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1 PESTALOZZI (1746 – 1827) Johann Henrich Pestalozzi nasce a Zurigo nel 1746 da famiglia italiana. La motivazione della sua nascita avvenuta a Zurigo la si può trovare nella vita di suo nonno. Quest’ultimo era abitante nei pressi del lago di Como quando, in un periodo della sua vita, decise di convertirsi al protestantesimo. Poiché non era visto di buon occhi dai compaesani decise così di trasferirsi in Svizzera dove era in vigore dai tempi di Calvino un governo di tipo Teocratico, di stampo protestante. È qui che diventerà pastore ed istruirà il figlio che diventerà un medico di fama internazionale. Pestalozzi vive in una famiglia benestante, tant’è che non verrà lasciato insieme alla madre in difficoltà economica dopo la morte prematura del padre. La custodia della casa passò così nelle mani della madre che chiede di essere affiancata dalla domestica Bàbeli. La vita quotidiana è quindi organizzata da due donne: questo aspetto biografico porterà Pestalozzi ad avere un’alta considerazione della figura femminile (a differenza di Rousseau). Essendo di salute precaria, crescerà sotto il continuo controllo, a lui non erano consentiti i giochi da maschiaccio. Fu così che, abituato ormai ad una vita più riflessiva che pratica, protetta dalle mura domestiche, decise di studiare al Collegium Carolinum di Zurigo, nella speranza di intraprendere la carriera ecclesiastica; tuttavia l’influsso della Società Patriottica, cui si è iscritto nel frattempo, lo persuade a lasciare gli studi teologici per dedicarsi a quelli di giurisprudenza. Si forma a contatto con l’illuminismo, del quale stempera l’astratto intellettualismo attraverso la lettura di Rousseau. Alcune vicende, tra cui un breve arresto, dissuadono Pestalozzi dall’impegno attivo in politica. Dalla lettura dell’Emilio fa propri alcuni principi della teorizzazione rousseauiana e ne critica altri. Da Rousseau deriva l’idea di un’educazione che sia conforme alla natura dell’educando. Prende però le distanze dalla contrapposizione tra individuo e società, anzi sarà assertore di una responsabilizzazione sociale da parte di ogni istituzione presente sul territorio; non promuove un’educazione suddivisa per età, poiché bisogna concentrare nei primi anni i fondamenti dell’istruzione e dell’educazione per la vita quotidiana a bambini che non avranno altre possibilità, dato l’incalzare della rivoluzione francese; di conseguenza a questo secondo punto vi è un opposizione da parte di Pestalozzi a ritardare l’educazione morale e religiosa. È importante comunque il carattere di educazione naturale che prende direttamente dal pedagogista francese che si sviluppa attorno alla riconoscimento delle leggi della vita spirituale dell’uomo e sull’offerta di condizioni adatte al suo sviluppo. Egli, contrariamente a Rousseau, non riteneva che l'uomo fosse necessariamente buono (infatti parla di "natura inferiore", dominata da istinti e passioni animalesche). Riteneva quindi necessario che fosse compito dell'educazione perfezionare la natura dell'uomo e che l'educatore non avesse che il compito di assisterlo durante la sua naturale evoluzione e attraverso il riconoscimento di alcune sfere di vita, interiore ed esteriore. La sfera interiore è rappresentata da Dio e da essa e verso essa muove l’educazione come forma armonica e perfezionamento integrale della personalità nelle tre dimensioni del cuore, della mente e della mano. negli scritti di Pestalozzi si legge: il sentimento interiore del tuo essere e delle tue forze è la prima manifestazione dell'attività formatrice della natura. Ma tu non vidi solo per te sulla terra: la natura ti forma

Pestalozzi

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PESTALOZZI (1746 – 1827)

Johann Henrich Pestalozzi nasce a Zurigo nel

1746 da famiglia italiana. La motivazione della

sua nascita avvenuta a Zurigo la si può trovare

nella vita di suo nonno. Quest’ultimo era abitante

nei pressi del lago di Como quando, in un periodo

della sua vita, decise di convertirsi al

protestantesimo. Poiché non era visto di buon

occhi dai compaesani decise così di trasferirsi in

Svizzera dove era in vigore dai tempi di Calvino

un governo di tipo Teocratico, di stampo

protestante. È qui che diventerà pastore ed

istruirà il figlio che diventerà un medico di fama

internazionale.

Pestalozzi vive in una famiglia benestante, tant’è

che non verrà lasciato insieme alla madre in

difficoltà economica dopo la morte prematura del

padre. La custodia della casa passò così nelle

mani della madre che chiede di essere affiancata

dalla domestica Bàbeli. La vita quotidiana è

quindi organizzata da due donne: questo aspetto

biografico porterà Pestalozzi ad avere un’alta

considerazione della figura femminile (a

differenza di Rousseau).

Essendo di salute precaria, crescerà sotto il

continuo controllo, a lui non erano consentiti i

giochi da maschiaccio. Fu così che, abituato ormai

ad una vita più riflessiva che pratica, protetta

dalle mura domestiche, decise di studiare al

Collegium Carolinum di Zurigo, nella speranza di

intraprendere la carriera ecclesiastica; tuttavia

l’influsso della Società Patriottica, cui si è iscritto

nel frattempo, lo persuade a lasciare gli studi

teologici per dedicarsi a quelli di giurisprudenza.

Si forma a contatto con l’illuminismo, del quale

stempera l’astratto intellettualismo attraverso la

lettura di Rousseau. Alcune vicende, tra cui un

breve arresto, dissuadono Pestalozzi

dall’impegno attivo in politica.

Dalla lettura dell’Emilio fa propri alcuni principi della teorizzazione rousseauiana e ne critica altri. Da

Rousseau deriva l’idea di un’educazione che sia conforme alla natura dell’educando. Prende però le

distanze dalla contrapposizione tra individuo e società, anzi sarà assertore di una responsabilizzazione

sociale da parte di ogni istituzione presente sul territorio; non promuove un’educazione suddivisa per età,

poiché bisogna concentrare nei primi anni i fondamenti dell’istruzione e dell’educazione per la vita

quotidiana a bambini che non avranno altre possibilità, dato l’incalzare della rivoluzione francese; di

conseguenza a questo secondo punto vi è un opposizione da parte di Pestalozzi a ritardare l’educazione

morale e religiosa. È importante comunque il carattere di educazione naturale che prende direttamente

dal pedagogista francese che si sviluppa attorno alla riconoscimento delle leggi della vita spirituale

dell’uomo e sull’offerta di condizioni adatte al suo sviluppo. Egli, contrariamente a Rousseau, non riteneva

che l'uomo fosse necessariamente buono (infatti parla di "natura inferiore", dominata da istinti e passioni

animalesche). Riteneva quindi necessario che fosse compito dell'educazione perfezionare la natura

dell'uomo e che l'educatore non avesse che il compito di assisterlo durante la sua naturale evoluzione e

attraverso il riconoscimento di alcune sfere di vita, interiore ed esteriore.

La sfera interiore è rappresentata da Dio e da essa e verso essa muove l’educazione come forma armonica

e perfezionamento integrale della personalità nelle tre dimensioni del cuore, della mente e della mano.

negli scritti di Pestalozzi si legge: il sentimento interiore del tuo essere e delle tue forze è la prima

manifestazione dell'attività formatrice della natura. Ma tu non vidi solo per te sulla terra: la natura ti forma

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e ti Educa anche in vista e per mezzo dei rapporti esterni. Perciò al perfezionamento della personalità è

necessaria la seconda sfera di vita, quella esteriore:

- dei rapporti famigliari: L'uomo vive per la prima volta e principalmente nella sfera umana fondata su

vincoli di sangue. I rapporti familiari sono per l'uomo i primi e i più importanti rapporti naturali. nella casa

paterna, in cui operano la forza del padre e l'amore della madre, nascono i sentimenti dell'amore e della

riconoscenza, che sono i fondamenti di ogni moralità e religione.

- del lavoro e del ceto: l'attività dell'uomo trascende i limiti del focolare domestico. Egli opera per gli altri,

constata per esperienza la sua dipendenza dagli altri. la preparazione professionale, l'educazione a compiti

concreti, deve essere formazione dell'uomo. Quando si dice che il povero deve essere educato alla

povertà, ciò significa che egli deve apprendere ad agire rettamente nei limiti dei suoi compiti e delle sue

possibilità, perché anche nella più angusta sfera d'azione possa essere un vero uomo. Le esigenze della

professione sono rapporti immediati; le cose attraverso le quali gli uomini imparano, si pongono come

relazioni positive. Occorre familiarizzarsi con esse, imparare a dominarne praticamente in ciò. Consistono il

sapere e il potere che giovano l'uomo semplice, che gli riescono utili.

- dello stato e della nazione: nella prima fase del pensiero pestalozziano, lo Stato viene inteso ancora come

una proiezione della sfera domestica: quando lo Stato è umano, costituisce un allargamento del rapporto

paterno alla totalità del popolo. Il sentimento paterno forma i reggitori , il sentimento fraterno forma i

cittadini; entrambi creano un ordine in casa e nello Stato. Così lo Stato è ancora patriarcale; ma, poco dopo

la rivoluzione francese, Pestalozzi ne darà una diversa interpretazione.

L'uomo vive in queste tre sfere di vita esterna, ma incessantemente è sospinto a tornare da quelle ad una

sfera del sentimento interiore, nella quale soltanto trova pace e felicità. Il cammino verso le sfere esterne

implica necessariamente un ritorno a questo centro divino, che è presente sempre, anche nelle più

rudimentali forme di vita.

Pedagogia e società: gli sviluppi del genere umano

nelle indagini sopra il corso della natura (1797),

Pestalozzi afferma che sia la società sia gli

individui passano attraverso tre fasi:

� naturale (nel quale segue le proprie forze

istintuali),

� sociale (in cui la vita in comune lo obbliga

a un riadattamento, non sempre positivo

per l'individuo)

� e infine morale (il fine ultimo dell'uomo e

dell'educazione: l'individuo si predispone

al bene, alla solidarietà verso gli altri e

all'accoglienza diDio nel proprio spirito).

Quest'ultimo stadio richiede

autoeducazione e l’interiorizzazione

delle normative.

Un educazione nuova richiede una società nuova.

Pestalozzi vede la società come un sistema

formativo integrato in cui scuola, famiglia, chiesa

e ambiente lavorativo offrono il proprio

contributo all’educazione dell’individuo. Emerge

qui quel contrasto con Rousseau per quanto

riguarda l’allontanamento dell’educando dalla

società corrotta, a favore di una

responsabilizzazione della comunità stessa. Il

pensatore di Zurigo Considera centrale il ruolo

pedagogico della famiglia che viene

progressivamente affiancata dalla scuola e dallo

stato.

La scuola – offre un’educazione di base e una

valida formazione professionale. Deve essere

modellata sull’esempio della casa e dell’attività

familiare, in cui il ruolo fondamentale spetta alla

madre. Con la rivoluzione industriale molte

donne dovettero offrire anche la loro mano

d’opera nel mondo del lavoro. Così cominciarono

a delegare il loro ruolo di educatrici domestiche

alla scuola che è in grado di assicurare la custodia

del bambino e lo svolgimento dell’itinerario

formativo già intrapreso dalla famiglia. Nella sua

attività educativa Pestalozzi andrà via via

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convincendosi dell’indispensabilità della scuola,

anche nella dimensione della formazione dei

poveri ad un lavoro produttivo coerente con le

trasformazioni della società. Con ciò non si deve

comunque rinunciare a un progetto di

educazione integrale.

Promuove così un’educazione popolare, orientata

alla partecipazione di tutti. Un particolare,

questo, necessario per dare vita ad una società

giusta. Questo aspetto emerge particolarmente

nel suo romanzo pedagogico di stampo

romanticista: Leonardo e Geltrude.

_________________________________________

Leonardo e Geltrude – il romanzo consta di

quattro volumi, pubblicati tra il 1781 e il 1787.

Tuttavia, l'autore si dedicò all'opera durante tutta

la sua vita, pubblicandone altre due edizioni,

come reazione a diversi mutamenti socio-politici.

Il romanzo è stato spesso accostato al Wilhelm

Meister di Goethe, altro grande romanzo

pedagogico del romanticismo europeo, e a I

promessi sposi, per il forte impegno civile ed

educativo e la scelta degli umili come

protagonisti.

Trama e significato

Il primo libro, così come tutta la vicenda, si svolge

nell'immaginario villaggio di Bonnal, proprietà del

feudatario Arner, vassallo di un principe. Il

villaggio, però, è di fatto governato dal dispotico

podestà Hummel, che conserva il potere grazie

alla corruzione, alla vessazione e al sostegno dei

ricchi agricoltori. Anche il protagonista, Leonardo,

è vittima di Hummel e, disperato, si trastulla

nell'ozio e nell'ubriachezza. Sarà sua moglie,

Geltrude, a salvarlo da questa rovinosa

situazione: la coraggiosa donna, infatti, si rivolge

ad Arner, il quale affida a Leonardo, abile

muratore, il progetto di costruire la nuova chiesa

del villaggio. Nonostante i tentativi di Hummel di

boicottare il progetto, la chiesa viene costruita,

anche grazie all'aiuto del pastore Ernst, fedele

collaboratore di Arner.

Il secondo libro si apre con la cacciata di Hummel

dal villaggio e l'arrivo di nuovo podestà, più

giovane e certamente molto più onesto; Arner

inoltre riesce a far condannare anche i principali

complici di Hummel e il campo comunale viene

ceduto ai poveri. Termina in questo modo un

regime di paura e corruzione, dominazione e

sfruttamento, che da sempre vigeva all'interno

del piccolo feudo.

Questi primi due libri sono indirizzati al popolo.

Traspare infatti il messaggio che anche

l’ingiustizia può essere risanata. La volontà di

cambiamento deve però partire dalla comunità.

Dimostrano che, attraverso il recupero civile e

morale, l'impegno pedagogico e l'insegnamento

dei buoni valori l'uomo può allontanarsi dalla

cattiveria e ritornare alla sua bontà originaria. È

evidente come questa concezione sia erede della

lezione rousseauiana. Gertrude è l'emblema di

tale riscatto morale, oltre che civile; ella, inoltre,

è il simbolo della dimensione familiare e materna.

Pestalozzi, infatti, dedicherà alla sua figura

un'altra opera, dal titolo Come Gertrude istruisce

i suoi figli. Nel terzo libro Arner ed Ernst, in

seguito ad una visita al cotonificio Meyer,

prendono consapevolezza del fatto che la qualità

della vita del popolo può migliorare solo a patto

di provvedere alla sua educazione, di migliorare

le condizioni della vita materiale e di avviare un

processo di razionalizzazione del lavoro

manifatturiero. Giunge così nel villaggio Glüphi,

ex-tenente, ora a riposo a causa delle ferite di

guerra, per sostituire l'anziano maestro e avviare

un progetto di riforma dell'educazione.

L'obiettivo di Glüphi è il raccordo tra istruzione e

lavoro: perseguendo tale finalità, progetta un

sistema di educazione incentrato sulla tessitura,

così come gli viene consigliato dalla volenterosa

Geltrude. Nasce una scuola a tempo pieno in cui i

bambini imparano a contare stando al telaio,

inoltre la lettura e la scrittura saranno apprese in

modo attivo, grazie a innovativi materiali didattici

costruiti da Glüphi stesso. Insiste inoltre sulla

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necessità di un’educazione concreta e di una

seria preparazione professionale, senza però

rifiutare un’educazione integrale. Si riscontra in

questo punto il rifiuto pestalizziano di un

verbalismo di derivazione pedantesca. Il

richiamo all'ordine è sempre presente all'interno

della scuola: « Voleva che l'aula fosse pulita come

una chiesa. Non tollerava che (…) i fanciulli

gettassero niente per terra o durante le lezioni

mangiassero o facessero altra cosa del genere.

Tutto doveva procedere come su un regolo, e

perfino nel levarsi e nel sedere gli alunni

dovevano conservare un tal ordine che nessuno

urtasse con l'altro. » è data particolare

importanza al decoro esteriore per riconoscere la

propria dignità di ognuno e il valore della scuola.

Il richiamo all'ordine è considerato essenziale se

si vuole instaurare l'ordine, più in generale, nella

società, anche attraverso il concreto impegno di

Arner ed Ernst, i quali contribuiscono con opere

di sostegno e di carità, incentivando forme di

autogoverno e decentramento popolare.

Nell'ultimo libro, il quarto, Arner si impegna

personalmente con il principe per far sì che

l'esperienza di Bonnal venga estesa a tutto lo

Stato e, difatti, nonostante alterne vicende, la

riforma educativa sarà estesa a tutto lo Stato. Nel

frattempo, Arner purtroppo si ammala e,

nonostante le più alte cariche del villaggio

provino preoccupazione e apprensione per le sue

condizioni, il popolo sembra indifferente alle sorti

del suo feudatario. Questo è la spunto per la

teorizzazione di Glüphi circa l'umana tendenza al

male e l'importanza fondamentale di

un'educazione che la ostacoli: quest'ultima parte

è detta la "filosofia del tenente" ed è idealmente

la conclusione, alquanto pessimistica, dell'intero

romanzo. Il terzo e il quarto libro sono rivolti alle

classi colte. Arner ed Ernst rispecchiano

l'impegno educativo dell'aristocrazia e della

Chiesa, gruppi sociali a cui Pestalozzi attribuisce

l'impegno concreto di iniziative destinate al

rinnovamento morale della società. Allo stesso

modo il principe incarna l'ideale pestalozziano di

uno Stato educatore.

Tuttavia è a Glüphi che Pestalozzi affida il suo

ideale educativo. Glüphi è il maestro che

Pestalozzi avrebbe voluto essere: riconoscendo la

difficoltà e l'importanza del suo mestiere, egli lo

considera più una missione che non una

professione. L'ex-tenente, infatti, non ha scelto

questo mestiere, ma vi si dedica comunque con

passione e costanza, proprio come si fa con una

missione. Glüphi impartisce un'educazione

concreta, evitando ogni verbalismo pedantesco,

inutile decoro dell'educazione dei contadini di

Bonnal, anche se "severa preparazione

professionale" non esclude un'educazione

integrale. Alla sua precedente carriera di militare

sono da attribuire la sua visione pessimistica circa

la natura umana, il costante richiamo all'ordine,

l'attenzione per ogni particolare dell'attività

educativa e didattica, il ricorso talvolta a

rimproveri, diretti se necessari anche alle

famiglie. In sostanza, Glüphi incarna la

consapevolezza pestalozziana dell'importanza e

del valore sociale dell'educazione popolare. Egli

educa con severità, non ammette inadempienze,

poiché sa che per i giovani contadini di Bonnal la

scuola è l'unico strumento per raggiungere

l'emancipazione politica e una dignitosa vita

sociale.

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5

L’elaborazione teorica del metodo Pestalozziano prevede vari stadi di sviluppo

1. Neuhof

2. Stans

3. Burgdof

4. Yverdon

____________________________________________________________

1. NEUHOF

Dopo il fallimento dell’azienda agricola, Pestalozzi

si dedicò per un po’ di tempo al commercio di

cotone: acquistava le balle di cotone grezzo da

alcuni parenti della famiglia Schulthess e le faceva

filare e tessere nelle vicinanze. Ma non era

abbastanza bravo a trarre un profitto sufficiente

dal lavoro di gente povera, e presso i suoi

creditori i debiti aumentavano. Nonostante

l’azienda di cotone di Pestalozzi non avesse

successo, diede comunque l’impulso per la

trasformazione del Neuhof in un istituto per

poveri. Pestalozzi vedeva centinaia di bambini

nella miseria, lasciati in balia della carità, e aveva

capito che l’unico modo per aiutarli era insegnare

loro a lavorare, dare loro un’istruzione e

insegnare loro, nella situazione sociale del tempo,

a filare, tessere o a coltivare i campi in modo

intensivo. Si suppone che questo pensiero sociale

si associasse con la prospettiva di assicurare la

propria sopravvivenza e quella della propria

famiglia nella sua azienda grazie a una

collaborazione con l’industria tessile fiorente.

Quindi, attorno al 1773, accolse nella propria casa

bambini poveri, diede loro da mangiare e di cui

vestire, li esortò a lavorare, li formò e li educò.

Così, nel 1774 la sua fattoria si era

definitivamente trasformata in un istituto per

poveri. Voleva creare un legame tra l’agricoltura

e il lavoro industriale nascente, per preparare alla

vita i bambini senza mezzi, in modo che

potessero combattere loro stessi la loro povertà.

Pestalozzi teorizza e applica una formazione

professionale, non riguarda l’insegnamento di un

solo lavoro che consente di guadagnarsi da

vivere, ma bisogna offrire loro anche una buona

educazione dell’intelletto e del cuore.

Si sapeva che l’istituto per poveri di Pestalozzi dal

punto di vista economico era un fiasco. Si faceva

prestare il denaro di cui aveva bisogno da amici,

conoscenti e parenti. Quando non bastò più, nel

1775 pregò l’amministrazione pubblica di

sostenere il suo istituto di educazione per poveri

tramite prestiti. Promise ai creditori la

restituzione del capitale, poiché era convinto che

i bambini, quando avrebbero imparato a lavorare,

avrebbero potuto contribuire finanziariamente

con il loro lavoro. Ma Pestalozzi si illudeva,

perché non appena i bambini si sentivano vestiti

e nutriti e avevano imparato a filare o tessere, i

genitori li riprendevano con sé e li facevano

lavorare per trarne guadagno loro stessi. Inoltre, i

tessuti fabbricati dai bambini non soddisfacevano

la qualità richiesta dai clienti abituali, motivo per

cui Pestalozzi doveva vendere i prodotti

sottoprezzo.

Nel 1778 Anna si vide costretta a rinunciare alla

propria eredità per poter pagare i debiti. E un

anno dopo a Pestalozzi non rimase nient’altro da

fare che impegnare quasi un terzo dei suoi

terreni.

Pestalozzi, in una retrospettiva della sua vita in “Il

Canto del Cigno” scriveva:

"La nostra sfortuna era decisa. Ero povero" (PSW

28, p. 234)

Page 6: Pestalozzi

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Quasi tutti gli amici lo avevano abbandonato, i

vicini lo evitavano e lo deridevano, e i parenti

indebitatisi non volevano più vederlo, perché

ricordava loro il denaro perso.

Indagini: individualità e apprendimento

In seguito al fallimento dell’impresa educativa di

Nehuof, Pestalozzi approfondisce riflessioni sulla

filosofia della natura e sui fondamenti

dell’educazione. così, nelle indagini, delinea la

teoria delle tre facoltà, che diverranno i tre

ambiti educativi del suo metodo.

- facoltà morale, rappresentata dal cuore

- facoltà conoscitiva, rappresentata dall’intelletto

- facoltà tecnico-pratiche con cui si trasforma il

mondo, rappresentate dall’arte.

L’educazione integrale non può prescindere da

esse.

Vi è poi la facoltà più importante: quella

dell’intuizione, intesa come fondamento di ogni

conoscenza umana. Attraverso i 5 sensi

l’intuizione trae rappresentazioni chiare e

concetti ben definiti. Pestalozzi teorizzerà, dopo

l’esperienza di Stans, che l’intuizione è filtrata dai

tre ambiti fondamentali della forma, del numero

e del nome.

2. ESPERIENZA A STANS

L’istituto venne inaugurato il 14 gennaio 1799, e

dopo sei settimane c’erano già 80 bambini che

venivano curati da Pestalozzi e da una bambinaia.

La situazione di grave emergenza e la totale

mancanza di un’equipe qualificata spingono il

pensatore di Zurigo e ingegnarsi dal punto di vista

organizzativo e didattico. Farà così ricorso al

mutuo insegnamento, inteso come mezzo

esteriore d’aiuto per l’insegnante che affida parte

della didattica agli alunni più dotati che

stimoleranno e faranno partecipi i loro compagni

più deboli. Questo metodo viene teorizzato nella

raccolta di 14 lettere che prende il nome di

“come Geltrude istruisce i suoi figli”. In

quest’opera sottolinea come l’intuizione del

mutuo insegnamento sia nata dalla necessita che

a Stans si trovava costretto a insegnare a molti

fanciulli senza nessun aiuto. Pestalozzi propose

anche la ripetizione ad alta voce degli argomenti

con attenzione alla pronuncia ritmica. Riflesse

anche sul legame profondo tra gli elementi

basilari e il sistema complesso di ogni scienza, e

su come i fanciulli con uno studio confuso di

questi elementi primi potessero avere lacune in

ogni sistema di conoscenze.

Gli alunni di Stans soffrono la distruzione dei

propri legami affettivi. Pestalozzi coglie così

nell’amore la premessa indispensabile per

un’educazione efficace. Per l’insegnante è

impossibile insegnare tutto a tutti: si presenta la

necessità di un attivazione, ovvero di un processo

educativo che renda il discente un ente

autonomo. Per la teorizzazione di questi elementi

metodologici bisognerà aspettare l’attività di

un’altra scuola in quanto il fallimento di Stans

non era molto lontano.

3. IL METODO ELEMENTARE A BURGDOF

A burgdof Pestalozzi riceve finalmente la

collaborazione di insegnanti e una scolaresca con

condizioni di vita non drammatiche. La scuola di

Burgdof accoglie i bambini di ceto medio dai 5 ai

13 anni; non esistono classi, ma i gruppi si

modificano a seconda delle esigenze intellettuali

di ciascuna area didattica. È qui che delinea e

formula teoricamente il proprio metodo, nella

raccolta di 14 lettere che prende il nome di

“come Geltrude istruisce i suoi figli”.

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7

Caratteri generali del metodo elementare

TRE AREE EDUCATIVE FONDAMENTALI E L’EDUCAZIONE MORALE

Bisogna ricordare l’importanza della formazione

armonica della personalità nelle dimensioni della

mente, della mano e del cuore. Quest’ultimo

corrisponde alla sfera morale, da sviluppare nella

dimensione dell’amore, secondo il modello

materno. Infatti è ancora la madre a conoscere

come avvicinare con naturalezza il figlio agli

obbiettivi fondamentali dell’educazione morale:

Fede, Amore per Dio e Amore per gli Uomini.

DIDATTICA E CURRICOLO

La didattica si basa sull’intuizione, fondamento

della conoscenza. Attraverso un metodo intuitivo

o soggettivo l’educatore dovrà aiutare il bambino

a riconoscere gli elementi fondamentali della sua

osservazione della realtà. Seguendo la distinzione

tra numero, forma e nome Pestalozzi e i suoi

collaboratori organizzano l’insegnamento a

partire da tre gruppi di discipline. Aritmetica e

calcolo derivano dal numero; Geometria, disegno

e scrittura derivano dalla forma; la lingua invece,

collegata al nome, verrà imparata a partire

dall’intuizione del canto. Per giungere alla

decisione dei tre ambiti il pensatore di Zurigo ha

riflettuto sulle tre forze elementari della

conoscenza:

Metodo didattico Metodo elementare: punta a far acquisire gli elementi fondamentali del sapere. Il maestro deve rintracciare questi elementi e far si che vengano assimilati attraverso adeguati processi di apprendimento.

Figura materna Lo sforzo educativo è giustificato dal fatto che tutte le facoltà (morale, conoscitiva, tecnico-pratica) sono potenzialmente presenti all’atto della nascita. Pertanto l’intervento educativo dovrà iniziare prestissimo. Infatti ha inizio con la madre. La figura materna è il modello a cui deve ispirarsi il metodo, sia per la sfera affettiva che sa creare nell’ambito dell’insegnamento, sia per la semplicità con cui questo insegnamento viene offerto. Ha una dote naturale che unisce Competenza formativa, dolcezza e amore. Pestalozzi rivaluta la figura della donna: supera le passate concezioni di affidare la donna solo alle funzioni di allevamento (=locke e rousseau). La donna ha in se un dono di Dio: la capacità di intuire le richieste del bambino. Di fronte ad un epoca in cui molte donne sono imprigionate per infanticidio e abbandono dei figli per mantenere un equilibrio nel bilancio familiare, Pestalozzi le difende in modo critico. In fondo, sostiene, i partner dovrebbero partecipare maggiormente all’accudimento, non devono far sentire sola la moglie.

Amore pensoso Necessario che la madre fondi il suo approccio educativo su leggi eterne dello sviluppo, per rendere l’educazione materna ancora più efficace.

Naturalità Il metodo prevede di riconoscere le leggi eterne dello svilupo, cosicché l’insegnamento offerto da insegnanti e madri sia naturale e coerente con lo sviluppo.

organicità Tutti gli insegnamenti sono disposti in serie psicologicamente incatenati

Gradualità Dal semplice al complesso

Vicinanza I contenuti dovranno partire dall’esperienza del fanciullo, per poi allontanarsene progressivamente.

Continuità Riporta il maestro a partire dall’istruzione e dall’ambiente educativo materno. Emerge ancora qui centralità educazione famigliare.

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8

1°. Facoltà di emettere suoni, da cui si sviluppa la

facoltà della parola.

2°. Facoltà indeterminata (perché priva di modelli

specifici) e puramente sensibile di

rappresentazione, da cui si sviluppa la coscienza

di tutte le forme.

3°. Facoltà determinata e non puramente

sensibile di rappresentazione, da cui si ricava la

coscienza dell’unità e con essa la facoltà della

numerazione e del calcolo.

Educazione dell’uomo deve dunque basarsi sulle

tre facoltà fondamentali del nome, della forma e

del numero. Sono principi indicati dalla natura e

come tali da mantenere nel corso di tutto

l’insegnamento per un apprendimento efficace.

Gli educatori mettono a punto una serie di esercizi fondati sul passaggio graduale dalla parte al tutto:

esempio:

lingua: suono -> sillaba -> parola -> frase.

Disegno: linea orizzontale -> forma geometrica

In questo modo viene vincolata la spontaneità infantile, imponendo una successione rigidamente

preordinata di elementi astratti.

Educazione pratica e la dignità del lavoro

Gli studenti di Burgdorf non sono poveri come

quelli di neuhof perciò l’educazione al lavoro non

ha lo stesso valore sociale che aveva prima.

L’educazione della “mano” viene inserita

ugualmente nel curricolo per il suo valore

formativo. il “fare” è una componente essenziale

per l’infanzia. Anche in questo campo bisogna

rintracciare gli elementi base (che possono essere

lo <<spingere, il tirare, il battere, il gettare, …>>),

da cui è necessario partire per raggiungere

GRADUALMENTE l’arte adulta, secondo un

percorso che Pestalozzi non riesce a mettere in

chiaro nemmeno nel periodo di Yverdon.

Anche l’iniziativa di Burgdof andrà in fallimento.

4. YVERDON: APOGEO E CRISI DEL SISTEMA EDUCATIVO PESTALOZZIANO

A Yverdon Pestalozzi costruisce una normale

scuola-convitto a pagamento per giovani

benestanti di entrambi i sessi, che giunge ad

avere fino 150 alunni e 15 insegnanti che si

differenziano per qualità e competenza rispetto

agli insegnanti di Burgdof. Assume grande

successo a livello europeo, attirando consensi e

visite illustri. L’eccessiva preoccupazione per la

ricerca di un metodo di base per l’educazione

popolare produce alcuni eccessi didascalici,

come il mnemonicismo e una precettistica

minuta, che soffocano i processi di

apprendimento nei loro aspetti spontanei e

creativi, e tolgono all’intuizione infantile i suoi

elementi naturali di globalità. Nel canto del cigno

Pestalozzi scrive che già implicita nella natura del

progetto ad Yverdon vi erano elementi che

avrebbero portato al fallimento totale l’Istituto.

Su incarico del governo bernese, l’istituto fu

ispezionato in particolare da Padre Girard che

espresse la sua impressione nel rapporto del

1810. C’è da dire che Girard era direttore di una

scuola gesuitica dove la formazione è fortemente

improntata più sul versante umanistico. Dei tre

ambiti formativi essenziali teorizzati da Pestalozzi

(numero, forma e nome) il nome, che

corrisponde all’area umanistica, era quello meno

preso in considerazione. Padre Girard fa presente

nel suo rapporto la prevalenza degli insegnamenti

scientifici e matematici (forma e numero). C’è da

dire che si dimostrò ammirato dal clima morale

che vigeva. Nella scuola gesuita vigevano fattori

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come premi e punizioni al fine di mantenere la

disciplina, sviluppando negli educandi motivazioni

estrinseche, agendo perciò o per non ricevere

punizioni o per ottenere premi. Invece a Yverdon

la disciplina non è imposta da altri. Gli apprendisti

sono mossi da motivazioni intrinseche, vi era un

predominante bisogno di autorealizzazione. È

questo che stupì di più l’ispettore.

Un altro punto di vista sull’istituto di Yverdon fu

quello di Marc-Antoine Jullien che ne studiò ogni

aspetto, pubblicando nel 1812 un opera in due

volumi dal titolo “spirito del metodo

dell’educazione di Pestalozzi” (exprit de la

Methode d’edcuation de Pestalozzi). Julien si

interesso all’Istituto come un padre che tiene

molto alla formazione del figlio. Infatti non voleva

inviare i suoi figli in un ‘liceo’ napoleonico dove il

percorso di studi resta vacuo, improntato sulla

rigida disciplina e sull’indottrinamento di tipo

‘imperiale’ operato sfruttando testi classici. Il

parare di Julien era in sostanziale accordo con

molti altri visitatori, tra cui lo stesso Girard. Lo

spirito di industria, sostiene Julien, prepara a

tutte le professioni; prepara l’uomo in ogni parte

del sapere e a ricoprire qualunque incarico

sociale nel suo futuro.

Al primo posto nell’Istituto di Yverdon vi è

l’ambito del NUMERO che corrisponde all’area

matematica, la quale fiorirà tantitssimo.

Al secondo posto vi è l’ambito della FORMA che

corrisponde all’area dell’arte e dell’architettura,

nella quale si realizzano progetti da consegnare

poi agli addetti per la realizzazione.

Al terzo posto, lamentato da Girard, vi p l’ambito

del NOME, che corrisponde all’area umanistica. A

Yverdon quest’area è la meno importante ma è la

più significativa in quanto ogni apprendista da

implicitamente il suo contributo in questo campo.

Julien ritiene questa impostazione del metodo

favorevole allo sviluppo di metodi d’educazione

attiva o ‘progressiva’, o anche, POLITECNICA.

DECADENZA DI YVERDON

Pestalozzi era consapevole che ci si stava

spingendo sempre più al didatticismo. Le menti

erano sempre più vincolate ad una scelta sempre

più settoriale. Si stava seguendo un sapere

sempre più specialistico, perdendo quel

fondamentale aspetto integrale che aveva

caratterizzato il metodo di Pestaozzi fin dai tempi

di Neuhof. Con sollecitazione di Padre Girard

rafforzò così l’anello del NOME: vuoleva integrare

le materie umanistiche e svincolarsi da

didatticismo. A questa scelta conseguì una

spaccatura di interessi e l’incapacità da parte di

Pestalozzi di una buona gestione. A questo

aggiunsero gli esiti sfavorevoli di un’ispezione da

parte del governo aprendo così le prime crepe tra

i collaboratori. La situazione di Yverdon in 15 anni

peggiorerà sempre di più fino alla chiusura

dell’Istituto e allo strascico di polemiche che

perseguiterà Pestalozzi fino alla morte. Molti dei

ricercatori che lavoravano nell’istituto del

pensatore di Zurigo, una volta tornati nelle loro

località aprirono scuole con progetti propri. Tra

questi ricercatori spicca la figura di Frobel.

Pestalozzi si ritirò, fino alla morte, a Neuhof.

IL CANTO DEL CIGNO, RITORNO A NEUHOF. IL SUPERAMENTO DEL DIDATTICISMO: LA VITA EDUCA

Dopo la crisi dell’Istituto di Yverdon, Pestalozzi

ritorna a Nehuof, dove scrive il ’canto del Cigno’,

opera in cui realizza un complessivo

ripensamento sulle sue esperienze educative

precedenti.

Sottopone a rilevante critica il forte didatticismo

presente nella sua attività precedente e nella

teorizzazione di ‘come Geltrude istruisce i suoi

figli’. Il pensatore di Zurigo esalta l’educazione

naturale. In virtù del motto rousseauiano <<la

vita educa>>, rifiuta ogni irrigidimento metodico

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e richiama alla necessità di raccordare

l’intervento educativo con le disposizioni naturali

dell’educando e le sue condizioni ambientali e

sociali, senza per questo trascurare

l’armonizzazione fra CUORE, MENTE e MANO,

richiamo costante della pedagogia pestalozziana.

Il timore di Pestalozzi è però quello di dar vita ad

una società fondata sull’immobilità sociale.

Infatti, sostenendo un’educazione naturale che è

strettamente correlata all’ambiente sociale, e che

quindi si circoscrive alle reali possibilità di ogni

individuo, è facile che la struttura della comunità

non sia incentivata ad una mobilità sociale.

Pestalozzi in quest’ultima opera fa una analisi

anche per quanto riguarda l’anello del NOME, del

linguaggio. È della concezione che il linguaggio

vada appreso nell’esperienza della vita. bisogna

perciò rifiutare il metodo mnemonico-

grammaticale sia per la lingua materna sia per

tutte le altre lingue. Perciò l’intuizione non trova

più la sua prima espressione nelle relazioni

formali e numeriche, ma nel linguaggio.

______NOTE_____________________________________________________________________