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Alle origini della Costruzione navale Massimo Corradi

Alle origini della costruzione navale

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Costruzione navale��

Massimo Corradi

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Rilievo del palazzo di Sennacherib di Ninive (città assira sulla riva sinistra del Tigri a Nord della Mesopotamia) rappresenta un Kelek (zattera realizzata con assi di legno, a cui erano legate delle otri di pelle per tenerla a galla) (VII sec. a.C.).

Prolegomeni di storia della navigazione.

Trasporto fluviale in Mesopotamia: sigillo di epoca Accadica (III millennio a.C.).

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In Mesopotamia e in Egitto erano usate anche imbarcazione costruite con il papiro. I fusti intrecciati e legati tra loro, per formare una grande stuoia, piegata e legata alle

estremità, con la poppa più elevata rispetto alla prua. Quffa : imbarcazione realizzate con papiro e legno di forma circolare simile a un

catino, impiegata in ambiente fluviale. Era costituita da una sorta di struttura lignea sulla quale erano applicate delle pelli, rese impermeabili con l’applicazione di bitume e

resina (citata da Erodoto, 484 - 425 a.C.).

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«Ma ora parlerò di quella che a mio parere costituisce la meraviglia più grande di Babilonia, dopo la città naturalmente: possiedono imbarcazioni, di forma circolare e interamente di cuoio, che arrivano fino a Babilonia scendendo lungo la corrente del fiume. Nella regione d'Armenia, a nord dell'Assiria, essi fabbricano lo scafo con vimini tagliati opportunamente e vi distendono intorno delle pelli per ricoprirle, come un impiantito; non differenziano la poppa e non modellano una prua più stretta: le fanno invece rotonde come uno scudo; poi ricoprono di canne tutta l’imbarcazione, la riempiono di mercanzie e lasciano che sia il fiume a portarla; per lo più imbarcano recipienti fenici colmi di vino. Con due pertiche due uomini in piedi ne governano la direzione: mentre uno tira verso di sé la pertica l’altro la spinge in fuori. Imbarcazioni di questo tipo ne costruiscono di molto grandi e di piccole: le più grandi hanno una stazza di 5000 talenti. Su ogni battello viaggia un asino vivo, sulle barche più grandi ve n’è più d'uno; una volta arrivati a Babilonia scendendo lungo la corrente e, smerciato il carico, vendono lo scafo e tutte le canne al miglior offerente; le pelli invece le caricano sull’asino e se ne ritornano in Armenia. Infatti in nessun modo è possibile risalire il fiume in battello per via della corrente troppo forte; e questo è anche il motivo per cui non costruiscono imbarcazioni di legno bensì di pelli. Quando con i loro asini sono nuovamente tornati in Armenia si costruiscono altre imbarcazioni nella stessa maniera. Tali sono i loro mezzi per la navigazione fluviale».

[Erodoto, Storie, 1, 194]

Disegno di una Quffa ripreso da un rilievo del palazzo Sennacherib di Ninive

[Layard, Austen H. Discoveries in the ruins of Nineveh and Babylon ... New York: Harper &

Brothers, 1853: tav. 16].

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Quffa, Iraq (1920 e 1925).

Quffa : che trasporta un carico di blocchi di pietra. [Maspero, Gaston (1846 - 1916). History of Egypt, Chaldea, Syria, Babylonia and Assyria. London:

The Grolier Society Publishers 1918; Vol. III, p. 11].

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Quffa moderna utilizzata in Iraq.

Costruzione di una Quffa, fiume Tigri (1914).

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Trasporto di cedri del Libano. Bassorilievo da Dur Šarrukin (“Fortezza di Sargon”), l’odierna Khorsabad, a circa 20 km a nord-est di Mossul (l’antica Ninive) in Iraq, capitale del nuovo impero assiro al tempo di Sargon II (VIII sec. a.C.).

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Il Disco di Nebra, un disco di bronzo del 1600 a.C. proveniente da Nebra, in Germania, è una delle più antiche rappresentazioni del cosmo.

Le Pleiadi sono in alto a destra.

William-Adolphe Bouguereau (1825 - 1905): Merope che abbandona le Pleiadi (1881).

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La processione delle imbarcazioni, a fresco. Akrotiri (isola di Santorini) insediamento minoico dell’Età del Bronzo (II millennio a.C.).

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Imbarcazioni di epoca nuragica (XII - VIII secolo a.C.) Scafi bronzei (forse lampade votive), di forma e dimensioni varie ma tutte terminanti con una testa di animale a prua. Le “Sutiles naves”, cioè navi “cucite”, erano imbarcazioni nelle quali era realizzata per prima la struttura esterna, cui si aggiungevano poi le strutture interne e le sovrastrutture. [Depalmas, Anna . Le navicelle di bronzo della Sardegna nuragica. Cagliari: Ettore Gasperini, 2005].

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Il faraone egiziano Ramses III - (... – 1154 a.C. circa), XX dinastia - affronta in battaglia i “popoli del mare” tribù guerriere provenienti dalla penisola balcanica (ca. 1200 a.C.).

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Gli Egizi Gli Egizi costruirono zattere e canoe con fasci di canne di papiro strettamente legati assieme con cavi di corda che assicuravano la compattezza dei fasci di canne, con le estremità inarcate per meglio solcare le acque, sospinte da pagaie e governate da remi, caratterizzate da una forma asimmetrica, con una poppa più rialzata della prua, e guidate da un remo-timone.

Nave egizia seconda metà del II millennio, XVIII dinastia (Museo egizio, Torino).

Bassorilievo tomba del Ti, V dinastia. Saqqara 2500 a.C.

Tomba di Menna (ca. XV sec. a.C.)

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Imbarcazione ad un albero sorretto da cavi di sostegno (stralli) legati a prua e a poppa, e da altri cavi (sàrtie) collegati ai lati dello scafo a modo di controventi, armato con una vela quadra sostenuta a sua volta da un pennone orientato rispetto all’asse longitudinale dell’imbarcazione (da poppa a prua) tramite bracci che ne collegavano le estremità con la poppa, mentre altri cordami (scotte) legate all’orlo inferiore della vela consentivano le manovre in funzione della direzione del vento. L’imbarcazione era guidata da un grande remo a poppa che svolgeva una primitiva funzione di timone.

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14 La tomba Sennefer, Sindaco di Tebe, Capo dei domìni e del bestiame di Amon, confidente nel cuore del Re, Sovraintendente dei giardini di Amon, durante la XVIII Dinastia sotto il regno di Amenhotep.

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Pittura murale nella tomba di Rekhmirê, governatore a Tebe (XVIII dinastia). Imbarcazione a vela con un albero centrale e remo-timone.

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Le navi egizie erano costruite con legni d’acacia e di sicomoro, e successivamente di cedro importato dal Libano: “essi tagliano in tavole lunghe due cubiti che uniscono come dei mattoni” [Erodoto, 484 – 425 a.C.]. Si trattava di un vero e proprio sistema di piccole tavole di legno incastrate e tenute insieme da lunghi cavicchi molto ravvicinati tra loro, con i giunti resi impermeabili (attraverso l’operazione del calafataggio) con stoppa di papiro ricoperta di pece o resina. Navi di Hatshepsut (1470 a.C.) in partenza per Punt o Terra di Punt (Corno d’Africa).

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Disegno di Faucher-Gudin, da una pittura della tomba di Nofirhotpû at Thebes. [Maspero, Gaston. History of Egypt, Chaldea, Syria, Babylonia and Assyria. London: The Grolier Society Publishers 1918; Vol. VI].

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Per evitare l’inarcamento dello scafo e conferire una maggiore robustezza longitudinale, la prora e la poppa dell’imbarcazione erano collegate con un robusto cavo sostenuto da una serie di forcelle e tenuto in tensione da un tenditore di legno. A cavallo del cavo stava un albero bi-pode, cioè a base doppia, con metà del peso gravante su ogni fianco della nave, abbattibile e trattenuto da stralli.

Mastaba di Ipy: nave mercantile

Bassorilievo tomba del Ti, V dinastia. Saqqara 2500 a.C.

Tomba di Menna (ca. XV sec. a.C.)

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Per governare la nave gli Egizi si servivano di uno o due grossi remi posti sui due lati della poppa, inizialmente liberi o fissati alle fiancate dello scafo o anche un solo ‘remo da bratto’ - remo comune usato da un solo vogatore appoggiato ad una speciale scalmiera o forcola, immerso sempre nell’acqua - utilizzato anche per manovrare la barca.

Navi da trasporto egiziane. Torr, Cecile. Ancient Ship. Cambridge: University Press, 1894.

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L’assenza di alberi di alto fusto obbligò i popoli del Nilo a importare legname dai paesi della costa orientale del Mediterraneo: “… far arrivare quaranta navi cariche di tronchi di cedro ” scrisse un antico scriba egiziano elencando le opere del faraone Snefru (Nebmaat o Snofru, primo sovrano della IV dinastia), che governò l’Egitto intorno al 2.650 a.C. La spedizione per andare ad acquistare il legno era composta da 40 navi, ognuna della lunghezza di circa 56 metri, che navigarono dall’Egitto verso la costa fenicia per importare i legni delle famose foreste di cedri.

Disegno di Faucher-Gudin, da una pittura della tomba di Nofirhotpû at Thebes. [Maspero, Gaston. History of Egypt, Chaldea, Syria, Babylonia and Assyria. London: The Grolier Society Publishers 1918; Vol. VI].

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Imbarcazioni funerarie. Tomba di Tutankhamon (1341 - 1323 a.C.)

faraone della XVIII dinastia egizia, Nuovo regno, XIV sec. a.C., Thebes.

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Modello di nave egizia della XII Dinastia, nave di Amenemhet I (1994 a.C. - 1964 a.C. ca.).

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Nave funeraria. Tomba di Menna, scriba del re: corteo funebre ad Abydos (una delle più antiche città dell'Alto Egitto), una simile barca funeraria si pensa abbia portato il corpo di Menna e sua moglie ad Abydos, il luogo consacrato al dio Osiride.

Tomba di Menna (ca. XV sec. a.C.).

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La nave o barca solare. Barca solare di Cheope (Medjedu o Khufu), secondo sovrano della IV Dinastia (c. 2595 – c. 2570 a.C.).

Barca solare di Sethi I (1294 a.C. – 1279 a.C. ca.), Valle dei Re, Tebe.

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“Barca solare” di Cheope al momento del ritrovamento.

Gli elementi componenti tutta la struttura sono 1.224, i più grandi dei quali in cedro del Libano, i più piccoli, quali cavicchi e perni, di

gelso.

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Modello della “Barca solare” di Cheope: Museo della Grande Piramide, Giza.

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“Barca solare” di Sesostris III, XII Dinastia (XX sec. a.C.).

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Innovazioni nella costruzione navale: a) tolde di comando e avvistamento a prua e poppa della nave, a sbalzo rispetto alle dimensioni trasversali di carena; b) scalmi irrobustiti per poter sollevare i remi nel caso di navigazione a vela; c) l’albero, dotato di una vela quadrata, era irrigidito da un sistema di tiranti in corda; d) ancora elementare costituita da una grossa pietra legata anch’essa a una corda; e) stazza di 60-80 tonnellate.

Lepsius, Karl Richard (1810 – 1884). Denkmaeler aus Aegypten und Aethiopien nach den Zeichnungen der von Seiner Majestät dem Koenige von Preussen, Friedrich Wilhelm IV., nach diesen

Ländern gesendeten, und in den Jahren 1842–1845 ausgeführten wissenschaftlichen Expedition auf Befehl Seiner Majestät. 13

vols. Berlin: Nicolaische Buchhandlung, 1849.

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Imbarcazione militare (bassorilievo del XIII secolo). Caratteristiche: scafo allungato, un albero con vela quadrata,

timone posteriore e barra stabilizzatrice, rostro (ariete) a prua, con la chiglia irrobustita da un fascio di corde irrigidenti. I

rematori erano coperti da un sistema di protezioni contro le frecce. Alle estremità della nave erano poste due piattaforme sulle

quali si disponevano gli arcieri, inoltre, in un cesto di vimini in cima all’albero stava la vedetta.

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Schema di carico di una nave egiziana.

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I Fenici Bireme fenicia, stampa del XIX secolo. A sin. è raffigurata una bireme fenicia da guerra con due banchi di remi, un ariete, e un singolo albero. Il ponte di coperta, protetto da una serie di scudi (pavesi) allineati lungo il bordo della nave al di sopra dei rematori (ca. 800 a.C.). Il ponte dei rematori era ribassato per aumentare la stabilità della nave. L’ariete era coperto di bronzo. La poppa decorata era piegata e ricordava la coda di uno scorpione. Queste biremi da guerra erano lunghe circa 30 metri e larghe circa 5 metri. A destra è raffigurata una nave da trasporto.

Navi fenice, riprese da un rilievo del palazzo Sennacherib di Ninive [Layard, Austen H. Discoveries in the ruins of Nineveh and

Babylon ... New York: Harper & Brothers, 1853].

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Nave da guerra assira di costruzione fenicia, frammento di bassorilievo dal Palazzo di Sennacherib, Ninive (British Museum, London).

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Nave Phoenicia. Philip Beale ( - ) è l’ideatore di “The Phoenician Expedition”, un’impresa di circumnavigazione dell’Africa con una nave fenicia, come si immagina che questo popolo lo abbia fatto 2.000 anni anni prima degli europei. Per l’occasione è stata ricostruita una nave fenicia lunga 72 piedi (21.5 metri), sulla base di studi archeologici e pittogrammi rappresentanti imbarcazioni dell’epoca. Le tecniche di costruzione e i materiali usati sono state quelle che si presume fossero disponibili all’epoca: legno, vapore, chiodi di rame e cordame intrecciato. La spedizione è partita dalla Siria nel 2008 per approdare prima nello Yemen, successivamente ha raggiunto il Mozambico, Città del Capo, l’isola di Ascension, le Azzorre per concludersi nuovamente nel 2010 in Siria nel porto di Arwad. La spedizione ha compiuto un viaggio di circa 20.000 miglia marine. http://www.phoenicia.org.uk

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Le navi cartaginesi

Corbita, piccola barca con due alberi (Bassorilievo, ca. 200 a.C.), Cartago.

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«I vascelli cartaginesi erano costruiti in modo da potersi muovere in tutti i sensi con molta leggerezza; i loro rematori erano esperti. Quando il nemico avanzava per inseguirli loro si giravano, gli volteggiavano attorno o gli piombavano sul fianco e lo urtavano, mentre il vascello romano poteva appena virare nuovamente per la sua pesantezza e la scarsa esperienza dei rematori» [Polibio, 206 - 124 a.C.].

Nave cartaginese (III sec. a.C.) coste siciliane vicino a Marsala (1971-75: Museo Archeologico Baglio Anselmi, Marsala). “… ipoteticamente la lunghezza era di m. 35, la larghezza di 4,80, la stazza di tonnellate 120, con un possibile equipaggio di

68 vogatori, 34 per lato, che azionavano i 17 remi di ogni fiancata” [Giglio, 2007].

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Le navi greche Omero cita due tipi di scafi: quello dalle corna erette (orthòkrairos) e quello concavo (kòilos), differenziando altresì le navi in mercantili e da guerra, le prime con profilo tondeggiante e rapporto k = larghezza/lunghezza pari a 1/3÷1/4, e le seconde con profilo affusolato e k = 1/8÷1/10. La propulsione era affidata alle sole vele (le prime) e ai remi e alla vela (le seconde).

Placca d’Avorio. Nave da guerra con un pescatore e tre marinai addetti alla vela.

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Mosaico con la nave di Ulisse durante l’episodio delle Sirene [Thugga (Tunisia), II-III secolo d.C. (Museo del Bardo)].  

Vaso Attico: 480-470 a.C.

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Il timone era costituito da due remi poppieri. La prua della nave era munita di uno sperone che serviva per sfondare lo scafo delle imbarcazioni avversarie con l’intento di affondarle. L’attrezzatura velica era costituita da una grande vela quadrata di tela, legata con lacci taurini alla lunga asta dell’antenna, che a sua volta, mediante legacci di cuoio, era legata all’albero, che era mantenuto fermo al piede (sulla trave di chiglia) da due grosse funi (sàrtie) che si dipartono da prua e da poppa. Le corde (scotte), legate agli angoli inferiori della vela (quella di destra la ‘poggia’ e quella di sinistra la ‘orza’) servivano a distendere la vela al vento ed erano fatte con budella taurine intrecciate e ritorte. Queste corde servivano per dispiegare la vela, ma anche per assicurarla al pennone e tenere libero il ponte della nave. Vaso attico Kylix a figure nere e

lumeggiature bianche, da Cerveteri (ca. 520 a.C.) (Parigi. Cabinet de curiosités -

Bibliothèque nationale de France).

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L’illustrazione greca.

Antica kylix (coppa da vino) attica: nave da guerra, VI secolo. A.C. (Museo del Louvre).

Cratere vaso Nikosthenes, 530-510 a.C., con navi a remi e vele (Museo del Louvre).

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La struttura dello scafo poggia sulla trave di chiglia ed è irrobustita da coste a cui sono fissate le tavole con il sistema delle cuciture di corde e un sistema di incastri e cavicchi di legno. Lo scafo era impermeabilizzato con pece, sostanze cerose e resinose, internamente completamente incatramato, e all’esterno solo per le parti immerse. Mosaico, I sec. a.C.

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Al di sopra della linea di galleggiamento lo scafo era dipinto e anche impermeabilizzato con cera e resine. Le navi potevano avere da venti a cinquanta rematori (10/25 per lato). La pentecontera, era una imbarcazione a fondo quasi piatto che poteva raggiungere una lunghezza di 40 metri per cinque metri di larghezza. I vogatori erano anche soldati che combattevano utilizzando la tecnica dell’abbordaggio per catturare le navi nemiche. La vela era issata al pennone per mezzo dei ‘metafoni’ del ‘terzarolo’, sagole cucite lungo la vela per tenerla ferma al pennone stesso.

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La pentecontera fu utilizzata nell’antichità, soprattutto dai Focesi e dai Fenici, nell’antica Grecia, e dai Cartaginesi, ma con lo stesso termine si indica una intera classe di navi a uno (‘monere’) o due (‘diere’) ordini di rematori (la bireme greca). Nella storia della navigazione rappresenta la prima imbarcazione in grado di compiere lunghi viaggi e navigazioni in mare.

Ceramica greca da Agrigento, Sicilia (ca. 520 a.C.), (Museo Archeologico Nazionale, Madrid).

Vaso Kylix raffigurante Dioniso in barca circondato dai delfini.

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La propulsione era assicurata, in origine, da cinquanta rematori disposti 25 per lato in un unico ordine. La propulsione a remi era integrata da una vela quadra, particolarmente adatta ai regimi portanti di poppa e di tre quarti al ‘mascone’. Il governo della nave era garantito da due timoni disposti ai due lati della poppa. Le dimensioni erano poco più grandi di un remo ed erano governabili indipendentemente; ciò assicurava all’unità una buona manovrabilità in acque ristrette. L’esemplare più famoso di pentecontera appartiene al mito greco: la nave Argo e i suoi (circa) cinquanta Argonauti votati alla ricerca del vello d’oro sotto la guida dell’eroe Giasone.

Vaso Attico, Arte Greca Arcaica (VII-VI secolo a.C.).

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Riproduzione di pentecontera realizzata nel 2009 (nave Kybele). La prua della nave ha due occhi apotropaici e un pesante rostro di bronzo. La nave è lunga 12 m. e ha una vela rettangolare di 12 x 7 m., dispone di 20 remi e due timoni.

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La pentecontera era pilotata per mezzo di un remo-timone - due pale, poste ai due lati della poppa – che conferiva al timone la possibilità di azionare singolarmente le pale e combinarne l’azione ruotandole indipendentemente, una notevolissima manegge-volezza e capacità di modificare la traiettoria della nave anche in condizioni di mare non sempre calmo. Questa caratteristica tecnica consentiva all’imbarcazione un’andatura agile sui tortuosi e insidiosi percorsi della navigazione sottobordo e nelle delicate manovre di speronamento delle navi avversarie in battaglia.

Così Aristotele commenta la manovrabilità di queste imbarcazioni: « Come mai il timone così piccolo e posto all'estremità della nave, ha una tale forza che la grande mole delle navi può essere mossa da una piccola barra e un solo uomo? » [Pseudo-Aristotele: Problemi meccanici, 851b, 6]. Luciano di Samosata (120 – 180 o 192) sottolinea con stupore come una nave frumentaria di grande stazza potesse essere pilotata solo da un debole anziano, che ne azionava i due timoni impugnando due sottili barre di legno [Luciano: La navigazione, 6].

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Conferendo forma triangolare alla vela quadrata era anche possibile mantenere un’andatura di bolina che permettesse la doppiatura di un capo o l’approdo presso un riparo. Così Aristotele descrive questo tipo di manovra in mare: «Perché i naviganti, quando abbandonano il vento favorevole e vogliono veleggiare senza averlo alle spalle, ammainano la vela dalla parte verso il timone, restringendola fino a un piede, mentre lasciano libera la parte della vela verso la prua? Il motivo è che il timoniere non può andare con un forte vento contrario ma lo può

fare quando invece è più leggero; per far questo si ammaina la vela da una parte. Così il vento spinge avanti ed essi pongono il remo del timone verso il vento, sia per contrastarlo sia per far leva sul mare. Nello stesso momento i marinai contrastano il vento sporgendosi verso di esso» [Pseudo-Aristotele: Problemi meccanici, 851b, 7].

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La pentecontera cominciò il suo declino come imbarcazione nel VI Sec. a.C., quando l’introduzione di un terzo ordine di remi aprì la strada all’evoluzione della trireme (o triera) che gradualmente la sostituì nel suo ruolo di dominatrice delle flotte antiche da battaglia. La pentecontera fu ancora utilizzata nelle guerre persiane, da entrambi gli schieramenti, sia greco che persiano con alterne fortune dal punto di vista tattico e nautico [Erodoto: Storie, VII, 36 e 97]. La pentecontera, insieme alle trireme, fornì anche il sostegno al celebre ponte di barche fatto costruire da Serse (519 – 465 a.C.), sull’Ellesponto, durante la campagna per la conquista della Grecia.

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La bireme – di origine fenicia [Casson, 1995: 57-58] - era una nave con una doppia serie di banchi di rematori giustapposti tra loro e con i remi sfalsati disposti sulle fiancate dello scafo su due file di scalmi, a forma di fori nella fiancata della chiglia, rivestiti in pelle per consentire un miglior scorrimento dei remi e impedire la penetrazione dell’acqua nella nave. I rematori erano seduti su panche poste sul ponte superiore e su panche poste in corrispondenza del ponte della stiva.

Holmes, George. Ancient and Modern Ships. Part I. Wooden Sailing-Ships. London: Wyman and Sons, 1906.

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La bireme era probabilmente lunga circa 80 piedi (24 metri) e con una larghezza massima del piano di coperta di circa 10 piedi (3 metri), dotata di rostro di prua. Come sistema di propulsione, oltre a quella a remi, utilizzava anche una grande vela quadrata e la sua buona capacità di affrontare il mare è testimoniata dal largo impiego anche in epoca greca e romana.

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La Battaglia di Salamina (480 a.C.). La Battaglia navale di Salamina ebbe luogo il 23 settembre del 480 a.C. tra la flotta greca, guidata da Temistocle (530/520 – 471 a.C.) ed Euribiade ( - ) di Sparta, e la flotta persiana, e fu combattuta nello stretto che collega il golfo Saronico alla baia di Eleusi. La vittoria arrise alla lega greca, nonostante la consistenza della flotta (368 navi secondo Erodoto) fosse decisamente inferiore a quella persiana, 1.200 navi circa secondo Lisia (445 – 380 a.C.), Eforo di Cuma (390 – 330 a.C.) e Isocrate (436 - 338 a.C.), con la quasi completa distruzione della flotta avversaria. Una flottiglia di cinque navi fu addirittura comandata da un ammiraglio donna: Artemisia I di Caria, Tiranno di Alicarnasso (V sec. a.C.).

Page 51: Alle origini della costruzione navale

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Annone il Navigatore (633 – 530 a.C.), navigatore ed esploratore cartaginese, racconta che il suo tentativo di periplo dell’Africa, voluto dai Cartaginesi per finalità coloniali, si svolse con sessanta pentecontere, caricate di viveri e provviste, e una folla di donne e uomini [Erodoto: Storie, Libro I, 163], in grado di soddisfare le esigenze di una lunga e complessa navigazione e di una altrettanto lunga spedizione nel tempo.

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Il mondo secondo Eratostene di Cirene (275 – 195 a.C.).

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Il mondo secondo Tolomeo (100 – 175 d.C.) : oikoumenè

Page 55: Alle origini della costruzione navale

Isola di Thule (nell’illustrazione Tile). Il termine “Thule” fu utilizzato la prima volta dall’esploratore

greco Pitea per indicare un territorio allora sconosciuto raggiunto dopo circa sei giorni di

navigazione in direzione nord partendo dalle coste della Gran Bretagna.

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La trireme. L’evoluzione naturale della bireme è stata la trireme, a tre ordini di rematori [Casson, 1991 e Morrison et alii, 2000]. I primi prototipi di navi trireme comparvero nella Ionia intorno alla metà del VI sec. a.C., quale evoluzione della pentecontera, per essere poi adottati da tutti i popoli greci che si affacciavano sul mare Egeo, dai Fenici e dai Romani.

Page 57: Alle origini della costruzione navale

La trireme era un tipo di nave da guerra mossa da un triplice ordine di rematori e da una vela rettangolare. La trireme comparve nella Ionia intorno al VI secolo a.C., quale evoluzione della pentecontera, e fu poi utilizzata dai Fenici e, soprattutto, dai Romani. L’equipaggio era costituito da circa 200 marinai dei quali 180 erano i rematori-soldati.

Museo dell'Acropoli di Atene: bassorilievo con trireme, scoperto da Charles Lenormant nel 1852.

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Era una imbarcazione ad un solo albero, dotata di una vela rettangolare, con rapporto k = 1/7 circa (erano lunghe circa 40 metri e larghe circa sei). Sulla parte anteriore della prua era posto un rostro (sperone in legno, rivestito in bronzo lungo circa 2 metri) che serviva per speronare le navi nemiche. Le fiancate erano spesso protette da murate per difendere i rematori.

Modello di trireme greca. Deutsches Museum, Münich.

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Ricostruzione di una trireme greca: nave Olympias (1985-87). Lunghezza 36,90 m. Larghezza 5,50 m. Pescaggio 1,25 m. Dislocamento 70 tonn. Velocità massima 9 nodi. Velocità di crociera 2,5 nodi. Armamento: 170 vogatori.

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Gli etruschi. « Subito da una nave dai bei fianchi, velocemente apparvero pirati sul mare di colore scuro: erano Tirreni. Li guidava un cattivo destino … » [Inno a Dioniso, attribuito a Omero].

Navicella di bronzo dalla Tomba del Duce [Museo Archeologico di Firenze].

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La flotta romana. La Marina militare romana, nata con le Guerre Puniche, divenne tale solamente sotto il principato e poi l’impero di Ottaviano Augusto (63 a.C. – 14 d.C.) e fu padrona del Mare Nostrum fino al V secolo d.C. Le navi romane erano di due tipi: naves longae e naves ceterae. Le prime erano le navi da guerra propriamente dette, le seconde le navi mercantili. Le navi romane erano grandi e con una solida ossatura, avvolta da un fasciame di tavole incatramate che garantivano una buona tenuta stagna dello scafo.

“I Cartaginesi avevano assalito (i Romani) nello Stretto (di Messina) e una nave coperta, spintasi troppo avanti nella foga del combattimento, si era arenata ed era caduta in mano ai Romani; di questa essi si servirono come modello per la costruzione di tutta la flotta”. [Polibio, I, 20, 9-10, II sec. a.C.].

Navi romane: bassorilievo della Colonna Traiana.

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Le navi romane sono una evoluzione di quelle greche e si possono compendiare nelle seguenti: 1)  Bireme, lunghe circa 24 metri e larghe

circa tre metri con due file di rematori seduti sulla stessa panca e dotate di vela quadrata;

2)  Trireme, spina dorsale della flotta romana erano navi lunghe fino a 40 m. e larghe circa 6 m., consentivano di imbarcare armi da guerra e una centuria di soldati, erano mosse da 180 rematori su tre ordini sovrapposti, in genere schiavi;

3)  Quadrireme e Quinquereme navi lunghe fino a 48 m. e larghe 8 m. circa, con 4/5 ordini di rematori, montavano due corvi da abbordaggio e armi da assedio (baliste e onagri);

4)  Liburna, era una nave di medie dimensioni, stretta, veloce e molto manovrabile, adatte alle operazioni di inseguimento e di logistica.

Bireme  

Trireme  

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Raffigurazione in pietra di una nave romana che trasportava vino. [Rheinisches Landesmuseum (Museo regionale renano), Treviri, Germania].

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Le flotte romane avevano sede a Miseno (Napoli) e Ravenna. Sui fiumi del Nord, come il Reno e il Rodano, i romani usavano il pontone, chiatta fluviale a fondo piatto. [A fresco, Pompei].  

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Bireme romana, ricostruzione: Popular Science Magazine, Settembre-Ottobre 1931, p. 80.  

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Bireme romana. [Thugga (Tunisia), II-III secolo d.C. (Museo del Bardo)].  

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I costruttori romani utilizzavano la tecnica delle tavole a ‘comenti’ (interstizi impermeabilizzati con la tecnica del calafataggio) appaiati per costruire il fasciame dello scafo, che era irrigidito da una ossatura interna. [A sin. ossatura di nave romana, Pisa; a destra resti di nave romana, Fiumicino, Roma].  

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Pittura raffigurante una nave da trasporto romana.

[Nave della via Laurentina, nave

frumentaria romana (III sec. d.C.) sotto carico. Affresco custodito

presso i Musei Vaticani].

Nave da carico (naves onerariae): Liburna, con

l’albero abbattuto.

Bassorilievo, Cattedrale di Salerno.

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Bassorilievo raffigurante una imbarcazione da trasporto

romana.

[Colonna Traiana].

Nave oneraria.

Naves honerariae nel porto di Traiano (“Rilievo Torlonia”, rilievo votivo

raffigurante il porto di Roma agli inizi del III secolo d.C. con l’immagine di due grandi

navi onerarie).

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. Ecco con quanta diligenza si fabbricano le navi Liburne : «…

cotanto maggiormente nel fabbricare delle navi con diligente

cura sono tutte le cose da considerare, quanto maggiore

pericolo esser viziosa la nave che la casa. Di cipresso dunque, o di cerri

selvatichi, o domestichi, e d’assi forti d’abete la nave Liburna si tesse, e

più utilmente con aguti di rame che di ferro si conficcano. Ed

aveggnacchè più grave paia talotta la spesa, guadagno si dice che è,

imperrochè più durano, perché gli aguti di ferro per lo mare la ruggine tosto consuma, e di rame ancora nel

mare la propria sustanza conservano »

[Flavio Vegezio, 1815: Cap. 34, pp. 177-178].

La nave romana venuta alla luce in Piazza Municipio (Napoli):

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Comacchio, nave mercantile romana affondata nell’Adriatico a breve distanza dal delta del Po.

Nave da carico romana. Tali navi erano molto larghe, superando spesso in tal senso il limite di un quarto

dell’intera lunghezza, e con poco pescaggio, il che permetteva anche in caso

di sbarco in terra nemica di accostarsi molto alla riva. Esse avevano a poppa una

cabina riservata al comandante e ai suoi aiutanti, dietro la quale si levava una

costruzione molto più alta della prua e cinta da una robusta ringhiera in legno.

A differenza delle navi da guerra, quelle da carico andavano quasi sempre a vela:

usavano infatti i remi solo in caso di bonaccia o di particolari manovre di

avvicinamento e accosto al molo.

[Mosaico del Piazzale delle Corporazioni di Ostia Antica].

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Trireme romana

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Trireme romana

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Le navi di Nemi Il lago di Nemi nel Lazio è stato per secoli la culla di un progetto faraonico dell’Imperatore Caligola (12 - 41). In età imperiale, Caligola fece costruire sul lago, per trascorrervi i suoi otia o per celebrarvi riti e feste in onore di Diana, due gigantesche navi ricche di sovrastrutture murarie e impreziosite di bronzi, marmi e altri materiali pregiati.

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Le due navi, a chiglia piatta, interamente conservate sotto le acque del lago per quasi due millenni, misuravano una 73 m. di lunghezza per 24 m. di larghezza e l’altra 71 m. di lunghezza per 20 m. di larghezza, ambedue costruite con robusto fasciame di pino, rivestite esternamente di lana catramata e di lamiere di piombo, fissate al fasciame con chiodini di rame. Nave di Nemi dopo il recupero.

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