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RIPARTIZIONE TRASVERSALE DEI CARICHI
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1.7 RIPARTIZIONE TRASVER
In generale il posizionamento dei carichi è un problema spaziale
problema bidimensionale mentre in una trave il problema, come abbiamo visto trattando le linee di
influenza, è semplicemente monodimensionale.
Chiarimento terminologico
Ricordiamo che nel punto 1.0 (Fig. 1.0) avevamo definito
ortogonalmente al loro piano, mentre definivamo
Generalmente si hanno anche situazioni in cui coesistono entrambi i tipi di carico: si dice allora che
al comportamento flessionale (out of plane
Le piastre possono avere spessore c
dal loro piano. Una piastra irrigidita con nervature è solitamente costruita
si comporta in modo monolitico e
travi ortogonali tra loro con sezione a T (vedi figura pagina seguente).
123
RIPARTIZIONE TRASVER SALE DEI CARICHI
il posizionamento dei carichi è un problema spaziale: ad esempio su una piastra è un
problema bidimensionale mentre in una trave il problema, come abbiamo visto trattando le linee di
semplicemente monodimensionale.
B)
Ricordiamo che nel punto 1.0 (Fig. 1.0) avevamo definito piastre
ortogonalmente al loro piano, mentre definivamo lastre quelle caricate nel loro piano.
Generalmente si hanno anche situazioni in cui coesistono entrambi i tipi di carico: si dice allora che
out of plane) si aggiunge il comportamento membranale (
Le piastre possono avere spessore costante oppure possono essere irrigidite con nervature uscenti
. Una piastra irrigidita con nervature è solitamente costruita in calcestruzzo armato e
si comporta in modo monolitico e solo idealmente possiamo considerarla costituita da due ordini di
travi ortogonali tra loro con sezione a T (vedi figura pagina seguente).
A) Piastra a spessore costante
esempio su una piastra è un
problema bidimensionale mentre in una trave il problema, come abbiamo visto trattando le linee di
gli elementi caricati
quelle caricate nel loro piano.
Generalmente si hanno anche situazioni in cui coesistono entrambi i tipi di carico: si dice allora che
si aggiunge il comportamento membranale (in plane).
rigidite con nervature uscenti
in calcestruzzo armato e
possiamo considerarla costituita da due ordini di
Piastra a spessore costante
124
Diverso è invece il caso di una struttura che nasce assemblando travi ortogonali collegate
successivamente da travi secondarie aventi la funzione di reggere i carichi e trasferirle sulle travi
principali: questo è il caso nel quale il grigliato di travi ha un immediato riscontro fisico.
Il caso intermedio è quello per cui su un griglia di travi in acciaio viene connessa (tramite appositi
connettori) ad una piastra in cemento armato: in questo caso si parla di “struttura mista”.
(Al grigliato di travi come quello della figura D è sovrapposta una soletta in cemento armato).
GRIGLIATO DI TRAVI
(travi principali e travi secondarie)
Posizionamento del carico su strutture bidimensionali
C)
D)
E)
125
La figura mostra il caso di una piastra rettangolare sulla quale è stato posizionato un sistema di
riferimento: la posizione di un carico concentrato avrà così due coordinate.
È possibile semplificare il calcolo di una piastra, sia nervata sia a spessore costante, riportandolo a
quello di un grigliato di travi per le quali sono azioni significative le azioni flettenti, quelle torcenti
e i tagli. Le figure F e G illustrano il concetto: la piastra a spessore costante (fig. F) è suddivisa
idealmente in strisce ortogonali: gli assi di queste strisce ideali sono stati disegnati nella fig. G.
Si comprende come per ogni sezione S sia possibile tracciare un diagramma che dia ad esempio il
valore del momento in S per ogni posizione X , Y del carico. È possibile estendere il metodo
matriciale per determinare gli estremi, già spiegato in precedenza, a questo caso più generale.
Nella figura precedente entrambi gli ordini di travi scaricano le loro reazioni sui vincoli a terra;
molto spesso invece dobbiamo distinguere tra travi principali (che scaricano sui vincoli) e travi
secondarie (che scaricano sulle travi principali).
F)
G)
126
Quando vi sono travi secondarie e principali il problema si divide in due fasi:
1) Posizionare i carichi in senso longitudinale sull’impalcato in modo da massimizzare una
particolare azione interna (es. il momento), senza ancora pensare a come essa si suddivide tra le
varie travi longitudinali. Questa fase è risolubile con le linee d’influenza.
2) Ripartire le azioni interne in senso trasversale, vale a dire suddividere l’azione interna tra le
varie travi longitudinali. Questo problema è quello della ripartizione delle azioni interne (N, M, V)
in senso trasversale. Per la linearità del problema è anche definito ripartizione dei carichi in senso
trasversale.
In altre parole, dire che a una trave compete metà dell’azione flettente è come dire che alla trave
compete metà del carico. (come si vedrà negli esempi numerici)
L’impalcato, cioè la struttura portante orizzontale, ha infatti anche una certa larghezza lungo cui i
carichi sono disposti secondo un’eccentricità misurata rispetto all’asse baricentrico.
NOTA: I due rettangoli tratteggiati sono le impronte in pianta delle pile d’appoggio dell’impalcato. Figura 1. 1 Nota sull’intensità dei carichi: per quanto riguarda l’ingombro dei carichi, generalmente su una
corsia si ritiene presente il carico completo, mentre sulle altre si considera un carico ridotto per
motivi probabilistici (è improbabile che il massimo carico sia presente contemporaneamente su
entrambe le corsie). Allo stesso modo per gli edifici alti la normativa non indica sempre lo stesso
carico su ogni piano perché la contemporaneità su tutti i piani dello stesso carico non è probabile.
Le travi di un impalcato a graticcio, o a grigliato, saranno quindi sollecitate in maniera diversa. Il
nostro fine è quello di ridurre il problema bidimensionale ad un problema monodimensionale e
fare ciò calcolando la quota di carico (ovvero la quota di azione interna) che compete ad ogni trave.
e
127
Figura 1. 2 Il nostro scopo è quello di ripartire in termini percentuali i carichi (o azioni) sulle travi
longitudinali.
Se invece l’impalcato è a cassone non c’è il problema della ripartizione trasversale dei carichi, ma si
ha un problema di momento torcente (vedi figura seguente).
I problemi che si manifestano nello studio delle strutture da ponte possono quindi essere di due tipi:
1) ripartizione percentuale in direzione trasversale dei carichi sul grigliato di travi;
2) problemi torsionali delle travi a cassone; infatti quando l’impalcato è a cassone il
problema non può essere semplificato, invece nel caso della figura di
destra, il problema può essere ridotto a quello di 3 travi che possono
essere studiate indipendentemente. Il primo è un problema di
“complessità irriducibile”.
128
Figura 1.3(Quando la sezione trasversale di un ponte è schematizzabile come un'unica sezione di trave non possiamo parlare di ripartizione trasversale dei carichi)
Validità attuale del calcolo manuale
Dagli studi sui grigliati di travi sono state elaborate varie teorie che consentono la ripartizione dei
carichi anche in modo semplice, con calcolo manuale. Oggi, questi metodi sono idonei come
strumenti di verifica, che consentono di convalidare i risultati dell’elaboratore, e si basano sulla
capacità di comprensione delle componenti di una struttura: solo con riferimento a modelli semplici
possiamo comprendere il comportamento di una struttura, individuando dei parametri fondamentali.
Infatti con programmi quali SAP2000 è relativamente semplice risolvere strutture
bidimensionali o tridimensionali, ma il controllo dei risultati è complicato. I metodi semplificati
ci permettono ciò, introducendo però ipotesi semplificative.
Quindi per aver un confronto valido prenderò la struttura reale e la modellerò nella maniera
sofisticata concessa dal programma. Su questo modello completo agirò per riprodurre in esso le
semplificazioni fatte con il calcolo manuale (es: per non considerare un travetto trasversale imposto
E con un valore prossimo allo zero invece che il suo reale valore). I risultati ottenuti dovranno
tendere a quelli ricavati con il calcolo manuale. Una volta verificato ciò, potrò utilizzare il modello
nella sua complessità con il vantaggio però, reintroducendo i valori reali dei parametri uno alla
volta, di acquisire sensibilità sull’influenza di ciascuno di essi.
In sintesi si possono quindi usare:
129
- metodi di calcolo rigorosi, basati sul calcolo automatico, per la verifica finale della struttura;
- metodi di calcolo approssimati, semplificati od ultra semplificati, più rapidi ed intuitivi, in
fase di pre-progetto per il dimensionamento delle sezioni e per convalidare i risultati
dell’elaboratore.
Metodi semplificati per i grigliati di trave
Si considera un esempio di grigliato costituito da una serie di travi longitudinali appoggiate ai loro
estremi e collegate tra loro da traversi (o travi secondarie). La funzione dei traversi è di ottenere la
ripartizione dei carichi tra le varie travi longitudinali parallele.
Applicando un carico verticale concentrato P=1 in corrispondenza di una trave longitudinale, si
vuole sapere in che percentuale esso viene assorbito dalle altre travi parallele a quella caricata
(grazie alla presenza dei traversi): ovvero in che percentuale l’azione interna generata da P viene
assorbita.
Ad esempio, nel caso limite in cui i traversi sono incernierati alle travi principali la collaborazione
delle travi adiacenti a quella caricata è nulla. Nella figura sarà la seconda trave a portare
interamente il carico.
Figura 1. 4N.B.: la figura in alto a destra rappresenta il caso limite di traverso incernierato Nella schematizzazione del grigliato di travi, ogni nodo può subire 3 spostamenti: 1 spostamento
perpendicolare al piano del graticcio e 2 rotazioni, una attorno all’asse x parallelo alle travi
longitudinali ed una attorno all’asse y parallelo al traverso. In altre parole uz è lo spostamento
verticale, αx è la rotazione delle trave principale e αy è la rotazione della trave secondaria.
x = direzione longitudinale y = direzione trasversale
130
uz
αx
Sezione trasversale
Trave primaria
Trave secondaria
Sezione longitudinale
uz αy
αy
Trave primaria
Trave secondaria
Figura 1. 5
Invece, come è noto, nel calcolo a telaio piano abbiamo due spostamenti(uno orizzontale e uno
verticale) e una rotazione, pertanto anche in questo caso sono tre i parametri per definire la
deformata; questo ha permesso di studiare i grigliati utilizzando un’analogia ai telai piani (la
struttura formale della matrice di rigidezza è la stessa). In altre parole, il grigliato piano è ricondotto
ad un telaio piano fittizio.
Per determinare il carico trasmesso alle altre travi, si può quindi eseguire un calcolo simile ad un
calcolo a telaio oppure un calcolo semplificato rapido, diretto e manuale (che è il metodo che
vedremo).
131
In quest’ultimo caso si effettua una semplificazione dello schema strutturale, considerando le varie
situazioni limite.
NOTA TERMINOLOGICA: La parola “rigidezza” indica la proporzionalità tra forza (o momento) e
spostamento (o rotazione).
SEMPLICE ESEMPIO PER COMPRENDERE IL SIGNIFICATO DEI TRE
FATTORI: EA, EJ, GJtor
La figura mostra tre sezioni aventi la stessa area, costruite con lo stesso materiale (quindi aventi le
stesso E e G).
Le tre sezioni vogliono rappresentare:
- una sezione di tipo compatto.
- una sezione a doppio T al fine di massimizzare la rigidezza flessionale.
- una sezione circolare cava al fine di massimizzare la rigidezza torsionale.
1° Caso: DEFORMAZIONE ASSIALE
∆l = � · ��·� ∆1·l = ∆2·l = ∆3·l
Si allungano nello stesso modo perché le aree sono
uguali.
132
NOTA: Qualora avessi tre elementi di lunghezza l, con le sezioni 1,2,3; se applicassi lo stesso
carico P misurerei lo stesso allungamento ∆l. Poiché la rigidezza assiale è la stessa per i tre
elementi.
2° Caso: DEFORMAZIONE FLESSIONALE
� = � · 3�
NOTA: la trave a doppio T ha la minore deformata flessionale (freccia) perché la sua rigidezza
flessionale è la maggiore.
3° Caso: DEFORMAZIONE TORSIONALE
NOTA: la trave circolare cava è quella che ruota di meno perché maggiore è la sua rigidezza
torsionale GJtor.
Pertanto la stessa area può essere utilizzata per ottenere la massima rigidezza flessionale (sezione
doppio T); oppure la massima rigidezza torsionale (sezione tubolare).
133
Esempio:
Prendendo come riferimento l’area di un profilo HEB 240, ricavare la rigidezza torsionale per una
sezione quadrata e una tubolare con la stessa area.
h 240 mm b 240 mm Sa 10 mm e 17 mm
A 106 cm2
Ay 20,6 cm2 Jx 11259 Wx 938
Jtor = �·���
a/b 1 2 10 infinito β 7,1 4,4 3,2 3
Jtor = �·(��4−��4)2 =�·(104−8,142)2 = 8810� 4
Jtor = Ʃ�"·�"�� = #$,·#$,�%,# = 1585� '
Jtor = Ʃ�"·�"�� = ('·#,%�)($,*·#�)('·#,%� = 85,5� '
In una struttura complessa, composta da elementi strutturali di tipo diverso la ripartizione delle
azioni interne dipende dai rapporti delle rispettive rigidezze.
134
Si possono fare le seguenti ipotesi estreme sulle rigidezze dei componenti del grigliato:
• Ipotesi 1: traverso privo di rigidezza flessionale equivalente ad una biella: i traversi
incernierati non trasmettono azione flettente e quindi tutto il carico è sopportato solo dalla
trave direttamente caricata. Infatti, in assenza del traverso un carico applicato su un’unica
trave sarebbe sopportato soltanto da essa. Si nota come un traverso molto rigido incernierato
alla trave ha lo stesso comportamento di un traverso poco rigido flessionalmente incastrato
alla trave: in entrambi i casi il traverso non si oppone alla rotazione del nodo.
Figura 1. 6
Figura 1. 7
I: momento d’inerzia flessionale
Jtor: momento d’inerzia torsionale
E: modulo di elasticità longitudinale (modulo di Young)
G: modulo di elasticità tangenziale
RISULTATO : non si ha ripartizione del carico, ovvero le altre travi non collaborano.
• Ipotesi 2: traverso infinitamente rigido flessionalmente e travi longitudinali con
rigidezza torsionale nulla o trascurabile: Per effetto dell’eccentricità del carico P=1,
l’impalcato trasla e ruota mantenendosi piano e quindi le deformate hanno un andamento
lineare: infatti sotto l’ipotesi di rigidezza torsionale delle travi longitudinali nulla o
trascurabile, la deformata trasversale mantiene un andamento lineare.
TRAVERSO RIGIDO INCERNIERATO
TRAVERSO POCO RIGIDO INCASTRATO
135
Figura 1. 8 (deformata trasversale)
Per leggere correttamente la figura della deformata trasversale bisogna porsi sufficientemente
lontano dai vincoli: come si vede la superficie curva dell’impalcato deformato è del tipo “rigato”.
RISULTATO: la ripartizione delle azioni interne è costretta dalla linearità degli spostamenti. Come
mostra la figura, alcune travi possono contribuire alla resistenza sollevandosi (vedi esercizio svolto
successivamente a 1.77).
• Ipotesi 3: traverso infinitamente rigido a flessione e travi longitudinali infinitamente
rigide torsionalmente, che quindi non possono ruotare: le travi si abbassano tutte della
stessa quantità, per cui si ha una distribuzione del carico uniforme sulle tre travi
longitudinali, qualunque sia l’eccentricità del carico. In questo caso la collaborazione è
massima.
136
In realtà , però, le travi longitudinali hanno solitamente sezione rettangolare o a T, con bassa
rigidezza torsionale, (non sono scatolari) e quindi tale ipotesi non è verificata.
Figura 1. 9 (nella figura si sono rappresentate travi scatolari vincolate anche a torsione)
Per simulare queste situazioni limite appena viste si moltiplicano o dividono per 1000 i valori di G
ed E.
L’ipotesi semplificativa accettabile in molte situazioni dei ponti è l’ipotesi 2: si può trascurare la
rigidezza torsionale delle travi longitudinali e si può ritenere il traverso infinitamente rigido a
flessione, perché nei ponti le travi longitudinali sono molto lunghe ed i traversi sono molto più
corti. Dunque l’ipotesi 2 può considerarsi valida quando la lunghezza L dell’impalcato è molto
maggiore della larghezza 2b dello stesso, ossia quando: L>>2b (inteso b la larghezza del semi
impalcato).
Figura 1. 10
137
Questi esempi ci fanno comprendere che è la scelta progettuale riguardo le rigidezze a influenzare
le azioni interne nel caso del calcestruzzo armato. Dobbiamo prestare però attenzione che le
rigidezze dipendono più dalla forma che non dalla presenza di armature.
Ad esempio in una piastra quadrata appoggiata sui 4 lati posso riportare il carico su una sola coppia
di lati inserendo nervature perpendicolari ad essi e non disponendo più armature lungo questa
direzione (irrigidire non significa rinforzare).
Metodo del traverso rigido o di Courbon
Come abbiamo già detto questo metodo è un calcolo manuale ultra semplificato che ha valore di
controllo anche in presenza di potenti programmi di calcolo. Infatti pensiamo di modellare nelle
maniera più raffinata una struttura e considerare validi i risultati quando un nuovo calcolo che
riproduce le ipotesi alla base dei metodi semplificati mi restituisce i risultati di essi. L’ipotesi 2 è
quella di partenza del metodo del traverso rigido o di Courbon per la ripartizione trasversale dei
carichi su un ponte a graticcio piano di travi, in cui il traverso è infinitamente rigido a flessione e
la rigidezza torsionale delle travi longitudinali è praticamente nulla. Si riconduce lo schema a
graticcio ad uno schema semplificato costituito da un traverso rigido posato su molle elastiche che
rappresentano l’interazione traverso – travi longitudinali (fig.3’.1).
Figura 1. 11
138
Poiché l’interazione considera solo un vincolo all’abbassamento, le travi sono sostituite da molle
verticali, poiché la trave longitudinale non si oppone alla rotazione del traverso, avendo supposto
che la loro rigidezza torsionale fosse trascurabile.
Si può quindi rappresentare il traverso come una trave rigida che ruota mantenendosi rettilinea,
mentre le travi longitudinali sono schematizzate con delle molle verticali incastrate a terra, ossia
con elementi reagenti agli spostamenti verticali, ma che non presentano alcuna rotazione e si
deformano elasticamente per effetto del carico.
Infatti, essendo la rigidezza torsionale nulla, le travi longitudinali non reagiscono con momenti, ma
esplicano solo reazioni verticali elastiche, proporzionali allo spostamento verticale.
Figura 1. 12 Il traverso rigido può invece subire traslazioni e rotazioni, in modo che però gli spostamenti delle
molle siano lineari.
Applicando un carico unitario eccentrico, vediamo come questo si ripartisce sulle altre travi usando
le condizioni di equilibrio ed il comportamento elastico delle molle.
Sia G il baricentro delle rigidezze delle molle, rispetto al quale una generica molla i dista yi.
∑∑ ⋅
=i
ii
k
kddG
Figura 1. 13
139
Il baricentro dei K corrisponde alla posizione del carico che provoca alle molle lo stesso
abbassamento.
Si noti come il baricentro delle rigidezza flessionali delle molle cambi se le K sono diverse.
Come vedremo, quando le travi sono tutte uguali è inutile il calcolo diretto delle K delle travi.
Quando le travi sono diverse ma ugualmente vincolate i K sono proporzionali a EJ; se anche i
vincoli sono diversi per ciascuna trave, K dipende da P/f.
Calcolo valore di K della molla equivalente
Si applichi a distanza yP da esso, un carico concentrato unitario P=1:
Figura 1. 14 yP = eccentricità del carico concentrato unitario P=1 rispetto al baricentro G dell’impalcato;
yi = distanza delle singole travi longitudinali dal baricentro.
Essendo la deformata lineare, si considera la traslazione verticale δ dovuta al carico supposto
centrato più la rotazione ϕ dovuta al fatto che in realtà il carico è eccentrico, ossia è applicato ad
una certa distanza dal baricentro: le reazioni verticali delle molle saranno proporzionali alla
rigidezza delle singole molle, che va moltiplicata per lo spostamento (δ + φ yi).
Detta Ki la rigidezza della generica molla i e ri la reazione che essa esplica, si ha:
Pyir , = K i (δ + φ yi)
Il K della molla equivalente è: + = ,- Dalla trave:
� = ,∙/�'0�∙1 + = '0�∙1/�
Per carico in posizione centrale + = �∙1
(234#56783 Per carichi in posizione X
140
dove δ è lo spostamento verticale subito da tutte le molle immaginando il carico P applicato nel
baricentro delle loro rigidezze, mentre φ è la rotazione prodotta dal momento di trasporto dovuto al
fatto di aver portato il carico P in corrispondenza del baricentro delle molle.
Dall’equazione di equilibrio alla traslazione verticale, per cui la somma delle reazioni verticali delle
molle deve essere uguale al carico applicato posto pari a 1, si trova lo spostamento δ del traverso nel
baricentro:
∑ ri = 1 = ∑ Ki δ ⇒ ∑
=iK
1δ
Dall’equazione alla rotazione attorno al baricentro, per cui la somma dei prodotti delle reazioni
verticali per i relativi bracci deve essere uguale al prodotto del carico unitario per il suo braccio, si
trova la rotazione ϕ :
∑ riyi = 1 yP = ∑ Ki φ yi2 ⇒
∑=
2ii
P
yK
yϕ .
Si ha quindi il valore del coefficiente di ripartizione del carico cercato, ossia le reazioni delle molle:
iii
Pi
i
iyi K
yK
yy
K
Kr
P⋅
⋅+=∑∑ 2, .
dove r è la percentuale di carico applicato che si ripartisce sulle singole travi longitudinali
rappresentate dalle molle; r fornisce quindi l’ordine di grandezza dei carichi che finiscono sulle
singoli travi e ne permette il dimensionamento.
Nel caso frequente di travi longitudinali tutte eguali tra loro ed egualmente vincolate, la rigidezza
delle molle Ki = K è costante ed il calcolo di r (reazione sulla trave longitudinale) si semplifica:
∑⋅
+=2,
1
i
Piyi
y
yy
nr
P.
La formula ci dà la reazione ri in funzione della posizione del carico unitario yp correggendo il
valore medio (1/n) con un termine che dipende dalle eccentricità.
141
n: numero molle (numero travi longitudinali)= 4
yi: ascissa della trave che stiamo considerando (eccentricità della trave considerata)
yp: ascissa del carico (eccentricità del carico)
Se il carico è P=1 ed è centrato cioè yp=0 allora avrò: n
r1= , ∑ =1ir quindi ciascuna ri indica la
percentuale. La formula precedente dà direttamente la percentuale di carico che si ripartisce sulle
singole travi longitudinali nel caso generale in cui il carico non è centrato.
Figura 1. 15 Se pensiamo che la posizione del carico coincide con la posizione di una delle molle (yp=yi) vale
allora l’ eguaglianza.
r i,j = r j,i
cioè il coefficiente di ripartizione i-esimo fisso al variare della posizione j del carico è uguale al
coefficiente di ripartizione j-esimo fisso al variare della posizione i delle molle. Perciò, se si fissa la
posizione del carico, cioè yj, e si fa variare la posizione yi delle molle, si ottiene il diagramma dei
coefficienti di ripartizione per la posizione di carico fissata; se invece si fissa yie si fa variare la
posizione del carico yj si ottiene la linea d’influenza di rj ed i due diagrammi coincidono.
142
Esercizio 1: Metodi di ripartizione trasversale dei carichi Chiariamo che i calcoli sono identici per ogni problema di piastra nervata caricata con carichi
mobili (quindi anche per solai strutturalmente importanti).
L’esercizio si propone di determinare l’andamento dei momenti flettenti sulle travi principali di un
solaio a graticcio per effetto di un carico longitudinale uniformemente distribuito.
La ripartizione trasversale del carico viene analizzata secondo il metodo di Courbon.
Come visto al punto precedente il calcolo semplificato con il metodo di Courbon fa la doppia
ipotesi di traversi infinitamente rigidi a flessione e travi longitudinali con rigidezza torsionale
nulla(e di conseguenza l’ipotesi di deformata trasversale rettilinea).
Nota: Lo studioso francese Massonet mise a punto un metodo fondato su tabelle che tiene conto di tutti i parametri
fondamentali in gioco: rigidezze flessionali e torsionali sia della trave che del traverso.
Ovviamente i risultati di questo calcolo più sofisticato devono coincidere con quelli di Courbon quando:
- la rigidezza flessionale dei traversi è più elevata di quella delle travi; (questo avviene anche se le sezioni dei
traversi e delle travi sono confrontabili tra loro, considerata la minor lunghezza dei traversi)
- la rigidezza torsionale delle travi è trascurabile.
Il solaio in esame si compone di quattro travi principali appoggiate agli estremi e di cinque
traversi, secondo la geometria riportata in figura 1.76. Il solaio è soggetto ad un carico unitario per
unità di lunghezza (1KN/m) sulla trave numero quattro. Se non ci fossero i traversi il carico
andrebbe interamente sulla trave 4; essendoci, ogni trave si prende una parte del carico.
1KN/m
2b = 9,6 m
b1 = 2,4 m
L1 = 4,1 m
A
AB
B
L = 16,4 m
X,P
Y,E
Figura 1. 16 Solaio con 4 travi longitudinali
143
Figura 1. 17
La presenza dei traversi porta ad una deformazione dell’intera struttura: la deformazione è
tridimensionale e una rappresentazione qualitativa può essere la seguente.
Figura 1. 18 (deformata tridimensionale)
SEZ A-A
0,4
0,1
8
2,4
1,2
2
4,8
1,4
0,25
16,65
4,1
1,0
2
0,1
8
SEZ B-B
Figura 1. 19 Sezioni trasversale e longitudinale.
La figura mostra che le sezioni trasversali hanno
tutte andamento rettilineo (conseguenza dell’
elevata rigidezza torsionale del traverso e della
trascurabile rigidezza torsionale delle travi). A
ruotare sono soprattutto le sezioni in mezzeria
delle travi longitudinali come avevamo già
osservato introducendo l’ipotesi 2.
144
Risoluzione con il metodo di Courbon
Il metodo descritto al paragrafo precedente prevede, come già detto, l’ipotesi di traverso
infinitamente rigido e rigidezza torsionale delle travi trascurabile. Il procedimento di risoluzione
consiste nel calcolo di un coefficiente di ripartizione del carico secondo la seguente relazione:
, 2
1P
i Pi y
i
y yr
n y
⋅= +∑
Dove:
n = numero delle travi longitudinali;
yi = distanza delle singole travi longitudinali dal baricentro dell’impalcato(ovvero ecc. della trave);
yP = eccentricità del carico rispetto al baricentro.
Nota: l’eccentricità, sia della trave che del carico, sono in questo caso misurate rispetto al centro dell’impalcato in
quanto le travi sono tutte uguali. Più in generale, come al punto precedente, si deve calcolare il baricentro delle
rigidezze K e misurare rispetto a questo l’eccentricità.
SEZ A-A
P3,6y =P m
1,2
3,6
-1,2
-3,6
y =3 m
y =4 m
y =2 m
y =1 m
y
Figura 1. 20Distanze dalla mezzeria degli elementi longitudinali.
Con i dati riportati in figura risulta
( )1, 2 2
1 3,6 3,60,2
4 2 1,2 3,6Pyr− ⋅= + = −
⋅ +
( )2, 2 2
1 1,2 3,60,1
4 2 1,2 3,6Pyr− ⋅= + =
⋅ +
( )3, 2 2
1 1,2 3,60,4
4 2 1,2 3,6Pyr+ ⋅= + =
⋅ +
( )4, 2 2
1 3,6 3,60,7
4 2 1,2 3,6Pyr+ ⋅= + =
⋅ +
In generale si può ottenere l’equazione diretta della retta:
125,025,01
2, ⋅+=⋅
+=∑ i
i
piyi y
y
yy
nr
p
Possiamo fare due osservazioni sui risultati ottenuti:
- i valori possono essere rappresentati su piano cartesiano e se sono corretti sono
di una retta perché il traverso è infinitamente rigido
traversi deformabili risulta essere una curva).
- la sommatoria dei valori ottenuti deve fare
145
Con i dati riportati in figura risulta
0,2
In generale si può ottenere l’equazione diretta della retta:
125
Possiamo fare due osservazioni sui risultati ottenuti:
i valori possono essere rappresentati su piano cartesiano e se sono corretti sono
una retta perché il traverso è infinitamente rigido (l’analogo diagramma nel caso di
traversi deformabili risulta essere una curva).
dei valori ottenuti deve fare 1.
i valori possono essere rappresentati su piano cartesiano e se sono corretti sono allineati su
(l’analogo diagramma nel caso di
146
Il significato dei valori ottenuti è il seguente: per esempio 0,7 significa che la trave direttamente
caricata riceve solo il 70% del carico; -0,2 significa che la prima trave è interessata da un 20% del
carico ma verso l’alto. La trave 1 aiuta a sopportare il carico inflettendosi verso l’ alto.
Nota: più correttamente le percentuali calcolate sono da intendersi per ripartire le azioni interne
generate dal carico.
In tal modo il problema è stato risolto perché abbiamo ottenuto il nostro fine in quanto il problema
bidimensionale originale è stato ridotto a 4 problemi monodimensionali: 3 travi caricate verso il
basso e 1 trave caricata verso l’alto. In altre parole la mutua collaborazione tra le travi comporta
quando il carico è eccentrico, la necessità di armare a momento negativo in campata. Quindi
partendo da un problema che sarebbe bidimensionale, grazie al metodo di Courbon, posso
ricondurlo ad un problema monodimensionale e quindi utilizzare il programma per il calcolo delle
travi (e non delle piastre).
Avendo ipotizzato le travi appoggiate agli estremi, il momento massimo in campata si determina
secondo la relazione:
2
8Max
q lM
⋅= ad esempio mkNM ⋅=⋅= 5,238
4,167,0 2
max4
Per la trave i-esima:
, Pi i yq r q= ⋅ ad esempio mkNmkNq /7,07,0/14 =⋅=
Alternativamente, invece di considerare carichi rivolti verso il basso o verso l’alto possiamo
calcolare i momenti flettenti ottenendo il diagramma dei momenti della piastra e applichiamo
direttamente alle azioni interne i coefficienti di ripartizione .
Figura 1. 21
147
Risultano quindi le seguenti sollecitazioni massime:
2
1,
0,2 1 16, 46,7 kN m
8MaxM− ⋅ ⋅= = − ⋅
2
2,
0,1 1 16, 43,4 kN m
8MaxM⋅ ⋅= = ⋅
2
3,
0,4 1 16,413,4 kN m
8MaxM⋅ ⋅= = ⋅
2
4,
0,7 1 16, 423,5 kN m
8MaxM⋅ ⋅= = ⋅
OSSERVAZIONI: possiamo osservare che elementi continui lunghi interagiscono efficacemente
alla ridistribuzione del carico con elementi rigidi corti. L’interazione tra le azioni flettenti tra le travi
non avviene solo per continuità (quando sono in serie: trave continua) ma avviene anche se sono
affiancate in parallelo grazie alla presenza dei traversi.
148
Confronto dei metodi
La tabella illustra i coefficienti di ripartizione ricavati dal metodo di Courbon (1) (metodo
semplificato),da quello di Massonet (2) (metodo superato dall’uso del computer) e da una
modellazione agli elementi finiti (f.e.m)(3) della struttura presa in esame; il significato della
colonna (4) sarà spiegato in seguito.
Si noti come il metodo di Massonet conduca a risultati paragonabili a quello numerico benché
comporti alcune semplificazioni.
colonna 1 colonna 2 colonna 3 colonna 4
Courbon Massonet f.e.m. f.e.msempl.
Trave 1 -0,2 -0,07 -0,08 -0,19
Trave 2 0,1 0,13 0,14 -0,9
Trave 3 0,4 0,35 0,37 0,41
Trave 4 0,7 0,59 0,59 0,71
Nota
I risultati del metodo di Courbon si scostano in modo non sostanziale dal metodo agli elementi
finiti. Pertanto con un metodo ultrasemplice come Courbon abbiamo ottenuto risultati validi per il
progetto preliminare della struttura.
Impostazione metodologica per il corretto utilizzo dei programmi di calcolo
Paradossalmente possiamo dire che ha diritto ad usare il computer per un calcolo strutturale
solo chi sa all’incirca prevedere il risultato che dovrà uscire. Questa previsione può avvenire in
2 modi:
• sulla base di un calcolo semplificato attingendo alla ricchissima letteratura tecnica
precomputer (come ad esempio il metodo di Courbon);
• oppure utilizzando il PC come strumento d’indagine, diventando per cosi dire “sensibili” a
quel particolare tipo di problema strutturale.
Nel caso dell’ esempio di ripartizione trasversale dei carichi, il procedimento consigliabile per usare
bene il calcolatore, vale a dire un metodo agli elementi finiti (es SAP2000) è il seguente:
- fare il calcolo ultra semplificato (Courbon) ottenendo i valori della colonna 1;
149
- fare il calcolo con metodo agli elementi finiti introducendo le ipotesi necessarie per ottenere
i risultati del calcolo semplificato (colonna 4).
Ad esempio: nel f.e.m. aumento all’infinito (moltiplico per 100) la rigidezza flessionale del
traverso, e abbatto (divido per 100) la rigidezza torsionale delle travi. Così facendo il
metodo agli elementi finiti lavora alle ipotesi di Courbon.
- Se e solo se i valori che ottengo dal f.e.m. semplificato (colonna 4) sono quasi uguali a
quelli ottenuti con Courbon (colonna 1) ho il diritto di ritenere valida la colonna 3 ottenuta
reinserendo le rigidezze effettive.
Modalità operativa: nel f.e.m. non conviene cambiare le dimensioni geometriche ma preferiamo
cambiare i valori dei moduli elastici: nel nostro caso, moltiplicando per 100 la E dei traversi e
dividendo per 100 la G delle travi, non cambiando le dimensioni perché così è più chiara
l’interpretazione grafica del modello di calcolo e dei risultati.
NECESSITÀ DI PIÙ MODELLI DI CALCOLO (FACOLTATIVO)
In molti casi dobbiamo rinunciare all’ambizione di creare un modello omnicomprensivo, vale a dire
un modello di calcolo che sia efficace per calcolare ogni azione interna e ogni spostamento.
Ad esempio nel caso di travi mutuamente ortogonali la resistenza flessionale di una trave è aiutata
dalla resistenza torsionale dell’altra trave. In questa distribuzione di azioni interne quello che conta
è il rapporto tra le due rigidezze (flessionale e torsionale). Poiché la rigidezza torsionale risente
fortemente della fessurazione inevitabile del cemento armato è conveniente operare 2 calcoli
distinti : con valori interi di E e di G e poi con il valore di G diminuito (dimezzato).
Il primo calcolo ci permetterà di armare convenientemente a torsione le travi (più è rigida più
prende il momento torcente) mentre il secondo calcolo ci permetterà di armare convenientemente a
flessione le travi (perché se la trave si fessura a torsione aumenta la flessione).
ARMATURA A PRESSOFLESSIONE
ARMATURA A TAGLIO Staffe non chiuse ma
ancorate ARMATURA A
TORSIONE Staffe chiuse
150
Un altro esempio della necessità di più modellizzazione della stessa struttura (facoltativo)
Supponiamo di dover progettare una piastra quadrata (cosicchè non vi sia una dimensione
prevalente sull’altra) in CA irrigidita da nervature.
Non possiamo semplicemente utilizzare un programma di calcolo delle piastre perché non terremmo
conto della presenza delle nervature che hanno l’effetto benefico di ridurre le frecce. Molti
programmi permettono di tener conto di queste nervature nel
seguente modo. Alla struttura bidimensionale di piastra a
spessore costante sono aggiunte travi aventi eccentricità data.
Senza questa opzione avremmo la possibilità di collegare i nodi
con travi oltre che con elementi di piastra, però si avrebbe una
modellazione come nella figura sottostante.
La difficoltà nasce poi quando vogliamo ricavare i momenti
flettenti per armare le travi.
Il programma restituisce infatti come output separatamente:
la distribuzione di momenti flettenti m di piastra e di flettenti M
della trave rettangolare eccentrica.
Questa separazione delle azioni interne non è corretta per il
calcolo della struttura in CA in quanto soletta e nervatura
contribuiscono insieme alla resistenza (tanto è vero che l’altezza
utile comprende la soletta, e, se compressa, la larghezza da considerare è quella della soletta).
Invece questa modellizzazione separata è adatta per il calcolo degli spostamenti.
Se a è la larghezza che possiamo attribuire all’ala, poiché m è indicato per unità di larghezza noi ci
aspetteremmo eMamM +⋅≅ ove M è il momento facilmente calcolabile per la trave a T.
e
e
151
Invece eMam +⋅ è pari circa alla metà del momento reale. La coppia mancante è fornita dal
prodotto eCeT ⋅=⋅ ( acC ⋅= ) dove c è l’azione di compressione ad unità di lunghezza, C è la
risultante di compressione nel tratto di piastra e T è la trazione della trave eccentrica.
eacMam e ⋅⋅++⋅ è il momento M.
La cosa è cosi complessa e delicata che è molto più conveniente fare un calcolo a semplice
grigliato di travi dove le travi hanno già la sezione a T.
Invece, come detto, la modellazione a trave eccentrica è affidabile per il calcolo degli spostamenti.
Questo pertanto è un altro esempio di struttura ove è necessario eseguire 2 calcoli diversi con 2
modelli diversi:
- un calcolo a grigliato di travi (con travi a sezione a T) per ricavare le azioni interne
necessarie per verificare le armature e la resistenza del calcestruzzo;
- un calcolo (con elementi bidimensionali + travi eccentriche) per ricavare gli spostamenti ed
eseguire le verifiche agli stati limite d’esercizio.
152
2 STATO LIMITE DI ESERCIZIO DEL CEMENTO ARMATO: CONTROLLO DELLE TENSIONI
2.1 CALCOLO DELLE TENSIONI NELLA FLESSIONE SEMPLICE
Flessione semplice: stima dell’armatura necessaria
Consideriamo una trave in cemento armato lunga 4 metri (l = 400 cm) con i seguenti valori dei
carichi permanenti e variabili:
- g = 5.000 daN/m (50 daNcm)
- q = 4.000 daN/m (40 daNcm).
Figura 2. 1La trave in semplice appoggio oggetto degli esempi numerici
Calcoliamo il valore del momento in mezzeria sulla base dei valori nominali g e q (assumibili per
caratteristici) (per la verifica delle tensioni in esercizio SLE) e sulla base dei valori maggiorati con i coefficienti gγ e qγ (per la verifica allo SLU):
( ) ( ) ( )
( ) ( )
2 2
2
50 40 4001.800.000
8 8
1,4 50 1,5 40 4001,4 1,5 2.600.000
8Sd
g q lM g q daN cm
M M g q daN cm
+ ⋅ + ⋅+ = = = ⋅
⋅ + ⋅ ⋅= ⋅ + ⋅ = = ⋅
NOTA 1: Trattandosi di una trave con una sola campata non vi sono condizioni di carico
alternative da considerare.
NOTA 2: Il coefficiente moltiplicativo dei carichi permanenti è stato lievemente cambiato nelle
norme tecniche 2008.
Adottiamo una sezione rettangolare con le seguenti larghezza ed altezza:
• b = 40 cm (larghezza trave)
• H = 60 cm (altezza totale trave)
L’armatura necessaria può essere calcolata sulla base del valore della coppia interna resistente.
Figura 2.2 Sezione della trave e coppia interna resistente
La risultante di trazione Ts e la risultante di compressione
cui braccio z è approssimativamente pari a:
ɀ(braccio della coppia interna resistente
risultante delle trazioni.
Il suo valore deve essere stimato, in quanto non è nota all’inizio del calcolo l’altezza effettiva
zona compressa di calcestruzzo. Conoscendo x, z sarà: z = d
Con il simbolo d conveniamo di indicare la cosiddetta
distanza tra il baricentro dell’armatura tesa e la fibra estrema compressa.
Al fine di facilitare il confronto con testi e manuali che adottano per questa stessa grandezza il
simbolo h, l’altezza totale della sezione è indicata invece con la lettera
La figura mostra che si ha:
La distanza d’ misura la distanza tra il baricentro dell’armatura (tesa o comp
sezione è data dalla somma di tre termini:
• il semidiametro dell’armatura longitudinale(
• il diametro dell’armatura trasversale detta
• lo spessore di ricoprimento
153
Sezione della trave e coppia interna resistente
e la risultante di compressione Cc formano infatti una coppia di forze
è approssimativamente pari a: 0,9z d≅ ⋅
braccio della coppia interna resistente) è la distanza tra la risultante delle compressioni e la
stimato, in quanto non è nota all’inizio del calcolo l’altezza effettiva
zona compressa di calcestruzzo. Conoscendo x, z sarà: z = d- x/3
conveniamo di indicare la cosiddetta altezza utile della sezione misurata dalla
il baricentro dell’armatura tesa e la fibra estrema compressa.
Al fine di facilitare il confronto con testi e manuali che adottano per questa stessa grandezza il
l’altezza totale della sezione è indicata invece con la lettera H.
'd h H d≡ = −
misura la distanza tra il baricentro dell’armatura (tesa o comp
data dalla somma di tre termini:
Figura 2. 3Calcolo della distanza
il semidiametro dell’armatura longitudinale(/ 2φ )
dell’armatura trasversale detta staffa ( stφ )
ricoprimento (c).
formano infatti una coppia di forze il
la distanza tra la risultante delle compressioni e la
stimato, in quanto non è nota all’inizio del calcolo l’altezza effettiva xdella
della sezione misurata dalla
Al fine di facilitare il confronto con testi e manuali che adottano per questa stessa grandezza il
misura la distanza tra il baricentro dell’armatura (tesa o compressa) e il bordo della
Calcolo della distanza d’
154
'2 std cφ φ= + +
NOTA: In alcuni testi la grandezza d’ viene denominata copriferro. Attenzione a non confondere
con il ricoprimento c. Assumiamo per d’ il valore di 4 cm. Questo valore è ragionevole se c = 2cm; cmst 1=φ e le barre
che vogliamo progettare hanno diametro cm2≤φ .
Nel nostro esempio, l’altezza utile è: ' 60 4 56d H d cm= − = − =
Il valore comune delle risultanti di trazione e di compressione vale allora: 2.600.000 2.600.000
51.6000,9 56 50,4
Sds c
MT C daN
z= = ≅ ≅ ≅
⋅
NOTA: MSd = momento agente di progetto.
Per l’acciaio più diffuso FeB44K la tensione di snervamento di calcolo è:
24.3003.740 /
1,15yk
yds
ff daN cm
γ= = ≅
Nota: secondo le NTC 2008 per l’acciaio più comune B450C si ha:
2/3900
15,1
4500cmdaNfyd ==
L’area teoricamente necessaria è approssimativamente pari a: 251.600
13,83.740
ss
yd
TA cm
f= = ≅
Supponendo di avere a disposizione armature del diametro di 20 mm (indicate con la sigla φ20,
ciascuna della sezione di 3,14 cm2) ne occorreranno:
1 20
13,820 4,4 5
3,14sA
numeroAφ
φ = = ≅ →
L’armatura effettiva è quindi: 25 3,14 15,70sA cm= ⋅ =
155
Flessione semplice: tensioni nell’ipotesi di armatura semplice
Figura 2. 4Diagramma lineare delle tensioni e conseguente valore di esse
Per poter eseguire la verifica, cioè ricavare le tensioni effettive del calcestruzzo e dell’acciaio,
sviluppiamo la teoria seguente:
Il diagramma delle tensioni e il valore di esse è conseguente alle ipotesi assunte alla base del
calcolo:
• la conservazione delle sezioni piane comporta la linearità del diagramma delle deformazioni
unitarie;
• la linearità della legge tensioni deformazioni comporta di conseguenza la linearità del
diagramma delle tensioni;
• l’ aderenza perfetta tra acciaio e conglomerato comporta la coincidenza in ogni punto della
deformazione unitaria;
• l’ assenza di resistenza a trazione del calcestruzzo comporta la parzializzazione della sezione
che teoricamente è costituita dalle due aree (tra loro separate) del calcestruzzo compresso e
dell’acciaio teso.
L’altezza della zona compressa (indicata con x) si ottiene risolvendo la seguente equazione di
equilibrio in direzione orizzontale: 0C SC T− =
I simboli CC e TS indicano, come nel punto precedente, le risultanti di compressione nel
calcestruzzo e di trazione nell’acciaio. Queste risultanti possono ora essere espresse in funzione delle tensioni unitarie cσ e sσ :
02c s s
b xAσ σ⋅⋅ − ⋅ =
Abbiamo convenuto di indicare con il simbolo σσσσc il valore massimo, nella sezione, della tensione di compressione. Nell’equazione sono incognite sia cσ sia sσ , che però sono legate tra loro come
vedremo immediatamente.
Dall’ipotesi di perfetta aderenza tra i due materiali, cioè la deformata unitaria dell’acciaio è uguale a quella del calcestruzzo (s cε ε≡ ), segue:
( )( ) ( )s c s
s c cs c c
d Ed n d
E E E
σ σ σ σ σ= → = ⋅ = ⋅
La tensione dell’acciaio è quindi pari alla tensione che si avrebbe nella fibra di calcestruzzo alla
stessa altezza d, amplificata del
assunto pari a 15.
NOTA: In altre parole, si calcola la tensione del
come se il calcestruzzo reagisse a trazione e poi si attribuisce
amplificandola di n.
Dall’andamento lineare delle tensioni segue che
dell’armatura tesa vale (per la similitudine dei triangoli
σ σ σ σ
Sostituendo questa espressione di
ottiene un’equazione di secondo grado:
La sua radice positiva è:
(2 2 4 2s s sn A n A b n A dx n
− ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ − ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅= = ⋅ ⋅ − + +
Con i numeri dell’esempio si ha:
2 15,70 2 56 401 1 15 1 1 20,46s
s
A b dx n cm
b n A
⋅ ⋅ ⋅ ⋅= ⋅ ⋅ − + + = ⋅ ⋅ − + + = ⋅ ⋅
Ricavata la x, il momento d’inerzia della sezione parzializzata
formula seguente, che somma i contributi della sezione rettangolare compressa in cls e della sez
di acciaio tesa omogeneizzata, vale a dire amplificata di
156
La tensione dell’acciaio è quindi pari alla tensione che si avrebbe nella fibra di calcestruzzo alla
coefficiente di omogeneizzazione n (n =�9�:
In altre parole, si calcola la tensione della fibra di calcestruzzo alla quota dell’armatura
reagisse a trazione e poi si attribuisce la tensione calcolata all’acciaio
Dall’andamento lineare delle tensioni segue che la tensione nella fibra di calcestruzzo all’altezza
(per la similitudine dei triangoli):
( )c c s c
d x d xd n
x xσ σ σ σ− −= ⋅ → = ⋅ ⋅
di σσσσs nell’equazione di equilibrio alla traslazione, e semplificando, si
ottiene un’equazione di secondo grado: 2 2 2 0s sb x n A x n A d⋅ + ⋅ ⋅ ⋅ − ⋅ ⋅ ⋅ =
) ( )22 2 4 2
1 12
s s s sn A n A b n A d A
x nb b n A
− ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ − ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = = ⋅ ⋅ − + + ⋅ ⋅
2 15,70 2 56 401 1 15 1 1 20,46
40 15 15,70x n cm
⋅ ⋅ ⋅ ⋅= ⋅ ⋅ − + + = ⋅ ⋅ − + + = ⋅ ⋅
il momento d’inerzia della sezione parzializzata rispetto all’asse neutro è dato dalla
formula seguente, che somma i contributi della sezione rettangolare compressa in cls e della sez
, vale a dire amplificata di n:
La tensione dell’acciaio è quindi pari alla tensione che si avrebbe nella fibra di calcestruzzo alla �9�:), convenzionalmente
alla quota dell’armatura
la tensione calcolata all’acciaio
la tensione nella fibra di calcestruzzo all’altezza
di equilibrio alla traslazione, e semplificando, si
21 1
s
b d
b b n A
⋅ ⋅= = ⋅ ⋅ − + + ⋅ ⋅
rispetto all’asse neutro è dato dalla
formula seguente, che somma i contributi della sezione rettangolare compressa in cls e della sezione
157
( )231
3 sJ b x n A d x= ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ −
NOTA: Il primo addendo è il momento d’inerzia di un rettangolo rispetto alla base e il secondo
addendo è il momento d’inerzia di un’area considerata concentrata (per semplicità si trascura il
cosidetto momento di inerzia proprio delle aree di acciaio rispetto al proprio baricentro).
Nel nostro caso:
( ) ( )2 23 3 41 140 20,46 15 15,70 56 20,46 114.197 297.458 411.655
3 3sJ b x n A d x cm= ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ − = ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ − = + =
La tensione massima di compressione, sotto il momento di esercizio
( ) 1.800.000M g q daN cm+ = ⋅ si calcola con la nota formula:
21.800.000 20, 4689,46 /
411.655c
M xdaN cm
Jσ ⋅ ⋅= = =
La tensione nell’acciaio teso è:
256 20,46
15 89,46 26,06 89,46 2.331 /20,46s c
d xn daN cm
xσ σ− −= ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅ = ⋅ =
ovvero: ( ) 21.800.000 56 20,46( )
15 15 155,4 2.331 /411.655s
M d xn daN cm
Jσ
⋅ −⋅ −= ⋅ = ⋅ = ⋅ =
Controllo grafico della coerenza dei valori delle tensioni calcolate
METODO: Calcolato σc = 89,46 daN/cm2 lo riporto nel diagramma delle σ, congiungo con x, prolungo e stimo
σc(d). Si rileva che σc(d)=155 daN/cm2 (circa).
158
Si moltiplica per 15, ottenendo σs=2550 daN/cm2. I valori approssimano bene quelli calcolati.
Controllo numerico diretto dei valori delle tensioni ottenute
Nel calcolo semplificato di progetto si era assunto per il braccio interno di leva z un valore pari a 0,9 56 50, 4z cm≅ ⋅ ≅
Ora, sulla base del valore di x (ottenuto come soluzione dell’equazione di secondo grado) si può
ricavare per z il valore corretto che permette il controllo numerico dei risultati: 20, 46
56 49,183 3
xz d cm= − = − =
Dovrà infatti aversi: 0C S
C S
C T
C z T z M
− =⋅ = ⋅ =
Cioè: 40 20,46
89,46 2.331 15,70 36.600 36.600 02 2C S c s s
b xC T Aσ σ⋅ ⋅− = ⋅ − ⋅ = ⋅ − ⋅ ≅ − =
Da cui: 36.600 49,18 1.800.000C SC z T z M⋅ = ⋅ = ⋅ ≅ =
La verifica numerica consiste quindi nel controllare che Cc = Ts e che il momento resistente è
uguale a quello agente.
Flessione semplice ed armatura semplice: riepilogo del calcolo delle tensioni
• Altezza zona compressa: 2
1 1s
s
A b dx n
b n A
⋅ ⋅= ⋅ ⋅ − + + ⋅
• Momento d’inerzia della sezione parzializzata: ( )231
3 sJ b x n A d x= ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ −
• Tensione massima di compressione nel calcestruzzo: c
M x
Jσ ⋅=
• Tensione di trazione nell’acciaio: s c
d xn
xσ σ−= ⋅ ⋅ , ovvero
( )s
M d xn
Jσ ⋅ −= ⋅
• Controllo grafico
• Controllo numerico
Flessione semplice: ipotesi di armatura doppia La presenza di armatura in zona compressa (la cui area complessiva è identificata con il simbolo
A’ s), complica le formule riepilogate nel punto precedente.
159
Figura 2.5Forze interne risultanti nell’ipotesi di armatura doppia Il calcolo è però formalmente riconducibile a quello già visto di armatura semplice, mediante
l’artifizio di introdurre un’armatura complessiva fittizia A*s e un’altezza utile fittizia d* (media
pesata sulle aree delle due altezze utili d e d’):
* 's s sA A A= +
'*
'
's s
s s
d A d Ad
A A
⋅ + ⋅=+
Le formule riepilogate nel precedente punto 7 (e relative al caso di armatura semplice) si modificano come segue: Armatura complessiva fittizia: * '
s s sA A A= +
Altezza utile fittizia: '
*'
's s
s s
d A d Ad
A A
⋅ + ⋅=+
Altezza zona compressa: * *
*
21 1s
s
A b dx n
b n A
⋅ ⋅= ⋅ ⋅ − + + ⋅
Momento d’inerzia della sezione parzializzata: ( ) ( )2 23 '1'
3 s sJ b x n A d x n A x d= ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ − + ⋅ ⋅ −
Tensione massima di compressione nel calcestruzzo: c
M x
Jσ ⋅=
Tensione nell’acciaio compresso: '
's c
x dn
xσ σ−= ⋅ ⋅ , ovvero
( ')s
M x dn
Jσ ⋅ −= ⋅
Tensione nell’acciaio teso: s c
d xn
xσ σ−= ⋅ ⋅ , ovvero
( )s
M d xn
Jσ ⋅ −= ⋅
160
Esempio numerico
Supponiamo di integrare l’armatura dell’esempio con altre due barre sempre del diametro di 20 mm
(ciascuna della sezione di 3,14 cm2).
L’armatura compressa è quindi: 2' 2 3,14 6,28sA cm= ⋅ =
Applichiamo, a cascata, le formule del quadro riepilogativo:
• Armatura complessiva fittizia: * ' 215,70 6,28 21,98s s sA A A cm= + = + =
• Altezza utile fittizia: '
*'
' 56 15,70 4 6,2841,14
15,70 6,28s s
s s
d A d Ad cm
A A
⋅ + ⋅ ⋅ + ⋅= = =+ +
• Altezza zona compressa: * *
*
2 21,98 2 40 41,141 1 15 1 1 19,07
40 15 21,98s
s
A b dx n cm
b n A
⋅ ⋅ ⋅ ⋅= ⋅ ⋅ − + + = ⋅ ⋅ − + + = ⋅ ⋅
• Momento d’inerzia della sezione parzializzata:
( ) ( )
( ) ( )
2 23 '
2 23 4
1'
31
40 19,07 15 15,70 56 19,07 15 6,28 19,07 4 435.0423
s sJ b x n A d x n A x d
cm
= ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ − + ⋅ ⋅ − =
= ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ − + ⋅ ⋅ − =
• Tensione massima di compressione nel calcestruzzo: 1.800.000 19,07
78,90435.042c
M x
Jσ ⋅ ⋅= = =
• Tensione nell’acciaio compresso: 2' 19,07 4
' 15 78,90 11,85 78,90 935 /19,07s c
x dn daN cm
xσ σ− −= ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅ = ⋅ =
• Tensione nell’acciaio teso: 256 19,07
15 78,90 29,05 78,90 2.292 /19,07s c
d xn daN cm
xσ σ− −= ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅ = ⋅ =
• Controllo grafico: eseguo la stessa costruzione grafica già vista per il caso di armatura
semplice, stimando anche la tensione all’altezza d’.
Confrontando con il caso di armatura semplice, è interessante osservare come la diminuzione
percentuale della tensione di compressione del calcestruzzo è assai maggiore di quella della trazione
nell’acciaio:
89, 46 78,90
0,12 12 %89, 46
2.331 2.2920,02 2 %
2.331
c
s
σ
σ
−∆ = = =
−∆ = = =
In altre parole, porre armature in zona compressa è benefico soprattutto per il valore della tensione
massima di compressione del calcestruzzo.
161
Riepilogo sintetico dei procedimenti risolutivi
Chiariamo che le metodologie viste mantengono la loro validità per sezioni di forma diversa dalla
rettangolare purché risulti rettangolare la zona compressa di calcestruzzo.
Figura 2. 5Sezioni riconducibili, se parzializzate, a quella rettangolare
Figura 2. 6
Consideriamo il caso di una trave continua: in campata, ove il momento è positivo, sarà compressa
l’ala e la larghezza b da considerare nei calcoli è la larghezza dell’ala. Sugli appoggi, ove il
momento è negativo, sarà compressa l’anima e la larghezza da considerare sarà quella dell’anima.
Figura 2. 8
La figura precedente mostra che una sezione a T con l’anima compressa è riconducibile ad una
sezione rettangolare se l’asse neutro non taglia l’ala.
162
VERIFICA DELLE TENSIONI IN ESERCIZIO
La verifica è prescritta dalle Norme Tecniche NTC 2008 al punto 4.1.2.2.5.
Riprendiamo l’esempio del punto 2.1 ove si era ottenuto:
;:= 89,46 ;9= 2331
Il calcolo delle tensioni va eseguito sotto la coppia (M,N), calcolata sui carichi non amplificati
(gk,qk). E’ la cosidetta combinazione di carico “caratteristica”.
La verifica è la seguente: ;: < 0,60�:> ;9 < 0,80�?>
La legge prescrive anche un’altra combinazione di carico, detta “quasi permanente” ove i carichi
variabili sono ridotti e la verifica è più conservativa :;: < 0,45�:>.
NOTA: Il metodo ricorda quello vecchio delle tensioni ammissibili, che era considerato non solo
una verifica delle tensioni sotto i carichi di esercizio ma, direttamente, una verifica completa di
resistenza.
Osserviamo che la verificasi interessa del valore della tensione puntuale, vale a dire in un solo
punto.
La legge consente un calcolo semplificato con un comportamento del calcestruzzo lineare,
trascurando la resistenza del calcestruzzo a trazione e assumendo n =�9�: = 15 ; pertanto valgono le
formule viste.
NOTA: In base alle Norme Tecniche NTC 2008, il calcestruzzo è di classe C25/30 (per cui Rck =
30 MPa), MPafck 152560,0 =⋅= .
Utilizzando calcestruzzo Rck 300 e acciaio B450C, la verifica è la seguente: @2530 →�:>300 → �:> = 25B�C
D450@ → E�D44+ → �?> = 450B�C
163
Le verifiche sono entrambe positive in quanto:
;: = 89,46 ZC[
� (= 8,95 B�C < 0,60 · 25 = 15 B�C
;9 = 2331ZC[
� (= 233,1 B�C < 0,80 · 450 = 360 B�C
Alzare l’altezza della sezione è sempre benefico, in quanto aumentando z (braccio di leva interna
resistente) diminuiscono sia T sia C.
Quindi possiamo diminuire l’area dell’armatura e le tensioni di compressione del calcestruzzo sono
minori.
ESERCIZIO 1 Di quanto può aumentare il momento agente (Msd) affinchè risulti sempre verificato lo Stato Limite
di Esercizio per le tensioni?
Le tensioni dei materiali sono direttamente proporzionali al momento agente. (tensioni nulle se il
momento è nullo). Consideriamo i rapporti tra le tensioni limite e le tensioni con i carichi di
esercizio.
0,6 �:>
;:
= 15 B�C
8,95 B�C= 1,67
0,8 �?>
;9
= 360 B�C
233,1 B�C= 1,54
Osserviamo che la tensione limite del calcestruzzo si raggiunge quando il momento agente aumenta
del 67%, mentre la tensione limite dell’acciaio si raggiunge aumentando il momento agente del
54%.
Poiché lo stato limite tensionale è raggiunto quando uno qualunque dei due materiali raggiunge la
propria tensione limite, il momento agente potrà aumentate al massimo del 54%.
164
ESERCIZIO 2 Rifare il calcolo dell’armatura in flessione semplice supponendo di avere una trave con i seguenti
dati: b=30cm; H=80cm; dʹ=5cm; M= 1800000 daN·cm; Msd= 1800000*1.5=2600000
1) Tentativo di dimensionamento: d = H - d = 80 – 5 = 75 cm z (stima) = d · 0,9 = 75 · 0,9 = 67,5 cm
Ts =]^_$,`·a = (*$$$$$*%,b = 38519ZC[
f yd = 3913 daN/cm2
As = c-d_ = 0b#``# = 9,87� (
numero ɸ20 = �^�eɸ3f =
,0%,#' = 3,14 4ɸ20=12,56 cm2
2)Verifica delle armature di tentativo:
g = 15 · 12,5630 · h−1 + j1 + 2 · 30 · 7515 · 12,56k = 25,05�
J = #·30·25,053 + 15·12,56·(75-25,05)2 = 627000 cm4
σc = ]·l1 =
#0$$$$$·(b,$b*(%$$$ = 71,91 daN/cm2
σs = 15· %b5(b,$b(b,$b ·71,91 = 2151 daN/cm2
Controllo Grafico:
165
CALCOLO DELLE TENSIONI: METODO A TENTATIVI SULL’ALT EZZA COMPRESSA
Calcolo delle tensioni in una sezione rettangolare presso-inflessa.
Caso di calcolo inverso (a scopo didattico: ricaviamo N ed M partendo dalle tensioni)
Per comprendere il metodo del calcolo delle tensioni in situazione di pressoflessione, ribaltiamo il
problema ricavando N e M partendo dai valori delle tensioni supposte già note.
Supponiamo σc = 72 daN/cm2 ; x= 50 cm e la stessa armatura degli esercizi precedenti (12.56 cm2).
In base alla tensione del calcestruzzo compresso possiamo ricavare la tensione dell’acciaio; è
sufficiente moltiplicare per 15 la tensione di trazione che avrebbe la fibra di calcestruzzo in
corrispondenza dell’armatura: σclsteso = (b·%(b$ = 36. La tensione nell’acciaio si ottiene amplificando per 15 questo valore: 36·15=540.
C = 72 · 30 · 502 = 54000ZC[
T = 540·12,56 = 6782 N = C – T = 47218 daN Poichè non siamo in flessione semplice il momento va calcolato precisando rispetto a quale asse è
riferito. In genere si calcola rispetto al baricentro della sola sezione in calcestruzzo (vale a dire non
considerando la presenza delle armature). Si tratta di moltiplicare C e T per i rispettivi bracci
rispetto al baricentro.
166
Il braccio di T è: d − q( = 75 − 0$( = 35cm
Il braccio di C é: q( − r = 0$( − b$ = 23,3cm
M = C · 23,33 + T · 35 = 1259820 + 237370 = 1486000 daN·cm
Metodo a tentativi su x:
Nella pratica professionale invece si conoscono N e M e si devono ricavare le tensioni.
Partendo dai valori di N e M appena ottenuti ci proponiamo di calcolare le tensioni corrispondenti.
Vedremo che il calcolo inverso è più complesso.
NOTA: Cʹ è la risultante da considerare quando la x è maggiore di d (in corrispondenza di una porzione compressa inesistente).
Dati: M =1496000 daN·cm N =47200 daN
eesterna = st =31,7 cm
σc 1 M 1496000 N 47200 e esterna 31,7 b 30 H 80 dʹ 5 d 75 As 12,56 Asʹ 0 n 15
M = C · vH2 − x3y + Cz · vH2 − d{y + C{ · vH2 + x − H3 y + T · (H2 − d{)
Formule da ricordare:
C = σc· b ·}( CS = n ·
}5~{} · σc ·AʹS
Cʹ = σc · b · (}5q)3(·}
T = n· ~5}} · σc ·AS
N = C + CS – (C) – T
167
Svolgimento:
Il metodo è fondato sulla ricerca di quel valore di x per cui l’eccentricità delle azioni interne
resistenti (e interna) diventi uguale all’eccentricità delle azioni interne agenti (e esterna).
Lo scopo è trovare σc e x. Fisso σc=1 e x è la mia variabile che cambio a tentativi finchè
eesterna=einterna = 31,7 cm.
Una volta che trovo einterna= 31,7 cm avrò anche la x giusta (1°VARIABILE).
Rapportando il valore di progetto di N a quello calcolato per σc = 1 otteniamo il vero valore di σc
(2° VARIABILE). La stessa cosa si può fare con M.
Per capire meglio costruiamo la seguente tabella (ovviamente utilizzando un foglio elettronico) :
x C CS Cʹ T N M e int 40 600 0 - 164,85 435,15 21770 50,03 50 750 0 - 94,2 655,8 20797 31,71 - -
100 1500 0 60 -47,1 1487 11151 7,5 Per maggior chiarezza sviluppiamo ad esempio i calcoli della prima riga: x=40 e σc=1
C = σc· b ·}( =1 · 30 · 402 = 600
CS = n · }5~{} · σc ·AʹS = 15 · '$5b'$ · 1 · 0 = 0
T = n· ~5}} · σc ·AS =15 · %b5'$'$ · 1 · 12,56 = 164,85
N = C + CS – (C) – T = 600 + 0 − 0 − 164,85 = 435,15
M = C · 4q( − }8 + Cz · 4q( − d{8 + C{ · 4q( + }5q 8 + T · 4q( − d{8=600 40$( − '$ 8 + 0 + 0 +164,85 40$( − 58 = 21770
eesterna =st = (#%%$'b,#b = 50,03cm
Il segreto è quindi concentrarsi sull’eccentricità (cioè fare in modo che einterna = eesterna o forse
sarebbe meglio dire e resistente = e agente) e poi di calibrare σc in modo opportuno. Infatti assumendo
σc=1 abbiamo ottenuto un certo valore di N che va rapportato al valore di progetto (la stessa cosa si
può dire per M).
σ�= t�t� =s�s� = '%($$*bb,0 = #'`*$$$($%`% = 72 ~�t��3
168
Nota σ� si ricava dapprima la forza T vera amplificando quella della tabella e quindi la tensione
nell’acciaio.
σz = T · σ�Az = 94,2 · 7212,56 = 540 daNcm(
NOTA: Quanto detto finora vale finchè l’asse x è al massimo pari a d : per valori di x superiori si
deve considerare anche l’azione assiale e il momento corrispondenti alla porzione di calcestruzzo in
realtà inesistente (identificato con C’ nella tabella precedente).
Utilizzo del diagramma x/e
Per ogni valore di x, troviamo e corrispondente:
x e 25,05 1000
30 139,73 40 50,03 50 31,71 60 23,04 70 17,34 75 15
Osserviamo che il primo valore di x corrisponde a quello già calcolato in
flessione semplice. L’ultimo valore (infinito) invece corrisponde
(azione assiale centrata).
Invece di andare a tentativi si può costruire il diagramma sulla base di pochi punti e poi entrare nel
diagramma con e, e ricavare la x.
0
20
40
60
80
100
120
140
0 10 20
e
169
Osserviamo che il primo valore di x corrisponde a quello già calcolato in
flessione semplice. L’ultimo valore (infinito) invece corrisponde alla compressione semplice
Invece di andare a tentativi si può costruire il diagramma sulla base di pochi punti e poi entrare nel
, e ricavare la x.
30 40 50 60 70
x/e
Osserviamo che il primo valore di x corrisponde a quello già calcolato in corrispondenza della
alla compressione semplice
Invece di andare a tentativi si può costruire il diagramma sulla base di pochi punti e poi entrare nel
80
x/e
170
CALCOLO DELLE TENSIONI CON PROCEDIMENTO ITERATIVO
In letteratura è noto il legame matriciale tra le componenti dell’azione interna (N ed M) e
- la deformazione unitaria rispetto all’asse cui è riferito M: ԑ0
- la pendenza del diagramma delle deformazioni unitarie: χ (curvatura)
Moltiplicando per E, è immediato ricavare il corrispondente legame con le tensioni.
⋅
=
⋅
=
χσ
χε
EIS
SA
E
E
IS
SA
M
N 00
χ= Pendenza del diagramma (delle deformazioni unitarie o delle tensioni)
A = Area della sezione omogeneizzata
S = Momento statico della sezione
I = Momento d’inerzia
M, S, I sono riferiti allo stesso asse zero (asse cui è riferito M)
Il nostro scopo è passare da un vettore all’altro tramite una matrice. Vogliamo trovare il vettore
χσE
0 e per questo devo invertire la formula.
⋅
=
⋅
=
χσ
χε
EIS
SA
E
E
IS
SA
M
N 00
⋅
−−
−=
M
N
AS
SI
SAIE 2
0 1χ
σ
Prendiamo come asse di riferimento l’estradosso. Nella figura seguente è stata riportata la posizione
dell’azione assiale dell’esercizio risolto in precedenza (e = 31,7 cm a cui corrisponde x = 50 cm).
171
M = N·(40-31,7) = -47200·8,3 = -392000
A = b · x + n · As = 188,4 + 30 · x
S = b · }3( + n · As · d = 141300 + 15 · x2
I = �·}� + n · As · d2 = 1059750 + 10 · x3
NOTA: A, S, I considerano l’area compressa e l’area dell’acciaio teso amplificata per n=15. E’ conveniente, per facilitare la comprensione, tracciare le tre funzioni A, S, I (polinomi di primo,
secondo e terzo grado) partendo dall’estradosso (nel disegno i diagrammi sono solo simbolici).
Con x=0 avrò:
A = n · As =188,4
S = n · As · d = 141300
I = n · As · d2 = 1059750
172
Se x=H avrò:
A= 2588,4 cm2
S= 110130 cm3
I= 6179750 cm4
NOTA: I valori calcolati per x = 0 e x = H corrispondono ai segmenti orizzontali iniziale e finale
dei diagrammi nella figura precedente.
Utilizziamo il legame matriciale già ricavato, sostituendo i valori di A, S, I calcolati per x = H.
Ricordarsi che M è quello calcolato rispetto all’estradosso e che N è negativo se di compressione.
−⋅
−−
−=
392000
4720012
0
AS
SI
SAIEχσ
σ˳ = �·�–�·]�·�5�3 = 64,26
E� = 5�·�)�·]�·�5�3 = 1,08
Yn =− �˳�� =5*',(*#,$0 =−59,41 Poiché l’asse neutro è posizionato verso il basso a 59,41 cm dall’estradosso, si ha x = 59,41 cm.
Ripetiamo il calcolo con il nuovo valore di x. I valori nuovi sono:
A = 1970,64 cm2
S = 67072 cm3
I = 3156655 cm4
Quindi:
σ˳ = 71,26 = 72 ~�t��3 E� = 1,39 Yn = - 51,27 cm → x = 51,27 cm
Al terzo passaggio otterremo:
σ˳ = - 72~�t��3 E� = 1,44 Yn = 50 cm → x = 50 cm
173
Calcolo delle tensioni in presso-flessione, SINTESI:
Il calcolo tensionale delle sezioni in cemento armato in pressoflessione è complesso perché la
sezione si parzializza e quindi non è nota a priori l’altezza della zona compressa (x).
Nel caso generale con presenza di armature anche in zona compressa, vi sono tre vie per risolvere
questo problema:
1. Impostare l’equazione che ci da direttamente x (altezza zona compressa); l’equazione è di
terzo grado e i passaggi sono complicati.
2. Andare a tentativi sulla x fino a ricavare una distribuzione adimensionale di tensioni con
risultante di eccentricità pari a quella che si ottiene facendo (]�). Calcolata la x il diagramma
unitario va rapportato al valore di progetto di N o di M. (vedi esempi già svolti). Per
comodità conviene disegnare un diagramma che dia e in funzione di x così da risparmiare il
numero di tentativi.
3. Metodo iterativo: osserviamo che bastano due numeri per identificare i diagrammi delle
tensioni:
σ˳= compressione all’estradosso
Eχ = pendenza del diagramma stesso
Questi due numeri si possono ricavare direttamente in funzione di N e M, con M calcolato rispetto
all’estradosso. Il loro rapporto (a meno del segno) indica l’altezza della zona compressa.
Per applicare il metodo si pone x = H e si ricava la nuova x = �˳��. Se x ≥ H il calcolo si conclude; se x < H si ricalcolano i coefficienti della matrice così da ottenere il
nuovo valore di x e si procede fino a convergenza su x.
174
2.2 INTRODUZIONE ALLA PRESSOFLESSIONE DEVIATA
2.2.1 PRESSO FLESSIONE RETTA E DEVIATA
Per immaginare un’azione di presso flessione, partiamo dalla compressione semplice di un pilastro.
Immaginiamo d’applicare la forza P sull’intersezione dei 2 assi di simmetria della sezione del
pilastro, come illustrato in figura 2.2.1.1. In questo caso saremo in presenza della sola azione di
compressione N, in quanto il braccio d’applicazione della forza, rispetto a ciascuno dei 2 assi di
simmetria, è zero e di conseguenza il momento M è nullo.
Volendo generare nel pilastro anche un’azione di flessione, dovremo applicare il carico P ad una
distanza e dall’asse di simmetria, in modo da generare un momento M diverso da zero. In questa
situazione il pilastro è presso inflesso e come illustrato in figura 2.2.1.2, oltre all’azione assiale N, si
avrà anche un momento M.
Figura 2.2.1.2: Pilastro soggetto a compressione e flessione
Nella figura 2.2.1.2 nella sommità del pilastro il momento è sempre pari a P·e indipendentemente
dalle rigidezze del pilastro e della mensola orizzontale, in quanto isostatica.
P e
N = P M = P ·e
e P
N = P
Figura 2.2.1.1: Pilastro compresso
175
S0
Abbiamo la presso flessione dei pilastri anche nel caso del portale di figura 2.2.1.3 (struttura
iperstatica). Come si vede dall’andamento del diagramma del momento, il pilastro è soggetto ad un
momento M e ad un’azione assiale N. Solo nella sezione S0, M vale zero, pertanto in quella sezione
il pilastro sarà soggetto solo ad uno sforzo di compressione.
NOTA: Dalla teoria dei telai, se il telaio è a nodi fissi e i montanti non sono caricati da forze
orizzontali So si trova ad 1/3 della loro altezza; infatti il momento alla base è la metà di quello in
sommità.
Figura 2.2.1.3: Portale, azione di sola compressione in S0.
NOTA: EFFETTO DEI RAPPORTI DELLE RIGIDEZZE Il caso del portale ci offre lo spunto per una riflessione riguardo la rigidezza dei diversi elementi
della struttura. Infatti trattando una struttura iperstatica dobbiamo considerare il rapporto tra la
rigidezza dei diversi elementi strutturali.
Se la rigidezza della trave è molto minore rispetto a quella dei pilastri si può pensare di
rappresentarla come tra due incastri (Figura 2.2.1.4).
Figura 2.2.1.4:Portale assimilabile ad una trave tra incastri. Infatti nella figura 2.2.1.4 si nota come la resistenza offerta dai pilastri alla rotazione è elevata e
risulta come se la trave fosse incastrata.
M/2
M/2
M =
⋅4
lP
P
176
Se la rigidezza della trave è molto maggiore rispetto a quella dei pilastri, si può pensare di
rappresentarla come tra due appoggi (figura 2.2.1.5). Infatti i pilastri non si oppongono alla
rotazione degli estremi della trave che può ruotare liberamente.
Figura 2.2.1.5: Portale assimilabile ad una trave su due appoggi.
In entrambi i casi la somma dei momenti massimi (negativi e positivi) è
⋅4
lP
, nel secondo caso nel
punto di contatto tra i pilastri e la trave la rotazione è libera, nel primo caso invece è impedita. Nel
caso di figura 2.2.1.4 l’azione derivante dalla flessione della trave incide anche sui pilastri,
mentre nel secondo caso possiamo pensare che i pilastri siano solo soggetti a compressione, come
se ci fosse una cerniera.
Possiamo riscontrare un’azione di presso flessione anche nelle travi. E’ il caso illustrato in figura
1_6, di una trave soggetta ad un carico verticale distribuito P e ad una forza laterale w, che genera la
compressione, solitamente dovuta all’azione del vento.
Nel pilastro d’angolo della figura 2.2.1.6, ci sono due coppie flettenti che generano delle tensioni
normali (SIGMA) che si sommano a quelle dell’azione assiale.
Infatti è necessario distinguere tra azioni che generano tensioni normali (N, Mx, My) e azioni che
generano tensioni tangenziali (T, Vx, Vy) (riprenderemo questo discorso subito dopo).
Nei casi visti precedentemente, dove l’azione viene applicata lungo un asse di simmetria della
sezione del pilastro si parla di presso flessione retta. Nel caso del pilastro d’angolo, si parla di
presso flessione deviata.
M =
⋅4
lP
M
177
Figura 2.2.1.6: presso flessione deviata nei pilastri.
2.2.2 EFFETTI DELLE COMPONENTI DELL’AZIONE INTERNA
Suppongo d’avere una trave cava e di materiale elastico ed omogeneo, come in figura 2.2.2.1. La
figura A mostra le azioni interne cui corrispondono tensioni normali σ; la figura B mostra le azioni
interne cui corrispondono tensioni tangenziali τ.
Caso A: trave cava soggetta a N e a due momenti flettenti My e Mz;
tensioni conseguenti.
P
w
N Mxx
Myy 1_6a
1_6b
178
Caso B: trave cava soggetta a momento torcente T(x) e a due tagli Vy e Vz; tensioni conseguenti.
Figura 2.2.2.1
Nel primo caso A, quando la sezione è soggetta ad azione assiale, tutte le quattro pareti lavorano
contemporaneamente, invece sotto l’effetto dei due momenti, vediamo come l’azione di
compressione coinvolga due regioni diverse della sezione. Di seguito cercheremo di capire come si
distribuiscono le zone tese e compresse in una sezione, quando si devono combinare
contemporaneamente le due azioni flettenti.
Nel caso del calcestruzzo armato è lecito combinare azioni ma non è lecito combinare
resistenze perché ad ogni coppia di azioni corrisponde una sezione resistente diversa. A rigore di
termini è possibile sommare M e N tutte della stessa eccentricità perché l’altezza della zona
compressa non cambia.
Per il caso B invece le azioni interne generano degli sforzi tangenziali τ come mostrato in figura.
Nella figura 2.2.2.2 invece immaginiamo d’avere una trave soggetta ad un momento My dovuto al
peso proprio e al carico sovrastante e ad un momento Mz dovuto all’azione del vento. Il momento
all’interno della trave non è costante e variando genera il taglio, essendo quest’ultimo la derivata del
momento. In questo caso si devono considerare i tagli nei due diversi piani.
Figura 2.2.2.2: trave soggetta a due azioni flettenti
179
Nota sull’azione del taglio: Come si vede dalla prima trave rappresentata in figura 2.2.2.3, il taglio è diverso da zero
quando si ha una variazione del valore del momento. Nel secondo esempio della figura 2.2.2.3 è rappresentato
l’andamento del momento di una trave su due appoggi: se consideriamo due sezioni di trave distanti ∆x, il momento
Msx sarà diverso dal momento Mdx. La coppia mancante per effettuare il bilanciamento della coppia deriva dal taglio
V.
MxV ∆=∆⋅ ; x
MV
∆∆=
Figura 2.2.2.3: momento di una trave su due appoggi
Anche da questa semplice dimostrazione, supponendo che ∆x diventi infinitesimo, si può riconoscere come il taglio è la
derivata calcolata nel punto, quindi la pendenza del grafico del momento.
La presenza di due azioni flettenti induce l’inclinazione dell’asse neutro (vale a dire il luogo
geometrico dei punti in cui la tensione normale è nulla). Nella figura 2.2.2.4 si vede la distribuzione
della zona tesa e di quella compressa in un pilastro d’angolo, soggetto all’azione flettente delle due
travi che sostiene.
Figura 2.2.2.4: pilastro d’angolo
C
T
180
2.3 PRESSOFLESSIONE DEVIATA
Per comprendere la presso flessione deviata, ripercorriamo i passaggi che avevamo visto per quella
retta (vedi prima parte del corso “MODULO A”). Come prima cosa va individuato l’asse di
simmetria (verticale nella figura) della sezione di cui stiamo studiando il comportamento. Sull’asse
di simmetria si troverà anche il baricentro G. Dovremo calcolare la deformazione ε per ogni
situazione di rottura, dalle deformazioni si potrà passare alla definizione delle tensioni σ, attraverso
i diagrammi σ-ε dei materiali. Dalle tensioni σ si passerà alle forze Fi che serviranno per il calcolo
di N e M.
Figura 2.3.1: costruzione di N e M a partire dalla sezione, ε, σ e Fi
Per la presso flessione retta nella figura 2.3.1 possiamo vedere come l’asse neutro “n”, che
rappresenta l’asse di separazione tra zona tesa e zona compressa, abbia inclinazione zero, cioè è
ortogonale all’asse di simmetria.
Nel caso di presso flessione deviata dobbiamo considerare, come visto nelle pagine precedenti, che
l’azione interna resistente ha tre componenti: N, Mx e My.In questo caso l’inclinazione dell’asse
neutro, angolo α, sarà diverso da zero, quindi la situazione sarà quella illustrata dalla figura 2.3.2.
CASO DI FLESSIONE DEVIATA
Consideriamo dapprima il caso di flessione deviata (N=0).
181
Figura 2.3.2: diagramma limite di deformazione e diagrammi di tensione per presso flessione deviata.
Per comprendere il comportamento di una sezione soggetta a flessione deviata consideriamo il
problema come fosse già risolto, come rappresentato in figura 2.3.3, facendo riferimento a quanto
scritto dal Prof. Radogna (E.F.Radogna “Tecnica delle costruzioni” Ed. Masson): supponiamo cioè
di conoscere già l’asse neutro.
Figura 2.3.3: diagramma di deformazione e tensione per flessione deviata. (tratto da “Tecnica delle costruzioni” ,
E.F. Radogna, Ed. Masson).
Fissata l’inclinazione dell’asse neutro, il metodo prevede che si disegni perpendicolarmente all’asse
neutro il diagramma delle ε (in figura 2.3.3 uno dei casi limite) e successivamente il corrispondente
diagramma delle σ, utilizzando ad esempio,per semplicità, il diagramma rettangolare dello stress-
182
block. Procedendo come già visto, vale a dire suddividendo la sezione in strisce parallele all’asse
neutro si ottengono tutte le forze elementari sia corrispondenti al calcestruzzo sia corrispondenti
all’acciaio. Si ottengono così la risultante Cu di compressione e la risultante Tu di trazione. I punti A
e B sono i punti di applicazione rispettivamente delle risultanti Cu e Tu. La congiungente di A e B
è perpendicolare alla direzione del vettore applicato M, vale a dire determina il piano del
momento resistente. Questo momento si scompone lungo le direzioni x e y generando Mx e My.
Definita z la distanza tra i punti A e B risulta zTzCM uuu ⋅=⋅=
Osserviamo che il vettore applicato non è generalmente parallelo all’asse neutro.
NOTA: Nella realtà, ovviamente, l’asse neutro non è noto, ma va ricavato con un procedimento di
successive correzioni (su x e α) fino ad avere uu TC =
CASO DI PRESSO-FLESSIONE DEVIATA
Nel caso in cui si consideri anche l’azione assiale il metodo è questo: si procede per varie posizioni
ed inclinazioni dell’asse neutro (cioè vari valori di x e α); calcolando ogni volta i momenti
complessivi delle risultanti di compressione e di trazione rispetto agli assi x e y (Mux, Muy) e
calcolando in più uuu TCN −= .
tuucuuux yTyCM ⋅=⋅=
uuu TCN −=
tuucuuuy xTxCM ⋅=⋅=
Facendo variare x e α; per ogni coppia troviamo una terna di valori resistenti. Se noi disegnamo le
terne ottenute, ricaviamo la figura seguente.
183
Nel caso della pressoflessione deviata si deve operare quindi in uno spazio tridimensionale: invece
della curva di interazione si ha una superficie di interazione perché le componenti della
sollecitazione sono tre (Nu, Mux, Muy). Come visto la determinazione di un punto sulla superficie si
effettua in modo analogo a quello adottato per la pressoflessione retta, con la differenza che
l’inclinazione dell’asse neutro è in questo caso variabile e quindi si procede per iterazioni
successive fissando di volta in volta l’inclinazione dell’asse neutro. Si ottengono così un insieme di
punti che collegati opportunamente determinano la superficie limite d’interazione.
La figura tratta dal libro del Ghersi (“Verifica e progetto allo stato limite ultimo di pilastri in c.a.
a sezione rettangolare: un metodo semplificato”. Aurelio Ghersi, Marco Muratore) confronta il
dominio tridimensionale allo SLU (quello di cui si è detto finora) con l’analogo allo stato limite
tensionale. È necessario osservare che in certi casi il dominio d’interazione nella sezione Mx-My
non è convesso, a differenza di quanto avviene per i domini del tipo N-M.
Consideriamo il caso di una sezione quadrata armata nei 4 vertici (la figura è tratta dal libro già
citato del Professor Radogna): è facile dimostrare che il momento in direzione diagonale è minore
di quello in direzione orizzontale e verticale e pertanto le curve a N=cost hanno tratti concavi.
184
2.3.1 METODO SEMPLIFICATO DI VERIFICA DELLA SEZIONE A PRESSO FLESSIONE DEVIATA
L'andamento delle curve della figura seguente (curve ad N costante) - ottenute sezionando con un
piano verticale la superficie bidimensionale della figura 2.3.4 - suggerisce un metodo approssimato
di verifica, che consiste nel sostituire alla curva Nu= cost, ovvero ν=costante nello spazio
adimensionale, un segmento rettilineo, interamente interno al dominio di resistenza. Il segmento è
facilmente determinabile in base ai soli valori dei momenti MxR ed MyR delle flessioni rette, che
sono di agevole determinazione, quando la sezione è simmetrica.
La verifica è eseguita controllando che il punto (Mx,d; My,d), dovuto alle azioni di calcolo sia non
esterno al segmento stesso. Si tratta evidentemente di un procedimento approssimato a favore di
sicurezza, che può essere reso più preciso adottando, al posto del segmento rettilineo, curve
interpolatorie. La normativa consente l’utilizzo di questo metodo semplificato, nella forma:
1≤
+
αα
NdyR
dy
NdxR
dx
M
M
M
M
,
,
,
,
185
Figura 2.3.1.1: approssimazione a favore di sicurezza.
- Mx,d ed My,d sono rispettivamente i momenti intorno agli assi maggiore e minore, dovuti ai
carichi ultimi;
- MxR,Nd e MyR,Nd sono i momenti resistenti per un dato valore di Nd
- α è un coefficiente definito dall’EC2.
IL VALORE DELL’ESPONENTE NELLA FORMULA D’INTERAZION E
1≤
+
αα
NdyR
dy
NdxR
dx
M
M
M
M
,
,
,
,⇒ negli spazi adimensionali vale 1≤
+
α
ν
α
ν µµ
µµ
dyR
dy
dxR
dx
,
,
,
,
Le Norme tecniche 2008 non danno una formula per ricavare il valore di α, ma esso è funzione della
geometria, di ν* e di ωt. Abbiamo introdotto il simbolo ωt (con riferimento all’area totale) per
distinguerlo da ωx e ωy . In altre parole, ωt considera l’armatura presente su tutti i lati. Allo stesso
modo, abbiamo introdotto il simbolo ν* per distinguerlo da ν : in ν* al denominatore compare
anche As·fyd.
Per il calcolo di α facciamo di seguito riferimento a quanto riportato nell’Eurocodice 2.
Rcd
ydtot
tN
fA ⋅=ω (l’area totale è la somma dell’armatura presente su tutti i lati)
ydscdc
d
fAfA
N
⋅+⋅=*ν ⇒
t
d
cdc
ydtot
cdc
d
fA
fA
fA
N
ωνν+
=
⋅⋅
+
⋅=1
1* (in quanto As=Atot)
Per sezioni rettangolari α assume i seguenti valori:
Nd/NR ⇒ν* 0,1 0,7 1,0 α 1 1,5 2
Rappresentando in diagramma i valori dell’EC otteniamo la seguente curva:
186
0.0
0.5
1.0
1.5
2.0
0.0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0
ν*
α
Possiamo approssimare la curva con una spezzata:
0.0
0.5
1.0
1.5
2.0
0.0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0
ν*
α
α è ottimamente approssimato a favore di sicurezza con
)*( 21 να +≅
A titolo di esempio: nell’intervallo 7,0*1,0 ≤≤ν , dato ν* ricavo α con l’equazione della retta:
( ) 1101070
151 +−⋅
−−= ,*
,,
, να
187
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1
m
m
α=1α=1,2α=1,4α=1,6α=1,8α=2
Mx,d/Mx,R
My,d/My,R
Figura 2.3.1.1.: Curve di Bresler con α fino a 2
2.3.2 VERIFICA DELLA PRESSOFLESSIONE DEVIATA CON LA RIDUZIONE A DUE PRESSOFLESSIONI RETTE
Eseguire la verifica di resistenza della seguente sezione soggetta alle azioni indicate.
3 φ16
30
60
5 φ20
5 φ20
3 φ16
x
y
Il copriferro d' vale 6 cm in una direzione e 4 cm nell'altra.
α
188
Azioni di progetto:
) (800.000 80
) (2.500.000 250
) (100.000 000.1
,
,
daNcmkNmM
daNcmkNmM
daNkNN
yd
xd
d
==
=
Resistenze di progetto:
MPaf
MPaf
yd
cd
3,391
17,14
==
NOTA: per semplicità e a vantaggio di sicurezza, calcolare il momento resistente rispetto ad un asse tenendo conto della sola armatura nei lati paralleli all'asse, seguendo lo schema della figura seguente.
x
y
Mx
My
5 φ20
5 φ20
3 φ163 φ16
1 φ20
1 φ20
1 φ20
1 φ20
x
y
)1662010(348.448,43
)163202(232.132,12'
)205(571.171,15'
22
22
22
φφ
φφφ
+==
+===
===
mmcmA
mmcmAA
mmcmAA
tot
sysy
sxsx
Verifica con riduzione a due pressoflessioni rette
Le Norme Tecniche (punto 4.1.2.1.2.4) consentono una verifica semplificata che riduce il problema a due pressoflessioni rette, utilizzando la formula di interazione detta di Bresler:
1,
,
,
, ≤
+
αα
xR
xd
xR
xd
M
M
M
M
- xdM , e xdM , sono i momenti flettenti di progetto, nelle due direzioni, concomitanti con Nd;
- xRM , e xRM , sono i momenti resistenti, in pressoflessione retta, in corrispondenza di Nd;
- α è un esponente per il quale – nel caso di sezioni rettangolari – l'Eurocodice 2 dà i seguenti valori:
1*0,2
7,0*5,1
1,0*0,1
====≤=
νανανα
189
Abbiamo introdotto il simbolo *ν per indicare il rapporto:
ydtotcdc
d
fAfA
N
⋅+⋅=*ν
ν *
1,0
1,5
2,0
0,1 0,7 1,0
Valori dell'esponente α della formula d'interazione di Bresler. Per comodità, possiamo semplificare l'espressione di α :
( ) ( ) ( )[ ]*667,1333,0;*833,0917,0;00,1max ννα ⋅+⋅+=
La verifica può essere svolta direttamente nello spazio adimensionale:
1,
,
,
, ≤
+
αα
µµ
µµ
xR
xd
xR
xd
Utilizziamo il metodo del vettore unico
Azioni di progetto adimensionali
392,017,14)600300(
10000.1 3
=⋅⋅
⋅=⋅
=cdc
dd fA
Nν
( ) 163,017,14600600300
10250 6,
, =⋅⋅⋅
⋅=⋅⋅
=cdxc
xdxd fHA
Mµ
( ) 105,017,14300600300
1080 6,
, =⋅⋅⋅
⋅=⋅⋅
=cdyc
ydxd fHA
Mµ
Nelle due direzioni, con significato ovvio dei simboli, si avrà:
190
400,060060
5,05,0'
=−=−=x
xxs H
dδ , ( ) 48,017,146003003,391571.122
=⋅⋅
⋅⋅=⋅⋅⋅
=cdc
ydxx fA
fAω
367,0300
405,05,0
'
=−=−=y
yys H
dδ , ( ) 38,017,146003003,391232.122
=⋅⋅
⋅⋅=⋅
⋅⋅=
cdc
ydyy fA
fAω
Per semplicità considero un unico 40,05,0'
=−=H
dSδ
Tracciamento del diagramma adimensionale corrispondente al rapporto s
s
A
A'
=1
Essendo la sezione simmetrica, siamo nel caso in cui ω∆=0 (perché As=As’).
Entriamo nel diagramma adimensionale As = A’s con il valore νd =0,39.
Intercettando le curve ωx =0,48 e ωy =0,38, leggo il valore di µx,R=0,29 e di µy,R=0,25.
191
1,
,
,
, ≤
+
α
ν
α
ν µµ
µµ
dyR
dy
dxR
dx
I numeratori sono i momenti di progetto adimensionali già calcolati.
Sostituendo si ottiene:
125,0
105,0
29,0
163,0 ≤
+
αα
235,0667,01
392,0
1* =
+=
+=
t
d
ωνν
Per riprova ricalcoliamo *ν con la formula diretta:
( ) 235,03,391348.417,14600300
10000.1*
3
=⋅+⋅⋅
⋅=⋅+⋅
=ydtotcdc
d
fAfA
Nν
( ) ( ) ( )[ ] [ ] 113,1725,0;13,1;1max*667,1333,0;*833,0917,0;0,1max ==⋅+⋅+= ννα
( ) ( ) 1908,0381,0527,0420,0562,025,0
105,0
29,0
163,0 113,1113,1113,1113,1
≤=+=+=
+
Diversa costruzione grafica
Sfruttando il fatto che:
ydxdd ,, ννν ==
la costruzione grafica può essere organizzata utilizzando l'asse positivo delle ordinate per xµ e l'asse
negativo delle ordinate per yµ (per la doppia simmetria della sezione, i segni dei momenti sono irrilevanti).
Costruiti i due diagrammi adimensionali (il vettore unico è semplicemente un segmento orizzontale avente
lunghezza pari, in un caso, a xω e nell'altro caso a yω ), stimiamo i due valori del momento resistente
adimensionale da cui ricaviamo i momenti resistenti adimensionali:
29,0, ≅xRµ
25,0, ≅yRµ
192
193
ALTRO ESERCIZIO
Ricavare α quando ν* =0,05, ν* =0,5, ν* =0,8.
0.0
0.5
1.0
1.5
2.0
0.0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0
ν*
α
Osservo che ν* =0,05 si trova nell’intervallo 0≤ν* ≤0,1 la retta è costante, α=1.
Osservo che ν* =0,5 si trova nell’intervallo 0,1≤ν* ≤0,7 quindi uso la formula di interpolazione:
( ) 33,111,05,01,07,0
15,1 =+−⋅
−−=α
α=1,33.
Osservo che ν* =0,8 si trova nell’intervallo 0,7≤ν* ≤1 quindi uso la formula di interpolazione
( ) 67,15,17,08,07,01
5,12 =+−⋅
−−=α
α=1,67
194
2.5 METODO PER TRACCIARE I DIAGRAMMI N-M x-M y DI UNA SEZIONE RETTANGOLARE CON ARMATURA COSTANTE LUNGO I LATI
Facendo riferimento a quanto riportato in uno studio del 2006 del prof. Cedolin del politecnico di
Milano, si dimostra che per una sezione rettangolare simmetrica “se l’asse neutro è parallelo ad
una diagonale, il momento resistente è ortogonale all’altra diagonale”.
Si determina la sollecitazione risultante mediante la somma dei contributi delle sottili strisce in cui è
stata idealmente suddivisa la sezione; se l’asse neutro è parallelo alla diagonale, ogni fibra di
calcestruzzo che considero ha baricentro allineato sull’altra diagonale e lo stesso vale per le
armature che risultano disposte in modo da avere baricentro sulla diagonale.
Le risultanti di trazione e compressione risultano allineate sull’altra diagonale; la sezione è
equivalente ad un rombo e il problema è ricondotto a monodimensionale.
a
b
D
x
H/2
MD MDy
MDx
H
n
a
bD
D
H
Il momento ortogonale alla diagonale, definito MD, si scompone nelle due componenti in direzione
degli assi ortogonali x,y:
D
bMM
D
aMM
DDy
DDx
⋅=
⋅= ;
Per costruire il dominio limite per pressoflessione deviata si “fa girare” il programma costruito per
presso flessione retta 3 volte.
Entrando con Nd trovo Mx, My, MD.
D
baH
Hx
D
bax
b
x
D
a ⋅⋅==⋅=⇒= 2;
2;
195
Νd
Mx
My
MD
Ν
Mx
Ν
My
Ν
MD
Rappresentiamo il dominio limite N-MX-MY per pressoflessione deviata:
MxR,Nd
MyR,Nd
Mx
My
N=Nd
MD,Nd
N
Le superfici di stato limite si possono rappresentare sotto forma di curve di livello,per esempio sul
piano Mx, My relativamente a valori costanti di N.
196
Per un dato valore di calcolo Nd:
1,,
=
+
αα
NdyR
Dy
NdxR
Dx
M
M
M
M⇒ calcolo α
Si verifica la sezione applicando la formula d’interazione:
1≤
+
αα
NdyR
dy
NdxR
dx
M
M
M
M
,
,
,
,
Per ottenere i diagrammi adimensionali calcoliamo
cd
dd fab
N
⋅⋅=ν
cd
NdxRRx
fab
M
⋅⋅=
2,
,µ ; cd
NdyR
Ryfab
M
⋅⋅=
2
,
,µ
cd
ydtot
fab
fA
⋅⋅⋅
=ω
µxR,νd
µyR,νd
µD,νd
µDx
µDy
ν
µx
µy
1=
+
αα
µµ
µµ
yR
y
xR
x
Se il punto è interno alla curva limite la sezione è verificata.
197
2.6 METODO GENERALE PER TRACCIARE I DIAGRAMMI N-MX-MY Si vuole verificare la resistenza alle azioni N-Mx-My di una sezione rettangolare comunque armata
adottando la costruzione dei domini di presso flessione retta.
Il metodo vale per sezioni doppiamente simmetriche di calcestruzzo e per disposizione
dell’armatura qualunque.
x
y
x
y
In questo caso conviene distinguere con indice i le fibre di calcestruzzo e con indice j le armature.
Si utilizza il programma per presso flessione retta 3 volte, con un piccolo arrangiamento costituito
dall’aggiunta delle ascisse delle armature rispetto all’asse di simmetria della sezione di
calcestruzzo.
CASO 1: Presso flessione in direzione x
G εsj
εsj
n
x
y
εci
σσci
σsj
σsj
F
Fsj
Fsj
x (-) x (+)j j
As
εFci
Al foglio elettronico visto al paragrafo 2.2.4., in corrispondenza delle armature va aggiunta una
colonna in cui si riporta l’ascissa xj, facendo attenzione alla definizione del segno.
i yi yj xj Asj ….
Si calcolano:
∑∑ +=j
sj
i
ci FFN1
198
)()( gj
j
sj
i
gicix yyFyyFM −+−⋅= ∑∑1
j
j
sjy xFM ⋅= ∑1
si noti come il momento secondario deriva solo dalla asimmetria delle armature.
se ad esempio l’armatura fosse simmetrica l’ultima sommatoria si annulla sempre.
CASO 2: Presso flessione in direzione y
Tutto è identico e si ottengono analogamente yx MMN 222 −−
CASO 3: Presso flessione con asse neutro parallelo ad una diagonale
Si sfrutta il teorema del Professor Cedolin e pertanto il momento resistente della sola sezione di
calcestruzzo è un vettore ortogonale all’altra diagonale.
G
x (-)j
x (-)j
M
Mx
My
∆M
∆MX
∆MY
n
Le ascisse delle armature vanno misurate ortogonalmente all’altra diagonale.
Il ∆M è dovuto alla asimmetria delle armature rispetto alla diagonale che dà il suo contributo in
direzione x ed y.
Se le armature fossero simmetriche rispetto all’altra diagonale incrementerebbero semplicemente il
momento del calcestruzzo senza cambiarne direzione.
199
Pertanto ho ottenuto tre diagrammi di interazione (in quanto spostando gli assi neutri ottengo varie
coppie di N e M): ciascun caso dà luogo ad un diagramma resistente in direzione x e un diagramma
resistente in direzione y.
Sia da verificare la resistenza della sezione dati Nd, Mx,d, My,d
Si entra con Nd in tutti 6 i diagrammi e si ricava la posizione di 3 punti che sono sicuramente sul
dominio limite.
Ν
M1x
Ν
Ν
Νd
Ν
M1y
Ν
Ν
Νd
M2x M2y
M3y
PUNTO 1(M1x, M1y)
PUNTO 2(M2x, M2y)
PUNTO 3(M3x, M3y)
M3y
RISOLUZIONE GRAFICA
Traccio la curva passante per i tre punti considerati e verifico se il punto in progetto (Mx,d,My,d) è
all’interno.
My
Mx
1
23
N=Nd
MxR
MyR
Mxd
Myd
200
RISOLUZIONE ANALITICA
Per ricavare la curva che passa dai 3 punti sopra rappresentati ho 3 equazioni in 3 incognite: Mx,R,
My,R, α
Il sistema è non lineare per cui si utilizza il risolutore dei fogli elettronici.
Si deve risolvere il seguente sistema:
1
1
1
33
22
11
=
+
=
+
=
+
αα
αα
αα
yR
y
xR
x
yR
y
xR
x
yR
y
xR
x
M
M
M
M
M
M
M
M
M
M
M
M
Noti MxR, MyR, α si procede con la verifica
1≤
+
αα
NdyR
dy
NdxR
dx
M
M
M
M
,
,
,
,
201
2.7 ANALISI LINEARE CON RIDISTRIBUZIONE LIMITATA
Poiché allo stato limite ultimo le sezioni inflesse più sollecitate danno luogo a rotazioni plastiche
che consentono di rinviare ad altre zone l’effetto dei successivi incrementi di carico, in quelle
sezioni è possibile assumere per il progetto dell’armatura, un momento δM ridotto rispetto al
momento M derivante dal calcolo lineare elastico a condizione che nelle altre patti della struttura
siano considerate le corrispondenti variazioni necessarie per garantire l’equilibrio.
Vengono riportate le formule per il calcolo di δ ammissibile in funzione della classe del
calcestruzzo, del tipo di acciaio e del rapporto xu/d a distribuzione avvenuta.
d
xu⋅+≥ 25,144,0δ per 50≤ckf [N/mm2]
coi limiti 70,0≥δ in presenza di acciai tipo B e C
85,0≥δ in presenza di acciai tipo A
d
xu
cu
⋅
+⋅+≥
2
0014.06,025,154,0
εδ per 50>ckf [N/mm2]
È necessario tenere presente che una ridistribuzione effettuata nel rispetto delle regole di duttilità
assicura solo l’equilibrio allo stato limite ultimo. Per gli stati limite di esercizio sono necessarie
verifiche specifiche.
202
Riduzione del valore del momento negativo su appoggio iperstatico
In corrispondenza degli appoggi si possono creare fessure nella sezione resistente che comportano
un abbassamento del diagramma dei momenti.
Si deve dunque calcolare il diagramma di correzione dei momenti, tale diagramma che indicheremo
con ∆M, andrà sommato punto per punto al diagramma dei momenti dovuto ai carichi presenti sulla
struttura nell’ipotesi di assenza di fessurazioni e comportamento elastico. Tramite questa procedura
si ottiene come risultato il diagramma dei momenti con ripartizione.
Esempio:
Momento elastico
∆M momento di correzione
Momento ripartito (finale)
Rispetto al vincolo centrale si può calcolare il valore del momento finale deciso il δ e noto il valore
del momento elastico:
MfinaleMelastico =⋅ δ
203
Analisi di una struttura soggetta a carichi con metodo lineare elastico con
distribuzione limitata (LR).
Trave continua a due luci di m 5, sezione rettangolare b=500 mm, h= 250 mm, d = 220 mm. La
trave è armata all’appoggio centrale (sezione B) con armatura tesa As= 1000 mm2 e compressa A’s=
250 mm2.
Materiali: calcestruzzo C30/37, acciaio di classe avente fyk= 450 N/mm2.
Carico q uniformemente distribuito sulle due campate.
q
La sezione, sviluppando i calcoli presenta:
( ) ( ) kNmxdfAM
cmfb
fAfAx
ydSrd
cd
ydSydS
7875,44,0223913204,0
75,468,0
'
≅⋅−⋅⋅=−⋅⋅≅
=⋅⋅
⋅−⋅=
216,0=d
xu
2' 5,2 cmAS =
210cmAS =cm50
cm22
cm25
204
Secondo l’analisi lineare si determina il carico qu allo stato limite ultimo.
Essendo noto che il momento nel vincolo centrale vale:
( ) 8/2qlM −=
Si ricava:
84,24=Uq kN/m
Ora consideriamo la fessurazione secondo il metodo lineare elastico con ridistribuzione
limitata:
calcoliamo la riduzione massima:
d
xu⋅+≥ 25,144,0δ
Quindi:
71,0216,025,144,0 =⋅+=δ
È noto che rispetto al vincolo centrale si ha:
rdU Mq =
⋅⋅ 2
8
1lδ
Che numericamente risulta:
mkNqq UU /357,778
171,0 2 =⇒=
⋅⋅ l
Questo risultato evidenzia come considerando la ridistribuzione dei momenti e dunque la
fessurazione della sezione si riesca a sopportare un carico superiore.
Si deve però ora verificare il valore del momento massimo positivo ottenuto a seguito della
ridistribuzione.
Avendo nota la posizione e il valore del carico massimo:
205
M= 114,2 qu l˛
Si che:
5,6153532,14
1 2 =⋅⋅=M
Si calcola il momento di ridistribuzione
E dunque lo si valuta nel punto di massimo del caso precedente.
M=12
Applicando il principio di sovrapposizione degli effetti nella coordinata 0,375*l si ottiene un
momento totale pari a 73,5 e dunque inferiore al momento resistente.
7,775,73125,61 <=+
( ) 7,318
11 2 =
⋅⋅−=∆ lUqM δ
206
2.7.1 DIMOSTRAZIONE DEI DIAGRAMMI DI CORREZIONE DEI MOMENTI
Dimostriamo ora come si può ricavare il diagramma di correzione dei momenti ∆M nel caso di
trave su quattro appoggi. Il risultato riguarda il caso in cui vi sia fessurazione sull’appoggio B.
Consideriamo che sia presente una cerniera sul vincolo B e applichiamo una coppia unitaria sul lato
destro e sinistro, come segue in figura.
Si può dunque considerare la trave come composta da due componenti. Una parte isostatica che
comprende il tratto l0, ed una parte iperstatica che comprende l1 ed l2.
Si considerano separatamente i due casi:
A) Parte isostatica:
Il momento unitario indotto sul vincolo B lato sinistro comporta il risultato grafico soprastante.
B) Parte iperstatica
207
Per arrivare a soluzione si utilizza il metodo delle forze.
Il momento unitario applicato sul vincolo B lato destro induce una rotazione relativa sul vincolo C
pari a αM
αM= l16EJ
L’iperstatica risponde creando una coppia x che corrisponde ad una rotazione relativa αx
αX= l13EJ+
l23EJ
Si eguagliano dunque le rotazioni relative:
XM αα =
EJ
llx
EJ
lM
36211 +⋅=⋅
21
1
2
1
ll
lMx
+⋅=
In definitiva il diagramma unitario di correzione dei momenti risulta essere la somma della
componente isostatica e di quella iperstatica. Con il risultato grafico come segue:
208
Naturalmente i valori trovati riguardano il caso in cui si abbia momento unitario, per calcolare il
diagramma definitivo di deve moltiplicare il valore del momento di ripartizione ∆M per ogni punto
del diagramma sopraottenuto.
Il diagramma trovato riguarda il caso in cui si abbia un cedimento su di un unico appoggio, in
questo caso corrispondente al B. Nel caso di cedimento su più appoggi, ad esempio su B e C, il
diagramma di correzione assumerebbe una forma come segue:
209
Metodo lineare elastico con distribuzione limitata (LR) applicato all’esempio
numerico del punto 1.5.
Applichiamo ora il metodo LR all’esempio numerico del punto 1.5, analizzando in particolar modo
e sotto specifiche condizioni le situazioni di carico denominate S1+S2 e S1+S3.
Di tali schemi di carico riportiamo di seguito i diagrammi dei momenti con riportati i valori del
momento in ogni singolo punto e i carichi a cui è sottoposta la struttura:
gD=20,25
qD=33,75
195 -427 248 -427 195
gD=20,25
qD=33,75
182 -458 291 -316 11
I due casi sono stati trattati secondo le seguenti ipotesi:
S1+S2 ridistribuzione applicata agli appoggi corrispondenti ai punti P2 e P4 con δ=0,9.
S1+S3 ridistribuzione applicata all’appoggio corrispondente al punto P2 con δ=0,85.
I valori di δ sono stati ricavati come spiegato nel sottocapitolo 2.5.
210
CASO S1+S2
195 -427 248 -427 195
In questo caso la ridistribuzione viene applicata rispetto il punto P2 e P4, a cui corrisponde un
momento di ripartizione unitario (∆unitario) con tale forma:
0,4 1 1 1 0,4
Si calcola ora il momento finale che si otterrà a seguito di aver considerato la ripartizione, tale
valore si ottiene moltiplicando il valore deciso di ripartizione per il momento di valore massimo.
MelMfinale ⋅= δ
( ) 3854279,0 −=−⋅=Mfinale
È possibile ora calcolare il ∆M che moltiplicato per il vettore che riscalato per il ∆unitario restituirà
il diagramma di correzione dei momenti da sommare al diagramma dei momenti restituito dai
carichi.
MfinaleMelM −=∆
42385427 =−−−=∆M
Il diagramma di correzione dei momenti risulta avere i seguenti valori:
211
( ) [ ]4,01114,021 ⋅∆=+∆ MSS
( ) [ ] [ ]8,164242428,164,01114,04221 =⋅=+∆ SS
Sommando punto a punto il diagramma ricavato dai carichi e il diagramma di correzione si ottiene
il diagramma finale dei momenti con i nuovi valori presenti.
195 -427 248 -427 195
16,8 42 42 42 16,8
211,8 -385 290 -385 211,8
M finale
212
CASO S1+S3
182 -458 291 -316 11
In questo caso la ridistribuzione viene applicata rispetto il punto P2, a cui corrisponde un momento
di ripartizione unitario (∆unitario) con tale forma, ricavata a seguito della dimostrazione presente al
punto precedente:
0,4 1 0,36 -0,29 -0,12
Si calcola ora il momento finale che si otterrà a seguito di aver considerato la ripartizione, tale
valore si ottiene moltiplicando il valore deciso di ripartizione per il momento di valore massimo.
MelMfinale ⋅= δ
( ) 38945885,0 −=−⋅=Mfinale
È possibile ora calcolare il ∆M che moltiplicato per il vettore che riscalato per il ∆unitario restituirà
il diagramma di correzione dei momenti da sommare al diagramma dei momenti restituito dai
carichi.
MfinaleMelM −=∆
213
69389458 =−−−=∆M
Il diagramma di correzione dei momenti risulta avere i seguenti valori:
( ) [ ]12,029,036,014,021 −−⋅∆=+∆ MSS
( ) [ ] [ ]3,8208,24696.2712,029,036,014,06921 =−−⋅=+∆ SS
Sommando punto a punto il diagramma ricavato dai carichi e il diagramma di correzione si ottiene
il diagramma finale dei momenti con i nuovi valori presenti.
182 -458 291 -316 11
27,9 69 24,8 -20 -8,3
209,9 -389 315,8 -296 2,7
M finale
214
3 INTRODUZIONE AL METODO DEGLI ELEMENTI FINITI NELL A PROGETTAZIONE STRUTTURALE I metodi matriciali rappresentano uno sviluppo dei noti metodi “delle forze” e “degli spostamenti”.
Quest’ultimo metodo si è rivelato di più agevole applicazione nel calcolo automatico. Il
procedimento di calcolo è rigoroso per quanto riguarda i telai (strutture piane costituite da aste
monodimensionali) mentre è approssimato per quanto riguarda le strutture bidimensionali, piane o a
guscio, o i corpi tridimensionali:in questi ultimi due casi, la struttura deve essere idealmente
suddivisa in un certo numero di “elementi finiti” (cioè non infinitesimi): l’esattezza del metodo
dipende pertanto dal tipo di elemento scelto e dalla finezza della suddivisione.
Utilizzando il metodo degli “elementi finiti” il problema originale analitico (il sistema di equazioni
differenziali che modella matematicamente il fenomeno) diventa un sistema algebrico. In questo
modo si semplifica il problema: da un sistema di equazioni differenziali, che trattano i calcoli tra
derivate, si passa a un sistema algebrico.
Quindi l’utilizzo del calcolatore nella risoluzione di problemi strutturali, permette di affrontare
problemi più complessi e tener conto di variabili ulteriori, rispetto a quelle affrontabili dalla
risoluzione manuale.
Per esempio, nei casi riportati in figura 3.1 e 3.2 è possibile affrontare la soluzione del problema,
considerando anche la deformazione assiale delle aste.
Figura 3.1:spostamenti che naecono per effetto dell’allungamento o accorciamento delle aste.
215
Figura 3.2:deformata possibile per effetto della rotazione nodale.
Se consideriamo la struttura in figura 3.3, posso distinguere forze nodali, applicate direttamente al
nodo, o forze di elemento, applicate lungo l’asta.
Figura 3.3: generico telaio piano.
Per la soluzione di telai di questo tipo alcuni programmi chiedono che vengano identificati come
nodi oltre ai punti d’intersezione tra due aste anche i punti d’applicazione dei carichi.
216
In generale è conveniente riferirsi a un sistema locale, quindi come in figura 3.4, vanno interfacciati
un sistema globale (X,Y) e uno locale (X’,Y’) ad esempio parallelo a una delle aste.
Figura 3.4:sistema di riferimento locale e globale.
Ad ogni asta è assegnato un sistema locale. In figura 3.5 vengono evidenziate le sollecitazioni
agenti ai due estremi j, k di una generica asta caricata.
Figura 3.5: generica asta caricata.
Riferiamo le sollecitazioni al sistema locale e raggruppiamo in un vettore:
[ ]
=
=
Nk
Nj
Tk
Tj
Mk
Mj
p
p
p
p
p
p
p s
6
5
4
3
2
1
Y
X
Y’
X’
Azioni interne nei 2 nodi
217
Le azioni che nascono alle estremità dell’asta sono generate da:
- azioni dei carichi sull’asta in assenza di spostamenti;
- azioni generate da spostamenti in assenza di carichi.
[vedi metodo degli spostamenti]
Figura 3.6: casi di cedimento angolare e lineare di un estremo incastrato
Il primo termine è dovuto alla rotazione dei nodi in assenza di carichi, trasmesso per continuità con
le aste vicine; il secondo termine invece è generato dai carichi in assenza della rotazione dei nodi.
Generalizzando la formula vista in figura 3.6, possiamo scrivere:
{p}s = [k]s{ δ}s + {q}s.
{q}s è il vettore che raggruppa le azioni di estremità che nascono per effetto di carichi applicati
sulle aste, dilatazioni termiche ecc.
{ δ}s é il vettore che raggruppa gli spostamenti dei nodi che delimitano l’asta.
[k]s prende il nome di matrice di rigidezza dell’asta ed è una matrice quadrata che, moltiplicata per
{ δ}s dà le azioni di estremità che nascono per effetto degli spostamenti dei nodi, delimitanti l’asta.
Il generico termine krt della matrice [k]s altro non è, per la definizione di prodotto di matrici, che la
sollecitazione r-esima che nasce per effetto di uno spostamento t-esimo unitario, supponendo tutti
gli altri spostamenti nulli.
Il vettore{δ}s degli spostamenti, è così costruito:
k
j
k
j
k
j
x
x
y
y
ϕϕ
δ = }{ s
0,2
0,1
2
1
2
1
42
24M
M
l
EJ
M
M+⋅
⋅=
ϕϕ
218
Dove i primi due termini definiscono la rotazione del primo e del secondo estremo, il terzo e il
quarto gli spostamenti secondo l’asse y dei due estremi e gli ultimi due gli spostamenti dei due
estremi rispetto l’asse x.
Supponiamo ora di voler scrivere {p}s per le aste del telaio in figura 3.7.
Figura 3.7: telaio.
Quando guardo le due aste devo considerare che i due sistemi di riferimento locale delle due aste si
combinano in modo che l’azione assiale di una diventa il taglio per l’altra. Nel sistema di
riferimento globale restano solo gli spostamenti u che agiscono effettivamente e i carichi esterni p.
Quindi nel sistema di riferimento globale resta: {p} = [k]{u} + {Q}.
{Q} sono i carichi equivalenti in assenza di nodi.
La matrice k si dice matrice di rigidezza della struttura. Essa si ottiene con un procedimento detto
assemblaggio.
Figura 3.8: telaio da risolvere.
219
Ora si vuole confrontare il risultato della soluzione manuale con quello matriciale degli spostamenti
della struttura in figura 3.8; a tal fine possiamo tracciare la deformata per effetto degli spostamenti
nodali e della rotazione nodale in figura 3.9.
Figura 3.9: deformate per rotazione e spostamenti del telaio.
Il momento in B è minore del valore del momento in A in quanto si tiene conto dell’effetto di
cedimento della trave verticale e della rotazione del nodo. Con il calcolo manuale possiamo tenere
conto però solo del secondo effetto (rotazioni nel nodo).
Risoluzione con il metodo degli spostamenti
010111 =+⋅ Mm ϕ
21 12
144lp
l
JE
h
JE ⋅⋅=⋅
⋅⋅+⋅⋅ ϕ
rad
l
JE
h
JE
lp0011,0
5
11964
5
11964
5112
1
4412
1 22
1 =
⋅+⋅
⋅⋅=
⋅⋅+⋅⋅
⋅⋅=ϕ
Noto 1ϕ trovo BM
110
4 ϕ⋅−⋅=l
EJMM B
220
Il momento calcolato manualmente risulta tmKgfmM 04,11040 == , lo stesso telaio risolto con il
calcolatore da un tmM 813,0= , quindi la sovrastima è circa del 20%. Questa sovrastima è data
dal fatto che il calcolo manuale trascura la deformazione dovuta all’azione assiale.
A questo punto bisogna comprendere un punto fondamentale nell’utilizzo dei metodi matriciali per
la soluzione delle strutture: dobbiamo essere in grado di ricondurci al risultato ottenuto
manualmente, modificando le condizioni e i dati con cui lavora il programma. In altre parole
dobbiamo riuscire ad ottenere, anche con il computer tmM 04,1= , modificando opportunamente i
dati che utilizza il programma per ricondurmi alle ipotesi semplificative adottate dal calcolo
manuale. Per esempio dovrò aumentare di qualche ordine di grandezza la rigidezza assiale dell’asta
verticale in modo che il programma non calcoli gli effetti indotti dal cedimento. Allo stesso modo si
dovranno escludere, nel calcolo di controllo di verifica, gli effetti della deformabilità dovuta al
taglio.
Infatti, come noto, il calcolo manuale dei telai introduce drastiche semplificazioni:
- quella di trascurare la deformazione assiale dell’asta (vale a dire ne considera infinita la
rigidezza assiale);
- quella di trascurare la deformabilità dovuta alle azioni di taglio (vale a dire considera infinita
la rigidezza a taglio dell’asta).
Se vogliamo considerare la deformazione assiale, sono da prendere in considerazione anche le due
traslazioni verticali ed orizzontali del nodo. Il vettore delle incognite {u} è allora composto da tre
termini:
u1, rotazione del nodo
u2, traslazione verticale del nodo
u3, traslazione orizzontale del nodo.
L’esempio visto in precedenza sviluppa tutti i calcoli necessari per arrivare al valore numerico di
u1,u2 e u3 e risalire ai valori delle sollecitazioni agli estremi delle aste. Per far questi calcoli, anche
in questo esempio molto semplice, è necessario usare l’algebra matriciale. Non appena la struttura è
più complessa, oltre all’algebra delle matrici, è indispensabile il calcolo automatico. In particolare si
è ottenuto che il momento M mutuamente scambiato dalle due aste vale circa tmM 813,0= . Questo
numero è molto diverso da quello che otterremmo con un calcolo manuale,
tmKgfmM 04,11040 == .
221
Utilizzando il computer dobbiamo procedere così:
- inserire le reali caratteristiche geometriche delle sezioni, ottenendo un risultato prossimo a
0,813tm (per ottenere la concordanza perfetta è necessario rendere infinita la rigidezza a taglio di
entrambe le aste ma in particolare del traverso, in quanto l’esempio non ha considerato la rigidezza
a taglio).
- modificare la rigidezza assiale in modo da rendere trascurabile la deformazione assiale di
entrambe le aste ma in particolare del ritto.
Figura 3.10: Componenti flessionali e di taglio dello spostamento.
Solo quando è stata trovata concordanza tra il calcolo del computer e quello manuale ultra
semplificato, si è autorizzati a ritenere validi e ad usare i calcoli del computer.
Nel calcolo dei telai, infittire il numero di nodi (infittire la mesh), non porta a maggiore precisione
dei risultati. Invece nel calcolo di strutture bidimensionali e tridimensionali più complesse, infittire
la mesh porta a migliori approssimazioni e accuratezza dei risultati: se si infittisce eccessivamente
però si può incorrere in instabilità dei risultati. Di prassi è utile infittire la mesh fintanto che
all’infittimento corrisponda una sostanziale modifica dei risultati, dopodiché risulta
controproducente.
222
4 INTRODUZIONE AGLI ELEMENTI STRUTTURALI BIDIMENSIO NALI Per strutture bidimensionali si intendono quelle strutture in cui due dimensioni prevalgono
nettamente sulla terza (come mostrato in figura).
Rientrano in tale classificazione le tipologie seguenti:
- Piastre: strutture rappresentabili mediante una porzione di piano e caricate normalmente ad
esso (es.: solai in soletta piena di cemento armato).
- Lastre: strutture ancora rappresentabili mediante una porzione di piano e caricate da forze
giacenti nel piano stesso (es.: setti verticali in cemento armato con funzione antisismica).
- Gusci: strutture dotate di rigidezza flessionale, rappresentabili mediante una porzione di
superficie curva e caricate in modo generico (es.: cupole in cemento armato).
Si nota come piastre e lastre appartengano al mondo delle strutture piane mentre i gusci siano
strutture non piane. Tratteremo solo piastre e lastre.
I meccanismi principali di resistenza sono 3:
- Membranale (le azioni interne si sviluppano nel piano stesso);
- Flessionale;
- Di taglio.
223
4.1 PIASTRE SOTTILI E SPESSE
La teoria delle lastre inflesse solitamente applicata (e adottata da molti codici di calcolo agli
elementi finiti) è fondata su varie ipotesi semplificatrici tra cui quella che prevede spostamenti
normali f piccoli rispetto allo spessore h della piastra (Teoria della lastra secondo Kirchhoff).
Tuttavia per spessori molto sottili, al crescere del carico, la lastra che all’inizio è soltanto inflessa,
lavora anche a trazione: in questo caso è necessario rivedere la teoria che conduce all’equazione di
Germaine Lagrange e non supporre più nulle nel piano medio le tensioni σx, σy, τxy. Si ottengono le
equazioni non lineari formulate da Karman nel 1910.
Es: un solaio incastrato lungo i bordi, se aumenta di molto il carico, dapprima resiste come una
trave inflessa e poi resisterà a trazione come una membrana.
La teoria classica cade inoltre in difetto quando lo spessore h non è piccolo rispetto alle dimensioni
della lastra; in questo caso non è più lecito trascurare la deformazione dovuta al taglio.
La teoria rigorosa ha dunque necessità di due correzioni:
- se la lastra è troppo sottile lavora anche a trazione e non solo a flessione (come una
membrana);
- se la lastra è troppo spessa lavora anche a taglio e non solo a flessione.
Noi tratteremo nella modellazione solo lastre sottili, vale a dire tali per cui è lecito trascurare la
deformazione dovuta al taglio e quella dovuta alle azioni membranali (sottili ma non sottilissime).
Le azioni interne sono le seguenti:
- momenti flettenti;
- azioni nel piano;
- tensioni risultanti dovute sia ai momenti sia alle azioni nel piano.
224
In alcuni casi il calcolo dei “gusci metallici” (ad esempio in ingegneria meccanica) può considerare
unicamente la tensione ideale (funzione della tensione nel punto) prescindendo dai valori di N e
M che l’hanno generata.
In questo caso mappe colorate che danno l’intensità della tensione ideale sono lo strumento
“principe” della verifica strutturale.
225
Invece nel calcolo del CA è indispensabile considerare i singoli apporti di M e N in quanto il
meccanismo resistente è funzione del rapporto tra i valori delle azioni interne.
Come si nota nella figura precedente, in generale, ci sono due momenti sugli assi oltre ai momenti
torcenti che generano ulteriori “farfalle”. Se abbiamo una piastra piana, caricata in modo
simmetrico, al centro, per simmetria, avremo solo due momenti lungo gli assi, ma se ci avviciniamo
ad uno dei vertici della piastra, in quelle stesse direzioni, avremo anche momenti torcenti.
Questo significa che presso i vertici della piastra le direzioni principali non sono più coincidenti con
gli assi della piastra .
Ad esempio nel caso di un quadrato sono inclinate di 45°.
In alcuni casi la piastra ha un reale funzionamento monodimensionale:
es: Piastra appoggiata tra due bordi.
Possiamo ipotizzare che si deformi come tante travi affiancate. Tuttavia vi è una differenza rispetto
al caso di vere travi affiancate. Per comprendere questa differenza, consideriamo un provino
cilindrico e lo sottoponiamo sia a compressione che a trazione.
226
Sappiamo che sottoposto a trazione il diametro ϕ diminuirà di ∆ϕ, mentre sottoposto a
compressione aumenterà di ∆ϕ. Notiamo che la variazione di diametro ha segno contrario alla
deformazione longitudinale.
Il coefficiente di Poisson ν varia a seconda del materiale e risulta circa:
- 0,1 per muratura;
- 0,2 per cemento armato;
- 0,3 per acciaio.
Questi ν non sono piccoli ma poiché la struttura è bidimensionale ne risentiamo poco. Se si trattasse
di una struttura tridimensionale l’effetto sarebbe più importante. Vediamo un esempio numerico che
spiega questo concetto.
Supponiamo di sottoporre a trazione con N=1000 daN un tondino d’acciaio Φ8 lungo 1m e
calcoliamo:
• Allungamento;
• Variazione del diametro;
• Diametro risultante.
Consideriamo una trave di gomma, inflessa su due appoggi:
all’estradosso si deformerà allargandosi a causa della compressione, mentre all’intradosso si
restringerà perché le fibre sono tese a causa delle ε di trazione.
Questa figura ci permette di comprendere il cosidetto “effetto di contrazione laterale impedita“ che
vedremo nel prossimo paragrafo.
227
228
4.2 DIFFERENZE CON LA TEORIA DELLE TRAVI
Ci sono 3 differenze tra il comportamento flessionale di una piastra rispetto a quello delle travi:
1) Effetti di contrazione laterale impedita
Questo provoca un aumento della rigidezza e di conseguenza una freccia inferiore. E’ intuitivo
notare la differenza tra un solaio pensato composto da una serie di travi affiancate e una trave di
queste presa singolarmente.
In una trave isolata di larghezza unitaria:
12
3sEJE
⋅=⋅
Con il simbolo s si intende lo spessore della lastra.
In una trave immersa in una lastra:
)1(12 3
3
ν−⋅⋅==⋅ sE
BJE
Vediamo un esercizio per capire meglio le differenze tra le due configurazioni.
229
230
2) Presenza di momenti torcenti
Presa una lastra caricata dall’alto, possiamo immaginare che il carico è portato da strisce ortogonali
che si intersecano.
Vediamo che la flessione della striscia A provoca la torsione della striscia B. Quello che è momento
torcente per un ordine di fibre è momento flettente per l’altro ordine. Solo al centro non c’è
torsione.
In questo caso si vedono per simmetria le direzioni principali dei momenti. In generale si possono
sempre trovare le due direzioni in cui non ho momento torcente.
231
3) Problema delle condizioni al contorno delle lastre (Kirchhoff)
Le strisce adiacenti ruotano in modo diverso. L’interpretazione fisica che vediamo in figura mostra
che presa la fibra B inflessa per conseguenza delle fibre orizzontali A1 e A2, vediamo che la
sezione di B ai bordi non ruota. Si ruota allontanandosi dal bordo fino ad arrivare al massimo in
mezzeria; dopodiché la rotazione diminuisce fino a tornare non ruotata al bordo opposto.
Deve generarsi una coppia equilibrante sul bordo. Ho un taglio che deve essere sopportato dal
vincolo.
Vediamo che i tagli dei vari elementini si eliminano tutte tranne quelle agli estremi. Nella teoria
delle piastre ho 4 forze ai vertici.
Quindi anche in presenza di un carico distribuito sulla lastra si trova un sovrappiù di forze
concentrate ai vertici che schiacciano la lastra e la rompono. Serviranno reti supplementari di
armatura ai vertici.
232
4.3 RAGGI DI CURVATURA E MOMENTI
Punto per punto la legge del momento è la legge di curvatura.
EJ è detto fattore di rigidezza.
ρα 1
M
ρ1⋅⋅= JEM
In figura è mostrata una trave inflessa e il rispettivo raggio di curvatura ρ.
Preso il caso di una mensola, come in figura.
Tracciamo la deformata:
- Divido l’asta in parti uguali
- Poiché è noto il momento in ogni sezione, si possono ricavare i raggi di curvatura per ogni
sezione. 1
1 M
EJ=ρ , 2
2 M
EJ=ρ …
- Traccio la policentrica
Ovvero, il primo tratto della trave deformata può essere approssimato ad un arco di cerchio di
raggio circa pari a ρ1.
233
Allontanandoci dalla sezione all’incastro il momento diminuisce e, di conseguenza, il raggio di
curvatura aumenta finché, in corrispondenza dell’estremo libero (dove M=0), il raggio di
curvatura vale ∞ e la deformata può essere approssimata con un tratto lineare.
Il luogo dei centri di curvatura ha interessanti proprietà
Nota la legge dei momenti (noto il diagramma dei momenti) e le condizioni iniziali, è possibile
determinare tutti i raggi di curvatura e, quindi, la legge di curvatura che opportunamente
integrata permette di tracciare la deformata.
Anche in una lastra inflessa, per ogni coppia di direzioni ortogonali posso trovare i raggi di
curvatura ρx e ρy.
Il Teorema di Eulero dice che in una superficie a doppia curvatura la somma delle curvature è
costante:
Kyx
=
+
ρρ11
per ogni coppia di direzioni x,y tra loro ortogonali
Per le piastre si parla di momento per unità di lunghezza; vediamone l’unità di misura per capire
meglio di cosa si tratta:
mdaNM ⋅=
m
mdaNm
⋅=
+=
yxx Bm
ρν
ρ11
234
+=
yxy Bm
ρρ11
Come si può notare a creare momento flettente di una fibra lavora la curvatura in quel senso e la
curvatura nel senso ortogonale.
( )
+⋅+=+
yxyx Bmm
ρρν 11
1
In quest’ultima formula vediamo che il primo termine tra parentesi è un termine costane, mentre il
secondo è un termine geometrico, ma per il Teorema di Eulero è costante.
Quindi in una piastra inflessa per ogni punto la somma dei momenti per unità di lunghezza mx my
non dipende dalle loro direzioni purché esse siano ortogonali (è la conseguenza meccanica, per le
piastre inflesse, del Teorema geometrico di Eulero).
235
BIBLIOGRAFIA
[1] A. Cauvin, E. Cantù, Lezioni di Tecnica delle Costruzioni, Pavia, 1978 [2] A. Cauvin, G. Stagnitto, Complementi di Tecnica delle Costruzioni, Pavia, 2004 [3] O. Belluzzi, Scienza delle Costruzioni, Bologna, 1960 [4] G. Stagnitto, M. Bonfante, Calcolo immediato delle sezioni in c.a., Milano, 2011 [5] Consiglio Superiore dei LL.PP., Nuove norme tecniche per le costruzioni, DM 14 gennaio 2008 [6] A. Ghersi, Il c.a. dalle tens.ammissibili agli stati limite: un approccio unitario, Palermo, 2005 [7] A. Migliacci, Progetto di strutture, Milano, 1979 [8] Rossi e Salvi, Manuale dell’ingegnere Civile,Bologna, 2001 [9] G. Stagnitto, Evoluzione scientifica e costruzioni, Pavia, 2005 [10] E. F. Radogna, Tecnica delle costruzioni., Roma, 1991 [11] G.C. Giuliani, Costruzioni in calcestruzzo armato, Hoepli Milano, 2008 [12] E. Cosenza G. Manfredi, M. Pecce, Strutture in cemento armato, Milano, 2008