Non c'è crescita sensa ricerca ed innovazione

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Non c'è crescita sensa ricerca ed innovazione

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La mancanza di misurevolte a favorire la crescitaè tra le principali criticheche vengono rivolte allemanovre economiche re-centemente approvate dalgoverno. Infatti se è inelu-dibile la necessità di rag-giungere la parità di bilan-cio è altrettanto necessarioavviare politiche che favo-riscano la crescita del Pil alfine di raggiungere l’obiet-tivo di ricondurre il rappor-to deficit/Pil al di sotto del3 per cento entro il 2012.Vi è un dato preoccupanteda tener presente, il Pil ècresciuto del 40% negli an-ni 70 per arrivare ad unacrescita dell’1,2 per centonel periodo 2000-2009 ri-spetto al decennio prece-dente. Quando si analizza-no i fattori sui quali agire alfine di favorire lo svilup-po, il binomio ricerca e in-novazione assume un ruo-lo centrale, atteso che unadelle più rilevanti caratteri-stiche delle moderne socie-tà industriali è la capacitàdi trasferire le conoscenzederivate dalla ricerca scien-tifica al sistema produtti-vo, favorendo l’occupazio-ne , e quindi alla sfera eco-nomica. Nel momento incui si passa dalle afferma-zioni di principio ai fatticoncreti, in particolare nelnostro Paese, la situazioneassume una connotazioneben diversa. In termini di fi-nanziamento alla ricerca,l’Italia si colloca negli ulti-mi posti con un investimen-to pubblico che è pari allo0,56 per cento del Pil (me-dia europea 0,65 per centodel Pil) e con investimentiprivati che sono pari allo0,55 del Pil (media euro-pea 1,17 dello stesso) quin-di anch’essi molto bassi.In questo contesto gli Entipubblici di ricerca hannodimostrato una straordina-ria capacità di reperire ri-sorse sul mercato. Si pensi

al caso del Cnr, quarto nel-la classifica generale di tut-te le organizzazioni euro-pee nella” classifica” dellerisorse comunitarie reperi-te (il primo è il Cnrs france-se con un organico di circa30 mila addetti a fronte deicirca 8 mila dipendenti delCnr o dei circa 20 mila ad-detti dell’intero compartodegli Enti pubblici di ricer-ca). E’ di tutta evidenzache nonostante l’esiguo nu-mero degli addetti gli entidi ricerca risultano comun-que essere fortemente com-petitivi sul piano interna-zionale. D’altro canto dal-le iniziative legislative nonsono arrivate norme voltea valorizzare la ricerca: ènecessario l’avvio di unprogetto per la messa a si-stema della ricerca pubbli-ca e privata realizzando unpunto di coordinamentodelle politiche nazionali eregionali della ricerca.Invece, le decisioni assun-te negli ultimi anni hannopenalizzato le potenzialitàdel settore. La soppressio-ne di alcuni enti di ricercain primo luogo ha prodottola perdita e la dispersionedi professionalità con lacollazione delle stesse incontesti lavorativi impro-pri seppur nell’ambito delsettore pubblico.Di per sé questo ha costitui-to un danno, considerate lepotenzialità al servizio delPaese che ogni singolo ri-cercatore può offrire.La riduzione degli organi-

ci degli enti di ricerca è sta-ta a nostro avviso un’altrascelta infelice. La spesaper il personale grava suibilanci dei singoli enti enon costituisce un onere ag-giuntivo per lo Stato.I tagli indiscriminati dellepiante organiche hanno pe-nalizzato di fatto proprioquegli enti che avevano svi-luppato un’attenta politicadi reclutamento del perso-nale. In questo contestonon è più sostenibile il ritar-do, prodotto dai ministericompetenti, relativo all’au-torizzazione delle seppurpoche assunzioni previstedalla norma. Infatti, si è an-cora in attesa del decretoautorizzativo per le assun-zioni a valere sulle risorserese disponibili dai pensio-namenti degli anni 2009 e2010. Peraltro, a partiredal 2010, la situazione è an-cor più critica, consideratoche si potranno effettuareassunzioni utilizzando sol-tanto un quinto delle risor-se liberate dai pensiona-menti, ovviamente sempreprevia autorizzazione.Nessuno potrà meravigliar-si se le statistiche continue-ranno a confermare i datidella cosiddetta fuga deicervelli all’estero, quandoin questo Paese vengonomeno le prospettive per itanti giovani, per i tanti pre-cari che operano negli Epr:è preoccupante apprende-re che nell’anno 2009, ri-spetto al 2008, per la primavolta negli ultimi trent’an-

ni è diminuito il numerodelle pubblicazioni scienti-fiche. Il blocco dei contrat-ti di lavoro per i dipendentidegli Epr e di tutta la pub-blica amministrazione e lemisure assunte che ritarda-no l’erogazione del tratta-mento di fine rapporto dan-no poi l’idea di una sorta diaccanimento nei confrontidei dipendenti pubblici.In particolare gli Epr sonoancora in attesa che vengarispettato l’impegno assun-to dal parte del Governoche prevedeva la possibili-tà di utilizzare i risparmi digestione per premiare ilmerito, risorse che posso-no essere reperite all’inter-no dei bilanci dei singoliEnti di ricerca e quindi, loripetiamo, senza alcun one-re a carico dello Stato.In questo contesto, la possi-bilità della perdita dellespecificità contrattuale, serealizzata, sarebbe un ulte-riore danno per il settore eper le figure professionaliche in esso vi operano; ba-sti pensare che contratto na-zionale collettivo di lavorodella ricerca è l’unico am-bito nel quale viene defini-ta normativamente la figu-ra del ricercatore degli entipubblici. Si tratta di evita-re che un settore strategicoper il Paese, la ricerca,scompaia. Chiediamo quin-di con determinazione ri-sposte dal Governo, attra-verso l’avvio di un serioconfronto che porti ad unanuova e costruttiva politi-ca per la ricerca e rispetti evalorizzi le professionalitàche il sistema esprime.Per questo, la Fir ha dichia-rato lo stato di agitazionedel settore (che sarà soste-nuto da una serie di iniziati-ve all’interno dei singoliEnti) e parteciperà convin-ta, insieme alle altre catego-rie del Pubblico impiego,alla manifestazione del 12ottobre a Roma.

*Segr. gen. Fir Cisl

Tutti inumeridellacrisi

”Chiediamo risposte dal Governo. Serve unserio confronto che porti a una nuova politicache valorizzi le professionalità che il sistema

esprime. Per questo abbiamo dichiarato lostato di agitazione verso la manifestazione

del Pubblico impiego del 12 ottobre a Roma”

di Giuseppe De Biase *

Fuga di cervelli e crollo delle risorse. Il mon-do della ricerca italiana fa i conti con le sueprofonde contraddizioni. Ben 3.500 sono i ri-cercatori italiani che occupano posti di docen-za nelle unversità statunitensi mentre, nel2011, l’Italia dedicherà solo l’1,1 per centodel Pil alla ricerca e sviluppo. Un dato che ciumilia se si pensa a quanto investe Germania,Danimarca e Svezia ma che si accompagna an-che nel basso livello degli investimenti privatirispetto agli altri Paesi. Per la prima volta, in-vece, nella classifica di brevetti pubblicati,l’Italia è drammaticamente arretrata così co-me per quanto riguarda i titoli delle pubblica-zioni. ”Sul piano quantitativo le pubblicazioniitaliane hanno conosciuto un percorso di cre-scita dal 1980 (erano 9.721) al 2003 (sono di-ventate 39.728, quattro volte tanto). Nei cin-que anni successivi si è proceduto tra depres-sioni e fiammate fino al 2008: 52.496 articoliitaliani resi pubblici nel mondo, un record.L’anno dopo, il 2009, c’è stato il crollo: 12 mi-la pubblicazioni in meno, poco sopra quota 40mila, bruciata la crescita di cinque stagioni.

Asostegno della mobilitazio-ne sono state programmate le se-guenti iniziative in vista degliStati Generali del Pubblico Im-piego del 12 ottobre a Roma:

22 settembreAttivo nazionale quadri ENEA

27 settembreConsiglio Regionale Lazio

28 settembreAttivo nazionale quadriISPESL

29 settembreAttivo nazionale quadri CNR

5 ottobreAttivo nazionale quadri ISTAT

LaFirCislsimobilita

NON C’È CRESCITA SENZARICERCAEINNOVAZIONE

23 settembre 2011 8FOCUS

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