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POLITECNICO DI MILANO
Facoltà di ingegneria industriale e dell’informazione
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale
ANALISI TRAMITE SIMULAZIONE DEL SISTEMA KANBAN
IN UNA SUPPLY CHAIN MULTIPRODOTTO
Relatore: Prof. Alberto Portioli Staudacher
Tesi di Laurea di:
Monti Luca Matr. n. 820664
Pedraglio Paolo Matr. n. 820618
Anno Accademico 2015-2016
Indice
1. Introduzione ................................................................................................... 13
2. Abstract ..................................................................................................... 14
3. Analisi della letteratura e background teorico ............................................ 15
3.1 Supply chain management .................................................................... 15
3.1.1 Il modello GSCF ...................................................................... 18
3.1.2 Il modello SCOR ........................................................................... 26
3.2 Visibility…………………………………............................................... 30
3.2.1 Soluzioni organizzative................................................................. 32
3.2.2Tecnologie abilitanti......................................................................34
3.2.3 Effetto bullwhip…………………………………………………..…….36
3.2.4 Approfondimenti e modelli ………………………………….……..37
3.3 lean management ……………………………………………………..…….41
3.3.1 Le origini del lean managment ……………………………..…….42
3.3.2 I prencipi lean …………………………………………………..……...47
3.4 Il sistema kanban …………………………………………………………60
3.4.1 Le varianti del sistema kanban ……………………………………….62
3.4.2 Numero e dimensionamento dei kanban …………………..…....68
3.4.3 Approcci alternativi di PPC ………………………………………...…71
3.5 Lean supplì chain …………………………………………………………75
3.5.1 LSCM frame work …………………………………………………..…75
3.5.2 Strategie di supplì chain …………………………………………...78
4. La simulazione …………………………………………………………………...….82
4.1 Modellazione di una SC tramite il software Arena …………………91
5. Tesi e domande di ricerca ………………………………………………………93
6. Metodo di ricerca …………………………………………………………..……94
7. Modello di ricerca …………………………………………………………………95
7.1 Il modello multi prodotto …………………………………………………95
7.2 Varianti del modello …………………………………………………………..97
7.2.1 il lotto economico (EOQ) ……………………………………………….97
7.2.2 Il modello visibilità …………………………………………………………99
7.2.3 il modello kanban ……………………………………………………..100
7.3 Il modello monoprodotto di riferimento …………………………………103
7.4 descrizione dell’esperimento …………………………………………..106
8.Descrizione dei risultati ………………………………………………………….110
8.1 Il modello multi prodotto ………………………………………………..110
8.1.1 I livelli di inventory ………………………………………………..110
8.1.2 I trasporti …………………………………………………………119
8.1.3 Costo totale …………………….………………………………128
8.2 Confronto tra i modelli multi prodotto e monoprodotto ……………….136
8.2.1 Il modello EOQ ………………………………………………….137
8.2.2 Il modello visibilità…………………………………………………138
8.2.3 Il modello kanban ……………………………………………….140
8.2.4 Approfondomento sulla logica di visibilità ………………….148
8.2.5 Approfondimento sulla definizione del tempo di set up …….150
9. Conclusioni ……………………………………………………………………..158
10. Sviluppi futuri ……………………………………………………………………170
11. Bibliografia …………………………………………………………………….171
APPENDICE ………………………………………………………………………….182
Indice delle Figure
Figura 1: Integrare e gestire i processi di business lungo la supplì chain…..…19
Figura 2: I quattro livelli del modello SCOR……………………….......................... 28
Figura 3: Livello due del modello SCOR…………………………………….... ……29
Figura 4: La “lean house”………………………………………………………........53
Figura 5: Rappresentazione di un sistema kanban a due cartellini……………. 61
Figura 6: Framework concettuale…………………………………………………..77
Figura 7: Struttura della supply chain………………………………………………95
Grafico 1: Modello utilizzato………………………………………………………...191
Figura 9: Particolare, distributor………………………………………………….192
Figura 10: Particolare secondary manufacturer………………………………..193
Figura 11: Particolare, blocchi di gestione, Tabelliere………………………..194
Indice dei Grafici
Grafico 1: Distribuzione normale di un generico prodotto nel caso di CV=0.8. 106
Grafico 2: Andamento delle scorte al variare del livello di servizio…………….110
Grafico 3: Beneficio della logica lean rispetto a EOQ in termini assoluti……..111
Grafico 4: Benefici della logica lean rispetto a EOQ in termini percentuali…111
Grafico 5: Benefici della logica lean rispetto a VIS in termini assoluti……...112
Grafico 6: Benefici della logica lean rispetto a VIS in termini assoluti………112
Grafico 7: Benefici della logica lean rispetto a VIS in termini assoluti……….112
Grafico 8: Andamento delle scorte nella politica lean per i diversi CV al variare del
LS……………………………………………………………………………………...113
Grafico 9: Andamento delle scorte nella politica EOQ per i diversi CV al variare del
LS……………………………………………………………………………………...114
Grafico 10: Livelli di inventory al variare del coefficiente di variazione per bassi
LS……………………………………………………………………………………..115
Grafico 11: Livelli di inventory al variare del coefficiente di variazione per alti
LS……………………………………………………………………………………..115
Grafico 12: Beneficio della logica lean rispetto a eoq in termini assoluti al variare
di CV per bassi LS…………………………………………………………………..116
Grafico 13: Beneficio della logica lean rispetto a eoq in termini percentuali al
variare di CV per bassi LS………………………………………………………….116
Grafico 14: Beneficio della logica lean rispetto a eoq in termini assoluti al variare
di CV per alti LS ………….………………………………………………………..117
Grafico 15: Beneficio della logica lean rispetto a eoq in termini percentuali al
variare di CV per alti LS ………….……………………………………………….117
Grafico 16: Numero di trasporti totali al variare del livello di servizio………..119
Grafico 17: Numero di trasporti totali tra SM e distributor al variare del livello di
servizio………………………………………………………………………………..119
Grafico 18: Numero di trasporti totali tra PM e Sm al variare del livello di
servizio………………………………………………………………………………....120
Grafico 19: Numero di trasporti totali FTL al variare del
LS…………………………………………….………………………………………....120
Grafico 20: Numero di trasporti totali LTL al variare del
LS…………………………………………….………………………………………....121
Grafico 21: Beneficio in termine di numero di trasporti di EOQ agg rispetto a lean
al variare dell’LS………………………….………………………………………....123
Grafico 22: Beneficio di EOQ con trasporto aggregato rispetto a lean al variare del
cv per bassi LS………………………….……………………………………….......126
Grafico 23: Beneficio di EOQ con trasporto aggregato rispetto a lean al variare del
cv per alti LS…………………..………….………………………………………....126
Grafico 24: Andamento del costo totale all’aumentare del livello di
servizio…………….………………………….………………………………………....128
Grafico 25: Beneficio di lean rispetto a EOQagg al variare dl livello di servizio129
Grafico 26: Beneficio percentuale di lean rispetto a EOQ agg al variare di
p(politica di costo dei trasporti in funzione del costo unitario dei pezzi………131
Grafico 27: Curve di break even del beneficio tra lean e EOQ agg al variare del
livello di servizio………………………………………………………………….…131
Grafico 28: Beneficio percentuale di lean rispetto a EOQ agg al variare di
p(politica di costo logistico in funzione del numero di
trasporti…….…..………………………………………………………………….…132
Grafico 29: Beneficio assoluto in termini di costo della lean rispetto a EOQ agg al
variare del cv per bassi LS(politica di costo dei trasporti in funzione del costo
unitario dei pezzi ………………………………………………………………….…133
Grafico 30: Beneficio assoluto in termini di costo della lean rispetto a EOQ agg al
variare del cv per alti LS(politica di costo dei trasporti in funzione del costo unitario
dei pezzi ……….………………………………………………………………….…133
Grafico 31: Beneficio assoluto in termini di costo della lean rispetto a EOQ agg al
variare del cv per bassi LS(politica di costo logistico in funzione del numero di
trasporti……………………………………………………………………………….…134
Grafico 32: Beneficio assoluto in termini di costo della lean rispetto a EOQ agg al
variare del cv per alti LS(politica di costo logistico in funzione del numero di
trasporti……………………………………………………………………………….…134
Grafico 33: Andamento delle scorte di EOQ all’aumentare di LS nel caso mono e
multi……………………………………………………………………………….…136
Grafico 34: Andamento delle scorte di VIS all’aumentare di LS nel caso mono e
multi……………………………………………………………………………….…137
Grafico 35: Andamento delle scorte di VIS e EOQ all’aumentare di LS nel caso
mono e multi………………………………………………………………………….…138
Grafico 36:Andamento del beneficio percentuale della riduzione del lotto per mono
e multi……………………………………………………………………………….…139
Grafico 37:Andamento delle scorte per le diverse politiche nel caso multi-
prodotto….………………………………………………………………………….…142
Grafico 38:Andamento delle scorte per lean medio nel caso multi-prodotto per tutti
i CV….……………………………………………………………………………….…143
Grafico 39:Andamento delle scorte per lean medio nel caso mono-prodotto per
tutti i CV….………………………………………………………………,,……….…143
Grafico 40:Andamento delle scorte per lean medio e EOQ nel caso mono-
prodotto per tutti i CV….………………………………………………………….…144
Grafico 41a):Andamento delle scorte per lean medio e EOQ nel caso multi-
prodotto per tutti i CV.……………………………………………………………..…145
Grafico 41b):Andamento delle scorte per lean 0.2 nel caso mono e multi-prodotto
per tutti i CV….……………………………………………………………………..…146
Grafico 42:Andamento delle scorte di EOQ e VIS multi (con regola di visibility del
monoprodotto)..…………………………………………………………………..…148
Grafico 43:Andamento delle scorte nella casistica A con cv 04…………..…152
Grafico 44:Andamento delle scorte nella casistica B con cv 04…………..…152
Grafico 45:Andamento delle scorte nella casistica A per ogni cv…………..…153
Grafico 46:Andamento delle scorte nella casistica B per ogni cv…………..…153
Grafico 47:Andamento della media delle curve lean multiprodotto per i cv 08 06
04……………………………………………………………………….…………..…165
Grafico 48:Andamento della media delle curve lean monoprodotto per i cv 08 06
04……………………………………………………………………….…………..…165
Grafico 49:Andamento delle curve EOQ multiprodotto per i cv 08 06
04……………………………………………………………………….…………..…166
Grafico 50:Andamento delle curve EOQ monoprodotto per i cv 08 06
04……………………………………………………………………….…………..…166
Grafico 51:Incrementi percentuali delle sciorte, rispetto al livello base
92%.................………………………………………………………….…………..…167
Grafico 52:Incrementi percentuali delle sciorte delle politiche lean 1 e 02, rispetto
al livello base 92%.................……………………………………………………..…168
Grafico 53:Andamento delle scorte al variare dell’LS nel caso
cv06.................……………………………………………………………………….…182
Grafico 54:Andamento delle scorte al variare dell’LS nel caso
cv04………....……………………………………………………………………….…183
Grafico 55:Beneficio assoluto di lean rispetto a EOQ al variare dell’LS in caso di
cv 06………………………………………………………………………………….…183
Grafico 56:Beneficio percentuale di lean rispetto a EOQ al variare dell’LS in caso
di cv 06…………………………………………………………………………….…184
Grafico 57: Beneficio assoluto di lean rispetto a EOQ al variare dell’LS in caso di
cv 04…..…………………………………………………………………………….…184
Grafico 58: Beneficio percentuale di lean rispetto a EOQ al variare dell’LS in caso
di cv 04……………………………………………………………………………….…185
Grafico 59:Andamento dei trasporti all’aumentare dell’LS in caso di cv
06…………………………………………………………………………………….…185
Grafico 60:Andamento dei trasporti tra PM e SM all’aumentare dell’LS in caso di
cv 06………………………………………………………,……………………….…186
Grafico 61:Andamento dei trasporti tra SM e D all’aumentare dell’LS in caso di cv
06………………………………………………………,………………………….…186
Grafico 62:Andamento dei trasporti FTL all’aumentare dell’LS in caso di cv
06………………………………………………………,………………………….…187
Grafico 63:Andamento dei trasporti LTL all’aumentare dell’LS in caso di cv
06………………………………………………………,………………………….…187
Grafico 64:Trasporti beneficio lean agg vs lean…,………………………….…188
Grafico 65:Benefici delle politiche lean multi rispetto a EOQ passando da cv 08 a
cv 04……………………………………………………,………………………….…188
Grafico 66:Benefici delle politiche lean mono rispetto a EOQ passando da cv 08 a
cv 04……………………………………………………,………………………….…189
Indice delle tabelle
Tabella 1: Classificazione dei sistemi kanban…………………………………….…64
Tabella 2: Pilastri del LSCM frame work e relativi elementi………………….…77
Tabella 3: Pilastri del LSCM frame work e relativi elementi………………….…77
Tabella 4: Beneficio percentuale della riduzione dei lotti in termini di
scorte…………..………………………………………………..………………….…111
Tabella 5: Valore di saturazione dei veicoli trasportati in LTL tra PM e SM al
variare di livello di servizio(EOQ, VIS)………………….…..………………….…122
Tabella 6: Valore di saturazione dei veicoli trasportati in LTL tra SM e D al variare
di livello di servizio(LEAN)……………………….…..………………….…123
Tabella 7: Valore di saturazione dei veicoli trasportati in LTL tra SM e D al variare
di livello di servizio(EOQ, VIS)………..………………….…..………………….…123
Tabella 8: Valore di saturazione dei veicoli trasportati in LTL tra PM e SMal variare
di livello di servizio(LEAN)….………..………………….…..………………….…123
Tabella 9: Valore del rapporto p al variare del costo logistico……………….…131
Tabella 10: Valore dei trasporti tra SM e D al variare del LS con cv 08…..…136
Tabella 11: beneficio in termini assoluti di lean rispetto a EOQ al variare di cv e
LS…………………………………………………………………………………...…142
Tabella 12: beneficio in termini percentuali di lean rispetto a EOQ al variare di cv e
LS…………………………………………………………………………………...…142
Tabella 13: Differenza di scorte tra EOQ e VIS (con regola di visibilità del
monoprodotto)………………………………………………………………………...…149
Tabella 14: Confronti tra casistiche A e B……………………………………...…155
Tabella 15: Confronti tra casistiche A e B riguardanti la riduzione del lotto in
lean…………………………………………………………………………………...…156
Tabella 16: Confronti tra casistiche A e B in termini percentuali (EOQ)..…...…157
Tabella 17: Confronti tra casistiche A e B in termini percentuali (VIS)..…...…157
Tabella 18: Differenza tra scorte EOQ e lean al variare di LS………...…...…158
Tabella 19: Differenza tra trasporti EOQ e lean al variare di LS………...…...…159
Tabella 20: Differenza tra trasporti EOQ e lean al variare di LS………...…...…159
Tabella 21:Guadagno di scorte assoluto della politica lean rispetto a EOQ...…161
Tabella 22:Guadagno di scorte percentuale della politica lean rispetto a EOQ…161
Tabella 23:Guadagno di scorte assoluto della politica lean rispetto a VIS…162
Tabella 24:Guadagno di scorte percentuale della politica lean rispetto a VIS…162
Tabella 25:Guadagno di scorte assoluto della politica lean rispetto a EOQ…163
Tabella 26:Guadagno di scorte percentuale della politica lean rispetto a EOQ…163
Tabella 27:Guadagno di scorte assoluto della politica lean rispetto a VIS…164
Tabella 28:Guadagno di scorte percentuale della politica lean rispetto a VIS…164
Tabella 29:Guadagno di scorte assoluto della politica lean rispetto a EOQ al
diminuire del lotto…………………………………………………………………..…164
Tabella 30:Guadagno di scorte percentuale della politica lean rispetto a EOQ al
diminuire del lotto…………………………………………………………………..…165
Tabella 31:Incrementi percentuali delle scorte delle politiche lean1 e lean medio
rispetto al livello base 92%.………………………………………………………..…168
Tabella 32:Incrementi percentuali delle scorte delle politiche lean1 e lean2 rispetto
al livello base 92%.……………………………………………………………….…169
Tabella 33:Livelli di inventory per le varianti del modello in caso di cv 08
………………………………………………………………………………………….…182
Tabella 34:Livelli di inventory per le varianti del modello in caso di cv 06
………………………………………………………………………………………….…182
Tabella 35:Livelli di inventory per le varianti del modello in caso di cv 04
………………………………………………………………………………………….…183
Tabella 36:Dati monoprodotto cv 08……………………..…………………….…190
Tabella 37:Dati monoprodotto cv 06……………………..…………………….…191
Tabella 38:Dati monoprodotto cv 04……………………..…………………….…191
1. Introduzione
L’attuale arena di business in cui le imprese si trovano oggi a competere è
caratterizzata da forte turbolenza, instabilità della domanda e della fornitura,
decremento del ciclo di vita dei prodotti, globalizzazione spinta. In tale contesto
riuscire a soddisfare pienamente i propri clienti e al contempo ridurre i costi è
fondamentale per competere con successo sul mercato..
L’approccio lean, nato negli anni ’50 del secolo scorso, con i suoi principi, i suoi
strumenti e la sua filosofia, è ancora adesso in grado di migliorare drasticamente le
performance delle odierne imprese e delle loro filiere produttive, garantendo
proprio quel vantaggio competitivo tanto ricercato.
Questo elaborato ha innanzitutto lo scopo di valutare se l’applicazione della politica
lean, implementata attraverso il sistema kanban, in una supply chain multi-prodotto
porti benefici rispetto alla logica di produzione basata sul lotto economico e alla
politica basata sulla condivisione di informazioni (visibility). A tale scopo è stato
costruito e simulato, tramite il software di simulazione Arena, un modello che
rispecchiasse una supply chain multi-prodotto gestita sotto queste tre diverse
logiche produttive.
Vengono inoltre valutati gli impatti, sulle performance della filiera, dell’aumento
della variabilità della domanda e della politica di riduzione di lotto nel sistema
kanban.
L’elaborato dimostrerà che attraverso l’introduzione del sistema kanban si può
garantire un risparmio finanziario lungo tutta la supply chain.
I risultati ottenuti dalla simulazione verranno poi confrontati con quelli relativi a una
supply chain mono-prodotto operante sotto le medesime logiche. Tale analisi
dimostrerà che la politica lean in una filiera multiprodotto, confrontata con un
contesto mono-prodotto, ottiene risparmi maggiori, rispetto a una logica basata sul
lotto economico o sulla visibility.
2. Abstract
Nowadays the firms are competing in a very turbolent landscape characterized by
unsteady demand and supply, product lifecycle decrease and hard globalization. In such
a business background the focus of a firm must be about the total customer satisfation
and the cost reduction in order to compete succesfully in the market.
Lean approach, born in 50's, with its principles, tools and philosophy could help actual
firms to improve not only their own business performances, but also the supply chain's
performances, aiming to reach this competitive advantages.
This thesis aims to assess the benefits of the lean approach, implemented through the
kanban system, towards the economic order quantity (EOQ) and the information sharing
(visibility) policies, in a multi-product supply chain.
In order to reach this goal, we builded and simulated, through Arena software, a model
that represent a multi-product supply chain managed by these three different
production and control policies.
In addiction we investigated the effects, on the supply chain performance, of the final
demand variability enhancement and the reduction of the batch size in the kanban
system. This study proved that the introduction of lean approach could lower the costs
throughout the supply chain.
The simulation results are compared with the ones concerning a mono-product model
dealing with the same three production and control policies. This analysis proved that
kanban system in a multi-product environment, compared with a mono-product
context, could reach better performances towards a EOQ or visibility policy.
3. Analisi della letteratura e background teorico
3.1 Supply chain management
Una supply chain (SC) è costituita da un network di imprese che producono materie
prime, le trasformano in beni intermedi e poi in prodotti finiti che vengono consegnati al
cliente finale attraverso un sistema di distribuzione.
Negli anni ’50 e ’60 il paradigma produttivo dominante era quello della produzione di
massa, caratterizzato da basse varietà e flessibilità, da un processo di sviluppo prodotto
molto lento e affidato esclusivamente a tecnologie e capacità interne all’impresa,
dall’utilizzo di scorte per sopperire alle operazioni “collo di bottiglia” e quindi per
garantire un flusso produttivo bilanciato: in questo contesto la condivisione di
informazioni, tecnologie e competenze con fornitori e clienti era considerata poco utile
e troppo rischiosa e quindi poca importanza veniva data alla costruzione di relazioni di
lungo termine con i propri partner.
Negli anni ’80 l’intensa competizione globale ha portato le grandi imprese a concentrarsi
maggiormente su fattori quali flessibilità, qualità, varietà, costo e affidabilità. Molte
organizzazioni hanno cominciato a utilizzare l’approccio just in time che, avendo come
obiettivi principali la riduzione delle scorte, la disponibilità e la tempestività, ha forzato
le imprese stesse a impegnarsi per costruire relazioni buyer-supplier cooperative,
strategiche e di lungo periodo.
Essenzialmente il rapporto cliente-fornitore negli ultimi decenni è cambiato
drasticamente. Il modello di impresa fortemente integrata verticalmente, che presidia
tutte le attività necessarie alla realizzazione e vendita dei propri prodotti, si rivela di
successo in contesti competitivi stabili che permettono alle imprese di sfruttare le
economie di scala per giustificare gli investimenti elevati caratterizzanti questo tipo di
configurazione. L’attuale ambiente competitivo è però molto diverso: l’instabilità dei
mercati e il conseguente aumento della variabilità della domanda non permettono più di
pianificare investimenti in capacità produttiva che si ripaghino con una saturazione
garantita nel lungo periodo (Spina,2012); la riduzione del ciclo di vita dei prodotti
scoraggia le imprese ad effettuare investimenti elevati; l’aumento della varietà e della
gamma dei prodotti, se gestita tradizionalmente, porterebbe alla proliferazione di grandi
stabilimenti mono-prodotto destinati alla sottoutilizzazione; la globalizzazione induce le
imprese a ricercare fattori produttivi a basso costo, delocalizzando la produzione o
rivolgendosi a fornitori in grado di offrire prezzi competitivi; la complessità tecnologica e
la conseguente difficoltà di presidio di tutte le competenze necessarie impedisce alle
imprese di effettuare tutte le attività in-house; le imprese hanno compreso che una
maggiore efficienza delle relazioni e delle pratiche operative tra membri della supply
chain dia un ritorno maggiore rispetto a miglioramenti interni.
Questi cambiamenti hanno decretato la fine del modello integrato tipico della
produzione di massa e hanno fatto emergere l’importanza della gestione delle relazioni
con i propri partner: è nato così il concetto di supply chain management (SCM). Il
termine è stato coniato da un gruppo di consulenti nei primi anni del 1980 e ora è
diventato un gergo comune nel mondo del business.
È pratica comune sostenere che il SCM non è nato da nulla nel 1980,ma rappresenta un
ulteriore step nel processo evolutivo che è iniziato negli anni ’60 e ’70 con il concetto di
distribuzione fisica. L’obiettivo era cercare di integrare certi aspetti della logistica
esterna che fino a quel momento erano stati trattati separatamente. Infatti fino a poco
tempo fa ricercatori e accademici consideravano il SCM non troppo differente rispetto al
logistics management, mentre adesso lo stesso Council of Logistics definisce la logistica
come “quella parte del processo di supply chain che pianifica, implementa e controlla
l’efficiente e l’efficace flusso e stoccaggio di beni, servizi e relative informazioni dal
punto di origine al punto di consumo”.
Esistono moltissime definizioni di supply chain management. Scott e Westbrook
(Scott,Westbrook,1991) e New e Payne (New, Payne ,1995) descrivono il SCM come la
catena che collega ogni elemento del processo di produzione e fornitura dalle materie
prime al cliente finale, comprendendo diversi confini organizzativi. Baatz (Baatz,1995)
espande il conceto includendo il recycling e il re-use. Il SCM si focalizza su come le
imprese utilizzano processi, tecnologie e capacità dei fornitori per accrescere il
vantaggio competitivo (Farley,1997).
In accordo con Christopher (Christopher, 2011), con il termine supply chain
management si indica la gestione delle relazioni a valle e a monte con i clienti ed i
fornitori al fine di distribuire un valore al cliente superiore al costo dell'intera catena di
supporto.
L’Institute for Supply Management lo definisce come il disegno e la gestione dei processi
a valore aggiunto e senza interruzioni attraverso i confini organizzativi per incontrare i
reali bisogni del cliente finale.
Per il Supply Chain Council significa gestire la fornitura e la domanda, le fonti di materie
prime e i prodotti, la produzione e l’assemblaggio, l’immagazzinamento e le scorte, gli
ordini, la distribuzione e la consegna al cliente.
Secondo il Global Supply Chain Forum, il SCM è l’integrazione dei processi di business
chiave dal cliente finale attraverso tutti i fornitori che forniscono prodotti, servizi e
informazioni che aggiungono valore al cliente e agli altri stakeholders.
Correa (Correa,2014) lo definisce più compiutamente come la gestione integrata dei
processi di business associati al flusso di beni fisici, asset finanziari e informazioni dal
produttore dei primi input all’acquisto del consumatore finale ; ottimizzando la
creazione di valore per tutti i clienti -intermediari e finale- e per gli altri rilevanti e
legittimi stakeholders della catena (shareholders, impiegati, managers, comunità e
governo).
In tutte queste definizioni emerge il concetto di integrazione e coordinamento dei
processi lungo la catena: lo scopo del SCM è di consegnare il giusto prodotto e al giusto
momento e nel giusto luogo, migliorando il livello si servizio per il cliente finale
riducendo al contempo i costi della catena.
Molti autori asseriscono che la competizione nel mercato odierno non è più tra impresa
ed impresa ma tra supply chain e supply chain , anche quando le supply chain
concorrenti condividono alcuni elementi (ad esempio un fornitore).
Qualsiasi prodotto o servizio consegnato a un cliente, esterno o interno
all’organizzazione, è sempre il risultato di un processo di business. Con processo di
business si intende un insieme di attività che lavorano in maniera coordinata per creare
e aggiungere valore al cliente.
La gestione della supply chain richiede un approccio per processi che aiuti a focalizzarsi
sui reali bisogni del cliente piuttosto che su interessi funzionali o locali.
I due framework principali che si basano sui processi coinvolti nella supply chain sono il
modello GSCF e il modello SCOR.
3.1.1 Il modello GSCF
Il modello GSCF o modello Ohio State University è un framework sviluppato da Douglas
Lambert e dal Global Supply Chain Forum (GSCF), un gruppo costituito da imprese non
concorrenti e da ricercatori accademici che si incontra periodicamente per discutere di
tematiche relative al SCM.
Il concetto si supply chain management da loro proposto è sintetizzato in Figura 1, la
quale rappresenta una struttura di supply chain semplificata, il flusso materiale e
informativo e i processi chiave di business che penetrano e attraversano
trasversalmente i silos funzionali a livello intra- e inter-organizzativo.
Figura 1: Integrare e gestire i processi di business lungo la supply chain (Lambert,1998)
Il framework consiste di tre elementi:
1. La struttura del network.
Tutte le imprese fanno parte di una supply chain. Quanto di questa supply chain
necessita di essere gestita dipende da molti fattori tra cui la complessità del prodotto, il
numero di supplier disponibili e la disponibilità di materie prime. Dimensioni da
considerare sono la lunghezza della supply chain e il numero di organizzazioni per
ciascun livello.
Per molte imprese la supply chain non appare tanto come una catena ma più come un
albero sradicato, dove la radici e i rami sono il network di clienti e fornitori: il punto è
capire quanti di questi rami e radici devono essere gestiti. Non tutti i collegamenti
devono essere fortemente integrati e coordinati: la relazione più appropriata dipende
dalle circostanze. È necessario comprendere la configurazione della supply chain, in
particolare identificando i membri della supply chain, la dimensione strutturale del
network e i diversi tipi di collegamenti lungo la catena.
Riguardo al primo elemento, includere tutti i tipi di membri può generare eccessive
complessità e risultare controproducente: il suggerimento è di identificare quali sono i
membri critici per il successo della catena, a cui allocare maggiori risorse e attenzione.
I membri della SC includono tutte le organizzazioni con le quali l’impresa focale
interagisce attraverso i suoi clienti e fornitori. Tuttavia, per rendere un network molto
complesso più gestibile, è opportuno distinguere tra attori primari e di supporto. Si
definiscono membri principali di una catena di approvvigionamento tutte quelle aziende
autonome o unità di business
strategiche che svolgono attività a valore aggiunto (operativa e/o manageriale) nei loro
processi aziendali al fine di produrre un output specifico per un particolare cliente o
mercato. Al contrario, i membri di supporto sono aziende che semplicemente forniscono
risorse, conoscenze, utilities o beni per i membri principali della catena di
approvvigionamento.
Non è sempre facile distinguere tra membri primari e secondari, in quanto un’impresa
può svolgere un ruolo primario per un processo e uno secondario per un altro.
Comunque questa definizione permette di definire il punto di origine e il punto di
consumo della catena: il punto di origine è quello per cui non esiste nessun precedente
fornitore primario
mentre il punto di consumo è quello oltre il quale non viene più aggiunto valore e il
prodotto/servizio viene consumato.
Per quanto riguarda le dimensioni strutturali del network, bisogna considerare la
struttura orizzontale, quella verticale e la posizione dell’impresa focale all’interno della
catena. La struttura orizzontale si riferisce al numero di livelli mentre la struttura
verticale al numero di clienti/fornitori per ogni livello. La posizione dell’impresa focale
può essere vicina al cliente finale o alle primarie fonti di sourcing. Ovviamente ogni
società ha una prospettiva diversa e vede se stessa come impresa focale, perciò è
necessario comprendere realmente il proprio ruolo anche in funzione delle diverse
catene in cui è presente. Una modifica nel numero di clienti/fornitori può modificare la
struttura del network, ad esempio passare da una strategia multiple-sourcing a una
single-sourcing può restringere la catena e delegare in outsourcing alcune attività può
incrementarne la lunghezza e ampiezza e cambiare la posizione dell’impresa focale.
2. I processi di business.
Per costruire supply chain di successo è necessario passare dalla gestione di funzioni
individuali all’integrazione di attività tramite alcuni processi chiave:
Processo di customer relationship management.
Il primo passo verso una SCM integrata è quello di individuare i clienti o gruppi di
clienti chiave, cioè ritenuti particolarmente importanti dall’impresa per i
raggiungimento dei propri obiettivi di business. Gli accordi che specificano i livelli
di prestazione per i prodotti e i servizi sono stabiliti con questi gruppi di clienti
chiave. Il team di customer service lavora con i clienti per cercare di identificare e
eliminare le fonti di variabilità della domanda. La valutazione delle performances
vengono effettuate per analizzare i livelli di servizio fornite ai clienti e la
redditività dei clienti;
Processo di customer dervice management.
Il customer service identifica la fonte di informazioni sui clienti. Essa diventa il
punto di contatto per l'amministrazione degli accordi di prodotto/servizio.
L'assistenza clienti fornisce al cliente informazioni in tempo reale sul processo di
spedizione e sulla disponibilità del prodotto tramite interfacce con i processi di
produzione e distribuzione. Infine, il servizio clienti del gruppo deve essere in
grado di assistere il cliente con le
applicazioni del prodotto;
Processo di gestione della domanda.
Le scorte lungo la filiera possono essere considerate” essenziali” o in alternativa
variability-driven. Gli stock essenziali includono work-in-process nelle fabbriche e
i prodotti in transito da stabilimento ad un altro della supply chain. La variabilità
degli stock è presente a causa della varianza nei processi di fornitura, produzione
e nella domanda. La domanda dei
clienti è di gran lunga la principale fonte di variabilità e deriva dall'irregolarità
nell'emissione degli ordini da parte dei clienti. Tenuto conto di questa variabilità
nell'emissione ordini dei clienti, la gestione della domanda diventa un elemento
chiave per un SCM efficace. Il processo di gestione della domanda deve
bilanciare le esigenze del cliente con le capacità di approvvigionamento
dell'impresa. Una parte della gestione
della domanda comporta il tentativo di prevedere le quantità e il timing con cui i
clienti acquisteranno. Un buon sistema di gestione della domanda utilizza punti
di vendita e dati provenienti dai clienti chiave per ridurre l'incertezza e fornire
flussi efficienti in tutta la catena di fornitura. Vi è anche la possibilità, in
applicazioni avanzate, che la domanda dei clienti e la produzione siano
sincronizzati per ottimizzare la gestione del magazzino a livello globale;
Processo di evasione dell’ordine del cliente.
La chiave per un efficace SCM consiste nell'adempiere ai bisogni dei clienti. Una
corretta esecuzione del processo di evasione degli ordini richiede una efficace
integrazione tra i piani aziendali di produzione, di distribuzione e di trasporto. E'
necessario stipulare alleanze con i membri chiave della catena di
approvvigionamento e i carrier per soddisfare le esigenze dei clienti e ridurre il
costo totale di consegna al cliente. L'obiettivo è di sviluppare un processo senza
interuzioni dal fornitore all'impresa e poi da lì ai diversi segmenti della sua
clientela;
Processo di gestione del flusso produttivo.
Il processo di produzione, nelle aziende make-to-stock, tradizionalmente
prevedeva una politica di gestione della produzione basata sulla previsione
della domanda. Gli articoli erano quindi prodotti con una logica push. Spesso la
produzione
operava con un mix sbagliato di prodotti, con conseguente eccedenza di scorte
non necessarie e conseguenti eccessivi costi di mantenimento. Con il SCM, il
prodotto viene tirato sulla base delle esigenze del cliente. Iprocessi di
manufacturing devono essere flessibili per rispondere ai cambiamenti del
mercato. Questa flessibilità deve garantire dei bassi tempi di changeover al fine
di raggiungere una politica di mass customization.
Gli ordini vengono elaborati su una base di lotti minimi. Le priorità di produzione
sono guidate dalle date di consegna richieste. In alcuni casi la pianificazione della
produzione può essere gestita dall'azienda insieme ai clienti con l'obiettivo di
sviluppare strategie adatte per ogni segmento di clienti. I cambiamenti nel
processo manifatturiero
portano all'accorciamento dei tempi di ciclo, questo permette di essere più
reattivi nei confronti dei clienti;
Processo di procurement.
I piani strategici sono sviluppati con i fornitori con l'obiettivo di supportare il
processo di gestione del flusso produttivo e lo sviluppo di nuovi prodotti. I
fornitori sono classificati sulla base di varie dimensioni, come ad esempio il loro
contributo e criticità per l'organizzazione. Le alleanze strategiche a lungo termine
possono essere sviluppate con una quota parte ridotta e selezionata di fornitori
chiave. Il risultato desiderato è un rapporto win-win, in cui entrambe le parti
traggano vantaggio da questa relazione. In questo modo si passa dalla logica
tradizionale del sistema bid-and-buy, al coinvolgimento di un fornitore chiave già
nelle prime fasi del ciclo di progettazione. Ciò può portare ad una drastica
riduzione nei tempi di ciclo di sviluppo di un nuovo prodotto. La funzione acquisti
hanno sviluppato tools sempre più rapidi ed efficienti per lo scambio rapido dei
dati (EDI e tecnologie Internet based). Questi strumenti di comunicazione rapidi
forniscono un mezzo per ridurre i tempi e i costi di transazione del processo di
acquisto. In questo modo i buyer
possono concentrare i loro sforzi su attività a maggiore valore aggiunto, come la
gestione dei fornitori anziché sulla gestione del ciclo dell'ordine;
Processo di sviluppo prodotto e commercializzazione.
I nuovi prodotti sono la linfa vitale di una società, per questo motivo il processo
di sviluppo del prodotto assume un'importanza vitale all'interno delle aziende.
Clienti e fornitori devono essere integrati nel processo di sviluppo del prodotto al
fine di ridurre il time to market. Ai nostri giorni si assiste ad una riduzione
sempre più spinta del ciclo di vita dei prodotti. Per questo motivo si rende
necessario l'accorciamento dei tempi di sviluppo e
lancio in produzione dei nuovi articoli, al fine di rimanere competitivi. I manager
responsabili del processo di sviluppo nuovo prodotto e della
commercializzazione devono coordinarsi con il customer relationship
management per identificare i bisogni del cliente,
selezionare i materiali e i fornitori in collaborazione con il procurement e
sviluppare tecnologie di produzione adatte alla particolare combinazione
prodotto-mercato al fine di produrre e integrare il flusso produttivo della SC nel
miglior modo possibile;
Processo di gestione dei resi.
Gestire i resi e la reverse logistics come un processo di business offre la
possibilità di ottenere un vantaggio competitivo sostenibile. Un’efficace gestione
dei processi di reso consente inoltre l'identificazione di opportunità di
miglioramento della produttività e di progetti innovativi.
3. Le componenti del management.
I livelli di integrazione e gestione di un collegamento sono in funzione del numero e del
livello delle componenti associate al collegamento stesso. Sono state identificate nove
componenti del management che impattano maggiormente sul successo di una supply
chain:
La pianificazione e il controllo delle operations sono la chiave per muovere
un’organizzazione o una supply chain in una determinata direzione;
La struttura di lavoro indica come l’impresa svolge i suoi compiti e le sue attività
per raggiungere i propri obiettivi;
La struttura organizzativa può fare riferimento sia all'impresa, sia alla filiera. Lo
sviluppo di team cross-funzionali caratterizza una supply chain con un alto grado
di integrazione;
La struttura del flusso di prodotto fa riferimento alla struttura del network che
comprende sourcing, manufacturing e distributing lungo la SC. Essendo un
minimo livello di scorte indispensabile lungo una filiera, è spesso conveniente
che la maggior parte dello stock sia presente nei nodi più amonte, considerando
il fatto che è meno costoso mantenere a scorta WIP e semilavorati piuttosto che
prodotti finiti;
La struttura del flusso informativo è una delle componenti chiave. Questo
perché il tipo di informazioni e la frequenza con le quali esse passano all'interno
dei canali di comunicazione e raggiungono i nodi della SC ha un impatto molto
rilevante sull'efficienza e quindi sul successo della catena di fornitura;
I metodi di management comprendono la filosofia aziendale e le tecniche di
management. E' molto difficile integrare una struttura di tipo top-down con una
organizzazione di tipo bottom-up. Il livello di coinvolgimento nella gestione
quotidiana delle operazioni può differire considerando i diversi membri;
La struttura di potere e di leadership lungo la filiera influenzerà la sua forma.
Un'azienda leader all'interno della SC sceglierà la direzione da seguire per l'intero
canale. L'esercizio del potere, o la sua assenza, può nfluenzare il livello di
commitment degli altri membri del canale;
L'anticipazione della condivisione di rischi e benefici lungo tutta la catena
favorisce il commitment a lungo termine tra i diversi membri della filiera.
La cultura aziendale è un aspetto molto importante. La compatibilità tra le
diverse culture aziendali tra i membri del canale non può essere sottovalutato.
Gestire e allineare le diverse culture e atteggiamenti individuali richiede tempo,
ma è necessario per fare in modo che il canale operi come una catena.
3.1.2 Il modello SCOR
Il modello SCOR (Supply Chain Operation Reference Model) è stato concepito e
mantenuto aggiornato da un’associazione no-profit chiamata Supply Chain Council
(SCC), fondata nel 1996 attraverso una collaborazione tra 69 imprese. La missione del
SCC è di disseminare, migliorare e perpetrare l’uso del modello SCOR attraverso
ricerche, istruzione e conferenze.
Le imprese utilizzano il modello per determinare quali processi della propria supply
chain migliorare e quanto migliorarli, per consolidare iniziative legate alla supply chain,
per creare un metodo standard di valutazione delle performance e per implementare
processi standard e sisitemi informativi comuni tra i membri della catena (Correa,2014).
Il modello SCOR ha innanzitutto lo scopo di descrivere e analizzare i flussi logistici, i flussi
informativi e le relazioni di mercato che intercorrono tra un’azienda e i suoi clienti e
fornitori (Sianesi,2011).
Esso incorpora elementi di BPR (Business Process Reengineering), strumenti di misura
delle prestazioni e di benchmarking, affinché, una volta definita la situazione as is, si
possa ragionare su quella to be.
Il modello ha una struttura gerarchica che si articola in 4 livelli (Figura 2): passando dal
livello 1 ai successivi si approfondisce il livello di dettaglio, arrivando a descrivere
puntualmente le attività di business; al livello più alto lo SCOR propone cinque macro-
processi gestionali, utilizzati come building block allo scopo di descrivere supply chain
con diferente livello di complessità:
Plan.
Il processo di plan ha come obiettivo il bilanciamento della domanda con le risorse
disponibili, perciò sviluppa le linee d’azione volte all’acquisizione delle risorse necessarie
e allo svolgimento delle attività di approvvigionamento, produzione, distribuzione;
Source.
Il processo di source include tutti i processi volti all’acquisizione dei beni e dei servizi
necessari per soddisfare la domanda: identificazione e selezione dei fornitori,
negoziazione, approvvigionamento, ricezione dei materiali
Make.
Il processo di make contempla la trasformazione di materiali e componenti in prodotti
finiti; comprende anche le attività di controllo avanzamento, immagazzinamento,
controllo qualità, packaging;
Deliver.
Il processo di deliver riguarda la consegna di prodotti finiti in modo d soddisfare la
domanda; tipicamente include la gestione ordini, dei trasporti e della distribuzione;
Return.
Il processo di return descrive le attività legate ai flussi di resi commerciali o dovuti a
guasti.
Figura 2: I 4 livelli del modello SCOR (Correa,2014)
Al secondo livello (Figura 3), ciascuno dei cinque macro-processi può essere
ulteriormente descritto attraverso tre categorie:
Processi di tipo planning (decisionali): sono processi di pianificazione delle attività
che mirano ad allineare tutte le risorse disponibili con la domanda attesa. In questo
ambito si prendono decisioni relative agli obiettivi di prestazione, alle informazioni
da gestire, agli obiettivi di scorte e magazzini, agli investimenti eventuali e alla
gestione del rischio lungo la catena;
Processi di tipo execution: sono processi operativi che includono attività di
trasformazione, movimentazione e scheduling;
Processi di tipo enable: sono processi che abilitano quelli di planning ed execution;
hanno lo scopo di preparare, mantenere o gestire informazioni e relazioni su cui i
primi due processi si appoggiano.
I processi di livello 1 vengono quindi approfonditi in dettaglio attraverso queste
categorie; ad esempio il processo di plan può essere decomposto in 5 categorie: plan
supply chain, plan source, plan make, plan deliver e plan return. Per ognuno dei processi
citati sono definite metriche e best practice specifiche.
Figura 3: Livello 2 del modello SCOR (Correa,2014)
I due modelli presentati sono utili come approccio iniziale per definire i processi
principali della supply chain di un’impresa interessata nello studiare e migliorare i propri
processi. Tuttavia questi framework rappresentano solo un punto di inizio: ogni impresa
ha le sue peculiarità e potrebbe considerare importanti alcuni processi non considerati
in questi
modelli così come potrebbe trovare superflui alcuni elementi che qui sono dettagliati
profondamente.
In ogni caso è importante che l’impresa definisca i macro-processi in accordo con gli altri
membri della supply chain, e sia consapevole del tempo necesario per raggiungere il
consenso.
3.2 Visibility
Negli ultimi anni quasi tutte le imprese hanno assistito all’aumento della pressione
competitiva, al decremento del ciclo di vita dei prodotti ,alla crescente variabilità e
instabilità della domanda, a una sempre più spinta globalizzazione e a un ambiente di
business in continuo mutamento. Questi fattori hanno portato le imprese a focalizzarsi
sulle proprie core competencies, ricorrendo all’outsourcing per molte attività.
in questo scenario competitivo, la profittabilità dell’impresa focale (quella identificata
dal cliente come responsabile dello specifico prodotto/servizio e della coordinazione dei
flussi materiali e informativi), dipende fortemente dalla sua abilità nel gestire complesse
relazioni con i propri partner (Caridi et al.,2010).
Il concetto di visibility è quindi diventato nell’ultimo periodo una questione chiave nella
ricerca, in quanto influenza le performance dell’intera filiera. Avere accesso a
informazioni accurate e tempestive è una sfida continua, nella quale un ruolo chiave è
giocato dalle tecnologie ICT (Information and Comunication Technologies) come i
recenti RFID (Radio Frequency Identification), gli ERP (Enterprise Resource Planning) e gli
EDI (Electronic Data Interchange), che garantiscono un incremento di visibilità lungo la
catena.
Enslow (Enslow,2006) ha riportato che la mancanza di SC visibility è la principale
preoccupazione del 79% di 150 grandi compagnie che sono state intervistate.
Molti autori hanno riportato i vantaggi derivanti da un incremento di visibility nella SC:
un miglioramento nel tempo di risposta (Armistead and Mapes,1993; Berry et al.,1994;
Patterson et al.,2004), un miglioramento nelle capacità di pianificazione e
approvvigionamento (Karkkainen,2003; Mentzer et al.,2004), un miglioramento nel
processo decisionale (Kent and Mentzer,2003), un miglioramento nella qualità dei
prodotti (Armistead and Mapes,1993).
È stato anche più volte dimostrato che la condivisione di informazioni nella SC riduca
drasticamente l’effetto bullwhip.
Per supply chain visibility si intende in generale la capacità dell’impresa focale di
accedere a informazioni e di condividerle con i propri partner. In letteratura esistono
però svariate definizioni di SC visibility.
Per Schoenthaler (Schoenthaler, 2003), visibility significa che le informazioni importanti
sono prontamente disponibili a chi ne ha bisogno, dentro e fuori l’organizzazione, per
monitorare, controllare e cambiare la SC strategy e le operations. Barratt and Oke
(Barratt and Oke,2007) vedono la visibility come il grado con cui gli attori all’interno
della SC hanno accesso/condividono informazioni che considerano utili alle proprie
operations e che pensano saranno di reciproco beneficio. Per McCrea (McCrea,2005) è
l’abilità di individuare eccezioni nell’esecuzione dei processi relativi alla SC e di
intraprendere azioni basandosi sulle informazioni recepite. Tohamy (Tohamy,2003)
considera la visibility come la capacità di catturare e analizzare dati relativi alla SC che
informino i decision-makers, mitighino il rischio e migliorino i processi.
Hickey (Hickey,2005) considera la visibility da una prospettiva logistica, definendola
come la visione trasparente di tempo, luogo,stato e contenuto. Cristopher e Lee
(Cristopher , Lee,2003) vedono la visibility dal punto di vista dell’inventory management,
mentre Hsiao-Lan e Wang (Hsiao-Lan , Wang,2007) da quello del planning and control
management.
L’analisi più completa sulle definizioni esistenti in letteratura è stata probabilmente
compiuta da Goh et al.(Goh, De Souza, Zhang, Tan,2009), i quali hanno riscontrato che
nessuna definizione esistente fosse completa. Gli autori, convinti che questa
proliferazione di significati, ognuno basato su una diversa prospettiva, portasse a
confusione, hanno deciso di proporre una propria definizione, che racchiudesse tutte le
precedenti e si basasse sul compito per loro più importante del SCM, ossia il decision
making.
“SCV è la capacità di un membro della SC di avere accesso/fornire tempestivamente le
informazioni richieste riguardanti le entità coinvolte nella SC da/a i SC partner per un
miglior supporto decisionale” (Goh, De Souza, Zhang, Tan,2009).
Questa definizione copre tutte le caratteristiche chiave della SCV, specifica la sua
funzione ( i.e. decision making), chi ne usufruisce e sottoline l’importanza della
tempestività.
3.2.1 Soluzioni organizzative
Dal momento in cui è stata compreso l’effetto benefico della visibility tra i partner della
supply chain in termini di miglioramento delle performance, sono nate numerose
soluzioni organizzative basate sulla condivisione di informazioni. La tendenza è quella di
eliminare le barriere esistenti tra i diversi nodi della catena in favore di processi
orizzontali e integrati.
La prima forte iniziativa pensata per garantire l’integrazione nella SC è datata 1992,
quando 14 associazioni di categoria crearono un gruppo chiamato “Efficient Consumer
Response Movement”, con lo scopo di guidare una trasformazione nelle pratiche del
SCM, sottolineando l’importanza e il bisogno di creare relazioni di fiducia tra
manufacturer e retailer, basate sulla condivisione di informazioni strategiche per
ottimizzare i risultati dell’intera catena.
Per sono state create diverse tecniche nel mondo industriale:
Vendor managed inventory (VMI): con il VMI le scorte del cliente vengono gestite
direttamente dal fornitore, che ha visibilità sul livello di giacenza e sui piani di
produzione del cliente, se non addirittura sulla domanda a valle e sulle attività
promozionali, e in base a queste informazioni provvede autonomamente a
riapprovvigionare la merce (Spina,2012).
Il fornitore si prende quindi carico di una decisione tradizionalmente presa dal cliente,
con gli obiettivi di aumentare la disponibilità della merce e ridurre il buffer di scorte di
ambo le parti.
Waller (Waller,1999) ha identificato, tramite simulazione, che tramite VMI i fornitori
possono migliorare il servizio e contemporaneamente ridurre i costi.
L’introduzione del VMI permette al supplier di livellare la domanda e di avere più tempo
per reagire, portando benefici nella pianificazione della produzione e nella gestione
delle scorte.
Nonostante i riconosciuti vantaggi, il VMI ha inizialmente avuto problemi ad imporsi a
causa di mancanza di fiducia nella controparte e quindi di volontà di condividere
informazioni; per questo motivo Kaipia (Kaipia,Holmstrom,Tanskanen,2002) ha costruito
un modello che misurasse quantitativamente i benefici dell’implementazione del VMI:
attraverso indicatori come il response time, il reorder point e il mean absolute deviation
of demand applicati a casi reali, ha dimostrato l’efficacia del VMI rispetto alla soluzione
tradizionale, soprattutto nel caso di bassi volumi e alta varietà di prodotti.
Quando il movimento ECR è stato lanciato, si pensava che il VMI (nato
precedentemente) sarebbe diventato uno standard comune nel mondo industriale;
tuttavia molte imprese sono migrate verso altre tecniche di collaborazione, in quanto il
VMI aveva la debolezza di non provvedere un adeguato livello di visibility della supply
chain totale;
Continuous replenisment (CR): il CR fa un passo avanti rispetto al VMI. Per la prima
volta i dati relativi ai punti vendita (POS) sono usati per generare previsioni di vendita: la
politica di gestione delle scorte è quindi basata sulle previsioni create dalle domande
storiche, e non più solamente sulla variazione dei livelli di scorte nel magazzino del
cliente.
il cliente condivide informazioni su giacenze, vendite e promozioni; il supplier rifornisce
frequentemente (anche quotidianamente) in modo da mantenere le scorte all’interno di
un range stabilito. Il prerequisito fondamentale è la possibilità di consegnare
rapidamente e a costi contenuti. In questo modo vengono ridotte le scorte aumentando
la disponibilità dei prodotti;
Collaborative planning, forecasting and replenishment (CPFR): la caratteristica
distintiva del CPFR è che le decisioni non sono delegate al fornitore ma prese
congiuntamente con il cliente. Le due parti condividono le informazioni e formulano
entrambe previsioni di domanda. Alla base del CPFR c’è la volontà di colmare i gap
lasciati dalle precedenti metodologie; ora vengono affrontate in maniera nuova e
completa le questioni relative all’influenza delle promozioni e dei cambiamenti del
pattern di domanda nella creazione di previsioni, alla pratica di mantenere alti i livelli di
scorta per una migliore disponibilità on the shelf, e alla mancanza di coordinamento tra
il processi di acquisto e la pianificazione logistica.
Alcuni dei benefici del CPFR sono: cicli di ordine più prevedibili, riduzione costi,riduzione
danneggiamenti,consegne più piccole e frequenti, informazioni accurate e
tempestive,miglioramento del servizio al cliente finale, produzione dilazionata, riduzione
stock-out, alto turnover delle scorte e riduzione over-stock (Barratt,Oliveira,2001).
3.2.2 Tecnologie abilitanti
Le tecnologie per l’informazione e la comunicazione (ICT) sono una risorsa
fondamentale per aiutare le impresa a collaborare e a raggiungere alti livelli di visibility.
Oltre agli strumenti tradizionali come telefono e fax, ai sistemi propriatari sviluppati
internamente e agli EDI (Electronic Data Interchange), cioè tecnologie di scambio
asincrono dei dati in formato elettronico, esistono altre soluzioni di recente sviluppo che
sono e saranno importanti per migliorare la SC visibility: tecnologie di localizzazione e
comunicazione (XML, ebXML, Bluetooth, WiFi, WiMax, Wibro, Zigbee, Ultra-Wide Band,
RuBee, infrared), gli RFID (Radio Frequency Identification), la digitalizzazione delle
infrastruture pubbliche nell’era dell’IOT (Internet of Thinghs) e i sensori MEMS-based.
Il focus di queste ultime tecnologie è sulla cosiddetta “product visibility”, cioè la capacità
di tenere traccia del prodotto lungo tutto il suo ciclo di vita, dalla sua concezione,
fabbricazione, distribuzione all’utilizzo presso il cliente. Si usa il termine tracking per
definire l’ablità di seguire il prodotto downstream verso il cliente finale, mentre tracing
per indicare la capacità di ripercorrere il cammino e la storia del prodotto upstream
verso i fornitori: tracking e tracing sono attività complementari con lo scopo di
accrescere la sicurezza e la certificazione del prodotto, ottimizzare la pianificazione dei
sistemi di produzione e distribuzione, individuare le fonti di problemi di qualità e gestire
efficientemente la logistica inversa (Musa et al.,2013).
La prima tecnologia nata per tenere traccia dei prodotti è il codice a barre che, applicato
su un prodotto, riporta dati e informazioni in base alla lunghezza delle barre e alla
spaziatura tra esse. È molto utile soprattutto per la gestione del magazzino e per
raccogliere informazioni sulle vendite. I lati negativi sono relativi al fatto che, una volta
stampati, i dati non possono essere più cambiati e al fatto che i dati possono essere letti
solo in prossimità del codice tramite uno scanner.
Gli RFID superano questi limiti e apportano numerosi vantaggi, motivi per cui sono negli
ultimi anni hanno acquisito notevole popolarità tra gli studiosi e professionisti.
Si tratta di tecnologie per l’identificazione automatica di informazioni, basata sulla
capacità di memorizzazione di dati da parte di particolari etichette (tag o trasponder)
poste sul prodotto, che rispondono all’interrogazione a distanza da parte di appositi
strumenti (reader). Questa comunicazione avviene tramite radiofrequenza, per cui il
reader è in grado di leggere e modificare le informazioni contenute nel tag. Quest’ultimo
è costituito essenzialmente da un microchip che contiene i dati e da un’antenna, mentre
solo alcuni sono dotati di batteria interna.
Il Lettore emette un campo elettromagnetico/elettrico che tramite il processo della
induzione genera nell'antenna del tag una corrente che alimenta il chip. Il chip così
attivato trasmette i dati in esso contenuti tramite l'antenna al reader.
Rispetto al codice a barre, i chip degli RFID non necessitano di essere visibili per essere
decifrati e le informazioni possono essere aggiornate continuamente.
I benefici attuali e le potenzialità degli RFID sono notevoli e spaziano in ogni campo,
ovviamente anche in quello del SCM, grazie allo loro capacità di tracciare i prodoti e
migliorare la visibilità della catena, con tutti i vantaggi che ne conseguono.
3.2.3 Effetto bullwhip
L’applicazione di tecniche volte a migliorare la visibility e la condivisione di informazioni
lunga la SC porta a ridurre il famoso effetto bullwhip, cioè l’amplificazione della
variabilità della domanda che si riscontra risalendo la filiera da valle a monte, fenomeno
che fu notato per la prima volta da Forrester nel 1958.
Per lungo tempo l’effetto bullwhip fu accettato come una normale ed inevitabile
conseguenza del sistema order-to-deliver, ma in realtà è dovuto a determinate politiche
di gestione della supply chain.
Le cause del bullwhip sono essenzialmente quattro:
“Filtri” lungo la filiera Ogni stadio della SC costituisce un filtro che osserva i propri dati di domanda, elabora
previsioni ed emette ordini in funzione di specifiche politiche. Tutto ciò perturba
l’informazione originaria e genera dati di domanda allo stadio a monte che non
dipendono esclusivamente dalla domanda a valle. Ad esempio un aumento nella
domanda finale potrebbe indurre il retailer ad emettere un ordine a monte superiore in
funzione della volontà di aggiustare le proprie scorte di sicurezza; se ogni attore si
comportasse in questo modo, i fornitori più a monte riceverebbero una domanda
decisamente maggiore rispetto a quella reale, che calerebbe profondamente al di sotto
di quella originale nel periodo successivo nel caso in cui la domanda finale si
stabilizzasse.
Inoltre la presenza di tempi di emissione ed elaborazione ordini amplifica il fenomeno.
Politiche di lottizzazione
Lotti minimi di riordino, di produzione e di trasporto necessari per ridurre costi di
emissioni ordini, per facilitare il processo di approvvigionamento, per ridurre tempi di
set-up e per ottimizzare le consegne, generano inevitabili perturbazioni nella domanda.
Fluttuazione dei prezzi
Azioni commerciali e di marketing, modifiche del listino prezzi e attività promozionali
sono metodi per aumentare la domanda nel breve periodo, con la inevitabile
conseguenza di deprimerla nei periodi successivi innescando l’effetto bullwhip.
Allocazione della capacità
Un’ultima causa è l’allocazione di capacità produttiva da parte degli stadi a monte della
catena. Un’impresa, di fronte alla possibilità che il fornitore non abbia sufficiente
capacità per soddisfare tutte le richieste dei clienti, può decidere di “gonfiare” il proprio
ordine nella speranza di ricevere quantomeno la quantità di merce necessaria per
soddisfare la propria domanda evitando di andare in stock-out.
Oltre alla necessaria riduzione dei lead times, la soluzione per evitare la perturbazione
della domanda e le inefficienze ad essa connessa è quella di aumentare la visibilità,
condividendo le informazioni, permettendo a tutti i partner di vedere i reali dati di
domanda e di scorte in ogni stadio, monitorando lo stato di avanzamento degli ordini e
dei materiali, pianificando congiuntamente le azioni.
In letteratura esistono svariati studi che dimostrano analiticamente come la
condivisione di informazioni possa ridurre il bullwhip effect. Lee (Lee et al.,2000) ha
studiato l’impatto benefico della condivisione di informazioni in una supply chain a due
livelli; Cachon e Fisher (Cachon, Fisher, 2000) hanno dimostrato lo stesso tramite un
modello che comprendeva più retailer; Aviv (Aviv,2001) ha quantificato il beneficio
dell’applicazione di tecniche CPFR nella riduzione dell’effetto bullwhip; Ouyang
(Ouyang,2006) ha identificato analiticamente la riduzione dell’amplificazione della
domanda in caso di condivisione di informazioni in una supply chain multi-stadio.
3.2.4 Approfondimenti e modelli
In letteratura sono stati proposti svariati modelli e framework più o meno quantitativi
con l’obiettivo di estendere o analizzare più profondamente il concetto di visibility.
In questa sezione sono stati analizzati gli articoli risulatati maggiormente citati in
letteratura.
Barratt e Oke (Barratt,Oke,2007) sottolineano che in tutti gli studi esistenti sulla
tematica manca il collegamento tra la condivisione di informazioni e la visibility: gli
autori che solo una “distinctive visibility” porti a un vantaggio competitivo sostenibile, e
per ottenere tale grado di visibilità è necessario che l’informazione condivisa sia
tempestiva, utile, basasta sulla fiducia,accurata e utilizzabile prontamente.
Lo scopo principale del suo studio è fornire un modo di valutare, basandosi sulla
resource-based-theory, se una risorsa che aumenti la condivisione di informazioni lungo
la catena, abbia i requisiti per creare vantaggio sostenibile, ciòè che sia: valuable (nel
senso che migliori l’effficienza o l’efficacia); rare (in modo da svantaggiare i concorrenti
che non la possiedono); imperfectly imitable; imperfectly mobile (in modo da evitare
competizione nell’ottenerla); non substituable.
Solo se una risorsa ha queste caratteristiche, ossia è VRINN (usando l’acronimo dei citati
requisiti) può creare un tale livello di visibilità che crei vantaggio sostenibile.
Caridi et al. (Caridi,Crippa,Perego,Sianesi,Tumino,2010) studiano l’impatto della
configurazione della SC sulla livello necessario di visibility per l’impresa focale. In
particolare vengono considerati due dimensioni: la virtuality (il grado con cui un’impresa
si basa sulla SC per fornire il proprio prodotto/servizio) e la complexity (dipendente dal
numero di nodi e livelli della SC). Viene costruito un modello analitico per misurare
quantitativamente il grado di questi due fattori e il livello di visibility attuale (in funzione
di quattro flussi informativi ritenuti più importanti nell’influenzare le performance
dell’impresa) per evidenziare la relazione che intercorre tra essi. Il modello proposto è
utile per le imprese che vogliono valuatare il proprio livello di visibility in funzione della
configurazione della SC e identificare le aree in cui apportare miglioramenti.
Riprendendo il lavoro precedente, Caridi et al. (Caridi, Perego,Moretto,Tumino,2014)
sviluppano un modello di value assesment, con lo scopo di valuatare l’impatto di un
aumento di visibility sulle performance dell’impresa focale.
Vengono identific ati, sulla scia del lavoro precedente, quattro tipi di flussi informativi,
sui quali un impresa può essere maggiormente interessata nel guadagnarer visibilità:
transactions (informazioni comunicate quando avviene un evento); status information
(informazioni descriventi lo stato di risorse/processi); master data (informazionin
relative a caratteristiche dei prodotti); operational plans (informazioni realtive ai piani
futuri dell’impresa). Da queste quattro tipologie sono stati elencati dieci principali flussi
informativi, mentra dalla letteratura sono stati identificati i kpi (key performance
indicator) che vengono maggiormenti influenzati da un aumento di visibility nei suddetti
flussi. A questo punto tramite la creazioni di mappe causali e seguendo il modello
proposto consistente in un’analisi a nove step, ogni impresa può valutare
qualitativamente il beneficio ottenibile da un investimento in visibility.
Zhang et al. (Zhang,Goh,Meng,2011) esplorano il concetto di visibility dalla prospettiva
della gestione delle scorte. L’inventory visibility è un aspetto importante della SCV, in
quanto fornisce alle imprese informazioni sulle scorte a magazzino e in transito in modo
da rendere la supply chain più efficace ed efficiente.
Gli autori credono che che per ottenerre un alto livello di visibility sia necessario
quantificare oggettivamente l’inventory visibility (IV), cioè la capacità di
accedere/fornire informazioni tempestive riguardo le scorte coinvolte nella SC; per
questo propongono un modello matematico per individuare l’IV per ogni nodo della
catena e per la SC in totale. Il modello può essere utilizzato per una migliore
comprensione della tematica, per favorire la collaborazione e per supportare il processo
decisionale dal punto di vista tattico e strategico.
Williams et al. (Williams,Roh,Tokar,Swink,2013) si focalizzano sull’impatto che la
visibility può avere sulle capacità di reattività e flessibilità dell’impresa, virtù
fondamentali nell’attuale ambiente competitivo in costante mutamento. Gli autori
dimostrano attraverso una un’ampia nalisi di dati su 206 imprese che la condivisone di
informazioni e la visibilità che ne risulta non sono da sole sufficienti per migliorare la
responsiveness dell’impresa: l’anello di giunzione è l’integrazione interna, cioè la
capacità dell’impresa di strutturare procedure, pratiche e comportamenti in un processo
collaborativo e sincronizzato che superi le barriere all’interno dell’organizzazione e
faccia fluire l’informazione in modo cross-funzionale, in modo da miglioare il processo
decisionale.
Lee e Christopher. (Lee,Cheistopher,2004) studiano i benefici della visibility sulla
gestione del rischio in una supply chain. Essi affermano che nell’attuale contesto di
business, volatile e instabile, le supply chain sono esposte maggiormante a rischi di
“disruption” dai punti di vista finanziario (obsolescenza, stock-out, markdowns), di caos
(distorsione della domanda, interventi non necessari, sfiducia) e di mercato (opportunità
mancate, trend non individuati).
Gli autori individuano l’esistenza di un circolo vizioso, una “spirale di rischio”. La
mancanza di informazioni e quindi di visibilità sulla “pipeline”(cioè il flusso di
informazioni e materiali) della supply chain porta a mancanza di fiducia da parte dei
manager, alla quale essi reagiscono ad esempio creando buffer di scorte: il risultato di
questo comportamento è l’aumento di lunghezza della catena, il che provoca tempi di
percorrenza maggiore e, in ultima istanza, una minore visibilità sulla situazione. I rischi
della SC derivano proprio dalle cattive performance generate da questo circolo. L’unico
modo per uscire dalla spirale è investire fin da subito in visibilità e controllo, in modo da
migliorare le performance necessarie epr mitigare il SC risk.
Tra i numerosi studi di simulazione con l’obiettivo di valutare l’effetto dell’information
sharing sulle performance della supply chain, di particolare interesse sono quelli di
Srinagesh Gavirneni .
Gavirneni et al. (Gavirneni, Kapuscinski, Tayur,1999) studiano le prestazioni di una
supply chain a due stadi (supplier-retailer) confrontando 3 modelli: uno tradizionale in
cui non c’è scambio informativo tra i due livelli eccetto la conoscenza della domanda
storica da parte del supplier (modello 0); un modello in cui il supplier conosce la politica
di inventory (s,S) del retailer, in particolare i paramentri “s” e “S”, rispettivamente il
livello minimo di scorte sotto il quale il retailer effettua l’ordine e il livello che vuole
raggiungere dopo la consegna del supplier (modello 1); un modello analogo al
precedente, in cui però il supplier è a conoscenza periodicamente dell’atuale domanda
del retailer (modello 2).
I risultati a cui giungono gli autori sono che il costo della SC per tutti i modelli aumenta
con l’incremento dei costi di mantenimento e della variabilità e con il decremento della
capacità del supplier. Il modello 2 risulta migliore degli altri, a dimostrazione del
beneficio della visibility. L’aumento di information sharing è particolarmente benefico in
casi di capacità del supplier alta, coefficiente di variazione della domanda moderato e
differenza tra “s” e “S” moderata.
In un lavoro successivo, Gavirneni (Gavirneni,2002) mette a confronto due modelli, il
modello 1 è analogo a quello dello studio precedente, mentre nel modello 2 il supplier è
a conoscenza della domanda cumulata ricevuta dal retailer dall’ultimo ordine e quindi è
sicuro che il periodo successivo quest’ultimo effettuerà l’ordine. Questo aumento di
information sharing migliora le performance del sistema soprattutto per alti livelli di
capacità del supplier, per alti costi di penalty del supplier, per bassi costi di penalty del
retailer, per bassi livelli di costi fissi (set-up) e per bassi livelli di variabilità.
Infine Gavirneni e Kwak (Gavirneni,Kwak,2011) confrontano un modello di inventory
(s,S) con uno a intervallo fisso di riordino e con uno a quantità fissa di riordino, con e
senza condivisione di informazioni. Il beneficio globale di passare da un modello
ottimale per il retailer, quello (s,S), ai due modelli sub-ottimali è amplificato nel caso di
infomation sharing, soprattutto per alti valori di costi fissi e per bassi valori di variabilità
e del rapporto tra costi di penalty e costi di mantenimento.
3.3 Lean management
La produzione snella (lean management o lean production) è una filosofia produttiva e
gestionale nata negli anni ‘50 in Giappone nel settore automobilistico, in particolare alla
Toyota (per questo definita anche Toyota production system); estesa inizialmente nelle
altre industrie automobilistiche nipponiche, si è poi affermata anche in occidente e in
svariati settori industriali.
Il termine ‘produzione snella’ è stato coniato da Womack e Jones nel libro “La macchina
che ha cambiato il mondo”, in cui i due studiosi hanno confrontato le prestazioni e le
modalità di gestione dei principali costruttori occidentali a produzione di massa con
quelli giapponesi, identificando le cause della superiorità di quest’ultimi.
Prima di addentrarsi nei principi, nelle metodologie e nelle tecniche lean, è interessante
rivivere storicamente la nascita di questa rivoluzionaria filosofia produttiva, basandosi
proprio sul lavoro di Womack e Jones.
3.3.1 Le origine del lean management
Fino al 1950 l’industria automobilistica mondiale era trainata da 3 grandi colossi
americani (Ford, General Motors e Chrysler) e da alcune crecenti imprese europee (Fiat,
Wolkswagen, Renault), il cui paradigma produttivo era la produzione di massa. Questa
modalità di fabbricazione e gestione del lavoro, nata nei primi anni del’900, aveva
superato i limiti della produzione artigianale, che garantiva ovviamente grande varietà di
gamma ma al contempo comportava costi elevati, tempi di consegna lunghi e una
capacità produttiva limitata; soddisfaceva un mercato di nicchia composto da pochi
ricchi clienti che desideravano un’auto su misura ma non era adatto a un mercato ‘di
massa’ in costante espansione.
Si può affermare che la produzione di massa in campo automobilistico sia stata
inventata da Henry Ford nel 1908 e perfezionata negli anni ‘20 da Alfred Sloan della
General Motors.
Ford ideò un sistema di produzione a costi bassissimi e ad alti volumi, progettò una
vettura in funzione dell’assemblaggio e facile da usare e da mantenere, permettendo
quindi a chiunque di possedere un’automobile.
Il concetto chiave della produzione di massa era l’intercambiabilità dei pezzi e la
semplicità di incastro; gli sforzi per standardizzare i pezzi, l’idea di avvicinare le parti al
banco di lavoro e di ridurre il numero di operazioni per addetto comportarono risparmi
in termini di costi, migliorarono la specializzazione e l’esperienza degli operatori e
ridussero il tempo di ciclo (aumentando quindi la produttività). Questi vantaggi furono
sublimati dalla rivoluzionaria introduzione in ambito automobilistico , sempre da parte
di Ford, della catena di montaggio in movimento. In definitiva le scoperte di Ford
riducevano la quantità di lavoro necessaria e dimostravano che maggiore era la quantità
prodotta e minore era il costo unitario.
Ford perfezionò il sistema in modo da arrivare anche all’intercambiabilità dell’operaio
grazie a una estrema divisione del lavoro, che permetteva a chiunque di lavorare
efficientemente dopo un training di solo qualche minuto; accanto all’operatore
nascevano nuove figure professionali: il tecnico di lavoro che si occupava del modo in
cui i pezzi dovevano essere assemblati, il caporeparto, gli addetti alle riparazioni e al
controllo qualità.
Per quanto riguarda l’organizzazione dell’impresa, Ford perseguì l’idea della totale
integrazione verticale (esemplare lo stabilimento di Rouge), in modo da ottenere tempi
di consegna ridotti, tolleranze dei pezzi ridotte e le economie di scala necessarie alla
riduzione dei costi.
Anche se la varietà di gamma era bassa, il prezzo del prodotto, la facilità d’uso e le
innovazioni tecniche decretarono un successo schiacciante per Ford.
Sloan, direttore della General Motors, perfezionò le idee di Ford in un ambiente diverso
rispetto a quello in cui lavorava l’ideatore della produzione di massa: la GM controllava
decine di imprese automobilistiche, gestite separatamente e con alto livello di
sovrapproduzione. Sloan decise di creare delle unità decentralizzate amministrare dalla
sede centrale e gestite quindi come centri di profitto; razionalizzò la gamma risolvendo il
trade-off tra standardizzazione e soddisfacimento di una domanda di mercato sempre
più variegata.
Unendo tutti i concetti finora espressi si ottiene la forma compiuta della produzione di
massa, un paradigma di successo che non tardò ad affermarsi anche in Europa.
Nel 1950 Eiji Toyoda (membro della famiglia Toyoda e della Toyota Motor Company)
visitò lo strabiliante stabilimento di Rouge di Ford. Capì che in Giappone la produzione di
massa occidentale non avrebbe funzionato ma al contempo intuì che quel sistema di
produzione potesse essere migliorato. Tornato in Giappone, Toyoda e Taiichi Ohno
diedero vita a quello che sarebbe stato chiamato Toyota production system e, in ultima
istanza, alla lean production.
La situazione politica e sociale giapponese nel dopoguerra era sensibilmente diversa da
quella americana dei primi anni del ‘900: il mercato interno era limitato ma la domanda
abbracciava un’ampia gamma di veicoli; i lavoratori non tolleravano di essere trattati
come pezzi intercambiabili e le organizzazioni sindacali difendevano strenuamente i loro
diritti, per di più in Giappone non c’erano molti immigrati disposti ad accettare
condizioni di lavoro inadeguate in cambio di alti salari; l’economia giapponese devastata
dalla guerra impediva grossi investimenti; i grandi colossi automobilistici erano ansiosi di
operare in Giappone ed erano pronti a difendere arduamente i propri mercati. Il
governo pensò che il modo migliore per far crescere l’industria dell’auto interna fosse
forzare la concentrazione delle imprese in pochi enormi gruppi: la Toyota, la Nissan e
altre fabbriche, invece, sfidarono il governo e si misero a produrre gamme complete di
vetture. Per fare ciò, e in generale per conquistare il settore automobilistico mondiale,
tuttavia, serviva un diverso tipo di approccio rispetto alla produzione di massa.
Il primo problema che risolse Ohno fu quello relativo al set up degli stampi: il metodo
dei grandi produttori occidentali non poteva essere replicato in Toyota perché era
necessaria una scala minima di produzione troppo elevata per l’economicità
dell’operazione; si poteva pensare di alternare gli stampi sulla linea di montaggio per
fabbricare pezzi diversi ma, data la criticità e le problematiche dell’attività di
sostituzione, questo non era possibile. All’aumentare della domanda, imprese
occidentali decisero di dedicare una serie di stampi a un unico modello, in modo che
questi non venissero cambiati per mesi, ma per il budget della Toyota ciò era
impraticabile.
La soluzione di Ohno fu quella di trovare tecniche innovative per ridurre il tempo
necessario al set up, che passò da giorni a minuti. Scoprì inoltre che stampare piccoli
lotti diminuiva il costo in quanto eliminava lo stock (e quindi le spese di immobilizzo) e
facilitava l’individuazione di difetti (e quindi riduceva gli sprechi).
Per fare in modo che questo sistema sistema funzionasse, l’impresa aveva bisogno di
lavoratori qualificati e altamente motivati. Questo caratteristica era stata raggiunta
negli anni ’40 quando, a causa di avverse condizioni macroeconomiche del paese, la
Toyota decise di licenziare metà dell’organico; il sindacato si oppose e la soluzione che
accontentò tutti fu quella di trattenerne il 75% della forza lavoro con contratto a vita,
con salari legati all’anzianità e con numerosi benefits, a patto che la forza lavoro si
impegnasse ad essere flessibile nei compiti e propositiva: nacque la comunità Toyota, un
modo del tutto nuovo di gestire i dipendenti, che si estese nelle altre aziende
giapponesi.
Il modo innovativo con cui la Toyota gestiva i dipendenti comportò importanti
cambiamenti nelle operazioni di assemblaggio. Nelle imprese occidentali la
parcellizzazione del lavoro era portata agli estremi, gli operatori eseguivano sempre le
stesse poche attività e non avevano autorità, volontà e competenze per poter proporre
miglioramenti; inoltre, data l’importanza della produttività, la linea di montaggio non
veniva mai fermata neanche se un pezzo fosse stato montato in maniera errata perché i
difetti venivano ispezionati e riparati nel reparto qualità a valle della linea, con la
spiacevole conseguenza che un difetto veniva ampliato per tutta la linea, veniva
individuato solo alla fine e ciò portava a grande spreco di tempo, materiali e fatica.
Ohno riteneva che questo sistema fosse impregnato di muda (spreco) ed era convinto
che bisognasse dare più importanza agli operatori: diede la possibilità ad ogni lavoratore
di fermare la linea in qualsiasi momento nel caso avesse individuato un difetto, dopo di
che tutto il team avrebbe partecipato per risolverlo e per evitare di farlo capitare
nuovamente agendo sulle cause. Ovviamente all’inizio la linea si interrompeva
continuamente ma dopo poco tempo il rendimento e la qualità superarono quello delle
imprese a produzione di massa.
Un’altra importante differenza riguarda la catena di approvvigionamento. L’idea iniziale
delle imprese a produzione di massa, come detto, era quella della totale integrazione
verticale; in seguito ai cambiamenti del mercato, della domanda e della complessità
tecnologica, iniziarono a basarsi su fornitori di componenti. Il disegno del progetto era
tuttavia creato totalmente dallo staff tecnico dei produttori e imposto ai fornitori, che
venivano scelti di volta in volta in base a parametri come prezzo, qualità e tempi di
consegna; i fornitori non avevano opportunità di proporre miglioramenti anche perché
non ottenevano nessuna informazione sul progetto del resto della vettura, non
potevano comunicare orizzontalmente con gli altri fornitori, erano costretti a tenere un
grande stock di prodotti finiti in magazzino per sopperire ai cambiamenti improvvisi
degli ordini dei costruttori e non avevano alcun interesse nel comunicare al cliente un’
eventuale innovazioni che riduceva i propri costi. Questo conflittuale tipo di relazione
quindi causava diverse inefficienze.
La Toyota invece organizzò i fornitori in fasce funzionali, in base al componente
fabbricato e ogni fornitore interagiva a sua volta con produttori dei singoli pezzi; i
fornitori della stessa fascia potevano comunicare tra loro in quanto non erano
concorrenti e ottenevano tutte le informazioni per effettuare migliorie sul progetto, che
era disegnato in concomitanza con Toyota stessa e non imposto da quest’ultimo. Molto
spesso tra cliente e fornitore avvenivano scambi di personale, di partecipazioni azionarie
e aiuti finanziari. Il flusso di componenti era strutturato secondo la logica del just in time
attraverso l’utilizzo di kanban, per cui solo nel momento in cui il cliente inviava un
container vuoto, il fornitori iniziava la produzione per riempirlo nuovamente, in modo
da evitare sovrapproduzione.
Questo tipo di relazione portò ovviamente diversi vantaggi.
Il sistema produttivo Toyota si dimostrò più adatto rispetto alla produzione di massa
quando il settore automobilistico dovette rispondere al cambiamento nella domanda
del consumatore in termini di ampiezza di gamma. L’industria giapponese, grazie alla
sua organizzazione, era in grado di avere una varietà di veicoli maggiore rispetto ai
colossi occidentali, e riusciva a farlo con un modesto incremento dei costi; per di più, dal
momento che la vita media del prodotto è di pochi anni, la capacità delle imprese
nipponiche di evitare la sovrapproduzione garantiva un notevole vantaggio economico.
L’ultimo punto su cui concentrare l’attenzione è quello relativo alla differenza nel
rapporto con la clientela. Le imprese a produzione di massa instauravano con i
concessionari un rapporto freddo e conflittuale (simile a quello visto con i fornitori): i
produttori vedevano i concessionari come degli ammortizzatori contro la ciclicità della
domanda, imponevano loro l’acquisto di un certo numero di vetture, scaricando quindi
l’onere del magazzino e assicurandosi al contempo una produzione regolare; nessuna
delle due parti aveva interesse nel condividere informazioni sul mercato e questo
portava a sfiducia ed inefficienze. La natura della relazione giapponese era totalmente
differente in quanto il concessionario veniva visto come parte integrante della comunità
Toyota: poteva essere di proprietà dell’azienda o avere una partecipazione azionaria ma
in ogni caso aveva un destino comune con il produttore. Essendo lo stadio più vicino al
cliente, era visto come la prima fase nel sistema kanban, e quindi il trigger che fa partire
tutta la catena a monte. Una variabilità troppo alta della domanda in termini di mix e
volume avrebbe creato dei problemi al sistema, allora i concessionari cominciarono a
contattare direttamente il cliente (anche porta a porta), a registrare i dati per anticipare
i suoi acquisti al variare del reddito, del nucleo familiare, dei gusti di guida. Per Toyota la
fedeltà al marchio del cliente finale era un obiettivo fondamentale perciò il
consumatore, il quale partecipava anche al processo di progettazione dei nuovi prodotti,
veniva inserito a tutti gli effetti nella famiglia Toyota.
Quelle descritte sono solo alcune delle innovazioni che la Toyota (Ohno in particolare) e
altri produttori giapponesi introdussero nell’industria mondiale, creando una
rivoluzionaria filosofia e decretando una nuova era sia nel campo della produzione di
beni che di servizi.
3.3.2 I principi lean
Nel momento in cui il mondo industriale occidentale si convinse dei vantaggi della
produzione snella e comprese che essi non derivavano semplicemente da differenze
culturali o di salario rispetto al Giappone, si è cercato di verbalizzare le metodologie, le
tecniche e i principi snelli in modo da permettere facilmente a tutti i manager del
mondo di applicarli nelle loro imprese.
Anche in questo caso ci vengono incontro Womack e Jones, che dopo il saggio “The
machine that changed the world”, hanno deciso di esplicare i principi base della
produzione snella nel libro “Lean Thinking”. Gli autori individuarono 5 principi
fondamentali:
La definizione del valore
Il punto di partenza è il concetto di valore, che può essere definito esclusivamente dal
cliente finale e assume un significato solo nel momento in cui lo si esprime in termini di
uno specifico prodotto in grado di soddisfare un’esigenza a un dato prezzo e in un
preciso momento. Fare questo è molto difficile. Molto spesso i manager si focalizzano su
profitti di breve termine, cercando modi per tagliare i costi e sottratte profitti a clienti e
fornitori oppure si impegnano per creare prodotti sofisticati utilizzando processi
produttivi complessi e avanzati tecnologicamente, senza soffermarsi su ciò che
veramente il cliente necessita.
Fornire il prodotto sbagliato, anche se nel modo giusto, è muda.
Le difficoltà nel definire correttamente il valore derivano innanzitutto dal fatto che i
produttori desiderano continuare a fare quello che hanno sempre fatto e che i clienti
sanno solo chiedere varianti del prodotto in termini di costo, consegna e
personalizzazione, mentre dovrebbero analizzare insieme il valore, metterne in
discussione la definizione tradizionale e capire di cosa ci sia veramente bisogno; inoltre
molto spesso la creazione di valore avviene attraverso più imprese e ciascuna tende a
definirlo diversamente, a focalizzarsi sulle proprie esigenze e sulla propria “efficienza”
senza guardare al prodotto nel complesso con gli occhi del cliente.
Per ridefinire i prodotti le imprese devono cominciare a rivolgersi in modo nuovo ai
clienti e parlare in modo nuovo con le altre aziende che si trovano lungo lo stesso flusso.
L’obiettivo più importante nel definire il valore, una volta definito il prodotto, è quello di
determinare un target cost. Questo concetto è diametralmente opposto a quello
tradizionale, in cui una volta individuato il costo di produzione, si aggiunge un mark-up e
si definisce il prezzo come somma dei due termini; il metodo nipponico porta a
individuare il prezzo che il cliente è disposto a spendere e da questo si procede a ritroso
fissando un target di costo massimo.
Una volta definito, il target cost diventa la lente tramite cui analizzare e controllare tutto
il flusso di valore del prodotto.
L’identificazione del flusso di valore
Il flusso di valore è costituito dall’insieme delle azioni richieste per condurre un dato
prodotto i 3 compiti critici del management di qualsiasi business: la trasformazione fisica
delle materie prime in prodotto finito per il cliente; la risoluzione di problemi
dall’ideazione al lancio in produzione, la gestione delle informazioni dal ricevimento
ordine alla consegna.
L’analisi del flusso per ciascun prodotto rivela sempre quantità enormi di muda, in
particolare porta ad identificare tre tipi di attività:
1. Attività che creano valore (i.e. attività per cui il cliente è disposto a pagare).
2. Attività che non creano valore ma, stanti le attuali tecnologie e processi
organizzativi, sono inevitabili ( e.g. un’attività di controllo qualità a fine linea non
crea valore per il cliente, ma è ineliminabile a meno che non si trovi una
tecnologia o un metodo organizzativo che permetta di produrre qualsiasi pezzo
con la sicurezza che non ci siano difetti).
3. Attività che non creano valore e possono essere eliminate immediatamente.
Una volta rimosse le attività della terza categoria bisogna concentrarsi su quelle della
seconda, attraverso l’uso di tecniche e metodologie che garantiscano al sistema di
funzionare senza di esse.
L’analisi non va effettuata solo all’interno di un’impresa, ma lungo tutta la supply chain e
considerare tutte le attività implicate nel prodotto, dall’ideazione all’effettiva
disponibilità,
dalla vendita alla consegna attraverso la programmazione della produzione e dalle
materie prime fino alle mani del cliente finale.
Molto spesso un’analisi del flusso rivela che dal momento in cui vengono reperite le
materie prime al momento in cui il prodotto finito è stato consegnato al cliente,
trascorre un’enorme quantità di tempo di cui sono una esigua frazione è a valore
aggiunto. Questo spreco di tempo è riconducibile a diverse cause. Ad esempio capita
che i pezzi, anche se pronti per la fase successiva, rimangono in attesa perché per
effettuare grossi spostamenti (magari per sfruttare costi del lavoro o dell’energia più
bassi) l’efficienza richiede che il mezzo di trasporto sia saturo; oppure si generano ritardi
perché, se in produzione si utilizzano grossi impianti molto automatizzati, la tendenza è
produrre ingenti lotti di ogni tipo di prodotto altrimenti l’elevato numero di set-up
inficerebbe sull’economicità del sistema; spesso poi il prodotto trascorre molto tempo
nei magazzini in attesa di essere prelevato, in quanto la domanda non è nota ma solo
prevista.
Ciò che sembra essere efficiente per ogni impresa presa singolarmente lungo il flusso, in
realtà nasconde grandi sprechi ed inefficienze se si analizzano le attività in modo
globale.
Far scorrere il flusso
Una volta che il valore è stato definito e il relativo flusso identificato, bisogna fare in
modo che le attività realmente creatrici di valore fluiscano naturalmente senza
interruzioni.
Questo punto richiede un’importante cambiamento di forma mentis in quanto la logica
tradizionale porta a ragionare in termini di uffici e dipartimenti, dove le attività sono
raggruppate per tipologia in nome dell’efficienza e della facilità di gestione.
La lean production ribalta questa concezione di batch and queue; in accordo con essa
tutto funziona meglio se ci si focalizza sul prodotto piuttosto che sull’azienda o sulle
attrezzature, in modo che tutte le attività relative a un prodotto avvengano in un flusso
continuo.
Un esempio è relativo la progettazione di un prodotto, per cui l’idea è quella di creare
team dedicati con rappresentanti di tutte le funzioni coinvolte (marketing, attrezzeria,
ingegneria,acquisti) nello stesso ufficio, invece di spostare il progetto da ufficio a ufficio,
mettendolo in coda agli altri.
La maggior parte delle tecniche nate per aiutare lo scorrimento del flusso sono da
attribuirsi
al già citato Taiichi Ohno della Toyota che introdusse il concetto di just in time, per cui
ogni pezzo doveva essere disponibile nella giusta quantità, al momento giusto e nel
posto giusto, tutto per facilitare lo scorrimento dei flussi. Per raggiungere questo
ambizioso obiettivo era necessario livellare la produzione giornaliera (heijunka in
giapponese) per evitare colli di bottiglia e conseguente creazione di scorte.
Inoltre era fondamentale ridurre drasticamente i tempi di set-up per permettere alle
macchine di produrre lotti piccoli di una tipologia di prodotto e passare velocemente a
quella successiva non appena le parti già prodotte venivano raccolte dalla fase a valle.
La fabbrica viene ora divisa in aree produttive per linea di prodotto, dove tutte le attività
sono organizzate in sequenza, solitamente all’interno di un’unica cella in cui il prodotto
scorre senza interruzioni e scorte intermedie ( concetto espresso tramite l’espressione
“one piece flow”); rispetto ai grossi impiantii tradizionali, le macchine utilizzate nelle
celle sono spesso più piccole, più lente e meno automatizzate, ma più precise e
disponibili (grazie alle tecniche di Total Productive Maintenance); il personale deve
essere “esperto”, il lavoro standardizzato e il sistema a prova di errori (poka-yoke); è
importante il controllo visivo (tramite display e indicatori) in modo che chiunque sia
coinvolto nel processo possa comprendere lo stato di ogni attività; il lavoro è bilanciato
perché all’interno delle cella e in tutta la fabbrica c’è un ritmo da seguire, il takt-time,
che indica (tramite il rapporto tra tempo disponibile e domanda giornaliera) ogni quanto
bisogna completare un’operazione per soddisfare il cliente.
Ovviamente queste tecniche e metodologie per far scorrere il flusso possono essere
adattate a qualsiasi processo e a qualsiasi settore industriale, compreso quello dei
servizi.
Legare tutto al cliente
Il primo effetto visibile della conversione da reparti e lotti a team di prodotto e flussi è
che il tempo richiesto dall’ideazione al lancio del prodotto, dalla vendita alla consegna,
dalla materia prima al cliente, si riduce drasticamente. Il sistema snello permette di
realizzare qualsiasi prodotto in tempi brevissimi, in modo da soddisfare
immediatamente qualunque cambiamento nella domanda.
Questa straordinaria capacità permette all’impresa di fare a meno delle tradizionali
previsioni di vendita (che sono per definizioni sbagliate) per fare semplicemente ciò che
richiede il cliente: ora è il cliente che “tira” il prodotto da valle e non più l’azienda che lo
spinge da monte (anche se indesiderato). Bisogna quindi ragionare in ottica pull.
Pull significa che nessuno stadio a monte deve lavorare fino al momento in cui lo stadio
a valle effettua una richiesta (in caso contrario ci sarebbe muda di sovrapproduzione),
perciò una richiesta da parte del cliente finale rappresenta il trigger che metto in azione,
a ritroso, tutto il sistema.
Un modo pratico per lavorare in ottica pull è utilizzare la tecnica kanban: il kanban è un
cartellino (fisico o elettronico) associato a un prodotto o più spesso a un numero
definito di prodotti all’interno di un contenitore; nel momento in cui il contenitore viene
svuotato, in un qualsiasi stadio, il contenitore stesso e il relativo kanban vengono
consegnati alla fase a monte: questo è il segnale che fa partire la produzione.
Ragionare in logica pull ha anche il vantaggio di poter ridurre la variabilità della
domanda finale; infatti spesso essa è autoindotta dai produttori o distributori che
lanciano campagne di sconti promozionali per liberarsi delle scorte in eccesso ed è
amplificata a causa dei lunghi lead time:
l’applicazione dei principi lean elimina queste problematiche.
Inseguire la perfezione
I primi quattro principi interagiscono tra loro in un circolo virtuoso che porta a
identificare sempre dei possibili miglioramenti, in un processo costante di riduzione
degli sforzi, del tempo, degli spazi, dei costi e degli errori.
Il quinto principio sprona i manager a tendere verso la perfezione: non è sufficiente
ridurre il gap con i competitors, ma puntare al massimo risultato possibile. Questo
concetto può sembrare ambizioso e spavaldo ma la volontà di provarci dà l’ispirazione e
le linee guida essenziali per compiere progressi lungo il cammino.
Le imprese devono utilizzare in modo complementare due approcci: il kaikaku, ossia
miglioramento drastico e il kaizen, ossia miglioramento incrementale continuo.
È importante, inoltre, stabilire una visione , seguire una direzione alla volta in modo
chiaro, enunciare le politiche e fissare delle scadenze temporali per l’ottenimento dei
risultati.
Soprattutto per l’introduzione di questo principio, è spesso necessaria l’introduzione
nell’impresa di un agente del cambiamento, che vinca l’inerzia organizzativa e cambi i
valori aziendali.
In sintesi il Toyota Production System , e in generale la filosofia lean, si può sintetizzare
graficamente tramite la raffigurazione di una “casa (Figura 4).
Figura 4: la “lean house”
Il tetto simboleggia il macro-obiettivo, cioè ottenere la più alta qualità al più basso
costo e e tramite il più corto lead time possibile. I due pilastri su cui esso si basa sono il
principio del just in time e dello jidoka (built in quality). Le fondamentamenta sono
costituite dal miglioramento continuo (kaizen), dalla standardizzazione del lavoro e dal
livellamento del carico di lavoro (heijunka).
Nel 2004, Jeffrey K. Liker, dopo aver toccato con mano il rivoluzionario Toyota
Production System, (avendo lavorato alla NUMMI, la joint venture tra Toyota e GM),
decide di scrivere un libro intitolato “The Toyota Way: 14 Management Principles From
the World’s Greatest Manufacturer”, in cui approfondisce in maniera sistematica la
filosofia produttiva Toyota, individuando 14 principi a cui ciascun manager dovrebbe
ispirarsi per migliorare il proprio business:
1. Basa le tue decisioni manageriali su una filosofia di lungo termine, anche a scapito
degli obiettivi finanziari di breve termine
Toyota ribalta la capitalistica concezione per cui se ogni entità nel sistema economico
insegue i propri interessi economici di breve termine, naturalmente l’economia cresce,
la società migliora e l’innovazione prosegue.
Toyota ha una mission che va oltre la profittabilità immediata, e si pone come obiettivo
quello di fare la cosa giusta per l’impresa, per i dipendenti, per i clienti e per la società in
generale.
2. Crea un flusso di processo continuo per portare problemi in superficie
Toyota è convinta che ragionare per flussi migliori la qualità, abbassi i costi e diminuisca
il tempo di consegna; inoltre favorisce l’applicazione di molti strumenti e tecniche lean.
Esiste una metafora che spiega bene la filosofia della produzione snella: “se si abbassa il
livello dell’acqua, una barca che sta navigando incontra gli scogli che sono sul fondale e
a questo punto deve affrontarli e distruggerli se non vuole affondare. L’acqua
rappresenta il livello di scorte e gli scogli i problemi nascosti. Solo abbassando le scorte
si possono individuare i problemi ed eliminarli”. Creare flussi (produttivi o informativi)
abbassa il livello delle scorte ed espone le inefficienze che prima erano coperte.
L’idea è quella di fare in modo che i prodotti fluiscano senza mai fermarsi
(contrariamente ala logica dipartimentale della produzione di massa), in logica “one
piece flow”, eliminando gli sprechi e tutte le attività che non danno valore aggiunto.
Grazie alla logica per flussi migliorano la qualità (un errore viene subito identificato e
corretto al contrario della produzione a lotti), la flessibilità (la messa in produzione di un
nuovo ordine non deve attendere il completamento di un grande lotto di un’altra
tipologia) e la produttività (tutte le attività sono a valore aggiunto), oltre a liberare
spazio, ad abbassare le scorte e a diminuire i tempi di consegna.
3. Usa sistemi “pull” per evitare la sovrapproduzione
Lavorare in ottica pull significa che nessuno stadio deve produrre fino a quando lo stadio
successivo a valle effettua una richiesta. Nel tradizionale metodo push, invece, ogni
stadio produce in base a uno scheduling derivante da previsioni della domanda e spinge
a valle il proprio output: la conseguenza è la creazione di molte scorte tra le varie fasi e
l’aumento del tempo di attraversamento nel sistema.
Permettendo invece al cliente di “tirare”, la sovrapproduzione viene eliminata.
L’obiettivo a cui tendere è il cosiddetto “one piece flow”, una situazione ideale a “zero
inventory”; se ciò risulta impossibile, la soluzione temporanea è creare dei supermarket
tra gli stadi, con una grandezza degli “scaffali” fissata in modo da tenere al minimo le
scorte e lavorare in ottica di replenisment
ogni qual volta un pezzo viene prelevato, attraverso il sistema kanban.
4. Livella il carico di lavoro
Costruire un puro sistema “built-to-order” causa problemi in quanto la domanda del
cliente finale può variare significativamente da un giorno all’altro, portando il sistema ad
essere sovrautilizzato per un certo periodo e sottoutilizzato per un altro, quindi ad
essere inefficiente.
La soluzione per poter utilizzare un sistema pull è quella di livellare il carico di lavoro
(Heijunka in giapponese), considerando la domanda aggregata dei clienti in un dato
periodo e il suo pattern, cosicché ogni giorno la produzione sia bilanciata in termini di
mix e di volume.
In questo modo non si riduce solo il muda, ma anche le altre due “m”, il muri
(sovraccarico) e il mura (variabilità). La metafora utilizzata da Ohno è la seguente:” è più
desiderabile la lenta ma costante tartaruga rispetto alla lepre che corre velocissima e poi
si ferma occasionalmente per sonnecchiare” (Ohno,1988).
5. Costruisci una cultura che porti a fermare il processo per risolvere problemi, in modo
da ottenere la qualità al primo tentativo
La filosofia Toyota impone di fermare la linea ogni qual volta si riscontra un problema
(ogni operatore ha un pulsante nella sua postazione che gli permette di farlo): in questo
modo l’errore non si propaga a valle e perciò diventano inutili le fasi di controllo qualità
e di rilavorazione; inoltre, appena la linea viene fermata, il problema viene risolto in
team, identificando le sue cause (famoso il metodo dei 5 perché), in modo che non si
presenti più e che gli operatori imparino e crescano. Nel processo sono poi inseriti
sistemi, tecnologie, strumenti a prova di errore (poka-yoke). In questo modo si
costituisce un vero sistema “built in quality”.
Tutto questo approccio è chiamato Jidoka e può essere tradotto come “automazione
con tocco umano”.
6. I compiti standardizzati sono la base per il miglioramento continuo e l’empowerment
dei dipendenti
In Toyota la standardizzazione dei compiti è fondamentale, ma non viene rigidamente
imposta dall’alto come quella teorizzata da Taylor e applicata da Ford nella produzione
di massa: non limita né ingabbia gli operatori perché è condivisa tra essi e il managent e
può essere modificata dal basso.
Standardizzare è la base del miglioramento continuo, perché solo quando le procedure
sono ripetute e assorbite completamente si possono apportare cambiamenti, altrimenti
si creerebbe solo un modo occasionalmente diverso e spesso ignorato di eseguire
un’attività; standardizzare aiuta anche la creazione di un sistema “built in quality”
perché se le procedura è seguita sempre correttamente e un errore compare, allora lo
standard va modificato perché imperfetto.
Conseguenza positiva di questo approccio è la crescita dei dipendenti.
7. Utilizza il “controllo visivo” cosicché nessun problema rimanga nascosto
Per Toyota è fondamentale che chiunque entri in fabbrica in un qualsiasi momento,
capisca immediatamente lo stato del sistema e individui subito eventuali problemi.
Per ottenere questo tipo di controllo visivo, è nata la metodologia delle “5s”:
Seiri - separare: separa ciò che ti serve da ciò che non è funzionale all'attività e quindi
crea disturbo e disordine, quindi spreco di tempo o di risorse
Seiton - riordinare: metti a posto tutto quello che è utile, il vecchio motto "ogni cosa al
suo posto e un posto per ogni cosa".
Seiso - pulire: tieni tale ordine costante e pulisci, un ambiente pulito ed ordinato è un
ambiente che "non nasconde" le inefficienze.
Seiketsu - sistematizzare o standardizzare: definisci delle metodologie ripetitive e
canonizzate da utilizzare per continuare queste attività di razionalizzazione delle risorse
e degli spazi lavorativi;
Shitsuke - diffondere o sostenere: fai che questo modo di pensare ed agire sia pervasivo
per tutte le attività aziendali.
Questa metodologia crea un atteggiamento aziendale di miglioramento continuo, in
modo che ogni giorno sia un giorno per il miglioramento e per scoprire altri muda ed
eliminarli.
8. Usa solo tecnologie affidabili e perfettamente testate che supportino il personale e i
processi
Prima di adottare entusiasticamente e incondizionatamente una nuova tecnologia,
Toyota si assicura che crei effettivamente valore aggiunto, che supporti le persone e i
processi e che sia coerente con la filosofia e i principi lean; se dopo aver sperimentato,
la tecnologia non rispetta queste condizioni, viene scartata o accantonata fino a quando
il problema non è risolto.
9. Cresci leader che capiscano perfettamente il lavoro, mettano in pratica la filosofia e la
insegnino agli altri
I leader dell’azienda non vanno ricercati esternamente, ma creati all’interno, in modo
che il top management abbia la cultura e i valori aziendali insiti dentro di sé, abbia
vissuto giorno per giorno la filosofia dell’impresa, conosca il modo di lavorare fino al
livello più operativo.
I leader devono a loro volta trasmettere questi valori ai propri dipendenti con un
approccio partecipativo e “bottom-up”.
10. Sviluppa persone e team eccezionali che seguano la filosofia della tua azienda
La persona è al centro della filosofia Toyota e pertanto deve essere rispettata e istruita,
è l’individuo che crea valore aggiunto. Per sviluppare team eccezionali servono non solo
persone di valore, ma anche tempo e sforzi sul campo da parte dei team leader per
diffondere all’interno del gruppo la filosofia aziendale.
11. Rispetta il tuo network di partner e fornitori, sfidandoli e aiutandoli a migliorare
Una volta che si è trovato un partner affidabile, il suggerimento è di instaurare con
quest’ultimo una relazione di lungo termine basata su rispetto e fiducia reciproche, con
l’obiettivo di crescere e migliorare insieme. Toyota rifiuta il tradizionale rapporto
conflittuale tra partner, fondata sul breve periodo e sulla volontà di strappare utili alla
controparte.
Al contrario, Toyota crea con i propri fornitori e clienti una comunità, aiutandoli
finanziariamente (attraverso partecipazioni azionarie), operativamente (attraverso
prestiti di risorse e capacità produttiva) e insegnando loro i principi del TPS (consapevole
che è necessario che tutta la supply chain adotti tale tecniche). Ovviamente Toyota si
aspetta che i suoi partner la ripaghino con prestazioni eccellenti e li sfida continuamente
affinché migliorino.
12. Vai e osserva personalmente per comprendere completamente la situazione
L’idea alla base di questo principio è che, per comprendere a pieno un problema o in
generale la natura di una situazione, è necessario recarsi personalmente sul campo e
osservare con i propri occhi: un concetto che in giapponese è conosciuto come genchi
genbutsu.
Dati, tabelle, statistiche sono solo degli indicatori che, senza l’osservazione diretta, non
permettono di capire a fondo la situazione.
È importante che anche i dirigenti di alto livello si “sporchino le mani”.
13. Prendi decisioni lentamente con consenso e valutando tutte le opzioni; poi
implementa rapidamente
In Toyota i processi di pianificazione e decision making vengono affrontati lentamente e
pazientemente, con una grande attenzione ai dettagli. Vengono coinvolte fin da subito
tutte le parti interessate (non solo dipendenti e funzioni interne ma anche partner
esterni), alle quali viene chiesto di fornire idee, input e considerazioni; vengono valutate
tutte le opzioni alternative e la decisione viene presa nel momento in cui c’è il consenso
di tutte le persone coinvolte. A questo punto l’implementazione deve essere veloce. Il
metodo decisionale appena descritto è chiamato nemawashi.
Si potrebbe pensare che questo impiego di tempo e sforzi in fase di pianificazione porti a
un ritardo complessivo del processo ma in realtà evita l’incorrere di problemi inaspettati
nel momento dell’implementazione. Inoltre in questo modo si favoriscono la
comunicazione e l’apprendimento in tutta l’azienda e risulta più facile superare le
resistenze al cambiamento.
14. Diventa una learning organization attraverso la riflessione e il miglioramento continuo
Il focus di questo principio è l’apprendimento, un processo che deve pervadere tutta
l’organizzazione e garantire la condivisione della conoscenza a tutti i livelli.
Per diventare una learning organization è necessario il miglioramento continuo (kaizen),
a sua volta alimentato dal concetto di auto-riflessione (hansei). Per hansei si intende un
‘attitudine mentale che porta ogni dipendente a fare autocritica, identificare i propri
errori e le proprie debolezze, cercare le cause e trovare soluzioni per migliorare: gli
errori sono visti come opportunità per apprendere e per perfezionare i processi.
In un tipico processo di “problem solving” in Toyota, una volta che è stata analizzata la
situazione, sono state identificate le cause prime dei problemi (famoso il metodo dei “5
perché”), sono state prese le giuste contromisure e il processo è stato standardizzato, si
può pensare di migliorarlo. Questo va fatto continuamente, con l’obiettivo di
raggiungere la perfezione.
3.4 Il sistema kanban
Kanban è un termine giapponese che significa “cartellino” o “segnale”. Il sistema kanban
è una delle tecniche più importanti e più famose del TPS e della lean production in
generale.
L’idea alla base del sistema è che i processi a monte producano solo i pezzi per
rimpiazzare quelli che i processi a valle hanno richiesto, secondo l’approccio just in time
(la giusta parte nel giusto posto e nel giusto momento) e la logica pull, per la quale il
flusso deve essere “tirato” dal cliente a valle.
Il segnale informativo che mette in moto il processo e collega armonicamente tutte le
fasi è proprio il kanban, che può presentarsi sotto diverse forme, dal tradizionale
cartellino fisico al segnale informatizzato. Esso riporta informazioni quali il codice del
componente utilizzato, il fornitore di quel componente, il cliente che lo richiede, il
tempo a disposizione per il ripristino, la quantità da ripristinare e altre informazioni
personalizzate.
Nell’applicazione originale esistono due tipologie di kanban: quello di movimentazione
che serve a spostare il materiale verso il processo produttivo successivo e quello di
produzione che autorizza il processo a monte a produrre un componente necessario per
una fase a valle (Figura 5). Esistono anche sistemi che utilizzano un solo cartellino,
soprattutto nel caso in cui la distanza tra due stadi consecutivi è ridotta.
Considerando una situazione con due processi sequenziali, il funzionamento tipico di un
sistema kanban a due cartellini è il seguente: quando lo stadio a valle necessita di
produrre per soddisfare una richiesta, preleva dal buffer (supermarket) in entrata un
contenitore di materiale e, uno volta esaurito, lo spedisce vuoto al fornitore , inviando al
contempo nell’apposita rastrelliera il kanban di movimentazione precedentemente
staccato dal contenitore. Questo è il segnale che ordina allo stadio a monte di inviare a
valle un contenitore pieno, il cui kanban di produzione viene staccato e inserito nelle
rastrelliera di produzione. A questo punto la presenza del kanban di produzione ordina
allo stadio a monte di prelevare un contenitore di materiale dal proprio supermarket in
ingresso e avviarne la produzione. Una volta prodotti, i pezzi vengono inseriti in un
contenitore contrassegnato tramite un kanban di produzione prelevato dalla relativa
rastrelliera e inviati all’area in uscita, in attesa di essere prelevati.
Il kanban può riferirsi non solo a un contenitore, ma anche al singolo componente e il
trigger del processo di rispristino può essere la presenza sulla rastrelliera di un solo
kanban, di un numero superiore a una certa soglia o può dipendere da un intervallo di
tempo fissato.
Figura 5: Rappresentazione di un sistema kanban a due cartellini
In ogni caso tramite l’adozione di questa modalità produttiva si elimina la
sovrapproduzione, il livello di wip viene fissato e limitato, i processi sono coordinati e
integrati, diminuiscono i lead times, aumenta la flessibilità e si evita il ricorso a costosi,
sofisticati e comunque imperfetti sistemi di programmazione della produzione (ad
esempio MRP).
È doveroso sottolineare che il sistema kanban presuppone la presenza dei supermarket,
cioè di buffer di sorte, che rappresentano uno spreco per la filosofia lean: la situazione
ideale è quella in cui il sistema riesce a funzionare con un solo kanban, quindi a flusso
continuo (one piece flow).
L’applicazione del meccanismo kanban viene utilizzato non solo tra fasi produttive della
stessa impresa, ma anche per coordinare e controllare il flusso di materiali tra
organizzazioni diverse facenti parte della stessa supply chain
3.4.1 Le varianti del sistema kanban
Il sistema kanban è stato sviluppato in Toyota negli anni ’60, coerentemente con le
caratteristiche e i bisogni dell’impresa specifica e dell’ambiente competitivo del tempo.
Tali condizioni non sono le stesse di tutte le organizzazioni e soprattutto dell’attuale
scenario di business. In particolare il sistema così come è stato pensato è inadeguato in
casi di domande volatile, instabilità nei tempi di processo, operazioni non
standardizzate, lunghi tempi di set-up e alta varietà di prodotti. Per questo motivo sono
state pensate da ricercatori e professionisti diverse varianti della metodologia originale.
Muris e Moacir (Muris, Moacir,2010) hanno effettuato un’analisi della letteratura
individuando 32 varianti del sistema kanban, classificate in base al numero e al tipo di
caratteristiche del sistema originale mantenute nei sistemi adattati, in particolare:
Utilizzo di due tipologie di kanban, quello di movimentazione e quello di produzione; a
questa caratteristica è associato il codice “US”;
Logica pull; a questa caratteristica è associata il codice “PP”;
Controllo decentralizzato, cioè controllo visivo effettuato dagli operatori di ogni stadio; a
questa caratteristica è associato il codice “DC”;
WIP limitato in ogni stazione, quindi buffer di capacità finita, in base al numero di
segnali; a questa caratteristica è associato il codice “LI”.
Questo criterio porta a identificare i sistemi kanban adattati in base a quante
caratteristiche mantengono rispetto all’originale (da 0 a 3), specificandole ( US,
PP,DC,LI). La tabella1 riporta la suddetta classificazione.
Anno Nome variante Caratteristiche
- E-kanban 3(PP, DC,LI)
- Simultaneous kanban Control System (SKCS) 3(PP, DC,LI)
- Independent kanban Control System (IKCS) 3(PP, DC,LI)
1985 Periodic Pull System (PPS) 3(DC, LI,US)
1987 Dynamically Adjusting kanban 3(PP, DC,LI)
1988 Regenerative Pull Control System (RPCS) 3(PP, LI,US)
1988 Job-Shop kanban 3(PP, DC,LI)
1988 Minimal Blocking 3(DC, LI,US)
1989 Generalized kanban Control System (GKCS) 3(PP, DC,LI)
1989 Modified kanban System (MKS) 3(DC, LI,US)
1990 Auto-Adaptive kanban 3(PP, DC,LI)
1993 Concurrent Ordering System 3(DC, LI,US)
1996 Modified Concurrent Ordering System 3(DC, LI,US)
1994 Generic kanban System (GKS) 3(PP, DC,LI)
1997 Flexible kanban System (FKS) 3(PP, DC,US)
1998 Push-Pull Approach (PPA) 3(DC, LI,US)
1998 Decentralized Reactive kanban (DRK) 3(PP, DC,US)
2000 Extended kanban Control System (EKCS) 3(PP, DC,LI)
2000
Simultaneous Extended kanban Control System
(SEKCS)
3(PP, DC,LI)
2000
Independent Extended kanban Control System
(IEKCS)
3(PP, DC,LI)
2001 Adaptive kanban 3(PP, DC,LI)
2003 Reconfigurable kanban System (RKS) 3(PP, DC,US)
2003 Inventory Based System
3(DC, LI,US)
1988 Fake Pull Control System (FPCS) 0
1991 Hybrid Push/Pull 2(PP, LI)
1997 Bar-Coding kanban 1(LI)
1998 CPM kanban System 1(PP)
1999 MRP/ sfx-Shop Floor Extension 1(LI)
2000 Virtual kanban (VK) 2(LI, US)
2001 Customized Type 5 2(DC, LI)
2001 Customized Type 10 2(DC, LI)
2002 Gated Max WIP 1(LI)
Tabella 1:Classificazione dei sistemi Kanban (Adatt. da Muris L., Moacir G. 2010)
Gli autori classificano le varianti identificate anche secondo altri criteri come vantaggi,
svantaggi e differenze operative rispetto al sistema kanban tradizionale, che in questo
contesto non riportiamo.
È invece utile fare una breve panoramica sui vari adattamenti individuati da Muris e
Moacir. Gli autori identificano quali sono le varianti che seguono più fedelmente il
sistema originale, descritte brevemente di seguito:
Adaptive kanban, proposto da Tardif e Maaseidvaag (2001) è stato sviluppato come
lieve alternativa al sistema originale in ambienti con domanda instabile; questo sistema
determina quando e come i segnali dovrebbero essere rilasciati in funzione del livello di
scorte e degli ordini in arrivo.
Auto-adaptive kanban, proposto da Chaudhury e Whinston (1990), ha una struttura
simile al sistema kanban tradizionale ma è auto-aggiustabile in base alle condizioni dei
prodotti e della domanda, grazie a tecnologie come il Computer Aided Manufacturing
(CAM) e il Computer Integrated Manufac turing (CIM).
Concurrent ordering system è stato sviluppato da Izumi e Takahashi (1993); la sua
peculiarità è che il rilascio degli ordini di produzione e movimentazione in ogni stadio
avviene simultaneamente una volta che è stata soddisfatta la domanda finale con le
scorte di prodotto finito. In questo modo si evitano interruzioni di trasferimento ordini
in caso di mancanza di scorte tra gli stadi.
Decentralized Reactive kanban (DRK), sviluppato da Takahashi and Nakamura (1999),
punta a controllare le scorte di ogni stadio indipendentemente, con lo scopo di
abbassare il livello di wip e il tempo necessario a completare un ordine.
Dynamically adjusting kanban, proposto da Rees et al. (1987), adotta un adattamento
dinamico nel numero di segnali, fattore importante in ambienti poco stabili.
E-kanban sostituisce sempicemente il segnale fisico con uno elettronico, utile
soprattutto quando il flusso produttivo da controllare e coordinare comprende più
organizzazioni.
Extended kanban Control System (EKCS), proposto da Dallery e Liberopoulos (2000),
cerca di bilanciare basso livello di wip e reattività, dividendo la domanda di prodotti finiti
in tutti gli stadi e trasferendola immediatamente ai rispettivi processi.
Flexible kanban System (FKS), sviluppato da Gupta e Al-Turki (1997), usa un algoritmo
per manipulare dinamicamente i numeri di segnali per compensare il bloccaggio dovuto
a incertezza di domanda e di tempo di processo.
Generalized kanban Control System (GKCS) è stato proposto da Buzacott (1989) e
Zipkin (1989). La differenza maggiore è che i segnali e gli ordini sono gestiti
separatamente.
Generic kanban System (GKS) creato nel 1994 da Chang e Yih (1994a) per utilizzare
isstemi JIT in ambienti produttivi non-ripetitivi. I segnali sono appunto generici, non
riferiti a un particolare componente.
Inventory based system, proposto da Takahashi (2003), è un’alternativa per ambienti
instabili in cui il livello di scorte è monitorato per individuare fluttuazioni e quindi
cambiare il numero di segnali.
Job-shop kanban adatta il sistema kanban a un contesto job-shop (bassi volumi e alta
varietà): i segnali non sono associati a un prodotto ma a un’operazione che può essere
svolta con diverse macchine.
Minimal blocking, proposto da So and Pinault (1988), punta a stimare una quantità
massima di buffer per compensare le variazioni di tempo di processo, i fermi macchina e
le fluttuazioni della domanda per garantire un adeguato livello di servizio
Modified concurrent ordering system, è stato sviluppato in 1996 da Takahashi,
Nakamura and Ohashi. Rispetto al concurrent ordering system esplicato
precedentemente, i rilasci degli ordini non dipendono dalla scorte presenti allo stadio
finale, ma solo dalla domanda finale.
Modified kanban System (MKS) divide le operations in gruppi e crea un limite di wip per
ognuno di essi grazie all’uso di segnali.
Periodic Pull System (PPS) è stato sviluppato come modello teorico da Kim (1985) e,
nonostante il nome, ha delle caratteristiche di un sistema push. Inoltre propone l’uso di
sistemi computerizzati per ridurre il tempo di processamento dell’informazione.
Push–Pull Approach (PPA), proposto da Huang e Kusiak (1998), è il risultato dello sforzo
di inserire il sistema kanban in sistemi produttivi molto diversi. Può avere configurazioni
molto diverse e risulta efficace in ambienti complessi e variabili.
Reconfigurable kanban System (RKS), sviluppato da Mohanty et al. (2003), punta ad
abbassare il livello di scorte aumentando la reattività, riconfigurando il numero totale di
kanban in base alla differenza tra la domanda e il ritmo produttivo per ogni item.
Regenerative Pull Control System (RPCS), proposta da Seidmann (1988), è un
sistema automatizzato che controlla il livello di wip in un’ambiente produttivo a celle.
Simultaneous Extended kanban Control System (SEKCS) e Independent Extended
kanban Control System (IEKCS), sviluppati da Chaouiya et al. (2000), sono una
generalizzazione del sistema EKCS. La differenza tra i due sta nell’istante in cui le parti
sono trasferite all’assemblaggio: nel primo il trasferimento avviene quando l’operazione
può iniziare, nel secondo ogni qual volta il segnale è disponibile.
Le varianti che, a parere di Muris e Moacir, non seguono la logica del sistema kanban
originale sono velocemente riportate di seguito:
Bar-coding kanban è stato proposto da Landry et al. (1997). Questo sistema utilizza
contemporaneamente il sistema MRP (material requirement planning) e cartellini basati
sulla tecnologiabarcode. L’unica caratteristica mantenuta rispetto al sistema kanban è il
livello limitato di WIP durante ogni periodo.
CPM kanban System, presentato da Abdul-Nour et al. (1998), è un approccio volto a
implementare il JIT in piccole organizzazioni produttive. CPM sta per Critical Path
Method, il sistema kanban è usato tra lo stadio produttivo e l’assemblaggio finale.
Customized Type 5 and Customized Type 10 systems sono un importante contributo di
Gaury, Kleijnen, and Pierreva (Gaury et al.,2001) volto a customizzare i sistemi pull
attraverso un metodo che riprende alcune delle caratteristiche dei sistemi kanban.
Fake Pull Control System (FPCS) è un sistema kanban che permette l’adozione della
logica push quando le classiche condizioni per l’utilizzo dei kanban non sono
appropriate.
Gated MaxWIP è una variazione del sistema kanban che blocca il flusso di materiali una
volta che il WIP raggiunge un certo livello. Tutti gli stadi sono gestiti push a parte il primo
(Gate) che lavorando in ottica pull può bloccare l’entrata di materiale nel sistema
produttivo.
Hybrid push/pull è stato sviluppato da Hodgson and Wang (1991a, b). Questo sistema
è basato sull’integrazione di strategie pull e push.
MRP/sfx-Shop Floor Extension, proposto da Nagendra and Das (1999), integra il
sistema kanban per l’esecuzione nello shop floor e il sistema MRP per la pianificazione
delle attività.
Virtual kanban (VK) è un adattameno proposto da Takeda et al. (2000) che può essere
applicato a un sistema multi-stage con prodotti molto personalizzati. La caratteristica
peculiare è il trasferimento di segnali nei processi a monte che rappresentano il collo di
bottiglia del processo. Quando avviene un fermo macchina o mancanza di materiali,
nessun segnale viene inviato.
Tra i 32 adattamenti analizzati, il 72% segue la logica del sistema originale, di cui solo il
26% è stato implementato in un reale sistema produttivo mentre la rimanente parte è
stata sviluppata tramite modelli matematici e simulazioni; le varianti che non seguono la
logica originale sono in minor numero, ma di questi una percentuale maggiore ha
implicazioni pratiche: questo significa che mantenere fedelmente le caratteristiche del
sistema kanban in sistemi complessi è molto difficoltoso.
I sistemi PPS, RPCS, job-shop kanban, MKS, auto-adaptive kanban, MRP/sfx, and VK sono
quelli che hanno dimostrato essere maggiormente efficaci negli maggior parte degli
attuali ambienti competitivi, caratterizzati da domanda instabile, variabilità dei tempi di
processo, complesso flusso di materiali e grande varietà di prodotti.
3.4.2 Numero e dimensionamento dei kanban
I ricercatori hanno svolto numerosi studi con l’obiettivo di valutare le performance
dell’impresa o della supply chain in seguito all’introduzione del sistema kanban, in
relazione a diversi fattori influenti o in comparazione con altre metodologie di controllo
e pianificazione.
La maggior parte degli studi sono relativi al numero di kanban da utilizzare. Molti autori
concordano con la formula proposta da Toyota:
dove è il numero di kanban, è la domanda media giornaliera, è il
tempo di attesa, è il tempo di processo per contenitore, è il fattore di sicurezza e
è la dimensione del contenitore.
Altri invece hanno sviluppato modelli matematici e di simulazione con lo scopo di
individuare il numero e il dimensionamento ottimali dei kanban o l’impatto di una loro
variazione sulle performance del sistema.
Berkley (Berkley,1996) ha sviluppato un modello di simulazione per identificare il
numero minimo di kanban in un sistema che lavora a due cartellini: il valore ottimo è in
funzione del trade-off tra il costo di movimentazione del materiale e il beneficio della
riduzione del WIP.
Yavuz e Satir (Yavuz, Satir,1995) hanno dimostrato che, al diminuire del
dimensionamento dei kanban (cioè il numero di pezzi per contenitore) le performance
migliorano in termini di livello di scorte e di tempo di attraversamento ma peggiorano in
termini di fill rate (percentuale di domanda soddisfatta).
Ohno et al. (Ohno, Nakashima, Kojima,1995) hanno mostrato il valore di kanban che
permettono diraggiungere il costo medio più basso bilanciando i costi di ordine e i
backlogg.
Wang e Sarker (Wang , Sarker,2004) hanno creato, per una supply chain multi-stadio, un
modello di programmazione non lineare mista-intera, la cui funzione obiettivo è la
somma dei costi di materie prime, work in process e prodotti finiti, e le cui variabili
decisionali sono il numero di kanban, la loro dimensione e la quantità prodotta in un
periodo. La soluzione è ottenuta attraverso l’algoritmo Branch and Bound (B&B).
Rabbani et al. (Rabbani, Layegh, Ebrahim,2008) riprendono il modello creato da Wang e
Sarker e lo risolvono grazie a un algoritmo euristico, l’algoritmo memetico, che ha il
vantaggio di impiegare molto meno tempo computazionale rispetto al B&B garantendo
una soluzione molto vicina a quella ottima.
Chan (Chan,1999) ha effettuato uno studio di simulazione per valutare l’impatto del
dimensionamento dei kanban, cioè il numero di pezzi nel contenitore a cui è associato
un kanban, in tre diverse situazioni: sistema pull mono-prodotto, sistema ibrido mono-
prodotto e sistema ibrido multi prodotto. Nel sistema ibrido la domanda allo stadio
finale attiva la produzione di quello iniziale, ma da questo punto il flusso di materiali è
gestito in ottica push. Le misure di performance analizzate sono il manufacturing lead
time (tempo intercorrente tra l’ordine del cliente e il suo completamento), il fill rate
(percentuale di domanda soddisfatta) e l’in-process inventory (numero totale di WIP).
Per quanto riguarda la situazione pull mono-prodotto, l’autore scopre che all’aumentare
della dimensione dei kanban, il fill rate diminuisce (il tempo di processo aumenta nel
produrre un lotto più grande e quindi è più probabile che non venga completato),
aumenta l’inventory (un lotto più grande porta ad avere più WIP nel sistema) ed
aumenta di conseguenza il lead time.
Nella situazione ibrida mono-prodotto si ottengono andamenti uguali al caso pull, anche
se le performance sono peggiori.
Nell’ultimo caso entrano in gioco i tempi di set-up; all’aumentare della dimensione dei
kanban il fill rate aumenta con un andamento a saturazione (all’aumentare del lotto il
tempo di set-up diventa sempre meno influente e aumenta il tempo attivo di
produzione), l’inventory aumenta e il lead time diminuisce (meno tempo è sprecato per
effetture set-up).
Da queste considerazioni si può individuare, via simulazione, il dimensionamento
ottimale dei kanban.
Hou e Hu (Hou,Hu,2010) identificano il numero e la dimensione ottimali di kanban in un
sistema JIT. Gli autori partono del presupposto che il numero di kanban, cioè il livello di
WIP, e la dimensione degli stessi, cioè il numero di pezzi per contenitore, sono due
parametri che influenzano fortemente le performance del sistema. Inoltre, essendoci un
trade-off tra i due (all’aumentare del primo diminuisce il secondo), essi vanno
identificati simultaneamente.
Innanzitutto gli autori trovano, tramite simulazione, la relazione lineare tra il numero (k)
e la dimensione dei kanban (B) e due misure di performance: il throughput rate (TR) ,
cioè il rapporto tra i pezzi finiti e il tempo totale di produzione, e il work in process
(WIP).
Ognuna di queste due misure è quindi in funzione di k e B.
La soluzione identificata è quella di utilizzare un algoritmo genetico multi-obiettivo
(MOGA) in quanto quello proposto è un problema multi-obiettivo in cui il TR va
massimizzato e il WIP minimizzato.
I “cromosomi” iniziali dell’algoritmo sono creati generando casualmente valori di k e B,
che producono a loro volta diversi valori di performance TR e WIP. Sulle soluzioni che
danno risultati migliori (in particolare sfruttando l’equazione di Pareto per trovare le
soluzioni non-dominate) vengono effettuate operazioni di “mutazione” e “cross-over”,
modificando i valori iniziali di k e B e generando “cromosomi” figli ancora più
performanti. Iterando l’algoritmo per un numero di volte sufficiente si trovano i valori di
k e B ottimali.
3.4.3 Approcci alternativi di PPC
il sistema kanban è solo uno dei tanti approcci di controllo e pianificazione della
produzione (PPC) esistenti. Le principali funzioni di un sistema PPC includono la
pianificazione della richiesta di materiali, la gestione della domanda, la pianificazione
della capacità e l’identificazione della sequenza produttiva. Gli obiettivi di questi sistemi
sono la riduzione del WIP, la minimizzazione del throughput time (tempo di
attraversamento), l’aumento di flessibilità e reattività ai cambiamenti nella domanda e
l’accorciamento dei tempi di consegna.
Molti studi sono stati effettuati per valutare le performance del sistema comparando i
diversi approcci di PPC, i principali dei quali sono descritti di seguito:
Material requirement planning (MRP). I sistemi MRP e la loro evoluzione MRP 2
(manufacturing resource planning) sono approcci opposti al sistema kanban in quanto
lavorano in ottica push e non pull. La pianificazione della produzione è effettuata
tramite previsioni di domanda e la conseguente esplosione della BOL (bill of materials),
con lo scopo di diminuire le scorte e migliorare il livello di servizio per il cliente. Tuttavia
il sistema MRP non è esente da forti problematiche: i piani di produzione non sono
sempre fattibili; la forzata ipotesi di lead times fissi porta alla produzione anticipata di
molti prodotti, con conseguente creazione di WIP; errori nella previsione della domanda
rende molto inefficiente il sistema.
Il metodo kanban, d’altro canto, ha dimostrato di portare notevoli benefici ma non è
applicabile in situazioni di forte instabilità della domanda, alta varietà di prodotti e
gamma particolarmente customizzata: in questi casi comporta aumento di WIP e
inefficienze generali.
Krishnamurthy et al.( Krishnamurthy, Suri, Vernon,2004) hanno dimostrato la
superiorità del metodo MRP rispetto al kanban in un sistema multi-stadio e multi-
prodotto sotto alcune condizioni di product mix;
Theory of constraints (TOC). La teoria dei vincoli è stata proposta da Eliyau Goldratt nei
suoi famosi libri “The goal”, “The theory of constraints” e “Critical Chain”. Si tratta
essenzialmente di una filosofia e di un insieme di tecniche che partono dal presupposto
che in qualsiasi sistema/organizzazione esistono pochi fattori significanti che ostacolano
il raggiungimento dell’obiettivo, cioè dei vincoli. Sui vincoli va posta particolare
attenzione.
Nel mondo della produzione il vincolo molto spesso è costituito da un macchinario che
rappresenta il collo di bottiglia del sistema. Le performance del sistema complessivo
dipendono dalle performance del collo di bottiglia, così come la resistenza di una catena
è dettata dalla resistenza dell’anello più debole. Il focus va quindi posto sull’anello
debole perché migliorare gli anelli forti non porta alcun vantaggio al sistema, anzi lo
deteriora: accrescere la produttività di una macchina che non rappresenta un vincolo
non migliora il sistema.
La teoria dei vincoli propone 5 punti:
1. Identificare il vincolo del sistema;
2. Decidere come sfruttare il vincolo: fare in modo che il vincolo sia sempre
occupato, minimizzare i tempi di attesa per il vincolo, eliminare gli sprechi,
assicurarsi che il vincolo lavori sempre sulle massime priorità;
3. Subordinare tutte le decisioni al vincolo: la fase a monte deve lavorare per
garantirgli sempre lavoro creando un piccolo buffer in ingresso ma senza
aumentare troppo il WIP , quella a valle non deve sprecare nulla di ciò che il
vincolo produce, le due fasi non devono lavorare troppo velocemente o troppo
lentamente, ma al ritmo del vincolo;
4. “Elevare” il vincolo: migliorare il vincolo, ad esempio accrescendone la capacità
produttiva
5. Ripetere il procedimento: se il vincolo è stato eliminato, trovarne un altro, in un
ottica di miglioramento continuo.
La tecnica di PPC utilizzata dalla TOC in ambito produttivo è chiamata drum-buffer-rope,
dove il drum è il vincolo in quanto decide il ritmo del sistema, il buffer è il corretto livello
di WIP in entrata al vincolo per saturarne la capacità e i ropes sono le corde a monte e a
valle del vincolo che decidono rispettivamente quando ordinare le materie prime e
quando far lavorare il vincolo per soddisfare la richiesta di mercato.
La TOC è vista da molti studiosi come complementare alla lean production e
particolarmente applicabile in sistemi produttivi job-shop;
Constant work in process (CONWIP). Il CONWIP è essenzialmente una forma
generalizzata del sistema kanban in quanto si basa sul rilascio di segnali per autorizzare
la produzione. Ma mentre nel sistema kanban ogni cartellino è associato a una specifica
parte, nel CONWIP è associato a un qualunque job da lavorare, di quantità fissata. I
cartellini vengono associati a un job specifico all’inizio della linea; quando il lotto esce
dal sistema, il relativo cartellino viene staccato e successivamente associato al job più
urgente presente in una coda di backlog. In pratica il rilascio del cartellino assicura che la
capacità del sistema è disponibile. A questo punto il lotto viene gestito in ottica push
fino al termine della linea. La gestione della sequenza di backlog è responsabilità del
processo di pianificazione della produzione, non è automatizzata come nel sistema
kanban.
Il numero di cartellini identifica il massimo livello di WIP nel sistema, in ottica di
bilanciamento del flusso e riduzione dei lead times.
Spearman et al. (Spearman, Woodruff, Hopp,1990) asseriscono che il CONWIP offre
prestazioni migliori rispetto al sistema kanban, in quanto è applicabile a un maggior
numero di ambienti produttivi: nel caso in cui la gamma sia molto alta, il sistema kanban
necessita di cartellini specifici per ogni parte, con conseguente aumento del WIP; in
impianti con tempi di set-up ingenti, il sistema kanban non può funzionare, mentre il
CONWIP gestisce i set-up tramite la pianificazione della sequenza di backlog; infine il
CONWIP garantisce un throughput maggiore perché satura maggiormente il collo di
bottiglia del sistema.
Anche Pettersen (Pettersen, Segerstedt,2008) dimostrano tramite simulazione un
miglioramento di performance rispetto al sistema kanban, in termini di livello di WIP e di
throughput rate, ma individuano anche la difficoltà di settare i parametri per il sistema
CONWIP.
Takahashi et al. (Takahashi, Myreshka, Hirotani,2005) effettuano una comparazione tra
kanban e due sistemi CONWIP (quello originale e quello sincronizzato) mostrando la
generale superiorità del CONWIP, dipendente tuttavia dalle caratteristiche della supply
chain;
Paired-cell overlapping loops of cards with authorization (POLCA). Questo sistema di
controllo è stato creato per sopperire alle già citate difficoltà del sistema di kanban
nell’essere applicabile in contesti non ripetitivi e caratterizzati da alta variabilità.
Esso regola il rilascio degli ordini nel floor shop e il loro progesso produttivo all’interno
di sistemi manufatturieri a cella. Gli obiettivi del POLCA sono accelerare il trasferimento
dei job tra le celle e bilanciare il flusso produttivo per evitare congestione e migliorare il
tempo di attraversamento del sistema. Il progresso degli ordini nel sistema è autorizzato
da segnali visuali, essenzialmente cartellini (chiamati anch’essi POLCA) che non sono
associati a un prodotto (come i kanban) o a un job (come il CONWIP) ma al percorso di
ogni ordine all’interno del sistema.
Ad esempio se un prodotto deve visitare le celle A,B e C, per essere ammesso nella
prima cella deve avere attaccato un POLCA relativo al percorso tra le celle A e B,
garantendo così che la capacità è disponibile; se il cartellino non è disponibile, il
prodotto rimane in attesa in coda. Una volta completata l’operazione nella cella A, per
entrare nella cella B deve essere disponibile il POLCA relativo al percorso B e C.
Le appropriate decisioni di routing, di rilascio, del numero di cartellini e di loops sono
fondamentali per rendere l’approccio POLCA efficace.
3.5 Lean supply chain
3.5.1 LSCM framework
L’impatto benefico dell’introduzione della filosofia lean ha indotto le organizzazioni ad
applicare tali tecniche e metodologie al di fuori dei propri confini, coinvolgendo tutta la
supply chain.
Secondo Anand e Kodali (Anand,Kodali,2008) l’adattamento dei principi lean dal
manufacturing al supply chain management non è un processo semplice: i processi
manifatturieri si focalizzano sul flusso di materiali più che di informazioni (elemento
chiave nel SCM) ed è più semplice individuare ed eliminare gli sprechi materiali rispetto
a quelli informativi; in una singola organizzazione i processi sono controllati dai
dipendenti e dal top management dell’impresa stessa, mentre in una supply chain è
necessaria l’attenzione e il commitment di tutti i partner.
Jasti e Kodali (Jasti, Kodali,2015) hanno effettuato una literature review su 30
framework riguardanti il lean supply chain management (LSCM). Una volta compreso
che ogni framework esistente fosse focalizzato su un particolare caso di studio e quindi
che nessuno fosse generalizzabile, gli autori hanno deciso di colmare il gap creando un
nuovo framework ,tramite un team di professionisti, consulenti e accademici, che
racchiudesse gli elementi più citati in letteratura, fosse completo e descrivesse la
metodologia di applicazione dei principi.
Il framework da loro proposto è costituito da 87 elementi racchiusi in 8 pilastri, riportati
nella tabella sottostente (Tabella 3). Il framework concettuale è proposto in Figura 6.
PILASTRI ELEMENTI
Information Technology Management
Use of EDI to communicate between departments Centralised database for documentation Enterprise resource planning system Information technology employed at customer base Effective and transparency information flow throughout supply chain Use of bar coding and scanner in logistics systems Electronic commerce Modelling analysis and simulation tools Computer-aided decision-making supporting systems
Supplier Management Strategic supplier development Supplier evaluation and certification Long-term supplier partnership Supplier involvement in design Supplier feedback Supplier proximity Single source and reliable suppliers or few suppliers Cost-based negotiation with suppliers
Manage suppliers with commodity teams Joint decisions towards cost savings
Elimination of waste Standard products and processes Standard containers Focused factory production Design for manufacturing Flexible manufacturing cells or U-shape manufacturing cells Visual control Single minute exchange of die Andon 5S Point of use tool system Seven wastes throughout supply chain
JIT production JIT deliveries throughout supply chain Single piece flow Pull production Kanban Production levelling and scheduling Synchronised operational flow Plant layout Point of usage storage system Pacemaker Small lot size
Customer relationship management
Specification of value in terms customer point view Post sales service to customer Customer involvement in design Continuous evaluation of customers feedback Customer enrichment Concurrent engineering Group Technology Delivery performance improvement Takt time Quality function deployment Failure mode and effect analysis
Logistics management Time windows delivery requirements or tight time windows Effective logistics network design Consultants as logistics managers Consignment inventory or vendor managed inventory Advance material requirement planning and scheduling structure Use of third party logistics for transportation system Milk run or circuit delivery Master the demand forecasting process Postponement A, B, C material handling Elimination of buffer stocks
Top management commitment
Create vision and objective to lean supply chain Employee training and education in LSCM Organisation structure and associated relationships Cross-enterprise collaborative relationships and trust Joint planning of processes and products with suppliers Resources allocation Develop learning culture specific organisation
Holistic strategy for integrating system or organisational policy deployment Employee empowerment Stable and long-term employment Leadership development
Continuous Improvement Multi-skilled workforce Built in quality system Value stream mapping through supply chain New product development Statistical process control Quality improvement teams or quality circles Cross functional teams within the organisation Use of flat hierarchy Value engineering
Tabella 2: Pilastri del LSCM framework e relativi elementi (Jasti, Kodali,2015)
Figura 6: Framework concettuale (Jasti, Kodali,2015)
3.5.2 Strategie di supply chain
Le supply chain evidenziano diverse modalità di gestione, in funzione non solo delle
prestazioni chiave su cui le imprese intendono costruire un vantaggio competitivo, ma
anche delle caratteristiche del mercato in cui operano. Le strategie di configurazione e
gestione della supply chain si riferiscono proprio a quest’ultima dimensione ed è
soprattutto in tale contesto che si fa riferimento al concetto di lean supply chain.
Secondo il modello di Fisher (Fisher,1997) il punto di partenza per scegliere la giusta
strategia di supply chain è la natura della domanda. In base alla natura della domanda è
possibile classificare i prodotti in due categorie: i prodotti funzionali, che soddisfano
esigenze di base che non mutano nel tempo, hanno un ciclo di vita relativamente lungo
(tipicamente maggiore di 2 anni), sono realizzati in alti volumi e bassa varietà, la
domanda è stabile e prevedibile; prodotti innovativi, che hanno un ciclo di vita breve
(tipicamente da 3 a 12 mesi), hanno un maggior rischio di obsolescenza, la domanda è
variabile e imprevedibile, presentano un margine di contribuzione ma anche un costo di
mantenimento a scorta elevati.
I primi, per i quali è relativamente facile pianificare la produzione, si sposano bene con
una supply chain efficiente (lean supply chain), il cui scopo principale è la riduzione dei
costi fisici del sistema a partire dalla minimizzazione delle scorte. Per i secondi invece la
configurazione migliore è quella di una supply chain reattiva (responsive supply chain)
che ha l’obiettivo di aumentare l’efficacia più che l’efficienza, abbassando i lead time ed
evitando gli stok-out.
Lee (Lee,2002) approfondisce le riflessioni di Fisher e, accanto alle caratteristiche della
domanda, prende in considerazione l’incertezza anche sul fronte del sistema di
fornitura.
Egli identifica da un lato processi di fornitura stabili caratterizzati da maturità del
sistema produttivo e della tecnologia su cui esso si basa, un parco di potenziali fornitori
tendenzialmente ampio e non molto problematico, con contratti solitamente a lungo
termine. È raro che si presentino interruzioni di fornitura o vincoli di capacità in quanto i
fornitori sono generalmente affidabili.
Dall’altro lato ci sono i processi di fornitura in evoluzione, dove il processo produttivo e
la tecnologia sono in fase di sviluppo, l’affidabilità è bassa, il numero di potenziali
fornitori è basso. Sono frequenti problemi di interruzione di fornitura, vincoli di capacità
e imprevisti.
Combinando queste due dimensioni, Lee identifica quattro scenari con le corrispondenti
strategie di supply chain, riportate nella tabella.
Lean supply chain. La domanda è prevedibile e la fornitura stabile; le imprese cercano
di eliminare tutte le attività non a valore aggiunto, soprattutto minimizzando le scorte
lungo la filiera, centralizzano la pianificazione e automatizzano gli scambi informativi
con fornitori e clienti;
Responsive supply chain. La domanda è variabile ma la fornitura stabile; diventa
fondamentale la riduzione dei lead time per rispondere prontamente alle esigenze del
cliente;
Risk hedging supply chain.la domanda è prevedibile ma la fornitura è problematica;
l’attenzione si rivolge alla gestione dei rischi, che possono essere strutturali (vincoli di
capacità, problemi di qualità) o anomali ( area geografica a rischio terrorismo o
cataclismi) ai quali si risponde tramite scorte di sicurezza e fornitori di riserva;
Agile supply chain. Sia domanda che fornitura sono instabili; è necessario combinare
diversi approcci anche a costo di modificare continuamente la propria supply chain.
Recentemente, stante l’attuale ambiente competitivo, caratterizzato da forte instabilità
e volatilità, l’attenzione dei ricercatori è rivolta non solo al paradigma lean, ma anche e
soprattutto al concetto di agile supply chain. La tendenza in letteratura è quella di
integrare questi due concetti per ottenere i vantaggi dell’una e dell’altra configurazione:
è così nato il termine leagility.
Bassa variabilità di domanda (prodotti
standard)
Alta variabilità di domanda (prodotti
innovativi)
Alta stabilità di
processo
Lean supply chain Responsive supply chain
Bassa stabilità di
processo
Risk hedging supply chain Agile supply chain
Tabella 3: Modello di Hau Lee (2002)
Secondo Naylor et al. (Naylor,Naim,Berry,1999) gestire una lean supply chain significa
sviluppare un flusso di valore per eliminare tutti gli sprechi, incluso il tempo, e garantire
una schedulazione livellata; creare una agile supply chain invece significa utilizzare la
conoscenza del mercato e l’organizzazione “virtuale” per sfruttare profittabili
opportunità in un mercato volatile.
Per gli autori la scelta delle due strategie è in funzione di due dimensioni: la varietà di
prodotti richiesta e la varietà in produzione. La configurazione lean è applicata
efficacemente nel caso di bassa variabilità.
Infatti analizzando i requisiti più importanti per l’una e l’altra soluzione, emerge che la
differenza più importante sta nella necessità per la lean di avere una domanda livellata e
per l’agility di essere robusta alle variazioni dell’ambiente.
Considerando il punto di disaccoppiamento come ciò che separa la parte di supply chain
gestita tramite pianificazione e schedulazione (a monte) e quella direttamente legata
alle richieste del cliente (a valle), la configurazione leagile consiste nell’utilizzare la
strategia lean a monte del punto di disaccoppiamento e la strategia agile a valle.
4. La simulazione
Con il termine simulazione si intende la riproduzione del comportamento di un sistema
attraverso l’uso di un modello. Essa gioca un ruolo molto importante soprattutto nel
progettare un sistema stocastico e nel definirne le procedure operative: il
funzionamento di un sistema è “simulato” utilizzando distribuzioni di probabilità per
generare casualmente eventi del sistema, dal quale si ottengono osservazioni statistiche
sulle prestazioni dello stesso. Naturalmente affinché ciò possa essere realizzato è
necessario costruire un
modello di simulazione, che permetta di descrivere le operazioni di un sistema e come
esse devono essere simulate. Gli aspetti rilevanti che fanno della simulazione uno
strumento largamente utilizzato sono legati al fatto che essa permette di:
• rappresentare sistemi reali anche complessi tenendo conto anche delle sorgenti
di incertezza;
• riprodurre il comportamento di un sistema in riferimento a situazioni che non
sono sperimentabili direttamente.
D’altra parte deve essere sempre tenuto sempre ben presente il fatto che
• la simulazione fornisce indicazioni sul comportamento del sistema, ma non
“risposte” esatte;
• l’analisi dell’output di una simulazione potrebbe essere complessa e potrebbe
essere difficile individuare quale può essere la configurazione migliore;
• l’implementazione di un modello di simulazione potrebbe essere laboriosa ed
inoltre potrebbero essere necessari elevati tempi di calcolo per effettuare una
simulazione significativa.
Gli elementi che costituiscono un modello di simulazione sono i seguenti:
• Variabili di stato: un sistema è descritto in ogni istante di tempo da un insieme di
variabili che prendono il nome di variabili di stato. Quindi, ad esempio, in
riferimento ad un sistema a coda, è una variabile di stato il numero degli utenti
presenti nel sistema in un certo istante di tempo. Esistono sistemi discreti in cui
le variabili cambiano istantaneamente in corrispondenza di precisi istanti di
tempo e sistemi continui in cui le variabili variano con continuità rispetto al
tempo.
• Eventi: si definisce evento un qualsiasi accadimento istantaneo che fa cambiare il
valore di almeno una delle variabili di stato. L’arrivo di un utente ad un sistema a
coda è un evento, così come il completamento di un servizio. Esistono eventi
esterni al sistema (eventi esogeni) ed eventi interni (eventi endogeni). Ad
esempio, l’inizio del servizio ad un utente che è in coda in un sistema `e un
evento endogeno, perché interno al sistema; l’arrivo di un utente ad un sistema
a coda è un evento esogeno.
• Entità e attributi: le entità sono singoli elementi del sistema che devono essere
definiti. Un esempio di entità è un utente presso un sistema a coda, oppure può
essere un servente. Nel primo caso l’entità fluisce all’interno del sistema e si
parla di entità dinamica, nel secondo caso si parla di entità statica. Le entità
possono essere caratterizzate da attributi che forniscono un valore a un dato
assegnato all’entità stessa. Ad esempio, in un sistema a coda, un attributo di
un’entità utente potrebbe essere il suo tempo di arrivo al sistema, mentre il
servente `e caratterizzato dall’attributo “status” che può assumere valore di
“libero” o “occupato”.
• Risorse: le risorse sono elementi del sistema che forniscono un servizio alle
entità. Un’entità può richiedere una o più risorse e se questa non `e disponibile
l’entità dovrà mettersi, ad esempio, in una coda in attesa che si renda
disponibile, oppure intraprendere un’altra azione. Se invece la risorsa è
disponibile, essa viene “catturata” dall’entità, “trattenuta” per il tempo
necessario e poi “rilasciata”.
• Attività e ritardi: un’attività è un’operazione la cui durata `e nota a priori all’inizio
dell’esecuzione dell’attività stessa. Tale durata può essere una costante, un
valore aleatorio generato da una distribuzione di probabilità, oppure data in
input o calcolata in base ad altri eventi che accadono nel sistema. Un esempio `e
dato dal tempo di servizio in un sistema a coda. Un ritardo `e un periodo di
tempo di durata indefinita che `e determinata dalle condizioni stesse del sistema.
Il tempo che un’entità trascorre presso una coda prima che si liberi una risorsa
della quale necessita è un ritardo.
Esistono diverse tipologie di simulazioni:
• Simulazioni fisiche: fanno riferimento alle simulazioni nelle quali oggetti reali
sono simulati tramite modelli in scala su cui effettuare i test richiesti. Un
esempio sono i modelli di auto/aerei/ponti/strutture per verificarne la resistenza
aerodinamica;
• Simulazioni interattive: sono un particolare tipo di simulazioni fisiche in cui è
incluso l’operatore umano, ad esempio un simulatore di volo, ma anche
simulazioni di role playing;
• Simulazioni computer based: sono una modellazione di situazioni su un
computer al fine di studiare come funziona il sistema e fare analisi sul come esso
risponde a variazioni di alcuni parametri.
A loro volta le simulazioni computer based possono essere classificate secondo tre
categorie:
• Statico – Dinamico: un modello statico rappresenta un sistema in un determinato
istante di tempo o, in generale, un sistema in cui la variabile temporale non ha
influenza. Un modello dinamico permette di rappresentare un sistema nella sua
evoluzione nel tempo;
• Deterministico – Stocastico: è definito deterministico un modello di
simulazione che non contiene nessun “elemento probabilistico”. In questo tipo
di modello, assegnati i valori degli input, l’output è univocamente determinato. I
modelli di simulazione in cui i valori degli input o le probabilità di accadimento
degli eventi non sono univocamente determinati, ma sono variabili secondo
distribuzioni statistiche, sono definiti stocastici;
• Continuo – Discreto: nei modelli di simulazione di tipo continuo viene
rappresentata l’evoluzione di sistemi in cui la variazione di stato avviene con
continuità rispetto alla variabile tempo. Un esempio di questa casistica è il
passaggio di un corpo da una temperatura calda ad una temperatura fredda. Nei
modelli discreti viene rappresentata l’evoluzione di sistemi in cui la variazione di
stato si suppone avvenga istantaneamente in particolari istanti di tempo. Un
esempio di questa casistica è l'apertura/chiusura di un interruttore in un circuito
elettrico.
Un' altra importante classificazione inerente alle simulazioni è la scelta
dell'avanzamento del tempo. In particolare si può distinguere tra:
• Intervalli fissi (unit‐time) : Si incrementa il clock di una quantità fissa ∆ e si
esamina il sistema per determinare gli eventi che devono aver luogo per i quali si
effettuano le necessarie trasformazioni. Questa tipologia tratta tutti gli eventi
con tempo di occorrenza t Є [t1, t1 + ∆]. Un problema caratteristico di questa
modellazione è la scelta dell’incremento ∆. In questa categoria eventi con
diversi tempi di occorrenza possono essere trattati come eventi simultanei.
• Per eventi (event‐driven): si incrementa il clock fino al tempo di occorrenza del
prossimo (primo) evento. In questo modo si hanno incrementi irregolari; gli
eventi sono simultanei solo se hanno lo stesso tempo di occorrenza. Si evitano
tempi di inattività;
• Discrete‐event simulation (DES): questa categoria di modelli di simulazione è
caratterizzata da modelli che “simulano” la vita del sistema reale in termini
“discreti”, simulando la vita delle sue entità “dinamiche” e “statiche” ed i loro
cambiamenti di stato nel tempo, con avanzamento ad eventi (next event time
advance). Il sistema è rappresentato come una sequenza cronologica di eventi.
Le variabili di stato cambiano solo in corrispondenza di eventi discreti,
determinati a loro volta da attività e ritardi.
Uno studio basato sulla simulazione comprende 8 fasi:
1. Analisi del problema: consiste nel comprendere il problema cercando di capire
quali sono gli scopi dello studio e di identificare quali sono le componenti
essenziali e quali sono le misure di prestazione che interessano.;
2. Formulazione del modello di simulazione: nel caso di sistemi stocastici, per
formulare un modello di simulazione è necessario conoscere le distribuzioni di
probabilità delle quantità di interesse.
Infatti, per generare vari scenari rappresentativi di come un sistema funziona, è
essenziale che una simulazione generi osservazioni casuali da queste
distribuzioni. Ad esempio, nei sistemi a coda è necessaria la distribuzione dei
tempi di inter-arrivo e i tempi di servizio; nella gestione delle scorte `e necessaria
la distribuzione della richiesta dei prodotti e la distribuzione del tempo tra un
ordine e il ricevimento della merce; nella gestione dei sistemi di produzione con
macchine che occasionalmente possono guastarsi, sarà necessario conoscere la
distribuzione del tempo che trascorre tra due guasti e la distribuzione dei tempi
di riparazione. Generalmente è possibile solo stimare queste distribuzioni
derivandole, ad esempio, dall’osservazione di sistemi simili già esistenti. Se
dall’analisi dei dati si vede che la forma di questa distribuzione approssima una
distribuzione tipo standard, si può utilizzare la distribuzione teorica standard
effettuando un test statistico per verificare se i dati possono essere rappresentati
bene mediante quella distribuzione di probabilità. Se non esistono sistemi simili
dai quali ottenere dati osservabili si deve far ricorso ad altre fonti di
informazioni: specifiche delle macchine, manuali di istruzioni delle stesse, studi
sperimentali, etc. La costruzione di un modello di simulazione `e un
procedimento complesso. In particolare, facendo riferimento alla simulazione ad
eventi discreti, la costruzione di un modello prevede le seguenti fasi:
Definizione delle variabili di stato;
Identificazione dei valori che possono essere assunti dalle variabili di
stato;
Identificazione dei possibili eventi che fanno cambiare lo stato del
sistema;
Realizzazione di una misura del tempo simulato, “simulation clock”, che
registra lo scorrimento del tempo simulato;
Realizzazione di un metodo per generare casualmente gli eventi;
Identificazione delle transizioni di stato generate dagli eventi;
3. Analisi del modello di simulazione: nella fase di analisi del modello deve essere
verificata l’accuratezza del modello realizzato con diverse modalità. Di solito ciò
viene fatto attraverso un’analisi concettuale del modello che può essere
effettuata insieme agli esperti del settore applicativo in modo da evidenziare
eventuali errori e/o omissioni;
4. Scelta del software e costruzione di un programma: dopo aver costruito il
modello, esso deve essere tradotto in un programma. A tale scopo è possibile
utilizzare diversi strumenti:
Linguaggi “general purpose”: linguaggi come C++, FORTRAN, etc. erano
molto utilizzati alla nascita della simulazione ma richiedono molto tempo
di programmazione e quindi si preferisce, in genere, utilizzare linguaggi
specifici per la simulazione;
Linguaggi di simulazione generali: forniscono molte caratteristiche
necessarie per realizzare un modello di simulazione riducendo cos`ı il
tempo di realizzazione; esempi sono MODSIM, GPSS, SIMSCRIPT, etc.
Anche se meno flessibili dei linguaggi “general purpose” sono il modo più
naturale per realizzare un modello di simulazione;
Simulatori: sono packages per la simulazione orientati alle applicazioni.
Esistono numerosi pacchetti software di tipo interattivo per la
simulazione come ARENA, WITNESS, EXTEND, MICRO SAINT. Alcuni sono
abbastanza generali anche se dedicati a specifici tipi di sistemi come
impianti industriali, sistemi di comunicazione, altri invece sono molto
specifici come, ad esempio, nel caso di simulatori di centrali nucleari o di
simulatori della fisiologia cardiovascolare. I simulatori permettono di
costruire un programma di simulazione utilizzando menù grafici senza
bisogno di programmare. Sono abbastanza facili da imparare ma un
inconveniente che molti di essi hanno è di essere limitati a modellare quei
sistemi previsti dalle loro caratteristiche standard. In ogni caso alcuni
simulatori prevedono la possibilità di incorporare routines scritte in un
linguaggio general purpose per trattare elementi non standard. Spesso
hanno anche capacità di animazione per mostrare la simulazione in
azione e questo permette di illustrare facilmente la simulazione anche a
persone non esperte;
Fogli elettronici (spreadsheets): quando si hanno problemi di piccole
dimensioni si possono anche utilizzare fogli elettronici, come ad esempio
Excel, per avere un’idea del funzionamento di un sistema;
5. Validazione del modello di simulazione: nella fase successiva è necessario
verificare se il modello che è stato realizzato fornisce risultati validi per il sistema
in esame. Più in particolare si deve verificare se le misure di prestazione del
sistema reale sono bene approssimate dalle misure generate dal modello di
simulazione;
6. Progettazione della simulazione: prima di passare all’esecuzione della
simulazione è necessario decidere come condurre la simulazione. Spesso una
simulazione `e un processo che evolve durante la sua realizzazione e dove i
risultati iniziali aiutano a condurre la simulazione verso configurazioni più
complesse. Ci sono inoltre problematiche di tipo statistico:
La determinazione della lunghezza del transitorio del sistema prima di
raggiungere condizioni di stazionarietà, momento dal quale si inizia a
raccogliere dati se si vogliono misure di prestazione del sistema a regime;
la determinazione della lunghezza della simulazione (durata) dopo che il
sistema ha raggiunto l’equilibrio. Infatti, si deve sempre tener presente
che la simulazione non produce valori esatti delle misure di prestazione di
un sistema in quanto ogni singola simulazione può essere vista come un
“esperimento statistico” che genera osservazioni statistiche sulle
prestazioni del sistema. Queste osservazioni sono poi utilizzate per
produrre stime delle misure di prestazione e naturalmente aumentando
la durata della simulazione può aumentare la precisione di queste stime;
7. Esecuzione della simulazione e analisi dei risultati: l’output della simulazione
fornisce stime statistiche delle misure di prestazione di un sistema. Un punto
fondamentale `e che ogni misura sia accompagnata dall’“intervallo di
confidenza” all’interno del quale essa può variare. Questi risultati potrebbero
evidenziare subito una configurazione del sistema migliore delle altre, ma più
spesso verranno identificate più di una configurazione candidata ad essere la
migliore. In questo caso potrebbero essere necessarie ulteriori indagini per
confrontare queste configurazioni;
8. Presentazione delle conclusioni: in conclusione, `e necessario redigere una
relazione ed una presentazione che riassuma lo studio effettuato, come `e stato
condotto e includendo la documentazione necessaria.
La simulazione `e uno strumento molto flessibile: può essere utilizzata per studiare la
maggior parte dei sistemi esistenti. Sono elencate di seguito tra cui le principali
categorie di applicazione:
• Analisi di sistemi naturali (es. meteorologia);
• Analisi meccanica, calcolo e verifica di sforzi, dinamica, etc;
• Modellazione, progettazione e analisi di sistemi produttivi;
• Dimensionamento e valutazione di sistemi di trasporto;
• Training (es. simulatori di volo);
• Valutazione di dispositivi militari;
• Progettazione di sistemi di telecomunicazione;
• Progettazione e organizzazione di servizi (ospedali, banche, ecc.);
• Progettazione e definizione delle procedure operative di un sistema di servizio;
• Gestione di sistemi di scorte;
• Progetto e definizione delle procedure operative di sistemi di produzione;
• Progetto e funzionamento del sistemi di distribuzione;
• Analisi dei rischi finanziari;
• Gestione dei progetti.
Le imprese si trovano oggi ad affrontare un ambiente fortemente competitivo,
complesso e in costante mutamento, nel quale il successo non dipende solamente dalle
proprie risorse e capacità, ma anche e soprattutto dalla coordinazione e collaborazione
con clienti e fornitori: adottare una strategia di supply chain management (SCM)
significa integrare più nodi della catena, condividere informazioni e perseguire obiettivi
comuni. Dal punto di vista dell’IT (Information Technology) esistono molte soluzioni per
superare gli ostacoli fisici, informativi e organizzativi che possono minare allo sforzo di
coordinazione. I sistemi APS (Advanced Planning System) hanno lo scopo di creare una
piattaforma comune di SCM che supporti la catena per tutto il ciclo di vita del prodotto,
dal forecast iniziale allo scheduling e infine alla distribuzione, grazie all’utilizzo di metodi
quantitativi come la programmazione lineare mista-intera e gli algoritmi genetici.
Tuttavia, tra questi metodi, la soluzione più utile per supportare la gestione delle
moderne e complesse supply chain è la simulazione, grazie soprattutto alla sua capacità
di analizzare diversi scenari “what-if” con diverse variabili operative, in modo da
valutare in anticipo la fattibilità, robustezza e ottimalità di una strategia, in tempi brevi e
con costi ridotti.
Le difficoltà nell’evitare conflitti tra interessi locali e globali e nel trovare la volontà tra i
partner di condividere informazioni preziose, hanno determinato un cambiamento nel
tradizionale paradigma della simulazione: da una modalità di simulazione locale, in cui
un solo modello totalmente integrato viene eseguito su un solo computer, a una
modalità parallela e distribuita, in cui diversi modelli, ognuno rappresentativo di un
nodo della supply chain, vengono eseguiti parallelamente su computer sparsi
geograficamente e co-partecipano alla simulazione globale. Quest’ultimo paradigma ha i
vantaggi di ridurre il tempo necessario alla simulazione, di riprodurre un sistema
distribuito geograficamente, di integrare diversi modelli già esistenti, linguaggi e tools e
di aumentare l’affidabilità in caso di guasto di un processore.
Al di là del paradigma utilizzato, le simulazioni nel campo del supply chain management
possono avere obiettivi di design (design di una rete logistica o di un nodo produttivo, o
collocamento geografico di un sito produttivo) o di supporto a decisioni strategiche
(valutazione di diverse alternative, come soluzioni collaborative planning and
forecasting o soluzioni di outsourcing) e possono riguardare diversi processi, come la
pianificazione della domanda e delle vendite, la pianificazione delle scorte, la
pianificazione della distribuzione e del traporto, la pianificazione della produzione e lo
scheduling.
4.1 Modellazione di una SC tramite il software Arena
La modellazione di una supply chain richiede la possibilità di utilizzare dei parametri
globali quali il tempo di processamento per ogni stadio della SC e per ogni prodotto,
tempi di set-up, tempi di apertura degli impianti, informazioni sulla gestione dei
materiali e dei trasporti, ma anche caratteristiche tecniche della simulazione quali
lunghezza dell'eventuale warm-up period, numero di repliche per ogni simulazione,
lunghezza di ogni replica del processo di simulazione. Questi requisiti servono come
linee guida per la selezione di un appropriato strumento di modellazione. Considerando
la flessibilità di modellazione, la velocità di esecuzione e i bassi costi di
programmazione, questi sono alcuni dei vantaggi dei linguaggi generici di codifica;
tuttavia il loro uso è limitato nella modellazione a causa della difficile applicazione
a specifici casi di simulazione. Inoltre, molti dei pacchetti software generici disponibili
per la simulazione consentono la modellazione di soli processi di business semplici e
poco articolati, limitando in tal modo la loro applicabilità (Law e Kelton, 2003). Sulla
base di queste considerazioni, è stato selezionato come piattaforma di modellazione il
software Arena.
Arena è un software di simulazione a eventi discreti svuluppato da System Modeling e
acquistato da Rockwell Automation nel 2000. È un potente e flessibile strumento che
permette di creare modelli di simulazione animati che possono in modo accurato
replicare virtualmente qualsiasi sistema.
Tramite il software Arena è possibile:
Modellare i processi per definire, documentare e comunicare;
Simulare le prestazioni future del sistema per capire relazioni complesse e
individuare le opportunità di miglioramento;
Visualizzare le proprie operazioni con animazione grafica dinamica;
Analizzare come il sistema si esibirà nella sua configurazione "as-is" e in molte
altre possibili alternative "to-be";
Le dinamiche del sistema di simulazione vengono rappresentate mediante la
disposizione in sequenza di blocchi opportuni.
Arena utilizza un proprio linguaggio incorporato chiamato SIMAN (Simulation Modeling
Analysis); grazie a questo non è necessario scrivere le righe di codice perché l’intero
processo di creazione del modello di simulazione è grafico, visivo e integrato. In questo
modo Arena permette di usufruire di vantaggi come un linguaggio ad hoc e costrutti
specifici per particolari sistemi. Si deve comunque far fronte ad una conoscenza
specifica e a possibili tempi di realizzazione e debugging prolungati.
Il linguaggio Arena si basa su alcuni elementi base:
- ENTITA’: oggetti che fluiscono attraverso il sistema, ad esempio clienti, pezzi, parti,
lotti, veicoli, ecc. oppure informazioni, elementi logici, ecc;
- CODE: aree di attesa dove il movimento delle entità è temporaneamente sospeso;
- RISORSE: componenti del sistema che devono essere allocate alle entità, ad esempio
macchine, operatori, robot, centralini, ecc;
- ATTRIBUTI:rappresentano dei valori associati alle singole entità, come il tipo di
lavorazione, il tempo di arrivo, ecc;
- VARIABILI: rappresentano valori che descrivono lo stato del sistema o del processo,
come il numero di macchine disponibili, il numero di setup, ecc;
La flessibilità di Modellazione in Arena è garanitita e supportata anche dalla presenza
all'interno del main program di Visual Basic for Application (VBA). Questo modulo
permette di codificare logiche complesse non riscontrabili nei moduli standard di
Arena. I processi di supply chain come l'evasione degli ordini dai nodi, i flussi di
materiali, il replenishment degli inventory, la produzione e il processo di assemblaggio
vengono
raffigurati in Arena generando delle entità. I parametri associati a queste entità, i
processi e le risorse come ad esempio i tempi di lavorazione e le politiche di gestione
della produzione (come MTO, ATO), i costi della SC, ecc, vengono assegnati attraverso
fogli Excel. Modificando i parametri della SC nel foglio di calcolo, possono essere
facilmente generati diversi scenari all'interno della piattaforma di simulazione.
5. Tesi e domande di ricerca
L’obiettivo della tesi è analizzare e studiare il comportamento di una supply chain
multi-prodotto al variare delle politiche che governano la pianificazione e il controllo
della produzione. In particolare si vogliono analizzare i benefici dell’introduzione del
sistema kanban nella gestione logistica e produttiva della filiera.
Le domande a cui questo elaborato vuole dare risposta sono:
1. L’introduzione della logica lean in una supply chain multi-prodotto genera
benefici rispetto alla logica basata sul lotto economico (EOQ) e a quella basata
sulla condivisione di informazioni (visibility), in termini di costo della supply
chain relativo a scorte e trasporti? Sotto quali condizioni?
2. Quale impatto hanno su tali risultati l’aumento della variabilità della domanda,
la riduzione dei lotti nel sistema kanban e la modifica della logica con la quale
sono gestiti i trasporti?
3. Con riferimento a una supply chain mono-prodotto, qual è il beneficio relativo
dell’introduzione della logica lean rispetto rispetto alla logica basata sul lotto
economico (EOQ) e a quella basata sulla condivisione di informazioni (visibility),
in termini di livello medio di scorte della supply chain?
4. Quale impatto hanno su tali risultati l’aumento della variabilità della domanda
e la riduzione dei lotti nel sistema kanban?
5. Quali aspetti relativi a un modello di supply chain multi-prodotto non possono
essere colti in un modello di supply chain mono-prodotto?
6. Metodo di ricerca
Per rispondere ai quesiti sopracitati è stata effettuata una ricerca tramite simulazione.
Attraverso l’utilizzo del software di simulazione Arena è stato costruito un modello che
rispecchiasse una supply chain multi-prodotto. La base del modello è stata fornita da
uno studio precedente che considerava una supply chain mono-prodotto operante sotto
le medesime logiche produttive, effettuato da Carbò (Carbò, 2015). Le ipotesi alla base
del modello presentato in questo elaborato, così come in quello di Carbò, sono le stesse
presenti nei lavori di Staudacher e Bush (Staudacher, Bush, 2014) e di Franzosi e Rossini
(Franzosi, Rossini,2014).
Il modello proposto in questo elaborato presenta tre varianti; in particolare vengono
studiate le performance di una supply chain multi-prodotto simulando tre diverse
politiche di pianificazione e controllo della produzione:
La tradizionale politica a lotto economico (EOQ)
La politica visibility basata sulla condivisione di informazioni
Il sistema kanban tipico della lean production
Sono state lanciate campagne di simulazione per ogni variante di interesse, settando
diversi parametri tra cui il coefficiente di variazione della domanda, la dimensione dei
lotti nella politica kanban e la logica dei trasporti nelle varianti visibility e lotto
economico. Per ogni variante del modello si è ricercata la run che rispettasse le
condizioni dei livelli di servizio utili alla raccolta dei dati, tramite il settaggio e la modifica
di parametri leva, cioè i livelli di reorder point per le varianti EOQ e visibility e il numero
sistemico di kanban per l’altra variante (capitolo successivo).
Per gli scopi di ricerca dell’elaborato sono state effettuate alcune campagne di
simulazione anche per il modello mono-prodotto originale, in quanto non erano
disponibili tutti i dati necessari a un esaustivo confronto tra i modelli mono-prodotto e
multi-prodotto.
7. Modello di ricerca
7.1 Il modello multi-prodotto
Il modello considerato replica una supply chain composta da tre stadi: partendo da
monte si possono individuare quattro primary manufacturer (PM), un secondary
manufacturer (SM) e un distribution center (D), cioè lo stadio più a valle che si
interfaccia direttamente con il mercato (Figura 7).
La gamma di prodotti gestita dalla supply chain comprende 24 diverse tipologie di
merce, suddivisibili in 4 famiglie (ognuna delle quali è costituita da 6 tipi di prodotti).
Ogni item ha la propria connotazione già al primo stadio della filiera.
Ciascun primary manufacturer è responsabile della fornitura di una sola famiglia di
prodotti. I PM non sono però completamenti dedicati a questa catena di fornitura: solo
il 65% del loro tempo disponibile viene utilizzato per rifornire la supply chain in
considerazione.
Il SM invece è completamente dedicato alla fabbricazione dei 24 prodotti della gamma.
Il centro di distribuzione è lo stadio più a valle che riceve direttamente la domanda del
mercato finale.
Ogni stadio della supply chain ad eccezione del distribution center ha una coppia di
buffer, un input buffer che tiene a stock i pezzi ricevuti da monte e un output buffer che
immagazzina i prodotti usciti dal processo produttivo. L’inbut buffer dei PM sono
supposti di capacità infinita. Il centro distributivo ha un solo buffer in ingresso, tramite il
quale soddisfa la domanda del mercato, la quale ha una media giornaliera pari a 16
unità per ogni prodotto.
Figura 7: Struttura della supply chain
I tempi di lavorazione sono uguali per tutti e 24 i prodotti, mentre i tempi di set-up
differiscono da un prodotto all’altro ma sono indipendenti dalla sequenza (quindi
produrre i pezzi 1, 2 e 3 nella sequenza 1-2-3 o nella sequenza 3-1-2 non influisce sul
tempo totale di set-up necessario).
Questo vale sia per i PM che per il SM, ma i tempi necessari per il set-up e per la
produzione di un prodotto sono diversi per i due nodi della filiera. Sia i PM che i SM
hanno una saturazione media del proprio processo di produzione pari a 80%, distribuito
in 70% di tempo di lavorazione e in 10% di tempo di set-up.
I prodotti vengono trasferiti da un nodo all’altro della filiera tramite automezzi di
capacità limitata, pari a 450 pezzi per il tratto secondary manufacturer – distribution
center, e pari a 150 pezzi per il tratto primary manufacturer – secondary manufacturer,
in cui ogni automezzo è relativo al proprio PM. Esistono due tipologie di trasporti, la
tipologia full truck load (FTL) per cui il camion parte una volta saturato completamente,
e la tipologia less than truck load (LTL) in cui il camion parte anche se non saturo. A tal
proposito vengono considerate nel modello due diverse modalità di trasporto:
Modalità “aggregata”: a fine giornata vengono eseguiti solo trasporti FTL a meno
che durante l’intera giornata in considerazione non sia stato assemblato neanche
un camion saturo, in tal caso il camion non saturo è autorizzato a partire. Nel
caso in cui sia stato assemblato almeno un trasporto saturo durante il giorno, i
prodotti in eccesso che non raggiungono la quantità necessaria per riempire un
altro camion, vengono aggregati a quelli del giorno successivo;
Modalità “non aggregata”: a fine giornata tutti i prodotti in attesa di essere
trasportati sono inviati a valle indipendentemente dal loro numero. Gli
automezzi partono sempre a fine giornata e impiegano 2 giorni per raggiungere
la destinazione a valle (arrivano all’inizio del giorno successivo all’indomani della
partenza).
7.2 Varianti del modello
7.2.1 Il lotto economico (EOQ)
Nella variante del modello in cui la filiera è gestita tramite la logica del lotto economico,
il reparto di lavorazione è vincolato alla produzione in lotti di una grandezza prefissata,
che non varia nel corso della simulazione.
La gestione delle scorte tramite la logica del lotto economico o Economic Order Quantity
(EOQ) si contraddistingue per una quantità ordinata fissa e per un intervallo di
emissione dell’ordine variabile.
Secondo questa politica, il generico stadio i della supply chain o del processo produttivo
emette un ordine di una quantità fissa allo stadio i-1, non secondo una cadenza
temporale prefissata, ma ogni volta che il livello di scorte dello stadio i scende al di sotto
di una soglia, chiamata Reorder Point (ROP).
Gli obiettivi tradizionali di una logica EOQ sono:
Identificazione del lotto di riordino al fine di minimizzare i costi connessi con la
gestione delle scorte: tali costi sono la somma del costo di mantenimento a
scorta, di acquisto e di ordinazione in un contesto di approvvigionamento
esterno, mentre sono la somma del costo di mantenimento a scorta, del costo
variabile di produzione e dei set-up in un contesto di produzione interna;
Individuazione del livello delle giacenze sotto il quale viene autorizzato
l’approvvigionamento.
La logica EOQ è inserita nel modello multi-prodotto nel seguente modo: l’ordine di
approvvigionamento da parte di un generico buffer i viene inviato al buffer a monte i-1
solo quando l’inventory position del buffer i scende al di sotto di un certo ROP.
L’inventory position di un generico buffer, ad esempio di quello del distributor, è
calcolato nel seguente modo:
Dove
- è l’inventory position del distributor al tempo per il prodotto
- è il livello di scorte a magazzino del distributor al tempo per il prodotto
- sono i backlog del distributor al tempo per il prodotto
- sono gli ordini inviati dal distributor allo stadio a monte al tempo per il
prodotto
Il check viene effettuato ogni 10 minuti e per tutti i prodotti la cui giacenza è inferiore al
livello, a partire dal più critico, viene inviato un ordine di approvvigionamento al buffer a
monte.
Sia i livelli di ROP che le dimensioni del lotto economico di acquisto sono differenti per i
diversi buffer della supply chain. In particolare per l’input buffer del distributor (IB-D) il
lotto economico è pari a 54 unità, per l’output buffer del secondary manufacturer (OB-
SM) è pari a 91 unità, per l’input buffer del secondary (IB-SM) è pari a 131 unità e per
l’output buffer del primary manufacturer (OB-PM) è pari a 195 unità. Si ricordi che
l’input buffer del primary (IB-PM) è supposto di capacità infinita. Questi valori non
cambiano mai durante la campagna di simulazione del modello EOQ. Il valore delle
soglie dei ROP sono invece i parametri leva che vengono modificati durante le
simulazioni per ottenere i diversi livelli di servizio necessari alla raccolta dei dati.
7.2.2 Il modello visibility
La variante del modello che utilizza la logica visibility presuppone la condivisione di
informazioni tra i nodi che compongono la supply chain, in particolare riguardanti i
livello di inventory nei diversi buffer. Avere visibilità sul livello di inventory dei buffer a
valle consente di ritardare la produzione, facendola partire “al più tardi”, con la
conseguenza di abbassare i livelli di scorte nel sistema garantendo comunque un alto
livello di servizio.
All’interno del modello, la trasmissione degli ordini di approvvigionamento tra l’input
buffer del distributor e l’outbut buffer del secondary manufacturer e quella tra l’inbut
buffer del secondary e l’output buffer del primary manufacturer segue la medesima
logica della variante EOQ, basandosi semplicemente sulla comparazione tra il livello di
scorte degli input buffer e la soglia fissata per il ROP. La logica visibility viene invece
implementata nella trasmissione degli ordini di produzione tra l’input buffer e l’output
buffer dei due nodi produttivi, il secondary manufacturer e il primary manufacturer. In
questo caso il check viene effettuato ogni dieci minuti e solamente se il processo di
produzione dello stadio considerato è libero. Prendendo ad esempio lo stadio del SM,
innanzitutto vengono identificati i prodotti critici, cioè quelli la cui inventory position
nell’output buffer è minore del rispettivo ROP. Dopodiché si valuta la disponibilità di
questi prodotti nel buffer a valle, in questo caso nell’input buffer del distributor: in
particolare per ogni prodotto si calcola il numero di giorni che mancano al prossimo
ordine da parte del distributor, attraverso la seguente formula:
dove indica lo stadio della supply chain, essenzialmente l’input buffer del distributor o
l’input buffer del secondary manufacturer, e è l’indice del prodotto critico.
Tra questi prodotti viene selezionato quello per cui è maggiore il numero di giorni a
disposizione per la produzione e tale valore viene confrontato con il tempo necessario
per produrre tutti i lotti dei prodotti critici, moltiplicato per un determinato coefficiente:
se il tempo a disposizione prima dell’ordine del prodotto meno critico è inferiore a
quello necessario alla produzione, significa che è essenziale cominciare a produrre e
quindi viene inviato l’ordine relativo al prodotto più critico al reparto di produzione.
Se invece tale valore è minore del tempo necessario, il prodotto in questione non viene
più considerato, si seleziona il successivo prodotto meno critico e il processo viene
iterato. Se per nessun prodotto critico il tempo disponibile è minore di quello
necessario, non viene inviato nessun ordine al reparto di produzione fino al prossimo
check.
Le diverse dimensioni dei lotti nei vari stadi non variano mai durante la simulazione ed
ha lo stesso valore della variante EOQ; anche in questo caso ciò che viene modificato
durante la simulazione è il livello dei ROP.
La logica alla base di questo meccanismo di visibility è la stessa proposta da Datta e
Christopher (Datta, Christopher,2011) che studiano attraverso simulazione una supply
chain multi-prodotto con lo scopo di identificare la configurazione di information
sharing più efficace per ridurre l’incertezza della filiera.Nella prima configurazione
proposta dagli autori il central planner della supply chain compara, per ogni prodotto, i
giorni disponibili per la produzione con quelli necessari, basandosi sul livello di inventory
del central warehouse e sulla previsione della domanda: in base a questo risultato il
planner decide se anticipare o posticipare la produzione. L’idea di Datta e Christopher è
stata quindi adattata e applicata al contesto in esame.
7.2.3 Il modello kanban
Nella variante kanban la produzione segue una logica pull, quindi viene “tirata” da valle:
la produzione e il trasferimento dei prodotti sono autorizzati solo nel momento in cui
viene registrato un consumo a valle.
Il trigger del processo è determinato proprio dalla presenza dei kanban.
A ogni prodotto è associato, già dall’inserimento delle scorte iniziali nel sisitema, un
kanban, cioè un cartellino identificativo: esistono due tipologie di kanban, quello di
movimentazione (withdrawal kanban, WK) e quello di produzione (production kanban,
PK). La situazione di partenza è che negli input buffer (IB) della supply chain a ogni
prodotto è associato un WK, mentre negli outbut buffer (OB) a ogni prodotto è associato
un PK. Il funzionamento della logica kanban, considerando i primi due stadi della filiera a
partire da valle, è il seguente:
Quando l’IB del distributor soddisfa la richiesta del mercato finale per un
prodotto, stacca il WK ad esso associato e lo pone in una tabelliera, che presenta
24 colonne (una per prodotto);
Ogni 10 minuti viene effettuato un check sulla tabelliera del distributor e
vengono selezionati i prodotti per i quali il numero di kanban sulla tabelliera
supera una soglia. Nel caso dei WK la soglia è pari a 0, quindi tutti i prodotti con
almeno un kanban sulla tabelliera vengono selezionati. A questo punto viene
trasmesso l’ordine a monte per il ripristino dei prodotti selezionati, in ordine di
criticità, cioè a partire dal prodotto con l’inventory position più bassa;
I WK staccati dalla tabelliera del distributor vengono così inviati all’OB del
secondary manufacturer, che preleva i pezzi richiesti, stacca i PK ad essi associati
e attacca i WK ricevuti, per poi spedire i prodotti con i rispettivi WK al distributor.
I PK del secondary manufacturer vengono a loro volta posti in una tabelliera
analoga ;
Ogni 10 minuti, e se il processo di produzione è libero, viene effettuato il check
sulla tabelliera dell’OB del secondary e vengono selezionati i prodotti per i quali
il numero di kanban supera una determinata soglia (pari al lotto di produzione
del rispettivo buffer nella variante EOQ). A questo punto viene trasmesso
l’ordine di produzione per il prodotto più critico;
I PK staccati dalla tabelliera vengono così inviati all’IB del secondary, che produce
i prodotti necessari all’OB, stacca da essi i rispettivi WK e attacca i PK ricevuti, per
poi inviare i prodotti con i rispettivi PK all’OB del secondary. I WK del secondary
manufacturer vengono a loro volta posti sulla rispettiva tabelliera;
Il processo viene poi iterato a monte, coinvolgendo il primary manufacturer.
Il numero totale di kanban per un generico buffer, ad esempio per quello del distributor,
si può calcolare come:
(1)
Dove
- è il numero totale di kanban del distributor al tempo
- è il numero di kanban presenti sulla tabelliera del distributor al tempo
- è il numero di kanban presenti a magazzino del distributor al tempo
- è il numero di kanban in viaggio tra secondary manufacturer e distributor al
tempo
- è il numero di kanban relativo ai backlog di produzione del secondary
manufacturer al tempo
L’inventory position del distributor, in funzione dei kanban, si può scrivere come:
(2)
Dove
- è l’inventory position del distributor al tempo per il prodotto
- è il numero di kanban relativo ai backlog del distributor al tempo
Unendo le equazioni (1) e (2) si ottiene:
È importante sottolineare la differenza di gestione tra i WK, per cui non esiste una soglia
da superare per autorizzare il replenishment, e i PK, per cui la produzione viene avviata
solo se il numero di kanban è superiore a una determinata soglia.
Nel momento in cui un prodotto ha bisogno di essere rispristinato/prodotto, tutti i i
kanban del prodotto in questione presenti nella tabelliera vengono inviati a monte: non
esiste quindi una politica di lottizzazione nella variante kanban.
7.3 Il modello mono-prodotto di riferimento
Il modello multi-prodotto è stato creato sulla base di quello mono-prodotto. Per
individuare correttamente le cause delle possibili differenze di prestazioni tra i due
modelli, dovute all’applicazione delle tre logiche di gestione della produzione (kanban,
visibility ed EOQ), sono stati effettuati meno cambiamenti possibili nel passaggio da un
modello all’altro: un confronto tra due modelli molto diversi sarebbe stato infatti poco
significativo.
Il tempo di produzione del modello multi-prodotto è stato fissato in modo tale da
mantenere invariata la saturazione del processo rispetto al caso mono-prodotto. Per
quanto riguarda il tempo di set-up, nel modello mono-prodotto aveva un valore esiguo e
perciò non poteva essere replicato nel multi-prodotto: si è quindi deciso di impostare il
tempo di set-up in modo tale che la media di esso sui 24 prodotti fosse uguale al valore
nel caso mono-prodotto. Nel capitolo successivo, precisamente nel paragrafo in cui
viene studiato il confronto tra i due modelli, la tematica relativa ai set-up sarà ripresa e
approfondita.
La dimensione dei lotti nei vari buffer della filiera multi-prodotto sono stati calcolati
mantenendo la stessa copertura del caso mono-prodotto, cioè lo stesso rapporto tra
dimensione del lotto e domanda media.
La dimensione del lotto nel caso mono-prodotto è stata calcolata tramite la classica
formula:
Dove
= costo di emissione di un ordine (in questo caso caso è proporzionale al tempo speso
per eseguire un setup)
= valore economico del prodotto
= tasso annuo di mantenimento a scorta
= domanda media annua
Nel modello multi-prodotto sono stati inseriti quattro primary manufacturer, ognuno dei
quali responsabile del 25% della gamma di prodotti, al posto di uno solo responsabile di
tutta la produzione nel caso mono-prodotto: di conseguenza la capacità degli automezzi
incaricati di trasportare i prodotti dai rispettivi primary al secondary è stata fissata a 150
unità ciascuno, al posto della capacità di 450 unità nel caso mono-prodotto.
Nel modello multi-prodotto esiste una logica di priorità per gli ordini di
approvvigionamento, basata sulla criticità dei prodotti, cioè sul livello di inventory nei
buffer, logica che ovviamente non può esistere nel modello originale in quanto gestisce
un solo item.
La differenza più grande riguarda il meccanismo con cui è implementata la logica della
variante visibility: la trasmissione degli ordini tra IB del distributor e OB del secondary e
tra IB del secondary e OB del primary è gestita tramite la logica EOQ, così come nel
modello multi-prodotto, mentre negli altri due tratti la logica implementata è diversa
rispetto a quella descritta per il modello multi-prodotto.
Il funzionamento, trasposto nel caso multi-prodotto, è il seguente: considerando il
tratto tra IB e OB del secondary (quello tra IB e OB del primary ha un funzionamento
analogo), il processo consiste in due step. Innanzitutto, per il prodotto che ha l’inventory
position più bassa nell’OB del secondary manufacturer, si valuta se il livello della
giacenza è minore del ROP dell’OB del secondary, dopodiché, per tale prodotto, si valuta
se l’inventory position nell’IB del distributor è inferiore a una determinata soglia, pari al
ROP del distributor a cui è sommata una costante. Se entrambe queste condizioni sono
soddisfatte la produzione viene avviata, altrimenti viene posticipata, appunto perché l’IB
del distributor non ne ha necessità urgente.
Considerando che l’IB del distributior può al massimo avere un inventory position pari a
+ , il valore della costante da sommare al per creare la soglia della
visibility deve essere compreso tra 0 e il : se fosse superiore la condizione sarebbe
sempre rispettata e il modello si comporterebbe sempre come nella variante EOQ.
Questo meccanismo funziona bene nel caso mono-prodotto ma non è applicabile nel
caso multi-prodotto: ogni prodotto viene valutato indipendentemente dagli altri e
questo porta a posticipare la produzione di tutti i prodotti che non rispettano le due
condizioni sopra enunciate, fino al punto in cui, una volta trasmesso l’ordine di
produzione, il tempo a disposizione può risultare troppo esiguo per soddisfare la
richiesta. Di conseguenza, per mantenere un livello di servizio adeguato, si necessita di
molte scorte e quindi di valori di soglie molto elevate. In definitiva la visibility applicata
in questo modo in una supply chain multi-prodotto non porta nessun beneficio, anzi solo
inefficienze, perciò è stata implementata la logica descritta precedentemente, che
valuta in maniera simultanea e dinamica i diversi prodotti.
Un’altra importante differenza di modellazione riguarda la variabilità della domanda.
La domanda giornaliera ha in entrambi i casi una distribuzione normale, di media 384
unità nel modello mono-prodotto e di media 16 per ognuno dei 24 prodotti nel modello
multi-prodotto. In entrambi i modelli vengono considerati tre diversi coefficienti di
variazione (CV), cioè il rapporto tra deviazione standard e media, pari a 0.8, 0.6 e 0.4. La
differenza sta nel fatto che nel caso multi-prodotto il CV non è calcolato sulla domanda
aggregata ma sulla domanda del singolo prodotto. Ovviamente in questo modo la
variabilità totale è più bassa nel caso multi-prodotto rispetto al caso mono-prodotto,
perché una variabilità in positivo di un prodotto viene compensata dalla variabilità in
negativo di un altro.
In formule:
dove è la deviazione standard del prodotto .
Nel caso di CV=0.8, il modello mono-prodotto ha una deviazione standard pari a 307.2,
mentre il modello multi-prodotto ha una deviazione standard per singolo prodotto pari
a 12.8 e una deviazione standard totale totale pari a 62.7, quindi decisamente inferiore,
nonostante la media totale sia pari a 384 per entrambi i modelli.
Tuttavia per ottenere la stessa variabilità del mono-prodotto, ogni prodotto del modello
multi avrebbe dovuto avere una deviazione standard pari appunto a 62.7, a cui
corrisponde un CV pari a 3.9. Un valore di coefficiente di variazione così alto per singolo
prodotto è stato considerato eccessivo. Inoltre sarebbe risultato impossibile costruire
una distribuzione di probabilità normale “troncata” (in quando vanno considerati solo i
valori positivi di domanda) di media 16 e deviazione standard 62.7.
7.4 Descrizione dell’esperimento
Le simulazioni sono state effettuate sia per il modello multi-prodotto , sia per quello
mono-prodotto nei casi in cui non erano disponibili tutti i dati necessari per un corretto
confronto.
Per ogni variante del modello sono state eseguite 10 simulazioni, per dare rilevanza
statistica ai risultati ottenuti. Le repliche del sistema sono determinate da input di
domanda differenti: attraverso fogli di calcolo di “Microsoft Excel” sono stati costruiti 10
profili di domanda secondo una distribuzione normale “troncata” di media µ e
deviazione standard (Grafico 1).
Uno dei parametri che è stato fatto variare nel corso della campagna di simulazione è
stato proprio il coefficiente di variazione della domanda CV (rapporto tra e µ): in
particolare sono stati considerati tre diversi CV, pari a 0.8, 0.6 e 0.4.
Grafico 1: Distribuzione normale (µ=16; σ=12.8) di un generico prodotto nel caso CV=0.8
Ogni run di simulazione ha un periodo di osservazione che copre 2000 giorni lavorativi di
8 ore ciascuno. Per ovviare all’utilizzo di dati influenzati dal transitorio iniziale, l’inizio
della raccolta dei risultati è stata fissata dopo il cinquantunesimo giorno di simulazione.
I dati rilevanti estratti da una run di simulazione sono il livello di servizio, il livello delle
scorte e il numero di trasporti FTL e LTL.
Il livello di servizio per una tipologia di prodotto viene calcolato come il rapporto tra il
numero di giorni in cui si registra uno stock-out del prodotto e la lunghezza del periodo
di misurazione. Il “livello di servizio di una run”, o livello di servizio della supply chain, è
la media dei livelli di servizio raggiunto nei quattro buffer di riferimento: input buffer del
distributor, output e input buffer del secondary manufacturer, e output buffer del
primary manufacturer (si è scelto di non considerare l’input buffer in quanto supposto di
capacità infinita); a sua volta il livello di servizio di un buffer è la media dei livelli di
servizio di tutte le 24 classi di prodotto. Il parametro è vincolante perché è il parametro
obiettivo nell’esecuzione delle run.
Nel presente elaborato una run è stata considerata utile alla raccolta dei dati se il suo
valore era compreso tra 92% e 99% e se tutti i buffer all’interno della run riportavano un
valore del livello di servizio non inferiore all’87%.
Come già anticipato, le 3 varianti del modello sono la logica EOQ, la logica visibility e
quella kanban. Per quest’ultima sono state eseguite simulazioni riducendo il tempo di
set-up e conseguentemente il numero di kanban nel sistema e la dimensione dei lotti,
parametro rilevante in quanto influisce direttamente sul livello delle soglie utilizzate nel
processo decisionale relativo degli ordini di produzione.
Per il modello kanban i diversi livelli di servizio della supply chain sono stati identificati
modificando il numero di kanban nel sistema, mentre per i modelli EOQ e visibility
modificando i livelli delle soglie dei ROP nei diversi buffer: in dettaglio aumentando i
livelli di ROP e il numero di kanban rispettivamente per le varianti di studio, i livelli di
inventory del sistema salgono, e con essi il livello di servizio.
Un altro parametro che è stato modificato durante la campagna di simulazione è
relativo alla logica dei trasporti: in particolare le varianti visibility e EOQ sono state
studiate utilizzando sia la logica di “aggregazione” che quella di “non aggregazione”
descritte precedentemente.
I benefici derivanti dall’applicazione di una determinata politica di gestione della
produzione (kanban, visibility, EOQ) dipendono dai valori relativi ai costi di
mantenimento a scorta e ai costi di trasporto.
Il costo di mantenimento a scorta è calcolato come:
Dove
è il costo annuo mantenimento a scorta
è il tasso annuo di mantenimento a scorta che considera i costi di stoccaggio e di
obsolescenza della merce in rapporto al valore della stessa.
Il costo logistico viene invece calcolato attraverso due diverse modalità:
Nel primo caso il costo di trasporto viene calcolato in funzione del costo unitario
per pezzo trasportato. L’idea alla base è che i pezzi trasportati in LTL comportino
un aggravio economico rispetto ai pezzi trasportati in FTL. Essenzialmente il
punto di vista è di un’impresa che ha esternalizzato il servizio di trasporto e ha
un contratto nella forma “pay per use” con un provider logistico che viene
pagato con una tariffa “full truck load” per i pezzi che saturano il vettore di
trasporto e una tariffa più dispendiosa “less than truck load” applicata agli item
per le spedizioni che non saturano il mezzo di trasporto.
Nel secondo caso il costo di trasporto è calcolato in base al numero di viaggi,
indipendentemente dal fatto che siano FTL o LTL.
8. Descrizione dei risulati
Nel seguito della trattazione i valori relativi alla variante del modello che utilizza il
sistema kanban verranno indicati con i nomi di Lean 1, Lean 0.8, Lean 0.6, Lean 0.4 e
Lean 0.2: questi termini significano, rispettivamente, una riduzione del lotto pari a 0%,
20%, 40%, 60% e 80%. Come già anticipato, la riduzione del lotto comporta
l’abbassamento della soglia, relativa al numero di kanban presenti sulla tabelliera,
necessaria per l’avvio della produzione. Simultaneamente vengono ridotti i tempi di set-
up e il numero di kanban del sistema.
Con i nomi EOQ e VIS verranno indicati i valori relativi alle varianti che utilizzano
rispettivamente il lotto economico e la visibility. I dati relativi ai due modelli analizzati,
quello multi-prodotto e quello mono-prodotto, saranno indicati per semplicità con multi
e mono.
Le due diverse politiche di trasporto, “aggregato” e “non aggregato”, saranno indicate
con AGG e NON AGG. Infine con CV 0.8, CV 0.6 e CV 0.4 si intenderanno i diversi
coefficienti di variazione della domanda e con LS il livello di servizio.
8.1 Il modello multi-prodotto
8.1.1 I livelli di inventory
Come si può notare nel Grafico 2, i livelli medi di inventory sono crescenti con
l’aumentare del livello di servizio: ovviamente per soddisfare meglio la domanda si
necessita di un livello maggiore di scorte nel sistema. Le diverse varianti del modello
presentano lo stesso andamento per tutti i valori di CV, perciò in questo grafico e in
quelli successivi, relativi ai confronti tra le diverse politiche, verranno analizzati solo i
risultati relativi al coefficiente di variazione pari a 0.8.
Nel grafico si nota che EOQ presenta il livello di scorte maggiori, seguito da VIS e dalle
varianti lean, per le quali ogni riduzione di lotto comporta benefici maggiori. In Tabella 4
è mostrata, per i diversi livelli di servizio, la riduzione percentuale di inventory dovuta
alla diminuzione della grandezza dei lotti nella politica lean: per ogni range di LS si
ottengono benefici crescenti.
Grafico 2: Andamento delle scorte al variare del livello di servizio
LS Lean1-lean0.8
Lean1-lean0.6
Lean1-lean0.4
Lean1-lean0.2
0,92-->0,94 15,8% 33,3% 34,3% 44,7%
0,94-->0,96 14,7% 29,7% 33,2% 44,2%
0,96-->0,98 17,7% 28,1% 34,0% 48,1%
0,98-->1 18,0% 28,7% 36,7% 46,9%
Tabella 4: Beneficio percentuale della riduzione dei lotti in termini di scorte
Per quanto riguarda il livello di inventory, nei Grafici 3 e 4 viene analizzato il beneficio
dell’applicazione della logica lean rispetto a EOQ, rispettivamente in termini assoluti e in
termini percentuali, al variare del livello di servizio. Nei Grafici 5 e 6 viene effettuato lo
stesso tipo di confronto tra Lean e VIS.
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Inventory
EOQ
VIS
Lean_1
Lean_0,8
Lean_0,6
Lean_0,4
Lean_0,2
Grafico 3: Beneficio della logica lean rispetto a EOQ in termini assoluti
Grafico 4: Beneficio della logica lean rispetto a EOQ in termini percentuali
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Beneficio lean vs EOQ (assoluto)
lean1
lean 0.8
lean 0.6
lean 0.4
lean 0.2
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Beneficio lean vs EOQ (percentuale)
lean1
lean 0.8
lean 0.6
lean 0.4
lean 0.2
Grafico 5: Beneficio della logica lean rispetto a VIS in termini assoluti
Grafico 6: Beneficio della logica lean rispetto a VIS in termini percentuali
Sia nel confronto tra lean e EOQ, sia in quello tra lean e VIS, emergono tre
considerazioni:
Il beneficio in termini assoluti dell’applicazione del sistema lean cresce
all’aumentare del livello di servizio. Questo significa che l’aumento di scorte nella
lean è minore rispetto all’aumento di scorte per VIS e EOQ;
Il beneficio percentuale dell’applicazione del sistema lean decresce
all’aumentare del livello di servizio. Questo significa che la differenza di scorte
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Beneficio lean vs VIS (assoluto)
lean1
lean 0.8
lean 0.6
lean 0.4
lean 0.2
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Beneficio lean vs VIS (percentuale)
lean1
lean 0.8
lean 0.6
lean 0.4
lean 0.2
tra lean e VIS/EOQ aumenta ma meno che proporzionalmente rispetto
all’aumento assoluto di scorte per VIS/EOQ;
Il beneficio è crescente con la riduzione del lotto nel sistema lean.
Nel Grafico 8 è mostrato l’andamento delle scorte della politica lean, considerando la
media delle diverse varianti, all’aumentare del livello di servizio, per i tre diversi
coefficienti di variazione della domanda. Nel Grafico 9 viene effettuata la stessa analisi
con la politica EOQ.
Quello che si nota è che all’aumentare del livello di servizio, nella politica lean le curve
aumentano considerevolmente la propria pendenza e la distanza tra di loro, mentre
nella politica EOQ le curve mantengono in modo più costante la pendenza e la distanza
tra di loro.
Questo significa che per livelli di servizi alti, un aumento del CV nella politica lean ha un
effetto decisamente rilevante.
Grafico 8: Andamento delle scorte nella politica lean per i diversi CV al variare del LS
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
Scorte lean per i diversi CV al variare di LS
Lean CV 0.8
Lean CV 0.6
Lean CV 0.4
Grafico 9: Andamento delle scorte nella politica EOQ per i diversi CV al variare del LS
Nei Grafici 10 e 11 è mostrato l’andamento del livello di inventory delle varianti del
modello all’aumentare del CV, da un valore pari a 0.4 a un valore pari a 0.8. Il primo
grafico considera la media dei valori di scorte per bassi livelli di servizio (da 0.92% a
0.96%), il secondo per livelli alti (da 0.96% a 0.99%).
All’aumentare della variabilità della domanda, in tutte le politiche si riscontra un
prevedibile aumento di scorte, per entrambi i range di LS: per sopperire a un incremento
di variabilità della domanda bisogna necessariamente mantenere più prodotti a stock
per raggiungere lo stesso livello di servizio.
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
Scorte EOQ per i diversi CV al variare di LS
EOQ CV 0.8
EOQ CV 0.6
EOQ CV 0.4
Grafico 10: Livelli di inventory al variare del coefficiente di variazione per bassi LS
Grafico 11: Livelli di inventory al variare del coefficiente di variazione per alti LS
Sempre riguardo i livelli di scorte, nei Grafici 12 e 13 e nei Grafici 14 e 15 viene
analizzato il beneficio assoluto e percentuale dell’applicazione della logica lean rispetto
2000,000
3000,000
4000,000
5000,000
6000,000
7000,000
8000,000
0,4 0,6 0,8
Inventory al variare del CV (0.92-->0.96 SL)
EOQ
VIS
lean1
lean0.8
lean0.6
lean0.4
lean0.2
2000,000
3000,000
4000,000
5000,000
6000,000
7000,000
8000,000
9000,000
10000,000
0,4 0,6 0,8
Inventory al variare del CV (0.96-->0.99 SL)
EOQ
VIS
lean1
lean0.8
lean0.6
lean0.4
lean0.2
a EOQ, rispettivamente per valori bassi di livello di servizio (da 0.92% a 0.96%) e per
valori alti (da 0.96% a 0.99%), all’aumentare del CV. Per sintesi viene riportato solo il
confronto tra Lean e EOQ, in quanto quello tra Lean e VIS segue lo stesso andamento.
Grafico 12: Beneficio della logica lean rispetto a EOQ in termini assoluti al variare di CV per bassi LS
Grafico 13: Beneficio della logica lean rispetto a EOQ in termini percentuali al variare di CV per bassi LS
2000,000
2500,000
3000,000
3500,000
4000,000
4500,000
5000,000
0,4 0,6 0,8
Beneficio lean vs EOQ (assoluto) al variare del CV (0.92-->0.96 SL)
lean 0.2
lean 0.4
lean 0.6
lean 0.8
lean 1
30,0%
35,0%
40,0%
45,0%
50,0%
55,0%
60,0%
65,0%
70,0%
0,4 0,6 0,8
Beneficio lean vs EOQ (percentuale) al variare del CV (0.92-->0.96 SL)
lean 0.2
lean 0.4
lean 0.6
lean 0.8
lean 1
Grafico 14: Beneficio della logica lean rispetto a EOQ in termini assoluti al variare di CV per alti LS
Grafico 15: Beneficio della logica lean rispetto a EOQ in termini percentuali al variare di CV per alti LS
All’aumentare del CV, in termini percentuali il beneficio della logica lean su EOQ è
decrescente per entrambi i range di livelli di servizio, mentre in termini assoluti si nota
che per bassi livelli di servizio (da 0.96% a 0.99%) il beneficio è crescente e per alti livelli
0,000
1000,000
2000,000
3000,000
4000,000
5000,000
6000,000
7000,000
1 2 3
Beneficio lean vs EOQ (assoluto) al variare del CV (0.96-->0.99 SL)
lean 0.2
lean 0.4
lean 0.6
lean 0.8
lean 1
0,0%
10,0%
20,0%
30,0%
40,0%
50,0%
60,0%
70,0%
1 2 3
Beneficio lean vs EOQ (percentuale) al variare del CV (0.96-->0.99 SL)
lean 0.2
lean 0.4
lean 0.6
lean 0.8
lean 1
di servizio (da 0.96% a 0.99%) il beneficio è decrescente. Questo è dovuto all’andamento
delle scorte, per livelli alti di servizio, della politica lean all’aumentare del CV descritto
precedentemente.
8.1.2 I trasporti
Per quanto riguarda i trasporti, vengono considerate per EOQ e VIS due diverse logiche,
quella “aggregata” e quella “non “aggregata”. Come già spiegato, nella prima modalità
vengono eseguiti alla fine del giorno solo trasporti full truck load (FTL), a meno che,
durante la giornata, non si sia riuscito a saturare neanche un autoveicolo: in tal caso
viene eseguito un tasporto less than truck load (LTL). Nella seconda modalità a fine
giornata tutti i pezzi vengono trasportati, indipendentemente dal livello di saturazione
del veicolo. Tutte le varianti lean usano una modalità di trasporto non aggregato,
mentre per EOQ e VIS sono state simulate entrambe le modalità. È importante
sottolineare che per le varianti EOQ AGG e VIS AGG la giacenza media è pressoché
identifica rispetto a EOQ e VIS, per questo nell’analisi dei valori di inventory sono state
tralasciate.
Vengono studiati sia i trasporti che partono dai primary manufacturer (PM), per i quali
gli autoveicoli hanno capacità pari a 150 unità, sia quelli che partono dal secondary
manufacturer (SM), per i quali gli autoveicoli hanno capacità pari a 450 unità.
Nei Grafici 16, 17, 18, 19 e 20 viene riportato il numero di trasporti medio per ogni
variante del modello e per ogni tipologia di trasporto al variare del LS. I valori sono
relativi solo al coefficiente di variazione pari a 0.8, in quanto per gli altri CV l’andamento
è il medesimo.
Grafico 16: Numero di trasporti totali al variare del livello di servizio
Grafico 17: Numero di trasporti totali tra SM e Distributor al variare del livello di servizio
7900
8400
8900
9400
9900
10400
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Trasporti totali
eoq
vis
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
eoq AGG
vis AGG
1800
1900
2000
2100
2200
2300
2400
2500
2600
2700
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Trasporti totali SM
eoq
vis
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
eoq AGG
vis AGG
Grafico 18: Numero di trasporti totali tra PM e SM al variare del livello di servizio
Grafico 19: Numero di trasporti totali Full Track Load al variare del LS
5800
6300
6800
7300
7800
8300
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Trasporti totali PM
eoq
vis
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
eoq AGG
vis AGG
0
500
1000
1500
2000
2500
3000
3500
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
FTL totali
eoq
vis
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
eoq AGG
vis AGG
Grafico 20: Numero di trasporti totali Less Than Track Load al variare del LS
Nelle tabelle 5, 6, 7 e 8 è riportato il valore della saturazione al variare del LS, per i
trasporti LTL tra primary manufacturer e secondary manufacturer e tra secondary e
distributor, per tutte levarianti del modello.
LS EOQ VIS EOQ AGG VIS AGG
0,92-->0,94
60,07% 59,14% 65,4% 64,4%
0,94-->0,96
66,04% 66,32% 69,2% 68,9%
0,96-->0,98
72,13% 72,75% 72,6% 73,2%
0,98-->1
77,11% 77,87% 76,0% 72,5%
Tabella 5: Valori di saturazione dei veicoli trasportati in LTL tra PM e SM al variare del livello di servizio (EOQ,VIS)
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
8000
9000
10000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
LTL totali
eoq
vis
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
eoq AGG
vis AGG
LS LEAN 1 LEAN 0.8 LEAN 0.6 LEAN 0.4 LEAN 0.2
0,92-->0,94
55,64% 61,14% 58,5% 59,9% 61,6%
0,94-->0,96
56,56% 62,37% 58,2% 59,1% 61,4%
0,96-->0,98
57,10% 65,03% 57,9% 59,3% 61,3%
0,98-->1
58,93% 65,12% 60,0% 60,9% 60,9%
Tabella 6: Valori di saturazione dei veicoli trasportati in LTL tra SM e D al variare del livello di servizio (LEAN)
LS EOQ VIS EOQ AGG VIS AGG
0,92-->0,94
61,8% 60,4% 78,4% 78,0%
0,94-->0,96
61,7% 60,4% 78,0% 77,8%
0,96-->0,98
61,0% 59,3% 77,7% 78,7%
0,98-->1
59,0% 58,8% 76,3% 79,2%
Tabella 7: Valori di saturazione dei veicoli trasportati in LTL tra SM e D al variare del livello di servizio (EOQ,VIS)
LS LEAN 1 LEAN 0.8 LEAN 0.6 LEAN 0.4 LEAN 0.2
0,92-->0,94
83,0% 82,9% 82,8% 82,7% 83,0%
0,94-->0,96
82,7% 82,7% 82,6% 82,6% 82,6%
0,96-->0,98
82,5% 82,5% 82,3% 82,4% 82,2%
0,98-->1
82,2% 82,2% 82,2% 82,0% 82,1%
Tabella 8: Valori di saturazione dei veicoli trasportati in LTL tra PM e SM al variare del livello di servizio (LEAN)
Nel Grafico 21 viene mostrato il beneficio, in termini di numero di trasporti, della
politica EOQ con trasporto aggregato rispetto alla politica lean, al variare del livello di
servizio. È stato scelto come benchmark la variante EOQ AGG perché, rispetto a EOQ
senza logica di aggregazione, riporta performance migliori. Il confronto tra lean e VIS
AGG è riportato solo in Appendice perché presenta lo stesso andamento e valori
pressoché uguali.
Grafico 21: Beneficio in termini di numero di trasporti di EOQ AGG rispetto a lean al variare del LS
Dai grafici e dalle tabelle sopra riportate, oltre che dai grafici relativi ai trasporti FTL e
LTL nei diversi tratti della filiera (riportati solo in Appendice per motivi di sintesi) si
giunge alle seguenti conclusioni:
All’aumentare del livello di servizio il numero di trasporti totali decresce per
tutte le varianti del modello. Ciò è dovuto al fatto che un livello di servizio più
alto comporta necessariamente un minor numero di backlog: se un generico
buffer di output riesce a soddisfare la domanda in una giornata, non dovrà
inviare successivamente con un altro trasporto i pezzi che non aveva disponibili
al momento;
0
500
1000
1500
2000
2500
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
Beneficio EOQ AGG vs lean
lean 02
lean 04
lean 06
lean 08
lean 1
All’aumentare del livello di servizio la diminuzione di trasporti per le varianti lean
è minore rispetto alla riduzione di trasporti per EOQ e VIS e soprattutto rispetto
a EOQ AGG e VIS AGG. Il sistema kanban della logica lean comporta comunque
una maggiore frequenza di ordini e conseguentemente di trasporti rispetto alle
altre varianti;
All’aumentare del livello di servizio la riduzione del lotto nelle varianti lean
comporta un minor decremento del numero di trasporti. Ad esempio la variante
lean 0.2, lavorando su piccoli lotti e frequenti ordini, performa peggio rispetto
alla variante lean 1.
All’aumentare del livello di servizio nella politica lean diminuiscono i trasporti LTL
e aumentano i trasporti FTL. Nel tratto tra secondary e distributor i trasporti
totali rimangono sempre pari a 2000, in quanto ogni giorno avviene un trasporto
(e non più di uno grazie alla modalità di aggregazione nei trasporti), quindi
l’aumento di trasporti FTL è compensato dalla diminuzione di trasporti LTL:
essenzialmente grazie alla riduzione dei backlog alcuni trasporti LTL si
trasformano in FTL. Nel tratto tra primary e secondary invece la riduzione di
trasporti LTL è maggiore rispetto all’aumento di quelli FTL. In questo tratto i
trasporti non avvengono tutti i giorni, sia perché i primary sono 4 e gestiscono
solo 6 items a testa, sia perché generalmente per ogni prodotto vengono
consegnati lotti più grandi, quindi gli ordini ai primary arrivano meno
frequentemente. In tale situazione una diminuzione di backlog impatta
fortemente, comportando un decremento maggiore di trasporti rispetto al caso
precedente.
All’aumentare del livello di servizio nelle politiche EOQ AGG e VIS AGG si
riscontra un andamento uguale alla variante Lean nel tratto tra secondary e
distributor, dovuto alla politica di aggregazione che porta a effettuare un viaggio
al giorno;
La variante lean 1 rispetto a quella lean 0.2 presenta un maggior numero di
trasporti FTL e un minor numero di trasporti LTL nel tratto tra primary e
secondary: questo è dovuto alla diversa dimensione del lotto di produzione: ad
esempio nel caso lean 0.2 il secondary, producendo lotti più piccoli (non più pari
a 54 unità ma pari a 18 unità), invia ordini più piccoli e frequenti al primary,
aumentando il numero di trasporti LTL, mentre nel caso lean 1, che lavora con
lotti maggiori, il veicolo viene saturato più facilmente. Nel tratto tra secondary e
distributor invece non si riscontrano differenze in quanto in tal caso la
dimensione del lotto non impatta: l’output buffer del secondary essenzialmente
vede direttamente la domanda finale del mercato;
All’aumentare del livello di servizio, le politiche EOQ AGG, VIS AGG, EOQ e VIS
mostrano un aumento della saturazione dei trasporti LTL nel tratto tra primary e
secondary manufacturer. In queste varianti del modello l’ordine che il seconday
invia a monte è pari a 130 unità, quindi al diminuire dei backlog la saturazione
dei veicoli aumenta, mentre per le varianti lean la dimensione dell’ordine è
variabile ma comunque minore. In tutte le altre casistiche il valore della
saturazione non mostra trend significativi;
Le varianti del modello che utilizzano trasporti aggregati, EOQ e VIS, hanno un
valore di saturazione nel tratto tra primary e secondary decisamente inferiore
rispetto alle altre varianti (60% rispetto a 80%): la politica di non aggregazione
porta infatti a effettuare molti trasporti insaturi.
Nei Grafici 22 e 23 è mostrato il beneficio in termini di numero di trasporti della politica
EOQ AGG rispetto a Lean, all’aumentare del CV, rispettivamente per valori bassi (da
0.92% a 0.96%) e per valori alti (da 0.96% a 0.99%) di livello di servizio.
Grafico 22: Beneficio di EOQ con trasporto aggregato rispetto a lean al variare del CV per bassi LS
Grafico 23: Beneficio di EOQ con trasporto aggregato rispetto a lean al variare del CV per bassi LS
Il beneficio di EOQ AGG rispetto a lean è decrescente. Questo andamento significa che
all’aumentare del CV, per qualsiasi livello di servizio, nella politica lean l’aumento di
trasporti è minore rispetto all’aumento di trasporti per la variante EOQ AGG. Il motivo
risiede nel fatto che anche per CV bassi nella politica lean i trasporti avvengono
praticamente tutti i giorni, mentre per EOQ aggregato questo non accade: perciò
0
500
1000
1500
2000
0,4 0,6 0,8
Beneficio EOQ AGG vs lean al variare del CV (0.92-->0.96 SL)
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
0
500
1000
1500
2000
2500
0,4 0,6 0,8
Beneficio EOQ AGG vs lean al variare del CV (0.96-->0.99 SL)
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
l’aumento di variabilità impatta maggiormente su EOQ rispetto a lean in termini di
numero di viaggi.
8.1.3 Il costo totale
Per ogni variante del modello, viene calcolato il costo medio annuale che deve sostenere
la supply chain. Tale costo è composto da due addendi, quello relativo alle scorte e
quello relativo ai trasporti.
Come già accennato, il costo di mantenimento a scorta è calcolato come:
Il valore della giacenza media per ogni variante è il risultato delle simulazioni, mentre il
valore unitario, cioè il costo della merce, è fissato pari a 100€ e il TAMS è pari a 20%.
Il costo relativo ai trasporti, come già accennato, viene calcolato in due modi diversi.
Nel primo caso il costo è funzione del costo unitario dei pezzi, più precisamente:
Il costo logistico rappresenta una percentuale del valore unitario della merce relativa al
costo del trasporto e assume un valore variabile in tale analisi. Il numero di pezzi
all’anno ,calcolato in base alla domanda media giornaliera e al numero di giorni
lavorativi, vale 84480 unità.
Il costo unitario per pezzo è il parametro che cambia per ogni variante del modello.
L’ipotesi alla base è che i pezzi trasportati in LTL costino il 30% in più rispetto a quelli
trasportati in FTL. Perciò per ogni range di livello di servizio e per ogni variante del
modello viene identificato un valore del costo per pezzo tramite la seguente formula:
Nel secondo caso il costo del trasporto è funzione del numero di trasporti:
Il coefficiente di trasporto è il parametro che cambia per i diversi range di livello di
servizio e per ogni variante del modello, e viene calcolato come rapporto tra il numero
di viaggi
reale e il numero di viaggi ideale (parametro fisso calcolato in base alle capacità dei
veicoli, alla domanda media e al numero di giorni simulati in una run ).
Il Grafico 24 riporta l’andamento del costo totale della supply chain per ogni variante del
modello al variare del LS, con il parametro relativo al costo logistico fissato al 2%, per la
politica di trasporto basata sul costo per pezzo. Tali valori e quelli compresi nei
successivi grafici fanno riferimento al caso in cui il coefficiente di variazione della
domanda sia pari a 0.8, in quanto gli andamenti per gli altri CV sono gli stessi e perciò
riportati solo in Appendice. Come si evince dal grafico, all’aumentare del livello di
servizio il costo totale è crescente. Siccome il numero di trasporti e di conseguenza il
costo del trasporto è decrescente, tale andamento è dettato dall’aumento delle scorte e
di conseguenza del relativo costo. È importante ricordare che questo andamento deriva
dal valore di costo logistico (2%) e di tasso annuo di mantenimento a scorta (20%),
valori che risultano tuttavia decisamente realistici.
Grafico 24: Andamento del costo totale all’aumentare del livello di servizio
250000
270000
290000
310000
330000
350000
370000
390000
410000
430000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
Costo totale
EOQ
VIS
EOQ AGG
VIS AGG
Lean_1_0
Lean_0,8_0
Lean_0,6_0
Lean_0,4_0
Lean_0,2_0
In questa analisi i valori relativi alla politica lean vengono confrontati con quelli relativi a
EOQ AGG, che risulta essere più performante rispetto a EOQ, in quanto mantiene lo
stesso livello di scote ma presenta un numero di trasporti inferiore. In Grafico 25 è
mostrato il beneficio assoluto in termini di costo delle politiche lean rispetto a EOQ AGG,
sempre con i parametri di costo logistico e TAMS fissati a 2% e 20%: tale beneficio risulta
essere
crescente all’aumentare del livello di servizio, quindi per questi parametri i benefici in
termini di scorte della lean sono sempre più rilevanti rispetto ai benefici in termin di
viaggi per EOQ AGG. Tale andamento è maggiore per le varianti lean con diminuzione
dei lotti.
Grafico 25: Beneficio di lean rispetto a EOQ AGG al variare del livello di servizio
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
Beneficio lean vs EOQ AGG
Lean_1_0
Lean_0,8_0
Lean_0,6_0
Lean_0,4_0
Lean_0,2_0
L’analisi sui costi totali viene viene effettuata facendo variare un parametro ρ pari al
rapporto tra costo logistico e TAMS. Come si evince dalla Tabella 9, in realtà il TAMS
viene
lasciato invariato, quindi è solo il costo logistico a modificare il rapporto ρ.
TAMS Costo log
ρ TAMS Costo log
ρ
20 0,5 0,025 20 8,5 0,425
20 1 0,05 20 9 0,45
20 1,5 0,075 20 9,5 0,475
20 2 0,1 20 10 0,5
20 2,5 0,125 20 10,5 0,525
20 3 0,15 20 11 0,55
20 3,5 0,175 20 11,5 0,575
20 4 0,2 20 12 0,6
20 4,5 0,225 20 12,5 0,625
20 5 0,25 20 13 0,65
20 5,5 0,275 20 13,5 0,675
20 6 0,3 20 14 0,7
20 6,5 0,325 20 14,5 0,725
20 7 0,35 20 15 0,75
20 7,5 0,375 20 15,5 0,775
20 8 0,4 20 16 0,8
Tabella 9: Valori del rapporto ρ al variare del costo logistico
In Grafico 26 è mostrato il risparmio percentuale delle politiche lean rispetto a EOQ AGG
al variare del rapporto ρ. I valori sono calcolati tramite la media per tutti i livelli di
servizi. All’aumentare del rapporto il beneficio è decrescente, fino al punto in cui la
politica EOQ AGG risulta più conveniente: ovviamente aumentando sempre di più il
costo logistico, gli aggravi della politica lean in termini di trasporto non sono più
compensati dai benefici relativi al minor costo delle scorte. Nel Grafico 27 sono riportati,
all’aumentare del livello di servizio, i valori di ρ per cui il risparmio delle varianti lean
rispetto a EOQ AGG è nullo: le curve di break-even risultano crescenti.
Grafico 26: Beneficio percentuale di lean rispetto a EOQ AGG al variare di ρ (politica di costo dei
trasporti in funzione del costo unitario dei pezzi)
Grafico 27: Curve di break-even del beneficio tra lean e EOQ AGG al variare del livello di servizio
Per quanto riguarda la seconda modalità di calcolo del costo del trasporto, tutti gli
andamenti visti nel caso del costo in funzione dei pezzi sono confermati. È utile però
mostrare il risparmio di lean rispetto a EOQ AGG per questa seconda modalità di calcolo.
Nel Grafico 28 si vede che i valori per cui si annulla il beneficio della politica lean sono
inferiori rispetto al caso precedente: questo è dovuto al fatto che, siccome il focus è sul
numero di viaggi e non più sui pezzi trasportati, il costo logistico impatta maggiormente
sulla politica lean rispetto a prima.
-10%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
0,04 0,16 0,28 0,40 0,52 0,64 0,76
Savi
ngs
ρ
Savings lean Vs EOQ AGG (1)
Lean_20%
Lean_40%
Lean_60%
Lean_80%
Lean_100%
-
0,20
0,40
0,60
0,80
1,00
1,20
1,40
92% 93% 94% 95% 96% 97% 98%
ρ
Service level
Curve di break-even lean vs EOQ AGG
Lean_100%
Lean_60%
Grafico 28: Beneficio percentuale di lean rispetto a EOQ AGG al variare di ρ (politica di costo logistico in
funzione del numero di trasporti)
Per quanto riguarda il confronto tra i costi totali nei diversi scenari di variabilità della
domanda, i Grafici 29 e 30 mostrano il beneficio assoluto (quello percentuale ha il
medesimo andamento) dela politica lean rispetto a EOQ AGG al variare del CV,
rispettivamente per valori bassi (da 0.92% a 0.96%) e alti (da 0.96% a 0.99%) di livello di
servizio. Tali grafici sono relativi alla politica di costo del trasporto basata sul costo per
pezzo.
Nei Grafici 31 e 32 viene effettuato il medesimo confronto, ma nel caso di costo del
trasporto calcolato in base al numero di viaggi.
In entrambe le modalità di calcolo, all’aumentare del CV il beneficio della politica lean
risulta crescente per bassi valori di livello di servizio. All’aumentare del livello di servizio
invece l’andamento è diverso: nel primo caso il beneficio mediamente decresce, nel
secondo caso invece rimane crescente. Questa differenza è dovuta al fatto che nel
primo caso il costo di trasporto è in base ai pezzi trasportati, e come si è già visto, la
politica lean all’aumentare del CV per livelli di servizi alti aumenta le proprie scorte in
modo più che proporzionale. Nel secondo caso, siccome il costo di trasporto è relativo al
numero di viaggi, questa peculiarità della logica lean impatta molto meno.
-20%
-10%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
0,025 0,1 0,175 0,25 0,325 0,4 0,475
Savi
ngs
µ
Savings Lean Vs EOQ (2)
Lean_100%
Lean_60%
Lean_20%
LEAN_80%
LEAN_40%
Grafico 29: Beneficio assoluto in termini di costo di lean rispetto a EOQ AGG al variare del CV per bassi
livelli di LS (politica di costo dei trasporti in funzione del costo unitario dei pezzi)
Grafico 30: Beneficio assoluto in termini di costo di lean rispetto a EOQ AGG al variare del CV per alti
livelli di LS (politica di costo dei trasporti in funzione del costo unitario dei pezzi)
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
70000
80000
0.4 0.6 0.8
Beneficio lean vs EOQ AGG (0.92-->0.96 SL)(1)
Lean_1_0
Lean_0,8_0
Lean_0,6_0
Lean_0,4_0
Lean_0,2_0
0,00
20000,00
40000,00
60000,00
80000,00
100000,00
120000,00
0.4 0.6 0.8
Beneficio lean vs EOQ AGG (0.96-->0.9 SL) (1)
Lean_1_0
Lean_0,8_0
Lean_0,6_0
Lean_0,4_0
Lean_0,2_0
Grafico 31: Beneficio assoluto in termini di costo di lean rispetto a EOQ AGG al variare del CV per bassi
livelli di LS politica di costo logistico in funzione del numero di trasporti)
Grafico 32: Beneficio assoluto in termini di costo di lean rispetto a EOQ AGG al variare del CV per alti
livelli di LS (politica di costo logistico in funzione del numero di trasporti)
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
0.4 0.6 0.8
Beneficio lean vs EOQ AGG (0.92-->0.96 SL)(2)
Lean_1_0
Lean_0,8_0
Lean_0,6_0
Lean_0,4_0
Lean_0,2_0
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
70000
0.4 0.6 0.8
Beneficio lean vs EOQ AGG (0.96-->0.99 SL)(2)
Lean_1_0
Lean_0,8_0
Lean_0,6_0
Lean_0,4_0
Lean_0,2_0
8.2 Confronto tra i modelli mono-prodotto e multi-prodotto
Il confronto tra i valori ottenuti dalle simulazioni dei due diversi modelli verrà effettuto
solo in termini di inventory del sistema in quanto i trasporti non risultano comparabili,
sia nel tratto tra PM e SM, sia nel tratto tra SM e D. Per quanto riguarda il primo, un
confronto sarebbe impossibile data la compresenza di quattro fornitori nel modello
multi-prodotto contro uno solo nel modello mono-prodotto, il che comporta un
inevitabile incremento di trasporti. Il numero di trasporti nel caso multi non è tuttavia
pari semplicemente a 4 volte quello del mono, poichè ogni fornitore gestisce solo una
parte della gamma e quindi gli ordini possono variare tra un fornitore e l’altro; inoltre la
somma della capacità dei veicoli nel caso multi è superiore rispetto alla capacità del
veicolo nel caso mono, in quanto è necessario avere dello spazio di “scorta” per
sopperire ad eventuali backlog (altro elemento che rende difficile la comparazione).
Per quanto riguarda il tratto tra SM e D la motivazione del mancato confronto risiede nel
numero assoluto dei trasporti: siccome i trasporti comprendono tutti i prodotti
indifferentemente, nel caso multi-prodotto la variabilità della domanda impatta
pochissimo: il numero di trasporti rimane sempre pari a 2000 (con bassissime
fluttuazioni), pari a un trasporto al giorno. Tale stabilità non sussiste in un contesto
mono-prodotto, in cui la variabilità della domanda impatta maggiormente perchè non
compensata dagli altri prodotti. La Tabella 10 è esemplificativa in tal senso.
MULTI MONO
LS EOQ AGG
VIS AGG
LEAN EOQ AGG VIS AGG LEAN
0,92-->0,94
2000,2 2000,1 2000,0 1969,1 2016,9 2189,9
0,94-->0,96
1999,8 1999,9 2000,0 1969,0 1988,6 2200,8
0,96-->0,98
2000,2 2000,0 2000,0 1980,1 1976,6 2225,0
0,98-->1 2000,1 2000,0 2000,0 1956,3 1965,1 2239,5
Tabella 10: Valore dei trasporti tra DM e D all’aumentare del LS nel caso CV 0.8
8.2.1 Il modello EOQ
La logica del lotto economico applicata in un contesto multi-prodotto evidenzia quelle
che sono le criticità che si incontrano per evadere la domanda, mantenendo una
lottizzazione elevata e basandosi esclusivamente sulla propria Inventory position. La
presenza di domanda di più prodotti si traduce inevitabilmente nell’aumento più che
proporzionale del livello di scorte, il quale diventa particolarmente critico per alti valori
di service-level. La causa dell’incremento di scorte rispetto a un caso monoprodotto,
nonostante i parametri siano stati replicati e suddivisi su 24 prodotti in modo da
rispecchiare al meglio le caratteristiche del modello iniziale, sono imputabili
all’impossibilità di produrre un determinato lotto nel momento ottimale, dato che la
capacità produttiva potrebbe essere in quel momento dedicata alla produzione di un
altro lotto. Anche in una supply-chain mono-prodotto l’aumento del livello di servizio
ricercato si traduce in un aumento delle scorte a livello sistemico, ma quest’ultimo
segue un andamento pressoché lineare (Grafico 33).
Grafico 33: Andamento delle scorte di EOQ all’aumentare del LS nel caso mono e multi
Nei tratti iniziali, non si notano grosse differenze tra le pendenze delle due curve,
tendenza che cambia per livelli di servizio più alti. Questo è dovuto al fatto che
l’incremento del numero di scorte necessario per raggiungere alti livelli di performance,
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Inventory EOQ multi vs EOQ mono
EOQ_multi
EOQ_mono
in un contesto mono-prodotto, deve coprire esclusivamente la variabilità di un solo item
e seguire quindi
la richiesta dello stesso con la sicurezza di avere sempre capacità produttiva dedicata,
mentre in una supply-chain multi-prodotto bisogna coprire e tenere in considerazioni
che la capacità produttiva potrebbe non essere disponibile al momento del bisogno.
8.2.2 Il modello visibility
Come già spiegato prededentemente, la logica utilizzata dalla variante visibility nel
modello mono-prodotto non può essere replicata nel modello multi-prodotto. Proprio
questa differenza di regola permette di avere un andamento uguale, in termini di
pendenza delle curve, sia per il contesto mono sia in quello multi (Grafico 34).
Grafico 34: Andamento delle scorte di VIS all’aumentare del LS nel caso mono e multi
La sostanziale uguaglianza tra l’andamento delle due curve diventa però più che
rilevante se si tiene in considerazione il confronto con la politica EOQ (Grafico 35).
0
2000
4000
6000
8000
10000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Inventory VIS multi vs VIS mono
VIS_multi
VIS_mono
Grafico 35: Andamento delle scorte di VIS e EOQ all’aumentare del LS nel caso mono e multi
Mentre nel caso mono-prodotto le due curve andavano a convergere per alti livelli di
servizio (quindi si annullavano i benefici di una politica rispetto all’altra), nel caso di una
supply-chain multi-prodotto le due curve (EOQ e VIS) assumono all’incirca lo stesso
andamento: rimangono quindi costanti i benefici della politica visibility rispetto a EOQ
anche per livelli di servizio elevati. La motivazione risiede all’interno della regola di
anticipo di produzione dei lotti: nel caso mono-prodotto la gestione prevede l’analisi
separata del reorder point del proprio buffer e del buffer a valle, ponendo un livello fisso
di anticipo di produzione rispetto al momento previsto in cui avverrà l’ordine. Sebbene
anche nella regola multi-prodotto l’anticipo venga mantenuto sempre costante, esso
interagisce direttamente con il livello di reorder point del proprio buffer. In questo
modo si tiene in considerazione l’interazione tra i due parametri facendo sì che il
modello si autoregoli e mantenga sempre marginalità rispetto alla casistica EOQ.
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Inventory EOQ e VIS (mono e multi)
EOQ_multi
EOQ_mono
VIS_mono
VIS_multi
8.2.3 Il modello kanban
La politica lean è quella che garantisce i confronti più interessanti tra i due modelli
analizzati. Una prima differenza viene riscontrata osservando i benefici ottenuti dalla
riduzione del lotto nelle politiche lean. Infatti, riducendo le dimensioni del lotto, si
osservano benefici maggiori per un contesto multi-prodotto. Questo avviene perché la
flessibilità del produttore nel caso multi-prodotto ottiene un doppio beneficio: da una
parte la riduzione del lotto provoca un decremento delle scorte dovuto propriamente
alla lottizzazione (componente presente anche nel modello monoprodotto), dall’altra la
riduzione di lotti (e set up) porterebbe l’attesa media dovuta alla produzione di altri
items a dimezzarsi, aspetto impossibile da cogliere in un caso mono-prodotto. Il Grafico
36 riporta il beneficio percentuale in termini di scorte dovuto alla riduzione del lotto, sia
nel caso mono che multi-prodotto: esso risulta maggiore per il modello multi-prodotto.
Grafico 36: Andamento del beneficio percentuale della riduzione del lotto per mono e multi
0,0%
10,0%
20,0%
30,0%
40,0%
50,0%
lean 0.8 lean 0.6 lean 0.4 lean 0.2
Beneficio % della riduzione del lotto (mono vs multi)
riduz-lotto multi
riduz.lotto mono
Un’analisi particolarmente interessante è relativa al confronto tra il modello mono-
prodotto e quello multi-prodotto del beneficio della politica lean su EOQ.
Mettendo a confronto le due diverse politiche, passando da un caso mono a uno multi,
la politica lean riesce a rispondere meglio alle criticità generate dall’introduzione di più
prodotti, in quanto riesce a seguire meglio la domanda reale rispetto a EOQ, la cui
politica di lottizzazione comporta un’incremento esponenziale di scorte all’aumentare
del numero di prodotti.
Andando a osservare i guadagni che ottiene una politica lean confrontata con una
politica EOQ (Tabella 11), osserviamo che sia il monoprodotto che il multi, all’aumentare
del SL, ottengono dei risparmi, anche se, seguono trend diversi: difatti, in una SC
monoprodotto, all’aumentare del coeficiente di varazione della domanda, e sempre
raffrontando tra loro una politica lean e una eoq, il guadagno in termini di valore
assoluto delle scorte diviene decrescente (-22,1% sui valori assoluti passando da un CV
04 a un CV 08); lo stesso vale nel multiprodotto, ma con la differenza che in quest’ultimo
caso la decrescita della differenza di scorte all’aumentare del CV è così piccola da potersi
considerare quasi costante (-1,1% sui valori assoluti passando da un cv 04 a un cv 08).
Nella pratica questo si traduce nel fatto che, sostanzialmente, in un contesto
multiprodotto, il guadagno di una politica lean rispetto a una eoq (con coefficienti di
variazione uguali per le due politiche) non risente particolarmente dell’eventuale
cambiamento della variablità di domanda. In un contesto monoprodotto, invece, la
marginalità in termini di scorte assolute della politica lean rispetto a quella EOQ, risente
negativamente dell’aumento del coefficiente di variazione.
É importante sottolineare che le considerazioni appena fatte circa il multiprodotto sono
basate sulle scorte corrispondenti a un valore medio. Come già accennato e come si
spiegherà meglio nel corso del paragrafo, una politica lean, rispetto a una EOQ e
all’aumentare del CV, ottiene risparmi per livelli di servizio bassi (92%->96%) mentre
inverte il trend per livelli più alti.
MULTI Lean_medio-EOQ_multi
Liv Servizio cv 04 cv 06 cv 08
0,92-->0,94 3109 3346 3425
0,94-->0,96 3615 3729 3776
0,96-->0,98 4019 3964 3863
0,98-->1 4930 4748 4441
Mean gap 3918 3947 3876
MONO Lean_medio-EOQ_mono
Liv Servizio cv 04 cv 06 cv 08
0,92-->0,94 3558 3007 2884
0,94-->0,96 3840 3295 3194
0,96-->0,98 4029 3447 3345
0,98-->1 3892 3520 3119
Mean gap 3830 3317 3136
Tabella 11: Beneficio in termini assoluti di lean rispetto a EOQ al variare di CV e LS
Dal punto di vista del risparmio di scorte percentuale, invece, entrambe le casistiche (mono e
multi) all’aumentare del coefficiente di variazione, mostrano un trend negativo ma, tenendo in
considerazione quanto detto sopra, molto più smorzato per la casistica multi
(-3.3% contro -17.5%), come mostrato in Tabella 12.
MULTI Lean_medio_multi
Liv Servizio cv 04 cv 06 cv 08
0,92-->0,94 50% 51% 50%
0,94-->0,96 51% 50% 49%
0,96-->0,98 49% 47% 45%
,98-->1 51% 47% 43%
Mean gap 50% 49% 47%
MONO Lean_medio_mono
Liv Servizio cv 04 cv 06 cv 08
0,92-->0,94 66% 54% 48%
0,94-->0,96 65% 54% 48%
0,96-->0,98 63% 52% 46%
,98-->1 58% 48% 40%
Mean gap 63% 52% 45%
Tabella 11: Beneficio in termini percentuali di lean rispetto a EOQ al variare di CV e LS
Una variabile decisamente rilevante nel confronto tra i due modelli è il coefficiente di
variazione della domanda. In Grafico 37 sono riportate le curve relative al livello di
inventory delle politiche lean, EOQ e VIS nel modello multi per CV 0.8.
Grafico 37: Andamento delle scorte per le diverse politiche nel caso multi-prodotto
Osservando un singolo coefficiente di variazione della domanda, le differenze tra lean
mono e lean multi sembrano essere uguali a quelle riscontrate precedentemente per
l’EOQ (la curva del multi-prodotto cresce esponenzialmente mentre quella relativa al
mono cresce linearmente). Estendendo l’osservazione anche all’incremento del
coefficiente di variazione ci si accorge però che si incorre in una sostanziale differenza:
-Nel caso monoprodotto, un incremento del CV porta a una traslazione della curva
verso l’alto, mantenendo però sostanzialmente il parallelismo tra le stesse.
-Nel caso multiprodotto, focalizzandosi su livelli di servizio medio bassi, un incremento
del CV porta a una leggerissima translazione verso l’alto delle curve. Osservando i livelli
di servizio medio-alti invece ci si accorge che il gap tra le curve viene esasperato
all’aumentare del cv, falsificando così la condizione di sostanziale parallelismo delle
stesse (condizione presente nel modello monoprodotto). Tali andamenti sono
riscontrabili nei Grafici 38 e 39.
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
ANDAMENTO LEAN EOQ VIS (MULTI CV 08)
EOQ_multi VIS_multi Lean_1_multi leanmedio multi
Grafico 38: Andamento delle scorte per lean medio nel caso multi-prodotto per tutti i CV
Grafico 39: Andamento delle scorte per lean medio nel caso mono-prodotto per tutti i CV
Provando ora ad analizzare i risultati delle due tipologie di supply-chain (mono-multi)
all’aumentare del coefficiente di variazione, ci si accorge che, passare da uno scenario
mono-prodotto a uno multi-prodotto, non comporta solamente variazioni in termini di
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
service level
Lean medio multi (diversi cv)
Lean_medio_multi_cv 08 Lean_medio_multi_cv06
Lean_medio_multi_cv04
0
1000
2000
3000
4000
5000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
service level
Lean medio mono (diversi cv)
Lean_medio_mono_cv08 Lean_medio_mono_cv 06
Lean_medio_mono_cv 04
livello assoluto di scorte, ma anche cambiamenti circa l’andamento delle curve
all’aumentare del CV, come mostrato nei Grafici 40 e 41.
Grafico 40: Andamento delle scorte per lean medio e EOQ nel caso mono-prodotto per tutti i CV
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
Service level
Andamenti delle curve lean/eoq in un modello monoprodotto
EOQ_mono_cv08 EOQ_mono_cv06
EOQ_mono_cv04 Lean_medio_mono_cv08
Lean_medio_mono_cv 06 Lean_medio_mono_cv 04
Grafico 41: Andamento delle scorte per lean medio e EOQ nel caso multi-prodotto per tutti i CV
Come già accennato, e come lascia intuire il grafico, in un contesto monoprodotto
l’aumento del coefficiente di variazione, non cambia sostanzialmente gli andamenti
delle politiche EOQ e lean ma si limitana a traslarle verso l’alto (traslazione più marcata
per la lean che per l’eoq poiché le maggiori scorte presenti in un sistema eoq tendono a
mascherare la criticità portata dall’incremento del coefficiente di variazione).
Lo stesso effetto (traslazione verso l’alto) si può riscontrare con l’incremento del CV in
un contesto multiprodotto EOQ, ma non si può egualmente dire per la politica lean. Essa
infatti reagisce al cambiamento del CV in maniera ottima per livelli di servizio compresi
tra il 92% e il 94% non alterando significativamente il livello di scorte necessario a
raggiungere l’obiettivo, oltre questa soglia (94% ->99%) l’aumento di scorte necessario
all’innalzamento del livello di servizio è crescente al crescere del cv della domanda.
Inoltre possiamo notare come, al ridursi del lotto, una supply chain multiprodotto riesce
quasi a replicare l’andamento di quella monoprodotto (Grafico 42).
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
Serviice level
Andamenti delle curve lean/eoq in un modello multiprodotto
Lean_1_multi_cv08 Lean_1_multi_cv04 EOQ_multi_cv 08
EOQ_multi_cv06 EOQ_multi_cv04 Lean_1_multi_cv06
Grafico 41: Andamento delle scorte per lean 0.2 nel caso mono e multi-prodotto per tutti i CV
Se provassimo infatti a esasperare la riduzione del lotti, fino ad arrivare a una
lottizzazione unitaria, si tornerebbe a una condizione del tutto simile alla casistica
monoprodotto. Questa tendenza si traduce nel fatto che, al ridursi della lottizzazione e
al crescere del
coefficiente di variazione, in un contesto multiprodotto, va sfumando il graduale
incremento di scorte per livelli di servizio crescente.
LEAN CV08-LEANCV04 (TERMINI PERCENTUALI)
MULTI Lean_1_multi
Lean_0,8_multi
Lean_0,6_multi
Lean_0,4_multi
Lean_0,2_multi
0,92-->0,94 4% 3% 4% 15% 19% 0,94-->0,96 6% 7% 9% 19% 17% 0,96-->0,98 12% 14% 17% 22% 18%
,98-->1 22% 18% 20% 25% 29%
mean gain 17% 15% 16% 10% -1%
MONO Lean_1_mono
Lean_0,8_mono
Lean_0,6_mono
Lean_0,4_mono
Lean_0,2_mono
0,92-->0,94 80% 70% 48% 60% 71% 0,94-->0,96 74% 66% 61% 63% 72% 0,96-->0,98 76% 69% 69% 68% 72%
,98-->1 73% 66% 60% 54% 69%
Mean gain
-7% -4% -1% -6% -2%
0
1000
2000
3000
4000
5000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
service level
LEAN 02 MULTI/MONO cv 08,04
Lean_medio_multi_cv 08 Lean_medio_mono_cv08
Lean_medio_mono_cv 04 Lean_medio_multi_cv04
Si torna in questo modo a una sostanziale condizione di parallelismo tra le curve e
quindi riprendendo le considerazioni fatte per il monoprodotto: un incremento del
coefficiente di variazione si limita a traslare verso l’alto le curve (sia EOQ che lean). I dati
che dimostrano ciò sono quelli derivanti dalla curva lean 02 multiprodotto e questo
accade perché riducendo dell’80% il tempo di set up (e quindi anche il lotto) si riesce a
produrre l’intera gamma nell’arco della giornata così da emulare una casistica
monoprodotto.
Per riassumere, in un contesto monoprodotto, considerare il coefficiente di variazione
risulta importante ai fini della marginalità che si ottiene considerando il gap con una
politica EOQ (o di visibility), ma non per quanto riguarda l’aumento percentuale di
scorte necessario all’aumento del livello di servizio, che è pressoché uguale anche al
variare del coefficiente di variazione.
In un contesto multiprodotto, invece, il coefficiente di variazione agisce su entrambi i
fronti, sia trasla verso l’alto le curve, sia, per aumentare il livello di servizio, comporta
sempre un maggior livello di scorte sistemico, all’aumentare dello stesso. In aggiunta,
questa seconda affermazione va scemando al diminuire del lotto, poiché, a conti fatti,
riduce le differenze basilari tra una casistica mono e multi-prodotto, evidenziando in tal
modo come un’apparentemente ininfluente riduzione dei tempi di set up, se ben
gestita, può avere effetti importanti dal punto di vista della flessibilità alla produzione.
8.2.4 Approfondimento sulla logica di visibility
Riguardo la visibility è già stato più volte evidenziato che fare un confronto tra modello
mono e multi sarebbe stato un po’ forzato. Tuttavia il paragone può evidenziare quelle
che sono le differenze tra approccio mono e multi. Infatti quanto già detto per la lean,
circa la criticità portata dalla compresenza di più items e il conseguente aumento di
scorte più che proporzionale rispetto a un caso mono-prodotto, può essere
ragionevolmente applicato e meglio compreso tramite la logica visibility. Usando questa
logica, se provassimo a non considerare il vincolo della capacità produttiva, o meglio, il
fatto che il reparto produttivo sia dedicato per ogni intervallo di tempo ad un solo
prodotto (essenzialmente andando a replicare le regole usate nel modello mono-
prodotto anche in quello multi), ci ritroveremmo in una condizione anomala: la visibility
comporterebbe un numero di scorte maggiori rispetto all’EOQ (a parità di service level),
come si evince dal Grafico 42 e dalla Tabella 13.
Grafico 42: Andamento delle scorte di EOQ e VIS multi (con regola di visibility del mono-prodotto)
Liv Servizio EOQ_multi VIS_multi VARIAZIONE
0,92-->0,94 6824 7001 -177
0,94-->0,96 7654 7985 -331
0,96-->0,98 8644 9397 -753
0,98-->1 10301 11542 -1241
Tabella 13: Differenza di scorte tra EOQ e VIS (con regola di visibility del mono-prodotto)
Questo è dovuto al fatto che la produzione dei vari lotti viene posticipata rispetto a
quanto fatto dall’EOQ. Questo posticipo “miope” però sfocia, al momento della
produzione, in una forte criticità, ovvero l’impossibilità di produrre più lotti
contemporaneamente. Il risultato è il posticipo ulteriore dei lotti che non si riescono a
produrre nell’istante temporale precedentemente schedulato, fatto che a sua volta
porterà a stock-out e al crollo del livello di servizio. Livello di servizio che può essere
rialzato soltanto tramite un aumento delle giacenze. Tutto ciò assume sempre più
importanza con l’aumentare del livello di servizio poiché le scorte necessarie per
raggiungere alti livelli di performance dovranno coprire una porzione della “campana”
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
14000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
Inventory EOQ e VIS
EOQ_multi VIS_multi
della domanda sempre maggiore. In conclusione, la politica visibility, se non
adeguatamente gestita, è quella che più delle altre viene influenzata dalla criticità
dovuta all’aumento della gamma, ma, proprio per questo, spiega al meglio la caduta di
performances di una supply chain multi-prodotto rispetto a una mono-prodotto
(analizzando politiche uguali per le due). Quanto sopra detto, impone la necessità di
modificare le regole che gestiscono la visibility e, come già descritto, le regole utilizzate
per la visibility multi-prodotto contengono l’idea generale presa dalla letteratura con
l’aggiunta di una componente progettata ad hoc, la quale permette di autoregolare il
momento della produzione con l’aumentare del livello di servizio, creando una
differenza di andamento delle performances tra mono-prodotto e multi (all’aumentare
del livello di servizio) più rilevante delle altre politiche. La necessità di questo
cambiamento risiede dunque nel fatto che le regole che gestiscono la visibility sono le
più influenzate dal passaggio da mono a multi.
8.2.5 Approfondimento sulla definizione del tempo di set-up
È necessario fare qualche specificazione su come è stato cambiato il modello mono-
prodotto al fine di renderlo multi, più precisamente circa i tempi di setup: il mono-
prodotto “originale” portava con sé un tempo di set up che non si è potuto convertire
alla perfezione nella casistica multi poiché troppo piccolo per essere suddiviso su una
gamma di 24 prodotti. Pena, presenza di set up prossimi allo zero e dunque sostanziale
impossibilità di osservare dei benefici ragionevoli circa le riduzioni dei lotti nella politica
lean, oltre che una probabile mancata corrispondenza con un contesto reale. Per questo
motivo è stato settato nel multi-prodotto un valore di set up tale per cui la media dei set
up dei 24 prodotti fosse pari al tempo di set up usato nel modello mono-prodotto
(casistica A). Di fondamentale importanza resta il tempo di produzione del lotto:
quest’ultimo deve rimanere invariato passando dal modello mono-prodotto a quello
multi (considerando ovviamente la somma dei tempi di produzione dei 24 prodotti) in
modo tale da mantenere costante la saturazione. Conseguenza diretta di ciò è stata
l’abbassarsi dei tempo di produzione del singolo pezzo (seppur di poco). Questa scelta è
stata condotta considerando l’importanza della saturazione dei produttori: la
saturazione influisce notevolmente sulla flessibilità, componente fondamentale per la
politica lean (focus principale del nostro studio). L’alternativa sarebbe stata aumentare
notevolmente il tempo di set up del modello mono-prodotto in modo da ottenere un
tempo che fosse pari alla somma dei tempi di set up del modello multi-prodotto
(casistica B), scelta che tuttavia avrebbe penalizzato molto i livelli di scorte della politica
lean mono-prodotto avvicinandoli notevolmente ai livelli di eoq e visibility (che risultano
meno penalizzati dall’introduzione di un elevato tempo di set up, dato che la
saturazione complessiva rimane costante). Questo si sarebbe convertito in un guadagno
ridotto (mono) della politica lean rispetto a eoq e visibility, rendendo così ovvio e
sensibilmente maggiore il guadagno di una politica lean, comparato alle altre, usato in
un modello multi anziché mono.
Riassumendo, le alternative, posto Tset up mono fisso e uguale a K erano:
Tset up mono = K e Tmedio set up multi = K (caso A)
Tset up mono = n items trattati × K e Tmedio set up multi = K (caso B)
Tset up mono = K e Tmedio set up multi = K/n items trattati (caso C)
NB il numero di prodotti gestiti da un singolo primary e dal secondary sono differente, così come i set up
Sotto i vincoli che, in qualsiasi alternativa e in entrambi i livelli dei modelli:
Tutte le alternative devono comunque mantenere una saturazione degli impianti
pari a 80%
Tproduzione lotto mono + Tset up mono = n items trattati × (Tproduzione lotto multi + Tset up multi)
Andando a confrontare le alternative (considerando che l’aumento dei tempi di set up, ha
un maggior impatto sulle politiche lean che su quelle EOQ e VIS), in termine di
differenza multi mono si può osservare che:
Posto
Δmo, k = differenza di scorte a sistema tra caso lean e eoq mono-prodotto
Δmu, k = differenza di scorte a sistema tra caso lean e eoq multi-prodotto
Con K=
Si otterrà:
Δmu,C - Δmo,C > Δmu,B - Δmo,B > Δmu,A - Δmo,A
Essenzialmente, se, nonostante l’handicap, il modello multi-prodotto della casistica
adottata (A) avesse ottenuto delle buone performances, ciò avrebbe significato che, a
maggior ragione, le avrebbe ugualmente ottenute, anzi, migliorate, nel caso di
suddivisione del tempo di set up mono-prodotto su 24 articoli (C), oppure nel caso di
incremento sostanziale del tempo di set up mono-prodotto(B). Proprio per dare
sostanza a questa nostra ipotesi, abbiamo ricavato dei dati anche per il caso in cui il
tempo di set up multi-prodotto fosse uguale alla sommatoria dei tempi di set up dei 24
prodotti nel modello a gamma estesa. I risultati si basano su un numero minore di
simulazioni (mancanza di tempo) ma risultano più che indicativi, a sostegno della nostra
tesi. Le curve lean e eoq mono-prodotto, all’aumento del tempo di set up (ma con
saturazione costante-> tempo di produzione del singolo pezzo decrementato) si
avvicinano tra loro. In aggiunta, l’andamento delle curve (eoq, vis, lean) della casistica B
che indicano il livello delle scorte, all’aumentare del service level, rimane pressochè
invariato (leggerissimo aumento, +2.5% medio) rispetto alla casistica A. Ciò non falsifica
dunque le conclusioni tratte in precedenza, le quali variano in termini di valore assoluto,
ma non in termini di andamenti delle curve. Si nota inoltre che, circa la politica lean, la
variabilità della domanda nel caso B influisce molto meno rispetto al caso A. Questo
succede perché l’aumento delle scorte (a parità di livello di servizio) necessarie a
sopperire all’introduzione di un tempo di set up importante, svolgono in contemporanea
la funzione di ridurre l’effetto dell’aumento della variabilità di domanda. Essenzialmente
nella casistica B il si ritrova coerenza con la situazione simulata per il multi-prodotto.
Gli andamenti delle scorte nelle diverse casistiche sopra esplicate sono riportate nei
Grafici 43, 44, 45, 46, mentre i confronti sono riportati nelle Tabelle 14, 15, 16, 17.
Grafico 43: Andamento delle scorte nella casistica A con CV 0.4
Grafico 44: Andamento delle scorte nella casistica B con CV 0.4
0
2000
4000
6000
8000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
MONOPRODOTTO (CASO A cv 04)
EOQ_mono VIS_mono Lean_1_mono
Lean_0,8_mono Lean_0,6_mono Lean_0,4_mono
Lean_0,2_mono leanmedio
0
2000
4000
6000
8000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
MONOPRODOTTO (CASO B cv 04)
EOQ_mono VIS_mono Lean_1_mono
Lean_0,8_mono Lean_0,6_mono Lean_0,4_mono
Lean_0,2_mono leanmedio
Grafico 45: Andamento delle scorte nella casistica A per ogni CV
Grafico 46: Andamento delle scorte nella casistica B per ogni CV
0
1000
2000
3000
4000
5000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
ANDAMENTO LEAN E EOQ MEDIO (CASO A) CON DIVERSI CV
Lean_medio_mono_cv08 Lean_medio_mono_cv 06
Lean_medio_mono_cv 04
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
ANDAMENTO LEAN E EOQ MEDIO (CASO B) CON DIVERSI CV
Lean_medio_mono_cv08 Lean_medio_mono_cv 06
Lean_medio_mono_cv 04
CASO A CV 04
Lean_1_mono Lean_0,8_mono Lean_0,6_mono Lean_0,4_mono Lean_0,2_mono leamedio
0,92-->0,94 2312 2077 1943 1591 1373
1859
0,94-->0,96 2635 2357 2039 1830 1554
2083
0,96-->0,98 2961 2635 2224 2050 1810
2336
,98-->1 3510 3138 2746 2707 2234 286
7
CASO B CV 04
Lean_1_mono
Lean_0,8_mono
Lean_0,6_mono
Lean_0,4_mono
Lean_0,2_mono
leanmedio
0,92-->0,94 4124 3041
2838,679 2309 1997
2710,
0,94-->0,96
3689,556
3321,159 1487 2543 2177
2933
0,96-->0,98
4017,137 3599
3119,295 2774 2678
3188
,98-->1 4565,0
18 4100,80
1 3642,66
6 3425 2857 371
8
CASO B-A % CV 04
Lean_1_mono
Lean_0,8_mono
Lean_0,6_mono
Lean_0,4_mono
Lean_0,2_mono
leanmedio
0,92-->0,94 78,3% 46,4% 46,1% 45,1% 45,4%
45,7%
0,94-->0,96 40,0% 40,9% -27,1% 39,0% 40,1%
40,8%
0,96-->0,98 35,6% 36,6% 40,2% 35,3% 47,9%
36,5%
,98-->1 30,0% 30,7% 32,6% 26,5% 27,9% 29,7
%
Tabella 14: Confronti tra casistiche A e B
Tabella 15: Confronti tra casistiche A e B riguardanti la riduzione del lotto in lean
Questa tabella evidenzia come, pur inserendo un tempo di set un importante, le
diminuzioni del lotto impattino allo stesso modo (percentualmente) sul sistema.
L’EOQ subisce decisamente meno l’inserimento di un tempo di set up importante.
GUADAGNO% DALLA RIDUZIONE DEL LOTTO
CASO A lean1-08
lean08-06
Lean 06-04
Lean 04-02
lean 1-02
0,92-->0,94
18% 23% 13% 8% 43%
0,94-->0,96
17% 19% 10% 12% 42%
0,96-->0,98
17% 19% 9% 10% 40%
,98-->1 16% 19% 5% 10% 38%
GUADAGNO% DALLA RIDUZIONE DEL LOTTO
CASO B lean1-
08 lean08-
06
Lean 06-04
Lean 04-02
lean 1-02
0,92-->0,94
18% 23% 14% 6% 44%
0,94-->0,96
19% 16% 9% 21% 41%
0,96-->0,98
17% 25% 11% 11% 39%
,98-->1 18% 20% 5% 10% 37%
CASO A
Liv Servizio EOQ_A_cv08 EOQ_A_cv06 EOQ_A_cv04
0,92-->0,94 5975 5562 5418
0,94-->0,96 6681 6132 5924
0,96-->0,98 7342 6647 6366
,98-->1 7838 7324 6760
CASO B
Liv Servizio EOQ_B_cv08 EOQ_B_cv06 EOQ_B_cv04
0,92-->0,94 6033 5717 5572
0,94-->0,96 6740 6293 6076
0,96-->0,98 7400 6810 6520
,98-->1 7895 7477 6912
CASO A-B %
Liv Servizio EOQ_A_cv08 EOQ_A_cv06 EOQ_A_cv04
0,92-->0,94 1,0% 2,8% 2,8%
0,94-->0,96 0,9% 2,6% 2,6%
0,96-->0,98 0,8% 2,5% 2,4%
,98-->1 0,7% 2,1% 2,3%
Tabella 16: Confronti tra casistiche A e B in termini percentuali (EOQ)
CASO A
Liv Servizio VIS_A_cv08 VIS
_A_cv06 VIS
_A_cv04
0,92-->0,94 4596 4458 3933
0,94-->0,96 5830 4821 4665
0,96-->0,98 6935 6010 5520
,98-->1 7759 6793 6492
CASO B
Liv Servizio VIS
_B_cv08 VIS
_B_cv06 VIS
_B_cv04
0,92-->0,94 4638 4584 4039
0,94-->0,96 6487 4954 4774
0,96-->0,98 6982 6149 5633
,98-->1 7810 7847 6698
CASO A-B %
Liv Servizio VIS_A_cv08 VIS_A_cv06 VIS_A_cv04
0,92-->0,94 0,9% 2,8% 2,7%
0,94-->0,96 11,3% 2,8% 2,3%
0,96-->0,98 0,7% 2,3% 2,0%
,98-->1 0,7% 15,5% 3,2%
Tabella 17: Confronti tra casistiche A e B in termini percentuali (VIS)
9. Conclusioni
In questo capitolo verranno sintetizzate le considerazioni effettuate durante la
descrizione dei risultati, allo scopo di rispondere alle domande di ricerca del presente
elaborato.
L’introduzione della logica lean in una supply chain multi-prodotto
genera benefici rispettto alla logica basata sul lotto economico (EOQ) e a quella basata
sulla condivisione di informazioni (visibility), in termini di costo della supply chain
relativo a scorte e trasporti? Sotto quali condizioni?
Il primo obiettivo di questoi elaborato è quello di verificare se la logica lean,
implementata in una supply chain tramite il sisitema kanban, risulta maggiormente
competitiva rispetto alla tradizionale logica EOQ e a quella basata sull’information
sharing (visibility).
Grazie ai dati raccolti dalle simulazioni del modello, è stato verificato che il sistema
kanban garantisce, per qualsiasi livello di servizio, un minor numero di scorte medie
nella supply chain rispetto alle altre due politiche di produzione. In particolare il
beneficio assoluto in
termini di scorte della politica lean rispetto a quella EOQ è crescente al crescere del
livello di servizio, mentre il beneficio percentuale è decrescente all’aumentare del livello
di servizio (Tabella 18).
LS EOQ- lean (ASS) EOQ-.lean (%)
0.92-->0.94 2976 55%
0.94--> 0.96 3282 43%
0.96 --> 0.98 3363 47%
0.98-- >1 3594 45% Tabella 18: differenza tra scorte EOQ e lean al variare del LS
Per quanto riguarda i trasporti le politiche EOQ e VIS ottengono benefici maggiori
rispetto alla lean, e tale beneficio è crescente con il livello di servizo, sia in termini
assoluti che percentuali (Tabella 19).
LS lean-EOQ (ASS) lean-EOQ (%)
0.92-->0.94 959 10,2%
0.94--> 0.96 1069 11,5%
0.96 --> 0.98 1019 11.1%
0.98-- >1 1122 12,3% Tabella 19: differenza tra trasporti EOQ e lean al variare del LS
Il costo totale della supply chain è in funzione del costo di mantenimento a scorta e dei
trasporti. Fissando un valore di tasso annuo di mantenimento a scorta pari a 20% e un
costo logistico pari a 2%, il costo totale della supply chain è, all’aumentare del livello di
servizio, sempre a favore della politica lean rispetto alle altre logiche produttive. Per tali
valori il beneficio della lean è crescente all’aumentare del livello di servizio. Ovviamente
facendo variare tali parametri i risultati di costo cambiano.
Quale impatto hanno su tali risultati I) l’aumento della
variabilità della domanda, II) la riduzione dei lotti nel sistema kanban e
III)la modifica della logica con la quale sono gestiti i trasporti?
I) Uno dei parametri che è stato modificato durante le simulazioni è il coefficiente
di variazione della domanda. Si è riscontrato che all’aumenatre del CV le scorte
sistemiche aumentano. In particolare la politica lean, all’aumentare del CV e solo
per alti valori di livello di servizio, presenta un forte incremento del proprio
livello di scorte. Per questo motivo il beneficio della politica lean su EOQ è
decrescente per alti valori di variabilità e livello di servizio.
La variabilità impatta anche sui trasporti, facendo diminuire il beneficio relativo
delle politiche EOQ e VIS rispetto a lean.
Un aumento del CV influisce anche sui costi totali, e l’importanza dell’impatto
dipende dal modo in cui il costo viene calcolato II) La riduzione dei lotti nel sistema kanban, e la conseguente riduzione dei tempi di
set-up, impatta fortemente sulle performance della supply chain. Il livello di
scorte decresce fortemente diminuendo il lotto, tuttavia aumentano i trasporti.
Per i valori di costo fissati precedentemente, le varianti lean con batch size basso
sono quelle che performano meglio.
III) Le due diverse politiche di trasporto, quella aggregata e quella non aggregata,
sono state implementate per le varianti EOQ e VIS: in un contesto multi-prodotto
la logica di aggregazione porta significativi vantaggi in termini di numero di
trasporti, mentre non hanno alcun impattto sul valore delle giacenze.
Con riferimento a una supply chain mono-prodotto,
qual è il beneficio relativo dell’introduzione della logica lean
rispetto rispetto alla logica basata sul lotto economico (EOQ)
e a quella basata sulla condivisione di informazioni (visibility),
in termini di livello medio di scorte della supply chain?
Con questa domanda di ricerca ci siamo posti l’obbiettivo di verificare se e come, nel
momento in cui la gamma diventasse multi-prodotto, i risparmi dell’approccio lean
variassero rispetto a quelli del lotto economico e dell’information sharing, messi a
confronto con quelli relativi a una gamma unitaria.
Si è effettivamente dimostrato che una politica lean multiprodotto, confrontata con un
contesto mono-prodotto, ottiene risparmi maggiori( rispetto a una logica EOQ o VIS e in
termini di scorte medie presenti a sistema).
Il gap tra risparmi EOQ-LEAN mono e quello EOQ-LEAN multi, considerando il numero di
scorte a sistema, è, come si può vedere in tabella, favorevole alla seconda casistica e
crescente al crescere del livello di servizio.
Tabella 21: guadagno di scorte assoluto della politica lean rispetto a quella EOQ
* media dei cv
Il gap tra risparmi EOQ-LEAN mono e quello EOQ-LEAN multi, considerando il guadagno
percentuale, è, come si può vedere in tabella, favorevole alla prima casistica e
decrescente al crescere del livello di servizio.
MEAN STOCK LEAN-VIS MONO/MULTI
Liv Servizio MONO MULTI DIFF
0,92-->0,94 56,0% 50,2% -
5,8%
0,94-->0,96 55,5% 50,1% -
5,4%
0,96-->0,98 53,6% 47,1% -
6,5%
0,98-->1 48,5% 47,0% -
1,5%
Tabella 22: guadagno di scorte percentuale della politica lean rispetto a quella EOQ
* media dei cv
Il gap tra risparmi VIS-LEAN mono e quello VIS-LEAN multi, considerando il numero di
scorte a sistema, è, come presentato in tabella, favorevole alla seconda casistica.
MEAN STOCK EOQ- LEAN_medio MONO/MULTI
Liv Servizio MONO MULTI DIFF
0,92-->0,94 3149 3293 144 0,94-->0,96 3443 3706 263 0,96-->0,98 3607 3948 341 0,98-->1 3510 4706 1196
MEAN STOCK VIS-LEAN_medio MONO/MULTI (media dei cv)
Liv Servizio MONO MULTI DIFF
0,92-->0,94 1826 2625 798 0,94-->0,96 2303 3138 835 0,96-->0,98 2977 3512 534 0,98-->1 3217 3944 726
Tabella 23: guadagno di scorte assoluto della politica lean rispetto a quella VIS
* media dei cv
Tuttavia i risultati circa la visibility non possono essere considerati valori rilevante al fini
del confronto poiché l’applicazione dell’information sharing in un contesto a gamma
multipla segue logiche differenti, e quindi anche andamenti (come si vede in tabella),
rispetto a quelle presenti in un sistema a gamma unitaria.
MEAN STOCK LEAN-VIS MONO/MULTI (%)
Liv Servizio MONO MULTI DIFF
0,92-->0,94 42,7% 44,6% 1,9%
0,94-->0,96 45,6% 45,9% 0,3%
0,96-->0,98 48,9% 44,1% -
4,8%
0,98-->1 46,3% 42,7% -
3,7%
Tabella 24: guadagno di scorte percentuale della politica lean rispetto a quella VIS
* media dei cv
Quale impatto hanno su tali risultati I) l’aumento della variabilità della domanda
e II) la riduzione dei lotti nel sistema kanban?
I) Tale quesito è stato posto per ampliare i risultati della tesi, oltre che rafforzarne la
veridicità. Si è infatti notato che l’aumento della variabilità di domanda incrementa i
risparmi Lean-EOQ maggiormente nella casistica multi-prodotto. In essenza,
all’aumentare del cv e col passare a una gamma multi-prodotto, i benefici della
logica lean rispetto a una logica eoq/vis, considerando il numero di scorte a sistema,
sono maggiori e crescenti (tenendo in considerazione quanto detto sopra circa la
politica information sharing). Considerando invece la percentuale di rispamio delle
scorte, essa è favorevole al caso mooprodotto, ma con andamento comunque
crescente (a favore del multi)
Tabella 25: guadagno di scorte assoluto della politica lean rispetto a quella EOQ
* media dei ls
Tabella 26: guadagno di scorte percentuale della politica lean rispetto a quella EOQ
* media dei ls
MEAN STOCK EOQ-LEAN_medio
cv04 cv06 cv08
MULTI 3918,0 3946,9 3876,2
MONO 3829,8 3317,5 3135,7
Differenza 88,2 629,4 740,5
EOQ-LEAN_medio(MEDIA LS %)
cv04 cv06 cv08
MULTI 50% 49% 47%
MONO 63% 52% 45%
Differenza -
13% -3% 1%
VIS-LEAN_medio(MEDIA LS )
cv04 cv06 cv08
MULTI 3323 3316 3277
MONO 2866 2422 2456
Differenza 457 894 820
Tabella 27: guadagno di scorte assoluto della politica lean rispetto a quella VIS
* media dei ls
VIS-LEAN_medio(MEDIA LS %)
cv04 cv06 cv08
MULTI 45,9% 44,4% 42,7%
MONO 55,4% 43,7% 38,6%
Differenza -9,5% 0,8% 4,0%
Tabella 28: guadagno di scorte percentuale della politica lean rispetto a quella VIS
* media dei ls
II) La riduzione dei lotti nella politica lean comporta miglioramenti di performances sia
nella casistica mono-prodotto che in quella multi-prodotto. Nel caso multi-prodotto
però la riduzione è più importante rispetto alla casistica mono-prodotto
RISPARMIO EOQ-LEAN AL DIMINUIRE DEL LOTTO (MONO/MULTI) Media sui cv e sui livelli di servizio
Lean_1 Lean_0,8 Lean_0,6 Lean_0,4 Lean_0,2
MULTI 2416 3348 4166 4514 5124
MONO 2449 3039 3609 3871 4170
Differenza -33 309 558 643 954
Tabella 29: guadagno di scorte assoluto della politica lean rispetto a quella EOQ al diminuire del lotto
* media dei ls
RISPARMIO EOQ-LEAN AL DIMINUIRE DEL LOTTO (MONO/MULTI %)
Lean_1 Lean_0,8 Lean_0,6 Lean_0,4 Lean_0,2
MULTI 30,1% 41,5% 51,8% 56,0% 63,5%
MONO 38,4% 47,4% 56,1% 60,2% 64,8%
Differenza -8,3% -5,9% -4,3% -4,2% -1,2%
Tabella 30: guadagno di scorte percentuale della politica lean rispetto a quella EOQ al diminuire del lotto
* media dei ls
Quali aspetti relativi a un modello di supply chain multi-prodotto
non possono essere colti in un modello di supply chain mono-prodotto?
Il quesito serve per poter capire se e quanto variano i risultati passando da una gamma
mono-articolo a una multi-articolo. Questo si traduce nel verificare se il multiprodotto
riesce a meglio considerare criticità proprie di un contesto reale. Un modello multi-
prodotto può evidenziare diversi aspetti non presenti nella casistica mono-prodotto,
primi tra tutti, la scelta della tipologia di lotto da produrre, la non disponibilità della
capacità produttiva (se occupata dalla produzione di un altro lotto), la variabilità dei
tempi di set up a seconda della sequenza produttiva.
In questo studio tuttavia è stato scelto di mantenere il tempo di set up indipendente
dalla sequenza produttiva così da imputare le differenze dal mono alla sola scelta del
lotto da produrre e, di conseguenza, alla non disponibilità della capacità produttiva (se
occupata dalla produzione di un altro lotto). Questo ha evidenziato come il passaggio da
mono a multi, nella politica lean e al crescere del coefficiente di variazione, si comporti
in maniera diversa. In breve, l’aumento della variazione della domanda influisce meno,
per livelli di servizio compresi tra il 92% e il 96%, nel caso multi-articolo. Per livelli di
servizio maggiori, invece, tende ad avere maggior influenza (almeno in termini
percentuali).
Grafico 47: andamento della media delle curve lean multiprodotto per i cv 08, 06 e 04
Grafico 48: andamento della media delle curve lean monoprodotto per i cv 08, 06 e 04
Per quanto riguarda l’eoq, la stessa variazione di cv non ha gli stessi effetti che ha nei
confronti della politica lean, considerando sempre il passaggio da una politica mono a
una multi.
All’aumentare del livello di servizio, l’incremento di scorte necessario si può considerare
costante tra i vari cv (in termini percentuali).
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
Lean medio multi (diversi cv)
Lean_medio_multi_cv 08
Lean_medio_multi_cv06
Lean_medio_multi_cv04
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
Lean medio mono (diversi cv)
Lean_medio_mono_cv08
Lean_medio_mono_cv 06
Lean_medio_mono_cv 04
Grafico 49: andamento delle curve EOQ multiprodotto per i cv 08, 06 e 04
Grafico 50: andamento delle curve EOQ monoprodotto per i cv 08, 06 e 04
Se una firm (con gamma diversificata) volesse quindi capire quanto bisognerebbe
incrementare le scorte, al fine di avere un incremento di service level, tramite un
modello monoprodotto incorrerebbe in errori di valutazione che, nel caso di un
coefficiente di variazione di 0.8 (non distante dalla realtà) e per livelli di servizio
superiori al 96%, risultano non marginali.
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
EOQ MULTI
EOQ_multi_cv 08
EOQ_multi_cv06
EOQ_multi_cv04
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
EOQ MONO
EOQ_mono_cv08
EOQ_mono_cv06
EOQ_mono_cv04
Tabella 31: incrementi percentuali delle scorte delle politiche lean 1 e lean medio, rispetto al livello
base 92%
Grafico 51: incrementi percentuali delle scorte, rispetto al livello base 92%
Inoltre, utilizzando un modello mono-prodotto, non si riuscirebbe a cogliere
l’importanza reale della diminuzione dei tempi di set up (e quindi del lotto).
0,0%
10,0%
20,0%
30,0%
40,0%
50,0%
60,0%
70,0%
80,0%
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
INCREMENTI PERCENTUALI RISPETTO AL LIVELLO DI SERVIZIO 92% (cv 08)
Lean_1_multi
Lean_1_mono
leanmedio multi
leanmedio mono
INCREMENTI PERCENTUALI RISPETTO AL LIVELLO DI SERVIZIO 92% (cv 08)
Liv Servizio Lean_1_multi Lean_1_mono
leanmedio multi
leanmedio mono
0,92-->0,94 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%
0,94-->0,96 12,2% 10,3% 14,1% 12,8%
0,96-->0,98 40,5% 25,5% 40,6% 29,3%
,98-->1 73,4% 45,9% 72,4% 52,7%
INCREMENTI PERCENTUALI RISPETTO AL LIVELLO DI SERVIZIO 92% (cv 08)
Liv Servizio
Lean_1_multi
Lean_0,2_multi
Lean_1_mono
Lean_0,2_mono
0,92-->0,94 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,94-->0,96 12,2% 13,2% 10,3% 13,5% 0,96-->0,98 40,5% 32,0% 25,5% 32,7%
,98-->1 73,4% 66,4% 45,9% 60,5%
Tabella 32: incrementi percentuali delle scorte delle politiche lean 1 e lean 0.2, rispetto al livello base
92%
Grafico 52: incrementi percentuali delle scorte delle politiche lean 1 e lean 0.2, rispetto al livello base
92%
Questi risultati, come detto in precedenza, mostrano anche che, al diminuire del lotto
multiprodotto, si riesce a tornare a una situazione di incrementi percentuali molto simile
al mono-prodotto.
0,0%
10,0%
20,0%
30,0%
40,0%
50,0%
60,0%
70,0%
80,0%
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
INCREMENTI PERCENTUALI RISPETTO AL LIVELLO DI SERVIZIO 92% (cv 08)
Lean_1_multi
Lean_0,2_multi
Lean_1_mono
Lean_0,2_mono
10. Sviluppi futuri
Questa tesi, oltre che lo studio di un modello multi-prodotto, vede anche un analisi delle
differenze esistenti con un modello mono-prodotto. Queste differenze sono però state
mantenute volutamente minime per evidenziare meglio e isolare i cambiamenti causati
dalla sola criticità della scelta del lotto da produrre (e quindi l’occupazione temporanea
della capacità produttiva). Il panorama che così si delinea vede l’implementazione e lo
studio di criticità (o variazioni) aggiuntive:
Prima tra tutte si potrebbe approfondire lo studio osservando i risultati al variare
dell’ampiezza della gamma trattata, così da osservare meglio il transitorio tra un
modello mono-prodotto e uno multi-prodotto a gamma 24.
Si potrebbe anche cercare di capire cosa succederebbe se ci fossero due
macchinari o più per produttore, anziché uno, per meglio comprendere quanto
possa influire la non disponibilità temporanea della capacità produttiva (che
verrebbe così dimezzata).
Un altro approfondimento riguarda l’influenza che avrebbero diverse politiche di
scelta del lotto da produrre (regole di dispatching), ad esempio un approccio
FIFO o Minimum set up, LIFO, Total work o least work remaining.
Si potrebbe provare inoltre a modificare/creare/migliorarele regole inerenti la
politica dell’information sharing, carenti in letteratura.
Studiare le variazioni che si otterrebbero usando diversi sistemi kanban, oltre a
quello utilizzato in questo elaborato.
Interessante in termine di savings potrebbe essere lo studio di un sistema di trasporto
che, tra primo e secondo livello, opera utilizzando il concetto di collettame anziché
dedicare a ogni fornitore un mezzo diverso.
Un parametro di fondamentale importanza è inoltre la saturazione dei produttori poiché
impatta sulla flessibilità del sistema, per questo motivo si potrebbe condurre uno studio
circa la variazione di quest’ultima e l’impatto che avrebbe nelle varie politiche di
gestione della filiera.
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Appendice
In questa sezione vengono riportati i grafici e le tabelle che erano stati omessi dalla
parte principale dell’elaborato per motivi di sintesi.
Tabella 33: Livelli di inventory per le varianti del modello nel caso CV 0.8 all’aumentare del LS
Tabella 34: Livelli di inventory per le varianti del modello nel caso CV 0.6 all’aumentare del LS
Liv Servizio EOQ_multi VIS_multi Lean_1_multi Lean_0,8_multi Lean_0,6_multi Lean_0,4_multi Lean_0,2_multi
0,92 6389 5795 4402 3623 2914 2874 2437
0,925 6756 5959 4517 3807 3038 2965 2500
0,93 7003 6366 4632 3910 3061 3044 2563
0,935 7149 6537 4734 4054 3179 3126 2610
0,94 7386 6799 4854 4191 3368 3211 2718
0,945 7569 7019 5040 4266 3448 3343 2777
0,95 7688 7199 5229 4481 3617 3475 2913
0,955 7973 7463 5386 4550 3987 3676 3036
0,96 8212 7732 5583 4770 4198 3914 3108
0,965 8431 8022 6224 4992 4414 4152 3284
0,97 8719 8336 6772 5510 4675 4339 3357
0,975 9215 8785 7118 5879 5181 4552 3599
0,98 9822 9193 7510 6248 5481 4752 3840
0,985 10333 9529 7898 6463 5488 4920 4080
0,99 10749 9846 8375 6787 5987 5384 4699
Liv Servizio EOQ_multi VIS_multi Lean_1_multi Lean_0,8_multi Lean_0,6_multi Lean_0,4_multi Lean_0,2_multi
0,92 6223 5508 4352 3604 2831 2592 2039
0,925 6451 5659 4395 3758 2903 2627 2114
0,93 6654 5995 4518 3852 3017 2789 2259
0,935 6971 6270 4601 3946 3145 2882 2348
0,94 7155 6582 4788 4061 3298 3010 2541
0,945 7383 6701 4858 4142 3380 3123 2581
0,95 7499 6913 5027 4362 3419 3266 2851
0,955 7736 7260 5232 4460 3548 3403 2936
0,96 7962 7465 5414 4652 3852 3541 3009
0,965 8208 7785 5974 4792 3918 3678 3182
0,97 8517 8079 6184 5203 4154 3815 3255
0,975 8951 8498 6813 5534 4359 4144 3428
0,98 9576 8924 6975 5664 4574 4344 3737
0,985 10059 9298 7138 5795 4859 4531 3846
0,99 10494 9580 7274 6318 5191 4920 4256
Tabella 35: Livelli di inventory per le varianti del modello nel caso CV 0.6 all’aumentare del LS
Grafico 53: Andamento delle scorte al variare del LS nel caso CV 0.6
Liv Servizio EOQ_multi VIS_multi Lean_1_multi Lean_0,8_multi Lean_0,6_multi Lean_0,4_multi Lean_0,2_multi
0,92 6032 5495 4259,070567 3513 2789 2562 1983
0,925 6121 5560 4309,070567 3670 2873 2531 2085
0,93 6250 5625 4416,701388 3826 2951 2624 2206
0,935 6640 5852 4545,516799 3883 3071 2697 2247
0,94 6825 6167 4674,33221 3939 3190 2770 2291
0,945 6964 6389 4737,949403 4028 3249 2841 2307
0,95 7261 6635 4830,65715 4150 3349 2932 2457
0,955 7442 6939 5020,83657 4228 3470 3014 2687
0,96 7735 7195 5126,222 4300 3751 3101 2668
0,965 7869 7528 5753 4581 3810 3552 2849
0,97 8262 7885 5894 4772 4020 3598 2835
0,975 8728 8258 6140 4982 4234 3637 2982
0,98 9307 8660 6263 5178 4421 3795 3069
0,985 9738 8987 6510 5438 4707 3933 3248
0,99 10137 9341 6777 5855 5014 4332 3427
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
Inventory CV 0.6
EOQ_multi
VIS_multi
Lean_1_multi
Lean_0,8_multi
Lean_0,6_multi
Lean_0,4_multi
Lean_0,2_multi
Grafico 54: Andamento delle scorte al variare del LS nel caso CV 0.4
Grafico 55: Beneficio assoluto di lean rispetto a EOQ al variare del LS nel caso CV 0.6
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
0,9
2
0,9
25
0,9
3
0,9
35
0,9
4
0,9
45
0,9
5
0,9
55
0,9
6
0,9
65
0,9
7
0,9
75
0
,98
0,9
85
0,9
9
Inventory CV 0.4
EOQ_multi
VIS_multi
Lean_1_multi
Lean_0,8_multi
Lean_0,6_multi
Lean_0,4_multi
Lean_0,2_multi
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
0,9
2
0,9
25
0,9
3
0,9
35
0,9
4
0,9
45
0,9
5
0,9
55
0,9
6
0,9
65
0,9
7
0,9
75
0,9
8
0,9
85
0,9
9
Beneficio lean vs EOQ CV 0.6 (assoluto)
lean 0.2
lean 0.4
lean 0.6
lean 0.8
lean1
Grafico 56: Beneficio percentuale di lean rispetto a EOQ al variare del LS nel caso CV 0.6
Grafico 57: Beneficio assoluto di lean rispetto a EOQ al variare del LS nel caso CV 0.4
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80% 0
,92
0,9
25
0,9
3
0,9
35
0,9
4
0,9
45
0,9
5
0,9
55
0,9
6
0,9
65
0,9
7
0,9
75
0,9
8
0,9
85
0,9
9
Beneficio lean vs EOQ CV 0.6 (%)
lean 0.2
lean 0.4
lean 0.6
lean 0.8
lean1
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
8000
0,9
2
0,9
25
0,9
3
0,9
35
0,9
4
0,9
45
0,9
5
0,9
55
0,9
6
0,9
65
0,9
7
0,9
75
0,9
8
0,9
85
0,9
9
Beneficio lean vs EOQ CV 0.4 (assoluto)
lean 0.2
lean 0.4
lean 0.6
lean 0.8
lean1
Grafico 58: Beneficio percentuale di lean rispetto a EOQ al variare del LS nel caso CV 0.4
Grafico 59: Andamento dei trasporti all’aumentare del LS nel caso CV 0.6
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
0,9
2
0,9
25
0,9
3
0,9
35
0,9
4
0,9
45
0,9
5
0,9
55
0,9
6
0,9
65
0,9
7
0,9
75
0,9
8
0,9
85
0,9
9
Beneficio lean vs EOQ CV 0.4
lean1
lean 0.8
lean 0.6
lean 0.4
lean 0.2
6000
6500
7000
7500
8000
8500
9000
9500
10000
10500
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
Trasporti totali
eoq
vis
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
eoq AGG
vis AGG
Grafico 60: Andamento dei trasporti tra PM e SM all’aumentare del LS nel caso CV 0.6
Grafico 61: Andamento dei trasporti tra SM e D all’aumentare del LS nel caso CV 0.6
4000
4500
5000
5500
6000
6500
7000
7500
8000
8500
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
tot PM
eoq
vis
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
eoq AGG
vis AGG
1800
1900
2000
2100
2200
2300
2400
2500
2600
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
tot SM
eoq
vis
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
eoq AGG
vis AGG
Grafico 62: Andamento dei trasporti FTL all’aumentare del LS nel caso CV 0.6
Grafico 63: Andamento dei trasporti LTL all’aumentare del LS nel caso CV 0.6
0
500
1000
1500
2000
2500
3000
3500
1 2 3 4 5
FTL tot
FTL tot
eoq
vis
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
eoq AGG
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
LTL tot
eoq
vis
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
eoq AGG
vis AGG
Grafico 64:trasporti beneficio VIS AGG vs lean
Grafico 65: Benefici delle politiche lean multi rispetto a eoq passando da cv08 a cv04
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
1600
1800
2000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
beneficio VIS AGG vs lean
lean 02
lean 04
lean 06
lean 08
lean 1
-600
-400
-200
0
200
400
600
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
Benefici delle politiche lean multi rispetto a eoq multi passando da cv08 a cv04
leanmedio
Lineare (EOQ)
Lineare (VIS)
Lineare (Lean_0,8)
Lineare (Lean_0,6)
Lineare (Lean_0,4)
Lineare (Lean_0,2)
Lineare (leanmedio )
Grafico 66: Benefici delle politiche lean mono rispetto a eoq passando da cv08 a cv04
Tabella 36: Dati mono-prodotto cv 08
-1600
-1400
-1200
-1000
-800
-600
-400
-200
0
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
Benefici delle politiche lean mono rispetto a eoq passando da cv08 a cv04
EOQ
Lean_1
Lean_0,8
Lean_0,6
Lean_0,4
Lean_0,2
leanmedio
Liv Servizio EOQ_mono VIS_mono Lean_1_mono Lean_0,8_mono Lean_0,6_mono Lean_0,4_mono Lean_0,2_mono
0,92 5.829 4.340 4.021 3.405 2.732 2.387 2.272
0,925 5.922 4.496 4.122 3.542 2.779 2.523 2.315
0,93 6.023 4.645 4.196 3.486 2.945 2.509 2.382
0,935 6.127 4.903 4.293 3.674 3.050 2.750 2.436
0,94 6.306 5.292 4.388 3.745 3.149 2.773 2.474
0,945 6.575 5.655 4.500 3.946 3.294 2.856 2.737
0,95 6.810 6.028 4.673 3.950 3.324 3.035 2.655
0,955 7.034 6.344 4.791 4.018 3.360 3.250 2.809
0,96 7.177 6.481 5.000 4.295 3.524 3.197 2.924
0,965 7.272 6.673 5.126 4.347 3.696 3.292 2.992
0,97 7.382 7.220 5.287 4.563 3.872 3.582 3.253
0,975 7.536 7.363 5.456 4.618 3.902 3.693 3.310
0,98 7.618 7.549 5.741 4.933 4.061 3.782 3.501
0,985 7.829 7.764 6.056 5.142 4.337 4.179 3.721
0,99 8.068 7.964 6.403 5.564 4.761 4.517 4.101
Tabella 37: Dati mono-prodotto cv06
Tabella 36: Dati mono-prodotto cv04
Liv ServizioEOQ_mono VIS_mono Lean_1_mono Lean_0,8_mono Lean_0,6_mono Lean_0,4_mono Lean_0,2_mono
0,92 5216 4416 3588 2899 2295 1970 1748
0,925 5454 4424 3622 2957 2315 2022 1728
0,93 5735 4450 3558 2994 2366 2032 1725
0,935 5844 4541 3751 3079 2421 2141 1901
0,94 5933 4585 3839 3167 2478 2188 2004
0,945 6041 4723 3919 3214 2540 2233 2069
0,95 6221 4858 4017 3296 2607 2304 2054
0,955 6333 5117 4126 3377 2684 2471 2148
0,96 6464 5568 4235 3475 2756 2419 2224
0,965 6567 5898 4372 3572 2857 2509 2368
0,97 6695 6171 4499 3701 2981 2656 2441
0,975 6861 6404 4657 3840 3120 2756 2546
0,98 7052 6599 4825 4012 3302 2990 2656
0,985 7364 6819 5052 4253 3503 3250 2682
0,99 7558 6961 5369 4608 3873 3623 3063
Liv ServizioEOQ_mono VIS_mono Lean_1_mono Lean_0,8_mono Lean_0,6_mono Lean_0,4_mono Lean_0,2_mono
0,92 5206 3755 2214 2013 1877 1503 1307
0,925 5334 3904 2261 2032 1941 1556 1352
0,93 5480 3928 2326 2094 1977 1609 1397
0,935 5652 4143 2449 2173 1979 1699 1439
0,94 5799 4174 2477 2269 1999 1732 1479
0,945 5875 4575 2591 2303 2018 1775 1536
0,95 5982 4835 2708 2397 2045 1832 1580
0,955 6038 5078 2766 2460 2097 1982 1624
0,96 6133 5263 2812 2514 2129 1903 1695
0,965 6232 5362 2895 2589 2185 1982 1763
0,97 6510 5629 2973 2660 2257 2101 1841
0,975 6589 5828 3166 2781 2326 2217 1944
0,98 6667 6294 3330 2927 2351 2449 2053
0,985 6760 6573 3447 3101 2730 2708 2224
0,99 6852 6609 3754 3388 3159 2966 2427
Figura 8: modello utilizzato
Figura 9:particolare Distributor
Figura 10: particolare, secondary manufacturer
Figura 11: particolare, blocchi di gestione, Tabelliere
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