26
1738 Parte XXI Malattie del sangue soltanto in caso di malassorbimento o quando la compliance è scarsa, poiché la terapia orale è altrettanto rapida ed efficace oltre a essere molto meno costosa e meno tossica. Quando necessario, i complessi parenterali di ferro saccarato o gluconato presentano un rischio minore di reazioni serie rispetto al ferro destrano. In genere, oltre alla terapia marziale è necessaria anche una consulenza dietologica. Bisognerebbe infatti limitare un’assunzione eccessiva di latte, in particolare di latte vaccino. La sideropenia nelle ragazze adolescenti, secondaria a eccessive perdite mestruali, si tratta con ferro e terapia ormonale (Cap. 110.2). Se l’anemia è lieve, l’unico esame aggiuntivo consiste nel ripetere l’emocromo quattro settimane circa dopo l’inizio della terapia. A questo punto, in genere, l’emoglobina è risalita di almeno 1-2 g/dL e spesso si è normalizzata. Se l’anemia invece è più severa, la comparsa di una reticolocitosi di solito entro 48-96 ore dall’inizio del trattamento può dare una con- ferma precoce della diagnosi. L’emoglobina inizierà ad aumentare di 0,1-0,4 g/dL al giorno a seconda della gravità dell’anemia. La terapia marziale andrebbe continuata per otto settimane dalla Nor- maleizzazione dei valori ematici, in modo da ricostituire le riserve di ferro. Un attento follow-up è essenziale per garantire una risposta alla terapia. Quando la risposta dell’anemia alla terapia marziale è scarsa o addirittura nulla, bisogna fare una serie di considerazioni, tra cui altre diagnosi oltre la sideropenia (Tab. 449.3). Poiché nella sideropenia tipica si può prevedere con sicurezza una risposta ematologica rapida, di rado è necessario trasfondere sangue. Le trasfusioni dovrebbero essere utilizzate solo in presenza di un importante insufficienza cardiaca congestizia o di una grave anemia con evidenza di sostanziali perdite ematiche in corso. BIBLIOGRAFIA Per la bibliografia completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com. Capitolo 450 Altre anemie microcitiche Richard Sills Le anemie sideroblastiche derivano da patologie acquisite o eredita- rie della sintesi dell’eme. Le anemie sono caratterizzate da eritrociti microcitici ipocromici mescolati a globuli rossi normali: ciò produce un’immagine di insieme di una popolazione eritrocitaria dimorfica e l’esame emocromocitometrico completo indica un’ampiezza di distribuzione dei globuli rossi estremamente elevata. La concen- trazione di ferro sierico è generalmente elevata e la saturazione della transferrina con ferro è aumentata. In tutti i casi di anemia sideroblastica, a prescindere dalla causa specifica, la sintesi difettosa dell’eme conduce alla ritenzione del ferro all’interno dei mitocondri. Da un punto di vista morfolo- gico, questo è visibile negli eritroblasti nucleati midollari con granuli di ferro (aggregati di ferro nei mitocondri) che presenta- no una distribuzione perinucleare. Queste cellule inusuali, note come sideroblasti ad anello (si veda Fig. 450.1 sul sito internet www.expertconsult.com ), si ritrovano solo negli stati patologici e si distinguono dai sideroblasti (precursori eritrocitari che con- tengono diffusi granuli citoplasmatici di ferritina) nel midollo di soggetti normali. Le anemie sideroblastiche più comunemente si presentano nel- l’età adulta e queste patologie acquisite possono essere idiopatiche o secondarie a farmaci, ad alcool oppure a patologie mielodisplasti- che. Nel bambino sono osservabili alcune anemie sideroblastiche. Per il testo completo del capitolo, consultare il sito internet www.expertconsult.com. Capitolo 451 Definizione e classificazione delle anemie emolitiche George B. Segel L’ emolisi è definita come la distruzione precoce degli eritrociti. L’anemia si verifica quando la velocità di distruzione supera la capacità del midollo di produrre globuli rossi. Il normale tempo di sopravvivenza dei globuli rossi è di 110-120 giorni (emivita, 55-60 giorni) e ogni giorno viene rimosso e sostituito circa lo 0,85% dei globuli rossi senescenti. Durante l’emolisi la sopravvivenza degli eritrociti si riduce, la conta eritrocitaria diminuisce, l’eritropoietina aumenta e la stimolazione dell’attività midollare porta a una mag- giore produzione di globuli rossi, con il conseguente aumento della percentuale di reticolociti nel sangue. Pertanto, in presenza di una conta reticolocitaria elevata si dovrebbe sospettare l’emolisi come causa di anemia. La conta reticolocitaria può inoltre essere elevata in risposta a una perdita acuta di sangue o per un breve periodo in seguito a terapia di ripristino per carenza di ferro, di vitamina B 12 o di folato. Il midollo può aumentare la sua produzione di 2-3 volte in fase acuta, con un massimo di 6-8 volte se l’emolisi è cronica. La percentuale dei reticolociti può essere corretta per misurare l’entità della produzione midollare in risposta all’emolisi come segue: Indice reticolocitario = % reticolociti × Ematocrito osservato _________________ Ematocrito normale × 1 __ dove è un fattore di maturazione da 1 a 3 correlato alla gravità del- l’anemia (si veda Fig. 451.1 sul sito internet www.expertconsult.com). L’indice reticolocitario normale è 1,0; quindi l’indice misura l’in- cremento nell’eritropoiesi (ad es. di 2 volte, 3 volte). Per il testo completo del capitolo, consultare il sito internet www.expertconsult.com. Capitolo 452 Sferocitosi ereditaria George B. Segel La sferocitosi ereditaria (SE) è una causa comune di emolisi e anemia emolitica, con un ampio spettro di gravità e con una prevalenza di circa 1:5.000 nelle persone di provenienza nordeuropea, ed è la forma più comune di anomalia ereditaria della membrana dei globuli rossi. Gli individui affetti possono essere asintomatici, senza anemia o con una minima emolisi, oppure possono presentare una grave ane- mia emolitica. La SE è stata descritta nella maggior parte dei gruppi etnici, ma è più comune tra le persone di origine nordeuropea. EZIOLOGIA La SE è generalmente trasmessa con carattere autosomico dominante e meno frequentemente come una patologia autosomica recessiva. Almeno il 25% dei pazienti non presenta un’anamnesi familiare di Sezione 3 ANEMIE EMOLITICHE

1738 Parte XXI Malattie del sangue - Doctor33 · La gravità dei sintomi nei lattanti e nei bambini è variabile. Alcuni pazienti rimangono asintomatici fino all’età adulta,

  • Upload
    lycong

  • View
    219

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

1738 ■ Parte XXI Malattie del sangue

soltanto in caso di malassorbimento o quando la compliance è scarsa, poiché la terapia orale è altrettanto rapida ed effi cace oltre a essere molto meno costosa e meno tossica. Quando necessario, i complessi parenterali di ferro saccarato o gluconato presentano un rischio minore di reazioni serie rispetto al ferro destrano.

In genere, oltre alla terapia marziale è necessaria anche una consulenza dietologica. Bisognerebbe infatti limitare un’assunzione eccessiva di latte, in particolare di latte vaccino. La sideropenia nelle ragazze adolescenti, secondaria a eccessive perdite mestruali, si tratta con ferro e terapia ormonale ( Cap. 110.2 ). Se l’anemia è lieve, l’unico esame aggiuntivo consiste nel ripetere l’emocromo quattro settimane circa dopo l’inizio della terapia. A questo punto, in genere, l’emoglobina è risalita di almeno 1-2 g/dL e spesso si è normalizzata. Se l’anemia invece è più severa, la comparsa di una reticolocitosi di solito entro 48-96 ore dall’inizio del trattamento può dare una con-ferma precoce della diagnosi. L’emoglobina inizierà ad aumentare di 0,1-0,4 g/dL al giorno a seconda della gravità dell’anemia. La terapia marziale andrebbe continuata per otto settimane dalla Nor-maleizzazione dei valori ematici, in modo da ricostituire le riserve di ferro. Un attento follow-up è essenziale per garantire una risposta alla terapia. Quando la risposta dell’anemia alla terapia marziale è scarsa o addirittura nulla, bisogna fare una serie di considerazioni, tra cui altre diagnosi oltre la sideropenia ( Tab. 449.3 ).

Poiché nella sideropenia tipica si può prevedere con sicurezza una risposta ematologica rapida, di rado è necessario trasfondere sangue. Le trasfusioni dovrebbero essere utilizzate solo in presenza di un importante insuffi cienza cardiaca congestizia o di una grave anemia con evidenza di sostanziali perdite ematiche in corso.

BIBLIOGRAFIA Per la bibliografi a completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

Capitolo 450 Altre anemie microcitiche Richard Sills

Le anemie sideroblastiche derivano da patologie acquisite o eredita-rie della sintesi dell’eme. Le anemie sono caratterizzate da eritrociti microcitici ipocromici mescolati a globuli rossi normali: ciò produce un’immagine di insieme di una popolazione eritrocitaria dimorfica e l’esame emocromocitometrico completo indica un’ampiezza di distribuzione dei globuli rossi estremamente elevata. La concen-trazione di ferro sierico è generalmente elevata e la saturazione della transferrina con ferro è aumentata.

In tutti i casi di anemia sideroblastica, a prescindere dalla causa specifica, la sintesi difettosa dell’eme conduce alla ritenzione del ferro all’interno dei mitocondri. Da un punto di vista morfolo-gico, questo è visibile negli eritroblasti nucleati midollari con granuli di ferro (aggregati di ferro nei mitocondri) che presenta-no una distribuzione perinucleare. Queste cellule inusuali, note come sideroblasti ad anello (si veda Fig. 450.1 sul sito internet www.expertconsult.com ), si ritrovano solo negli stati patologici e si distinguono dai sideroblasti (precursori eritrocitari che con-tengono diffusi granuli citoplasmatici di ferritina) nel midollo di soggetti normali.

Le anemie sideroblastiche più comunemente si presentano nel-l’età adulta e queste patologie acquisite possono essere idiopatiche o secondarie a farmaci, ad alcool oppure a patologie mielodisplasti-che. Nel bambino sono osservabili alcune anemie sideroblastiche.

Per il testo completo del capitolo, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

Capitolo 451 Defi nizione e classifi cazione delle anemie emolitiche George B. Segel

L’ emolisi è defi nita come la distruzione precoce degli eritrociti. L’anemia si verifi ca quando la velocità di distruzione supera la capacità del midollo di produrre globuli rossi. Il normale tempo di sopravvivenza dei globuli rossi è di 110-120 giorni (emivita, 55-60 giorni) e ogni giorno viene rimosso e sostituito circa lo 0,85% dei globuli rossi senescenti. Durante l’emolisi la sopravvivenza degli eritrociti si riduce, la conta eritrocitaria diminuisce, l’eritropoietina aumenta e la stimolazione dell’attività midollare porta a una mag-giore produzione di globuli rossi, con il conseguente aumento della percentuale di reticolociti nel sangue. Pertanto, in presenza di una conta reticolocitaria elevata si dovrebbe sospettare l’emolisi come causa di anemia. La conta reticolocitaria può inoltre essere elevata in risposta a una perdita acuta di sangue o per un breve periodo in seguito a terapia di ripristino per carenza di ferro, di vitamina B 12 o di folato. Il midollo può aumentare la sua produzione di 2-3 volte in fase acuta, con un massimo di 6-8 volte se l’emolisi è cronica. La percentuale dei reticolociti può essere corretta per misurare l’entità della produzione midollare in risposta all’emolisi come segue:

Indice reticolocitario = % reticolociti × Ematocrito osservato _________________ Ematocrito normale

× 1 __ �

dove � è un fattore di maturazione da 1 a 3 correlato alla gravità del-l’anemia (si veda Fig. 451.1 sul sito internet www.expertconsult.com ). L’indice reticolocitario normale è 1,0; quindi l’indice misura l’in-cremento nell’eritropoiesi (ad es. di 2 volte, 3 volte).

Per il testo completo del capitolo, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

Capitolo 452 Sferocitosi ereditaria George B. Segel

La sferocitosi ereditaria (SE) è una causa comune di emolisi e anemia emolitica, con un ampio spettro di gravità e con una prevalenza di circa 1:5.000 nelle persone di provenienza nordeuropea, ed è la forma più comune di anomalia ereditaria della membrana dei globuli rossi. Gli individui affetti possono essere asintomatici, senza anemia o con una minima emolisi, oppure possono presentare una grave ane-mia emolitica. La SE è stata descritta nella maggior parte dei gruppi etnici, ma è più comune tra le persone di origine nordeuropea.

EZIOLOGIA La SE è generalmente trasmessa con carattere autosomico dominante e meno frequentemente come una patologia autosomica recessiva. Almeno il 25% dei pazienti non presenta un’anamnesi familiare di

Sezione 3 ANEMIE EMOLITICHE

C0105.indd 1738C0105.indd 1738 9/30/12 6:18:11 AM9/30/12 6:18:11 AM

Capitolo 452 Sferocitosi ereditaria ■ 1739

SE. Di questi, la maggior parte possiede nuove mutazioni e alcuni casi conseguono a un’ereditarietà recessiva o rappresentano una non paternità. Il difetto molecolare più comune è costituito da anomalie a carico della spectrina o dell’anchirina, che sono le principali compo-nenti del citoscheletro responsabili del mantenimento della forma del globulo rosso. Un difetto recessivo è stato descritto nell’ � -spectrina; difetti dominanti sono stati descritti nella � -spectrina e nella protei-na 3; difetti dominanti e recessivi sono stati descritti nell’anchirina ( Tab. 452.1 ). Un deficit di spectrina, proteina 3 o anchirina produce un accoppiamento difettoso nelle interazioni “verticali” dello scheletro con doppio strato lipidico e la perdita di microvescicole di membrana ( Figg. 452.1 e 452.2 ). La perdita di un’area di superficie di membrana senza una perdita proporzionale di volume cellulare causa la sfericità dei globuli rossi e un associato aumento di permeabilità ai cationi, di trasporto di cationi, di utilizzo dell’adenosina trifosfato e della glicolisi. La ridotta deformabilità dei globuli rossi influenza il loro passaggio dai cordoni ai sinusoidi splenici e gli eritrociti sferici ven-gono prematuramente distrutti nella milza. La splenectomia aumenta notevolmente la durata di vita dei globuli rossi e guarisce l’anemia.

Tabella 452.1 MUTAZIONI GENETICHE COMUNI NELLA SFEROCITOSI EREDITARIA

PROTEINA GRAVITÀ GENEPAZIENTI CON SFEROCITOSI

EREDITARIA (%)EREDITARIETÀ

Anchirina-1 Da lieve a moderata

ANK1 50-67 Dominante e recessiva

Banda 3 Da lieve a moderata

AE1 (SLC4A1) 15-20 Perlopiù dominante

� -spectrina Da lieve a moderata

SPTB 15-20 Dominante

� -spectrina Elevata SPTA1 < 5 RecessivaProteina 4.2 Da lieve a

moderata EPB42 < 5 Recessiva

Lieve: emoglobin normale, reticolociti < 6%; moderata: emoglobina > 8 g/dL, reticolociti > 6%; elevata: emoglobina < 6 g/dL, reticolociti > 10%.

Glicoforina A

Banda 3 Banda 3

CD47

4.2Anchirina-1

�-spectrina

�-spectrina

Rh RhAG LW

Banda 3 Banda 3

Dematina

p55

4.1R

4.1R

Actina

Tropomodulina

Adducina

Tropomiosina

Glicoforina A Glicoforina C/DGlicoforina B

Figura 452.1 Sezione trasversale semplifi cata della membrana dei globuli rossi (eritrociti). Il doppio strato lipidico forma l’equatore della sezione trasversale con le sue estremità polari ( cerchi piccoli ) girati verso l’esterno. 4.1 R, proteina; 4.2, proteina 4.2; LW, glicoproteina Landsteiner-Wiener; Rh, polipeptide Rhesus; RhAG, glicoproteina assciata a R. (Da Perrotta S, Gallagher PG, Mohandas N: Hereditary spherocytosis, Lancet 372:1411–1426, 2008.)

Deficit di spectrina,anchirina o proteina 4.2

Deficit di banda 3Doppio strato lipidicoSpectrinaAnchirinaBanda 3

Coda della curvadi fragilità osmotica

Rapportosuperficie-volume ridotto

Deformabilitàcellulare ridotta

Eritrostasi

Intrappolamentosplenico

Ulterioreperdita

di membrana

Condizionamentosplenico

pH bassoContatto macrofagicoelevato

Bassaconcentrazionedi glucosioElevataconcentrazionedi ossidanti

EmolisiRilascio di microvescicole

Rilascio di microvescicole

Figura 452.2 Effetti fi siopatologici della sferocitosi ereditaria. (Da Perrotta S, Gallagher PG, Mohandas N: Hereditary spherocytosis, Lancet 372:1411–1426, 2008.)

C0105.indd 1739C0105.indd 1739 9/30/12 6:18:21 AM9/30/12 6:18:21 AM

1740 ■ Parte XXI Malattie del sangue

MANIFESTAZIONI CLINICHE La SE può essere una causa di malattia emolitica nel neonato e si può presentare con un’anemia e un’iperbilirubinemia sufficientemente gravi da richiedere la fototerapia o l’exsanguinotrasfusione. L’emolisi può essere più evidente nel neonato perché l’emoglobina F lega in modo debole il 2,3-difosfoglicerato e gli aumentati livelli di 2,3-difo-sfoglicerato libero destabilizzano le interazioni tra spectrina, actina e proteina 4.1 nella membrana del globulo rosso (si veda Fig. 452.1 ).

La gravità dei sintomi nei lattanti e nei bambini è variabile. Alcuni pazienti rimangono asintomatici fino all’età adulta, mentre altri possono manifestare un’anemia grave, con pallore, ittero, affaticamento e intolleranza all’esercizio fisico. I casi gravi possono essere caratterizzati dall’aumento dello spessore della diploe cranica e degli spazi midollari di altre ossa, anche se in misura minore rispetto alla talassemia major. Dopo l’infanzia, la milza in genere aumenta il suo volume e calcoli biliari pigmentati (bilirubina) pos-sono formarsi già a 4-5 anni di età. Almeno il 50% dei pazienti non splenectomizzati forma calcoli, anche se talvolta asintomatici.

A causa dell’elevato ricambio dei globuli rossi e dell’aumentata attività eritroide midollare, i bambini con sferocitosi ereditaria sono esposti a crisi aplastiche, innanzitutto in conseguenza dell’infezione da parvovirus B19 e delle crisi ipoplastiche in associazione a varie altre infezioni ( Fig. 452.3 ). L’insufficienza eritroide midollare può portare rapidamente a una grave anemia (ematocrito < 10%), insufficienza cardiaca ad alta gittata, ipossia, collasso cardiova-scolare e morte. Anche la conta dei globuli bianchi e delle piastrine può subire un rapido calo (si veda Fig. 452.3 ).

Tra le complicanze a lungo termine vi sono gotta, miopatia e degenerazioni spinocerebellari.

REPERTI DI LABORATORIO I segni di emolisi comprendono la reticolocitosi e l’iperbilirubinemia indiretta. Il livello di emoglobina in genere è pari a 6-10 g/dL, ma può anche rientrare nel range normale. La percentuale dei reticolociti spesso è aumentata al 6-20% con un valore medio di circa il 10%.

ll volume corpuscolare medio è normale, mentre la concentrazione media di emoglobina corpuscolare è spesso aumentata (36-38 g/dL di globuli rossi). I globuli rossi allo striscio di sangue variano per dimensioni e presentano reticolociti policromatofili e sferociti ( Fig. 452.4 ). Gli sferociti hanno un diametro più piccolo e appa-iono ipercromici allo striscio di sangue in conseguenza dell’elevata concentrazione di emoglobina. Il pallore centrale è meno cospicuo che negli eritrociti normali. Gli sferociti possono essere le cellule predominanti oppure essere relativamente rari, a seconda della gravità della malattia, ma in genere, quando è presente un’anemia emolitica, rappresentano oltre il 15-20% delle cellule. L’iperplasia eritroide è evidente all’aspirato o alla biopsia midollare. L’espansio-ne midollare può essere evidente all’esame radiografico di routine. Altre evidenze di emolisi possono includere la diminuzione dell’ap-toglobina e la presenza di calcoli riscontrabili all’ecografia.

La diagnosi di SE è in genere stabilita clinicamente attraverso lo striscio di sangue, che mostra molti sferociti e reticolociti, l’anamne-si familiare e la splenomegalia. La presenza degli sferociti nel sangue periferico può essere confermata dal test che misura la fragilità osmotica ( Fig. 452.5 ). I globuli rossi vengono incubati in diluizioni progressive di una soluzione fisiologica tamponata isosmotica. L’esposizione a soluzioni saline ipotoniche causa il rigonfiamento dei globuli rossi e gli sferociti vanno incontro a lisi più rapidamente rispetto alle cellule biconcave in soluzioni ipotoniche. Questa ca-ratteristica è accentuata deprivando le cellule di glucosio durante

400

200

20

10

20

10

5

30

10

0 0 0 00 4 8 12 16

Giorni dopo l’esordio della crisi

20 24 28

Emoglobina

Em

og

lob

ina

Ret

ico

loci

ti

WB

C �

10-3

Pia

stri

ne

� 1

0-3

Piastrine

Reticolociti

Globulibianchi

Figura 452.3 Crisi aplastica indotta da parvovirus. Viene mostrata la progressione dei cambiamenti nella conta dei globuli rossi per un paziente con sferocitosi ereditaria e infezione da parvovirus. Si noti che la caduta della reticolocitosi è associata a un rapido calo dei livelli di emoglobina. Vi è un interessamento anche dei globuli bianchi e delle piastrine. (Modifi cata da Nathan DG, Orkin SH, Ginsburg D, et al, editors: Hematology of infancy and childhood , ed 6, Philadelphia, 2003, WB Saunders.)

A

C

A

E

B

D

F

Figura 452.4 Morfologia dei globuli rossi anomali. A . Sferocitosi ereditaria. B . Ellissocitosi ereditaria. C . Piropoichilocitosi ereditaria. D . Stomatocitosi ereditaria. E . Acantocitosi. F . Emolisi da frammentazione.

C0105.indd 1740C0105.indd 1740 9/30/12 6:18:26 AM9/30/12 6:18:26 AM

Capitolo 454 Stomatocitosi ereditaria ■ 1741

la notte a 37 °C, un test noto come test della resistenza osmotica dopo incubazione. Purtroppo questo test non è specifico per la sferocitosi ereditaria e può risultare anomalo anche nelle forme autoimmuni o in altre tipologie di anemia. Un test normale può inoltre essere riscontrato in circa il 10-20% dei pazienti. Altri test, come il test di crioemolisi, l’ectacitometria a gradiente osmotico, il test alla eocina-5-maleimide, possono essere più sensibili ma non sono ancora disponibili. La dimostrazione di una popolazione di globuli rossi iperdensi tramite uno strumento a laser o un contatore Coulter può essere una prova diagnostica più idonea.

La proteina anomala specifica può essere identificata nell’80% di questi pazienti attraverso l’analisi delle proteine di membrana dei globuli rossi utilizzando l’elettroforesi a gel e la quantizzazione densitometrica. Le anomalie proteiche sono più evidenti in pazienti che sono stati sottoposti a splenectomia. Studi per definire i difetti sottostanti nel citoscheletro possono richiedere la valutazione della sintesi proteica, della stabilità, dell’assemblaggio e del legame alle al-tre proteine di membrana. Anche la diagnosi molecolare è possibile. La maggior parte dei pazienti presenta mutazioni private familiari specifiche che possono essere identificate grazie all’analisi del DNA. Mutazioni ex novo nel gene della � -spectrina e dell’anchirina sono state descritte nel 50% dei pazienti con genitori non affetti.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE Le principali alternative quando allo striscio si osserva un gran nu-mero di sferociti sono l’emolisi isoimmune e l’emolisi autoimmune. La malattia emolitica isoimmune del neonato, causata in particolare da incompatibilità ABO, simula la SE. La scoperta di autoanticorpi sui globuli rossi del neonato utilizzando il test di Coombs diretto dovrebbe stabilire la diagnosi di emolisi autoimmune. Le anemie emolitiche autoimmuni sono pure caratterizzate da sferociti e si possono riscontrare evidenze di valori precedentemente normali per emoglobina, ematocrito e conta reticolocitaria. Tra le cause rare di sferocitosi vi sono il danno termico, la setticemia da clostridi con eso-tossinemia e la malattia di Wilson, ognuna delle quali può presentarsi come un’anemia emolitica transitoria (si veda Tab. 451.1 ).

TRATTAMENTO Poiché gli sferociti nella SE vengono distrutti quasi esclusivamente nella milza, la splenectomia elimina la maggior parte delle emolisi associate a questa patologia. Dopo la splenectomia, la fragilità osmotica in genere migliora per le condizioni spleniche e la minore perdita di membrana dei globuli rossi; l’anemia, la reticolocitosi e l’iperbilirubinemia si risolvono in seguito. Se tutti i pazienti con sferocitosi ereditaria debbano andare incontro a splenectomia è ancora controverso. Alcuni autori sconsigliano la splenectomia per pazienti i cui valori di emoglobina sono superiori a 10 g/dL e per quelli la cui percentuale di reticolociti è < 10%. L’acido folico, 1 mg al giorno, dovrebbe essere somministrato per prevenire il deficit e la conseguente diminuita eritropoiesi. Per i pazienti con anemia più grave e con reticolocitosi, per quelli con crisi ipoplastiche o aplasti-che, scarsa crescita o cardiomegalia è raccomandata la splenectomia dopo l’età di 5-6 anni, in modo da evitare il rischio aumentato di sepsi postsplenectomia nei bambini più piccoli. La splenectomia per via laparoscopica riduce i tempi di ospedalizzazione e ha sostituito la splenectomia a cielo aperto per molti pazienti.

Vaccini (coniugati e/o capsulati) per gli organismi capsulati, co-me lo pneumococco, il meningococco e l’ Haemophilus infl uenzae di tipo b, dovrebbero essere somministrati prima della splenectomia, e la penicillina V orale in via profilattica (età < 5 anni, 125 mg due volte al giorno; età 5 anni fino all’età adulta, 250 mg due volte al giorno) dovrebbe essere somministrata in seguito. Una trombocitosi postsplenectomia è comunemente osservata, ma non necessita di un trattamento, e di solito si risolve spontaneamente. Anche una splenectomia parziale (quasi totale) può essere utile nei bambini più piccoli di 5 anni e può produrre un qualche aumento nell’emo-globina nonché una riduzione della conta reticolocitaria, con un potenziale mantenimento della funzione fagocitica e immunitaria.

BIBLIOGRAFIA Per la bibliografi a completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

Capitolo 453 Ellissocitosi ereditaria George B. Segel

L’ellissocitosi ereditaria è una patologia meno comune della sferocito-si e varia notevolmente in termini di gravità. In forma lieve essa non produce sintomi, mentre le forme più gravi possono causare poichi-locitosi neonatale (variazioni di forma) ed emolisi, anemia emolitica cronica o sporadica oppure piropoichilocitosi ereditaria ( Hereditary PyroPoikilocitosis , HPP), una patologia grave con microsferocitosi e poichilocitosi. L’ellissocitosi ereditaria è rara nelle popolazioni occidentali, mentre è più comune nell’Africa occidentale.

Per il testo completo del capitolo, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

Capitolo 454 Stomatocitosi ereditaria George B. Segel e Lisa R. Hackney

La stomatocitosi ereditaria comprende un gruppo di rare anemie emolitiche a ereditarietà dominante con alterazioni morfologiche caratteristiche dei globuli rossi e un’aumentata permeabilità de-gli eritrociti ai cationi. I globuli rossi sono a forma di tazza che crea un’area di pallore centrale a forma di bocca (stoma) al posto

Cellule SE incubate

CelluleSE non incubate

Non incubatenormali (range)

100

80

60

40

20

0 0,2 0,4 0,6% NaCl

% e

mol

isi

0,8 1,0

Incubatenormali (range)

Figura 452.5 Fragilità osmotica dei globuli rossi normali e dei globuli rossi di un paziente con sferocitosi ereditaria (SE). Viene mostrata l’accentuazione della sensibilità osmotica, in particolare delle cellule SE, dopo incubazione per una notte senza glucosio. (Da Reich PR, editor: Hematology: pathophysiologic basis for clinical practice , ed 2, Boston, 1984, Little, Brown, per gentile concessione.)

C0105.indd 1741C0105.indd 1741 9/30/12 6:18:28 AM9/30/12 6:18:28 AM

1742 ■ Parte XXI Malattie del sangue

della consueta area circolare di pallore centrale. La stomatocitosi ereditaria viene classifi cata in base allo stato di idratazione dei globuli rossi. Le due varianti principali sono quella sovraidratata (idrocitosi) e quella deidratata (xerocitosi).

Per il testo completo del capitolo, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

Capitolo 455 Altri difetti di membrana George B. Segel

EMOGLOBINURIA PAROSSISTICA NOTTURNA Eziologia L’emoglobinuria parossistica notturna ( Paroxysmal Nocturnal Hemoglobinuria , PNH) riflette un’anomalia delle cellule staminali midollari che colpisce tutte le linee cellulari del sangue. La malat-tia non è ereditaria, ma è una patologia acquisita dell’emopoiesi caratterizzata da un difetto nelle proteine della membrana cellulare, che rende i globuli rossi e altre cellule suscettibili al danno pro-vocato da normali proteine del complemento del plasma (si veda Fig. 455.1 sul sito internet www.expertconsult.com ). Le proteine di membrana deficitarie sono il fattore proinvecchiamento, la proteina legante il C8 e altre proteine che normalmente impedi-scono la lisi del complemento a diversi livelli. Il difetto sottostante coinvolge il glicolipide di ancoraggio che mantiene queste proteine protettive sulla superficie cellulare. Nei pazienti con PNH sono state identificate diverse mutazioni nel gene PIGA , che è coinvolto nella biosintesi del glicosilfosfatidilinositolo. In un singolo paziente si verifica spesso più di una mutazione nel gene PIGA , suggerendo una multiclonalità. Inoltre, le cellule con carenza di glicosilfo-sfatidilinositolo si trovano con bassa frequenza in persone normali, e ciò indica che il danno alle cellule staminali midollari offre un vantaggio selettivo alla progenie dei cloni PNH nella genesi di questa patologia.

Per il testo completo del capitolo, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

Capitolo 456 Emoglobinopatie Michael R. DeBaun , Melissa Frei-Jones e Elliott Vichinsky

MALATTIE DELL’EMOGLOBINA L’emoglobina è un tetramero costituito da due paia di catene globiniche. Le anomalie di queste proteine si chiamano emoglo-binopatie.

Esistono circa 800 varianti di emoglobina. La classifi cazione clinica più comune e utile delle emoglobinopatie si basa sulla nomenclatura associata alle alterazioni della catena globinica interessata. Sono due i gruppi di geni emoglobinici coinvolti nella produzione dell’emoglobina e sono localizzati rispettivamente all’estremità del braccio corto del cromosoma 16 e del cromosoma 11. Il loro controllo è complesso e comprende a monte una regione di controllo del locus in ciascun cromosoma e un sito di controllo sul cromosoma X. Sul cromosoma 16 ci sono tre geni all’interno

del cluster del gene � , nello specifi co zeta ( � ), alfa 1 ( � 1) e alfa 2 ( � 2), mentre sul cromosoma 11 ci sono cinque geni all’interno del cluster del gene beta, più precisamente epsilon ( ε ), 2 geni gamma ( � ), un gene delta ( ) e un gene beta ( � ).

L’ordine dell’espressione genica all’interno di ogni gruppo segue grosso modo l’ordine di espressione durante il periodo embrionale, fetale ed eventualmente infantile. Dopo otto settimane di vita gestazionale si formano le emoglobine embrionali Gower-1 ( � 2 ε 2 ), Gower-2 ( � 2 ε 2 ) e Portland ( � 2 � 2 ). A nove settimane di vita ge-stazionale, l’emoglobina principale è l’Hb F ( � 2 � 2 ). L’Hb A ( � 2 � 2 ) compare verso il primo mese di vita fetale ma non diventa la forma di emoglobina dominante fi n dopo la nascita, quando i livelli di Hb F iniziano a diminuire. L’Hb A 2 ( � 2 2 ) è un’emoglobina minore che compare poco prima della nascita per poi rimanere a bassi livelli. L’assetto fi nale dell’emoglobina che si ottiene nell’infanzia non è compiuto fi no ad almeno i primi sei mesi di vita e alle volte anche più tardi. Il quadro emoglobinico normale è ≥ 95% Hb A, ≤ 3,5 Hb A 2 e < 2,5% Hb F.

456.1 Emoglobinopatia a cellule falciformi Michael R. DeBaun , Melissa Frei-Jones e Elliott Vichinsky

L’emoglobina S (Hb S) è il risultato della sostituzione di un singolo paio di basi, timina per adenina, al sesto codone del gene � globi-nico. Questo cambiamento codifi ca valina al posto di glutammina nella posizione 6 della molecola � globinica. L’anemia a cellule falciformi, omozigosi Hb S, si verifi ca quando entrambi i geni � globinici presentano la mutazione delle cellule falciformi. L’emo-globinopatia a cellule falciformi non si riferisce solo ai pazienti con anemia a cellule falciformi, ma anche ai casi eterozigoti in cui una mutazione del gene � � globinico comprende la mutazione a cellule falciformi mentre il secondo allele � globinico include una mutazione genica diversa da quella a cellule falciformi, come le mutazioni associate a Hb C, Hb S � -talassemia, Hb D e Hb O Arab. Nell’anemia falciforme, l’Hb S in genere rappresenta il 90% dell emoglobina totale, mentre nell’emoglobinopatia a cellule falciformi l’Hb S è > 50% dell’emoglobina totale. Negli Stati Uniti, l’emoglobinopatia a cellule falciformi è la malattia genetica identifi cata con maggior frequenza attraverso il programma di screening neonatale obbligatorio e con un’incidenza di 1:2.647 na-scite supera l’ipotiroidismo primario congenito (1:3.000), la fi brosi cistica (1:3.900) e l’iperfenilalaninemia clinicamente signifi cativa (1:14.000). Per quanto riguarda invece il discorso delle razze, negli Stati Uniti l’emoglobinopatia a cellule falciformi si presenta tra gli afroamericani con un’incidenza pari a 1:396 nascite e tra gli ispanici con un’incidenza di 1:36.000 nati. I bambini affetti da emoglobinopatia a cellule falciformi devono essere seguiti da esperti nella cura di questa malattia, in particolare da ematologi pediatrici. Nel corso degli ultimi trent’anni, le cure mediche coordinate, con strategie basate sull’evidenza elaborate da esperti di emoglobinopatia a cellule falciformi, insieme a una corretta informazione dei familiari sulle complicanze più comuni hanno ridotto in misura signifi cativa la mortalità e la morbilità di questa patologia. Le cure mediche pre-state da un ematologo pediatrico si traducono anche in una minor frequenza di visite presso i reparti di emergenza e in una minor durata delle ospedalizzazioni rispetto a pazienti che nell’ultimo anno non sono stati visitati da un ematologo.

MANIFESTAZIONI CLINICHE E TRATTAMENTO DELL’ANEMIA A CELLULE FALCIFORMI I bambini con anemia a cellule falciformi presentano un’anomala funzionalità immunitaria e già a partire dal sesto mese di vita possono avere asplenia funzionale. In questi pazienti, la sepsi batterica è una delle principali cause di mortalità e morbilità. Dall’età di 5 anni, la maggior parte dei bambini affetti da anemia a cellule falciformi presenta asplenia funzionale. I bambini con anemia falciforme hanno un fattore di rischio aggiuntivo, ovvero la

C0105.indd 1742C0105.indd 1742 9/30/12 6:18:35 AM9/30/12 6:18:35 AM

Capitolo 456 Emoglobinopatie ■ 1743

carenza di opsonine sieriche della via alternativa del complemento contro i pneumococchi. Indipendentemente dall’età, tutti i pazienti con anemia a cellule falciformi presentano un rischio maggiore di infezione e morte da infezione batterica, in particolare organismi capsulati come lo Streptococcus pneumoniae e l’ Haemophilus infl uenzae di tipo b. Ai bambini con anemia a cellule falciformi bisognerebbe somministrare penicillina VK orale a scopo profi -lattico almeno fi no ai 5 anni (125 mg 2 volte al giorno fi no ai 3 anni di età e poi 250 mg sempre 2 volte al giorno). Non esistono linee guida defi nite per la profi lassi con penicillina oltre i 5 anni di età, così alcuni medici continuano a prescriverla mentre altri ne raccomandano la sospensione. La possibilità di continuare la profi lassi con penicillina dovrebbe essere presa in considerazione in quei bambini con più di 5 anni e precedente diagnosi di infezione pneumococcica a causa del maggiore rischio di ricorrenza dell’in-fezione. Un’alternativa alla penicillina per i bambini allergici è rappresentata dall’eritromicina etilsuccinato che va somministrata in una dose di 10 mg/kg 2 volte al giorno. Oltre alla profi lassi con penicillina, si consigliano caldamente anche le vaccinazioni di routine dell’infanzia e la somministrazione annuale del vaccino antinfl uenzale.

Il parvovirus umano B19 rappresenta una minaccia particolare per i pazienti con anemia a cellule falciformi, poiché queste infe-zioni riducono la produzione di reticolociti. Si dovrebbe quindi supporre che qualunque bambino con reticolocitopenia abbia il parvovirus B19, almeno fi no a prova contraria. L’infezione acuta con parvovirus B19 è associata ad aplasia eritroide (episodio apla-stico), febbre, dolore, sequestro splenico, sindrome toracica acuta ( Acute Chest Syndrome , ACS), glomerulonefrite e ictus.

Febbre e batteriemia La febbre in un bambino con anemia a cellule falciformi è un’emer-genza che richiede un’immediata visita medica e la somministrazio-ne di antibiotici per via del maggior rischio di infezione batterica e dell’elevato tasso di mortalità conseguente all’infezione. Sono state elaborate diverse strategie di intervento clinico per i bambini con febbre; tali strategie vanno dal ricovero di tutti i pazienti febbrili per sottoporli a terapia antimicrobica endovena, alla sommini-strazione ambulatoriale di cefalosporina di terza generazione in pazienti senza nessuno dei fattori di rischio defi niti in precedenza per batteriemia occulta ( Tab. 456.1 ). Considerando che il tempo medio per la positivizzazione di un’emocoltura con un patogeno batterico è < 20 ore in bambini affetti da anemia falciforme, un ricovero di 24 ore è la strategia più prudente per pazienti e famiglie senza telefono o mezzi di trasporto o con una situazione di follow-up inadeguata. Il trattamento ambulatoriale andrebbe preso in considerazione soltanto per i soggetti con il rischio di batteriemia più basso, e la terapia va valutata con molta attenzione.

I bambini con emoglobinopatia a cellule falciformi curati con ceftriaxone possono sviluppare un’emolisi immune grave, rapida e potenzialmente letale; i rischi concreti legati al trattamento ambulato-riale devono essere controbilanciati con i benefi ci attesi. A prescinde-re dalla strategia terapeutica clinica, tutti i pazienti con qualsiasi tipo di emoglobinopatia falciforme e febbre andrebbero visitati e trattati immediatamente per batteriemia occulta con antibiotici endovena e intramuscolo. Quelli poco collaborativi, con risorse fi nanziarie limitate o con i fattori di rischio defi niti per batteriemia, andrebbero ricoverati per almeno 24 ore. Per i pazienti con emocoltura positiva, bisognerebbe considerare una terapia patogeno-specifi ca. Nel caso in cui si verifi casse una batteriemia da Salmonella spp. o Staphylococcus aureus , bisognerebbe valutare con molta attenzione la possibilità di osteomielite attraverso una scintigrafi a ossea considerato il rischio maggiore di osteomielite nei bambini con anemia a cellule falciformi rispetto alla popolazione generale.

Dattilite La dattilite , chiamata spesso anche sindrome mano-piede , sovente è la prima manifestazione dolorosa nei bambini con anemia a cellule falciformi e colpisce il 50% dei bambini a partire dal secondo anno

di vita ( Fig. 456.1 ). Spesso la dattilite si manifesta con gonfi ore simmetrico o unilaterale delle mani e/o dei piedi. Una dattilite uni-laterale può essere scambiata per osteomielite, quindi è importante fare una valutazione accurata in modo da distinguerle, perché la terapia è molto diversa. La dattilite richiede un trattamento per alleviare il dolore con farmaci come paracetamolo con codeina, mentre l’osteomielite richiede almeno 4-6 settimane di antibiotici somministrati per via endovenosa.

Sequestro splenico Il sequestro splenico acuto è una complicanza potenzialmente letale che colpisce soprattutto i lattanti e può manifestarsi precocemente già a cinque settimane di vita. Il 30% circa dei bambini con ane-mia a cellule falciformi manifesta un episodio grave di sequestro splenico con una percentuale signifi cativa di mortalità.

Un’informazione preventiva adeguata dovrebbe insegnare ai ge-nitori e a chi fornisce assistenza primaria come palpare la milza per vedere se si sta ingrossando. L’eziologia del sequestro splenico non è nota. Dal punto di vista clinico, il sequestro splenico è associato a congestione della milza con successivo aumento del volume splenico, evidenza di ipovolemia e calo dell’emoglobina ≥ 2 g/dL dal livello basale del paziente; possono essere presenti reticolocitosi e piastrinopenia. Questi eventi possono essere accompagnati da infezioni delle alte vie respiratorie, batteriemia o infezione virale. La terapia prevede un intervento precoce con mantenimento della stabilità emodinamica attraverso l’uso di soluzione fi siologica o trasfusioni di sangue. Se è necessario del sangue, solitamente si trasfondo 5 mL/kg di globuli rossi (RBC) concentrati. Episodi ripetuti di sequestro splenico sono comuni e si verifi cano nel 50% circa dei pazienti. La maggior parte delle recidive capita entro sei mesi dall’evento precedente. Praticare una splenectomia pro-fi lattica dopo che si è risolto l’episodio acuto, è l’unica strategia effi cace per prevenire futuri eventi potenzialmente letali. Anche se la trasfusione di sangue è stata utilizzata per prevenire episodi ricorrenti, l’evidenza suggerisce che questa strategia non riduce il rischio di recidive del sequestro splenico rispetto alla terapia non trasfusionale.

Dolore L’aspetto clinico principale dell’anemia a cellule falciformi è il dolore . Non è possibile descrivere a parole l’immagine di un bam-bino sofferente a causa dell’anemia a cellule falciformi. Il dolore è caratterizzato da malessere continuo che può interessare ogni parte del corpo, ma più in particolare torace, addome o arti. Questi episodi di dolore spesso sono improvvisi, obbligano a interrompere

Tabella 456.1 FATTORI CLINICI ASSOCIATI ALL’AUMENTATO RISCHIO DI BATTERIEMIA CHE RICHIEDE IL RICOVERO OSPEDALIERO DI BAMBINI FEBBRILI CON EMOGLOBINOPATIA FALCIFORME

Aspetto seriamente malatoIpotensione: pressione sanguigna sistolica < 70 mmHg a un anno di età

o < 70 mmHg + 2 × l’età in anni per i bambini più grandiScarsa perfusione: tempo di riempimento capillare > 4 sTemperatura > 40,0 °CUna conta corretta dei globuli bianchi > 30.000/mm 3 o < 500/mm 3 Conta piastrinica < 100.000/mm 3 Anamnesi di sepsi pneumococcicaDolore intensoDisidratazione: scarso turgore della pelle, membrane mucose secche, storia

di scarsa assunzione di liquidi oppure ridotta quantità di urineInfi ltrato di un segmento o di una porzione più grande del polmoneLivello di emoglobina < 5,0 g/dL

BP, pressione sanguigna. Da Williams JA, Flynn PM, Harris S et al.: A randomized study of outpatient treatment with ceftriaxone for selected febrile children with sickle cell disease, N Engl J Me d 329:472-476, 1993.

C0105.indd 1743C0105.indd 1743 9/30/12 6:18:42 AM9/30/12 6:18:42 AM

1744 ■ Parte XXI Malattie del sangue

le normali attività quotidiane e sono fonte di angoscia per i bambini e i loro genitori. L’unica misura per l’intensità del dolore è il paziente stesso. I sanitari che lavorano con bambini affetti da anemia a cellule falciformi, dovrebbero elaborare una scala del dolore coerente e validata, come la scala con faccine di Wong-Baker che serve a determinare l’entità del dolore. Anche se le scale del dolore si sono dimostrate utili per alcuni bambini, altri richiedono criteri pre-stabiliti per determinare quando iniziare la terapia con oppioidi e quando ridurla. Ad esempio, il fatto di dormire durante la notte può costituire un’indicazione per ridurre del 20% la dose di antidolori-fi co il mattino seguente. Nella maggior parte dei casi, gli episodi di dolore nei pazienti con anemia a cellule falciformi vengono trattati a domicilio con misure di supporto quali coperte termiche, tecniche di rilassamento, massaggi e farmaci antidolorifi ci. Un paziente con anemia falciforme ha all’incirca un episodio di dolore all’anno che necessita di controllo medico.

Non si conosce l’eziologia esatta del dolore, tuttavia la patoge-nesi inizia quando il fl usso ematico nel microcircolo è interrotto dalle cellule falciformi con conseguente ischemia tissutale. Tra le cause precipitanti gli episodi di dolore rientrano stress fi sico, infezione, disidratazione, ipossia, acidosi locale o sistemica, espo-sizione al freddo e lunghe nuotate. Per avere successo, con una terapia per gli episodi dolorosi, si deve insegnare ai genitori e ai pazienti a riconoscere i sintomi e la strategia di trattamento otti-male. Data l’assenza di qualsiasi parametro oggettivo e attendibile a livello clinico o di laboratorio collegato al dolore, il rapporto di fi ducia tra paziente e medico curante è fondamentale per un’effi cace strategia di gestione clinica. La terapia specifi ca del dolore varia enormemente ma di solito prevede l’uso precoce, al presentarsi del dolore, di paracetamolo o di un agente non steroideo, cui fa seguito l’incremento con paracetamolo e codeina o un oppioide orale a breve o lunga durata di azione.

Alcuni pazienti hanno bisogno di essere ricoverati in ospedale per la somministrazione endovena di morfina o suoi derivati. L’aumento o la riduzione progressivi nell’uso di farmaci per con-trollare il dolore corrisponde grosso modo alle otto fasi di una

cronologia di dolore e benessere ( Tab. 456.2 ). La durata media dell’ospedalizzazione per i bambini ricoverati con dolore è di 4,4 giorni. L’American Pain Society ha pubblicato linee guide cliniche per il trattamento del dolore acuto e cronico in pazienti con emo-globinopatie falciformi di tutti i tipi. Si tratta di raccomandazioni generali che rappresentano un punto di partenza nella terapia del dolore ( www.ampainsoc.org/pub/sc.htm ).

Esistono diversi miti sul trattamento del dolore nell’anemia a cellule falciformi. L’idea secondo cui gli episodi dolorosi nei bam-bini andrebbero trattati senza oppioidi è priva di fondamento ed è causa di inutili dolori per il paziente. Non esiste alcuna prova che la terapia emotrasfusionale praticata durante un episodio doloroso ne riduca la durata o l’intensità. Le trasfusioni di sangue andrebbero eseguite in pazienti con un calo dell’emoglobina che si traduce in compromissione emodinamica, distress respiratorio o diminuzione della concentrazione emoglobinica senza alcuna aspettativa di raggiungere un livello minimo di sicurezza, come accade quando il bambino presenta emoglobina e conta reticolocitaria in caduta con un’infezione da parvovirus B19. L’idratazione endovena non migliora né previene il dolore ed è indicata quando il paziente non è in grado di bere a causa di un dolore grave o è disidratato. La dipendenza da oppioidi nei bambini con anemia falciforme è rara e non può costituire un pretesto per negare la terapia del dolore. Tuttavia, i pazienti con episodi multipli di dolore che richiedono un ricovero ospedaliero nel corso dell’anno o con episodi dolorosi che necessitano di un ricovero ospedaliero per più di sette giorni, an-drebbero valutati per accertare l’eventuale presenza di comorbilità e di fattori psicosociali di stress che potrebbero contribuire alla frequenza o alla durata del dolore.

L’idrossiurea, un agente mielosoppressore, è l’unico farmaco di provata effi cacia nel ridurre la frequenza degli episodi dolorosi. L’effi cacia dell’idrossiurea è stata dimostrata attraverso uno studio clinico condotto su adulti con anemia a cellule falciformi e ≥ 3 episodi di dolore all’anno. Si è così scoperto che l’idrossiurea può dimezzare gli episodi di dolore e ridurre del 50% circa la frequenza degli episodi di ACS e le trasfusioni di sangue. Nei bambini affetti

A B

Figura 456.1 Radiografi e di un neonato con anemia falciforme e dattilite acuta. A . Le ossa hanno un aspetto normale nel momento in cui si manifesta l’episodio. B . Due settimane dopo sono evidenti alterazioni distruttive e reazione periostale.

C0105.indd 1744C0105.indd 1744 9/30/12 6:18:42 AM9/30/12 6:18:42 AM

Capitolo 456 Emoglobinopatie ■ 1745

da anemia a cellule falciformi è stato condotto un solo studio di sicurezza sulla fattibilità della terapia con idrossiurea. Questo studio ha dimostrato che l’idrossiurea è sicura e al tempo stesso ben tollerata nei bambini con più di 5 anni. Nel corso dello studio non si sono verifi cati eventi clinici avversi; le tossicità primarie si sono limitate alla mielosoppressione cessata poi con la sospensione del farmaco.

Considerati il profi lo di sicurezza a breve termine nei bambini e l’effi cacia provata negli adulti, l’idrossiurea viene utilizzata nor-malmente nei bambini con episodi multipli di dolore. Non è stata stabilita la tossicità a lungo termine dell’idrossiurea nei bambini, ma tutte le evidenze a oggi disponibili suggeriscono che i benefi ci superano di gran lunga i rischi. Per queste e altre ragioni ancora, i bambini con più di 5 anni trattati con idrossiurea hanno bisogno di genitori ben informati e di cure mediche prestate da ematologi pediatrici o ancor meglio da un medico esperto in chemioterapia. La dose iniziale tipica di idrossiurea è di 15-20 mg/kg al giorno, con un progressivo aumento del dosaggio pari a 2,5-5,0 mg/kg ogni 8 settimane, se non si verifi cano tossicità, fi no a un massimo di 35 mg/kg per dose. Per raggiungere l’effetto terapeutico dell’idrossiurea ci possono volere anche dei mesi. Il monitoraggio dei bambini trattati con idrossiurea è molto impegnativo e prevede visite iniziali ogni due settimane per controllare l’eventuale tossicità ematologica all’aumento delle dosi e poi ogni mese una volta individuata la dose terapeutica. Un monitoraggio stretto del paziente richiede impegno da parte del paziente stesso e dei genitori e attenzione da parte del medico nel tenere sotto controllo la tossicità.

Priapismo Si defi nisce priapismo l’erezione involontaria del pene che dura più di 30 minuti; si tratta di un problema comune nei pazienti con anemia falciforme. La persistenza di erezione dolorosa per diverse ore suggerisce il priapismo. All’esame obiettivo, il pene è eretto. La

porzione ventrale e il glande del pene di solito non sono interessati, ma qualora lo fossero, bisognerebbe consultare un urologo perché diffi cilmente il problema si risolve in modo spontaneo. Il priapismo può manifestarsi con due modalità, intermittente e refrattario, ed entrambe le forme si verifi cano nei pazienti dalla fanciullezza fi no all’età adulta. Non esistono defi nizioni formali per questi termini, ma in generale il priapismo intermittente è descritto come acuzie a risoluzione spontanea e intermittenti con diversi episodi in un determinato periodo di tempo. Il priapismo refrattario, invece, è defi nito come priapismo prolungato che persiste per più ore.

Il 20% circa dei pazienti di età compresa tra 5 e 20 anni afferma di aver avuto almeno un episodio di priapismo. La maggior parte degli episodi si verifi ca tra le 3 e le 9 del mattino. L’età media per il primo episodio è di 12 anni e il numero medio di eventi per paziente è circa 16, con una durata media di due ore circa. La probabilità attuariale per un paziente di sperimentare il priapismo è pari al 90% circa a partire dai 20 anni di età.

Non si sa ancora quale sia il trattamento ottimale per il priapi-smo, tuttavia si può distinguere tra strategie con terapia acuta e preventiva. Per il trattamento acuto di solito si utilizza una terapia di supporto come semicupio o antidolorifi ci. Il priapismo che dura più di quattro ore va trattato con aspirazione del sangue dai corpi cavernosi e successiva irrigazione mediante adrenalina diluita per produrre una detumescenza immediata e prolungata. Per iniziare questa procedura, è necessario un consulto urologico e indicazioni appropriate da parte di un ematologo. Per il trattamento acuto del priapismo è stata proposta la terapia con trasfusione di sangue (sia semplice sia exsanguino). L’evidenza tuttavia suggerisce che l’exsanguinotrasfusione non è effi cace nell’ottenere la detume-scenza.

L’idrossiurea sembra promettere bene per la prevenzione del priapismo ricorrente; l’uso dell’etilefrina, un’amina simpatomime-tica con effetto adrenergico � 1 e � 1 , sembra sicuro e promettente

Tabella 456.2 RIASSUNTO DELLA CRONOLOGIA DEL DOLORE NEI BAMBINI CON EMOGLOBINOPATIA FALCIFORME

FASE CARATTERISTICHE DEL DOLORE MISURE DI COMFORT SUGGERITE UTILIZZATE

1 (punto di partenza)

Assenza di dolore da occlusione vascolare: può esserci dolore per le complicanze come quello legato alla necrosi avascolare dell’anca

Nessuna misura di comfort adottata

2 (prima del dolore) Assenza di dolore da occlusione vascolare: può esserci dolore per le complicanze; possono presentarsi segni prodromici di un imminente episodio di occlusione vascolare, ad esempio “occhi gialli” e/o stanchezza

Nessuna misura di comfort adottata; chi assiste il bambino può spronarlo ad assumere più liquidi per prevenire l’evento doloroso

3 (punto di inizio del dolore)

Compaiono i primi segni di dolore da occlusione vascolare, di solito in forma lieve

Spesso si somministrano blandi analgesici orali; aumenta l’assunzione di liquidi; il bambino di solito continua con le sue normali attività

4 (accentuazione del dolore)

L’intensità del dolore aumenta da lieve a moderata Alcuni bambini saltano questo livello o passano rapidamente

dalla fase 3 alla fase 5

Si somministrano analgesici orali più forti; spesso si praticano massaggi, terapia del calore o altre misure; di solito il bambino va a scuola fi nché il dolore non diventa più intenso, poi rimane a casa e riduce le attività; di solito sta a letto; la famiglia cerca soluzioni per alleviare il dolore

5 (picco del dolore) Il dolore cresce a livelli alto moderati o severi e poi si stabilizza; il dolore può rimanere intenso per lunghi periodi di tempo

L’aspetto, il comportamento e l’umore del bambino cambiano molto rispetto al normale

Si somministrano a domicilio analgesici orali al bisogno; si ricorre a un insieme di misure di comfort; i familiari vorrebbero evitare di andare in ospedale; se il dolore diventa insopportabile per il bambino, i genitori lo portano al pronto soccorso

Dopo che il bambino è entrato in ospedale, i familiari si affi dano alle misure di comfort adottate dai sanitari e aspettano di vedere l’effetto degli analgesici

I familiari che si prendono cura del bambino sono spesso esausti per le tante giornate trascorse senza riposo oppure riposandosi molto poco

6 (punto di inizio dell’attenuazione del dolore)

Alla fi ne il dolore inizia a diminuire d’intensità dal picco doloroso I familiari ricominciano a prendersi cura del bambino ma non con la stessa intensità mostrata nelle fasi 4 e 5

7 (diminuzione costante del dolore)

Il dolore diminuisce più rapidamente diventando più tollerabile per il bambino

Il bambino e la famiglia sono più rilassati

I sanitari iniziano a disabituare il bambino agli analgesici somministrati endovena; si somministrano oppioidi orali; si iniziano a pianifi care le dimissioni

I bambini possono essere dimessi ancor prima che il dolore sia cessato del tutto8 (risoluzione

del dolore)L’intensità del dolore è tollerabile e le dimissioni sono ormai

imminenti Il bambino appare e si comporta come fa d’abitudine Migliora l’umore

Si possono somministrare analgesici orali

Adattata da Beyer JE, Simmons LE, Woods GM, et al.: A chronology of pain and comfort in children with sickle cell disease, Arch Pediatr Adolesc Med 153:913-920, 1999.

C0105.indd 1745C0105.indd 1745 9/30/12 6:18:43 AM9/30/12 6:18:43 AM

1746 ■ Parte XXI Malattie del sangue

nella prevenzione secondaria del priapismo. Non sono noti gli effetti a lungo termine degli episodi di priapismo ricorrente o prolungato nei bambini prepubere. Infertilità e impotenza sono conseguenze possibili negli adulti.

Complicanze neurologiche Le complicanze neurologiche associate all’anemia falciforme sono varie e complesse. L’11-20% circa dei bambini con anemia a cellule falciformi avrà, rispettivamente, ictus manifesti e silenti prima del 18° anno di vita ( Figg. 456.2 e 456.3 ). Un ictus manifesto viene defi nito come defi cit neurologico focale che dura più di 24 ore. Questa defi nizione tuttavia è sorpassata, poiché molti pazienti con anemia a cellule falciformi verranno trattati con emotrasfusioni che possono accelerare il ripristino delle condizioni basali. Una defi nizione più funzionale è la presenza di defi cit neurologico focale che dura per più di 24 ore e/o un segnale di accresciuta intensità rilevato mediante una RM del cervello T2-pesata, che indica un infarto cerebrale corrispondente al defi cit neurologico focale. La defi nizione di infarto cerebrale silente è l’assenza di defi cit neu-rologico focale che dura più di 24 ore in presenza di una lesione rilevata con una RM T2-pesata che indica un infarto cerebrale. Già all’età di un anno può manifestarsi evidenza di un ictus. Altre complicanze neurologiche comprendono cefalee collegate o non collegate all’anemia a cellule falciformi, convulsioni, trombosi venosa cerebrale e sindrome della leucoencefalopatia posteriore reversibile ( Reversible Posterior Leukoencephalopathy Syndro-me , RPLS). Anche i bambini con altre forme di emoglobinopatie falciformi come Hb SC o Hb S � -talassemia+ possono avere infarti cerebrali evidenti o silenti.

Per i pazienti che si presentano con un defi cit neurologico focale acuto si consiglia un’immediata valutazione neurologica pedia-trica. Sono inoltre necessarie la somministrazione di ossigeno per mantenere saturazioni > 96% e una trasfusione di sangue semplice entro un’ora dall’insorgenza dell’evento allo scopo di aumenta-re l’emoglobina fi no a un massimo di 10 g/dL. Superare questo livello potrebbe limitare l’affl usso di ossigeno al cervello perché l’iperviscosità del sangue può diminuire la cessione di ossigeno. In seguito, andrebbe presa in considerazione una terapia immediata con l’exsanguinotrasfusione, sia manualmente sia con aferesi dei globuli rossi, per ridurre la percentuale di Hb S almeno a < 50% e, idealmente, a < 30%. Appena possibile bisognerebbe eseguire una TC per escludere un’eventuale emorragia cerebrale e, se di-

sponibile, anche una RM del cervello con immagini pesate in diffusione per distinguere tra infarti ischemici e RPLS. Anche una venografi a ottenuta con RM è utile per valutare la possibilità di trombosi venosa cerebrale.

La presentazione clinica della RPLS o della trombosi venosa cen-trale può assomigliare a quella di un ictus. La diagnosi della RPLS o della trombosi venosa cerebrale richiede una tipologia di terapia

A B

Figura 456.2 RM T2-pesata e angiografi a a risonanza magnetica (MRA) del cervello. A . La RM T2-pesata mostra un infarto pregresso dei territori dell’arteria cerebrale anteriore sinistra e dell’arteria cerebrale media. B . La MRA mostra l’occlusione del sifone dell’arteria carotide interna di sinistra, distale rispetto all’origine dell’arteria oftalmica.

Figura 456.3 Sequenza RM veloce liquido-attenuata di recupero/inversione (FLAIR) del cervello che mostra un infarto cerebrale della zona marginale dell’emisfero destro in un bambino con anemia a cellule falciformi. (Da Switzer JA, Hess DC, Nichols F, et al.: Pathophysiology and treatment of stoke in sickle-cell disease: present and future, Lancet Neurol 5:501–512, 2006.)

C0105.indd 1746C0105.indd 1746 9/30/12 6:18:46 AM9/30/12 6:18:46 AM

Capitolo 456 Emoglobinopatie ■ 1747

differente rispetto a quella dell’ictus. Per la RPLS e la trombosi venosa cerebrale non è ancora stato defi nito il trattamento idea-le almeno nei pazienti con emoglobinopatia falciforme, per cui bisogna sempre consultare sia un neurologo sia un ematologo pediatrico.

Si può attuare la prevenzione primaria dell’ictus attraverso un Doppler transcranico ( TransCranial Doppler , TCD) che valuta la velocità del sangue nella porzione terminale della carotide interna e nella porzione prossimale dell’arteria cerebrale media. I bambini con anemia a cellule falciformi e una velocità di fl usso ematico media massima calcolata su intervalli temporali ( Time-Averaged Mean Maximum , TAMM) ≥ 200 cm/s hanno un rischio elevato di andare incontro a un evento cerebrovascolare. Questo valore rappresenta la soglia di trasfusione e per mantenere i livelli di Hb S < 30% si instaura una terapia cronica con trasfusioni di sangue. Questa strategia porta a una riduzione dell’85% della frequenza di ictus manifesti. Una volta iniziata la terapia trasfu-sionale, ci si aspetta che i pazienti la continuino indefi nitamente. Non è stata defi nita un’età ottimale per iniziare e terminare la misurazione TCD nei bambini con anemia falciforme; molti ematologi iniziano lo screening con TCD a 2 anni di età, quando la maggior parte dei pazienti non ha più bisogno di sedazione. Una misurazione TAMM < 200 cm/s ma ≥ 180 cm/s rappresenta un valore soglia condizionale. In questo gruppo di pazienti, si consiglia di ripetere la misurazione dopo un po’ di mesi per via dell’elevata frequenza di conversione a una velocità TCD > 200 cm/s. Non si sa ancora quale sia l’intervallo ottimale per le misurazioni TCD, tuttavia la maggior parte degli esperti consiglia di effettuarle ogni 12-18 mesi a partire da 2 anni e fi no a 16 anni di età. Non è stato riscontrato alcun benefi cio nei pazienti > 16 anni dalla misurazione TCD. Poiché la terapia con trasfusioni di sangue e la patologia acuta possono alterare le misurazioni TCD, lo screening dei pazienti di solito viene eseguito quando la loro emoglobina è vicina al livello di base e quando non sono in acuzie di malattia.

Esistono due metodi diversi per misurare la velocità TCD, la tecnica con imaging e quella senza. La tecnica senza imaging è stata adottata nello studio TCD sponsorizzato dai National Institutes of Health; nella pratica però la tecnica con imaging è quella più utiliz-zata dai radiologi pediatrici. Se confrontate tra loro, la tecnica con imaging rileva valori del 10-15% inferiori rispetto a quelli rilevati senza imaging. La tecnica con imaging utilizza la media calcolata su intervalli temporali della velocità massima ( Time-Averaged Mean of the Maximum Velocity , TAMX) e si ritiene che questa misura sia l’equivalente del calcolo senza imaging della TAMM. Per i centri che ricorrono al metodo con imaging per valutare la velocità TCD, è opportuno un abbassamento della soglia di trasfusione. L’entità di questo abbassamento non è ancora chiara, tuttavia per la tecnica con imaging sembrerebbe ragionevole una soglia trasfusionale con un valore TAMX pari a 185 cm/s e una soglia condizionale con un valore TAMX di 165 cm/s.

L’approccio primario nella prevenzione secondaria degli ictus è la terapia con trasfusioni di sangue mirata a mantenere la concen-trazione massima di Hb S < 30% nei primi due anni di vita dopo ogni nuovo episodio di ictus e in seguito < 50%. Nonostante una regolare terapia trasfusionale, il 20% circa dei pazienti andrà incontro a un secondo ictus mentre il 30% di questo gruppo ne avrà un terzo. Il principale effetto tossico della terapia con tra-sfusioni di sangue è legato all’eccessivo accumulo di ferro che può tradursi in danno di organo e in morte prematura. Un’unità di sangue contiene circa 200 mg di ferro. Negli Stati Uniti, si trovano in commercio due agenti chelanti che possono essere utilizzati per il sovraccarico di ferro trasfusionale. La deferoxamina viene somministrata sottocute 5 notti su 7 a settimana, 10 ore per notte, mentre il deferasirox è una compressa effervescente da sciogliere in un liquido e assumere per bocca quotidianamente. Il deferasirox, l’agente chelante più nuovo che può essere somministrato solamen-te per via orale, è stato approvato dalla FDA nel 2005 per l’uso in pazienti di età ≥ 2 anni.

Depositi eccessivi di ferro È diffi cile misurare i depositi eccessivi di ferro nei bambini che ricevono regolarmente trasfusioni di sangue. Lo standard di rife-rimento è la biopsia epatica, una procedura invasiva che espone il bambino al rischio di anestesia generale, emorragia e dolore. La sola biopsia epatica non valuta in modo accurato il ferro corporeo totale, poiché la quantità di ferro depositato nel fegato non è di-stribuita in maniera omogenea e il grado di accumulo varia nei vari organi interessati; ad esempio, la quantità di ferro epatico non è la stessa di quella presente nei tessuti cardiaci. Il metodo più utilizzato e meno invasivo per stimare il ferro corporeo totale sono i livelli sierici di ferritina; le misurazioni della ferritina, tuttavia, hanno limiti signifi cativi, perché i suoi livelli aumentano durante l’infi ammazione acuta e sono scarsamente correlati con l’eccessivo deposito di ferro in organi specifi ci dopo due anni di regolare terapia con trasfusioni di sangue. La RM del fegato rappresenta un’alternativa valida alla biopsia ed è più accurata della ferritina sierica per misurare il contenuto di ferro nel cuore e nel fegato, i due organi maggiormente colpiti, associati all’aumento dei depositi totali di ferro nell’organismo. Per valutare i livelli di ferro nel cuore e nel fegato si utilizzano le sequenze RM T2* e RM R2 e R2*.

Esistono tre metodi per la terapia trasfusionale con sangue: eri-trocitoferesi, exsanguinotrasfusione manuale (fl ebotomia di una quantità predefinita di sangue del paziente seguita dalla rapida somministrazione di globuli rossi concentrati da donatore) e la tra-sfusione semplice. L’eritrocitoferesi è il metodo preferito perché al termine della procedura si ha un bilancio netto di ferro minimo. La semplice terapia trasfusionale è il metodo meno usato poiché com-porta il più alto bilancio positivo netto di ferro dopo la procedura. Pur essendo il metodo preferito, l’eritrocitoferesi viene praticato con minor frequenza per le capacità tecniche richieste, per la necessità di accedere a una vena grossa e di avere a disposizione un macchinario per aferesi.

Per i pazienti che non vogliono o non possono continuare la terapia con trasfusioni di sangue fi nalizzata a prevenire altri ictus, il trattamento con idrossiurea può essere un’alternativa valida. Al momento è in corso un trial clinico per valutare tossicità ed effi cacia dell’idrossiurea come opzione nella prevenzione secon-daria degli ictus. In alternativa, il trapianto di cellule staminali emopoietiche HLA-compatibili, da un fratello come donatore è un approccio ragionevole nei pazienti con ictus, anche se sono pochi i bambini ad avere un donatore compatibile. Il trapianto di cellule staminali emopoietiche da donatori non correlati è materia di uno studio clinico ancora in corso, per cui è ancora troppo presto per fare considerazioni in merito.

Pneumopatia La pneumopatia in bambini con anemia a cellule falciformi è il secondo motivo più comune di ricovero ospedaliero nonché una frequente causa di morte. L’ACS si riferisce a un insieme di reperti che includono una nuova radiopacità sulla radiografi a del torace, febbre, distress respiratorio e frequenti dolori al torace che possono anche interessare solo la schiena e/o l’addome ( Fig. 456.4 ). Persino in assenza di sintomi respiratori, tutti i pazienti con febbre dovrebbero eseguire una radiografi a del torace per riconoscere l’ACS poiché il solo esame obiettivo non basta per identifi care i pazienti con una nuova radiopacità, inoltre il riconoscimento precoce di una sindrome acuta modifi ca la strategia clinica. Gli aspetti radiografi ci dell’ACS sono di vario tipo e possono com-prendere il coinvolgimento di un singolo lobo (in particolare il lobo inferiore sinistro) o di più lobi (quasi sempre i due lobi inferiori) e versamenti pleurici (unilaterali e bilaterali).

Considerata la sovrapposizione clinica tra ACS e comuni com-plicanze polmonari come bronchiolite, asma e polmonite, sono state impiegate tante strategie terapeutiche diverse ( Tab. 456.3 ). La somministrazione di ossigeno e la terapia con trasfusioni di sangue, normale o exsanguinotrasfusione (manuale o automatiz-zata) sono gli interventi più utilizzati per trattare l’ACS. Quando la saturazione in aria supera il 90%, si dovrebbe somministrare

C0105.indd 1747C0105.indd 1747 9/30/12 6:18:47 AM9/30/12 6:18:47 AM

1748 ■ Parte XXI Malattie del sangue

ossigeno supplementare. Più complesso invece è decidere quando trasfondere sangue e quando ricorrere a una trasfusione sem-plice oppure exsanguino. Di solito si decide di trasfondere sangue quando si verifi ca almeno una delle seguenti condizioni cliniche: calo della saturazione di ossigeno, aumento del lavoro respiratorio, cambiamento rapido dello sforzo respiratorio con o senza peggio-ramento della radiografi a toracica oppure una precedente storia di ACS grave che ha richiesto il ricovero in unità di cura intensiva.

La maggior parte dei pazienti con ACS non presenta una causa identifi cabile. L’eziologia più conosciuta è l’infezione, ma solo il 30% circa degli episodi di ACS evidenzia positività della coltura dell’espettorato o del bronco alveolare. La patologia più comune che precede l’ACS è un episodio di dolore che richiede una terapia con oppioidi. Il tipo di oppioidi (la morfi na è più rischiosa della nalbufi na idroclorato) così come la metodologia di somministra-zione dell’oppioide (quella orale presenta un rischio più elevato rispetto a quella endovenosa) infl uiscono sul rischio di ACS. In

nessun caso la somministrazione di oppioidi andrebbe limitata allo scopo di prevenire l’ACS. Nei pazienti con dolore toracico, l’uso regolare di uno spirometro con incentivazione con 10-12 respiri ogni due ore può ridurre in misura signifi cativa la frequenza di episodi successivi di dolore toracico acuto. Anche gli emboli di grasso sono stati individuati come possibile causa dell’ACS; si pensa che provengano dal midollo osseo infartuato e che possano essere potenzialmente letali se rilasciati nei polmoni in gran quanti-tà. Per via della sovrapposizione clinica tra polmonite e ACS, ogni episodio andrebbe trattato subito con una terapia antimicrobica che comprende almeno un macrolide e una cefalosporina di terza generazione per trattare i patogeni più comunemente associati all’ACS, in particolare S treptococcus pneumoniae , Mycoplasma pneumoniae e Chlamydia spp. Una diagnosi precedente di asma dovrebbe suggerire una terapia con steroidi e broncodilatatori, anche quando il paziente non presenta sibili o fi schi. Bastano an-che sintomi respiratori minori per iniziare una simile terapia in un paziente affetto solo da asma. La presenza di ACS non controindica il trattamento raccomandato per un paziente asmatico con sintomi che suggeriscono un’esacerbazione dell’asma.

La diagnosi di ipertensione polmonare è stata riconosciuta come un importante fattore di rischio di morte in adulti con anemia a cellule falciformi. La storia naturale dell’ipertensione polmonare in bambini con anemia falciforme non è nota, quindi non è ancora stata identifi cata la strategia diagnostica e terapeutica ottimale per l’ipertensione polmonare.

Nefropatia La nefropatia nei pazienti con anemia a cellule falciformi è una condizione importante di comorbilità che può portare a morte pre-matura. Sono stati identifi cati sette tipi di malattie renali associate all’anemia falciforme: ematuria macroscopica, necrosi papillare, sindrome nefrosica, infarto renale, ipostenuria, pielonefrite e car-cinoma midollare renale. La presentazione di queste patologie è varia ma può includere ematuria, proteinuria, insuffi cienza rena-le, difetti di concentrazione o ipertensione. Il trattamento della proteinuria asintomatica con inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) può ridurre il grado di insuffi cienza renale. Sospettare un carcinoma midollare renale, una neoplasia epiteliale maligna e aggressiva, è importante perché la maggior parte dei pazienti si presenta con la malattia già avanzata e disseminata che risponde poco alla chemioterapia e alla radioterapia. Il paziente più giovane affetto da carcinoma midollare di cui si ha notizia era un bambino afroamericano di sei anni con trait falciforme, che presentava ematuria macroscopica.

Tabella 456.3 STRATEGIE GLOBALI PER GESTIRE LA SINDROME TORACICA ACUTA

PREVENZIONESpirometria stimolante e deambulazione periodica nei pazienti ricoverati per crisi

vaso-occlusive, chirurgia o episodi di febbre Monitoraggio attento per ogni bambino o adulto ospedalizzato per

emoglobinopatia falciforme (monitoraggio ossimetrico al polso e frequenti valutazioni respiratorie)

Evitare l’iperidratazione Informazione dettagliata e assistenza ottimale per i pazienti con anemia a cellule

falciformi e asmaESAMI DIAGNOSTICI E MONITORAGGIO DI LABORATORIOEmocolture Prelievi nasofaringei per colture virali (virus respiratorio sinciziale, infl uenza) Esami ematologici quotidiani ed esami chimici appropriati Ossimetria continua al polso Radiografi e toracicheTRATTAMENTOEmotrasfusione (semplice o exsanguino) Integrazione di O 2 se si verifi ca una caduta del 4% oltre il basale dell’ossimetria

al polso o con valori < 90% Antibiotici empirici (cefalosporina e macrolide) Terapia respiratoria continua (spirometria stimolante e fi sioterapia toracica al bisogno) Broncodilatatori e steroidi per i pazienti asmatici Controllo ottimale del dolore e gestione dei liquidi

A B

Figura 456.4 Probabile infarto polmonare in un paziente di 15 anni con anemia a cellule falciformi. A . Radiografi a frontale che mostra un addensamento e un piccolo versamento pleurico posteriormente, nel lobo inferiore destro. B . Una radiografi a eseguita < 24 ore mostra un addensamento massivo dei lobi medio e inferiore di destra, con versamento. Non è stato possibile coltivare organismi. La diagnosi di probabile infarto polmonare è stata formulata clinicamente. (Per gentile concessione del Dr. Thomas L. Slovis, Children’s Hospital of Michigan, Detroit, MI. Da Kuhn JP, Slovis TL, Haller JO: Caffey’s pediatric diagnostic imaging , vol 1, ed 10, Philadelphia, 2004, Mosby, p. 1087.)

C0105.indd 1748C0105.indd 1748 9/30/12 6:18:47 AM9/30/12 6:18:47 AM

Capitolo 456 Emoglobinopatie ■ 1749

Complicanze cognitive e psicologiche Come per qualsiasi bambino con malattia cronica, la conserva-zione di un buono stato di salute deve prevedere una valutazione psicologica e sociologica. Di fondamentale importanza per un trattamento ottimale sono la valutazione continua del nucleo familiare e l’identifi cazione delle risorse disponibili per far fronte a una malattia cronica. I bambini con anemia a cellule falciformi inoltre corrono il rischio di non avere successo a livello scolastico e solo pochi riescono a conseguire una laurea (il 20% circa). Uno dei motivi che spiegano il basso tasso di laureati è il fatto che il 30% circa dei bambini con anemia falciforme ha avuto un infarto cerebrale, sia silente sia manifesto. I bambini con infarti cerebrali hanno bisogno di una costante valutazione delle capacità cognitive e delle prestazioni scolastiche, in modo da focalizzare le risorse formative al conseguimento di un’istruzione ottimale. Gruppi di supporto e la frequentazione di attività di gruppo come campi per bambini con anemia a cellule falciformi possono aiutare a migliorare l’autostima e a stabilire rapporti con i coetanei.

Altre complicanze Oltre alle disfunzioni organiche, i pazienti con anemia a cellule falciformi possono presentare altre complicanze specifi che. Alcune di queste sono la retinopatia da cellule falciformi, il ritardo puberale, la necrosi avascolare della testa del femore e dell’omero nonché le ul-cere alle gambe. Non è stato ancora defi nito un trattamento ottimale per ciascuna di queste patologie e la terapia individuale richiede un consulto con specialisti di queste malattie, un ematologo e il medico di base. La preparazione all’intervento chirurgico nei bambini con emoglobinopatie a cellule falciformi prevede uno sforzo coordinato tra ematologo, chirurgo e medico di famiglia. ACS e dolore sono le due complicanze postoperatorie più comuni e l’ACS rappresenta un fattore di rischio importante di morte postoperatoria.

Prima dell’intervento chirurgico, sarebbe opportuno praticare una trasfusione di sangue nei bambini con anemia falciforme fi nalizzata ad aumentare il livello preoperatorio di emoglobina a 10 g/dL; a ogni modo, per avere benefi cio da una trasfusione di sangue semplice non è necessario raggiungere un livello minimo di 10 g/dL. Quando si prepara un bambino con anemia falciforme a un intervento chirur-gico praticando una trasfusione semplice, bisogna fare attenzione a non alzare il livello di emoglobina oltre i 10,5 g/dL per via del rischio di sindrome da iperviscosità. Nei bambini con anemia falciforme, l’exsanguinotrasfusione prima di un intervento chirurgico non reca benefi ci maggiori rispetto a una trasfusione semplice e comporta un rischio molto più elevato di alloimmunizzazione da RBC. Nei bambini con malattia da Hb SC o altre sindromi falciformi con livelli di emoglobina > 10,0 g/dL, bisogna decidere caso per caso se praticare un’exsanguinotrasfusione poiché una trasfusione semplice potrebbe aumentare l’emoglobina a un livello inaccettabile.

DIAGNOSI Negli Stati Uniti, ogni Stato ha messo in campo un programma ob-bligatorio di screening neonatale per l’emoglobinopatia a cellule fal-ciformi. Questi programmi identifi cano i neonati malati, forniscono una diagnosi rapida e consigli preventivi per i genitori e permettono di iniziare a usare la penicillina prima del quarto mese di vita.

Le procedure più utilizzate nella diagnosi neonatale comprendo-no la focalizzazione isoelettrica su strato sottile e la cromatografi a liquida ad alta prestazione ( High-Performance Liquid Chromato-graphy , HPLC). Si consiglia una procedura a due fasi, in cui tutti i pazienti con screening iniziale anomalo vengono riesaminati in occasione della prima visita clinica e dopo i sei mesi di età, per de-terminare il fenotipo emoglobinico fi nale. Si raccomandano anche un emocromo completo e un’analisi dell’emoglobina per entrambi i genitori al fi ne di confermare la diagnosi e offrire l’opportunità di un consulto genetico. La Tabella 456.4 mette in correlazione il fenotipo emoglobinico iniziale alla nascita con il tipo di emo-globinopatia, il range di emoglobina basale e la necessità di un intervento da parte di un ematologo.

I programmi di screening neonatale segnalano per prima l’emo-globina presente in maggior quantità, seguita dalle altre emoglobine in quantità decrescenti. Nei neonati con un risultato dell’analisi emoglobinica compatibile con FS, il quadro indica Hb SS, eredita-rietà nella persistenza di emoglobina fetale oppure Hb S � -talas-semia zero. In un neonato con analisi emoglobinica compatibile con FSA, il quadro supporta la diagnosi di Hb S � -talassemia+. La diagnosi di Hb S � -talassemia+ è confermata se almeno il 50% dell’emoglobina è Hb S, se l’HbA è presente e se la quantità dell’Hb A 2 è elevata (tipicamente > 3,5%), anche se l’Hb A 2 non è elevata nel periodo neonatale. In neonati con un’analisi emoglobinica compatibile con FSC, il quadro supporta una diagnosi di Hb SC. Nei neonati con un’analisi emoglobinica compatibile con FAS, il quadro supporta una diagnosi di Hb AS (trait falciforme).

Un neonato con analisi emoglobinica di AFS può essere stato trasfuso con globuli rossi prima di sottoporsi al test di laboratorio, perché la quantità di Hb A è superiore a quella di Hb F, oppure c’è stato un errore. Il paziente può avere sia emoglobinopatia a cellule falciformi sia il trait falciforme, quindi bisognerebbe iniziare la profi lassi con penicillina fi no a quando non si potrà stabilire una diagnosi defi nitiva. Considerate le implicazioni connesse alla dia-gnosi di emoglobinopatia a cellule falciformi e di trait falciforme in un neonato, non è per nulla eccessivo sottolineare quanto sia importante ripetere l’analisi emoglobinica del paziente, ottenere un’analisi dell’emoglobina e CBC per valutare lo striscio e i para-metri RBC dei genitori per un consulto genetico. Nei programmi statali di screening neonatale possono verifi carsi errori non voluti. Uno degli errori che capitano con maggior frequenza nei pro-grammi di screening neonatale per le emoglobinopatie è quello riguardante neonati con fenotipo iniziale di Hb FS ma il cui vero fenotipo fi nale include Hb S � -talassemia+.

ALTRE SINDROMI FALCIFORMI Oltre all’Hb SS, le sindromi falciformi più comuni sono Hb SC, Hb S/ � -talassemia zero e Hb S/ � -talassemia+. Le altre sindromi – Hb SD, Hb SO Arab, persistenza ereditaria dell’emoglobina fetale ( Heredi-tary Persistence of Fetal Hemoglobin , HPFH) e altre varianti – sono molto meno comuni. I pazienti con Hb S/ � -talassemia zero hanno

Tabella 456.4 RISULTATI DIVERSI NELLO SCREENING NEONATALE PER EMOGLOBINOPATIA A CELLULE FALCIFORMI CON EMOGLOBINA BASALE

RISULTATI DELLO SCREENING NEONATALE:

EMOGLOBINOPATIA A CELLULE FALCIFORMI *

POSSIBILE FENOTIPO

DELL’EMOGLOBINA †

RANGE BASALE DELL’EMOGLOBINA

ESPERIENZA IN TERAPIA

EMATOLOGICA NECESSARIA

FS SCD-SS 6-11 g/dL SìSCD-S � 0 tal 6-10 g/dL SìSCD-S � + tal 9-12 g/dL SìSCD-S � − tal 10-12 g/dL Sì

FSC S HPFH 12-14 g/dL SìFSA SCD-SC 10-15 g/dL SìFS altre SCD-S � 0 tal 6-10 g/dL Sì

SCD-SD, SO Arab , SC Harlem , S Lepare

AFS SCD-SS 6-10 g/dL SìSCD-S � + tal 6-9 g/dL SìSCD-S � 0 tal ‡ 7-13 g/dL

variabileSì

A, emoglobina normale; C, emoglobina C; F, emoglobina fetale; HPFH, persistenza ereditaria dell’emoglobina fetale; O, emoglobina O; S, emoglobina falciforme; SC, emoglobinopatia falciforme eterozigote; SCD, emoglobinopatia a cellule falciformi; SS, emoglobinopatia falciforme omozigote. * Le emoglobine sono indicate in ordine di quantità. † Richiede un’analisi di conferma dell’emoglobina dopo almeno sei mesi di vita e, se possibile, l’analisi emoglobinica di entrambi i genitori per una diagnosi accurata del fenotipo emoglobinico. ‡ Impossibile stabilire la diagnosi perché il neonato ha ricevuto una trasfusione di sangue prima dell’esame.

C0105.indd 1749C0105.indd 1749 9/30/12 6:18:48 AM9/30/12 6:18:48 AM

1750 ■ Parte XXI Malattie del sangue

un decorso clinico simile a quelli dei soggetti con Hb SS. L’Hb SC non polimerizza come l’Hb SS, ma i cristalli di Hb C interagiscono con il trasporto ionico di membrana, disidratando i globuli rossi e inducendo la falcizzazione. I bambini con malattia da Hb SC possono presentare gli stessi sintomi e le stesse complicanze di quelli con malattia grave da Hb SS, anche se la frequenza è minore. I bambini con Hb SC hanno anche un’incidenza più alta di retinopatia, iper-splenismo cronico, sequestro splenico e carcinoma midollare renale. La storia naturale delle altre sindromi falciformi è variabile e diffi cile da prevedere per via della mancanza di una valutazione sistemica.

Non esiste un modello valido per predire il decorso clinico del singolo paziente con emoglobinopatia falciforme. Un paziente con Hb SC può avere un decorso clinico più severo rispetto a uno con Hb SS. La gestione di una disfunzione organica terminale nei bam-bini con sindromi falciformi implica gli stessi principi generali di quella dei pazienti con anemia a cellule falciformi, ogni situazione tuttavia richiede una condotta caso per caso e un consulto con un ematologo pediatrico.

BIBLIOGRAFIA Per la bibliografi a completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

456.2 Trait falciforme (emoglobina AS) Michael R. DeBaun , Melissa Frei-Jones e Elliott Vichinsky

La prevalenza del trait falciforme varia molto a livello mondiale; negli Stati Uniti l’incidenza è del 7-10% tra gli afroamericani. Poiché tutti i programmi statali per il controllo neonatale prevedono lo screening dell’emoglobinopatia falciforme, la condizione di paziente con trait falciforme viene identifi cata prima attraverso lo screening neonatale, consentendo così di informare immediatamente genitori e sanitari. La ricerca del trait falciforme dall’infanzia all’età adulta non è stato utile per per il paziente, i familiari e gli operatori sanitari.

Il numero di geni presenti per l’ � -talassemia influisce sulla quantità di Hb S che nella maggior parte delle persone con trait falciforme (Hb AS) è < 50%. La durata di vita per le persone con trait falciforme è normale e le complicanze gravi sono molto rare. Il CBC rientra nel range normale. L’analisi dell’emoglobina è dia-gnostica e rivela una predominanza di Hb A, tipicamente > 50% e Hb S < 50%. Le complicanze del trait falciforme includono morte improvvisa durante uno sforzo fi sico intenso, infarti splenici a elevate altitudini, ematuria, ipostenuria, batteriuria e suscettibilità al danno oculare con formazione di un ifema ( Tab. 456.5 ). Anche il carcinoma midollare renale è associato al trait falciforme e si manifesta soprattutto nei bambini e nei giovani adulti.

In generale, i bambini con trait falciforme non dovrebbero essere limitati nelle loro attività. Sono stati segnalati casi di morte improvvisa di persone con trait falciforme mentre praticavano attività fi siche in condizioni estreme. Non è chiaro se si tratti di un’associazione causale. Tutti i pazienti con trait falciforme che svolgono attività fisiche intense dovrebbero essere molto ben idratati e riposarsi in modo adeguato durante l’esercizio fi sico. La presenza del trait falciforme non dovrebbe mai essere un pretesto per escludere una persona dalla partecipazione ad attività sportive, semmai dovrebbe servire per ricordare come un controllo prudente sia necessario per assicurare un’idratazione adeguata e prevenire l’esaurimento da calore o da esercizio estremo. Queste condizioni valgono per tutti gli atleti impegnati in un allenamento intenso e non andrebbero limitate alle persone con trait falciforme.

La National Association of Athletic Trainers (NATA) ha ela-borato raccomandazioni specifi che per l’allenamento di atleti con trait falciforme in cui si spiega come riconoscere rapidamente e trattare la falcizzazione da sforzo o il collasso che si verifi ca quando i globuli rossi falcizzati occludono i vasi provocando una rabdomiolisi ischemica ( Tab. 456.6 ). Un elemento importante nello screening degli atleti è fare in modo che l’adolescente venga a conoscenza della sua condizione di portatore del trait falciforme prima di diventare adulto.

456.3 Altre emoglobinopatie Michael R. DeBaun , Melissa Frei-Jones e Elliott Vichinsky

EMOGLOBINA C La mutazione per l’emoglobina C avviene nello stesso sito del-l’emoglobina S con la lisina che invece della valina sostituisce la glutammina. Negli USA, l’Hb AC si presenta in 1:50 mentre l’Hb CC in 1:5.000 afroamericani. L’Hb AC è asintomatica, mentre l’Hb CC può dare una lieve anemia, splenomegalia e colelitiasi; sono stati segnalati casi rari di rottura spontanea della milza. Non si verifi ca falcizzazione. Di solito questa condizione viene diagno-sticata attraverso i programmi per lo screening neonatale. L’Hb C cristallizza rompendo la membrana dei globuli rossi.

EMOGLOBINA E � L’Hb E � è la seconda mutazione della globina più comune al mondo. In California, l’Hb E � -talassemia viene riscontrata quasi esclusivamente in persone del Sud-Est asiatico, con una prevalenza di 1:2.600 nascite.

EMOGLOBINA D Esistono almeno 16 varianti di Hb D. L’Hb D-Punjab (Los Angeles) è un’emoglobina rara, presente nell’1-3% degli indiani occidentali e in alcuni europei con origini asiatico-indiane e produce i sintomi dell’emoglobinopatia falciforme se presente insieme all’Hb S. L’ete-rozigosi Hb D è clinicamente silente. L’omozigosi Hb DD provoca un’anemia da lieve a moderata con splenomegalia.

456.4 Disfunzioni da emoglobine instabili Michael R. DeBaun , Melissa Frei-Jones e Elliott Vichinsky

Sono state identifi cate almeno 200 emoglobine instabili rare, la più comune delle quali è l’Hb Köln. La maggior parte dei pazienti sem-bra presentare mutazioni de novo piuttosto che anomalie ereditarie

Tabella 456.5 COMPLICANZE ASSOCIATE AL TRAIT FALCIFORME

ASSOCIAZIONI DEFINITECancro midollare renale Ematuria Necrosi papillare renale Ipostenuria Infarto splenico Rabdomiolisi da sforzo Morte improvvisa da sforzo Protezione contro la malaria falciparum severaASSOCIAZIONI PROBABILIIfema complicato Episodi tromboembolici venosi Perdita/morte fetale Basso peso alla nascitaASSOCIAZIONI POSSIBILISindrome toracica acuta Batteriuria asintomatica nella gravidanza Retinopatia proliferativaASSOCIAZIONI IMPROBABILI O NON PROVATEIctus Colelitiasi Priapismo Ulcere alle gambe Necrosi avascolare della testa del femore

Da Tsaras G, Owusu-Ansah A, Boateng O, et al.: Complications associated with sickle cell trait: a brief narrative review, Am J Med 122:507-512, 2009.

C0105.indd 1750C0105.indd 1750 9/30/12 6:18:51 AM9/30/12 6:18:51 AM

Capitolo 456 Emoglobinopatie ■ 1751

dell’emoglobina. Le emoglobine instabili meglio studiate sono quelle la cui mutazione causa un legame instabile all’eme che può portare alla denaturazione della molecola dell’emoglobina. L’emo-globina denaturata può essere individuata come corpi di Heinz durante un’emolisi grave o dopo una splenectomia. A differenza dei corpi di Heinz visibili dopo un’esposizione a una sostanza tossica, nelle emoglobine instabili i corpi di Heinz sono presenti in reticolociti e nei globuli rossi più vecchi ( Fig. 456.5 ). Gli eterozigoti sono asintomatici.

All’inizio dell’infanzia, i bambini con mutazioni omozigoti dei geni possono manifestare anemia e splenomegalia o un’anemia emolitica inspiegabile. Con alcune emoglobine instabili, l’emolisi aumenta durante malattie febbrili e con l’assunzione di farmaci ossidanti (in modo analogo al defi cit di glucosio-6-fosfato dei-drogenasi [G6PD]). Se la milza funziona, lo striscio ematico può sembrare pressoché normale o avere solo un’ipocromasia e una punteggiatura basofi la. Si può fare una diagnosi dimostrando la presenza dei corpi di Heinz, l’instabilità dell’emoglobina o un’elet-troforesi anomala (anche se alcune emoglobine instabili hanno una motilità normale e non vengono rilevate dall’elettroforesi).

Il trattamento è di supporto. In casi gravi, durante episodi di emolisi, può essere necessario praticare una trasfusione. Bisogna evitare farmaci ossidanti e integrare la dieta con i folati. Prima di eseguire una splenectomia bisognerebbe valutare con attenzione le sue complicanze tra cui sepsi batterica e la possibilità di sviluppare ipertensione polmonare.

456.5 Emoglobine anomale con aumentata affi nità per l’ossigeno Michael R. DeBaun , Melissa Frei-Jones e Elliott Vichinsky

Sono state caratterizzate più di 110 emoglobine ad alta affi nità. Queste mutazioni interessano la confi gurazione dell’emoglobina durante la fase di ossigenazione e deossigenazione. Passando dallo stato ossigenato a quello ridotto, la struttura dell’emoglobina cam-bia. Lo stato ridotto si chiama stato T (tensione) ed è stabilizzato dal 2,3-difosfoglicerato (2,3-DPG). Quando è completamente ossi-genata, l’emoglobina assume lo stato R (rilassato). Non sono note

Tabella 456.6 LINEE GUIDA DELLA NATIONAL ATHLETIC TRAINER’S ASSOCIATION PER ATLETI CON TRAIT FALCIFORME

RACCOMANDAZIONI GENERALI PER ATLETI CON IL TRAIT FALCIFORMENon ci sono controindicazioni alla partecipazione ad attività sportive per gli atleti

con trait falciforme.Durante un esercizio fi sico intenso, i globuli rossi possono falcizzare, bloccando i vasi

sanguigni e creando un rischio serio per gli atleti con trait falciforme.Screening e semplici precauzioni possono prevenire le morti e aiutare gli atleti

con trait falciforme ad avere successo nelle loro attività sportive.Durante l’esame obiettivo eseguito prima di un’attività sportiva, bisognerebbe

consultare i risultati dello screening neonatale.In mancanza di risultati dello screening neonatale, le istituzioni dovrebbero valutare

con molta attenzione la possibilità di effettuare uno screening allo scopo di fornire informazioni cliniche importanti e una formazione mirata che potrebbe contribuire a salvare vite.

Indipendentemente dallo screening, le istituzioni dovrebbero informare lo staff, gli allenatori e gli atleti circa la natura potenzialmente letale di questa condizione.

Informazione e precauzioni funzionano al meglio se orientate verso gli atleti che ne hanno più bisogno; pertanto, nel decidere se effettuare uno screening, le istituzioni dovrebbero considerare attentamente questo fattore. Detto questo, le argomentazioni a favore dello screening sono forti.

SINTOMNI DEL COLLASSO DA FALCIZZAZIONE * VS CRAMPI DA CALORECollasso da falcizzazione Crampi da calore

Assenza di prodromi Prodromi di fi tte muscolariIl dolore è meno lancinante Il dolore è più lancinanteGli atleti con trait falciforme crollano a

terra per debolezza muscolareGli atleti si fermano per via dei muscoli

“immobilizzati”Gli atleti con trait falciforme stanno

distesi fermi, senza urlare per il dolore, con muscoli che appaiano assolutamente normali

Gli atleti si contorcono e urlano per il dolore, con la muscolatura visibilmente contratta e dura come un sasso

Se presi in tempo, gli atleti con trait falciforme recuperano più rapidamente

Persino se trattati, i crampi da calore si risolvono lentamente

PREVENZIONE DEL COLLASSO DA FALCIZZAZIONE * Aumentare lentamente il carico degli allenamenti con progressioni cadenzate,

avendo cura di fermarsi e recuperare a suffi cienza tra una ripetizione e l’altra.Invitare gli atleti a partecipare a programmi precampionato per la resistenza

e il condizionamento al fi ne di migliorarne la condizione per i test prestazionali che dovrebbero essere specifi ci per ogni disciplina sportiva. Bisognerebbe impedire agli atleti con trait falciforme di partecipare a test prestazionali come corsa di un miglio, serial sprint ecc., poiché diversi atleti sono morti partecipando a questi test.

Cessare l’attività quando si manifestano i sintomi: crampi muscolari, dolore, gonfi ore, debolezza, indolenzimento, incapacità di trattenere il respiro o stanchezza

Se gli atleti con trait falciforme riescono a trovare il loro ritmo, sembrano cavarsela bene.

Tutti gli atleti dovrebbero partecipare a un programma periodizzato della durata di un anno per allenare la resistenza e per il condizionamento; tale programma dovrà tenere conto delle singole esigenze, degli obiettivi, delle capacità e dei requisiti specifi ci di ogni attività sportiva. Gli atleti con trait falciforme che ripetono più volte scatti veloci e/o intervallano un allenamento che porta alla formazione di alti livelli di acido lattico, dovrebbero riposarsi a lungo tra una ripetizione e l’altra poiché questo genere di condizionamento rappresenta un rischio elevato.

Stress da calore ambientale, disidratazione, asma, malattia e altitudine sono tutti elementi che predispongono l’atleta con trait falciforme alla comparsa di una crisi da sforzo.

• Adeguare i cicli di attività/riposo tenendo conto dello stress da calore ambientale • Sottolineare l’importanza di un’adeguata idratazione • Controllare l’asma • Nessun allenamento se un atleta con trait falciforme è ammalato • Monitorare con molta attenzione un atleta con trait falciforme che non è abituato

all’altitudine. Cambiare l’allenamento e tenere a portata di mano ossigeno durante le competizioni.

Impegnarsi a creare un ambiente in cui gli atleti con trait falciforme sono stimolati a segnalare qualsiasi sintomo immediatamente; qualunque segno o sintomo come stanchezza, diffi coltà respiratoria, dolore alle gambe o alla parte bassa della schiena oppure crampi alle gambe o alla parte bassa della schiena in un atleta con trait falciforme dovrebbe far pensare a una falcizzazione.

TRATTAMENTO DEL COLLASSO DA FALCIZZAZIONE * Controllare i segni vitali.Somministrare ossigeno ad alto fl usso, 15 L/min (se disponibile), con una maschera

facciale no-rebreather.Se necessario, raffreddare l’atleta.Se l’atleta perde forza o quando i segni vitali peggiorano, chiamare il 118, applicare

un defi brillatore esterno automatico, iniziare un’infusione endovena e portare subito l’atleta in ospedale.

Avvertire i medici di aspettarsi una rabdomiolisi esplosiva e gravi complicanze metaboliche.

Prepararsi in modo proattivo con un piano di intervento d’emergenza e un equipaggiamento d’emergenza adatto per tutti i tipi di attività e per le competizioni.

* Il collasso da falcizzazione o falcizzazione da sforzo si verifi ca quando i globuli rossi falcizzati si accumulano nel fl usso sanguigno durante uno sforzo fi sico intenso e causano una rabdomiolisi ischemica, provocando conseguenze metaboliche gravi.

C0105.indd 1751C0105.indd 1751 9/30/12 6:18:51 AM9/30/12 6:18:51 AM

1752 ■ Parte XXI Malattie del sangue

le esatte interazioni molecolari tra questi due stati. Le emoglobine ad alta affi nità presentano mutazioni che stabilizzano lo stato R oppure destabilizzano lo stato T. Le interazioni tra queste due forme sono complesse e non si conoscono ancora i meccanismi d’azione delle mutazioni. Nella maggior parte dei casi, le emoglobine ad alta affi nità possono essere identifi cate attraverso l’analisi emoglobinica: il 20% circa deve essere caratterizzato in condizioni controllate di misurazioni della P 50 , che sono di 9-21 mmHg (normale: 23-29 mmHg). Il calo della P 50 fa sì che la maggior parte di queste emoglobine produca una poliglobulia con livelli di emoglobina pari a 17-20 g/dL. I livelli di eritropoietina e 2,3-DPG sono normali. Di solito i pazienti non presentano sintomi e non necessitano di salas-so. Se si fa un salasso, potrebbero esserci problemi nella cessione d’ossigeno per via della diminuzione dell’emoglobina.

456.6 Emoglobine anomale che causano cianosi Michael R. DeBaun , Melissa Frei-Jones e Elliott Vichinsky

Le emoglobine anomale che causano cianosi sono rare. Il gruppo maggiore è quello costituito dalle sette emoglobine M. Le varianti di emoglobina M hanno mutazioni sia nella catena � sia nella catena � , confi nate nel complesso dell’eme della molecola emoglobinica. Sei

delle sette hanno un residuo di tirosina che si lega in modo covalente al ferro dell’eme e lo stabilizza nella forma ossidata. Queste emo-globine instabili provocano anemia emolitica, che è più pronunciata nelle forme � . Dal punto di vista clinico, questi bambini sono ciano-tici dalla nascita senza altri segni o sintomi di malattia se la tirosina si trova nella catena � (Hb M Boston, Hb M Iwate). I neonati con mutazioni della catena � diventano cianotici più avanti nell’infanzia a causa del cambio dell’emoglobina fetale. Le emoglobine anomale sono autosomiche dominanti e vengono diagnosticate attraverso l’analisi emoglobinica effettuata con l’uso di tecniche speciali e dell’HPLC. Non esiste un trattamento specifi co. I bambini con la forma � non dovrebbero assumere farmaci ossidanti.

Le emoglobine a bassa affi nità sono associate a un minor grado di cianosi rispetto alle emoglobine M. Le sostituzioni di aminoacidi destabilizzano l’ossiemoglobina e portano a una ridotta saturazio-ne dell’ossigeno. Quelle meglio caratterizzate sono Hb Kansas e Hb Beth Israel.

456.7 Metemoglobinemia ereditaria Michael R. DeBaun , Melissa Frei-Jones e Elliott Vichinsky

La molecola di ferro dell’emoglobina di solito è allo stato ferroso (Fe 2+ ), che è essenziale per la sua funzione di trasporto dell’os-sigeno. In condizioni fi siologiche si verifi ca una cessione lenta e

A B

C

A B

C D

E FE F

Figura 456.5 Morfologia dei globuli rossi associata alle emoglobinopatie. A . Anemia a cellule falciformi (Hb SS): cellule bersaglio e cellule fi sse (falcizzate in modo irreversibile). B . Trait falciforme (Hb AS): morfologia normale dei globuli rossi. C . Emoglobina CC: cellule bersaglio e sferociti occasionali. D . Anemia congenita a corpi di Heinz (emoglobina instabile): globuli rossi colorati con colorante sopravitale (blu brillante di cresile) rivelano inclusioni intracellulari. E . � 0 -talassemia omozigote: ipocromia severa con globuli rossi deformati e normoblasti. F . Malattia da emoglobina H ( � -talassemia): anisopoichilocitosi con cellule bersaglio. (Per gentile concessione del Dr. John Bolles, The ASH Collection, University of Washington, Seattle.)

C0105.indd 1752C0105.indd 1752 9/30/12 6:18:55 AM9/30/12 6:18:55 AM

Capitolo 456 Emoglobinopatie ■ 1753

costante di elettroni all’ossigeno rilasciato e la forma ferrica (Fe 3+ ) si combina con l’acqua producendo metemoglobina (MetHb). Il citocromo 5b è il meccanismo intracellulare predominante nella riduzione della MetHb. Questo meccanismo è cento volte più effi cace della produzione di MetHb, e solo l’1% dell’emoglobina normalmente si trova allo stato ferrico.

In seguito all’esposizione a sostanze tossiche o all’assenza di vie riduttive come nel defi cit di NADH citocromo b5 reduttasi, la MetHb può aumentare nei globuli rossi. La metemoglobinemia cau-sata da sostanze tossiche è molto più comune della forma ereditaria ( Tab. 456.7 ). I neonati sono particolarmente vulnerabili all’ossida-zione dell’emoglobina poiché i loro globuli rossi contengono la metà della citocromo b5 reduttasi presente negli adulti; l’emoglobina fetale è più suscettibile all’ossidazione rispetto all’emoglobina A e il trait gastrointestinale dei neonati, più alcalino, favorisce la crescita di batteri Gram-negativi che producono nitriti. Quando i livelli di MetHb sono > 1,5 g/24 ore, la cianosi è visibile (15% MetHb); un livello del 70% di MetHb è letale. Di solito il livello viene indicato come percentuale dell’emoglobina normale, così che il livello tossico risulta minore con livelli di emoglobina più bassi. La metemoglobinemia è stata descritta in neonati che avevano ingerito cibo e acqua a elevato contenuto di nitrati, che erano stati esposti a dentifrici a base di anilina o ad altre sostanze chimiche e in alcuni neonati con gastroenterite grave e acidosi. La metemoglobina può conferire al sangue una colorazione marrone ( Fig. 456.6 ).

METEMOGLOBINEMIA EREDITARIA CON CARENZA DI NADH CITOCROMO B5 REDUTTASI La metemoglobinemia ereditaria con carenza di NADH citocromo b5 reduttasi è un gruppo di disfunzioni rare, classifi cate in quattro tipologie. Nel tipo I, il più comune, la carenza di attività NADH citocromo b5 è presente solamente nei globuli rossi. Nel tipo II, la

carenza enzimatica è presente in tutti i tessuti e quindi ha sintomi più signifi cativi che iniziano nell’infanzia con encefalopatia, ritardo mentale, spasticità, microcefalia e ritardi di crescita. Nel tipo III, il defi cit è presente in leucociti, piastrine e globuli rossi, mentre nel tipo IV è ristretto al solo citocromo b5 dei globuli rossi.

Dal punto di vista clinico, la cianosi varia di intensità con le stagioni e la dieta. La metemoglobina può conferire al sangue una colorazione marrone (si veda Fig. 456.6 ). Anche il periodo in cui si manifesta la cianosi varia; in alcuni pazienti compare già alla nascita mentre in altri nell’adolescenza. Anche se il 50% dell’emoglobina totale in circolo può essere metemoglobina non funzionale, in questi pazienti il distress cardiorespiratorio è minimo o nullo, se non durante lo sforzo fi sico.

Il trattamento orale quotidiano con acido ascorbico (200-500 mg/die diviso in più somministrazioni) riduce gradualmente la metemo-globina di circa il 10% circa del totale e allevia la cianosi almeno fi no a quando si continua con la terapia. Elevate dosi continue di acido ascorbico sono state associate a iperossaluria e alla formazione di calcoli renali. L’acido ascorbico non va usato per trattare la mete-moglobinemia tossica. Se disponibile immediatamente, converrebbe contattare un centro antiveleni per verifi care le strategie terapeutiche più aggiornate. Per trattare la metemoglobinemia tossica si usa il blu di metilene somministrato per via endovenosa (iniziando con 1-2 mg/kg). Come terapia di mantenimento si può somministrare una dose orale (100-300 mg per os al giorno).

Il blu di metilene non va utilizzato nei pazienti con carenza di G6PD. Questo trattamento non è effi cace e può causare una grave emolisi da ossidazione. Se il blu di metilene viene sommini-strato a un paziente con carenza di G6PD, non si verifi cherà alcun cambiamento nel suo stato clinico. Quando arriva il momento di somministrare il trattamento, in genere non si sa che il paziente è carente di G6PD, per questo bisognerebbe raccogliere con cura la sua anamnesi. Se la storia è negativa per quanto riguarda la pre-senza di sintomi da defi cit di G6PD, si deve iniziare la terapia con cautela, valutando quasi subito se c’è stato un miglioramento.

BIBLIOGRAFIA Per la bibliografi a completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

Figura 456.6 Sangue arterioso normale vs sangue di un paziente con metemoglobinemia. Sangue intero arterioso con l’1% di metemoglobina ( a sinistra ) vs sangue intero arterioso con il 72% di metemoglobina ( a destra ) . Si noti il caratteristico colore marrone cioccolato del campione di sangue con un livello elevato di metemoglobina. Entrambi i campioni sono stati esposti per un breve lasso di tempo a ossigeno al 100% e successivamente agitati. Quest’analisi veloce è un buon test di base per la metemoglobinemia. Il campione di sinistra diventa rosso brillante, mentre quello di destra rimane di colore marrone cioccolato. Metodi: sono stati prelevati campioni di sangue intero nello stesso momento dalla stessa persona. La concentrazione misurata dell’emoglobina era di 11,7 g/dL. Concentrazione calcolata della metemoglobina: 11,7 g/dL × 0,01 = 0,117 g/dL ( a sinistra ) e 11,7 g/dL × 0,72 = 8,42 g/dL ( a destra ) . È stato preparato in vitro un livello elevato di metemoglobina aggiungendo 0,1 mL di una soluzione di nitrato di sodio 0,144 molare ( a destra ) e, come controllo, sono stati aggiunti 0,1 mL di soluzione fi siologica normale ( a sinistra ). Sono state prese misure co-ossimetre di entrambi i campioni poco dopo il prelievo di sangue e 20 min dopo l’aggiunta della soluzione di nitrato di sodio. Prima della seconda misurazione, entrambi i campioni di sangue sono stati esposti a ossigeno al 100%. (Protocollo basato sulla comunicazione personale con il Dr. Ali Mansouri, dicembre 2002.)

Tabella 456.7 EZIOLOGIE NOTE DI METEMOGLOBINEMIA ACQUISITA

FARMACIBenzocaina Clorochina Dapsone Anestetico topico EMLA (miscela eutettica di anestetici locali) (lidocaina 2,5%

e prilocaina 2,5%) Flutamide Lidocaina Metoclopramide Nitrati Ossido nitrico Nitroglicerina Nitroprussiato Ossido nitroso Fenazopiridina Prilocaina Primachina Riluzolo Nitrato d’argento Nitrato di sodio SulfonamidiCONDIZIONI MEDICHEInfezione gastrointestinale pediatrica, sepsi Overdose da farmaci contenenti nitrato di amile (“popper”) Episodio doloroso correlato a emoglobinopatia falciformeMISCELLANEAColoranti all’anilina Inalazione di esalazioni (gas di scarico delle automobili, legno e plastica bruciati) Erbicidi Sostanze chimiche di uso industriale: nitrobenzene, nitroetano (contenuto nello

smalto per unghie, resine, adesivi in gomma) Pesticidi Benzina arricchita di ottani

Da Ash-Bernal R, Wise R, Wright SM: Acquired methemoglobinemia, Medicine 83:265-273, 2004.

C0105.indd 1753C0105.indd 1753 9/30/12 6:18:56 AM9/30/12 6:18:56 AM

1754 ■ Parte XXI Malattie del sangue

456.8 Sindromi da persistenza ereditaria dell’emoglobina fetale Michael R. DeBaun , Melissa Frei-Jones e Elliott Vichinsky

Le sindromi da persistenza ereditaria dell’emoglobina fetale ( Syndro-mes of Hereditary Persistence of Fetal Hemoglobin , HPFH) sono una forma di talassemia; le mutazioni sono associate a una diminuzione nella produzione di una o di entrambe le globine � e . C’è uno squilibrio nel rapporto di sintesi � :non- � (Cap. 456.9) tipico della talassemia. Sono state descritte più di venti varianti di HPFH, tra cui delezionali, � 0 (neri, ghanesi, italiani), non delezionali (tunisini, giapponesi, australiani), collegate al gruppo dei geni della � -globina (britannici, italiani-cinesi, neri) o non collegate al gruppo dei geni del-la � -globina. Le forme � 0 presentano delezioni dell’intera sequenza genica della - e della � -globina, mentre la forma più comune negli Stati Uniti è la variante nera (HPFH 1). In seguito alle delezioni dei geni e � , si produce solo la � -globina e si forma l’Hb F. Nella forma omozigote, non ci sono manifestazioni di talassemia. C’è soltanto Hb F con una lievissima anemia e una leggera microcitosi. Quando ereditata con altre emoglobine varianti, l’Hb F si alza fi no a un range del 20-30%, quando ereditata con Hb S, si verifi ca un miglioramento dell’emoglobinopatia falciforme con meno complicanze.

456.9 Sindromi talassemiche Michael R. DeBaun , Melissa Frei-Jones e Elliott Vichinsky

Il termine talassemia si riferisce a disordini genetici nella produzio-ne della catena globinica. Nei soggetti con � -talassemia, vi è una completa mancanza di produzione della � -globina ( � -talassemia

major) o una parziale riduzione nella produzione della � -globina ( � -talassemia minor). Nell’ � -talassemia, vi è assenza o riduzione parziale nella produzione dell’ � -globina. La patologia più im-portante nella talassemia è determinata dalla quantità di globina prodotta, mentre la patologia principale nell’emoglobinopatia falciforme è legata alla qualità della globina prodotta.

EPIDEMIOLOGIA Si contano > 200 mutazioni per la � -talassemia, ma moltissime sono rare. Sono all’incirca 20 gli alleli comuni che costituiscono l’80% delle talassemie conosciute nel mondo, il 3% della popola-zione mondiale porta geni per la � -talassemia mentre nel Sud-Est asiatico il 5-10% della popolazione ha geni per l’ � -talassemia. In una particolare regione ci sono pochissimi alleli comuni. Negli Stati Uniti, sono circa 2.000 le persone con la � -talassemia.

FISIOPATOLOGIA Due caratteristiche correlate contribuiscono alle sequele della � -talassemia: una produzione inadeguata del gene � -globina che si traduce in livelli ridotti dell’emoglobina normale (Hb A) e una produzione sbilanciata delle catene � - e � -globiniche. Nella Tabella 456.8 . sono elencate alcune caratteristiche della talassemia. Nel midollo osseo, le mutazioni talassemiche compromettono la maturazione degli eritrociti con conseguente eritropoiesi ineffi cace; il midollo è iperattivo, ma ci sono relativamente pochi reticolociti e una grave anemia. Nella � -talassemia, si verifi ca un eccesso di catene � -globiniche rispetto alle catene � - e � -globiniche, e si for-mano tetrameri di � -globina ( � 4 ). Queste inclusioni interagiscono con la membrana del globulo rosso accorciandone la sopravvivenza

Tabella 456.8 LE TALASSEMIE

TALASSEMIA GENOTIPO GLOBINICO CARATTERISTICHE ESPRESSIONE ANALISI DELL’EMOGLOBINA

� -TALASSEMIADelezione di 1 gene -, � / � , � Normale Normale Neonato: Bart 1-2%Trait da delezione di 2 geni -, � /-, � -, -/ � , � Microcitosi, lieve ipocromia Normale, lieve anemia Neonato: Bart: 5-10%Delezione di 3 geni emoglobina H -,-/-, � Microcitosi, ipocromica Lieve anemia, trasfusioni non

necessarieNeonato: Bart: 20-30%

Delezione di 2 geni + Constant Spring

-,-/ � , � Constant Spring Microcitosi, ipocromica Anemia da moderata a severa, trasfusione, splenectomia.

2-3% Constant Spring, 10-15% emoglobina H

Delezione di 4 geni -,-/-,- Anisocitosi, poichilocitosi Idrope fetale Neonato: 89-90% Bart con Gower 1 e 2 e Portland

Non delezionale � , � / � , � variante Microcitosi, lieve anemia Normale 1-2% emoglobina variante � -TALASSEMIA � 0 o � + eterozigote: trait � 0 /A, � + /A Microcitosi variabile Normale A 2 elevata, aumento variabile della F � 0 -talassemia � 0 / � 0 , � + / � 0 , E/ � 0 Microcitosi, globuli rossi

nucleatiDipendenza da trasfusione F 98% e A 2 2%

E 30-40% � + -talassemia grave � + / � + Microcitosi, globuli rossi

nucleatiDipendenza da trasfusione/talassemia

intermediaF 70-95%, A 2 2%, A in tracce

Silente � + /A Microcitosi Normale con sola microcitosi A 2 3,3-3,5% � + / � + Ipocromica, microcitosi Anemia da lieve a moderata A 2 2-5%, F 10-30%Dominante (rara) B 0 /A Microcitosi, globuli rossi

anomaliAnemia moderatamente severa,

splenomegaliaF e A 2 elevate

-talassemia A/A Normale Normale A 2 assente( � ) 0 -talassemia ( � ) 0 /A Ipocromica Anemia lieve F 5-20%( � ) + -talassemia Lepore � Lepore /A Microcitosi Anemia lieve Lepore 8-20%Lepore � Lepore / � Lepore Microcitica, ipocromica Talassemia intermedia F 80%, Lepore 20% � � -talassemia ( � A � ) 0/ A Microcitosi, microcitica,

ipocromicaAnemia moderata, splenomegalia,

omozigote: talassemia intermediaF e A 2 diminuite rispetto a

� -talassemia � -talassemia ( � A � G ) 0 /A Microcitosi Insignifi cante a meno che omozigote F diminuitaPERSISTENZA EREDITARIA DELL’EMOGLOBINA FETALEDelezionale A/A Microcitica Anemia lieve F 100% omozigotiNon delezionale A/A Normale Normale F 20-40%

C0105.indd 1754C0105.indd 1754 9/30/12 6:18:58 AM9/30/12 6:18:58 AM

Capitolo 456 Emoglobinopatie ■ 1755

e portando ad anemia e a un incremento nella produzione eritroide. Le catene � -globiniche vengono prodotte in maggior quantità, con conseguente aumento dell’Hb F ( � 2 � 2 ). Anche le catene -globiniche sono prodotte in quantità aumentate, portando così a un incremento dell’Hb A 2 ( � 2 2 ) nella � -talassemia.

Nell’ � -talassemia ci sono relativamente meno catene � -globiniche con un eccesso di catene � - e � -globiniche. Queste catene in eccesso formano l’emoglobina di Bart ( � 4 ) durante la vita fetale e l’Hb H ( � 4 ) dopo la nascita. Questi tetrameri anomali non sono letali ma portano a emolisi extravascolare. Prima della nascita, un feto con � -talassemia può diventare sintomatico perché l’Hb F ha biso-gno di una produzione suffi ciente del gene � -globinico, mentre dopo la nascita i neonati con � -talassemia diventano sintoma-tici perché l’Hb A richiede una produzione suffi ciente dei geni � -globinici.

� -TALASSEMIA OMOZIGOTE (TALASSEMIA MAJOR, ANEMIA DI COOLEY) Manifestazioni cliniche Se non curati, i bambini con � -talassemia di solito sviluppano sintomi a causa di un’anemia emolitica progressiva, con marcata debolezza e scompenso cardiaco nel periodo compreso tra il secon-do e il sesto mese di vita. A seconda della mutazione e del grado di produzione dell’emoglobina fetale, nella � -talassemia major è necessario praticare trasfusioni a partire dal secondo mese di vita e fi no al secondo anno di età, e solo raramente oltre questo termine. La decisione di trasfondere dipende dalla capacità del bambino di compensare il grado di anemia.

La maggior parte dei lattanti e dei bambini manifesta scompen-so cardiaco con un livello di emoglobina pari a 4 g/dL o inferiore. In genere, stanchezza, scarso appetito e letargia sono aspetti tardivi di un’anemia grave presente in un lattante o in un bambino ed erano più comuni prima che le trasfusioni divenissero una terapia standard. La presentazione classica dei bambini con patologia grave comprende facies talassemica (iperplasia mascellare, naso appiattito, bozze frontali), fratture ossee patologiche, marcata epatosplenomegalia e cachessia; questa presentazione ora si ri-scontra soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. La milza può ingrossarsi al punto da causare disagio meccanico e ipersplenismo secondario. Gli aspetti di un’eritropoiesi ineffi cace comprendono spazi midollari espansi (con un’espansione importante del midollo osseo di faccia e cranio che causa la caratteristica facies talas-semica), emopoiesi extramidollare e maggiori esigenze metaboliche ( Fig. 456.7 ). L’epatosplenomegalia può interferire con il supporto nutrizionale. Pallore, emosiderosi e ittero possono combinarsi determinando una carnagione di colore marrone-verdastro.

L’anemia cronica causa un aumento nell’assorbimento del ferro dal tratto gastrointestinale, con tossicità che si traduce in ulterio-ri complicanze. Molte di queste caratteristiche diventano meno gravi e meno frequenti grazie alla terapia trasfusionale, tuttavia l’eccessivo accumulo di ferro associato a sovraccarico di ferro trasfusionale rappresenta un problema importante nei pazienti affetti da � -talassemia. Molte complicanze della talassemia che si riscontrano oggi nei Paesi sviluppati sono la conseguenza di un deposito eccessivo di ferro. La maggior parte di queste com-plicanze può essere evitata attraverso l’uso regolare di un chelante del ferro. Anche alla terapia con chelante tuttavia sono associate alcune complicanze, tra cui perdita dell’udito, neuropatia periferica e scarsa crescita.

Patologie endocrine e cardiache sono spesso correlate agli ecces-sivi depositi di ferro nei pazienti con � -talassemia major trattati con trasfusioni croniche. La disfunzione endocrina può includere ipotiroidismo, insuffi cienza gonadica, carenza dell’ormone della crescita, ipoparatiroidismo e diabete mellito. Nei bambini con talassemia, le complicanze potenzialmente letali legate all’accu-mulo eccessivo di ferro sono insuffi cienza cardiaca congestizia e aritmie cardiache.

Reperti di laboratorio Il neonato nasce solo con Hb F o, in alcuni casi, con Hb F e Hb E (eterozigosi per � -talassemia zero). Alla fi ne si manifestano anemia grave, reticolocitopenia, numerosi eritrociti nucleati, microcitosi e nello striscio di sangue periferico quasi tutti i globuli rossi hanno un aspetto anomalo (si veda Fig. 456.5 E ). Se non si praticano trasfusioni, il livello di emoglobina scende progressivamente fi no a < 5 g/dL. La conta reticolocitaria di solito è inferiore all’8% e appare impropriamente bassa se confrontata con il grado di anemia dovuta all’eritropoiesi ineffi cace. Il livello di bilirubina non coniugata del siero di solito è alto, ma in uno stadio precoce gli altri valori ematochimici possono essere normali. Anche se il bambino non viene trasfuso, alla fi ne si crea un accumulo di ferro con ferritina sierica e saturazione della transferrina elevate. Sulle radiografi e si può osservare l’iperplasia del midollo osseo (si veda Fig. 456.7 ).

Trattamento Prima di iniziare con trasfusioni croniche, bisognerebbe confermare la diagnosi di � -talassemia major e informare i genitori riguardo a questa terapia vita natural durante. Per i genitori, infatti, iniziare le trasfusioni e la terapia chelante quando loro fi glio è ancora piccolo è una sfi da diffi cile da affrontare. Prima di incominciare la terapia trasfusionale, bisogna ottenere il fenotipo dei globuli rossi; per la trasfusione sono necessari prodotti ematici leucodepleti e con fenotipo compatibile per gli antigeni Rh e Kell. Se il trapianto di midollo osseo è una via percorribile, il sangue da trasfondere deve essere privo di cytomegalovirus, a meno che il bambino non abbia avuto una precedente infezione con questo virus. La terapia trasfusionale migliora la salute e il senso di benessere generale oltre a evitare le conseguenze dell’eritropoiesi ineffi cace. In genere, un programma trasfusionale prevede trasfusioni mensili con un

A

B C

Figura 456.7 Eritropoiesi ineffi cace in un bambino di tre anni con talassemia major non trasfuso. A . Allargamento massivo degli spazi diploici del cranio come visualizzato mediante RM. B . Aspetto radiografi co delle trabecole come visualizzato con una radiografi a standard. C . Obliterazione dei seni mascellari con tessuto emopoietico come visualizzato su TC.

C0105.indd 1755C0105.indd 1755 9/30/12 6:19:02 AM9/30/12 6:19:02 AM

1756 ■ Parte XXI Malattie del sangue

livello emoglobinico pretrasfusionale compreso tra 9,5 e 10,5 g/dL. Nei pazienti cardiopatici possono rivelarsi utili livelli più alti di emoglobina pretrasfusionale. Alcune banche del sangue pre-vedono programmi per la donazione che accoppiano donatore e ricevente, riducendo così l’esposizione ad antigeni dei globuli rossi multipli.

Un accumulo eccessivo di ferro causato dalle trasfusioni, deter-mina molte delle complicanze associate alla � -talassemia major. Per una terapia ottimale è fondamentale un’accurata valutazione dei depositi di ferro in eccesso. La ferritina sierica è utile per determi-nare il bilancio del ferro, ma non per valutare con accuratezza la quantità delle riserve di ferro. Se il paziente viene curato basandosi solo sul livello di ferritina sierica, si può avere un trattamento insuffi ciente oppure un sovratrattamento di presunti depositi di ferro in eccesso. Il metodo standard per determinare con precisione i depositi di ferro di un paziente consiste nel misurare la quantità di ferro attraverso una biopsia epatica. Ora si ricorre a un software per RM T2-pesata allo scopo di valutare i depositi di ferro nel fegato e nel cuore di pazienti con � -talassemia major. Una ragione per preferire la RM T2-pesata rispetto alla biopsia epatica è che le riserve epatiche di ferro potrebbero non rifl ettere con accuratezza i cambiamenti cumulativi del ferro nel cuore. I pazienti possono avere un sovraccarico di ferro nel cuore, mentre le misurazioni del ferro epatico rientrano nei limiti di sicurezza. Molti centri per le talassemie ora monitorano il ferro cardiaco con la tecnica della risonanza magnetica T2-pesata.

Si può prevenire l’accumulo eccessivo di ferro con l’uso della deferoxamina o del deferasirox. La deferoxamina chela il ferro e qualche altro catione bivalente, permettendone così l’escrezione nelle urine e nelle feci. La deferoxamina viene somministrata sottocute per 10-12 ore, 5-6 giorni alla settimana. Gli effetti col-laterali comprendono ototossicità con perdita di udito per le alte frequenze, alterazioni retiniche e displasia ossea con accorciamento del tronco. Più importante del dosaggio quotidiano è la durata giornaliera del suo uso. Le infusioni a dosi elevate somministrate in tempi brevi aumentano la tossicità oltre a essere poco effi caci. Molto probabilmente, il ferro plasmatico non legato alla tran-sferrina ( Plasma Non-Transferrin Bound Iron , NTBI) è responsa-bile per il grave danno associato al ferro. Quando si somministra deferoxamina infusa, questa si lega al NTBI. Quando invece viene sospesa, si verifi cano aumenti reattivi nei livelli di NTBI, con ri-schio di danno. È stato osservato che nei pazienti con accumulo eccesivo di ferro nel cuore e conseguente scompenso cardiaco congestizio sintomatico, l’infusione di deferoxamina per 24 inverte la miocardiopatia.

Negli Stati Uniti è disponibile in commercio il chelante orale del ferro deferasirox. Per molti pazienti e le loro famiglie, il deferasirox ha rimpiazzato la deferoxamina perché questa va somministrata sottocute per dieci ore, di notte, di solito cinque notti su sette alla settimana. Anche se la dose ottimale di deferasirox è ben defi nita, alcuni soggetti manifestano una risposta alle massime dosi consentite (30 mg/kg/die) inferiore alle aspettative. Non si conosce ancora la dose ottimale sopra i 30 mg/kg/die, tuttavia converrebbe studiarla accuratamente se durante la terapia continua a esserci evidenza di un bilancio positivo del ferro.

Il trapianto di cellule staminali emopoietiche ha guarito > 1.000 pazienti con � -talassemia major. I successi maggiori si sono avuti in bambini con meno di 15 anni senza eccessivo accumulo di ferro né epatomegalia, che hanno ricevuto un trapianto allogenico da un fratello/una sorella HLA compatibile. A tutti i bambini con un fratello/una sorella HLA compatibile bisognerebbe offrire l’opzione del trapianto di midollo osseo.

ALTRE SINDROMI � -TALASSEMICHE Le sindromi � -talassemiche sono suddivise in sei gruppi: � -talassemia, � -talassemie, � -talassemie, -talassemie, ε � � -talassemie e la sin-drome HPFH. La maggior parte di queste talassemie è relativa-mente rara, alcune si manifestano soltanto all’interno di gruppi

familiari. Da un punto di vista clinico, le � -talassemie possono essere classifi cate anche come trait talassemico, talassemia minima, minor, intermedia e major, a seconda del grado di anemia. La classifi cazione genetica non defi nisce necessariamente il fenotipo, mentre il grado di anemia non sempre predice la classifi cazione genetica.

La talassemia intermedia può essere causata da una qualunque combinazione delle mutazioni � -talassemiche ( � 0 / � + , � 0 / � variante , E/ � 0 ), che porteranno a un fenotipo di anemia microcitica con un livello di emoglobina pari a circa 7 g/dL. Non vi è unanimità di opi-nioni circa l’opportunità di trasfondere oppure no questi bambini. Sicuramente svilupperanno un certo grado di iperplasia midollare, emosiderosi nutrizionale che potrebbe richiedere terapia chelante, splenomegalia e altre complicanze della � -talassemia associate al-l’eccessivo accumulo di ferro. Nel canale vertebrale può verifi carsi emopoiesi extramidollare che comprime il midollo spinale causan-do sintomi neurologici; questi rappresentano un’emergenza medica che necessita di un’immediata terapia radiante locale per arrestare l’eritropoiesi. La trasfusione allevia le manifestazioni talassemiche; la decisione di trasfondere va valutata tenendo presente la futura necessità di una terapia chelante.

La splenectomia può rivelarsi indicata in quei pazienti con talassemia intermedia che presentano una costante diminuzione dell’emoglobina e in quei soggetti trasfusi con esigenze crescenti di trasfusioni. La splenectomia tuttavia può avere serie conseguenze, tra cui infezione, ipertensione polmonare e trombosi. Prima della splenectomia bisognerebbe immunizzare completamente tutti i pazienti contro i batteri capsulati, mentre dopo l’intervento do-vrebbero seguire una profi lassi penicillinica a lungo termine avendo anche a disposizione indicazioni appropriate su come curare la febbre.

Di solito, le talassemie classifi cate come minima e minor sono eterozigoti ( � 0 / � , � + / � + ), con un fenotipo più severo del trait talas-semico ma non così severo come la talassemia intermedia. Con-verrebbe esaminare con attenzione il genotipo di questi bambini e monitorarli per l’accumulo di ferro. La presenza dell’ � -talassemia infl uisce sulle � -talassemie: il trait � -talassemico porta a un’anemia meno grave, mentre la duplicazione dei geni � ( � � � / � � ) porta a una talassemia più severa. Spesso, i pazienti appartenenti a questi gruppi hanno bisogno di trasfusioni nell’adolescenza o da adulti; alcuni possono essere candidati alla chemioterapia, ad esempio con idrossiurea.

Nei bambini, il trait talassemico spesso viene diagnosticato erroneamente come un defi cit di ferro, perché entrambi causano anomalie ematologiche simili al CBC e la carenza di ferro ha una prevalenza molto superiore. Un breve ciclo a base di ferro e una rivalutazione è tutto quello che serve per identifi care i bambini che avrebbero bisogno di un’ulteriore valutazione. I bambini con trait � -talassemico presentano una distribuzione dei globuli rossi sempre ampia e un basso volume corpuscolare medio (MCV). All’analisi dell’emoglobina hanno Hb F elevata e Hb A 2 . sintomaticamen-te elevata. Esistono forme “silenti” del trait � -talassemico e se l’anamnesi familiare è suggestiva potrebbe essere utile effettuare altre indagini.

� -TALASSEMIA Le stesse spinte evolutive che hanno prodotto la � -talassemia e l’emoglobinopatia a cellule falciformi hanno determinato anche l’ � -talassemia. I neonati sono identifi cati nel periodo neonatale per l’aumento nella produzione dell’emoglobina di Bart ( � 4 ) durante la vita fetale e per la sua presenza alla nascita. Le � -talassemie si manifestano perlopiù nel Sud-Est asiatico. Nell’ � -talassemia sono comuni le mutazioni da delezione. Oltre a queste mutazioni, ci sono anche mutazioni non delezionali del gene � -globinico, la più comune delle quali è la Constant Spring ( � CS � ); queste mutazioni causano un decorso clinico e un’anemia più severi rispetto alle mutazioni da delezione. Ci sono quattro geni � -globinici e quattro fenotipi delezionali di � -talassemia.

C0105.indd 1756C0105.indd 1756 9/30/12 6:19:02 AM9/30/12 6:19:02 AM

Capitolo 457 Difetti enzimatici ■ 1757

La delezione di un gene � -globinico (trait silente) non può essere identifi cata attraverso esami ematologici. Nello specifi co, non si notano alterazioni nel volume corpuscolare medio (MCV) e nel contenuto emoglobinico corpuscolare medio ( Mean Corpuscular Hemoglobin , MCH). Di solito, le persone con questa delezione vengono individuate dopo la nascita di un fi glio con delezione di due geni o con Hb H ( � 4 ). Durante il periodo neonatale, si osserva un’emoglobina di Bart < 3%. La delezione di un gene � -globinico è comune tra gli afroamericani.

La delezione di due geni � -globinici si traduce nel trait � -talas-semico. I geni � -globinici possono andare persi in una confi gurazio-ne trans -( − � / − � ) o cis - ( � , � / -SEA ). Le mutazioni trans o cis possono combinarsi con altre mutazioni e portare all’Hb H o all’ � -talas-semia major. In persone provenienti dall’Africa o con discendenza africana, la delezione più comune del gene � -globinico si manifesta nella confi gurazione trans , mentre in persone provenienti dall’Asia o dall’area mediterranea è più frequente la delezione cis .

I trait � -talassemici si presentano come un’anemia microcitica che può essere confusa con un’anemia sideropenica (si veda Fig. 456.5 F). L’analisi dell’emoglobina è normale, a eccezione del periodo neo-natale, quando in genere l’emoglobina di Bart è < 8% ma > 3%. Di solito si crede che i bambini con una delezione di due geni � -globinici abbiano una carenza di ferro, vista la presenza di MCV e MCH bassi. L’approccio più semplice per distinguere tra carenza di ferro e trait � -talassemico si basa su una buona anamnesi alimentare. I bambini affetti da anemia sideropenica spesso seguono una dieta carente di ferro. In alternativa, un breve ciclo con integrazione di ferro accompa-gnato dal monitoraggio dei parametri eritrocitari può confermare la diagnosi di sideropenia oppure potrebbe rendersi necessaria un’analisi per la ricerca della delezione del gene � -globinico.

La delezione di tre geni � -globinici porta a diagnosticare la malattia da Hb H. In California, dove risiede una numerosa popo-lazione di asiatici, circa 1 neonato su 15.000 ha la malattia da Hb H. Il modo più semplice per diagnosticare la malattia da Hb H è nel periodo neonatale, quando sono presenti � -tetrameri in eccesso e l’emoglobina di Bart in genere è > 25%. Inoltre, è necessario ottenere dai genitori ulteriori evidenze a supporto della diagnosi. Più tardi, nel corso dell’infanzia, si verifi ca un eccesso di tetrameri di catene � della globina che determina l’Hb H. Una diagnosi defi nitiva della malattia da Hb H richiede un’analisi del DNA con evidenze a supporto. Il blu brillante di cresile può colorare l’Hb H, ma viene utilizzato di rado per la diagnosi. I pazienti con malattia da Hb H presentano una marcata microcitosi, anemia, lieve sple-nomegalia e, alle volte, ittero sclerale o colelitiasi. Di solito non si ricorre alle trasfusioni come terapia perché il range di emoglobina è compreso tra 7-11 g/dL, con MCV pari a 51-73 fL.

La delezione di tutti e quattro i geni � -globinici provoca una profonda anemia durante la vita fetale che porta all’idrope fetale; per la sopravvivenza del feto deve essere presente il gene � -globi-nico. Alla nascita non ci sono emoglobine normali (in primo luogo emoglobina di Bart, con Hb Gower 1, Gower 2 e Portland). Se il feto sopravvive, sarebbe opportuna un’immediata trasfusione ex-sanguino. Questi neonati con � -talassemia major dipendono dalle trasfusioni e la sola cura consiste nel trapianto di cellule staminali emopoietiche. La presenza di una mutazione � -globinica non dele-zionale con una delezione di due geni si traduce in un’anemia più grave, una maggiore epatosplenomegalia, più ittero e un decorso clinico molto più severo di quello causato dalla malattia da Hb H. La forma più comune è l’Hb H Constant Spring ( − � / � , � CS ).

Il trattamento delle sindromi � -talassemiche da delezione consiste nell’integrazione di folati, possibile splenectomia (con i relativi rischi), trasfusioni intermittenti durante anemia severa per le malattie da Hb H non delezionali, terapia trasfusionale cronica o trapianto midollare per quelli che sopravvivono all’idrope fetale. A questi bambini inoltre non bisognerebbe somministrare nemmeno farmaci ossidanti.

BIBLIOGRAFIA Per la bibliografi a completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

Capitolo 457 Difetti enzimatici

457.1 Defi cit di piruvato chinasi George B. Segel

L’anemia emolitica congenita si verifica in soggetti omozigoti o eterozigoti composti per geni autosomici recessivi che causano o una riduzione marcata della piruvato chinasi (PK) eritrocitaria o la produzione di un enzima anomalo con diminuita attività. La produzione di adenosina trifosfato (ATP) all’interno dei globuli rossi è compromessa e si riscontra una riduzione dei livelli di ATP, di piruvato e della forma ossidata del nicotinammide-adenina-dinucleotide fosfato (NAD + ) ( Fig. 457.1 ). La concentrazione di 2,3-difosfoglicerato è aumentata; questo isomero facilita il rilascio dell’ossigeno dall’emoglobina, ma riduce le capacità inibitorie dell’esochinasi e degli enzimi dello shunt degli esoso monofo-sfati. Inoltre, si verifica un’inspiegata diminuzione nella somma dei nucleotidi adenina (ATP, adenosina difosfato e adenosina monofosfato) e piridina (NAD + e la forma ridotta del NAD), con ulteriore compromissione della glicolisi. Come conseguenza della diminuzione dell’ATP, i globuli rossi non riescono a mantenere il loro contenuto di potassio e di acqua; le cellule diventano rigide e la loro emivita è considerevolmente ridotta.

EZIOLOGIA Vi sono due geni per la PK nei mammiferi, ma solo il gene PKLR è espresso nei globuli rossi. Il gene umano PKLR è localizzato sul cromosoma 1q21; sono riportate oltre 180 mutazioni in que-sto gene strutturale, che codifica per una proteina costituita da 574 aminoacidi che produce un tetramero funzionale. Queste mutazioni comprendono alterazioni missense, del sito di splicing e di inserzione-delezione. La maggior parte dei pazienti affetti è eterozigote composto per difetti di 2 diversi geni della PK. Le molte combinazioni possibili probabilmente sono responsabili della variabilità della gravità clinica. Le mutazioni 1456 C-T e 1529 G-A sono le più comuni mutazioni della popolazione bianca.

MANIFESTAZIONI CLINICHE E REPERTI DI LABORATORIO Le manifestazioni cliniche del defi cit di PK vanno da un’anemia emolitica neonatale grave a un’emolisi lieve e ben compensata, rilevata per la prima volta nell’età adulta. Ittero grave e anemia possono verificarsi nel periodo neonatale ed è stato riportato ker-nittero. L’emolisi nei bambini più grandi e negli adulti varia in gravità, con valori di emoglobina compresi tra 8 e 12 g/dL associati a modesto pallore, ittero e splenomegalia. Questi pazienti in genere non richiedono trasfusioni. Una forma grave di malattia presenta un’incidenza relativamente alta tra gli Amish degli Stati Uniti cen-tro-occidentali. Un defi cit di PK può offrire una protezione contro la malaria da falciparum; tuttavia, non vi sono dati demografi ci a sostegno di questa tesi.

La policromatofilia e la macrocitosi lieve riflettono l’elevata conta reticolocitaria. Gli sferociti sono poco comuni, ma si pos-sono trovare alcuni picnociti spiculati. La fragilità osmotica senza incubazione è normale. La diagnosi si basa sulla dimostrazione di una marcata riduzione dell’attività della PK eritrocitaria o sull’au-mento della costante di dissociazione di Michaelis-Menten (K m ) per il suo substrato, il fosfoenolpiruvato (variante elevata di K m ). Altre attività enzimatiche eritrocitarie sono normali o aumentate, e rifl ettono la reticolocitosi. Non si notano alterazioni dell’emo-globina. I globuli bianchi presentano un’attività della PK normale e devono essere rigorosamente esclusi dagli emolisati usati per

C0105.indd 1757C0105.indd 1757 9/30/12 6:19:02 AM9/30/12 6:19:02 AM

1758 ■ Parte XXI Malattie del sangue

misurare l’attività della PK. I portatori eterozigoti in genere hanno livelli di attività della PK moderatamente ridotti.

TRATTAMENTO La fototerapia e le exsanguinotrasfusioni possono essere indicate per l’iperbilirubinemia nei neonati. Le trasfusioni di emazie concen-trate sono necessarie in caso di anemia grave o di crisi aplastiche. Se l’anemia è costantemente grave o se sono necessarie trasfusioni frequenti, la splenectomia dovrebbe essere eseguita dopo i 5-6 anni di età. Anche se non curativa, la splenectomia può essere seguita da livelli più elevati di emoglobina e da reticolocitosi sor-prendentemente alte (30-60%). La morte conseguente a una sepsi pneumococcica fulminante può conseguire alla splenectomia; quindi, l’immunizzazione con vaccini per microrganismi capsulati dovrebbe essere eseguita prima della splenectomia, mentre dopo la splenectomia dovrebbe essere eseguita la profilassi penicillinica.

457.2 Altri defi cit di enzimi della via glicolitica George B. Segel

Anemie emolitiche croniche non sferocitiche di diversa gravità sono state associate a deficit di altri enzimi della via glicolitica, inclusa l’esochinasi, la glucosio fosfato isomerasi e l’aldolasi, che sono ereditate come patologie autosomiche recessive. Il defi cit di fosfofruttochinasi , che si verifica soprattutto negli ebrei ashkenaziti degli Stati Uniti, comporta l’emolisi associata a una miopatia clas-sificata come malattia da accumulo di glicogeno di tipo VII ( Cap. 81.1 ). Dal punto di vista clinico l’anemia emolitica è complicata da debolezza muscolare, intolleranza all’esercizio, crampi e possibile

mioglobinuria. I saggi enzimatici per la fosfofruttochinasi sono bassi nei globuli rossi e nel muscolo.

Il deficit della trioso fosfato isomerasi ( Triose Phosphate Isome-rase , TPI) è una patologia autosomica recessiva che colpisce molti sistemi. I pazienti affetti presentano anemia emolitica, anomalie cardiache e danni al motoneurone inferiore e al tratto piramidale, con o senza evidenze di ritardo mentale. Essi di solito muoiono nella prima infanzia. Il gene per la TPI è stato clonato e sequenziato e si trova nel cromosoma 12.

La fosfoglicerato chinasi ( PhosphoGlycerate Kinase , PGK) è il primo step ATP-generatore della glicolisi. Sono state descritte almeno 23 famiglie con deficit di PGK. La PGK è l’unico enzima glicolitico localizzato sul cromosoma X. I maschi affetti presentano una malattia extrapiramidale progressiva, miopatia, crisi e ritardo mentale grave in associazione all’anemia emolitica. Nove pazienti giapponesi hanno manifestato sintomi neurologici o miopatici con emolisi: 6 avevano emolisi isolata, 7 avevano sintomi neurologici o miopatici isolati e 1 non presentava sintomi. Il gene per la PGK è particolarmente grande, costituito da 23 kb, e diverse anomalie genetiche, incluse le sostituzioni nucleotidiche, le delezioni geniche, i missense, le mutazioni dello splicing, comportano il deficit di PGK.

DEFICIT DEGLI ENZIMI DELLA VIA DEGLI ESOSO MONOFOSFATI La più importante funzione della via degli esoso monofosfati è di mantenere il glutatione in stato ridotto (GSH) come protezione contro l’ossidazione dei globuli rossi (si veda Fig. 457.1 ). Circa il 10% del glucosio assorbito dai globuli rossi passa attraverso questa via per fornire la forma ridotta del nicotinammide-adenina-dinu-cleotide fosfato ( Nicotinamide Adenine Dinucleotide PHosphate , NADPH) necessaria per la conversione del glutatione ossidato a GSH. Il mantenimento del GSH è essenziale per l’inattivazione

Glucosio CisteinaAcido glutammico

Glicina

Fruttosio-6-fosfato

Fruttosio-1,6-difosfato

ATP

ADPEsochinasi

ATP

ADPFosfofruttochinasi

Aldolasi

Glucosio-6-fosfato

NADPH

NADP

Glutatione ossidato

Glutatione ridotto(antiossidante)

H2O

H2O2

Glucosio fosfato isomerasi

Gliceraldeide-3-fosfatoDiidrossiacetone-fosfato

2,3-difosfoglicerato

NAD

NADPGliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi

1,3-difosfoglicerato

ADPPiruvatochinasi

Piruvato

Lattato

Fosfoglicerato mutasi

Difosfoglicerato mutasi

Difosfoglicerato fosfatasi

2-fosfogliceratoEnolasi

2-fosfoenolpiruvato

ADP

[Energia] ATP

[Energia] ATP

NADHLattato deidrogenasi

NAD

Fosfoglicerato chinasi

1,3-fosfoglicerato

Glucosio-6-fosfato deidrogenasi6-fosfogluconato deidrogenasi

Glutationeperossidasi

Triosofosfatoisomerasi

Glutationereduttasi

γ-glutammicisteina

sintetasiGlutationesintetasi

Glicolisianaerobia

Shunt dell’esoso monofosfato

Figura 457.1 Metabolismo del globulo rosso. Glicolisi e via dell’esoso monofosfato. Le carenze enzimatiche associate chiaramente all’emolisi sono mostrate in grassetto. ATP, adenosina trifosfato; ADP, adenosina difosfato; NADP, nicotinammide-adenina-dinucleotide fosfato; NADPH, forma ridotta del NADP.

C0105.indd 1758C0105.indd 1758 9/30/12 6:19:05 AM9/30/12 6:19:05 AM

Capitolo 457 Difetti enzimatici ■ 1759

fisiologica dei composti ossidanti, come il perossido di idrogeno, che si generano all’interno dei globuli rossi. Se il glutatione, o un qualunque composto o enzima necessario per mantenerlo allo stato ridotto, è diminuito, i gruppi SH della membrana del globulo rosso sono ossidati e l’emoglobina si denatura precipitando in inclusioni eritrocitarie chiamate corpi di Heinz. Una volta che i corpi di Heinz si sono formati, dal danno della membrana eritrocitaria causata dall’emoglobina precipitata, dall’agente ossidante e dall’azione del-la milza può derivare un’emolisi acuta. I globuli rossi danneggiati sono rapidamente rimossi dal circolo.

457.3 Defi cit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi e defi cit correlati George B. Segel e Lisa R. Hackney

Il deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD) è la più impor-tante malattia della via degli esoso monofosfati ed è responsabile di due sindromi cliniche, l’anemia emolitica episodica e l’anemia emolitica spontanea cronica non sferocitica. Le manifestazioni più comuni di questa malattia sono l’ittero neonatale e l’anemia emolitica episodica acuta, indotta da infezioni, da alcuni farmaci e, raramente, dalle fave. Questa carenza enzimatica correlata al cromosoma X colpisce oltre 400 milioni di persone nel mondo, con una prevalenza globale del 4,9%. La distribuzione mondiale di questa malattia è simile a quella della malaria e rappresenta un esempio di “polimorfismo bilanciato”, in cui è presente un vantaggio evolutivo di resistenza alla malaria da falciparum nelle femmine eterozigoti che supera il piccolo effetto negativo dei ma-schi emizigoti affetti.

La carenza è causata dall’eredità di uno qualsiasi di un ampio numero di alleli anomali del gene responsabile della sintesi della proteina G6PD. Nel gene responsabile della sintesi della proteina G6PD sono state descritte circa 140 mutazioni. Molte di queste mutazioni sono alterazioni di singole basi che determinano sostitu-zioni di aminoacidi e destabilizzazione dell’enzima G6PD. Il gene per G6PD è stato clonato e sequenziato. Un database accessibile nel web cataloga le mutazioni della G6PD ( www.bioinf.org.uk/g6pd ). Alcune di queste mutazioni che causano emolisi episodica vs cronica sono mostrate nella Figura 457.2 . Una malattia più lieve è associata alle mutazioni vicino all’estremità aminoterminale della molecola della G6PD e l’anemia emolitica cronica non sferocitica è associata a mutazioni localizzate vicino all’estremità carbos-siterminale. L’enzima normale che si trova nella maggior parte della popolazione è denominato G6PD B+. Una variante normale, chiamata G6PD A+, è comune nella popolazione afroamericana.

ANEMIE EMOLITICHE EPISODICHE O INDOTTE Eziologia La G6PD catalizza la conversione del glucosio-6-fosfato in acido 6-fosfogluconico per produrre NADPH e mantenere il glutatione nello stato funzionale, ridotto (si veda Fig. 457.1 ). Il glutatione ridotto fornisce una protezione contro le minacce degli ossidanti derivati da alcuni farmaci e dalle infezioni, che altrimenti causereb-bero la precipitazione dell’emoglobina (corpi di Heinz) o il danno della membrana eritrocitaria.

La sintesi del G6PD eritrocitario è determinata da un gene sul cromosoma X. Di conseguenza, le femmine eterozigoti hanno un’attività enzimatica intermedia e due popolazioni di eritrociti, di cui una è normale, mentre l’altra presenta un defi cit nell’attività della G6PD. Poiché hanno un numero minore di cellule suscettibili, gran parte delle femmine eterozigoti non presenta un’emolisi clinica evidente dopo esposizione a farmaci ossidanti. Nelle femmine eterozigoti raramente la maggior parte dei globuli rossi è defi citaria di G6PD, in quanto l’inattivazione del cromosoma X normale è casuale e talvolta esagerata (ipotesi di Lyon-Beutler).

Le malattie che coinvolgono questo enzima si verifcano, perciò, più frequentemente nei maschi che nelle femmine. Circa il 13% dei maschi afroamericani ha un enzima mutante ( G6PD A−) che comporta una deficit dell’attività della G6PD eritrocitario (5-15% del normale). Italiani, greci e altri gruppi etnici mediterranei, medio-rientali, africani e asiatici hanno un’elevata incidenza, che va dal 5 al 40%, di una variante denominata G6PD B − ( G6PD mediterranea ). L’attività G6PD della femmina omozigote o del maschio emozigote in queste varianti è < 5% del normale. Perciò il difetto negli ameri-cani di origine africana è meno grave che negli americani di origine europea. Un terzo enzima mutante con attività marcatamente ridotta ( G6PD Canton ) si verifica in circa il 5% della popolazione cinese.

Manifestazioni cliniche La maggior parte degli individui con carenza di G6PD è asinto-matica, senza manifestazioni cliniche della malattia eccetto quelle scatenate da infezioni, farmaci o ingestione di fave. Tipicamente, l’emolisi si sviluppa nelle 24-48 ore successive all’assunzione di sostanze con proprietà ossidanti. Nei casi gravi si verifica ittero ed emoglobinuria e la concentrazione emoglobinica può cadere pre-cipitosamente. I farmaci che scatenano l’emolisi includono l’acido acetilsalicilico, sulfamidici, rasburicase e antimalarici come la pri-machina ( Tab. 457.1 ). Il grado di emolisi varia in base all’agente, la quantità ingerita e la gravità della carenza enzimatica. In alcuni pazienti, anche l’ingestione di fave produce una sindrome emolitica acuta grave chiamata favismo . Le fave contengono divicina, isoura-mile e convicina, che alla fi ne portano alla produzione di perossido di idrogeno e di altri prodotti reattivi dell’ossigeno. Si ritiene che il favismo sia più spesso associato alla variante G6PD B − .

Nella variante G6PD A − , la stabilità del dimero proteico è difettosa, e questo difetto si accentua mano a mano che i globuli rossi invecchiano. Di conseguenza, con la distruzione dei globuli rossi più vecchi l’emolisi diminuisce, anche se la somministrazione del farmaco prosegue. Questa remissione è il risultato della labilità età-dipendente dell’enzima, che è abbondante e più stabile negli eritrociti più giovani. La reticolocitosi associata determina una compensazione del processo emolitico in cui l’emoglobina ematica può essere solo lggermente diminuita, nonostante l’esposizione continuata all’agente offensivo.

Un defi cit di G6PD può causare emolisi nel periodo neonatale. Nella G6PD A–, nei bambini pretermine sono state osservate emo-lisi e iperbilirubinemia. Nei neonati con le forme G6PDB − e G6PD Canton, si possono verifi care iperbilirubinuria e perfi no kernittero. I neonati con coereditarietà del defi cit di G6PD e una mutazione del promotore dell’uridin-5-difosfato-glucuronil transferasi (UGT1A1), osservata nella sindrome di Gilbert, presentano un ittero in forma più grave. Quando una donna gravida ingerisce farmaci ossidanti, essi possono essere trasmessi al feto carente di G6PD e alla nascita possono manifestarsi ittero e anemia emolitica.

Mediterranea

Seattle

Union

Figura 457.2 Mutazioni più comuni lungo la sequenza di codifi ca del gene G6PD . Gli esoni sono mostrati come caselle numerate bianche . I cerchi bianchi rappresentano mutazioni che causano le varianti di classe II e III. I cerchi colorati rappresentano mutazioni sporadiche da cui originano le varianti gravi (classe I). Le ellissi bianche rappresentano la mutazioni che causano le varianti di classe IV. X , mutazione nonsense; f , mutazione del sito di splicing; quadrati colorati , piccole delezioni. 202A e 968C sono i due siti di sostituzione di basi in G6PD A. (Da Cappellini MD, Fiorelli G: Glucose-6-phosphate dehydrogenase defi ciency, Lancet 371:64–74, 2008.)

C0105.indd 1759C0105.indd 1759 9/30/12 6:19:06 AM9/30/12 6:19:06 AM

1760 ■ Parte XXI Malattie del sangue

Reperti di laboratorio L’esordio dell’emolisi acuta in genere produce una brusca caduta dell’emoglobina e dell’ematocrito. Se l’episodio è grave, le proteine leganti l’emoglobina, come l’aptoglobina, sono saturate e può comparire emoglobina libera nel plasma e in seguito nelle urine. Globuli rossi non colorati o dopo colorazione sopravitale rivelano la precipitazione dell’emoglobina, nota come corpi di Heinz, i quali non sono visibili negli strisci di sangue con colorazione di Wright. Poiché sono rapidamente rimosse dalla circolazione, le cellule contenenti queste inclusioni sono osservabili esclusivamente nei primi 3-4 giorni di malattia. Inoltre, lo striscio di sangue può contenere globuli rossi con ciò che sembra essere un frammento proveniente dalla periferia e policromasia (globuli rossi più grandi e bluastri) che rappresentano i reticolociti ( Fig. 457.3 ).

Diagnosi La diagnosi dipende dalla dimostrazione diretta o indiretta della ridotta attività della G6PD nei globuli rossi. In base a misure dirette, l’attività enzimatica nelle persone affette è ≤ 10% del normale e la riduzione dell’attività enzimatica è più importante negli americani di discendenza europea e negli asiatici rispetto agli afroamericani. Test di screening soddisfacenti si basano su riduzione del blu di metilene, riduzione della metemoglobina o sulla fluorescenza del NADPH. Immediatamente dopo un episodio emolitico, predominano i reticolociti e gli eritrociti giovani. Queste cellule giovani hanno un’attività enzimatica significativamente più elevata rispetto alle cellule più vecchie nella varietà A − . I test devono essere perciò rinviati di alcune settimane prima che si possa dimostrare un basso livello diagnostico di enzima. La diagnosi può essere sospettata quando l’attività della G6PD rientra nel range normale-basso in presenza di una conta reticolocitaria elevata. Le varianti G6PD possono essere anche scoperte attraverso l’analisi elettroforetica.

Prevenzione e trattamento La prevenzione dell’emolisi costituisce la misura terapeutica più importante. Quando possibile, i maschi appartenenti a gruppi etnici con incidenza importante di deficit di G6PD (ad es. greci, italiani delle regioni del Sud Italia, ebrei sefarditi, filippini, cinesi del Sud, afroamericani e thailandesi) dovrebbero sottoporsi a un test specifi co per l’individuazione di questo defi cit prima di ricevere farmaci ossidanti. Le dosi abituali di acido acetilsalicilico e trimetoprim-sulfametoxazolo non causano un’emolisi clinica-mente rilevante nella varietà A − . Tuttavia, l’acido acetilsalicilico somministrato nelle dosi utilizzate per la febbre reumatica (60-100 mg/kg/24 ore) può produrre un episodio emolitico grave. Anche i bambini con ittero neonatale grave appartenenti a questi gruppi etnici devono essere sottoposti al test per il defi cit di G6PD, a causa del rischio aumentato di presentare questa carenza. Se si è verificata l’emolisi, la terapia di supporto può richiedere trasfusioni di sangue, anche se la guarigione è la regola nel momento in cui l’agente ossidante viene sospeso.

ANEMIE EMOLITICHE CRONICHE ASSOCIATE A DEFICIT DI G6PD O A FATTORI CORRELATI L’anemia emolitica cronica non sferocitica è stata associata a grave deficit di G6PD causato da varianti enzimatiche, in parti-colare quelle carenti in quantità, attività o stabilità. I difetti genici che portano all’emolisi cronica sono posti in primo luogo nella regione del sito di legame del NADP vicino all’estremità carbos-siterminale della proteina (si veda Fig. 457.2 ). Queste includono le varianti Loma Linda, Tomah, Iowa, Beverly Hills, Nashville, Riverside, Santiago de Cuba e Andalus. Persone con deficit del-l’enzima G6PD B − occasionalmente presentano emolisi croniche e il processo emolitico può peggiorare dopo l’ingestione di farmaci ossidanti. In questo tipo di emolisi cronica la splenectomia è di scarsa utilità.

Altri difetti enzimatici possono compromettere la rigenera-zione del GSH come una vasca di raccolta di sostanze ossidanti (si veda Fig. 457.1 ). Un’anemia cronica lieve non sferocitica è stata riportata in associazione a diminuzione del GSH eritrocitario, a causa dei deficit di � -glutamilcisteina o di glutatione sintetasi. Il deficit di 6-fosfogluconato deidrogenasi (6PDG) è stato associato

Figura 457.3 Modifi cazioni morfologiche eritrocitarie (anisopoichilocitosi, cellule frammentate) durante l’emolisi acuta in un paziente con defi cit di G6PD. Le frecce mostrano le cellule frammentate. L’anisopoichilocitosi è un’anomalia della forma o delle dimensioni degli eritrociti. (Da Cappellini MD, Fiorelli G: Glucose-6-phosphate dehydrogenase defi ciency, Lancet 371:64–74, 2008.)

Tabella 457.1 AGENTI PRECIPITANTI L’EMOLISI NEL DEFICIT DI GLUCOSIO-6-FOSFATO DEIDROGENASI

FARMACIAntibioticiSulfamidici Dapsone Trimetoprim-sulfametoxazolo Acido nalidixico Cloramfenicolo NitrofurantoinaAntimalariciPrimachina Pamachina Clorochina QuinacrinaAltriAcetanilide Analoghi della vitamina K Blu di metilene Probenecid Acido acetilsalicilico FenazopiridinaSOSTANZE CHIMICHEFenilidrazina Benzene Naftalene 2,4,6-trinitrotolueneMALATTIEAcidosi diabetica Epatiti Sepsi

Da Asselin BL, Segel GB: In Rakel R, editor: Conn’s current therapy , Philadelphia, 1994, WB Saunders, p 341.

C0105.indd 1760C0105.indd 1760 9/30/12 6:19:06 AM9/30/12 6:19:06 AM

Capitolo 458 Anemie emolitiche conseguenti a fattori extracellulari: anemie emolitiche immuni ■ 1761

in primo luogo all’emolisi indotta da farmaci, ed emolisi con iper-bilirubinemia è stata correlata al deficit di glutatione perossidasi in neonati.

BIBLIOGRAFIA Per la bibliografi a completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

Capitolo 458 Anemie emolitiche conseguenti a fattori extracellulari: anemie emolitiche immuni George B. Segel e Charles H. Packman

ANEMIE EMOLITICHE AUTOIMMUNI Un certo numero di agenti esterni e di patologie può condurre a distruzione prematura dei globuli rossi ( Tab. 458.1 ). Tra quelli meglio definiti vi sono gli anticorpi associati ad anemie emolitiche immuni. Il segno distintivo di questo gruppo di patologie è la positività del test di Coombs diretto, che evidenzia la presenza di immunoglobuline o fattori del complemento sulla membrana dei globuli rossi. La patologia emolitica immune più importante nella pratica pediatrica è la malattia emolitica del neonato (eritroblastosi fetale), causata dal trasferimento transplacentare di anticorpi ma-terni diretti contro i globuli rossi del feto, cioè l’anemia emolitica isoimmune ( Cap. 97.2 ). Diverse altre anemie emolitiche immuni so-no autoimmuni (si veda Tab. 458.1 ) e possono essere idiopatiche o correlate a diverse infezioni (virus di Epstein-Barr, raramente HIV, cytomegalovirus e micoplasma), malattie immunomediate (lupus eritematoso sistemico [LES], artrite reumatoide), immunodeficienze (agammaglobulinemia, patologie linfoproliferative autoimmuni, disgammaglobulinemia), neoplasie (linfoma, leucemia, malattia di Hodgkin) o farmaci (metildopa, L -dopa). Altri farmaci (penicilline, cefalosporine) causano emolisi tramite anticorpi “farmaco-dipen-denti”, ovvero anticorpi diretti verso il farmaco e, in alcuni casi, anche verso l’antigene di membrana del globulo rosso.

ANEMIE EMOLITICHE AUTOIMMUNI ASSOCIATE AD ANTICORPI “CALDI” Eziologia Nelle anemie emolitiche autoimmuni anticorpi anomali sono diretti contro gli antigeni di membrana dei globuli rossi, ma la patogenesi della produzione anticorpale è incerta. L’autoanticorpo può essere prodotto come risposta immunitaria inappropriata a un antigene eritrocitario o a un altro epitopo antigenico simile a un antigene eritrocitario, noto come mimetismo molecolare. In alternativa, un agente infettivo può alterare la membrana eritrocitaria rendendola “estranea” o antigenica per l’ospite. Gli anticorpi di solito reagi-scono a epitopi (antigeni) che sono “pubblici” o comuni a tutti i globuli rossi umani, come le proteine Rh.

In molti casi di emolisi da anticorpi caldi, non si riesce a trovare alcuna causa sottostante; questo è il tipo primario o idiopatico (si veda Tab. 458.1 ). Se associata a una patologia sottostante, come una patologia linfoproliferativa, il LES o l’immunodeficienza, l’emolisi autoimmune è secondaria. In almeno il 20% dei casi di emolisi immune, i farmaci possono avere giocato un ruolo ( Tab. 458.2 ).

I farmaci (penicillina o talvolta cefalosporine) che causano emolisi tramite il meccanismo degli “apteni” (immune ma non au-toimmune) che si legano strettamente alla membrana eritrocitaria (si veda Tab. 458.1 ). Anticorpi contro il farmaco, neoformati o preesistenti, si legano alle molecole del farmaco sui globuli rossi mediando la loro distruzione nella milza In altri casi alcuni farmaci, come il chinino e la chinidina, non si legano sui globuli rossi ma piuttosto formano parte di un “complesso ternario”, costituito dal farmaco, un antigene di membrana eritrocitario e un autoan-ticorpo che riconosce entrambi (si veda Tab. 458.1 ). La metildopa e qualche volta le cefalosporine possono, attraverso meccanismi sconosciuti, stimolare autoanticorpi veri contro antigeni di mem-brana dei globuli rossi, così che la presenza del farmaco non è necessaria per causare l’emolisi.

Manifestazioni cliniche Le anemie emolitiche autoimmuni possono presentarsi secondo due quadri clinici generali. Il primo, un tipo acuto transitorio che dura 3-6 mesi e si verifica soprattutto in bambini di età tra i 2 e i 12 anni, riguarda il 70-80% dei pazienti e spesso è preceduto da un’infezione, in genere respiratoria. L’esordio può essere acuto, con prostrazione, pallore, ittero, febbre ed emoglobinuria, oppure più graduale, soprattutto con affaticamento e pallore. La milza è in genere aumentata di volume ed è il primo sito di distruzione dei globuli rossi rivestiti dalle immunoglobuline G (IgG). Patologie sistemiche sottostanti sono poco comuni. Un’ottima risposta alla terapia con glucocorticoidi, un basso tasso di mortalità e la piena guarigione sono tipici della forma acuta. L’altro quadro clinico presenta un decorso prolungato e cronico, che è più frequente nei lattanti e nei bambini di età > 12 anni. L’emolisi può continuare per molti mesi o anni. Le anomalie che coinvolgono altri elementi ematici sono comuni, e la risposta ai glucocorticoidi è variabile e non prevedibile. Il tasso di mortalità è di circa il 10% e la morte è spesso attribuibile a una malattia sistemica sottostante.

Reperti di laboratorio In molti casi l’anemia è grave, con livelli di emoglobina < 6 g/dL. Sono presenti un’importante sferocitosi e policromasia (che ri-fl ettono la risposta reticolocitaria). Oltre il 50% dei globuli rossi circolanti può essere costituito da reticolociti, e in genere sono presenti eritroblasti. In alcuni casi, può esserci una bassa conta re-ticolocitaria, soprattutto all’esordio dell’episodio. È inoltre comune la leucocitosi. La conta piastrinica è di solito normale, ma talvolta compare una porpora trombocitopenica immune concomitante ( sindrome di Evans ). La prognosi per i pazienti con la sindrome di Evans è infausta, perché molti hanno malattie croniche, inclusi LES, una sindrome da immunodefi cienza o una patologia linfo-proliferativa autoimmune.

Tabella 458.1 MALATTIE CARATTERIZZATE DA DISTRUZIONE DEI GLOBULI ROSSI IMMUNOMEDIATA

ANEMIA EMOLITICA AUTOIMMUNE DOVUTA AD AUTOANTICORPI CALDIPrimaria (idiopatica) Secondaria Patologie linfoproliferative Malattie del tessuto connettivo (soprattutto il lupus eritematoso sistemico) Neoplasie non linfoidi (ad es. tumori ovarici) Malattie infiammatorie croniche (ad es. colite ulcerosa) Disturbi da immunodefi cienzaANEMIA EMOLITICA AUTOIMMUNE DOVUTA AD AUTOANTICORPI FREDDI (SINDROMI EMOLITICHE CRIOPATICHE)Malattia da agglutinine fredde primaria (idiopatica) Malattia da agglutinine fredde secondaria Patologie linfoproliferative Infezioni ( Mycoplasma pneumoniae , virus di Epstein-Barr) Emoglobinuria parossistica a frigore Primaria (idiopatica) Sindromi virali (più comuni) Sifilide congenita o terziariaANEMIA EMOLITICA IMMUNE FARMACO-INDOTTA (Tab. 458.2)Aptene/Assorbimento di farmaci (ad es. penicillina) Complesso ternario (immune) (ad es. chinino o chinidina) Induzione di autoanticorpi vera (ad es. metildopa)

Modifi cata da Packman CH: Autoimmune hemolytic anemias. In Rakel R, editor: Conn’s current therapy , Philadelphia, 1995, WB Saunders, p 305.

C0105.indd 1761C0105.indd 1761 9/30/12 6:19:07 AM9/30/12 6:19:07 AM

1762 ■ Parte XXI Malattie del sangue

Il test di Coombs diretto è fortemente positivo, e talvolta nel siero può essere dimostrata la presenza di anticorpi liberi. Questi anticorpi sono attivi a 35-40 °C (anticorpi “caldi”) e molto spesso appartengono alla classe IgG. Essi non necessitano del comple-mento per l’attività e sono in genere anticorpi incompleti che non producono agglutinazione in vitro. Anticorpi sierici e quelli eluiti dai globuli rossi reagiscono con i globuli rossi di molte persone, oltre che dei pazienti. Essi spesso sono stati definiti come panag-glutinine aspecifiche, ma attenti studi hanno rivelato la specificità per gli antigeni eritrocitari del sistema Rh nel 70% dei pazienti (circa il 50% degli adulti). Il complemento, in particolare il C3b, può essere riscontrato sui globuli rossi insieme alle IgG. I risultati del test di Coombs raramente sono negativi a causa della limitata sensibilità della reazione di Coombs. Per produrre una reazione positiva, sulla membrana eritrocitaria è necessario un minimo di 260-500 molecole di IgG per cellula. Per scoprire l’anticorpo nei casi di anemia emolitica autoimmune “Coombs negativa” sono necessari test speciali. Nell’anemia emolitica da anticorpi caldi, il test di Coombs diretto può individuare le sole IgG, i frammenti di IgG e del complemento, oppure solo i frammenti del complemento se il livello di IgG legate agli eritrociti è inferiore al limite di rile-vamento del reattivo di Coombs anti-IgG.

Trattamento Le trasfusioni in genere producono un miglioramento solo tran-sitorio, ma possono salvare la vita del paziente nei casi di anemia grave fornendo un apporto di ossigeno finché non compaiono gli effetti degli altri trattamenti. In generale, tutte le unità testate per la trasfusione sono sierologicamente incompatibili. È importante identifi care il gruppo sanguigno ABO del paziente allo scopo di evitare una reazione emolitica da trasfusione mediata dagli anti-A o dagli anti-B. Il sangue della banca dovrebbe inoltre essere te-stato per individuare l’eventuale presenza di un alloanticorpo, che potrebbe causare una rapida emolisi dei globuli rossi trasfusi. I pazienti che non hanno mai subito trasfusioni né hanno mai vissuto una gravidanza probabilmente non possiedono alloanticorpi. È essenziale che il medico che segue il paziente e quello della banca del sangue si consultino tempestivamente. La mancata trasfusione

a un lattante o a un bambino profondamente anemici può portare a una grave morbilità e anche alla morte.

I pazienti con malattia lieve ed emolisi compensata possono non richiedere alcun trattamento. Se l’emolisi è grave e comporta un’anemia importante o sintomi, viene iniziato un trattamento con glucocorticoidi. I glucocorticoidi riducono la velocità di emo-lisi bloccando la funzione macrofagica tramite la soppressione dell’espressione del recettore Fc � , diminuendo la produzione an-ticorpale e forse migliorando la eluizione degli anticorpi dai globuli rossi. Il prednisone o il suo equivalente è somministrato alla dose di 2 mg/kg/24 ore. In alcuni pazienti con emolisi grave, per ridurre il grado di emolisi possono essere necessarie dosi di prednisone fino a 6 mg/kg/24 ore. Il trattamento dovrebbe essere proseguito finché l’emolisi non diminuisce, con uan successiva graduale riduzione della dose. Se si verifica una ricaduta, può essere necessario il ritorno al dosaggio pieno. La malattia tende a risolversi sponta-neamente entro qualche settimana o mese. Il risultato del test di Coombs può rimanere positivo anche dopo che i livelli di emoglo-bina sono tornati normali. In generale, è possibile interrompere il trattamento con prednisone in tuta sicurezza nel momento in cui il test di Coombs diretto produce risultati negativi. Quando l’anemia emolitica rimane grave nonostante la terapia glucocorticoidea, o quando per mantenere un valore di emoglobina accettabile sono necessarie dosi elevate, si può provare il trattamento con immuno-globuline endovena. Il rituximab, un anticorpo monoclonale che ha per bersaglio i linfociti B, i produttori di anticorpi, si è rivelato utile nei casi cronici refrattari alla terapia convenzionale. Nei casi refrattari è stata usata la plasmaferesi, che però in genere non è utile. La splenectomia può essere di beneficio, ma è complicata da un elevato rischio di infezione da organismi capsulati, in particolare nei pazienti di età < 2 anni. È indicata la profilassi con vaccini appropriati (pneumoccoccico, meningococcico e Haemophilus infl uenzae tipo b) prima della splenectomia e con penicillina per via orale dopo la splenectomia.

Decorso e prognosi La malattia emolitica idiopatica acuta autoimmune nell’infanzia varia in gravità, ma è autolimitantesi; la mortalità per anemia in-

Tabella 458.2 SELEZIONE DI FARMACI CHE CAUSANO EMOLISI IMMUNOMEDIATA

MECCANISMO ASSORBIMENTO DEL FARMACO (APTENE) COMPLESSO TERNARIO (IMMUNE) INDUZIONE DI AUTOANTICORPI

Test dell’antiglobulina diretto Positività (anti-IgG) Positività (anti-C3) Positività (anti-IgG)Sito di emolisi Extravascolare Intravascolare ExtravascolareFarmaci Penicillina Chinidina � -metildopa

Ampicillina Fenacetina Acido mefenamicoMeticillina Idroclorotiazide (Ponstel)Carbenicillina Rifampicina L -dopaCefalotina * Sulfamidici ProcainamideCefaloridina Isoniazide Ibuprofene

Chinino DiclofenacInsulina Interferone- � TetraciclinaMelfalanParacetamoloIdralazinaProbenecidClorpromazinaStreptomicinaFluorouracileSulindac

Ig, immunoglobulina. * Non disponibile negli Stati Uniti. Adattata da Schwartz RS, Berkman EM, Silberstein LE: Autoimmune hemolytic anemias. In Hoffman R, Benz EJ Jr, Schattil SJ, et al, editors: Hematology: basic principles and practic e, ed 3, Philadelphia, 2000, Churchill Livingstone, p 624. Reproduced from Dhaliwal G, Cornett PA, Tierney LM: Hemolytic anemia, Am Family Physician 69:2599–2606, 2004.

C0105.indd 1762C0105.indd 1762 9/30/12 6:19:10 AM9/30/12 6:19:10 AM

Capitolo 459 Anemie emolitiche secondarie ad altri fattori extracellulari ■ 1763

trattabile è rara. Circa il 30% dei pazienti presenta emolisi cronica spesso associata a una patologia sottostante, come LES, linfoma o leucemia. Negli adulti, la presenza di anticorpi antifosfolipidi in pazienti con emolisi immune predispone alla trombosi. La morta-lità nei casi cronici dipende dalla patologia primitiva.

ANEMIE EMOLITICHE AUTOIMMUNI ASSOCIATE AD ANTICORPI “FREDDI” Gli anticorpi “freddi” che agglutinano i globuli rossi a temperature < 37 °C. Essi sono soprattutto di classe IgM e per l’attività emoliti-ca necessitano del complemento. Il range di temperatura associato all’agglutinazione dei globuli rossi è detto ampiezza termica. Un anticorpo con ampiezza termica più elevata, ossia in grado di legare i globuli rossi a temperature raggiungibili nel corpo, con l’esposizione a un ambiente freddo causa emolisi. Titoli anticorpali elevati sono associati a un’ampiezza termica elevata.

Malattia da agglutinine fredde Gli anticorpi freddi in genere hanno specificità per gli antigeni oligosaccaridici del sistema I/i. Essi possono presentarsi nella ma-lattia delle agglutinine fredde primaria o idiopatica, secondaria a infezioni come quelle da Mycoplasma pneumoniae e virus di Epstein-Barr, o secondaria a patologie linfoproliferative. Dopo infezione da M. pneumoniae , i livelli di anti-I possono aumentare molto, e talvolta possono verificarsi grandi aumenti, fino a titoli ≥ 1:30.000. L’anticorpo ha specificità per l’antigene I e quindi reagisce poco con i globuli rossi del cordone ombelicale umano, che possiedono l’antigene i ma esprimono bassi livelli di antigene I. I pazienti con mononucleosi infettiva in alcune occasioni presentano agglutinine a freddo e gli anticorpi in questi pazienti hanno spes-so una specificità anti-i. Questo anticorpo causa meno emolisi negli adulti rispetto ai bambini perché gli adulti presentano meno molecole i sui loro globuli rossi. Un’agglutinazione eritrocitaria spontanea viene osservata con il freddo e in vitro, e gli aggregati eritrocitari sono presenti allo striscio di sangue. Il volume corpu-scolare medio può essere falsamente aumentato a causa dell’agglu-tinazione cellulare. La gravità dell’emolisi è associata all’ampiezza termica dell’anticorpo, esso stesso parzialmente dipendente dal titolo anticorpale IgM.

Quando sono presenti elevati titoli di anticorpi freddi e attivi a temperature simili a quella corporea, può verificarsi un’emolisi grave intravascolare con emoglobinemia ed emoglobinuria che aumenta con l’esposizione del paziente al freddo (temperatura esterna o alimenti ingeriti). Ogni molecola IgM ha il potenziale di attivare una molecola C1 così che una grande quantità di com-plemento si trova sui globuli rossi nella malattia delle agglutinine fredde. Questi eritrociti sensibilizzati possono andare incontro a lisi intravascolare mediata dal complemento o a distruzione nella milza e nel fegato.

La malattia da agglutinine fredde è meno comune nei bambini rispetto agli adulti e più frequentemente comporta un episodio acuto autolimitante di emolisi. I glucocorticoidi sono molto meno efficaci nella malattia da agglutinine fredde rispetto alla malattia con anticorpi caldi. I pazienti dovrebbero evitare l’esposizione al freddo ed essere sottoposti a trattamento per la patologia sottostan-te. Nei pochi pazienti con malattia emolitica grave il trattamento

include l’immunosoppressione e la plasmaferesi. È stato riferito un trattamento di successo della malattia da agglutinine fredde con l’anticorpo monoclonale rituximab, che riduce significativamente i linfociti B. Nella malattia da agglutinine fredde la splenectomia non è utile.

Emoglobinuria parossistica a frigore Questa forma di anemia emolitica è mediata dall’emolisina di Donath-Landsteiner, che è un autoanticorpo IgG reattivo al freddo con specificità anti-P. Questo anticorpo fissa una grande quantità di complemento con il freddo e i globuli rossi lisano a mano a mano che la temperatura aumenta. La maggior parte dei casi riportati è autolimitante e in genere associata a infezioni virali aspecifiche. Attualmente essi si ritrovano raramente in associazione alla sifilide congenita o acquisita. Questa patologia può rappresentare il 30% degli episodi emolitici immuni nei bambini. Il trattamento include la trasfusione per l’anemia grave e richiede di evitare la frequen-tazione di ambienti freddi.

BIBLIOGRAFIA Per la bibliografi a completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

Capitolo 459 Anemie emolitiche secondarie ad altri fattori extracellulari George B. Segel

EMOLISI DA FRAMMENTAZIONE (SI VEDA TAB. 451.1 ) Nelle anemie emolitiche la distruzione dei globuli rossi può ve-rificarsi a causa del danno meccanico nel momento in cui le cellule attraversano un letto vascolare danneggiato. Il danno può essere microvascolare, quando i globuli rossi sono danneggiati dalla fibri-na nei capillari durante la coagulazione intravascolare o quando un danno vascolare renale si accompagna alla sindrome uremico-emolitica ( Cap. 512 ) o la porpora trombotica trombocitopenica (Cap. 478.5). Nella sindrome di Kasabach-Merritt (emangioma gigante e trombocitopenia; Cap. 499 ), o quando una sostituzione di una valvola cardiaca è scarsamente epitelizzata, può esservi il coinvolgimento di vasi di dimensioni maggiori. Lo striscio di sangue mostra molti “schistociti”, o cellule frammentate, così come la policromatofilia, che riflette la reticolocitosi (si veda Fig. 452.4 F ). Una sideropenia secondaria può complicare l’emolisi intravascolare a causa della perdita di ferro con l’emoglobina e l’emosiderina nelle urine (si veda Fig. 451.2 ). Il trattamento dovrebbe essere diretto alla condizione sottostante e la prognosi dipende dalla sua efficacia. Il beneficio della trasfusione è transitorio perché le cellule trasfuse sono distrutte tanto velocemente quanto quelle prodotte dal paziente.

Per il testo completo del capitolo, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

C0105.indd 1763C0105.indd 1763 9/30/12 6:19:14 AM9/30/12 6:19:14 AM