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In cammino con il ritmo della prossimità: il sacerdote e l’arte dell’accompagnamento p. Stanisław Morgalla SJ L’accompagnamento delle persone è una dimensione importante della vocazione sacerdotale: nell’imitare Gesù Cristo, il sacerdote è chiamato a svolgere il Suo stesso ministero 1 . Allo scopo di presentare gli elementi essenziali dell’accompagnamento, ci rivolgiamo ad un paradigma evangelico: la scena dell’incontro del Risorto con i discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35). Possiamo trovare diversi argomenti a favore di tale scelta: 1. Nella scena viene descritto in modo sintetico, l’approccio pedagogico di Cristo, il Suo modo di relazionarsi con i discepoli e di interpellare il loro stile di vita; 2. viene presentato l’accompagnamento come un processo, in cui è possibile distinguere diverse fasi. Possiamo elencarne almeno tre: vedere – comprendere – agire, che corrispondono allo schema consueto della ricerca umana della verità (cf. Lonergan); 3. sono ben evidenziate le difficoltà della natura umana nell’incontro con la grazia divina. I tre punti della nostra presentazione, che corrispondono alle tre tappe dell’accompagnamento appena menzionate, forniscono una buona occasione per discutere o almeno indicare, una serie di questioni rilevanti nell'arte dell’accompagnamento. I. Vedere: l'arte di avvicinare un uomo bisognoso Nella prima parte della nostra scena, il Risorto si comporta come Socrate: formulando semplici domande, fa emergere la verità esistenziale della situazione dei due discepoli. Sorprende il tono semplice, o addirittura ingenuo, delle domande del Maestro: perché la scelta di tale metodo? È ampiamente noto che il primo principio di una buona pedagogia, è quello di raggiungere le persone laddove esse si trovano, e solo 1 Cf. Giovanni Paolo II, Pastores dabo Vobis, 43. „è necessario che, sull'esempio di Gesù che «sapeva quello che c'è in ogni uomo» (Gv 2, 25; cf. 8, 3-11), il sacerdote sia capace di conoscere in profondità l'animo umano, di intuire difficoltà e problemi, di facilitare l'incontro e il dialogo, di ottenere fiducia e collaborazione, di esprimere giudizi sereni e oggettivi”.

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In cammino con il ritmo della prossimità: il sacerdote e l’arte dell’accompagnamento

p. Stanisław Morgalla SJ

L’accompagnamento delle persone è una dimensione importante della vocazione sacerdotale: nell’imitare Gesù Cristo, il sacerdote è chiamato a svolgere il Suo stesso ministero1. Allo scopo di presentare gli elementi essenziali dell’accompagnamento, ci rivolgiamo ad un paradigma evangelico: la scena dell’incontro del Risorto con i discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35). Possiamo trovare diversi argomenti a favore di tale scelta:

1. Nella scena viene descritto in modo sintetico, l’approccio pedagogico di Cristo, il Suo modo di relazionarsi con i discepoli e di interpellare il loro stile di vita;

2. viene presentato l’accompagnamento come un processo, in cui è possibile distinguere diverse fasi. Possiamo elencarne almeno tre: vedere – comprendere – agire, che corrispondono allo schema consueto della ricerca umana della verità (cf. Lonergan);

3. sono ben evidenziate le difficoltà della natura umana nell’incontro con la grazia divina.

I tre punti della nostra presentazione, che corrispondono alle tre tappe dell’accompagnamento appena menzionate, forniscono una buona occasione per discutere o almeno indicare, una serie di questioni rilevanti nell'arte dell’accompagnamento.

I. Vedere: l'arte di avvicinare un uomo bisognoso

Nella prima parte della nostra scena, il Risorto si comporta come Socrate: formulando semplici domande, fa emergere la verità esistenziale della situazione dei due discepoli. Sorprende il tono semplice, o addirittura ingenuo, delle domande del Maestro: perché la scelta di tale metodo?

È ampiamente noto che il primo principio di una buona pedagogia, è quello di raggiungere le persone laddove esse si trovano, e solo più tardi, condurle nel punto in cui vogliamo farle arrivare. 2

Invertire quest’ordine sarebbe un errore fondamentale. Con le Sue domande, il Risorto permette ai discepoli di esprimersi fino in fondo, esplicitando emozioni e sentimenti. In questo modo emerge, viene alla luce, tutto il loro dramma: la sequela di Cristo, interrotta bruscamente dalla Sua morte scandalosa sulla Croce e le prime, incerte (anche perché portate dalle donne!) notizie sulla Risurrezione. Ci soffermiamo su due aspetti importanti.

1. L’essenziale ruolo dell’emotività

Non esiste una "Immacolata Percezione" – dicono scherzosamente gli psicoanalisti. E infatti, ogni nostra percezione viene condizionata e mediata dalla nostra esperienza previa, anzitutto dal suo lato emotivo e spesso inconscio (memoria affettiva). Le ricerche scientifiche dimostrano come le emozioni positive allarghino il nostro campo visivo, laddove quelle negative lo restringono bruscamente, facendoci arrivare ad una specie di “visione a tunnel” (ingl. tunel vision).3 La persona ansiosa, arrabbiata, stressata o depressa – e con questi termini possiamo anche descrivere i due discepoli di Emmaus – cerca solo la via di scampo e non una vera comprensione della

1 Cf. Giovanni Paolo II, Pastores dabo Vobis, 43. „è necessario che, sull'esempio di Gesù che «sapeva quello che c'è in ogni uomo» (Gv 2, 25; cf. 8, 3-11), il sacerdote sia capace di conoscere in profondità l'animo umano, di intuire difficoltà e problemi, di facilitare l'incontro e il dialogo, di ottenere fiducia e collaborazione, di esprimere giudizi sereni e oggettivi”.2 Cf. Bettelheim B. (1970), Moral Education. In GUSTAFSON J.G. et al., Moral Education: five lectures, Harvard University Press, 85-107.3 Cf. Schmitz, T. ed altri (2009). Opposing Influences of Affective State Valence on Visual Cortical Encoding. The Journal of Neuroscience, 29 (22): 7199 –7207.

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situazione. È questa la ragione per cui è controproducente far ragionare una persona che si trova sotto un forte stress emotivo: meglio mettersi nei suoi panni e fare con lei un pezzo di strada.

Vale la pena notare a questo punto, come negli ultimi decenni stia aumentando l’interesse in ambito psicologico, nei riguardi dello studio sulle emozioni (in particolare sull’intelligenza emotiva) e sul loro influsso sul comportamento umano. I risultati di queste ricerche sono molto promettenti, ma dobbiamo essere molto prudenti nel loro utilizzo: l'intelligenza emotiva non è sinonimo di altrettanta maturità emotiva, e può al contrario, essere facilmente trasformata in “manipolazione”.4

Non dimentichiamo che nella lunga tradizione spirituale della Chiesa, la scoperta del ruolo essenziale delle emozioni non è una novità: St. Ignazio di Loyola, per esempio, basa tutta l'arte del discernimento della volontà di Dio sulla comprensione e purificazione delle cosiddette affezioni disordinate.5

2. Mettersi nei panni del prossimo per … capire meglio

Se guardiamo da vicino la storia raccontata dai due discepoli di Emmaus, possiamo vedere che non vi mancano gli elementi essenziali del nostro Credo: la storia di vita, di morte, e anche di risurrezione di Gesù Cristo. Sulla bocca dei discepoli questa però, non è una professione di fede, ma piuttosto una grande giustificazione (intellettualizzazione) del loro comportamento: la fuga da Gerusalemme per evitare il pericolo di una morte cruenta. I discepoli si trovano nella menzionata visione a tunnel e vedono una sola via d'uscita: scappare.

In questa fase, per un sacerdote che, rimanendo focalizzato unicamente sull’osservanza della dottrina (ortodossia), non comprendesse questa logica di funzionamento dell’umano, condurre un accompagnamento potrebbe diventare molto difficile. In questo caso, l’ignaro sacerdote anziché accompagnare empaticamente la persona, in nome della legge, tenderà a “sacrificarla” sull'altare dell'ortodossia. Il Risorto si comporta in modo diametralmente opposto: si avvicina ai discepoli e comincia a camminare con loro, entra nella loro situazione per trovare insieme a loro la soluzione migliore. Non si impone, ma entra in dialogo. Non forza nessuna decisione, ma accende i loro cuori e ricuce quella relazione che era stata violentemente interrotta nel momento della Sua passione e morte.

In questa fase dell’accompagnamento, il prete dovrebbe ascoltare più che parlare. Vale la pena menzionare qui, un difetto di parecchi sacerdoti che già dopo poche battute della persona accompagnata, sono pronti a dispensare buoni consigli o addirittura, ad offrire un ricco arsenale di strategie e piani da realizzare. Tutto ciò però, non è il frutto di un paziente discernimento spirituale, ma l’esito di un’applicazione spesso stereotipata della prassi pastorale. In ogni caso, la realtà stessa impone a tali sacerdoti di “ricostituire un certo ordine”, perché avendo essi parlato troppo presto e senza un approfondito discernimento, incontrano subito una resistenza, o addirittura un rifiuto, da parte di chi li ascolta.

II. Comprendere: l’arte di prendere una posizione

Grazie al Suo umile atteggiamento di ascolto, il Risorto riesce a stabilire una profonda relazione con i Suoi due discepoli. Soltanto più tardi, quando cioè, questo rapporto si è già stabilito, Egli comincerà a parlare e la Sua voce verrà accolta. Vale la pena di guardare da vicino questo secondo aspetto.

1. La relazione che guarisce

4 Cf. Levis M., Haviland-Jones J. M., Feldman Barrett L. (Eds.) (2008), Handbook of Emotions, Guilford Press, New York, cap. 32 e 33.5 St. Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali, n.1.

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Le prime parole del Risorto sono molto dure, quasi rivide, e non assomigliano per niente ad un simpatico buffetto sulla testa: Sciocchi e tardi di cuore! (Lc 24, 25) Perché i due discepoli le accolgono con umiltà e senza offesa, anzi, con crescente interesse e gioia? La risposta può essere trovata in quello che non è visibile agli occhi, cioè nella relazione che strada facendo si è stabilita tra loro e il misterioso straniero. Doveva essere una relazione molto forte se era in grado di sopportare una critica così aspra.

Guardando la scena con occhio da psicoterapeuta, si potrebbe dire che i discepoli sono sotto l’influsso di una forte trasferenza positiva verso il Risorto: essi spostano cioè su di Lui sentimenti, atteggiamenti, impulsi sperimentati verso un'altra persona significativa del loro passato. Possiamo dire di più: visto che tutto il discorso del Risorto è centrato sulla figura del loro Maestro, non è difficile indovinare che nel Risorto i discepoli riconoscano Gesù stesso, come confermerà la loro osservazione sui cuori che ardevano mentre parlava loro (Lc 24, 32).

I fenomeni di trasferenza e controtrasferenza non sono rari nel processo di accompagnamento ma, al contrario, assai presenti; per questo, sarebbe auspicabile trattarli più a lungo e con grande serietà.6

In questa sede sarà sufficiente dire che essi possono essere pericolosi e diventare un problema se rimangono inconsci per entrambe le parti. Infatti, in questo caso, possono condurre vere e proprie aberrazioni nell’accompagnamento (per esempio: fenomeni di dipendenza affettiva).

2. Resistenza e meccanismi di difesa

La reazione naturale di ogni persona alla critica è la difesa. Il confronto con la verità evoca spesso un’opposizione spontanea e una resistenza, a meno che, come spiegato sopra, il rapporto non sia già ad un livello superiore. Certamente, qui si assiste a uno straordinario atto di grazia che ha permesso ai discepoli di dimenticare per un momento quelle difese che avevano abitualmente usato durante l’attività pubblica del Maestro. Il Risorto attorno a questo costruisce tutta la sua catechesi: Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? (Lc 24, 25-26) È straordinariamente intrigante notare che, oltre a questa generale introduzione, l’evangelista Luca non citi il discorso del Risorto. Si può presupporre che il suo contenuto fosse ormai noto, perché faceva parte dell’insegnamento pubblico di Gesù. Solo che a quell’epoca, i discepoli guardavano, ma non vedevano, ascoltavano, ma non capivano (cf. Is 6, 9). Si tratta di una semplice constatazione circa il funzionamento della percezione, quest’ultima è contaminata dall’influsso dell’inconscio, come lo chiamano gli studiosi moderni.

Per l'accompagnamento la conoscenza di queste limitazioni derivanti dall'impatto dell’inconscio è fondamentale. Ignorarle, invece, porta a sorprendenti fallimenti e grandi delusioni. Conviene riportare i risultati delle diverse ricerche dell’Istituto di Psicologia presso la Pontificia Università Gregoriana che, con noiosa costanza ripetono che il 60-80% delle persone coinvolte nella realizzazione della vocazione cristiana è influenzato in modo significativo da inconsistenze inconsce, le quali indeboliscono o addirittura paralizzano, la realizzazione della vocazione cristiana.7 Va anche sottolineato il fatto che queste limitazioni non spariscono lungo gli anni, nonostante lo sforzo di collaborare con la grazia divina.

3. Necessità dell’interpretazione

Tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti - dice il Risorto - e continua il suo insegnamento collocando gli eventi degli ultimi giorni nell’ampio contesto del piano di salvezza di Dio.

6 Cf. Guarinelli S. (2008), Psicologia della relazione pastorale, EDB, Bologna, p.219 ss. 7 Cf. Rulla L. M., Imoda F., Ridick J. (1986), Antropologia della vocazione cristiana, vol. 2, Conferme esistenziali. Edizioni Piemme di Pietro Marietti, Casale Monferrato. O´Dwyer C. (2000), Imagining One´s Future: a projective approach to christian maturity, Pontificia Università Gregoriana.

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L'accompagnamento in questa tappa è fondamentale perché, con l’aiuto della Parola di Dio, aiuta le persone smarrite e spaventate a trovare un giusto orientamento. A questo punto del cammino è salutata di buon grado quella capacità di collegare la situazione esistenziale con la Parola di Dio, capacità che chiarisce l’orizzonte e ripristina l'ordine perduto, donando pace al cuore e fiducia nel percorso scelto.

Luca sottolinea come il Risorto si rivolga alla tradizione, citando Mosè ed i profeti. Una simile abilità è richiesta al sacerdote impegnato nell’arte dell’accompagnamento. Qui ed ora egli può svolgere la sua funzione profetica e la sua missione di custode dell’insegnamento della Chiesa. È ora il momento favorevole per ammonire gli erranti, rafforzare i deboli, sollevare gli spiriti dei dubbiosi. E questo richiede competenze - diremmo oggi - e capacità di interpretazione.

In sintesi: non basta lasciare che la persona si esprima, non basta calmare le sue paure e dolori (che è lo scopo della stragrande maggioranze delle psicoterapie), ma c’è bisogno di istruire ed illuminare con l'aiuto della Parola di Dio. Queste abilità richiedono che il sacerdote stesso in primo luogo, sia penetrato dalla luce della Scrittura ogni giorno.

III. Agire: saper lasciare spazio alla persona accompagnata

Questa sezione può essere molto breve. L’incontro con i discepoli si conclude con la misteriosa scena al tavolo in Emmaus. Il Risorto si lascia invitare in casa, luogo di rifugio per eccellenza, comodo nido per ripristinare un senso di sicurezza e di controllo sulla propria vita. Tuttavia la Sua presenza, i Suoi gesti e, infine, la Sua misteriosa scomparsa fanno letteralmente saltare in aria tutta questa sicurezza e controllo. Niente più sarà lo stesso: si aprono gli occhi dei discepoli.

1. Obiettivo da raggiungere

L’obiettivo principale dell’accompagnamento è portare la persona alla scoperta della verità, alla libertà interiore. Successivamente si potrà lasciare che la persona decida secondo le mozioni del proprio cuore che provengono direttamente da Dio. Così fa il Risorto: non spiega più nulla, perché ha fiducia nello Spirito che agisce nei cuori dei discepoli. Adesso loro stessi sapranno cosa dovranno fare: condurranno il loro discernimento spirituale. Non è quindi sorprendente che la scena finisca con un frettoloso ritorno alla comunità di Gerusalemme, il ripristino dell'unità rotta e la testimonianza di fede.

2. La Chiesa: comunità e testimonianza della fede

Anche questo ritorno dei discepoli da Emmaus a Gerusalemme è molto significativo: ogni discernimento spirituale, ogni movimento interiore, pur essendo molto personale ha inevitabilmente una rilevanza valore ecclesiale. È un dono ricevuto nella Chiesa, ma anche per la Chiesa, e spesso solo dentro il medesimo contesto ecclesiale assume il suo pieno significato e riceve la conferma della sua origine divina. I due discepoli di Emmaus dopo essere usciti dalla comunione, sono tornati all’unione con la comunità, da arrabbiati e pieni di risentimento, sono diventati gioiosi testimoni del Risorto. Solo ora proclamano il kèrigma per intero e manifestano la loro professione di Credo (Simbolo apostolico).

Conclusione

L'accompagnamento è un ministero di fondamentale importanza per un sacerdote, ma nello stesso tempo, è un esigente e difficile esame di tutte le sue capacità. Per diventare arte richiede un’integrazione di tutte le sue dimensioni: spirituale, intellettuale, pastorale, umana, tanto per elencarne alcune; ma quando diventa un’arte, può assumere tanti stili differenti, come conferma la nostra ricca e lunga tradizione spirituale.

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