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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus DAL 2014 DAL 2014 LUGLIO 2014 Anno I Numero 2 edizione gratuita /11 Fontanelle virtuali 3D Antonello Buccella ci presenta i suoi lavori di geomodellazione su GE per L’Aquila che fanno rivivere virtualmente la bella città abruzzese /12 Cogenerazione Connua il discorso sui vantaggi offer dalla cogenerazione e dalla trigenerazione toccando anche i principali parametri progeuali /18 Community Showcase Una galleria di immagini di quaro talentuosi modellis 3D che vivificano la nostra Community e G+...

CADZINE n° 2, luglio 2014, ANNO I

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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google PlusIl magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus

DAL 2014DAL 2014

LUGLIO 2014 Anno I Numero 2 edizione gratuita

/11 Fontanelle virtuali 3D

Antonello Buccella ci presenta i suoi lavori di geomodellazione su GE per L’Aquila che fanno rivivere

virtualmente la bella città abruzzese

/12 Cogenerazione

Continua il discorso sui vantaggi offerti dalla cogenerazione e dalla trigenerazione toccando anche i

principali parametri progettuali

/18 Community Showcase

Una galleria di immagini di quattro

talentuosi modellisti 3D che

vivificano la nostra Community e

G+...

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La Comm. per progettisti, disegnatori tecnici ed appassionati La prima Community italiana, della piattaforma Google Plus sul CAD e le sue applicazioni, per

data di fondazione e numero di iscritti

BIM

CAD

CAD MEP

FEM

Linguaggi CAD

Modellatori 3D

Modellatori organici

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Prog. edile

Altro software

Progettazione

Portfolios

A.N.T. Automotive

Stampa 3D

Concorsi

Curiosità

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IL VOLONTARIATO È L’U-

NICO LAVORO IL CUI STI-

PENDIO È FATTO DI EMO-

ZIONI, È LA DIMOSTRA-

ZIONE CHE IL DENARO

NON È L’UNICA MERCE DI

SCAMBIO MA UN ARTE-

FATTO CREATO DALL'ES-

SERE UMANO E ANTEPO-

STO A TUTTO, ANCHE AL

BENE COMUNE.

da www.pensieriparole.it

LA METTO IN CORNICE

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eventuali & varie

HOME PAGE

Direttore responsabile: Salvio Giglio Redazione: Nicola Amalfitano, Antonello Buccella, Marco Garava-glia

Segretaria di redazione: Nunzia Nullo Redazione bozze: Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo

La fatica che si è accumulata durante l'inverno comincia a farsi sentire e questa edizio-ne è stata meno ricca della precedente... La filosofia di questo numero è: "Vediamo come viene accolto e affinia-mo i bugs che saltano fuori!". L'accoglienza è stata decisa-mente buona ma di bugs ne

sono usciti a decine. :D La cosa più impegnativa è stata l'elaborazione di un modello con SketchUp per l'articolo sulle basi della pro-gettazione in cui si vede uno spaccato teorico di un cir-cuito di trigenerazione ad assorbimento. Motivo di ulteriore super lavoro è stata anche la pre-parazione dei promo gratuiti per gli amici della Comm. E

di G+ con lo scopo di fargli un pizzico di pubblicità e dare alla rivista un tocco più professionale. L’idea di crea-re degli account sui princi-pali Social, G+ in primis, di-venta sempre più consisten-te tanto che a fine mese è nata la pagina G+ “CADZINE.it” su cui rendere disponibile la rivista ed eventuali iniziative legate ad essa e alla Redazione.

Diario di bordo

geometra

[ge·ò·me·tra] sostantivo maschile e femminile professionista abilitato ad eseguire misurazioni di terreni, rilievi catastali o anche alla progettazione, direzione e vigilanza dei lavori di costruzione di edifici civili di piccole dimensioni.

rubriche corsi & tutorials PAG. 07 NEWS

PAG. 09 EDITORIALE di Marco Garavaglia “Va dove ti porta il cuore...”

PAG. 10 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTA-

ZIONE di Salvio Giglio “Tecnologie ecosostenibili ed innovative per la produzione di elettricità: cogenera-zione trigenerazione”. II PUNTATA

PAG. 16 COMMUNITY SHOWCASE

PAG. 18 DESIGNER’S STORY di Salvio Giglio “Giorgetto Giugiaro”

PAG. 23 INTERVISTA di Salvio Giglio “Gian Martin Corso”

PAG. 27 MATEMATICA di Marco Garavaglia “Impacchettamento di sfere”

PAG. 30 MUSICA di Nicola Amalfitano “Bach ed i numeri”

PAG. 35 NEW HARDWARE FOR CAD di Salvio Giglio “Principi di funzionamento delle stampanti 3D”. III PUNTATA

speciali PAG. 43 ARCHITETTURA E MODELLAZIONE 3D di Antonello Buccella “Fontanelle aquilane virtuali su Google Earth”

PAG. 44 TREND PROGETTUALI di Salvio Giglio “BIM, l’esempio di RhOME for denCity al Solar Decathlon 2014”

PAG. 52 UMORISMO

PAG. 53 GIOCHI

LOW BATTERY

PAG. 50 CORSO DI BASE PER SKETCHUP di Salvio Giglio “L’area di lavoro principa-le”. II PUNTATA

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eventuali & varie

HOME PAGE

Cos’è CADZINE è una rivista gratuita nata in

seno alla Community di “AutoCAD, Rhino & Sket-

chUp designer” per informare & formare disegnatori tecnici e

appassionati sul CAD ed i suoi “derivati”.

La pubblicità Le inserzioni pubblicitarie pre-

senti sono gratuite e sono create e pubblicate a discrezione della

redazione.

Per contattarci Vuoi segnalarci un argomento?

Vuoi suggerirci delle modifiche? Vuoi segnalarci degli errori?

Vuoi pubblicare un tuo articolo? Scrivi una mail a:

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CADZINE è solo uno dei progetti crossmediali in corso legati alla

nostra Community… Visita il nostro sito

cadzine.jimdo.com e, se ti garba, collabora con noi

mettendo a disposizione di tutti e gratuitamente le tue cono-scenze. Sarai il benvenuto!

Segretaria di redazione: Nunzia Nullo Redazione bozze: Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo

Impaginazione, pubblicità e progetto grafico: Salvio Giglio Editore: Calamèo (Hachette)

E’ consentita la riproduzione di testi, foto e grafici citando la fonte e inviandoci la copia. La pubblicazione è CopyLeft & Open Access ;-)

Pensandoci bene

La necessità di una progettualità diversa In un mondo in continuo cambiamento, il nostro Paese sembra saldamente ancorato alle “tradizioni”: quelle peggiori! Se le nostre menti migliori (architetti, ingegneri, professori e professionisti vari dell’area del design) non capiscono l’importanza di abbandonare i

vecchi schemi mentali, l’idea di essere sovrani incontrastati dei loro progetti, prime donne a tutti i costi, in cambio delle nuove tendenze progettuali che prediligono, inve-

ce, la piena partecipazione di tutti alla fase progettuale, l’Italia rischia di vedersi ta-gliata fuori dai grandi dibattiti culturali che animano i nostri giorni… e questo nono-stante la Biennale di Venezia e la vittoria al Solar Decathlon in Francia. La cosa più importante resta la necessità di insegnare la giusta innovazione almeno alle nuove

generazioni di progettisti che avranno la grana di far uscire il Paese dalla crisi.

geometra

[ge·ò·me·tra] sostantivo maschile e femminile professionista abilitato ad eseguire misurazioni di terreni, rilievi catastali o anche alla progettazione, direzione e vigilanza dei lavori di costruzione di edifici civili di piccole dimensioni.

corsi & tutorials

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NEWS gli ultimi post prima di andare in stampa

La eBIQE Concept è una bici-cletta elettrica pensata per gli utenti delle grandi aree metro-politane che trovano nelle due ruote un mezzo agevole ed economico per spostarsi. Il suo produttore è Qoros, un nuovo marchio automobilistico inter-nazionale che l’ha presentata all’84° Salone di Ginevra. In versione elettrica, sono dispo-nibili le tre modalità di marcia: Street, con punta massima di 25 km/h; Eco, per risparmiare energia; Power, che permette di toccare i 65 km/h. L'autono-mia varia dagli 80 ai 120 km in virtù della modalità seleziona-ta, e necessita di circa 80 mi-nuti di ricarica da una presa di corrente standard. Il motore elettrico eroga 60 Nm di coppia e permette di raggiungere da fermo i 25 km/h in 2 secondi e i 65 km/h in 8,5 secondi. S.G.

La Biennale di Venezia ha aperto i battenti il 7 giugno ed è alla XIV edizione. Alla sua guida, quest’anno, come direttore artistico c’è l’archi-tetto olandese Rem Koolhaas che da sempre si scaglia contro la mo-dernità senza modernizzazione nell’architettura che tende a creare delle opere vuote, piatte, senza un contenuto reale, figlie di un presun-to linguaggio universale del tutto privo di una propria identità. Forse è per questo che Koolhaas ha deciso di indicare ai curatori dei Padiglioni nazionali (passati da 55 a 65) un tema unico (per la prima volta nella storia della Biennale), "Absorbing Modernity: 1914-2014", e di offrire al visitatore un punto di vista diverso, partendo dai fondamentali dell’ar-chitettura (da qui il nome della mostra “Fundamentals”) e sezio-nando, nel tempo e nello spazio, le matrici fondamentali dell’architet-tura: pareti, soffitti, pavimenti, fine-stre, porte, balconi, facciate che saranno esposte in serie al Padiglio-ne centrale. Nella conferenza stam-pa di presentazione dell'esposizio-ne veneziana l’architetto olandese

argomenta così la sua scelta circa il tema sull’identità nazionale: “Sotto la pressione di guerre, regimi politici diversi, molteplici condizioni di sviluppo, movimenti architettonici nazionali e internazionali, talenti individuali, amicizie, traiettorie personali casuali e sviluppi tecnolo-gici, le architetture che un tempo erano specifiche e locali sono di-ventate intercambiabili e globali” ed aggiunge “l'identità nazionale dimo-stra ancora una grande forza, vitali-tà e resistenza e questa è la scoperta più interessante che ho fatto con questa ricerca”. Koolhaas enfatizza anche il rapporto strettissimo tra la politica e l'architettura “che non si potrebbe cogliere senza la dimen-sione nazionale”. Ecco quindi per-chè “la transizione verso ciò che sembra essere un linguaggio archi-tettonico universale è un processo più complesso di quanto solitamen-te viene riconosciuto poiché coin-volge incontri significativi tra cultu-re, invenzioni tecniche e modalità impercettibili di restare nazionali”. S.G

Su OpenOikos, lo storico sito del nostro amico Fabri-zio Pieri, continua la ricerca di software Open Source per il CAD da contrappor-re, giustamente, al monopolio delle software house d’oltre oceano. NanoCAD ha da pochi mesi un’in-terfaccia anche in italiano proprio grazie all’impegno di Fabrizio che ha chiamato a raccolta gli amici della sua Community WEB e da cui è partito il

lavoro di traduzio-ne. NanoCAD offre adesso tutte le funzionalità di costosi programmi a pagamento ed in più è costante-mente aggiornato e potenziato dalla vasta comunità di sviluppatori che contribuiscono a questo progetto FOSS. Per provarlo andate sul sito

www.openoikos.com

S.G.

Dal 4 luglio di quest’anno all’8 febbraio 2015 il Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto ospiterà la mostra “Álvaro Siza. Inside the human being” dedicata al cele-bre architetto portoghese. Nel 1992 Siza ha vinto il premio Pritzker, un importante ricono-scimento internazionale di architettura. Nel 2012 ha rice-vuto dalla Biennale di Venezia un Leone d’Oro alla carriera con la seguente motivazione: «...pare essere sempre davanti a tutti, apparentemente non toccato e non intimorito dalle sfide pratiche e intellettuali che pone a se stesso». S.G.

La mostra di Álva-ro Siza a Rovereto

Una bici dal design futuristico

Free ed in italiano: nanoCAD

Trimble presenta una bella ed utile novità: il suo scanner 3D TANGO dedicato al rilievo architettonico che stando alle premesse dovrebbe ora risultare estremamente sempli-ficato: infatti, basta avviare l'appli-cazione SketchUp Scan, che con-sente agli utenti di TANGO di otte-nere modelli di SketchUp creati automaticamente e riprodotti as-built, e poi cominciare a spaziare per l’ambiente da rilevare col dispo-sitivo di scansione acceso. TANGO sfrutta la tecnica dell’odometria ed ha una notevole profondità di cam-po visivo cosa che gli consente di catturare solo i punti più significati-vi di un vano.. Altro aspetto allettan-te offerto da TANGO è il rilievo attraverso le pareti denominato Through-the-Wall, integrando le capacità di monitoraggio spaziale di Tango e il supporto di mappatura con dati geospaziali taggati, modelli informativi di costruzione ("BIM") e altre fonti di dati del modello as-built che descrivono l'infrastruttura dell'edificio. S.G.

Scanner 3D per il ri-lievo Trimble TANGO

I fondamenti dell’architettura

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EDITORIALE

S perimento, proprio nella stesura del mio primo editoriale, un forte senso di responsabilità sia per-

ché si tratta, in sostanza, dell'anti-camera formale di un'intera rivi-sta, sia perché l'argomento di cui parlo, e di cui si abusa molto negli ultimi tempi, è di grande attualità: i giovani, il loro futuro e le loro aspettative! Nel precedente nume-ro del Magazine, scrissi un articolo sulle facoltà universitarie e, a chiosa di tutto quel malloppo di informazioni, diedi sibillino un consiglio agli studenti che si ap-prestano a decidere quale strada intraprendere nel loro futu-ro. Suggerì loro di non farsi guida-re da una logica opportunistica e, per così dire, "monetaria" ma di guardare più ai loro veri interessi, alla passione che li smuove e di basare le loro decisioni solo ed esclusivamente su questo. Recen-temente, su un settimanale italia-no di grande spessore, è appar-so un articolo intitolato più o me-no così: "Guida alle facoltà che ti faranno guadagnare di più". Leg-gendo il testo di quel bravo giorna-lista, che aveva raccolto tutte quel-le informazioni, mi ricordai imme-diatamente della rovente estate del 2003 quando la notizia princi-pale riguardava i blackout energe-tici dovuti al gran caldo.... all'epo-ca la parola "crisi economica" fa-ceva solo pensare ad un capitolo di storia del 1929! Era anche l'anno in cui stavo affrontando la prova di maturità scientifica ed ero total-mente immerso nei forma-li dépliant universitari. Bene, in quella occasione lessi un articolo dal tono e contenuto vagamente simile: "BOOM di 10.000 iscritti per

i test di ingresso al Politecnico di Milano". Il succo della questione era che lo studente interessato ad una facoltà scientifica preferiva, saggiamente, optare per una lau-rea in ingegneria, fonte di perpe-tuo lavoro e di guadagni stratosfe-rici. Col senno di poi, avrei, oggi, qualcosa da obiettare circa questa questione. A distanza di 11 anni, una pesantissima crisi finanziaria ha messo in ginocchio l'Europa e l'Italia che si sono ritrovate, di fat-to, sostanzialmente incapaci di reagire, con strumenti efficaci e duraturi, in un'ottica a lungo ter-mine! Gli stati dell'Eurozona non hanno saputo fare squadra per su-perare insieme le difficoltà, rele-gando alla Germania il titolo di "grande direttrice dei lavori" che aveva sì un'economia stabile e in crescita ma resa tale anche dai sacrifici degli "stati del sud". Han-no imposto pesanti vincoli struttu-rali e di bilancio che ancora oggi non danno i frutti sperati (e forse non ne daranno mai, considerata la situazione delle singole Nazio-ni). A questo punto, quelle che, die-ci e più anni or sono, erano consi-derate "lauree forti" hanno comin-ciato a vacillare sotto il peso di una situazione che definirei criti-ca. Il così detto "posto fisso" è di-ventato un oggetto vintage: piace fondamentalmente a tutti ma è troppo raro e troppo caro per po-terselo permettere. Non a caso, il famoso "BOOM del 2003" ha sfor-nato un gran numero di ingegneri e tecnici specializzati che l'indu-stria italiana non è più in grado di assorbire, stretta tra tasse cre-scenti e calo sistematico della do-manda. Il risultato? Giovani e non che lasciano il nostro Paese alla volta dell'estero, con la speranza che queste nazioni siano capaci di assorbirli e di sfruttare al meglio la loro potenzialità. C'è da domandar-si se questa sia effettivamente

l'ambizione di tutti o piuttosto una scelta puramente obbligata. In un sistema economico che tutti po-tremmo definire precario, ha sen-so chiedersi quale sia la facoltà universitaria che consente un in-serimento immediato nel mondo del lavoro e con alti guadagni eco-nomici? Ha senso basare il proprio futuro su una logica puramente pecuniaria? Lascio al lettore la ri-sposta a questo quesito e mi limito a rivolgere un appello ai giovani che stanno leggendo questo edito-riale: pianificate il vostro futuro sulla base delle vostre passioni e dei vostri veri interessi e lasciate in secondo, anzi terzo (ancora me-glio) piano tutte le speculazioni di economisti ed esperti del lavoro di turno. Non abbiate paura di sce-gliere facoltà come Filosofia o Sto-ria solo perché qualche "saccente" economista vi dice che esse non hanno sbocchi lavorativi; se senti-te che quella è la vostra strada, allora PERCORRETELA! Il futuro è incerto, aleatorio. La vostra passione no. Coltivarla sarà il modo migliore di fare strada nella vita e di essere veramente realizzati! Vorrei chiudere questo bre-ve editoriale, fortemente sentito ve lo assicuro, con un ringraziamento a Salvio Giglio, un amico carissimo e padre della community ARS (Autocad, Rhino e Scketchup designers) e di questa meravi-gliosa rivista, per tutto l'aiuto che mi ha fornito nell'avventurarmi su Google Plus, un Social che è anche straordinario stru-mento di divulgazione scientifica. CAD-ZINE è una costola della community ARS che accoglie professionisti e tecnici da tutto il mondo in un ambiente dina-mico, aperto a tutti e dall'elevato conte-nuto di competenze ed eccellenze... e questo Magazine non poteva che essere il suo Manifesto! I miei migliori auguri dunque a tutti noi che stiamo intrapren-dendo questa avventura che, sono certo, sarà longeva e piena di soddisfazioni e riconoscimenti.

di Marco Garavaglia

Va dove ti porta il cuore...

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

C redo che ogni progettista di esperienza si sia tro-vato, nell’arco della sua carriera professionale,

almeno una volta dinanzi ad un dilemma nell’elaborazione di un progetto: cimentarsi nell’applica-zione di nuove tecnologie, che pro-mettono 1000 vantaggi ma di cui si sa poco o nulla, o andare sul sicuro affidandosi a prodotti e soluzioni classiche di cui si conosce tutto? In quest’ultimo caso, è inutile dire che è tutto più semplice: si è con-fortati da una vasta casistica pree-sistente e da normative e prodotti che offrono soluzioni diversificate e specifiche, riducendo così il la-

voro di progettazione ad un ade-guamento di queste alle esigenze del committente. Le cose cambia-no radicalmente quando ci si trova innanzi a delle novità tecnologi-che di cui, nonostante la rete, si hanno poche notizie, semmai espresse in un’altra lingua, il cui studio da solo richiede un tempo troppo lungo per risultare allettan-te per qualunque progettista, spe-cialmente in tempi come questi in cui la velocità è tutto, altrimenti si scopre il fianco alla concorrenza. Oltretutto si deve trovare anche il tempo per istruire e convincere la committenza circa la validità di quella soluzione, dal momento che le sue aspettative riguardano, nel-la maggioranza dei casi, la sicu-rezza, l’efficienza, la frequenza di manutenzione ma soprattutto il costo e la durata. Come dargli torto

se noi stessi pretendiamo tutto ciò quando acquistiamo un qualunque prodotto? Sulle energie rinnovabili e sulle tecnologie energetiche in-novative la disinformazione regna sovrana, almeno sui media tradi-zionali, e il grande pubblico a sten-to conosce i pannelli solari e le turbine eoliche, figuriamoci la tri-generazione. Tutto ciò è in buona parte dovuto alla mancanza di un piano energetico nazionale serio che miri realmente a ridurre la dipendenza dell’Italia dai Paesi produttori di combustibili e a crea-re nell’utenza un concreto senso del risparmio per il bene comune. Proprio mentre scrivo questo arti-colo, un amico di G+, laureando in ingegneria alla Federico II di Na-poli, denuncia un vistoso spreco di risorse nella sua facoltà in cui si mantiene accesa l’aria condizio-

II puntata

di Salvio Gigl io

Tecnologie ecosostenibili ed innovative per la produ-zione di elettricità: cogenerazione e trigenerazione

Fig. 1, gli sprechi negli edifici pubblici: luci accese anche in piena notte alla facoltà di Lettere dell'Università La Sa-pienza di Roma

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

nata a palla in decine di aule vuo-te… Malauniversità? Probabilmen-te si ma non è questa la sede giu-sta per affrontare e risolvere que-ste pazzie che, tra l’altro, fornisco-no anche il beffardo alibi della mancanza di fondi a chi “amministra” e “gestisce” queste strutture! La trigenerazione mignon Riprendiamo il discorso sulla tri-generazione medio piccola, con motore primo endotermico di tipo automobilistico con alimentazione a gas, che offre una bella soluzione alle esigenze della committenza specialmente in campo alberghie-ro, ospedaliero, scolastico, residen-ziale e navale. Questa tecnologia, che può rendere le utenze autono-me e in alcuni casi addirittura for-nitrici di energia elettrica, in altri Paesi (USA, Giappone e Cina in primis) sta fornendo un contributo notevole nello sviluppo di una nuova tendenza progettuale per

l’impiantistica di grande scala, non solo elettrica, che vede di buon occhio una strutturazione della distribuzione dei servizi ba-sata su una griglia energetica fun-zionale a cui contribuiscono una serie di unità di produzioni locali, a prescindere dalla taglia, in grado di cedere energia elettrica e termi-ca a speciali centri di immagazzi-namento, in luogo delle vecchie centrali elettriche. Questo sistema è chiamato generazione diffusa o u–grids e garantisce sia un netto abbassamento del fabbisogno dei combustibili tradizionali, poiché integra anche fonti energetiche rinnovabili, sia una riduzione di emissioni nocive nell’atmosfera. Ecco perché i sistemi di trigenera-zione, opportunamente abbinati al solare, all’eolico e al geotermico, assumono un notevole interesse per determinate commesse. Nonostante queste bellissime pre-messe, tali tecnologie sono ancora una novità per il nostro Paese in

cui non hanno ancora conosciuto un pieno sviluppo normativo ed industrializzato, tant'è vero che non esistono attualmente sul mercato sistemi integrati di trige-nerazione. Per realizzare un im-pianto trigenerativo o trasformare un impianto tradizionale o uno cogenerativo in uno trigenerativo (perdonate il gioco di parole) è ne-cessario associare al gruppo elet-trogeno opportuni scambiatori e una pompa di calore ad assorbi-mento e bisogna farlo prestando la massima attenzione allo studio dell’abbinamento migliore (in ter-mini di temperature e portate) tra tutti i componenti dell’impianto. Ecco perché non basta un sempli-ce bilancio energetico per ottenere un progetto “ad hoc”: un accoppia-mento sbagliato tra gli apparati, infatti, causa un effetto domino sulle prestazioni energetiche glo-bali del sistema, sforando pesante-mente rispetto alle “promesse” progettuali in termini energetici

Fig. 2, bilancio energetico nei sistemi di cogenerazione e trigenerazione

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ed economici. Attualmente, men-tre aspettiamo una prima applica-zione della filosofia u-grids e un incentivo reale da parte della PA all’adozione delle green technolo-gies, ai progettisti conviene consi-gliare la committenza circa un sistema di trigenerazione solo in casi molto specifici e dopo una scrupolosa analisi preliminare. Ad esempio, vale la pena di conside-rare un sistema del genere quando ci si trova innanzi alla stesura di un elaborato per la climatizzazio-ne ex novo di un edificio ove è già installato un cogeneratore che, oltre alla produzione di energia elettrica, nel periodo invernale, ha anche la mansione di provvedere al riscaldamento dello stabile. In questo caso, nei mesi più caldi, il cogeneratore non produce anzi è necessario fermarlo o farlo funzio-nare dissipando il calore prodotto con uno spreco di energia termica e un danno ambientale non indif-ferente! Dopo un’attenta raccolta di dati sull’impianto si può quindi pensare ad un sistema bypassato che nei mesi estivi mandi le calo-rie del cogeneratore ad una pompa di calore ad assorbimento che impiegherebbe proficuamente

questo calore per produrre freddo. In definitiva, ciò che fa la differen-za tra cogenerazione e trigenera-zione è proprio la pompa e gli scambiatori di calore… Se la com-mittenza offre un budget adegua-to, ed è sinceramente convinta dalla bontà dei sistemi di trigene-razione, conviene orientarsi verso questo tipo di soluzione, in quanto i vantaggi economici ed ecologi sono enormi e il costo dell’impian-to si ammortizza nell’arco di poco tempo. Si consideri, ad esempio, una struttura alberghiera medio piccola come un agriturismo, a cui è annessa anche un’attività zoo-tecnica e agricola con la conse-guente produzione di biomasse, semmai ubicata in una zona rura-le che spesso è interessata da blackout elettrici… Un sistema stand alone di trigenerazione, ade-guatamente supportato da un si-stema di pannelli solari elettrici e per l’acqua calda, e da un sistema di sonde geotermiche, potrebbe non solo far risparmiare una bella cifra ai proprietari ma farli diven-tare, addirittura, fornitori di ener-gia elettrica per il gestore elettrico operante in zona! Lo stesso discor-so vale anche nel caso in cui si

interviene su impianti preesisten-ti in cui è già presente un gruppo elettrogeno tradizionale o un co-generatore; l’idea di integrare un sistema a pompa di calore, oppor-tunamente calcolato, o di sostitui-re il vecchio gruppo con un siste-ma di trigenerazione, sembra in ogni caso la scelta vincente. La trigenerazione diventa poi un must nella nautica da diporto di lusso e in campo navale civile, militare e commerciale, dal mo-mento che queste imbarcazioni hanno bisogno di tantissima elet-tricità, calore e freddo e hanno a bordo degli apparati motore che producono alte temperature. Uno yacht avrebbe un impatto ecologi-co nettamente inferiore e dei costi di gestione più contenuti con l’a-dozione di questo sistema rispetto ai vecchi, rumorosi e fumosi grup-pi elettrogeni! Un buon progetto dovrebbe anzitutto valutare in che modo è possibile sfruttare profi-cuamente le temperature prodotte dal motore primo durante il suo funzionamento per azionare il ge-neratore elettrico. Si consideri che un motore a scoppio, nel contesto di una progettazione del genere, offre tre diversi gradienti di tem-

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Fig. 3, schema funzionale semplificato di un impianto di cogenerazione

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peratura così suddivisibili: Bassa Temperatura, o BT,

(60/70°C) originata dall’olio lu-brificante;

Media Temperatura, o MT, (85/90°C) determinata dall’ac-qua di raffreddamento o inter-cooler;

Alta Temperatura, o AT, (180/200°C) generata dai gas di scarico.

Per usufruire di queste preziose risorse termiche si ricorre, anzi-tutto, a degli scambiatori di calore o Heat excanger in cui si genera lo scambio termico tra due fluidi. Gli schemi di Fig. 3 e Fig. 4 mostrano l’installazione ideale degli scam-biatori per intercettare tutti e tre gradienti di calore prodotti dal co-generatore di cui vi parlavo prima. Un secondo componente, esterno al sistema trigenerativo vero e proprio, è il bollitore per Acqua Calda Sanitaria (ACS) che, in luogo di una resistenza elettrica o di al-tre sorgenti a “consumo”, attraver-so una serpentina in cui passa il liquido termovettore, impiega il calore del fluido proveniente dagli scambiatori di calore. In alcuni casi, come nelle applicazioni na-vali, il tubo dei gas di scarico del

motore può essere anche convo-gliato ad un bollitore simile all’ACS che cede l’elevata tempe-ratura all’acqua da riscaldare at-traverso un fascio di tubi termi-nante in due camere di raccolta e percorso dai gas di scarico. Culmi-na l’impianto di trigenerazione la Pompa di Calore ad assorbimento, o PdC, preposta al raffreddamento dei locali. La particolarità del ciclo utilizzato nelle macchine ad as-sorbimento, come abbiamo visto nella scorsa puntata, consiste nell’ottimizzazione dello sfrutta-mento di energia termica, all’inter-no del ciclo stesso, grazie alla rea-zione d’assorbimento tra il refrige-rante e l’assorbente. Questa carat-teristica consente di ridurre il fab-bisogno energetico della macchi-na, riducendo i consumi di combu-stibile e rendendo l’efficienza di essa quasi indipendente dalla temperatura della fonte rinnovabi-le d’energia (aria, acqua o terreno). Le PdC GAHP (Gas Absorption Heat Pumps) sono direttamente derivate dal ciclo GAX (Gas Ab-sorption heat eXchanger). Queste macchine non necessitano della compressione, come nei classici condizionatori elettrici ispirati al

ciclo teorico di Carnot, poiché esso viene sostituito dalle fasi di gene-razione e assorbimento. Ricordere-te che la fase di generazione con-siste nella separazione, mediante evaporazione, dell’ammoniaca dall’acqua, attraverso l’apporto di una sorgente termica, ed è prece-duta da una serie di scambi termi-ci di pre-riscaldamento della solu-zione in ingresso nel generatore. Il fluido refrigerante, dopo la genera-zione, subisce prima una conden-sazione e poi un’evaporazione che termina con il suo assorbimento e un forte sviluppo di calore. Una reazione chimica esotermica, do-vuta alle caratteristiche chimico fisiche dei due composti utilizzati e dalle proprietà del processo che regola la loro miscela, realizza la fase d’assorbimento. Passiamo adesso a stabilire quali sono le “mosse” giuste che un progettista deve compiere per offrire al com-mittente una risposta adeguata-mente funzionale, efficiente e con-veniente: 1) Raccogliere i dati di tutta l’area interessata dal suo intervento, in termini di quadrature e volume-trie, attraverso una campagna di rilievo degli ambienti o mediante

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Fig. 4, schema funzionale semplificato di un impianto di trigenerazione

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

delle planimetrie già esistenti e aggiornate allo stato reale dello stabile. 2) Verificare, in condizioni reali di esercizio, la prestazione energeti-ca di eventuali impianti preesi-stenti, se si tratta di un loro ade-guamento o espansione. 3) Verificare se la zona di inter-vento offre valide sorgenti di energia rinnovabile (aria, acqua, terra) e se queste rappresentano realmente un valido apporto ener-getico all’impianto. 4) In base alle richieste della com-mittenza, scegliere i componenti necessari per l’allestimento ed elaborarne il dimensionamento e le membrature che costituiranno l’impianto stesso in base a poten-za, kW e portate. Il progettista, inoltre, deve preve-dere le condizioni estreme di eser-cizio senza sforare in inutili sovra-dimensionamenti o sottodimen-sionamenti: nel primo caso si veri-ficano, infatti, frequenti problemi

di marcia a regime ridottissimo e prestazione minima in condizio-ni di esigenze massime; il secondo caso manda in tilt i sistemi al pri-mo sovraccarico! Si ricordi sempre che la prestazione energetica, in termini di potenza massima, è indipendente dalle condizioni cli-matiche locali. Si parte dall’indi-viduazione della taglia più ade-guata per il cogeneratore, in fun-zione del fabbisogno di potenza termica necessaria per l’acqua cal-da sanitaria, per il riscaldamento e per la richiesta di potenza frigori-fera, in grado di ottimizzare il nu-mero di ore di funzionamento quo-tidiano, sia nella stagione inverna-le che nel periodo estivo, verifi-cando che gli ingombri siano com-patibili con gli spazi a disposizio-ne. Successivamente si vagliano le diverse configurazioni impianti-stiche (accoppiamento motore a combustione interna / assorbitore) e si richiedono i relativi preventivi di fornitura i cui dati dovrebbero

confluire in una tabella come quel-la riportata in Tab. 1. Dopo un’at-tenta analisi delle soluzioni com-merciali, si determina la struttura impiantistica più consona e capa-ce di garantire una corretta inte-grazione tra i componenti, per por-tata e temperatura, in grado di soddisfare le esigenze energetiche dell’intervento; dopo di che si arri-va alla scelta del motore e del gruppo frigo. Solo a questo punto, at-traverso, le schede tecniche del cogene-ratore e del gruppo frigo, è possibile stabi-lire un bilancio energetico abbastanza verosimile e che più si avvicini alle con-dizioni nominali di portata e temperatu-ra stabilite nel progetto di massima. Altro parametro progettuale estremamente significativo è l’ubicazione del gruppo di cogenerazione e dell’assorbitore, dal mo-mento che il rumore dell’impianto non deve assolutamente recare disturbo nel caso in cui esso alimenti strutture non industriali. Continua

Fig. 5, schema 3D sul principio di funzionamento di un apparato di trigenerazione medio grande. Nella torre di distillazione avviene il processo di trasformazione caldo/freddo per assorbimento che si basa sull’utilizzo del calore prodotto dal motore primo (e di altre eventuali fonti termiche) dallo scioglimento di un soluto in un solvente che, ciclicamente, è concentrato e diluito.

Tab. 1, raccolta dati macchina fondamentali per individuare il cogeneratore più adatto al progetto

Questo modello è disponibi-

le gratuitamente nella Gal-

leria Immagini 3D di Trimble

SketchUp al seguente link:

https://3dwarehouse.sketch

up.com/social/model.html?

id=uf699d3d3-950f-4f83-

9e2e-080393f6d9b4

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COMMUNITY SHOWCASE

Radu Macovei

[email protected]

NEG car

Google Plus profile

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COMMUNITY SHOWCASE

Fabrizio Cimò

[email protected]

Peter Peterle

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N ell’immaginario collet-tivo il nome di Giugiaro è associato a vetture da sogno ed oggetti pre-

ziosi che portano in giro per il mondo il nostro Made in Italy. In questa puntata ho voluto parlare di

un designer di automobili perché in Community ci sono molti giova-ni promettenti nell’automotive co-me Lorenzo Caddeo e Gontrand Nyung e, considerando che Giugia-ro ha cominciato a lavorare come designer a soli 17 anni in FIAT, mi sembrava il personaggio più con-sono per loro. Le realizzazioni di Giugiaro si sono sempre distinte per la pulizia formale, la morbidez-za del tratto senza rinunciare alla sportività e alla funzionalità. Gior-

gio Giugiaro nasce nell’operoso Piemonte a Garessio (CN) nell’ago-sto del 1938. Il nonno Luigi affre-scava chiese mentre il padre, Ma-rio, alternava le decorazioni sacre alla pittura ad olio. Giorgetto era cresciuto con le arti figurative an-che se al design industriale, come professione, ci giungerà per un incontro che, come vedremo, gli cambierà la vita! Ancora adole-scente, si trasferisce a Torino dove coltiva la sua passione per la crea-

zione grafica frequen-tando di giorno il liceo artistico, e di sera, un corso per disegno tecni-co. Questo periodo di formazione scolastica avrà un ruolo fonda-mentale nella sua vita che riuscirà a fondere con la sua innata creati-vità. A fare la fortuna di Giorgio, nel 1955, è una mostra scolastica di fine anno del Corso di Figu-rinistica con le "opere" degli allievi: infatti, le sue caricature di auto-mobili colpiscono Dante Giacosa, direttore tecni-co della FIAT. Giacosa va oltre la caricatura e vede il talento del giovane designer. A settembre 1955, Giugiaro entra alla

Fiat, all'Ufficio Studi Stilistici Vet-ture Speciali diretto da Fabio Luigi Rapi. Quattro anni dopo, decide di passare al Centro Stile Bertone co-me responsabile sotto lo sguardo benevolo di Nuccio Bertone che lo tratterà come un figlio, guidandolo e consigliandolo per quei sei in-tensissimi anni che vedono venire alla luce creazioni che oggi fanno parte della storia dell’automotive sportivo e di serie: Alfa Romeo 2000/2600 Sprint del 1960; Aston

Martin DB4 GT Jet, Maserati 5000 GT e la BMW 3200 CS del 1961; Fer-rari 250 GT e Iso Rivolta 300/340 GT del 1962; Chevrolet Corvair Te-studo e A.R. Giulia GT del 1963; A.R. Canguro del 1964; Fiat 850 spider e Mazda Luce 1500/1800 del 1965; il coupé Fiat Dino del 1967. Nel no-vembre 1965, Giugiaro entra alla Carrozzeria Ghia come direttore del Centro Stile e del Reparto Pro-totipi dove elabora la Maserati Ghibli e la De Tomaso Mangusta che sono presentate al Salone dell'Auto di Torino del 1966. Tra i prototipi oggetto di ricerca vanno ricordati: Fiat 850 Vanessa e Isuzu 117 coupé del 1966; Oldsmobile Tornado Thor e la Iso Rivolta Fidia del 1967. Il desiderio di indipen-denza spinge Giugiaro a fondare l’Italdesign nel 1968 anche se con-tinua da outsider la sua collabora-zione con Ghia. Italdesign sarà una società di servizi per l'industria automobilistica in cui Giugiaro farà confluire tutte le sue espe-rienze professionali. Oltre 200 mo-delli sono stati elaborati da questo particolare centro studi e succes-sivamente prodotti in serie mentre molti altri ancora sono stati realiz-zati, segretamente, per le principa-li case automobilistiche mondiali. Tra le vetture più significative: le Maserati Bora, Merak e Quattro-porte, le A.R. Alfasud, Alfetta GT/GTV, Alfasud Sprint e Lotus Esprit (1971-1976); le Hyundai Pony, Stel-lar, Pony Excel, Presto e Sonata, Audi 80 4000, BMW M1, De Lorean DMC 12, le Isuzu Piazza, Gemini- Spectrum e Gemini, Saab 9000 Turbo 16 (1974- 1988); le Seat Ibiza, prima e seconda serie, le Renault 21 e 19 (1984/1993); Malaga, Toledo, Cordoba e Cordoba coupé, Chrysler Eagle Premier, ZCZ Florida, Subaru SVX e Lexus GS 300 (1985-1995); le Daewoo Lanos 2 e 3 volumi, Legan-

DESIGNER’s STORY

Giorgetto Giugiaro

di Salvio Gigl io

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DESIGNER’s STORY

Oldsmobile Tornado Thor La FIAT 850 Vanessa

De Lorean DMC 12 Maserati Bora

Maserati 5000 GT Alfa Romeo 2000/2006 Sprint

A sinistra, un giovane Giugiaro a fianco del prototipo ligneo della Ferrari 250 GT; a destra, Nuccio bertone con la vettura finita

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2020

DESIGNER’s STORY

La Maserati Boomerang La Giugiaro Brivido

Alfetta GT/ GTV. Si noti il radiotelefono Lotus Espirit

Giugiaro col modello della Porsche Tapiro

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DESIGNER’s STORY

za (1997); Matiz e Daihatsu Move (1998); Magnus (2000); Kalos (2002); Lacetti e Mira (2003). Giu-giaro ha disegnato le vetture del nuovo corso Volkswagen degli an-ni '70: Passat (1973), Scirocco e Golf (1974). Nel 1974, Giugiaro crea una costola dell’Italdesign: Indu-strial Design Business Unit. Que-sto gruppo collabora con autorevo-li aziende internazionali nella rea-lizzazione di progetti destinati alla media e grande produzione per svariati settori industriali. Nel 1975, inizia la collaborazione col gruppo FIAT con cui crea una se-rie di modelli innovativi: la nuova gamma Lancia con Delta ("Auto dell'Anno 1980"), Prisma e Thema (1982/1984); Fiat Panda ("Compasso d'oro 1981"), Uno ("Auto dell'Anno 1984"), Croma (1985), Punto e Punto cabrio (1993). Ha inoltre disegnato Fiat Palio, Palio Weekend e Siena nel 2000, Maserati 4200 GT e Maserati Spy-der nel 2001. Tra i prototipi di ri-cerca avanzata per vetture sporti-ve meritano una citazione: Bizzar-rini Manta (1968); Volkswagen-Porsche Tapiro (1970); Maserati Boomerang (1972); Audi Karmann Asso di Picche (1973); Lotus Etna e Ford Maya (1984); Aztec (1988); il progetto Nazca (1991-1993); Lam-borghini Calà (1995); A.R. Scighera, Scighera GT, W12 Syncro e Road-ster (1997/1998); Aston Martin Twenty (2001). Come ipotesi inno-vative: Lancia Medusa (1980); Lan-cia Orca (1982); Marlin (1984); Old-smobile Incas e Machimoto (1986); Jaguar Kensington (1990) e Lexus Landau (1994). Biga (1992), Luccio-

la e Bugatti EB 112 (1993), le EB 118 (1998), 218 (1999) e 18/3 Chiron (2000): sono tutti prototipi ibridi a trazione elettrica. Giugiaro ha svi-luppato negli anni il tema space wagon con l'A.R. New York Taxi (1976), la Lancia Megagamma (1978), Capsula (1982), Together (1984), Asgard (1988), Columbus (1992) e Structura (1998). Nel 2002 al Salone dell'Auto di Ginevra, Giu-giaro e Italdesign hanno presenta-to l’Alfa Romeo Brera, una due po-sti più due per bambini, con car-rozzeria in fibra di carbonio e mu-nita di un potente motore anterio-re ad otto cilindri a V a 90° da oltre 4.000 cm3 e 400 CV. Quest’auto ha vinto nello stesso anno tantissimi premi tra cui il "Concept Car of the Year" e il "Best Exterior Concept" della rivista internazionale Auto-motive News. Nel 2003, Giugiaro e suo figlio Fabrizio, Styling Director della Italdesign Giugiaro, presen-tano un omaggio alla Chevrolet per i suoi cinquant’anni di attività con la Corvette Moray, un modello diventato un’icona della vettura sportiva americana. Nell’edizione del 2004, l’attenzione di Giugiaro cade sulla Alfa Romeo che conce-pisce di propria iniziativa la Vi-sconti: un'ammiraglia per Alfa Ro-meo. Il progetto era stato studiato anche per una messa in produzio-ne industriale. Nei primi anni '90, Italdesign diventa Gruppo Italde-sign Giugiaro la cui sede piemon-tese di Moncalieri (TO) occupa una superficie complessiva di 42.000 mq. Giugiaro conta oggi 1100 di-pendenti con uffici in Italia e all'e-stero.

Titoli accademici (lauree ad hono-rem) in Design dal Royal College of Art di Londra (1984); in Design dall'U-niversità di Rousse in Bulgaria (1996); in Architettura dalla II Uni-versità di Napoli (2002); in Archi-tettura dall’Università di Cordoba in Argentina; in Architettura dal College for Creative Studies di De-troit. Premi e riconoscimenti Compassi d’oro ADI: per la Panda (1981); alla carriera (1984); per il sistema dentario Eu-rodent di Isotron (1991); per il de-sign di Alfa Romeo Brera e segna-lazione per il Minimetrò di Copen-hagen sviluppato con Ansaldo Breda (1991). Silver Medal della Società Britan-nica di Artisti e Designer Indu-striali (1980); Volante d'oro alla carriera (1984) e per il design della Fiat Punto (1995); nominato Cava-liere del Lavoro dal Presidente del-la Repubblica C. Azeglio Ciampi (1999); eletto a Las Vegas Designer del Secolo da 120 giornalisti di tut-to il mondo (1999); nominato mem-bro istituzionale immortale nell’European Hall of Fame (2000); Premio Leonardo Qualità Italia (2001); vincitore dell’Automotive News Europe "Eurostar" a Franco-forte (2003); European Automotive Design Award alla carriera al Salo-ne dell'Automobile di Bruxelles (2004); Diploma di I Classe con Medaglia d'Oro ai Benemeriti della Cultura e dell'Arte (2004).

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INTERVISTA

Gian Martin Corso

C hi è Gian Martin Corso? Sono un libero pro-f e s s i o n i s t a (geometra) che ha

tentato, o meglio sta tentan-do, di "trasformare" il proprio lavoro in passione. Mi piace vedere cosa c’è dietro alle co-se, curiosare, trasformare, studiare, non fermarmi alla superficie ma andare a fon-do.... in sostanza adoro dise-gnare tecnicamente "a modo mio". E’ una forma di linguag-gio, di espressione, un per-corso sempre in costante evo-luzione, per la serie non si finisce mai d’imparare.

Da cosa nasce questo grande amo-re per la progettazione? Realizzi un sogno tuo? Sono cresciuto nello “studio” dei miei genitori, entrambi geometri, tra squadrette, righe, compassi, tecnigrafi, matite, colori, pennini con china, disegnatori di tutti i tipi (bravi e meno bravi, seppur sem-pre dignitosi) e chi più ne ha più ne metta. E’ naturale, allora, dire-ste.... eppur non scontata. Non so se davvero avessi voluto fare que-sto nella vita, non so se questo era il mio sogno, mi ci sono trovato dentro e cerco, nel mio piccolo, di farlo al meglio. A quanti anni hai cominciato a disegnare e progettare? A “disegnare” da sempre. Fin da piccolo mi è sempre piaciuto sca-rabocchiare “qua e la”. A

“progettare” da quando ho comin-ciato la scuola superiore per Geo-metri anche se ho sempre odiato i formalismi che imponeva: eri “costretto” a fare delle cose piutto-sto che essere “libero” di farne al-tre. A progettare, seriamente, da una ventina d’anni. Fino al 2000 sono fuggito dal CAD perché si diceva: "semplifica, fa tutto la macchina e i disegni sono final-mente tutti uniformi". Quando ho cominciato a capire che non era così e che il computer poteva es-sere, in realtà, la mia “tavolozza” allora mi ci sono buttato dentro. Purtroppo molti pensano ancora “fa tutto la macchina”. Quanto influenza il tuo lavoro la tua meravigliosa terra? La Sardegna è la mia terra, con i suoi paesaggi, i suoi colori, i suoi

La prima volta che vidi un suo lavoro, sinceramente, stavo quasi per richiamarlo perché pensavo si trattasse di una foto fatta

ad un dipinto… Era, invece, una modellazione sapientemente elaborata ottenuta con SketchUp e rifinita con Photoshop! Ne

rimasi affascinato. Ogni post di Gian Martin è sempre un successo... sia che si tratti di Facebook, di G+ o della Community,

al pubblico piacciono moltissimo i suoi lavori che vengono accolti con tantissimi consensi e commenti favorevoli. Persino la

Trimble, l’attuale proprietaria di SketchUp, ha messo un lavoro di Gian Martin sulla sua Home… e non capita proprio a tutti!

La sua Sardegna è il life motiv di progetti potentemente evocativi che trascendono i canoni e che sembrano quasi voler nar-

rare paesaggi secolari, tramonti mozzafiato e vicende umane appartenenti ad un Mediterraneo pieno di storia e tradizioni...

di Sa lvio Gig l io

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INTERVISTA

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INTERVISTA

profumi e le sue contraddizioni. Nel mio lavoro cerco di fare tra-sparire tutto questo, non mi piace limitarmi al “3D nudo e crudo”; mi piace creare delle ambientazioni e dei paesaggi che siano caldi ed accoglienti, così come li offre la mia terra. Mi piace pensare, infatti, che ciò che progetto, o disegno, sia accolto da essa in modo del tutto naturale e spontaneo. In questo modo sento di rispettarla: non tut-to alla fine è solo “una colata di cemento”. Se dovessi consigliare un ragazzo appassionato di CAD e desideroso di crescere professionalmente quale strada gli consiglieresti? Quella di non “uniformarsi” alla massa ma di trovare un proprio “stile”: costerà fatica (ed anche denaro), non sarà sicuramente fa-cile e non tutti ci riusciranno ma alla fine le soddisfazioni saranno tante. Un vero disegnatore CAD deve as-solutamente conoscere… a fondo i software che ha deciso di utilizzare per la sua professione, non deve improvvisare. Non deve conoscerli “tutti” ma quelli che utilizza certamente si e bene! E’ fondamentale fare una cernita (soprattutto sulla base della pro-pria esperienza piuttosto che quel-la altrui) e poi scegliere quelli più “attinenti” al proprio “carattere” e alla propria “formazione”.... e di questi sapere tutto! E quando dico tutto vuol dire “quasi tutto”! SketchUp e Gian Martin: un con-nubio perfetto…Quando hai comin-ciato ad usarlo? Quali sono i suoi punti di forza e cosa manca anco-ra? L’ho scoperto per caso. Ho comin-ciato ad usare questo software nel-la versione 6 Free (quella che ora si chiama Make), mi pare nel 2008. Dalla versione 7 ho acquistato la licenza Pro, così anche per la 8, la

2013 e la 2014 che è stata quella che mi ha “fatto conoscere” sulla Home page di Trimble SketchUp. Questo software è semplice ed in-tuitivo, dopo poche potrebbe usar-lo chiunque (o quasi). Fondamen-talmente penso che ciò sia dovuto al numero esiguo di comandi che consentono all'utente medio di apprenderli subito. A questa “esiguità” comunque sopperisce la moltitudine di “plugin” che ne fan-no uno strumento completo e all'altezza dei più blasonati soft-ware di modellazione tridimensio-nale (non faccio nomi per ragioni di opportunità). Io non sono uno di quelli che si “scandalizza” di fron-te ad improvvisi blackout dei soft-ware perché, con il mio flusso di lavoro, se ciò avviene, perdo pochi dati. Sicuramente, però, in Sket-chUp, sarebbe opportuna una maggiore stabilità rispetto a mo-delli complessi con tanti poligoni, così come un supporto per le ar-chitetture a 64 bit. Alla fine, sop-pesando le cose, i pregi sono tal-mente tanti da far ritenere i difetti assolutamente trascurabili. In questi mesi di Community chi si è guadagnato la tua ammirazione professionale? Sicuramente tutti quelli che hanno contribuito a farla crescere, pub-blicando news, suggerimenti, link a risorse nonché propri lavori. Grazie a tutto ciò è possibile con-frontarsi e apprendere cose nuove. Certo, ci sono quelli con i quali “virtualmente” ho legato di più ma sono problemi miei, vero Salvio? Operi nel settore edile in un mo-mento particolarmente difficile, secondo te siamo prossimi alla ripresa? E’ curioso osservare che rispetto ai periodi “ante-crisi” io, come molti colleghi del resto, ho la sensazione di lavorare molto ma molto di più. Il problema, frustrante, è quello di non venire retribuiti il giusto, a

volte dopo tempi di attesa este-nuanti, a volte per nulla. Il para-dosso è questo: lavorare tantissi-mo e non avere una soddisfazione economica sufficiente! E' terribile! Se poi a questo aggiungiamo lo "strozzinaggio" statale…la ripresa la vedo lontana. Cosa dovrebbero fare le istituzioni per sbloccare le attività professio-nali, imprenditoriali ed artigiane? Ho sempre pensato questo: se un profes-sionista ha un momento di crisi che fa?...beh s’inventa qualcosa per attirare i propri clienti, qualcosa per mettere in moto la propria economia, qualcosa di temporaneo ma “straordinario”, che “esce dall'ordinario”. Bene, i nostri “beneamati”, oltre alle solite bolle (balle) di sapone, l’unica cosa che sanno fare è stringere la cinghia della pressione fisca-le, farla diventare asfissiante. Creare op-portunità e limitare la burocrazia, questo sarebbe già un grande passo e se non lo sanno fare con la propria testa che pren-dano esempio da altri Paesi.... a volte co-piare non è reato. Un tuo pensiero (sincero) sulla nostra community. Cambieresti qualcosa? Confesso di essermi rivolto ai so-cial network molto tardi, circa due anni fa nel 2012. Solo recentemen-te ho apprezzato le capacità di “condivisione e apprendimento globale” che essi hanno. La possi-bilità di pubblicare un proprio la-voro e renderlo visibile a tutto il mondo in una frazione di secondo è qualcosa di straordinario, così come straordinari sono sia elogi che critiche (costruttive) che si ricevono. E' giusto e servono per imparare! La community è un pul-lulare di sapere e di conoscenza, frutti di profondi studi ma anche di sola esperienza; è stata per me una piacevole e, oramai irrinun-ciabile, scoperta. Cosa cambie-rei?... Sinceramente non lo so… :D

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MATEMATICA

Impacchettamento di sfere

L a scorsa settimana ho portato mio nipote di 5 anni a fare compere in un grande ipermercato di

Milano. Nell’attrezzata area bimbi avevano installato una grossa pi-scina contenente sfere di plastica colorate e, naturalmente, mio ni-pote non ha perso l’occasione di fare un paio di vasche in stile libe-ro. Mentre lo osservavo, mi sono chiesto quante palline potesse contenere quella psichedelica pi-scina e, se opportunamente riordi-nate, non fosse avanzato dello spazio per metterne ancora. Que-sto problema, a prima vista banale, in matematica prende il nome di impacchettamento di sfere e le sue applicazioni pratiche, come de-scriverò nell’ultima parte dell’arti-colo, sono numerosissime e tocca-no diversi ambiti della scienza, dalla chimica alla mineralogia, fino all’ingegneria industriale e di processo. Tornando alla vasca di palline colorate, vediamo di ana-lizzare il problema in maniera più rigorosa. Per prima cosa immagi-niamo di versare le sfere (tutte

della stessa dimensione) all’inter-no del volume, senza badare trop-po alla loro disposizione. Questo procedimento permette di riempi-re lo spazio vuoto in maniera del tutto casuale e non uniforme: le sfere si sistemano senza un ordine preciso e alcune regioni saranno più piene di altre. Una simile con-figurazione prende, con poca fan-tasia, il nome di impacchettamen-to irregolare (o casuale). Se, a que-sto punto, volessimo aggiungere altre sfere all’interno dello spazio, ossia volessimo aumentare la den-sità dell’impacchettamento, sa-remmo costretti a rimescolare le sfere agitando il contenitore oppu-re rimestando le palline manual-mente al fine di omogeneizzare il più possibile la loro distribuzione nel volume, ottenendo così altro spazio libero da riempire. E’ un po’ l’operazione che facciamo quando ad esempio riempiamo una zuc-cheriera: scuotiamo il contenitore per distribuire meglio lo zucchero di volta in volta. Adesso che abbia-mo un nuovo volume vuoto, ripe-tiamo l’operazione riempiendo casualmente la vasca con altre sfere ed eventualmente ripetendo l’operazione appena descritta. Ad un certo punto, però, la vasca sarà piena e qualunque rimestata non

sarà sufficiente per guadagnare nuovo volume da riempire. Abbia-mo dunque raggiunto una nuova configurazione chiamata impac-chettamento irregolare congestio-nato. Questa situazione, che a col-po d’occhio sembra eccellente per-ché riempie uniformemente tutto il volume, in realtà non lo è così tanto. E’ infatti possibile calcolare che per un siffatto impacchetta-mento la densità delle sfere è di poco inferiore al 64%. Nell’impac-chettamento irregolare, dunque, le sfere formano un reticolo (ovvero quella tela che si può idealmente tracciare congiungendo i centri delle sfere) con una conformazio-ne del tutto casuale, priva di sim-metrie e diversa ogni volta che viene realizzato un impacchetta-mento di questa tipologia, anche se si utilizzano le stesse sfere e il medesimo contenitore. Impacchettamenti regolari Ovviamente una densità di impac-chettamento del 64% non è poi co-sì elevata. Di spazio libero ce n’è ancora parecchio e quindi ci chie-diamo se, introducendo un ordine nella disposizione delle sfere, il volume disponibile possa aumen-tare, accogliendo nuove palline. Con pazienza quindi immaginia-

di Marco Garavaglia

Questo problema, a prima vista banale, in matematica prende il nome di IMPACCHETTAMENTO DI SFERE e le sue applica-

zioni pratiche, come descriverò nell’ultima parte dell’articolo, sono numerosissime e toccano diversi ambiti della scien-

za, dalla chimica, alla mineralogia, fino all’ingegneria industriale e di processo...

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MATEMATICA

mo di riempire il contenitore si-stemando sul fondo un primo stra-to di sfere. Giunti al piano succes-sivo, collochiamo un secondo stra-to nei punti lasciati vuoti dal piano inferiore e via dicendo. Se indi-chiamo con le lettere dell’alfabeto i vari piani, a seconda della posi-zione che le palle occupano su di esso, otteniamo una configurazio-ne del tipo: ABABAB… ecc. (vedi fig1). In essa i centri delle sfere corrispondono ai vertici di un triangolo equilatero e ogni sfera è sempre tangente ad altre 12 (ad eccezione delle periferiche). Chia-miamo questa sistemazione impacchettamento regolare esagonale . Aggiungendo un terzo piano di sfere, che occu-pano il vuoto lasciato dal pri-mo, otteniamo una nuova con-figurazione ordinata, schema-tizzabile con le lettere AB-CABCABC… ecc., chiamata im-pacchettamento regolare cu-bico . Calcolando la densità media, in entrambi i casi otte-niamo un valore di poco supe-riore allo 0,74 .

La congettura di Keplero A questo punto, viene da chiedersi arrivati se esistono delle nuove configurazioni che possano au-mentare la densità dell’impac-chettamento. Nel 1611, il matema-tico e astronomo Giovanni Keplero si pose lo stesso interrogativo ed arrivò ad affermare che non esiste un impacchettamento di sfere più denso di quello regolare, cubico ed esagonale, e che, conseguente-mente, la densità del 74% fosse la massima raggiungibile. Keplero però non arrivò mai ad una dimo-strazione ed il primo risultato par-ziale, ma significativo in tal senso, arrivò solo nel 1831 quando Gauss dimostrò che la congettura di Ke-plero è vera solo se le sfere sono sistemate secondo una griglia re-golare ovvero che qualunque con-figurazione di sfere, che fornisca un controesempio alla congettura di Keplero, deve essere necessa-riamente irregolare. La congettura rimane tuttora formalmente indi-mostrata anche se, nel 1998, il pro-fessor Thomas Hales dell’Univer-sità di Pittsburgh ha pubblicato

una dimostrazione per esaustione basata su sofisticati algoritmi di geometria computazionale e rite-nuta vera per il 99%. Il metodo di esaustione è un procedimento uti-le a calcolare aree di varie figure geometriche piane che consiste nella costruzione di una succes-sione di poligoni che convergono alla figura data. L'area della figura risulta essere quindi il limite delle aree dei poligoni. La rivista Annals of Mathematics, il più illustre e prestigioso magazine di matema-tica del panorama scientifico, con-tinua a pubblicare con regolarità parti della dimostrazione di Hales. Sta di fatto che a distanza di oltre 400 anni la congettura resta anco-ra un problema aperto. Impacchettamento di ipersfere Abbandoniamo ora il nostro caro e rassicurante spazio tridimensio-nale, per avventurarci negli iper-spazi di dimensione n (>3). Ovvia-mente non avremo più da impac-chettare sfere tridimensionali ma n-ipersfere in un ipervolume vuo-to. Dal punto di vista concettuale, i

Fig. 1, sistemi di impacchettamento delle sfere (da Wikipedia)

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MATEMATICA

Fig. 2, da sinistra: diamanti, un pezzo di grafite; una colonna di lavaggio (scrubber)

procedimenti seguiti finora non cambiano: possiamo scegliere di siste-mare le ipersfere in modo casuale nell’i-pervolume oppure di ordinarle secondo un reticolo regolare. Noteremo che fino alla dimensione 8 gli impacchettamenti regolari restano più densi degli irregolari (così come abbiamo visto in dimensione 3). Il problema sorge quando superiamo la nona dimensione perché è possibile provare che esiste, ad esempio in dimen-sione 10, un impacchettamento irregola-re più denso del più denso impacchetta-mento regolare conosciuto. In parole povere la situazione si ribalta: per iperspazi di grandi dimensioni (n>10) gli impacchettamenti più densi risultano essere (forse tutti) irregolari, aprendo le porte a nuove congetture. Applicazioni Le applicazioni pratiche riguar-danti gli impacchettamenti di sfe-

re (ovviamente in spazi tridimen-sionali) sono numerosissime. Si-curamente il campo scientifico che viene maggiormente coinvolto è la cristallochimica e la mineralo-gia in cui gli atomi che costituiscono un minerale o un cristallo sono come delle sfere impacchettate in una certa configu-razione. Le proprietà fisico-chimiche variano sensibilmente da configurazione a configurazione. Un classico esempio sta nella differenza tra diamante e grafite: gli atomi di carbonio che compongono entrambi i materiali nel primo caso sono disposti formando un reticolo tetraedrico; nel secondo, invece, sono impacchettati ordinatamente secondo piani paralleli formando un reticolo piano esago-nale. La differenza è lampante: du-rezza, trasparenza e pregio nel pri-mo caso… mina per matite nel se-condo (vedi fig. 2, A e B). Nell’indu-stria di processo, invece, i proble-

mi di impacchettamento riguarda-no la realizzazione di colonne di lavaggio (scrubber) ovvero quei dispositivi che servono a purifica-re una corrente gassosa da sostan-ze, solitamente polveri e microin-quinanti acidi, facendola circolare controcorrente ad un solvente. Poiché l’operazione richiede gran-di superfici di contatto, è necessa-rio riempire la colonna con del materiale inerte impaccato atto allo scopo, vedi Fig. 2. Al di là, quindi, delle aree gioco per bambi-ni le notevoli implicazioni prati-che dell’impacchettamento di sfe-re rendono questo campo della matematica sicuramente degno di ulteriori approfondimenti.

Fig. 3, altri sistemi di impacchettamento delle sfere

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MUSICA

N ell'antichità, fu Pitago-ra di Samo a sancire, per la prima volta, il legame tra matematica

e musica. Un giorno, trovandosi nell'officina di un fabbro, Pitagora, ascoltando i suoni consonanti e dissonanti prodotti dal battere dei martelli sulle incudini, intuì che proprio il suono era in stretto rap-porto con il peso dei singoli mar-telli: se uno dei martelli pesava il doppio dell'altro, si producevano suoni distanti un'ottava; se invece pesava una volta e mezza dell'al-tro, si producevano suoni distanti una quinta, esattamente l'interval-lo fra il do e il sol. Analogamente, facendo alcuni esperimenti con nervi di bue posti in tensione, con-statò che la stessa regola valeva anche per i suoni generati da stru-menti a corda, come la lira. Da que-

sta osservazione scientifica, Pita-gora formula le leggi dell'armonia, dimostrando appunto l'armonia determinata dal rapporto tra i nu-meri e le note musicali. Dopo la rivoluzione apportata nel Medioe-vo da Guido d'Arezzo, con i due trattati Micrologus de musica e Prologus in antiphonarium, la teo-ria musicale nel Rinascimento ve-de in Gioseffo Zarlino l'esponente di spicco. Tra il Seicento e il Sette-cento, numerosi sono i matematici che fanno della musica l'oggetto dei loro studi, in particolare Eulero e Cartesio. Gottfried Leibniz defini-sce la musica come la matematica dell'anima. J. S. Bach ed i numeri Johann Sebastian Bach è, proba-bilmente, l'esempio più eclatante del legame tra le due scienze. Gli studi sulla tecnica del contrap-punto e sull’opera di Bach hanno svelato gran parte dell’approccio matematico alla composizione. Nelle sue opere, come nella mate-

matica, possiamo trovare sezioni auree, teoremi, proporzioni e riferi-menti numerici specifici. Il nume-ro 3 ricorre nelle variazioni Goldberg; il 14, in particolare, fa riferimento al suo stesso nome (sommando le lettere), ad alcuni episodi della sua vita (nel 1747, Bach entra come 14° membro in un'associazione nata con l’intento di riportare la musica alla sua ori-gine pitagorica e di mostrarne i legami con la matematica; nel ce-lebre ritratto di Elias Gottlob Haussmann, Bach indossa una giacca con 14 bottoni) ed anche all'Arte della Fuga. In quest'opera infatti, escludendo i canoni, ci so-no 14 contrappunti (in particolare 14 sono le note che formano il sog-getto del Contrapunctus V e VIII) e l'ultima fuga, incompiuta, è appun-to la quattordicesima. L'Arte della Fuga, le Variazioni Goldberg, l’Of-ferta musicale offrono i più alti e significativi esempi di musica co-struita in base a principi di sim-metria aritmetica e geometrica,

di N ico la Amalf i tano

Bach ed i numeri

J. S. Bach in una stampa settecentesca

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MUSICA

Il Crab Canon di J. S. Bach.

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MUSICA

Johann Sebastian Bach in un ritratto del 1748 di Elias Gottlob Haussmann. (Wikipedia)

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MUSICA

alla cui base è il Canone, ovvero una composizione contrappunti-stica che unisce a una melodia una o più imitazioni che le si so-vrappongono progressivamente. Nelle Variazioni Goldberg, opera di alta complessità strutturale, dopo l'enunciazione del tema, si susse-guono ciclicamente 3 forme musi-cali: una danza, una toccata e un canone che, di volta in volta, ac-cresce l’intervallo di distanza delle voci. Le simmetrie, i canoni ordi-nati e i rimandi alla perfezione del numero 3 dimostrano lo stretto legame con la matematica nell’or-ganizzazione della struttura musi-cale. Nell'opera bachiana, i temi si trasformano, si invertono, si ribal-tano e, attraverso il linguaggio del-la geometria, è possibile descrive-re e apprezzare le cosiddette sim-

metrie musicali. Nel Canone esi-stono livelli molto complessi: un accrescimento avviene quando le “copie” del singolo tema sono ese-guite spostate nel tempo e nell’al-tezza (ad esempio, la prima voce esegue il tema iniziando in do, la seconda voce, sovrapposta alla prima, lo esegue iniziando in sol cioè quattro note più in alto; una terza voce si aggiunge alle prime due iniziando in re, quindi ancora altre quattro note più sopra, e così di seguito). Un ulteriore livello di complessità si raggiunge variando la velocità di esecuzione: se, per esempio, la seconda voce raddop-pia o dimezza la velocità rispetto alla prima voce, allora parliamo di diminuzione o di aumentazione perché il tema sembra restringersi o espandersi. Se rappresentiamo

una linea melodica su un piano cartesiano ponendo sull’asse delle ordinate i valori relativi alle altez-ze sonore e su quello delle ascisse la dimensione temporale, abbiamo l'immediata percezione della struttura simmetrica della melodia che, quindi, può essere eseguita a ritroso nel cosiddetto Canone in-verso.

Il Crab Canon su di un Möbius Strip.

Riferimenti

Nel video di YouTube: “J.S. Bach - Crab Canon on a Möbius Strip” https://youtu.be/UHQ2ybTejU l'ingegnere belga Jos Leys presenta l’enigmatico Canone I a 2 voci dell’Offerta musicale con il pentagram-ma organizzato secondo il Nastro di Möbius in esecuzione simultanea nei due percorsi.

A sinistra il video di YouTube “J.S. Bach - Crab Canon on a Möbius Strip” e il suo autore Jos Leys

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NEW HARDWARE FOR CAD

B envenuti alla terza pun-tata sul funzionamento delle stampanti 3D e, più specificatamente, nel

nostro caso sulla RepRap Mendel. In questo articolo, cercheremo di capire il funzionamento di una scheda controller su cui sono ap-plicati i driver per il pilotaggio dei motori passo- passo della Mendel: Arduino step shield. Mi rivolgo adesso a chi è quasi del tutto sprovvisto di nozioni di elettronica ed informatica cercando di spiega-re anzitutto il concetto di driver attraverso un esempio pratico. Im-maginate che una persona deve dare delle istruzioni di lavoro mol-

to complesse ad un operaio stra-niero abilissimo ma che non capi-sce assolutamente la lingua del cliente. A sua volta anche il cliente non conosce la lingua dell’operaio, sa solo che è specializzato in una determinata funzione a lui nota ma non ha altre informazioni spe-cifiche relative alla sua forza, velo-cità, ecc.! L’unica soluzione è quel-la di rivolgersi ad una terza perso-na che, conoscendo entrambe le lingue e l’operaio, riesce a fornirgli la sequenza d’istruzioni per ese-guire il lavoro. Il traduttore per far-si capire meglio indica all’operaio anche quale arto deve utilizzare attraverso un tabellone luminoso su cui sono riportate tutte le sue articolazioni! Questo è il funziona-mento di un driver rispetto ad un sistema operativo! Il sistema ope-rativo è il cliente che vuole fare

eseguire il lavoro a un determinato componente elettronico (il driver) che fa da operaio specializzato mentre il traduttore, in questo ca-so, si chiama interfaccia. Vorrei adesso chiarire un equivoco gene-rato dalla traduzione o, per meglio dire, dall’interpretazione del con-cetto della parola driver prove-niente dall’inglese tecnico. Driver ha come significato diverse acce-zioni: può significare pilotare e guida-

re quando lo troviamo come verbo;

è il chip addetto alla gestione di un determinato hardware (il lettore CD ad esempio);

è un file particolare che racco-glie una serie di istruzioni, spesso scritte in linguaggio macchina o assembly, che con-sente ad un sistema operativo

III Puntata

di Salvio Gigl io

Principi di funzionamento delle stampanti 3D

Fig. 1, la Step shield e uno dei motori passo - passo della Mendel

Semafori virtuali, ingressi, uscite, impulsi, rotazioni, accelerometri. Cerchiamo di capire co-

me funzionano un driver sia in termini generali sia nel contesto della nostra stampante 3D

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di pilotare un dispositivo hard-ware.

Non trovando un equivalente lin-guistico in italiano è stata lasciata la parola inglese originaria asso-ciata a significati diversi e questo crea sicuramente confusione ai neofiti… In questo articolo faremo in modo diverso, sostituiremo a driver delle parole più familiari che ci permetteranno di capire subito se si sta facendo riferimen-to al chip o al file d’istruzioni per azionarlo! Chiameremo il chip operatore e il file istruttore, l’inter-faccia traduttore mentre le “articolazioni” del nostro chip sa-ranno i registri. Che ne dite? Modalità di funzionamento Un istruttore permette al sistema operativo di utilizzare l'operatore senza sapere come esso funzioni ma dialogandoci attraverso un tra-duttore che si rivolge direttamente ai registri dell’operatore. Questa logica ha permesso, nel corso degli anni, di standardizzare la compo-nentistica elettronica permetten-

done così anche l'intercambiabili-tà. Ogni istruttore è un qualcosa di molto specifico sia dal punto di vista dell'hardware che pilota, sia da quello del sistema operativo per cui è scritto. Infatti, non è possibile utilizzare istruttori scritti per un determinato sistema operativo su uno differente, perché il traduttore è diverso. Nella maggioranza dei casi l’istruttore è scritto, ovvia-mente, dal produttore del disposi-tivo hardware. Se il progetto dell’o-peratore è di tipo Open Source e la licenza è aperta a tutti può accade-re anche che i driver siano scritti da terze parti sulla base della do-cumentazione tecnica rilasciata dal produttore. Nei sistemi embed-ded, come nel caso di Arduino, tut-to il software è un unico program-ma compilato e caricato in memo-ria e l’istruttore non è altro che una sua routine che si collega con l'hardware da pilotare. Come funziona un driver e la teo-ria dei semafori virtuali Ogni istruttore deve garantire ad

un solo processo per volta, e per tutta la sua durata, l'accesso esclusivo alla periferica operatore. Per far fronte ad un elevato nume-ro di processi, che potrebbero inte-ragire direttamente con la periferi-ca, può rendersi necessario intro-durre un istruttore virtualizzato: in questo modo ogni processo può agire sulla periferica in maniera indipendente. Questa procedura somiglia molto a quanto accade in qualunque strada cittadina percor-sa da veicoli e pedoni; in punti par-ticolarmente critici, come gli in-croci, vengono installati dei sema-fori per regolare il traffico ed evita-re incidenti. Analogamente, nell’e-lettronica digitale esistono delle procedure assimilabili agli stati che assume un semaforo che ven-gono, appunto, definite semafori virtuali. La teoria dei semafori vir-tuali fu elaborata dall’informatico olandese Edsger Wybe Dijkstra negli anni ’70 del secolo scorso ed è stata proficuamente applicata specialmente nei sistemi multita-sking (che compiono più operazio-

NEW HARDWARE FOR CAD

Qualche parola sui motori passo-passo

Il motore passo-passo, spesso chiamato anche step o stepper, appartiene alla famiglia dei motori elettrici sincroni alimentati in corren-te continua . Sono privi di spazzole e la loro peculiarità consiste nel suddividere la propria rotazione in un certo numero di passi (step). La posizione del motore può essere controllata accuratamente tramite opportune schede elettroniche. È considerato la scelta ideale per tutte quelle applicazioni che richiedono precisione nello spostamento angolare e nella velocità di rotazione: automazione, robotica, ecc. Sotto il profilo funzionale questi motori si differenziano dagli altri per la loro capacità di mantenere fermo l'albero in una posizione di equilibrio. Infatti, quando sono alimentati attraverso degli impulsi elettrici generati dalla scheda pilota la loro rotazione avviene a scatti e ad un certo punto l’albero si blocca in una ben precisa posizione angolare. Per ottenere una rotazione continua bisogna inviare al motore un treno di impulsi di corrente, secondo un'opportuna sequenza, in modo tale da far spostare, per scatti successivi, la posizione di equilibrio. È così possibile far ruotare l'albero nella posizione e alla velocità voluta semplicemente contando gli impulsi ed impostan-do la loro frequenza, visto che le posizioni di equilibrio dell'albero sono determinate meccanicamente con estrema precisione.

L'elettromagnete 1 (A) viene eccitato, attraendo il dente più vicino del rotore metallico. L'elettromagnete 1 è spento e viene eccita-to l'elettromagnete 2 (B) attirando il dente successivo leggermente verso destra. Viene spento l'elettromagnete 2 ed eccitato il 3 (C). Tocca ora all’elettromagnete 4 ad essere percorso dalla corrente in luogo del 3 (D). In questo esempio ogni avanzamento produ-ce una rotazione di 3.6°. Quando l'elettromagnete 1 sarà di nuovo eccitato, i denti del rocchetto dovranno ruotare nella posizione successiva; poiché vi sono 25 denti, occorrono 100 passi per realizzare una rotazione completa.

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Fig. 2, lo schema elettrico della Step shield

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Elenco Componenti: C1: 220 µF 25 VL elettrolitico U1 : CD4094 U2 : CD4094 U3: CD4094 U4: Driver motori (Pololu MD09B) U5: Driver motori (Pololu MD09B) U6: Driver motori (Pololu MD09B)

Varie: - Morsetto 2 poli (7 pz.) - Zoccolo 8+8 (3 pz.) - Strip maschio 3 poli (7 pz.) - Strip femmina 4 poli (4 pz.) - Strip maschio 6 poli (1 pz.) - Strip maschio 8 poli (2 pz.) - Strip maschio 10 poli (1 pz.) - Jumper (7 pz.) - Circuito stampato

Fig. 3, piano di montaggio della Step shield

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ni simultaneamente). Ad ogni pe-riferica è associato uno di questi semafori che dicono al sistema operativo se la periferica è libera o occupata da un determinato pro-cesso. Un tipo di semaforo molto utilizzato è quello binario che ha solo 2 stati, 0 ed 1, a cui sono asso-ciate le operazioni: wait (aspetta) nel caso di peri-

ferica occupata; signal (segnale) nel caso di pe-

riferica libera. Proprio come accade al semaforo di qualunque strada trafficata che, quando c’è il rosso, crea nel corso dei minuti una coda più o meno lunga di veicoli in attesa di ripar-tire, analogamente quando il se-maforo di una periferica è su wait si crea una coda di processi in at-tesa di essere smaltita. Nel caso di una stampante 3D, come la nostra Mendel, i suoi semafori dialogano col PC attraverso la MCU infor-mandolo sullo stato di tutti i suoi vari attuatori (i motori, il piatto termico, l’alimentazione del fila-mento di materiale termoplastico, ecc.). La scheda per il controllo dei motori della Mendel segue an-ch’essa la logica dei semafori; in-fatti nel codice del suo istruttore ci sono scritti i seguenti gruppi di istruzione: Procedura di acquisizione; Procedure d'uso;

Procedura di rilascio. Dopo aver acquisito l’uso esclusi-vo della periferica, il processo di stampa può applicare le procedure d'uso e, quando ha terminato, deve rilasciarla comunicando al siste-ma operativo che ha finito. Caratteristiche della step shield Shield per Arduino, UNO o Mega, permette di comandare tre mo-tori passo-passo bipolari da 2A. Il controllo di ciascuno di essi è affidato ad un driver “operatore” (MD09B) prodotto dal-la Pololu (un costruttore di com-ponentistica elettronica per l’au-tomazione e la robotica). Si può impostare ogni driver operatore in base all’accuratezza che vogliamo dare al nostro lavoro di stampa. Infatti possiamo stabilire sia il senso di rotazione (orario o antio-rario) che il numero di gradi che il rotore del motore deve compiere alla ricezione di ogni comando: da uno step alla volta fino a delle frazioni di esso (1/2, 1/4, 1/8 o 1/16). Il circuito Si tratta di un circuito, di dimen-sioni 86 x 56mm, composto di 4 ingressi analogici e 3 driver per motori passo-passo alimentato a 12V in corrente continua stabiliz-zata. Agli ingressi analogici (A0,

A1, A2, A3) possiamo collegare sia dei fine corsa per i motori che al-tri, di vario tipo, come gli accelero-metri. I 3 driver operatori per-mettono una gestione completa dei motori della Mendel suppor-tando un consumo massimo di 2A. I driver per motori, nello schema elettrico, sono contrassegnati dal-le sigle U4, U5 e U6 e sono chia-mati anche shift-register. Essi so-no componenti utilizzati nell'elet-tronica digitale e costituiti da una catena di celle di memoria ad 1 bit interconnesse tra loro (comunemente dei flip-flop): ad ogni impulso di clock essi consentono lo scorri-mento dei bit da una cella a quella immediatamente adiacente. Lo scorrimento può avvenire verso destra, verso sinistra o, in alcuni tipi detti bidirezionali, in entram-be le direzioni in base allo stato di una linea di controllo: a seconda se questa linea è a un livello di 0 logico oppure di 1 logico, i dati vanno in una direzione oppure nell'altra. Il comando del movi-mento (verso di rotazione, angola-zione dell’albero motore, frequen-za degli impulsi per la velocità del motore) può essere ottenuto in due modi: Gestione diretta in cui Arduino

gestisce direttamente l’opera-tore collegato al motore utiliz-zando due linee digitali dedi-

Edsger Wybe Dijkstra

N asce in Olanda a Rotterdam, l’11 maggio del 1930; suo padre,

che era un chimico, era stato il presidente della Società Chimica Olandese. Si laurea nel 1951 in Mate-matica e Fisica e nel 1956 in Fisica Teorica all'Uni-versità di Leida. Dal 1952 al

1962 Dijkstra lavora come programmatore scienti-fico presso il Mathematisch Centrum di Amster-dam. In quel periodo sviluppa il compilatore per il

linguaggio Algol 60 e l’algoritmo che porta il suo nome. Nel 1962, ottiene la Cattedra in Informatica presso l'Eindhoven University of Technology do-ve lavorerà sino al 1984. Nel 1972, vince il Premio Turing per i contributi fondamentali allo sviluppo dei linguaggi di programmazione. Dal 1982 diventa consulente informatico della Burroughs Corpora-tion. Nel 1984, gli affidano la prestigiosa cattedra Schlumberger Centennial Chair in Computer Sciences all'Università di Austin nel Texas ove lavorerà sino al 1999. Afflitto da una lunga malat-tia si spegne all’età di 72 anni nella sua Olanda a Nuenen il 6 agosto del 2002.

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cate costituite dai pin (asticelle metalliche che fuoriescono dal-la scheda) DIR e STEP del dri-ver Pololu. Questa modalità si ottiene spostando i jumpers (ponticelli di contatto tra due pin) verso il pin “Arduino” co-me in Fig. 4 A.

Gestione indiretta, in questo caso Arduino si rivolge ad un traduttore che utilizza i registri dell’operatore di cui vi parlavo in apertura. In questo caso i registri, ovvero gli shift-register, memorizzano le impo-stazioni che abbiamo program-mato, come il fattore di divisio-ne dell’angolo e/o la frequenza degli impulsi generati da Ar-

duino per la velocità, prima di avviare la fase di stampa. Per ottenere questo modo di lavoro dobbiamo spostare i jumpers verso la parte tratteggiata, co-me mostra la Fig. 4B.

Per default, le uscite 1A, 1B, 2A e 2B di Arduino forniscono gli im-pulsi per comandare lo sposta-mento del rotore del motore di uno step cioè di una rotazione. Il controllo delle frazioni di rotazio-ne avviene attraverso gli ingressi dello shield MS1, MS2, MS3 il cui settaggio segue la logica riportata nella tabella 1. Per mantenere inalterata la rotazione di uno step, cioè come per il default, bisogna lasciare i tre ingressi su L ( low

livello basso). E’ anche possibile determinare la sorgente di ali-mentazione per il funzionamento dei motori, scegliendo tra la sche-da Arduino a 12V (chiudendo il Jumper Vmot verso “INT”), o tra-mite il morsetto PWR (chiudendo il jumper Vmot verso la parte tratteggiata) che ammette una tensione massima di 35V. Continua

Tab. 1 , impostazione degli step compiuti dal motore rispetto agli impulsi di comando

Fig. 4, lo schema dei collegamenti della Step shield. Nei dettagli A e B il posizionamento dei jumpers, disegnati in rosso, per la gestione diretta e indiretta dei motori

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Q ueste sono solo alcune fontane del centro sto-rico dell’Aquila, mo-dellate tridimensio-

nalmente in SketchUp e tuttora visibili in Google Earth. Ho cer-cato di rappresentarle curando molto l’aspetto delle tessiture, dalle pietre ai riflessi dell’ac-qua, così come si presentavano prima del terremoto del 6 aprile 2009: realistiche, integre e zam-pillanti quasi a dare la sensa-zione di sentire lo scroscio dell’acqua e perché no dell’ani-mosità e del vociare degli abi-tanti, non più presenti da ormai cinque anni nel centro storico aquilano. Lo consideravo, e lo considero ancora, un buon au-spicio, un desiderio e un augu-rio che la mia città possa, pri-ma possibile, tornare ad essere abitata. I programmi da me uti-lizzati per le ricostruzioni volu-metriche e strutturali sono SketchUp ed Autocad; per il rivestimento delle textures, in-vece, mi sono aiutato molto con Photoshop: le tessiture sono molto importanti, essendo un pò l'anima dei modelli tridi-mensionali, sono il giusto vesti-to che consentono ai volumi di dialogare e comunicare con l'osservatore.

di A. Buccel la

Fontanelle aquilane virtuali su Google Earth

Far rivivere L’Aquila, almeno virtualmente, questo è l’intento di Antonello Buccella promotore di innumerevoli iniziati-ve tutte finalizzate al recupero di una città che rappresenta una pagina significativa di storia dell’architettura italiana.

1) Fontane gemelle in P.za Duomo; 2, 3, 4, Fontanella in P.za di Porta Bazzano (vari dettagli); 5) Fontanella in Piazza Duomo 6) Fontana 99 cannelle; 7) Fontana in Piazza S. Pietro di Coppito

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ARCHITETTURA E MODELLAZIONE 3D

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TREND PROGETTUALI

BIM, l’esempio di RhOME for denCity al Solar Decathlon 2014

C redo che la nascita e lo sviluppo dei modelli in scala ridotta di edifici, imbarcazioni, ecc. abbia

fatto lo stesso percorso della pro-gettazione “disegnata” dal mo-mento che insieme ad essa deve rispondere almeno a tre esigenze principali che sussistono ancora oggi ai giorni nostri: far verificare al progettista in

prima persona il proprio lavoro progettuale, per scoprire e cor-reggere eventuali difetti, prima di sottoporlo al committente;

presentare al committente qualcosa di tangibile e imme-

diatamente comprensibile, che oltrepassi i disegni e gli studi progettuali, in grado di colpire positivamente l’osservatore facendo-lo propendere per la realizzazio-ne;

spiegare i dettagli delle fasi co-struttive a chi ha il compito di realizzare materialmente il pro-getto.

Questa necessità di visualizzare in anteprima ciò che sarà costruito, attraverso una rappresentazione tridimensionale “solida” o “grafica”, ha favorito anche gli studi sulla geo-metria descrittiva e il relativo svi-luppo della prospettiva e delle vi-ste assonometriche, seguendo di pari passo le evoluzioni che il lin-guaggio tecnico grafico legato alla progettazione subiva nel corso dei secoli. Siamo così arrivati al CAD e

alle sue applicazioni che hanno risolto i problemi legati alla pro-gettazione tradizionale, tempi di stesura a parte: primo fra tutti quello di mettere in relazione tutti i dati costruttivi di un manufatto e stimarne poi costi, tempi di realiz-zazione, ecc. La BIM (Building In-formation Modeling, modellazione “informatizzata” di un edificio) è l’ultima applicazione del CAD nel campo progettuale e si può tran-quillamente tradurre in italiano con il concetto di progettazione integrata. Infatti, attraverso una dettagliatissima rappresentazione tridimensionale del fabbricato, essa permette la cooperazione tra i vari progettisti e costruttori parte-cipanti al lavoro, coinvolgendo anche la committenza, negli studi professionali e poi in cantiere, at-

Da sempre chi progetta ha sentito l’esigenza di riprodurre in miniatura quanto gli è stato commissionato per poter verificare, insieme a committenza e costruttori, il proprio progetto con un’anteprima del lavoro da eseguire… Nell’era digitale tutto questo si tramuta in un modello 3D informatizzato in grado di far confluire in esso lo sviluppo di tutte le progettazioni che concorrono, nel loro insieme, alla realizzazione di un manufatto architettonico, curando nel dettaglio costi, produzione, livelli di affidabilità delle prestazioni e im-patto ambientale. RhOME for denCity rappresenta un ottimo esempio di BIM applicata con successo da un Team giovane e vincente!

La casa ecologica RhOME for denCity presentata dal Team dell’Università Roma Tre durante la costruzione

di Sa lvio Gig l io

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TREND PROGETTUALI

traverso uno scambio continuo d’informazioni costruttive sullo sviluppo del progetto. Una proget-tazione basata su di un modello virtuale BIM va oltre la progetta-zione stessa poiché il modello vir-tuale può essere consultato, stu-diato e modificato anche per even-tuali fasi di adeguamento per nuo-ve esigenze normative o manuten-tive. Questo aspetto risulta parti-colarmente allettante anche per chi amministra complessi condo-miniali ed è tenuto ad aggiornare il Registro anagrafico manutentivo dello stabile in quei Comuni in cui esso è richiesto. Inoltre, questo approccio progettuale, che consi-dera l’edificio durante tutto il ciclo di vita, riduce notevolmente le per-dite di informazioni che si verifi-cano con la progettazione cartacea tradizionale. Infine, specialmente oggi che tanto si discute di soste-nibilità ambientale, la BIM sembra offrire una valida risposta a questa problematica perché permette di ottenere una dettagliata analisi dell’edificio e il suo impatto am-bientale in una visione assoluta-mente completa. Nella BIM, uno

stabile è equiparato ad un organi-smo vivente formato da una serie di sistemi interdipendenti di cui è possibile stimare: consumi e rese energetiche per il riscaldamento e la climatizzazione, condizioni di isolamento dello stabile rispetto alle variazioni termiche ambienta-li, rendimenti illuminotecnici e ottimizzazione delle reti elettriche, ottimizzazione dei sistemi di sicu-rezza rispetto ad incendi ed intru-sioni, ecc. La BIM ha anche un ro-vescio della medaglia poiché essa non rappresenta solo l’adozione di un pacchetto software ma una nuova filosofia progettuale in cui, in luogo dei progettisti stand-alone del passato, troviamo i team progettuali multi-purpose in grado di sviluppare progettazioni com-plete, sotto ogni profilo, di un edifi-cio: dalla struttura portante alla climatizzazione. Altra insidia per chi si sente un “conservatore della progettazione edile” consiste nell’im-piego di personale altamente qua-lificato, sia nel team di progetta-zione che nei vari settori operativi, impegnato nella realizzazione del fabbricato. Non può esistere in una

cantieristica BIM oriented l’ope-raio ignorante, il geometra accon-discendente, il progettista sempli-cione… Infatti l’applicazione di tec-nologie costruttive sempre nuove e la necessità di trasmettere tutte le notizie relative allo stato di avanzamento dei lavori, opportu-namente corredate di immagini, misurazioni e bozzetti fatti sul campo attraverso software ade-guati, richiede una formazione complessa in cui ognuno ha il suo ruolo specifico e si assume le pro-prie responsabilità. Ecco perché non è possibile improvvisare una progettazione BIM. Ai progettisti stessi è richiesta una certa espe-rienza e un notevole affiatamento. Per quanto ho potuto constatare in un anno di Community, ho visto post professionalmente validi rila-sciati solo da progettisti ed azien-de estere mentre da noi la BIM è solo l’impiego di un particolare tipo di software perché offre libre-rie di componenti parametrici e buone renderizzazioni.

Il work flow BIM di RhOME per il settore energetico da cui si evincono le analisi comparate di: radiazione solare, simulazione termica dinamica, illuminazione e fluidodinamica.

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TREND PROGETTUALI

Dall’alto, planimetria e planivolumetria del RhOME e le due foto dei fronti anteriore e posteriore della casa.

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TREND PROGETTUALI

Un case study vincente: il Progetto RhOME for denCity Un esempio concreto dei vantaggi offerti dalla progettazione integra-ta è apparso, il 27 giugno scorso, nel progetto RhOME for denCity, proposto dall’Università Roma Tre, nell’ambito della prestigiosa com-petizione internazionale Solar De-cathlon, l'Olimpiade dell'architet-tura sostenibile, dove ha vinto su-perando 10 prove molto difficili. La casa RhOME misura 65mq ed è stata costruita con legno certifica-to ed è trasportabile in treno. E' un concentrato di comfort che sfrutta la luce naturale e che punta al ri-sparmio energetico grazie al de-sign funzionale e minimal. La “città solare”, nel Parco della Reg-gia di Versailles, ha esposto oltre venti case ad alta efficienza ener-getica. Questo lavoro italiano ha adottato una struttura di progetta-zione e ingegnerizzazione BIM, ottenendo così un controllo com-pleto dei dati progettuali grazie al continuo feedback sulle presta-zioni e sull’impatto ambientale. Il team, capitanato da Chiara Tonelli, ha realizzato un modello BIM in modalità multiutente workset and remote tramite un adeguato server

BIM che ha accolto sino a 15 utenti al lavoro contemporaneamente durante le fasi di sviluppo. La BIM ha permesso la creazione di un team multidisciplinare, riuscendo ad integrare gli apporti di studenti, specialisti, ricercatori e aziende partner del progetto. Il modello BIM ha implementato le più recen-ti tecnologie di prefabbricazione avanzata in legno secondo il pro-tocollo BAM (Building Assembly Model). In esso appaiono tutti i risultati delle varie tipologie di analisi: strutturali, per la valutazione

antisismica; energetico dinamiche, sulla ra-

diazione solare; simulazione termica e fluidodi-

namica; calcolo dell’LCA (Life Cycle As-

sessment, il ciclo di vita dei materiali impiegati);

valutazione dell’impatto am-bientale in termini di Embodied Energy (Energia incorporata).

Il modello ha, inoltre, offerto una computazione metrica dettaglia-tissima di ogni componente co-struttivo, stimando tutti i possibili costi, da quelli di costruzione sino a quelli di trasporto, ed evitando

così pericolose sforature rispetto al budget. Infine, per valutare me-glio anche l’impatto architettonico dell’unità abitativa rispetto al con-testo circostante, il modello BIM è stato renderizzato per tutta la du-rata del lavoro, offrendo immagini e video fotorealistici delle diverse soluzioni vagliate. In un’intervista rilasciata in conferenza stampa la Tonelli ha dichiarato: “E' il risulta-to di questi mesi di lavoro intenso, la summa della passione e perse-veranza di tutta la squadra. Non abbiamo puntato a vincere le sin-gole prove, ma soprattutto ad assi-curare il reale funzionamento dell'abitazione, per farla diventare non un sogno ma una possibilità concreta: RhOME non nasce per rimanere su un foglio di carta, ma per costituire una vera alternativa in grado di far fronte alle sfide am-bientali ed energetiche. E' una ca-sa che risponde alla necessità di aumentare la densità urbana eli-minando sprechi energetici, brut-tezza, abusivismo, degrado e au-mentando la coesione sociale e la capacità di risposte collettive alla crisi. “.

Chiara Tonelli, la Team Leader del progetto RhOME for denCity

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L’area di lavoro principale

B envenuti al nostro se-condo appuntamento con SketchUp. In questo articolo vi parlerò della

finestra principale di SketchUp rassicurandovi subito circa il suo utilizzo. Infatti essa è stata conce-pita per essere immediatamente fruibile da qualunque utente abbia un minimo di dimestichezza col disegno tecnico. Facendo riferi-mento alla Fig. 1 distingueremo la barra del titolo (1): in essa compa-re, oltre ai classici comandi di si-stema (Riduci a icona, Ripristino in basso \ in alto e Chiudi), il nome del file attribuito dall’utente solo dopo il primo salvataggio. Subito sotto è collocata la barra dei menù (2) che è composta da nove ele-menti che permettono una mani-polazione completa del modello, la configurazione del programma, le varie modalità di visualizzazione, l’accesso a particolari strumenti o a plugins di cui vi parlerò detta-gliatamente in seguito. L’area di lavoro del programma è perime-trata, nella parte superiore e sul lato sinistro, da due fasce “magnetiche” (3) su cui è possibile agganciare, orizzontalmente e ver-ticalmente, le toolbars (barre degli strumenti); sulla parte inferiore è collocata la barra delle istruzioni (6) attraverso cui l’utente ottiene, guardandone l’estremità sinistra, le istruzioni d’uso per ogni stru-mento selezionato mentre, guar-dando all’altra estremità (7) ove è posizionata una casella di dialogo

denominata VCB (Value Control Box, Casella di controllo dimensio-ni), l’utente imposta o acquisisce misure di linee, il numero di lati di un poligono, il raggio di una cir-conferenza, ecc. Per default, in un nuovo file, il programma presenta l’area di lavoro con la vista in Pianta; il nome della vista viene riportato, come si può vedere al punto (4)„, in alto a sinistra e il centro dello schermo (5) indica l’origine della terna d’assi carte-siani ortogonali X, Y e Z, ciascuno dei quali è contraddistinto da un colore (X = rosso, Y = blu, Z = ver-de). Gli assi offrono, soprattutto agli utenti meno esperti, un riferi-mento costante durante la stesura del disegno. Tutti gli strumenti grafici del programma, come si potrà constatare in seguito, duran-te il loro utilizzo sfruttano, in mo-di diversi, i riferimenti cartesiani colorati, per informare l’utente cir-ca la direzione o il piano scelti: alcuni visualizzano una linea trat-teggiata che assume, in virtù dello spostamento effettuato, il colore dell’asse cartesiano di competen-za; altri impiegano colore e forma del puntatore per il medesimo sco-po. Devo fare assolutamente una precisazione: la finestra che vede-te in questa pagina, in termini di barre degli strumenti e loro dispo-sizione, è quella che nel corso di tanti anni di lavoro con questo programma mi ha semplificato tantissimo la vita! Personalmente ritengo che sia inutile appesantire l’area di lavoro di barre inutili o che non servono assolutamente per determinati tipi di lavoro. Mi dite cosa se ne fa un disegnatore meccanico industriale dei coman-

di “sabbiera” per la modellazione dei terreni? Anche se state svilup-pando un lavoro grafico per l’edili-zia e avete un super computer vi conviene sempre mantenere l’area di lavoro e le fasce magnetiche libere da inutili aggiunte. Per co-minciare a prendere confidenza col software fate così: andate nel menù Visualizza; scegliete l’item Barre degli strumenti ed aggiunge-te il segno di spunta ad una barra per volta per esplorare le funzio-nalità provando a pasticciare qual-cosa sullo schermo… Fatelo tran-quillamente e ricordate che questo è il modo migliore per imparare. Qualche parola circa i menù Posi-zione geografica e 3D Warehouse che riconoscono solo Internet Ex-plorer della Microsoft anche se l’utente ha per predefinito altro browser. Questa scelta “radicale” credo sia dovuta ad un voluto al-leggerimento del codice da parte del team di sviluppo di SketchUp che, altrimenti, avrebbe dovuto incorporare filtri per altri software di navigazione. In altre parole, se volete utilizzare queste funzioni direttamente da SketchUp dovete necessariamente installare e set-tare IE con tutti i rischi annessi e connessi! Continua

II puntata

di Salvio Gigl io

CORSO di BASE per SketchUp

Un tecnigrafo virtuale che ci consente di progettare, modellando direttamente in 3D, con risultati professionali. Imparare SketchUp è facilissimo e può tornarci utile anche per fare delle stampe 3D dei nostri modelli dal momento che è possibile salvare i file con l’estensione stl.

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CORSO di BASE per SketchUp

Fig. 1, l’area di lavoro di SketchUp

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UMORISMO

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GIOCHI

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