zone limitrofe;
(h) erezione o rimozione di ostacoli alla navigazione aerea nelle aree di decollo, salita o avvicinamento;
(i) interruzione o ripristino delle operazioni di componenti importanti dei sistemi di illuminazione
dell’aeroporto;
(j) variazioni e limitazioni alla disponibilità di combustibile, olio ed ossigeno.