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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI “ALDO MORO” Dipartimento di Scienze Mediche di Base Corso di formazione su VALUTAZIONE NUTRIZIONALE E SALUTISTICA DI PRODOTTI AGROALIMENTARI Istituito nell’ambito del Progetto Strategico, cod. CIP_PS101 “Costituenti minori caratterizzanti e valore nutrizionale e salutistico degli oli extra vergini di oliva prodotti in Puglia” Lavoro di approfondimento conclusivo del formando Dott. Massimo Cassanelli Bari, 14 dicembre 2012

Massimo Cassanelli - Valutazione nutrizionale e salutistico di prodotti agroalimentari

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Tesina a cura del dott. Massimo Cassanelli - Corso di formazione "valore nutrizionale e salutistico di prodotti agroalimentari” - Università degli studi di Bari luglio 2012

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI “ALDO MORO”

Dipartimento di Scienze Mediche di Base

Corso di formazione su

VALUTAZIONE NUTRIZIONALE E SALUTISTICA

DI PRODOTTI AGROALIMENTARI

Istituito nell’ambito del Progetto Strategico, cod. CIP_PS101

“Costituenti minori caratterizzanti e valore nutrizionale e salutistico

degli oli extra vergini di oliva prodotti in Puglia”

Lavoro di approfondimento conclusivo del formando

Dott. Massimo Cassanelli

Bari, 14 dicembre 2012

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Introduzione

Nel corso della mia attività professionale di Responsabile Marketing e Qualità

presso il Frantoio Galantino, nota azienda olearia del territorio pugliese, ho

avuto modo di verificare personalmente quanto sia importante la conoscenza

del valore nutrizionale e salutistico dell’olio extra vergine di oliva nel

promuoverne il consumo presso popolazioni che non annoverano questo

prodotto tra gli alimenti appartenenti alla propria tradizione culinaria.

Nordeuropei, americani, asiatici stanno incrementando negli ultimi anni il loro

consumo di olio extra vergine di oliva principalmente a motivo delle

aspettative di un miglioramento del proprio stato di salute e con l’obiettivo di

prevenire l’insorgenza di malattie cardiovascolari. Anche le autorità sanitarie

europee e l’americana FDA hanno autorizzato a tal fine i confezionatori di olio

extra vergine di oliva a riportare in etichetta dei claim salutistici che

evidenzino in particolare l’effetto antiossidante del prodotto ed il ruolo nella

prevenzione dell’insorgenza di malattie cardiovascolari.

La mia partecipazione al corso in oggetto organizzato dall’Università degli

Studi di Bari, nonostante la mia formazione di base di natura prettamente

economica e manageriale, è stata motivata dall’interesse ad acquisire migliori

conoscenze su tali aspetti nutrizionali e salutistici da poter trasferire agli

utilizzatori del prodotto in Italia e, in particolare, all’estero, sfruttando i canali

di comunicazione aziendali già esistenti.

E’ evidente che a motivo della mia formazione di base l’apprendimento degli

aspetti medici e biochimici non può considerarsi esaustivo e ciò potrà notarsi

anche nel presente lavoro. Resta tuttavia la mia piena soddisfazione nel poter

meglio illustrare ai consumatori il valore nutrizionale e salutistico di un

prodotto che ricopre certamente un ruolo centrale non soltanto nell’economia,

ma anche nella salute e nella cultura, non solo gastronomica, della nostra

Puglia.

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La produzione dell’olio extra vergine di oliva

L’olio extra vergine di oliva è definito dalla normativa vigente nell’Unione

Europea come un “olio di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente

dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici” (Reg. CE

1019/2002, art. 3). Scopo del presente capitolo è quello di esaminare i

procedimenti meccanici attualmente utilizzati per la produzione dell’olio extra

vergine di oliva e la loro influenza sulle caratteristiche chimiche e

organolettiche del prodotto.

Coltivazione e raccolta

Per ottenere un olio extra vergine di oliva di qualità è di fondamentale

importanza utilizzare una materia prima di alta qualità. Essendo infatti le olive

l’unico ingrediente utilizzabile nel processo di produzione, nulla potrà essere

fatto per accrescerne la qualità ed eliminarne eventuali difetti. Da olive

difettose si otterrà certamente un olio difettoso; da olive perfette, se ben

lavorate, si potrà ottenere un extravergine di qualità.

E’ necessario dunque che le olive siano sane, non attaccate da parassiti

(tignola, mosca olearia ecc.). Inoltre, in presenza di climi poco piovosi, è

importante la presenza di un impianto irriguo nell’oliveto, onde evitare la

produzione di olive secche che conferirebbero all’extravergine un sapore

“legnoso”. Di fondamentale importanza anche l’operazione di potatura

annuale degli alberi e la concimazione con azoto, fosforo e potassio per

garantire alla pianta il necessario nutrimento.

La raccolta delle olive deve avvenire direttamente dalla pianta. Le olive

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raccolte da terra dopo il loro naturale distacco dall’albero, infatti, sono

generalmente sovramature e subiscono fenomeni di fermentazione ed

ossidazione che conferiscono all’olio i caratteristici difetti di muffa, terra,

avvinato-inacetito.

Escludendo dunque la raccolta da terra, è possibile utilizzare diversi metodi

per raccogliere le olive dalla pianta. Il più antico, ma anche il più costoso, è

quello della brucatura a mano, che evita qualunque danneggiamento delle

drupe e delle piante ma comporta elevatissimi costi di manodopera.

Il metodo più utilizzato per secoli è stato invece quello della bacchiatura, che

consiste nel percuotere i rami dell’albero con verghe o bastoni, causando

così il distacco delle drupe che cadono su reti appositamente disposte sotto

gli alberi per poi essere trasferire in cassoni o altri contenitori.

Attualmente invece le aziende più organizzate si avvalgono di moderni

scuotitori-vibratori, che velocizzano la raccolta riducendo così i costi di

manodopera. Solo negli oliveti superintensivi viene invece utilizzata una

macchina raccoglitrice “scavallatrice”, simile a quelle utilizzate nei vigneti.

Le olive devono essere raccolte nello stato di invaiatura, ossia quando il

colore della drupa sta virando dal verde al violaceo.

Trasporto e stoccaggio

Le olive appena raccolte devono essere immediatamente trasportate in

frantoio, in cassette o cassoni o in altri contenitori arieggiati che prevengano

fenomeni di fermentazione anaerobica. Assolutamente da evitare dunque il

trasporto in sacchi.

Al loro arrivo in frantoio le olive possono essere stoccate in cassoni, in

tramogge o direttamente su un pavimento pulito purché in cumuli non troppo

elevati. Il tempo di stoccaggio deve essere il più breve possibile, al fine di

preservare intatta la struttura cellulare dell’oliva e prevenire la presenza di

difetti organolettici nell’olio quali muffa, riscaldo, avvinato-inacetito. In

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presenza di olive sane il tempo di stoccaggio deve essere non superiore alle

24 ore; in presenza di olive molto mature o attaccate dalla mosca, non

superiore alle 12 ore.

Prima di essere avviate verso il frantoio, le olive vengono separate dalle

foglie attraverso una macchina defogliatrice.

Frangitura o Molitura

La prima fase del processo di produzione è quella della frangitura o molitura,

che ha l’obiettivo di frantumare le olive e di rompere i vacuoli nei quali è

contenuto l’olio. Si parla di molitura quando questa operazione è svolta con

l’utilizzo di macine in pietra o in granito; si parla di frangitura invece quando ci

si avvale di frangitori in acciaio.

La macina consente di ottenere oli dal sapore più delicato e armonico, con un

tenore più basso di polifenoli che conferiscono il caratteristico sapore amaro

e piccante. Il frangitore, invece, oltre a velocizzare l’operazione di frangitura,

aumenta l’estrazione dei polifenoli amari.

Gramolazione

L’operazione di gramolazione si svolge all’interno di una macchina

paragonabile ad una impastatrice che, attraverso il lento movimento di una

coclea, rende fluida la pasta di olive ottenuta dalla macina o dal frangitore,

preparandola così per la successiva fase di estrazione.

Durante la gramolazione infatti le goccioline di olio contenute nei vacuoli

tendono ad aggregarsi formando così delle gocce più grandi che più

facilmente potranno essere separate dall’acqua di vegetazione. Inoltre l’olio

entra in contatto con gli enzimi contenuti nella polpa dell’oliva al di fuori dei

vacuoli, formando così i composti aromatici che caratterizzeranno il sapore

ed il profumo di un extra vergine di oliva di qualità.

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Di cruciale importanza è la temperatura della pasta di olive durante il

processo di gramolazione. Temperature elevate consentono infatti di estrarre

una maggior quantità di olio, ottenendo così rese produttive più elevate, ma

impoveriscono il profilo olfattivo e gustativo dell’olio. Per questo la normativa

comunitaria vigente consenti di utilizzare l’indicazione di “estratto a freddo”,

“spremuto a freddo” o “prodotto a freddo” sull’etichetta dell’olio extra vergine

di oliva soltanto se la temperatura della pasta di olive durante tutto il processo

produttivo è stata sempre inferiore a 27 gradi centigradi.

Estrazione

L’estrazione dell’olio dalla pasta di olive gramolata avviene principalmente

attraverso due metodi, quello tradizionale o per pressione e quello continuo o

per centrifugazione, ai quali si aggiunge quello poco diffuso del

percolamento.

Il metodo tradizionale, utilizzato per secoli, prevede che la pasta di olive sia

distribuita su dei dischi filtranti fatti di corde o di nylon, detti fiscoli. I fiscoli

ricoperti di pasta di olive vengono poi sovrapposti fino a formare una torre

che viene poi sottoposta alla pressione di un torchio idraulico. La pressione

causa la fuoriuscita di una mistura di olio e acqua di vegetazione che si

raccoglie in un pozzetto sottostante per poi essere trasferita al separatore. Il

metodo tradizionale presenta numerosi inconvenienti di natura tecnica ed

economica: l’elevato costo di manodopera; l’ossidazione della pasta di olive

dovuta alla prolungata esposizione all’ossigeno presente nell’aria; le carenti

condizioni igieniche dovute alla difficoltà di rimuovere completamente dai

fiscoli i residui di pasta di olive; il contatto prolungato tra olio e acqua di

vegetazione.

Il metodo continuo invece si avvale di moderne centrifughe in acciaio inox

che, sfruttando le differenze di peso specifico, separano olio, acqua di

vegetazione e sansa, garantendo condizioni igieniche perfette e prevenendo

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fenomeni di fermentazione e ossidazione della pasta di olive. Il sistema è

inoltre del tutto automatizzato riducendo così anche il costo di manodopera.

Si tratta dunque del metodo più utilizzato nei moderni frantoi.

Un’ulteriore centrifuga chiamata separatore provvede infine, in entrambi i

casi, a separare l’olio extra vergine di oliva dall’acqua di vegetazione.

Conservazione e confezionamento

L’olio extra vergine di oliva viene normalmente conservato in cisterne

interrate o in silos in acciaio inox a temperatura costante. Le modalità di

conservazione sono molto importanti al fine di prevenire l’insorgenza di difetti

organolettici.

Dopo la produzione l’olio è in genere sottoposto a travasi che consentono di

separare i fondami o morchie contenenti enzimi, particelle solide e residui di

acqua di vegetazione. Se i travasi non vengono effettuati correttamente e nei

tempi giusti può generarsi il caratteristico e persistente difetto di morchia.

Durante la conservazione v’è anche il pericolo di irrancidimento dell’olio,

causato da fenomeni ossidativi dovuti alla presenza di ossigeno e favoriti

dalla luce e dal calore. Pertanto è opportuno che l’olio sia conservato a

temperature comprese tra 10 e 18 gradi centigradi, in assenza di luce, e che

le cisterne siano colmate con azoto.

Prima del confezionamento, che deve avvenire in bottiglie di vetro scuro,

lattine o ceramiche, l’olio extra vergine di oliva può essere sottoposto a

filtraggio onde prevenire la formazione di sedimenti e facilitarne la

conservazione.

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Esame organolettico dell’olio extra vergine di oliva

L’olio extra vergine di oliva per poter essere definito tale, oltre a rispettare una

serie di parametri chimici, deve essere sottoposto ad un esame organolettico

definito panel test che attesti la totale assenza di difetti e la presenza del

sapore fruttato.

Il panel test

L’esame organolettico deve essere svolto da un panel formato da

assaggiatori professionisti. Il numero dei componenti può variare da un

minimo di otto a un massimo di dodici persone. Il panel test viene effettuato in

apposite sale, nelle quali ciascun degustatore è isolato in una cabina dotata

di un riscaldatore elettrico e di un lavandino e compila individualmente una

scheda di valutazione organolettica conforme a quella riportata

nell’appendice A del Reg. CE 640/2008. E’ compito del capo panel

raccogliere poi tutte le schede ed elaborare statisticamente i dati, emettendo

così il documento finale di valutazione.

Esame visivo

Durante in panel test vengono utilizzati degli appositi bicchieri di colore blu o

marrone che impediscono di vedere il colore dell’olio. L’assaggiatore infatti

non deve essere influenzato dal colore. Soltanto durante la degustazione di

oli DOP il cui disciplinare preveda anche l’indicazione del colore si provvede

ad esaminare questo parametro.

Altri elementi che possono essere osservati visivamente, come la limpidezza,

la torbidità, la velatura, non hanno però alcuna rilevanza ai fini delle

valutazioni previste dalla normativa vigente.

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Esame olfattivo

Per poter effettuare correttamente l’esame olfattivo tutti gli oli devono essere

degustati alla stessa temperatura. Per questo ci si avvale di un riscaldatore

che porti l’olio, versato in un apposito bicchiere a forma di tulipano, ad una

temperatura di circa 28 gradi centigradi.

L’esame olfattivo mira innanzi tutto ad accertare l’assenza di difetti

organolettici, in quanto la presenza di anche un solo attributo negativo

comporta il declassamento dell’olio che non può più essere definito

extravergine. Tra i difetti più frequenti si segnalano:

- morchia

- muffa-umidità

- avvinato-inacetito

- metallico

- rancido

- legno

Sulla genesi di tali difetti organolettici ci si è già soffermati nel capitolo

relativo al processo di produzione dell’olio extra vergine di oliva.

Altri attributi negativi riscontrabili durante la degustazione sono: cotto,

grossolano, lubrificanti, acqua di vegetazione, salamoia, sparto o fiscolo,

cetriolo, legno umido. Le definizioni di tali difetti sono indicate nel Reg. CE

640/2008.

Tra gli attributi positivi invece il principale è il fruttato, definito come

l’insieme delle sensazioni olfattive caratteristiche dell’olio ottenuto da frutti

sani e freschi, verdi o maturi. Il fruttato si definisce verde se ricorda le olive

verdi, maturo se ricorda le olive mature. Affinché un olio sia extra vergine

la mediana del fruttato deve essere maggiore di zero. In altri termini, se un

olio non presenta l’attributo positivo di fruttato, non può essere definito

extra vergine.

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Altri attributi positivi, non indicati nel Reg. CE 640 ma caratterizzanti gli oli

di qualità, sono le sensazioni aromatiche che ricordano il carciofo, l’erba, i

fiori, la mandorla, la mela, il pinolo, il pomodoro e altri vegetali. Sono

sensazioni tipiche di oli ottenuti da olive sane, raccolte dalla pianta al

giusto grado di maturazione e lavorate a freddo entro poche ore.

L’intensità di percezione di ciascun attributo, positivo o negativo, è

riportata dall’assaggiatore apponendo un segno su un segmento della

lunghezza di dieci centimetri, non numerato. E’ compito del capo panel poi

tradurre in numeri decimali i segni apposti dai singoli degustatori sui

segmenti.

Esame gustativo

L’esame gustativo si effettua portando nel cavo orale una piccola quantità

di olio, senza deglutirla, ed inspirando poi aria a denti stretti (strippaggio),

prima in maniera più delicata e poi in maniera più vigorosa. Il

riscaldamento, l’ossigenazione e la roteazione dell’olio favoriscono

l’evaporazione dei composti volatili che, percepiti per via retronasale,

costituiranno il flavor caratteristico di ciascun olio.

Gli attributi negativi sono gli stessi già indicati per l’analisi olfattiva, ai quali

va però aggiunta la sensazione di terra.

I tre principali attributi positivi percepiti all’esame gustativo sono il fruttato,

l’amaro e il piccante. Queste ultime due sensazioni, insieme a quella di

pungenza percepita a livello della laringe, sono associate in particolare alla

presenza di oleuropeina e idrossitirosolo.

Il fruttato, a seconda della sua intensità, può essere definito leggero,

medio o intenso. Altri attributi positivi, non riportati sulla scheda definita

dalla normativa comunitaria, sono simili a quelli già indicati per l’analisi

olfattiva. A questi si aggiungono l’armonicità delle sensazioni, la

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persistenza retrolfattiva qualitativa e caratteristiche cinestetiche come la

fluidità.

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Composizione chimica dei costituenti minori

dell'olio extravergine di oliva

L'olio di oliva da un punto di vista chimico è costituito da due frazioni: una

macroscopica di circa il 98%, detta frazione saponificabile, ovvero costituita

da una miscela di trigliceridi; l'altra, il restante 2%, è costituita dalla frazione

cosiddetta insaponificabile, o dei costituenti minori. Questa terminologia è

dovuta al fatto che gli esteri (ovvero i triacilgliceroli) vanno incontro, durante i

normali procedimenti di analisi chimica, ad una reazione di saponificazione

(ovvero idrolisi catalizzata da basi forti, quali NaOH.

Negli ultimi anni si sta dedicando una sempre maggior attenzione ai

costituenti minori, che hanno degli effetti benefici sulla salute dell'organismo.

Tra questi è doveroso menzionare la riduzione dei fattori di rischio di

sviluppare malattie cardio-vascolari, la protezione dalle malattie neuro-

degenerative e oncologiche, la prevenzione dell’invecchiamento, gli effetti

antinfiammatori.

Queste molecole, peraltro, conferiscono all'olio talune caratteristiche

organolettiche (ad esempio la sensazione pungente in gola dovuta a

oleocantale e ligstroside).

Oltre ai più famosi polifenoli la frazione insaponificabile è ricca anche di

vitamine, tocoferoli, lignani, flavonoidi, otre a carotenoidi e clorofille che

conferiscono anche il tipico colore giallo-verde all'olio.

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L'estrazione da solvente organico

La procedura per l'isolamento della frazione insaponificabile si basa sul

principio dell'affinità di certe sostanze verso un determinato tipo di molecola,

secondo il principio “Similes cum similibus”. La caratteristica che ne

determina la più o meno marcata affinità reciproca è la polarità.

Per effettuare l'isolamento dei polifenoli si usa il n-esano, solvente

organico (completamente) apolare, sul campione di olio tal quale; il n-esano

estrae la frazione di grassi (apolari) mescolandosi intimamente ad essi e si

procede quindi a quella che va sotto il nome di contro-estrazione in miscela di

solvente a polarità intermedia. La separazione delle due fasi viene effettuata

ad occhio nudo e manualmente con l'ausilio di imbuti separatori. Come di

consueto la procedura di (contro)-estrazione viene esguita circa tre volte in

modo da ottenere l'estrazione della quasi totalità della frazione

insaponificabile (in fase idroalcolica) da quella in fase organica. Le frazioni

idroalcoliche vengono riunite e si procede quindi alla concentrazione del pool

di composti grazie all'ausilio di evaporatore rotante, il quale allontanerà il

solvente (la parte idroalcolica) grazie ad un sistema di vuoto blando alla T di

35°C.

La frazione così concentrata viene prima filtrata con filtro di carta (con

pori da 0,45 μm) con l'ausilio di un blando vuoto e quindi risospesa in mezzo

ml di una miscela CH3OH ed H2O, questa volta in ragione di 50/50 (v/v) e

conservata per le successive sperimentazioni.

All'interno della frazione idroalcolica è poi ancora possibile distinguere

una parte più polare (i cui composti saranno più ricchi di atomi di ossigeno e

di gruppi ossidirlici) ed una parte meno polare con composti a più alto peso

molecolare.

La struttura più semplice della frazione più polare è il tirosolo, il cui o-

idrossi-derivato è il più studiato idrossitirosolo. La parte meno polare della

frazione insaponificabile è caratterizzata invece da una presenza di esteri: gli

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esteri dell'acido elenolico possono essere glicosilati o meno. Quando questi

composti non sono legati a un anello di glucosio il nome del composto stesso

è seguito dal termine aglicone. Ancora è possibile distinguere altre due classi

di composti che sono i lignani e i flavonoidi.

Tutte queste sostanze presentano degli estesi sistemi π, che come di

consueto per questi sistemi sono degli anti-ossidanti, in quanto l'orbitale

molecolare π è in grado di sopperire alla mancanza di un solo elettrone

(ossidazione), sottratto dai radicali liberi (ossidanti). Questa proprietà di

protezione dall'ossidazione viene svolta sia sull'olio stesso, ed è questo il

motivo per cui un olio più ricco di queste sostanze resiste meglio

all'invecchiamento, sia nel nostro organismo.

In particolare l’olio extra vergine di oliva estratto da olive di varietà Coratina

presenta un altissimo contenuto di queste sostanze antiossidanti e dunque,

oltre ad avere una shelf-life decisamente più lunga di altri oli, può vantare un

elevato valore salutistico.

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Valore antiossidante dei costituenti minori e impatto sulla bioenergetica cellulare

I polifenoli, grazie alla loro struttura chimica, presentano una spiccata attività

inibitoria nei confronti dei fenomeni ossidativi, con effetti rilevanti nella

prevenzione di alcune importanti patologie legate alla presenza eccessiva di

“radicali liberi” e proossidanti non radicalici ed ai loro effetti degenerativi.

Le fonti delle specie reattive dell’ossigeno nell’organismo sono le reazioni

conseguenti alla catena respiratoria, alla fagocitosi, alla sintesi delle

prostaglandine, al sistema del citocromo P450, poiché in queste reazioni una

piccola parte dell’ossigeno sfugge alla normale utilizzazione portando così

alla formazione di composti instabili ed altamente reattivi (ROS). Le specie

reattive dell’ossigeno (ROS) sono responsabili delle reazioni da stress

ossidativo coinvolte in tutte le forme patologiche prima elencate.

I polifenoli agiscono principalmente donando radicali idrogeni a radicali

perossidi (ROO•) formatisi durante lo step iniziale dell’ossidazione lipidica e

successivamente formando un radicale stabile (R•) attraverso la reazione:

ROO• + RH →ROOH + R•

Lo studio dell’attività antiossidante dei composti fenolici dell’olio extravergine

di oliva ha messo in evidenza che l’idrossitirosolo e tutti i derivati dei

secoiridoidi che contengono questo composto nella loro struttura molecolare

posseggono un maggior potere antiossidante rispetto al tirosolo e ai

tocoferoli, proteggendo i trigliceridi dell’olio vergine di oliva dai fenomeni di

natura ossidativa.

Di conseguenza la qualità dell’olio extra vergine di oliva è strettamente legata

alla concentrazione totale di queste sostanze fenoliche in esso contenute; è

infatti dalla loro attività antiossidante che dipende la shelf-life del prodotto

finale.

Tirosolo e idrossitirosolo sono biodisponibili negli esseri umani e sono

assorbiti in maniera dose-dipendente.

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E’ noto che patologie intercorrenti, traumi, sostanze tossiche ecc, danno

luogo nell’uomo a stress ossidativi e alla produzione di sostanze ossidanti

con azione altamente aggressiva contro le principali macro e micro molecole

dell’organismo quali lipidi, glucidi, protidi e mitocondri, DNA. Il precoce

invecchiamento delle cellule che ne deriva, favorisce l’insorgere di varie

patologie gravi.

Gli studi focalizzati sulla valutazione della capacità antiossidante dei singoli

composti fenolici dell’olio extravergine di oliva hanno mostrano che l’

idrossitirosolo (HT) ha il più alto valore in termini di potere antiradicalico e il

valore più basso in termini del potenziale di ossidazione.

In virtù di questa sua caratteristica HT è considerato il composto polifenolico

dell’ olio extravergine di oliva di maggiore importanza per la salute umana,

prevenendo malattie legate alla presenza eccessiva di radicali liberi e

proossidanti non radicalici cellulari e mitocondriali ed ai loro effetti

degenerativi.

I meccanismi molecolari alla base dell’effetto benefico del HT non sono

ancora del tutto chiari. E’ stato dimostrato che la presenza di HT in colture

cellulari comporta la stimolazione della biogenesi mitocondriale.

I mitocondri contengono un alto livello di ossidanti, poiché la catena

respiratoria genera specie reattive. Il complesso I è un sito principale per la

produzione di radicali liberi dell'ossigeno, che può diventare molto elevata in

particolari condizioni fisiopatologiche. L’idrossitirosolo potrebbe abbassare

l’incidenza di malattie cardiovascolari, la maggior complicazione conseguente

al diabete, in quanto stimola la biogenesi mitocondriali e il conseguente

aumento delle funzioni mitocondriali e del sistema di difesa.

E’ stato inoltre dimostrato che la somministrazione di idrossitirosolo in colture

cellulari porta all’attivazione di NRF2 e conseguente attivazione di enzimi di

fase II disintossicante.

Ulteriori studi volti alla determinazione dell’effetto cardioprotettivo e sull’ anti-

invecchiamento da parte di diversi composti antiossidanti hanno rilevato che

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HT ha un effetto stimolante di proteine chiave per la longevità quali sirtuine

(SirT) e le proteine Forkhead box O (FoxOs).

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Il potere salutistico dell’olio extra vergine di oliva

Il rischio cardiovascolare è la possibilità di un individuo di sviluppare eventi

cardiovascolari (coronaropatie e/o stroke) in periodo di tempo definito e

deriva dalla combinazione dei singoli fattori di rischio. I fattori di rischio

cardiovascolare rappresentano tutte quelle condizioni che aumentano la

probabilità di presentare patologie del cuore e/o dei vasi (aterosclerosi):

iperglicemia, obesità, fumo, ipertensione, dislipidemia. La correzione dei

fattori di rischio cardiovascolare può rallentare la progressione della malattia

aterosclerotica e ridurre la mortalità per ictus e cardiopatia ischemica.

Il termine arterosclerosi designa un gruppo di patologie del sistema vascolare

caratterizzate dall’ispessimento e dalla perdita di elasticità della parete

arteriosa. L’aterosclerosi è di gran lunga la più comune ed importante forma

di arteriosclerosi. E’ la principale causa di morte e di invalidità nei Paesi

occidentali. E’ una patologia degenerativa delle arterie di grande e medio

calibro la cui lesione fondamentale, l’ateroma, consiste in una placca

fibrograssosa a livello dell’intima caratterizzata da un nucleo lipidico in cui si

ritrovano cellule e loro frammenti e di una sovrastante cappa fibrosa che può

ostruire parzialmente o totalmente il flusso sanguigno.

In attinenza con il principale fattore di rischio cardiovascolare,

l’ipercolesterolemia, il “primus movens” nella formazione dell’ateroma è la

“ritenzione” sottoendoteliale di lipoproteine a bassa densità (LDL), a livello

degli spazi endoteliali, tipicamente nei punti di diramazione e biforcazione

dell’albero arterioso (questo spiega la localizzazione dell’aterosclerosi in punti

selezionati dell’albero arterioso).

Il modello alimentare mediterraneo prevede: un elevato consumo di alimenti

di origine vegetale (frutta, verdura, legumi, noci e cereali integrali); olio extra-

vergine d’oliva come grasso di condimento (principale sorgente di acidi grassi

monoinsaturi della dieta mediterranea, sotto forma di acido oleico); un

frequente consumo di pesce (grassi omega 3); un moderato consumo di

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pollame, formaggi e uova; un basso consumo di carni rosse e processate,

zuccheri semplici; un moderato consumo di vino (ai pasti); un elevato

contenuto in antiossidanti, fibre alimentari, omega 3, acidi grassi

monoinsaturi; un basso contenuto in colesterolo e grassi saturi. L’apporto

calorico giornaliero deve derivare per il 60% dal consumo di carboidrati (da

preferire quelli complessi), per il 10-15% dal consumo di proteine (per la

maggior parte di origine vegetale) e per il 25-30% dai lipidi (MUFA, PUFA o

Polyunsaturated fatty acids).

La prima evidenza clinica a supporto del beneficio cardiovascolare della dieta

mediterranea è stata fornita dal Lyon Diet Heart Study. Un trial clinico in cui

furono reclutati soggetti che avevano già avuto un evento infartuale e che

erano divisi in due gruppo:

• una dieta “prudente” nota come American Heart Association Step I

• gruppo sperimentale (dieta mediterranea)

Dopo 27 mesi, si osservò una riduzione degli eventi coronarici e delle morti

cardiache del 70%. La riduzione superava di gran lunga quella ottenuta dopo

trattamento farmacologico con le statine.

L’olio d’oliva, infatti, aumenta i livelli di HDL (colesterolo “buono”) e riduce i

livelli delle LDL (colesterolo “cattivo”) e di VLDL (ricche di trigliceridi). Inoltre,

riduce l’ossidazione delle LDL e la loro trasformazione in LDL ossidate, che

causano l’aterosclerosi e l’infiammazione.

Oltre che attraverso il miglioramento del profilo lipidico del sangue, l’acido

oleico e gli antiossidanti polifenolici dell’olio d’oliva prevengono l’aterosclerosi

attraverso la riduzione dell’infiammazione della parete vascolare.

L’olio d’oliva riduce l’aggregazione delle piastrine e la produzione di molecole

che causano la trombosi arteriosa. Quindi aiuta a mantenere la fluidità del

sangue.

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Page 20: Massimo Cassanelli - Valutazione nutrizionale e salutistico di prodotti agroalimentari

INDICE

Introduzione 02

La produzione dell’olio extra vergine di oliva 03

Esame organolettico dell’olio extra vergine di oliva 08

Composizione chimica dei costituenti minori 11

Valore antiossidante dei costituenti minori 15

Il potere salutistico dell’olio extra vergine di oliva 18

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