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AVVENIRE_STAHEL_ECO_CIR_Morosini_finale_161023.docx http://www.slideshare.net/morosini1952/avvenire-stahel-economomiacircolaremorosini161023-67545422 AVVENIRE_STAHEL_ECO_CIR_Morosini_161023.docx 23 ottobre 2016 Avvenire - www.avvenire.it Roma. Sono 253 le banche del tem- po in Italia che raccolgono, gestisco- no e smistano la disponibilità di de- cine e decine di migliaia di volontari. "Correntisti" che depositano le loro ore da donare e ne chiedono in cam- bio, quando hanno bisogno di altri servizi. Solo a Roma i volontari del tempo sono circa 9 mila, raggruppa- ti in 15 banche. Una realtà diffusa qua- si in tutte le regioni, ma più presente al Settentrione (97 al Nordovest, 52 al Nordest, 82 al Centro e 23 al Sud) coor- dinate dal 2007 dall’Associazione na- zionale Banche del tempo (Bdt), che assiste le Bdt locali, le coordina e or- ganizza corsi di formazione per a- prirne e gestirne di nuove. «Una realtà – spiega la presidente onoraria del- l’Associazione, Maria Luisa Petrucci – che ha molto in comune con altre e- sperienze sociali: è volontariato, è do- nazione, è autorganizzazione, ma il suo carattere distintivo sta nello scam- bio paritetico del tempo: un’ora vale un’ora per tutte le attività scambiate». A vent’anni dalla nascita delle prime banche del tempo – la prima in asso- luto a Sant’Arcangelo di Romagna nel 1995, l’anno dopo a Roma – un con- vegno domani a Montecitorio sarà oc- casione per fare il punto e rilanciare questa realtà. Titolo: «Banca del tem- po come orologio della città connet- tiva», promosso dall’Associazione na- zionale delle Bdt, cui parteciperanno banche del tempo di tutta Italia. L’in- contro, dalle 16 nell’aula dei Gruppi parlamentari in via di Campo Marzio 74. Dopo il saluto della presidente del- la camera Laura Boldrini, sono previ- sti tra gli altri gli interventi dell’ono- revole Donata Lenzi della commis- sione Affari sociali, poi di sociologi, fi- losofi, urbanisti, degli assessori della Regione Lazio Michele Civita, e di Ro- ma Paolo Berdini, assieme a promo- tori di banche del tempo catalane e portoghesi. Nella Capitale sono 15. Il profilo tipo del "correntista" è una donna (oltre il 60%) con titolo di studio medio-alto, età tra i 30 e 55 anni. In aumento an- che giovani e disoccupati. I "corren- tisti" hanno un libretto di assegni del tempo. L’unità di misura è l’ora, a pre- scindere dal prezzo di mercato della prestazione: un’ora a pulire le verdu- re vale come un’ora di lezione di mu- sica. Le attività più diffuse? Accom- pagnatori, autisti, cucito, lingua, com- puter, cucina, idraulica, eletricità, consulenze legali, baby-sitting. (L.Liv.) © RIPRODUZIONE RISERVATA Convegno. Venti anni delle "banche del tempo", originale volontariato L’anello virtuoso dell’economia anti-spreco Parla Walter Stahel, pioniere della sostenibilità: «È la circolarità a produrre ricchezza» LUCA MAZZA alter Stahel guida la stessa macchina da 47 an- ni. È una Toyota Corona Mark II 1900. L’ha ac- quistata nel 1969 in Svizzera, dove vive tutt’o- ra, pagandola 12mila franchi. Oggi la vettura ha un va- lore di mercato di 15mila franchi, perché nel frattempo è diventata un’auto d’epoca, di quelle da collezione. Ma Stahel non è certo un intenditore o un appassionato di motori. Né ha deciso di tenersi stretto il veicolo per de- cenni in quanto possiede uno spiccato fiuto per gli affari. Del resto, lui stesso ammette di non aver previsto che il prezzo del be- ne, a distanza di quasi mezzo secolo, fosse ancora rilevan- te. La sua è stata (ed è) una scelta etica, legata a un modello economico in cui crede profonda- mente. Stahel, infat- ti, è un architetto e un professore di E- conomia che nel 1982 ha fondato il Product-Life Institu- te a Ginevra. Ma è soprattutto uno dei "padri" dell’economia circolare. Volendo semplificare al massimo si potrebbe dire che il paradigma "circolare" si contrappone a quello "linea- re", praticato nell’economia attuale. Per spiegare la dif- ferenza principale tra le due "filosofie", Stahel si avvale di una metafora. «L’economia lineare è come un fiume che ha l’obiettivo di far crescere questo corso d’acqua con dei flussi di materiali. E il suo successo si misura attra- verso il Pil – afferma il docente –. L’economia circolare, invece, è più simile a un lago e va valutata in base alla qualità e alla quantità del suo patrimonio, che è composto dal capitale naturale, umano, culturale e da quello co- struito (le infrastrutture). Il problema, però, è che non sia- mo in possesso di statistiche per misurare la massa di questa acqua dolce». Ma che cosa c’entra la macchina W di Stahel con l’economia circolare? «Quando si ripara o si ristruttura qualcosa, dunque prendendosene cura, si compie un’azione che rientra nella logica dell’economia circolare, in cui si evita di distruggere per rifabbricare da zero e si tende a utilizzare il più a lungo possibile ciò di cui già si dispone. Tale comportamento crea circoli vir- tuosi di cui beneficia l’economia locale – risponde il pro- fessore svizzero –. Tornando alla mia automobile, per e- sempio, ho analizzato i costi sostenuti da quando l’ho comprata e ho scoperto che i due terzi delle spese com- plessive di mantenimento sono stati impiegati per la ma- nodopera, non per i materiali. In questo modo, tra l’al- tro, ho finanziato l’economia del posto e non il lavoro u- mano a basso costo della Cina o del Bangladesh». Altra immagine efficace per raffigurare il senso dell’eco- nomia circolare è dato dai soldi. «Si pensi a una banco- nota che passa di mano in continuazione ogni giorno – racconta Stahel –. Ecco, nessuno pensa che un biglietto da 20 euro valga meno di 20 euro solo perché è stato u- tilizzato migliaia di volte. Lo stesso discorso può valere per tante altre cose: edifici, macchine, oggetti». Al di là delle buone pratiche – personali o collettive che siano – per il docente non si registrano ancora passi in avanti significativi affinché cominci un processo d’in- versione tra i due modelli economici. «Oggi per misu- rare il successo dell’istruzione teniamo conto dei sol- di spesi in questo comparto: dagli stipendi degli inse- gnanti ai libri di scuola acquistati dalle famiglie – spie- ga –, ma poi non conosciamo quale sia la qualità dei risultati in cultura e sapere a fronte di questi investi- menti». A chi spetta il compito di modificare le regole del gioco? «Alla politica. L’industria non vuole cam- biare, anche perché non le conviene, e i cittadini non ne hanno la possibilità. Dunque sono i governi a do- ver modificare l’organizzazione. A partire dalle impo- ste. Oggi la linea in vigore è quella di dare sovvenzioni a chi produce energia o materiali e tassare il lavoro, mentre dovrebbe avvenire il contrario. Nel medio-lun- go termine si otterrebbero benefici significativi». Secondo uno studio recente, effettuato su sette Paesi eu- ropei, spostando le tasse dal lavoro ai materiali e all’e- nergia le emissioni di CO2 diminuirebbero in media del 70% a fronte di un aumento dell’occupazione del 4%. «Ri- baltando il sistema di tassazione, i vantaggi a livello di sostenibilità verrebbero in automatico, anche senza leg- gi ad hoc di protezione ambientale». Un altro cambio di direzione necessario, poi, è di matrice culturale. «Biso- gna passare dal dominio della vendita di una merce ma- teriale a quello di erogazione di un servizio, eliminando il fattore moda e facendo prevalere l’utilità», è la ricetta di Stahel. «Se i colossi dell’automobile o della moda ven- dessero soltanto l’uso di una macchina o di una borsa al posto della loro proprietà si vedrebbero spalmare il profitto in un arco temporale più lungo rispetto ad adesso, dove c’è solo il mo- mento della transa- zione al concessiona- rio o al negozio – con- tinua –. Non solo: le industrie dei vari comparti lavorereb- bero per far sì che i prodotti durino il più a lungo possibile, senza sfornare nuovi modelli in continuazione al fine di creare tendenze e di vendere più merci». La rivoluzione, però, stenta a decollare. «Anche perché oggi sull’economia circolare è stato azionato il silen- ziatore. Il calzolaio, il falegname così come l’officina che ripara automobili sono esclusi dal grande circuito della pubblicità. Nella società mediatica, coloro che vendono il nuovo schiacciano chi si adopera per ag- giustare l’esistente». Eppure, nonostante il modello e- conomico non le consideri adeguatamente, queste realtà intente a tutelare l’integrità di ciò che già abbia- mo continuano a resistere. Stahel, girando con la sua Toyota del ’69, riesce a vederle nitidamente nonostan- te siano avvolte nell’oscurità. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA TEORIA Economia circolare: il valore nel servizio, non nella merce Il potenziale di sostituire l’energia con la manodopera. Con questo rapporto del 1976 alla Commissione europea, Walter Stahel, ora membro del Club di Roma e direttore del Product-life Institute a Ginevra, iniziava un’opera che in quarant’anni ne ha fatto un pioniere mondiale sia della teoria economica, sia della politica e dell’economia sostenibili. In sodalizio pluridecennale, l’architetto zurighese Walter Stahel e il politologo triestino Orio Giarini hanno riabilitato un paradigma antichissimo: il valore economico è dato dall’uso dei manufatti, non dalla loro compravendita. Più un manufatto è durevole, aggiornabile, riparabile, riusabile, più la manodopera serve a mantenerlo in funzione, invece che a distruggerlo e ricostruirlo. Quindi meno produzione, trasporti, energia, materiali, inquinamento. Disoccupati diventano i kilowatt e le tonnellate, non le persone. È "l’economia del buon senso", o "economia circolare". Tra i libri più importanti: – Giarini O. Dialogue on Wealth and Welfare: An Alternative View of World Capital Formation, 1980. – Giarini O., Stahel W. The Limits to Certainty 1989/1992 (I limiti alla certezza 1993). – Stahel W. The Performance Economy, 2006/2010. Contatto: The Product-Life Institute, Ginevra, product-life.org/en/contact. Marco Morosini © RIPRODUZIONE RISERVATA L’ISPIRAZIONE Lo "spazzogrillo" e il fattore dieci per consumare un decimo di natura Nel 1993 Stahel fu colpito dal racconto di uno spettacolo televisivo italiano. Beppe Grillo ritornava a Raiuno e spiegava a 13 milioni di spettatori "l’economia del buon senso" con uno spazzolino da denti a testina cambiabile: «Quando è consumata, cambi solo la testina di un grammo, ma il manico di dieci grammi lo tieni». Dieci volte meno spazzolini, meno petrolio, meno inquinamenti. È una illustrazione del principio che portò nel 1992 un gruppo di pionieri mondiali della società ecologica, tra i quali Walter Stahel e Wolfgang Sachs, a fondare a Carnoules, in Provenza, il "Factor 10 club". Non solo lo spazzolino da denti, ma l’intera economia può essere riformata per darci sufficiente benessere, con almeno dieci volte meno consumo di natura. È per questo che Stahel ha concluso una recente conferenza in Italia spiegando la riforma dell’economia proprio con lo "spazzogrillo" che aveva visto in televisione. A ulteriore vantaggio, lo spazzolino che Stahel ha mostrato è prodotto a Schönau, nella Foresta Nera, con elettricità generata da energie al 100% rinnovabili, fornita dalla cooperativa energetica EWS fondata dai cittadini di Schönau. (M.Mor.) © RIPRODUZIONE RISERVATA IL LIBRO Articoli, riviste e libri per conoscere e capire l’importanza di una vera svolta Si moltiplicano articoli, riviste e libri sull’economia circolare. Il con- cetto è semplice: si tratta di prendere la linea retta sottesa all’attuale sistema economico, che preleva, trasforma, vende e butta, indiffe- rente alle conseguenze (cambiamenti climatici, difficoltà di approv- vigionamento delle materie prime, inquinamento e di- struzione della biodiversità) e piegarla fino a trasformarla in un cerchio. I prodotti sono progettati per durare, essere ammodernati, decostruiti e recuperati facilmente, i rifiuti so- no valorizzati e trasformati in risorse con cui prolungare di molto il ciclo di vita dei beni. Si deve a Edizioni Ambiente e ad Antonio Cianciullo il merito di proporre la collana "Materia rinnovabile libri", il bimensile internazionale "RM - Renewable Matter", e il libro Che cos’è l’economia circolare, di Emanuele Bompan con Ilaria Nicoletta Brambilla. Gli autori espongono la storia, i concetti e gli sviluppi recenti della economia, fornendo indicazioni pratiche per chi voglia metterla in pratica nella propria attività, generando ricchezza e nuova occupazione. (M.Mor.) © RIPRODUZIONE RISERVATA L’IDEA Fairphone, un innovativo smartphone equo e longevo Il Fairphone è il primo smartphone concepito per essere venduto il meno possibile e usato il più a lungo possibile. È progettato per essere riparato e aggiornato con parti sostituibili. Molti dei suoi metalli vengono da filiere garantite "conflict free" (zone senza conflitti). La manodopera è impiegata nel rispetto dei diritti umani e civili, senza lavoro minorile. Si tratta del primo smartphone finanziato in "crowd funding", una forma di finanziamento di massa da parte di migliaia di clienti che lo hanno pagato prima che fosse costruito. La ditta di Amsterdam Fairphone è una impresa sociale senza fini di lucro di ottanta giovani imprenditori pionieri, fondata da Bas van Abel, un manager sociale che aveva già diretto progetti ecologici e umanitari. «Fairphone è una missione, non uno smartphone» è stato detto. L’obiettivo è di influenzare l’industria elettronica mondiale, mostrando che è possibile realizzare prodotti di alta tecnologia rispettando alti standard ecologici e sociali. Per questi meriti, il 30 ottobre Bas van Abel riceverà dal presidente tedesco Joachim Gauck il prestigioso "Deutschen Umweltpreis", già conferito tra gli altri a Michael Gorbatchev e a Klaus Töpfer, già direttore del Programma Onu per l’Ambiente, ex ministro tedesco dell’ambiente e "padre" (già nel 1994) della Legge tedesca sull’economia circolare. (M.Mor.) © RIPRODUZIONE RISERVATA In una fase in cui l’emergenza anche e soprattutto nei Paesi avanzati è l’aumento delle disuguaglianze e, di fatto, l’erosione di quella che era considerata la classe media, c’è un paradigma alternativo di crescita che risulta "win win", arricchisce la società e contribuisce e ridurre le di- suguaglianze, perché basato sulla condivisione. Lo «Sviluppo felice» si sta manifestando in almeno quattro ambiti nel nostro Paese: nelle realtà dell’economia civile che informa larga parte del Terzo settore, nel mon- do delle imprese profit che intende andare oltre la Csr, in parti avan- zate del pubblico e, in modo informale, anche nella società civile, con i cittadini che si auto-organizzano. Ne raccontiamo l’evoluzione. Come un lago «L’economia lineare è come un fiume di cui si vorrebbe sempre raddoppiare la portata L’economia circolare, invece, è come un lago del quale curare la qualità e la quantità delle acque» La riforma «Una riforma fiscale ecologica diminuisce le tasse sul lavoro e le aumenta su emissioni, materiali, energia. Più conveniente così rendere disoccupati chilowatt e tonnellate, non le persone» IL PIONIERE. Il settantenne architetto ed economista svizzero Walter Stahel. 6 Domenica 23 Ottobre 2016 PRIMO PIANO COME ANDARE OLTRE IL PIL Il colloquio L’economista svizzero racconta la sua visione di sviluppo sostenibile, che richiede un drastico cambio di paradigma per preservare anche il capitale naturale, umano e culturale di cui disponiamo

Economia circolare Walter Stahel Avvenire 23 ottobre 2016

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AVVENIRE_STAHEL_ECO_CIR_Morosini_161023.docx 23 ottobre 2016 Avvenire - www.avvenire.it

Roma. Sono 253 le banche del tem-po in Italia che raccolgono, gestisco-no e smistano la disponibilità di de-cine e decine di migliaia di volontari."Correntisti" che depositano le loroore da donare e ne chiedono in cam-bio, quando hanno bisogno di altriservizi. Solo a Roma i volontari deltempo sono circa 9 mila, raggruppa-ti in 15 banche. Una realtà diffusa qua-si in tutte le regioni, ma più presenteal Settentrione (97 al Nordovest, 52 alNordest, 82 al Centro e 23 al Sud) coor-

dinate dal 2007 dall’Associazione na-zionale Banche del tempo (Bdt), cheassiste le Bdt locali, le coordina e or-ganizza corsi di formazione per a-prirne e gestirne di nuove. «Una realtà– spiega la presidente onoraria del-l’Associazione, Maria Luisa Petrucci– che ha molto in comune con altre e-sperienze sociali: è volontariato, è do-nazione, è autorganizzazione, ma ilsuo carattere distintivo sta nello scam-bio paritetico del tempo: un’ora valeun’ora per tutte le attività scambiate».

A vent’anni dalla nascita delle primebanche del tempo – la prima in asso-luto a Sant’Arcangelo di Romagna nel1995, l’anno dopo a Roma – un con-vegno domani a Montecitorio sarà oc-casione per fare il punto e rilanciarequesta realtà. Titolo: «Banca del tem-po come orologio della città connet-tiva», promosso dall’Associazione na-zionale delle Bdt, cui parteciperannobanche del tempo di tutta Italia. L’in-contro, dalle 16 nell’aula dei Gruppiparlamentari in via di Campo Marzio

74. Dopo il saluto della presidente del-la camera Laura Boldrini, sono previ-sti tra gli altri gli interventi dell’ono-revole Donata Lenzi della commis-sione Affari sociali, poi di sociologi, fi-losofi, urbanisti, degli assessori dellaRegione Lazio Michele Civita, e di Ro-ma Paolo Berdini, assieme a promo-tori di banche del tempo catalane eportoghesi.Nella Capitale sono 15. Il profilo tipodel "correntista" è una donna (oltre il60%) con titolo di studio medio-alto,

età tra i 30 e 55 anni. In aumento an-che giovani e disoccupati. I "corren-tisti" hanno un libretto di assegni deltempo. L’unità di misura è l’ora, a pre-scindere dal prezzo di mercato dellaprestazione: un’ora a pulire le verdu-re vale come un’ora di lezione di mu-sica. Le attività più diffuse? Accom-pagnatori, autisti, cucito, lingua, com-puter, cucina, idraulica, eletricità,consulenze legali, baby-sitting.(L.Liv.)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Convegno. Venti anni delle "banche del tempo", originale volontariato

L’anello virtuoso dell’economia anti-sprecoParla Walter Stahel, pioniere della sostenibilità: «È la circolarità a produrre ricchezza»

LUCA MAZZA

alter Stahel guida la stessa macchina da 47 an-ni. È una Toyota Corona Mark II 1900. L’ha ac-quistata nel 1969 in Svizzera, dove vive tutt’o-

ra, pagandola 12mila franchi. Oggi la vettura ha un va-lore di mercato di 15mila franchi, perché nel frattempoè diventata un’auto d’epoca, di quelle da collezione. MaStahel non è certo un intenditore o un appassionato dimotori. Né ha deciso di tenersi stretto il veicolo per de-cenni in quanto possiede uno spiccato fiuto per gli

affari. Del resto, luistesso ammette dinon aver previstoche il prezzo del be-ne, a distanza diquasi mezzo secolo,fosse ancora rilevan-te. La sua è stata (edè) una scelta etica,legata a un modelloeconomico in cuicrede profonda-mente. Stahel, infat-ti, è un architetto eun professore di E-conomia che nel1982 ha fondato ilProduct-Life Institu-te a Ginevra. Ma è

soprattutto uno dei "padri" dell’economia circolare.Volendo semplificare al massimo si potrebbe dire che ilparadigma "circolare" si contrappone a quello "linea-re", praticato nell’economia attuale. Per spiegare la dif-ferenza principale tra le due "filosofie", Stahel si avvaledi una metafora. «L’economia lineare è come un fiumeche ha l’obiettivo di far crescere questo corso d’acqua condei flussi di materiali. E il suo successo si misura attra-verso il Pil – afferma il docente –. L’economia circolare,invece, è più simile a un lago e va valutata in base allaqualità e alla quantità del suo patrimonio, che è compostodal capitale naturale, umano, culturale e da quello co-struito (le infrastrutture). Il problema, però, è che non sia-mo in possesso di statistiche per misurare la massa diquesta acqua dolce». Ma che cosa c’entra la macchina

W

di Stahel con l’economia circolare? «Quando si ripara osi ristruttura qualcosa, dunque prendendosene cura, sicompie un’azione che rientra nella logica dell’economiacircolare, in cui si evita di distruggere per rifabbricare dazero e si tende a utilizzare il più a lungo possibile ciò dicui già si dispone. Tale comportamento crea circoli vir-tuosi di cui beneficia l’economia locale – risponde il pro-fessore svizzero –. Tornando alla mia automobile, per e-sempio, ho analizzato i costi sostenuti da quando l’hocomprata e ho scoperto che i due terzi delle spese com-plessive di mantenimento sono stati impiegati per la ma-nodopera, non per i materiali. In questo modo, tra l’al-tro, ho finanziato l’economia del posto e non il lavoro u-mano a basso costo della Cina o del Bangladesh». Altra immagine efficace per raffigurare il senso dell’eco-nomia circolare è dato dai soldi. «Si pensi a una banco-nota che passa di mano in continuazione ogni giorno –racconta Stahel –. Ecco, nessuno pensa che un bigliettoda 20 euro valga meno di 20 euro solo perché è stato u-tilizzato migliaia di volte. Lo stesso discorso può valere

per tante altre cose: edifici, macchine, oggetti».Al di là delle buone pratiche – personali o collettive chesiano – per il docente non si registrano ancora passi inavanti significativi affinché cominci un processo d’in-versione tra i due modelli economici. «Oggi per misu-rare il successo dell’istruzione teniamo conto dei sol-di spesi in questo comparto: dagli stipendi degli inse-gnanti ai libri di scuola acquistati dalle famiglie – spie-ga –, ma poi non conosciamo quale sia la qualità deirisultati in cultura e sapere a fronte di questi investi-menti». A chi spetta il compito di modificare le regoledel gioco? «Alla politica. L’industria non vuole cam-biare, anche perché non le conviene, e i cittadini nonne hanno la possibilità. Dunque sono i governi a do-ver modificare l’organizzazione. A partire dalle impo-ste. Oggi la linea in vigore è quella di dare sovvenzionia chi produce energia o materiali e tassare il lavoro,mentre dovrebbe avvenire il contrario. Nel medio-lun-go termine si otterrebbero benefici significativi».Secondo uno studio recente, effettuato su sette Paesi eu-

ropei, spostando le tasse dal lavoro ai materiali e all’e-nergia le emissioni di CO2 diminuirebbero in media del70% a fronte di un aumento dell’occupazione del 4%. «Ri-baltando il sistema di tassazione, i vantaggi a livello disostenibilità verrebbero in automatico, anche senza leg-gi ad hoc di protezione ambientale». Un altro cambio didirezione necessario, poi, è di matrice culturale. «Biso-gna passare dal dominio della vendita di una merce ma-teriale a quello di erogazione di un servizio, eliminandoil fattore moda e facendo prevalere l’utilità», è la ricettadi Stahel. «Se i colossi dell’automobile o della moda ven-dessero soltanto l’usodi una macchina o diuna borsa al postodella loro proprietà sivedrebbero spalmareil profitto in un arcotemporale più lungorispetto ad adesso,dove c’è solo il mo-mento della transa-zione al concessiona-rio o al negozio – con-tinua –. Non solo: leindustrie dei varicomparti lavorereb-bero per far sì che iprodotti durino il piùa lungo possibile,senza sfornare nuovimodelli in continuazione al fine di creare tendenze e divendere più merci».La rivoluzione, però, stenta a decollare. «Anche perchéoggi sull’economia circolare è stato azionato il silen-ziatore. Il calzolaio, il falegname così come l’officinache ripara automobili sono esclusi dal grande circuitodella pubblicità. Nella società mediatica, coloro chevendono il nuovo schiacciano chi si adopera per ag-giustare l’esistente». Eppure, nonostante il modello e-conomico non le consideri adeguatamente, questerealtà intente a tutelare l’integrità di ciò che già abbia-mo continuano a resistere. Stahel, girando con la suaToyota del ’69, riesce a vederle nitidamente nonostan-te siano avvolte nell’oscurità.

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LA TEORIA

Economia circolare: il valore nel servizio, non nella merceIl potenziale di sostituire l’energia con lamanodopera. Con questo rapporto del 1976 allaCommissione europea, Walter Stahel, oramembro del Club di Roma e direttore delProduct-life Institute a Ginevra, iniziava un’operache in quarant’anni ne ha fatto un pionieremondiale sia della teoria economica, sia della

politica e dell’economiasostenibili. In sodaliziopluridecennale, l’architettozurighese Walter Stahel eil politologo triestino OrioGiarini hanno riabilitatoun paradigmaantichissimo: il valoreeconomico è datodall’uso dei manufatti,non dalla lorocompravendita. Più unmanufatto è durevole,aggiornabile,

riparabile, riusabile, più lamanodopera serve a mantenerlo in funzione,invece che a distruggerlo e ricostruirlo. Quindimeno produzione, trasporti, energia, materiali,inquinamento. Disoccupati diventano i kilowatt ele tonnellate, non le persone. È "l’economia delbuon senso", o "economia circolare". Tra i libri più importanti: – Giarini O. Dialogue on Wealth and Welfare: AnAlternative View of World Capital Formation,1980. – Giarini O., Stahel W. The Limits to Certainty1989/1992 (I limiti alla certezza 1993). – Stahel W. The Performance Economy,2006/2010.Contatto: The Product-Life Institute, Ginevra,product-life.org/en/contact.

Marco Morosini© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’ISPIRAZIONE

Lo "spazzogrillo" e il fattore dieciper consumare un decimo di natura

Nel 1993 Stahel fu colpito dal racconto di unospettacolo televisivo italiano. Beppe Grilloritornava a Raiuno e spiegava a 13 milioni dispettatori "l’economia del buon senso" con unospazzolino da denti a testina cambiabile:«Quando è consumata, cambi solo la testina diun grammo, ma il manico di dieci grammi lotieni». Dieci volte meno spazzolini, menopetrolio, meno inquinamenti. È una illustrazionedel principio che portò nel 1992 un gruppo dipionieri mondiali della società ecologica, tra iquali Walter Stahel e Wolfgang Sachs, a fondarea Carnoules, in Provenza, il "Factor 10 club".Non solo lo spazzolino da denti, ma l’intera

economia può essere riformata per darci sufficiente benessere, conalmeno dieci volte meno consumo di natura. È per questo cheStahel ha concluso una recente conferenza in Italia spiegando lariforma dell’economia proprio con lo "spazzogrillo" che aveva vistoin televisione. A ulteriore vantaggio, lo spazzolino che Stahel hamostrato è prodotto a Schönau, nella Foresta Nera, con elettricitàgenerata da energie al 100% rinnovabili, fornita dalla cooperativaenergetica EWS fondata dai cittadini di Schönau. (M.Mor.)

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IL LIBRO

Articoli, riviste e libri per conosceree capire l’importanza di una vera svoltaSi moltiplicano articoli, riviste e libri sull’economia circolare. Il con-cetto è semplice: si tratta di prendere la linea retta sottesa all’attualesistema economico, che preleva, trasforma, vende e butta, indiffe-rente alle conseguenze (cambiamenti climatici, difficoltà di approv-

vigionamento delle materie prime, inquinamento e di-struzione della biodiversità) e piegarla fino atrasformarla in un cerchio. I prodotti sonoprogettati per durare, essere ammodernati,decostruiti e recuperati facilmente, i rifiuti so-no valorizzati e trasformati in risorse con cuiprolungare di molto il ciclo di vita dei beni. Si deve a Edizioni Ambiente e ad AntonioCianciullo il merito di proporre la collana"Materia rinnovabile libri", il bimensileinternazionale "RM - Renewable Matter", eil libro Che cos’è l’economia circolare, diEmanuele Bompan con Ilaria NicolettaBrambilla. Gli autori espongono la storia, iconcetti e gli sviluppi recenti della economia,

fornendo indicazioni pratiche per chi voglia metterla in praticanella propria attività, generando ricchezza e nuova occupazione.(M.Mor.)

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L’IDEA

Fairphone, un innovativosmartphone equo e longevoIl Fairphone è il primo smartphone concepitoper essere venduto il meno possibile e usatoil più a lungo possibile. È progettato peressere riparato e aggiornato con partisostituibili. Molti dei suoi metalli vengono dafiliere garantite "conflict free" (zone senzaconflitti). La manodopera è impiegata nelrispetto dei diritti umani e civili, senza lavorominorile. Si tratta del primo smartphonefinanziato in "crowd funding", una forma di

finanziamento dimassa da parte dimigliaia di clientiche lo hannopagato prima chefosse costruito.La ditta diAmsterdamFairphone è unaimpresa sociale

senza fini di lucro di ottanta giovaniimprenditori pionieri, fondata da Bas vanAbel, un manager sociale che aveva giàdiretto progetti ecologici e umanitari.«Fairphone è una missione, non unosmartphone» è stato detto. L’obiettivo è diinfluenzare l’industria elettronica mondiale,mostrando che è possibile realizzare prodottidi alta tecnologia rispettando alti standardecologici e sociali. Per questi meriti, il 30ottobre Bas van Abel riceverà dal presidentetedesco Joachim Gauck il prestigioso"Deutschen Umweltpreis", già conferito tragli altri a Michael Gorbatchev e a KlausTöpfer, già direttore del Programma Onu perl’Ambiente, ex ministro tedescodell’ambiente e "padre" (già nel 1994) dellaLegge tedesca sull’economia circolare.(M.Mor.)

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In una fase in cui l’emergenza anche e soprattutto nei Paesi avanzati èl’aumento delle disuguaglianze e, di fatto, l’erosione di quella che eraconsiderata la classe media, c’è un paradigma alternativo di crescita cherisulta "win win", arricchisce la società e contribuisce e ridurre le di-suguaglianze, perché basato sulla condivisione. Lo «Sviluppo felice» sista manifestando in almeno quattro ambiti nel nostro Paese: nelle realtàdell’economia civile che informa larga parte del Terzo settore, nel mon-do delle imprese profit che intende andare oltre la Csr, in parti avan-zate del pubblico e, in modo informale, anche nella società civile, coni cittadini che si auto-organizzano. Ne raccontiamo l’evoluzione.

Come un lago

«L’economia lineare è come un fiume di cui sivorrebbe sempreraddoppiare la portataL’economia circolare,invece, è come un lagodel quale curare la qualitàe la quantità delle acque»

La riforma

«Una riforma fiscaleecologica diminuisce letasse sul lavoro e leaumenta su emissioni,materiali, energia. Piùconveniente così renderedisoccupati chilowatt etonnellate, non le persone»

IL PIONIERE. Il settantenne architetto ed economista svizzero Walter Stahel.

6 Domenica23 Ottobre 2016P R I M O P I A N O COME ANDARE

OLTRE IL PIL

Il colloquioL’economista svizzeroracconta la sua visione di sviluppo sostenibile,che richiede un drasticocambio di paradigma per preservare anche il capitale naturale,umano e culturale di cui disponiamo

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WALTER STAHEL, PIONIERE DELLA SOSTENIBILITÀ: «È LA CIRCOLARITÀ A PRODURRE RICCHEZZA» L’ANELLO VIRTUOSO DELL’ECONOMIA ANTI-SPRECO Luca Mazza, Avvenire, 23.10.2016 Walter Stahel guida la stessa macchina da 47 anni. È una Toyota Corona Mark II 1900. L’ha acquistata nel 1969 in Svizzera, dove vive tutt’ora, pagandola 12mila franchi. Oggi la vettura ha un valore di mercato di 15mila franchi, perché nel frattempo è diventata un’auto d’epoca, di quelle da collezione. Ma Stahel non è certo un intenditore o un appassionato di motori. Né ha deciso di tenersi stretto il veicolo per decenni in quanto possiede uno spiccato fiuto per gli affari. Del resto, lui stesso ammette di non aver previsto che il prezzo del bene, a distanza di quasi mezzo secolo, fosse ancora rilevante. La sua è stata (ed è) una scelta etica, legata a un modello economico in cui crede profondamente. Stahel, infatti, è un architetto e un professore di Economia che nel 1982 ha fondato il Product Life Institute a Ginevra. Ma è soprattutto uno dei 'padri' dell’economia circolare. Volendo semplificare, il paradigma 'circolare' si contrappone a quello 'lineare', praticato nell’economia attuale. Per spiegare la differenza principale tra le due 'filosofie', Stahel si avvale di una metafora. «L’economia lineare è come un fiume che ha l’obiettivo di far crescere questo corso d’acqua con dei flussi di materiali. E il suo successo si misura attraverso il Pil – afferma il docente –. L’economia circolare, invece, è più simile a un lago e va valutata in base alla qualità e alla quantità del suo patrimonio, che è composto dal capitale naturale, umano, culturale e da quello costruito (le infrastrutture). Il problema, però, è che non siamo in possesso di statistiche per misurare la massa di questa acqua dolce». Ma che cosa c’entra la macchina di Stahel con l’economia circolare? «Quando si ripara o si ristruttura qualcosa, dunque prendendosene cura, si compie un’azione che rientra nella logica dell’economia circolare, in cui si evita di distruggere per rifabbricare da zero e si tende a utilizzare il più a lungo possibile ciò di cui già si dispone. Tale comportamento crea circoli virtuosi di cui beneficia l’economia locale – risponde il professore svizzero –. Tornando alla mia automobile, per esempio, ho analizzato i costi sostenuti da quando l’ho comprata e ho scoperto che i due terzi delle spese complessive di mantenimento sono stati impiegati per la manodopera, non per i materiali. In questo modo, tra l’altro, ho finanziato l’economia del posto e non il lavoro umano a basso costo della Cina o del Bangladesh». Altra immagine efficace per raffigurare il senso dell’economia circolare è dato dai soldi. «Si pensi a una banconota che passa di mano in continuazione ogni giorno – racconta Stahel –. Ecco, nessuno pensa che un biglietto da 20 euro valga meno di 20 euro solo perché è stato utilizzato migliaia di volte. Lo stesso discorso può valere per tante altre cose: edifici, macchine, oggetti». Al di là delle buone pratiche – personali o collettive – per Stahel non si registrano ancora passi in avanti significativi affinché cominci un processo d’inversione tra i due modelli economici. «Oggi per misurare il successo dell’istruzione teniamo conto dei soldi spesi in questo comparto: dagli stipendi degli insegnanti ai libri di scuola acquistati dalle famiglie – spiega –, ma poi non conosciamo quale sia la qualità dei risultati in cultura e sapere a fronte di questi investimenti». A chi spetta il compito di modificare le regole del gioco? «Alla politica. L’industria non vuole cambiare, anche perché non le conviene, e i cittadini non ne hanno la possibilità. Dunque sono i governi a dover modificare l’organizzazione. A partire dalle imposte. Oggi la linea in vigore è quella di dare sovvenzioni a chi produce energia o materiali e tassare il lavoro, mentre dovrebbe avvenire il contrario. Nel mediolungo termine si otterrebbero benefici significativi». Secondo uno studio recente, effettuato su sette Paesi europei, spostando le tasse dal lavoro ai materiali e all’energia le emissioni di CO2 diminuirebbero in media del 70% a fronte di un aumento dell’occupazione del 4%. «Ribaltando il sistema di tassazione, i vantaggi a livello di sostenibilità verrebbero in automatico, anche senza leggi ad hoc di protezione ambientale». Un altro cambio di direzione necessario, poi, è di matrice culturale. «Bisogna passare dal dominio della vendita di una merce materiale a quello di erogazione di un servizio, eliminando il fattore moda e facendo prevalere l’utilità», è la ricetta di Stahel. «Se i colossi dell’automobile o della moda vendessero soltanto l’uso di una macchina o di una borsa al posto della loro proprietà si vedrebbero spalmare il profitto in un arco temporale più lungo rispetto ad adesso, dove c’è solo il momento della transazione al concessionario o al negozio – continua –. Non solo: le industrie dei vari comparti lavorerebbero per far sì che i prodotti durino il più a lungo possibile, senza sfornare nuovi modelli in continuazione al fine di creare tendenze e di vendere più merci». La rivoluzione, però, stenta a decollare. «Anche perché oggi sull’economia circolare è stato azionato il silenziatore. Il calzolaio, il falegname così come l’officina che ripara automobili sono esclusi dal grande circuito della pubblicità.

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Nella società mediatica, coloro che vendono il nuovo schiacciano chi si adopera per aggiustare l’esistente». Eppure, nonostante il modello economico non le consideri adeguatamente, queste realtà intente a tutelare l’integrità di ciò che già abbiamo continuano a resistere. Stahel, girando con la sua Toyota del ’69, riesce a vederle nitidamente nonostante siano avvolte nell’oscurità. COME UN LAGO “L’economia lineare è come un fiume di cui si vorrebbe sempre raddoppiare la portata. L’economia circolare, invece, è come un lago del quale curare la qualità e la quantità delle acque.” UNA RIFORMA FISCALE ECOLOGICA diminuisce le tasse sul lavoro e le aumenta su energia, materiali e emissioni. Diventa così più conveniente rendere disoccupati i chilowatt e le tonnellate, e non le persone. TEORIA ECONOMICA - ECONOMIA CIRCOLARE: IL VALORE NEL SERVIZIO, NON NELLA MERCE Il potenziale di sostituire l’energia con la manodopera. Con questo rapporto del 1976 alla Commissione europea, Walter Stahel, ora membro del Club di Roma e direttore del Product-life Institute a Ginevra, iniziava un’opera che in quarant’anni ne ha fatto un pioniere mondiale sia della teoria economica, sia della politica e dell’economia sostenibili. In sodalizio pluridecennale, l’architetto zurighese Walter Stahel e il politologo triestino Orio Giarini hanno riabilitato un paradigma antichissimo: il valore economico è dato dall’uso dei manufatti, non dalla loro compravendita. Più un manufatto è durevole, aggiornabile, riparabile, riusabile, più la manodopera serve a mantenerlo in funzione, invece che a distruggerlo e ricostruirlo. Quindi meno produzione, trasporti, energia, materiali, inquinamento. Disoccupati diventano i kilowatt e le tonnellate, non le persone. È 'l’economia del buon senso', o 'economia circolare'. Tra i libri più importanti: – Giarini O. Dialogue on Wealth and Welfare: An Alternative View of World Capital Formation, 1980. – Giarini O., Stahel W. The Limits to Certainty 1989/1992 (I limiti alla certezza 1993). – Stahel W. The Performance Economy, 2006/2010. Prof. Orio Giarini: http://cadmusjournal.org/user/5 Prof. Walter Stahel: The Product-Life Institute, Ginevra, www.product-life.org/en/contact (Mar. Mor.)

RIVISTE E LIBRI SULL'ECONOMIA CIRCOLARE Si moltiplicano articoli, riviste e libri sull’economia circolare. Il concetto è semplice: si tratta di prendere la linea retta sottesa all’attuale sistema economico, che preleva, trasforma, vende e butta, indifferente alle conseguenze (cambiamenti climatici, difficoltà di approvvigionamento delle materie prime, inquinamento e distruzione della biodiversità) e piegarla fino a trasformarla in un cerchio. I prodotti sono progettati per durare, essere ammodernati, decostruiti e recuperati facilmente, i rifiuti sono valorizzati e trasformati in risorse con cui prolungare di molto il ciclo di vita dei beni. Si deve a Edizioni Ambiente e ad Antonio Cianciullo il merito di proporre la collana 'Materia rinnovabile libri', il bimensile internazionale 'RM - Renewable Matter', e il libro Che cos’è l’economia circolare, di Emanuele Bompan con Ilaria Nicoletta Brambilla. Gli autori espongono la storia, i concetti e gli sviluppi recenti della economia, fornendo indicazioni pratiche per chi voglia metterla in pratica nella propria attività, generando ricchezza e nuova occupazione. http://www.renewablematter.eu (M.Mor.)

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LO 'SPAZZOGRILLO' E IL FATTORE DIECI PER CONSUMARE UN DECIMO DI NATURA Nel 1993 Stahel fu colpito dal racconto di uno spettacolo televisivo italiano. Beppe Grillo ritornava a Raiuno e spiegava a 13 milioni di spettatori 'l’economia del buon senso' con uno spazzolino da denti a testina cambiabile: «Quando è consumata, cambi solo la testina di un grammo, ma il manico di dieci grammi lo tieni». Dieci volte meno spazzolini, meno petrolio, meno inquinamenti. È una illustrazione del principio che portò nel 1992 un gruppo di pionieri mondiali della società ecologica, tra i quali Walter Stahel e Wolfgang Sachs, a fondare a Carnoules, in Provenza, il 'Factor 10 club'. Non solo lo spazzolino da denti, ma l’intera economia può essere riformata per darci sufficiente benessere, con almeno dieci volte meno consumo di natura. È per questo che Stahel ha concluso una recente conferenza in Italia spiegando la riforma dell’economia proprio con lo 'spazzogrillo' che aveva visto in televisione. A ulteriore vantaggio, lo spazzolino che Stahel ha mostrato è prodotto a Schönau, nella Foresta Nera, con elettricità generata da energie al 100% rinnovabili, fornita dalla cooperativa energetica EWS fondata dai cittadini di Schönau. (M.Mor.) https://www.youtube.com/watch?v=fLS3EWRv3SQ http://www.slideshare.net/morosini1952/ecogrillo-beppe-grillo-per-futuro-sostenibile-settembre-2016

FAIRPHONE, UN INNOVATIVO SMARTPHONE EQUO E LONGEVO Il Fairphone è il primo smartphone concepito per essere venduto il meno possibile e usato il più a lungo possibile. È progettato per essere riparato e aggiornato con parti sostituibili. Molti dei suoi metalli vengono da filiere garantite 'conflict free' (zone senza conflitti). La manodopera è impiegata nel rispetto dei diritti umani e civili, senza lavoro minorile. Si tratta del primo smartphone finanziato in 'crowd funding', una forma di finanziamento di massa da parte di migliaia di clienti che lo hanno pagato prima che fosse costruito. La ditta di Amsterdam Fairphone è una impresa sociale senza fini di lucro di ottanta giovani imprenditori pionieri, fondata da Bas van Abel, un manager sociale che aveva già diretto progetti ecologici e umanitari. «Fairphone è una missione, non uno smartphone» è stato detto. L’obiettivo è di influenzare l’industria elettronica mondiale, mostrando che è possibile realizzare prodotti di alta tecnologia rispettando alti standard ecologici e sociali. Per questi meriti, il 30 ottobre Bas van Abel riceverà dal presidente tedesco Joachim Gauck il prestigioso 'Deutschen Umweltpreis', già conferito tra gli altri a Michael Gorbatchev e a Klaus Töpfer, già direttore del Programma Onu per l’Ambiente, ex ministro tedesco dell’ambiente e 'padre' (già nel 1994) della Legge tedesca sull’economia circolare. https://www.fairphone.com (M.Mor.)