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    Direttore Luca Beltrami Gadola

    numero 3915 dicembre 2009

    edizione stampabile

    www.arcipelagomilano.org

    in questo numero

    Editoriale - L.B.G.PIAZZA FONTANA. MILANO VECCHIA E VIOLENTA

    LetteraGiuseppe Ucciero - PIAZZA FONTANA: A GIULIO CHE HA 12 ANNI NEL 2009

    DallArcipelago - Antonio Piva - IL VILLAGGIO GLOBALE DELLARTIGIANATO: QUALCHE RIFLES-SIONE PER IL FUTURO

    Citt - Isabella Inti - CASE TEMPORANEE PER COMUNIT DI STUDENTI: POSSIBILE UNA SPERI-MENTAZIONE A MILANO?

    Approfondimenti - Silvia Ocone - I MEZZI DI TRASPORTO E IL LORO IMPATTO VISIVO NEL CONTE-STO URBANO

    Urbanistica - Giovanni Mele - SISTEMA MARTESANA E STAZIONI DELLA MM 2

    Societ - Rita Bramante - UN ESERCITO CHE NON FA RUMORE

    Architettura - Michele Calzavara - MILANO RECIPIENTE

    Cultura - Paolo Viola - CARMEN E DINTORNI

    Carneadeadmin

    LA SCALA SIAMO NOI

    YouTubeMARCO BALDI: GADDA E LA PRIMA DELLA SCALA

    Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit inARTE & SPETTACOLI

    MUSICAa cura diPaolo Viola

    TEATROa cura di GuendalinaMurroniCINEMA E TVa cura diSimone Mancuso

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    EditorialePIAZZA FONTANA. MILANO VECCHIA E VIOLENTA

    LBG

    Che cosa sta succedendo a questacitt, sabato in Piazza Fontana e do-menica in Piazza del Duomo? Stiamochiudendo lanno nel peggiore dei

    modi e non bisogna lasciarsi tentareda giudizi a caldo: solo qualche con-siderazione. Milano una citt ana-graficamente troppo invecchiata e inquesto invecchiamento si aperta laforbice tra giovani e vecchi: menogiovani ma molto irrequieti e moltivecchi sempre pi attaccati ai lorostili di vita, insicuri e refrattari alcambiamento ma anche pieni di ran-core.In Piazza Fontana, un episodio brevema drammatico, si visto di tutto: daun lato una manifestazione ufficialedi poche centinaia di persone preva-lentemente di mezza et e dallaltro

    un corteo di qualche migliaio per lopi di giovani. Una sola cosa li uni-va: la rabbia verso i rappresentantidel potere, verso i rappresentanti del-la politica. La cronaca non ancoracompleta e i punti di vista divergonocome sempre ma non questo il pro-blema. Le risposte da citt vecchiaper Milano non sono una cosa nuova:quel poco che si sa sullesito del

    sondaggio sullEcopass uno scarsogradimento dei Milanesi se non addi-rittura unaperta ostilit sono unarisposta da vecchi, sono la risposta dichi non crede e non pensa al futuro,al destino dei propri figli e nipoti, di

    chi non vuole fare qualche rinuncia osacrificio a favore di nessuno.I popoli pi giovani, vediamo oggiIndia, Cina e Stati Uniti, con fatica sistanno avviando verso la strada diffi-cile di salvare il pianeta: se questapolitica avr successo i benefici nontoccheranno i vivi di oggi, chi lha

    promossa, ma i loro figli, i loro nipo-ti. Il continuo tentennamento unpasso avanti e due indietro ognivolta che si deve prendere una deci-sione in materia di tutela ambientalescoraggia i giovani. Il disprezzo e lacieca animosit verso gli immigrati ela decisione di adottare una sorta dinumero chiuso: unaltra decisionenon da giovani. Anche la personaliz-zazione della politica, con il vanotentativo di emersione di leader chesi rivelano modesti, non un aspettoda giovani, non ha fascino, non scal-da gli animi ma questa la Milano dioggi. Da tutte le parti e in ogni occa-sione si agita lo stesso fantasma: o-dio. Odio evocato con la paura, odioevocato col disprezzo degli altri. Eanche qui ci bisogna guardare in fac-cia la realt. Quando i leader politiciindicano se stessi come solitari uo-mini del destino, come unici decisoridelle sorti collettive, in conclusionecome uomini della provvidenza, de-vono sapere che questa medaglia hail suo rovescio: concentrano su di sanche il dissenso in tutte le sue for-

    me, purtroppo anche quelle violentee non ammissibili nel consesso civi-le. Quel che successo al PresidenteBerlusconi non giustificabile per-ch, nonostante lirruenza delle sueparole e i toni di continua minaccia edi scherno nei confronti dellop-posizione e del dissenso, cos va di lda qualunque forma di lotta politicacivile: noi non possiamo non ricono-scerci nella Costituzione e nella ga-ranzia in essa contenuta di libert diespressione.La violenza, per, non solo appan-naggio di chi dissente fuori dalle re-gole della democrazia ma anchepurtroppo manifestazione del potercostituito nelle forme della sua devi-anza e ne sono piene le cronache, unpessimo precedente: passare dallaviolenza delle parole alla violenzadei fatti un tragitto breve e gli e-sempi sono sotto gli occhi di tutti.Siamo alle prime battute di una cam-pagna elettorale partita male a Mila-no e destinata a scavare un solco pro-fondo nella citt dove poco si parlerdel futuro e molto del passato, sopra-tutto del passato ideologico; in tanti,guardando la societ di oggi, hannoparlato di scomparsa delle ideologiema le parole che circolano oggi e chesono gridate dai palchi milanesi sonosempre quelle: comunismo e sinistra,destra e fascismo. Che cosa scom-parso?

    LetteraPIAZZA FONTANA: A GIULIO CHE HA 12 ANNI NEL 2009.

    Giuseppe Ucciero

    Caro Giulio,la vita quella vicenda misteriosaper la quale, improvvisamente, ci sitrova come sorpresi in un certo luogoed in certo momento, e, non ricor-

    dando bene come ci si arrivati, si costretti a fare uno sforzo di memo-ria, ricollegando i mille, ingarbuglia-ti, fili che si sono snodati nel tempoche trascorrendo ci ha portati proprioqui, in questo tempo ed in questo

    luogo. Cos, e si fa fatica a crederci,anche per me, come per tanti altri, arrivato il momento di ammettere ches, tanto tempo ormai passato daquando avevo i tuoi anni, e che ora la

    memoria assume, deve assumere, unpeso assai particolare, tanto pi gra-voso a causa degli esiti su cui gli av-venimenti si sono alla fine fissati,quanto meno energie disponiamo perporvi rimedio. Un peso che anche

    una responsabilit, verso noi stessiche abbiamo vissuto le nostre limita-te vicende particolari come percorsi,ora sempre pi chiaro, tutti affluen-ti verso lunico fiume della vicenda

    collettiva, ma soprattutto per voi ado-lescenti che, affacciandovi alla sogliadi unesistenza pi conscia e matura,

    siete ormai prossimi a chiedere contodel mondo in cui vivete, e tu a chie-dere conto a me, tuo padre. O almeno

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    spero che cos sia, spero che la tuagenerazione abbia la forza di chiede-re conto, e poi limmaginazione e laforza per andare oltre.Ed allora sono qui a ricordare e adarti conto di un pezzo importantedella mia vicenda personale e diquella collettiva del nostro Paese.A me capitato, come a tanti della

    mia generazione, di vivere tempi difurori ideologici e di orizzonti idealisenza limiti, e non importa che que-sti ultimi fossero veri o immaginari:li abbiamo vissuti come tali. Il tempoin cui ho vissuto si proiettato in po-chi anni, senza che vi fosse modo diinterporre qualche istante pi pacatonella sua corsa senza respiro, dallastagnante societ italiana del dopo-guerra fino alle soglie della sperdutacondizione di oggi, sperduta perchcos lontana dai nostri ideali e perch

    cos disanimata. Eppure sembravatutto cos facile, cos evidente, cosnaturale: il bene da una parte, il maledallaltra, e soprattutto lillusione cheil bene sarebbe trionfato quasi senzasforzo, per effetto della sua autoevi-denza, insostenibile per chiunquelavesse contrastato.Non fu cos, non stato cos, non cos.Ormai sono quarantanni da quando

    lunico telegiornale allora vigente

    annunci alla famiglia televisiva ita-

    liana che era finita la stagionedellInnocenza ed era cominciataquella dellOrrore: la Strage di Piaz-za Fontana ci introdusse nella Notte

    della Repub blica. Ci raccontaronoche erano stati gli anarchici e do-vemmo capire in fretta da soli, e con-tro quelle bugie, che le nostre illusio-ni erano finite, che ogni migliora-mento, ogni cambiamento democra-tico, ogni accrescimento della liberte della giustizia, sarebbe stato, comeera sempre stato fino ad allora, il

    frutto faticoso ed anche avvelenato difatica, sudore e sangue, nel succeder-si opaco degli avvenimenti. Ci schie-rammo senza riserve, non era tempo,non ci fu il tempo, per distinguere.Pasolini rimase solo.Da quel 12 dicembre del 69 e permolti anni dopo, fino ai primi anni80, il sangue ed il furore hanno

    macchiato la nostra vita, e non vi stato quasi giorno o mese senza illoro tributo alla follia di una classedirigente volta a volta stupida ed a-

    stuta, feroce e pavida, inerme e san-guinaria, ed allincubo elitario di au-tonominati esecutori testamentari diuna societ creduta morta ma in real-t ben salda sulle sue gambe.

    Caro Giulio,oggi si fatica persino ad immaginarelossessione ideologica di quegli an-ni, direi quasi lodio inteso in sensopropriamente fisico, ed a comprende-re come tuo padre, come tanti altri,potesse dedicare i migliori anni dellapropria vita ad una lotta politica sen-za respiro, totalizzante, non potendo

    neppure pensare a qualcosaltro chenon fosse un cambiamento generaledella societ per la quale sola valevala pena di vivere. Piazza Fontana, lastrage degli innocenti di Piazza

    Fontana, la vicenda tragica di Pinelli,e poi le bombe, gli assassinii deglistudenti, dei lavoratori, dei giudici edegli operai, con la loro cadenza ine-sorabile ed orrenda erano per noi,proprio nel loro incalzare, confermache eravamo nel giusto e nuovoimpulso a tenere fermo.

    Ed eravamo nel giusto, solo che quelgiusto non lo avevamo saputocomprendere in tutta la sua reale na-tura.Non capimmo, o meglio capimmotutto e non capimmo niente.Capimmo tutto, quando avvertivamo,sentivamo che non solo quellItalia

    stanta era da mettere sottosopra, maanche che quel mondo ottuso, buro-cratico, ferocemente liberticida, cheveniva dai paesi dellEst europeo non

    poteva essere il sogno socialista e

    comunista.Non capimmo niente, quando preten-devano di rifondare quel sogno sullabase della pretesa di restaurare unmitico marxismo originario nella sua

    purezza, unipostasi immaginaria

    della quale tutto si poteva pensaretranne che fosse marxismo. Non ca-

    pimmo, poi labbiamo inteso nel vivo

    della nostra esperienza, il significatofondante della persona e dei dirittiindividuali, anzi lannegammo nel

    sacrificio del singolo di fronte ai

    superiori interessi di una classe.Eravamo idealisti, non solo perchavevamo ideali, ma anche perch e-ravamo tanto, tanto, distanti dalla re-alt.Nonostante questo, avevamo ragione,non fossaltro perch, per una delle

    tante astuzie della Storia, pi che agi-re, fummo agiti, e positivamente.Se non lavessimo avuta, la Ragione,

    lItalia non sarebbe cambiata cos

    tanto nel giro di pochi anni, passandodalla sonnolenta, autoritaria, chiusa

    societ post fascista del dopoguerra,ad una societ mille volte pi liberaed aperta, nelle scuole, sui posti dilavoro, nelle famiglie, tra uomo edonna. La strage di Piazza Fontana

    cerc di fermare quel fiume in pienae fall nel suo intento principale, maebbe successo perch lo devi versoun percorso tortuoso ed aspro. PiazzaFontana fu il tentativo di fermare conil terrore un movimento di cambia-mento cos ampio, generalizzato, so-lare ed entusiasta, che il solo ricordoancora adesso riempie il cuore. Per

    questo, capire oggi la societ italianasenza risalire a quella corrente di li-bert, davvero impossibile e perquesto importante che io ricordi eche tu sappia.Oggi, a quarantanni di distanza, ilricordo di quellevento quindi es-senziale anche per chi come te, chie-de conto ed confuso, poco o nullainformato, persino sui suoi autori,indistinguibili quasi in una nebbia incui tutto si perde. Nel momento stes-so in cui ti d conto e ricordo, mi as-

    sumo infine, come parte della gene-razione precedente, la responsabilitdi quanto avvenne e del mondo alquale oggi ti affacci, come parte dellanuova generazione.Caro Giulio,questa una responsabilit difficileed al tempo stesso cara.Mi cara proprio ora che, nutrita etemperata dalla maggior maturit edallaccresciuta capacit di distingue-re torti e ragioni, mi fa consapevoleavere preso posizione, di fronte al

    crinale di una vicenda storica cosdrammatica, dalla parte comunquepi feconda, liberatrice ed alla fine,perch no, giusta. E questa consape-volezza ha la sua parte di dolcezza.Mi difficile, perch la coscienzadegli errori e delle incapacit passatepesa, ed ancor pi pesa la consapevo-lezza di quanto il mondo odierno sialontano dallessere un mondo piena-mente vivibile, ed anzi sia gravato davizi ed orrori nuovi ed antichi assie-me. E questo lagro.

    A te che hai 12 anni nel 2009, augurodi saper ricordare e di avere un gior-no, verso il tuo passato personale egenerazionale, uno sguardo ugual-mente ed orgogliosamente consape-vole di quanto di bello e buono, no-nostante tutto, avrai saputo fare, conquel tanto o poco di dolce ed agroche te ne dar il sapore.

    Ps: rileggendo questa lettera mi ac-

    corgo che scritta pi per me che perte, e non me ne stupisco affatto, chil mio desiderio di dare risposte an-cora superiore al tuo desiderio di por-re domande.

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    DallArcipelagoIL VILLAGGIO GLOBALE DELLARTIGIANATO: QUALCHE RIFLESSIONE PER IL FUTURO.

    Antonio PivaLArtigianato in Fiera, manifestazio-ne organizzata da Ge.Fi GestioneFiere in collaborazione con la Regio-ne Lombardia, alla sua 14 edizioneimpone qualche riflessione non tantosul successo delliniziativa che sem-

    bra confermare linteresse del pub-blico per le attivit artigianali di qua-lit, quanto piuttosto sui dati che sipossono ricavare dal successo se vie-ne monitorato usando tutte quelle

    tecniche e metodi che possono assi-curarne la veridicit.Lingresso del pubblico gratuito e ilcontrollo numerico di chi visita lafiera viene eseguito, mi si dice, percampioni attraverso calcoli fatti a ta-volino riferiti alle superfici di calpe-stio riprese dalle telecamere.Sono convinto che il dato numericonon sia trascurabile nella sua confi-gurazione scandita nel tempo perch collegato al sistema dei trasporti inandata e ritorno e a un indotto com-

    merciale rilevante.

    Le informazioni ufficiali scrivono di3000 espositori, 107 paesi del mon-do, 140.000 mq di mostra, 54 risto-ranti tipici e 3 milioni di visitatori in9 giorni. Sta bene ma alle 14,30 de11 dicembre alla stazione metropoli-tana di Conciliazione non si potevasalire nelle vetture stracariche e nellestazioni successive si ripeteva il me-desimo problema aggravato da chidalla vettura doveva, con enormi

    sforzi, scendere.

    Alla stazione Rho-Fiera la fiumanadei visitatori, occupando interamentela banchina, travolgeva chi era in at-tesa della vettura per potervi salire erientrare a Milano.Non nascondo lo sgomento nel sen-tirmi trascinato nella corrente umanasenza poter opporre la minima resi-stenza e senza poter raccogliere laborsa a tracolla che portavo con meimpigliata in qualche braccio inno-

    cente e mai pi ricuperata. Pochi mi-nuti e molte istantanee riflessioni sul-la sicurezza, sulla facilit con cui sipu cadere ed essere travolti, sui ri-schi annunciati e forse sottovalutati.Ho cercato all'Ufficio stampa dellaFiera di raccogliere qualche dato inproposito dove mi stato garantitoche ATM ha aumentato al massimo ilnumero delle corse e detto che forsealtro non si pu fare tenuto conto chevi sono anche autobus di collegamen-to e parcheggi in abbondanza. Cer-

    tamente un problema rilevante c,forse i 3 milioni di visitatori sono dipi, forse gli orari di apertura dellemanifestazioni richiedono unesten-sione diversa per diluire il traffico,forse .questo un tema che va ri-preso anche in vista della futura E-xpo. Ho fatto una modesta ricercapersonale propenso a pensare che lamia fosse una giornata particolar-mente sfortunata ma in molti mi han-no riferito di aver rinunciato alla visi-ta alla Fiera dopo aver tentato di usa-

    re la metropolitana.

    Sono sempre stato un sostenitoredellArtigianato in Fiera perch sono

    convinto che lintelligenza umana

    abbia risorse inesauribili e che laqualit sia vincente anche nelle pic-cole cose da un euro che scatenanotenerezza e fantasia.Mi riferisco ai piccoli batuffoli dilana cotta a forma di animale da ap-

    pendere allalbero di Natale che ven-gono dal Nepal come pure ai straor-

    dinari coltelli fatti uno per uno con ifoderi in corno adattati alle lame for-giate a mano.Potrei continuare un elenco intermi-nabile di artigiani valorosi impegnatiin molti settori produttivi che, tralaltro, sanno anche trasformare unbastone di acero in un piccolo capo-lavoro. Ma da alcuni ho colto la-marezza di vedere aperta la manife-stazione anche alle cianfrusaglie, aitroppi ristoranti che vendono paninipessimi per 5 euro.

    Forse hanno ragione perch il loroimpegno soffocato dallerbaccia, la

    loro fantasia e passione confusa conaspetti esclusivamente commercialiche contano certamente, ma, in que-sto contesto, non sono tutto.Riflessioni queste di vario genere de-dicate alla sicurezza, ma anche al fu-turo di un mondo straordinario cheva premiato prestando attenzione allacivilt delle mosche bianche, fioreallocchiello di questa manifestazio-ne di cui forse sappiamo ancora trop-

    po poco.

    CittCASE TEMPORANEE PER COMUNIT DI STUDENTI: POSSIBILE UNA SPERIMENTAZIONE A MI-

    LANO?Isabella Inti*

    Quanti studenti fuorisede e non,

    hanno bisogno di una casa a Milano?

    Il nuovo PGT prevede la realizzazio-

    ne di 20.000 nuove abitazioni a ca-none sociale e una quota sar desti-

    nata ad abitazioni per studenti. E

    possibile sperimentare anche moduliabitativi prefabbricati, tipo container,

    da localizzare negli spazi in attesa di

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    prima della creazione di nuovi valorisociali in grado di sostenere il cam-biamento.La citt nasce con lo scopo principale

    di favorire le relazioni fra diversi in-dividui e garantire la diffusione dellacultura. Oggi si perso progressiva-mente il senso della piazza, simbolodello spazio collettivo e della vitadella comunit. Il ruolo del centrocittadino diventato quello di con-centrare le attivit commerciali: si vain citt per fare acquisti, non per so-cializzare. Gli individui sono semprepi isolati, chiusi, impauriti dellaltroe frettolosi e le citt sono diventategrandi negozi.

    Un aspetto fondamentale per miglio-rare la qualit della vita, la sicurez-za urbana che non definita solo dameccanismi sociali ma anche dalle

    caratteristiche dello spazio costruitoche determinante dei fenomeni so-ciali. indubbio che la qualit deglispazi urbani ha effetti sul benesseresociale, culturale, psicologico degliindividui. Ecco perch cos impor-tante riflettere sullorganizzazionedelle citt, sia dal punto di vista poli-tico che estetico. Anche lambiente

    costruito deve trasmettere tranquillite la riqualificazione urbana deve es-sere percepita dagli amministratori

    come il motore per una migliore qua-lit della vita.

    * Tratto da: Rognini P. (a cura di),2008, La vista offesa. Inquinamentovisivo e qualit della vita in Italia,Milano, Franco Angeli.

    ** Fonte: Ministero dei trasporti, sitoufficiale: www.trasporti.gov.it, 2007.

    UrbanisticaSISTEMA MARTESANA E STAZIONI DELLA MM 2

    Giovanni Mele

    Sono in fase di predisposizione iPGT di tutti i comuni della Lombar-dia: nellarea metropolitana milaneseavrebbe potuto essere loccasione per

    affrontare alcuni problemi comuni e

    tentare di risolverli in maniera omo-genea e coordinata.Uno dei problemi da affrontare ri-guarda il rifacimento e la riqualifica-zione delle stazioni extraurbane dellalinea 2 della metropolitana (da Vi-modrone a Gessate) che sono pocoaccoglienti e non fruibili da personecon handicap fisici.Le diverse amministrazioni localicompresa quella di Milano, in colla-borazione con la precedente GiuntaProvinciale, avevano avviato una ri-

    flessione comune per definire moda-lit dintervento che, partendo dallapriorit assoluta di rimozione dellebarriere architettoniche, ridefinisse lestazioni collegando il progetto di re-cupero a un programma di valorizza-zione dellintera area della Martesa-na.La zona di assoluto rilievo se persi-no uno storico famoso come Braudelha citato, in uno dei suoi scritti, lazona fra lAdda e il Ticino come il

    pi eloquente esempio di terra nella

    quale luomo, attraverso conquista

    progressive, ha attuato notevoli tra-sformazioni. Infatti il sistema delleacque, attraverso il Naviglio dellaMartesana, ha garantito una forma ditrasporto ecologica, poco costosa e

    particolarmente utile e ha favorito,attraverso una rete dirrigazione dif-fusa che arriva a ogni singola realtproduttiva agricola, uno sviluppoformidabile dellagricoltura intensiva

    alimentando anche una capillare retedimpianti idraulici (mulini ad acqua)utili al funzionamento di moltepliciattivit produttive.La zona segnata fortemente dallapresenza di Leonardo da Vinci che fuospitato nella Villa Melzi dEril di

    Vaprio dAdda tra il 1508 e il 1513,

    pochi anni dopo lavvio del NaviglioMartesana che, com noto, fu inau-gurato nel 1497.Leonardo, curioso osservatore deifenomeni dellacqua, ha studiato condisegni (inseriti nel codice Windsor)alcune terrazze e rampe che potevanocollegare la Villa Melzi dEril di Va-rio al Naviglio e allAdda.Sarebbe quindi assolutamente fon-damentale poter associare lidentit

    della Martesana al marchio di Leo-nardo valorizzando, ad esempio, il

    distretto bio-culturale dellAdda che

    ha realizzato un Ecomuseo leonarde-sco localizzato in diversi comuni delTrezzese e coordinato dallAsso-ciazione dei comuni dellAdda.Tutte le iniziative di valorizzazione

    avviate dai territori avrebbero biso-gno di un centro di riferimento cheandrebbe naturalmente collocato nel-larea nord di Gorgonzola nella qualedoveva sorgere il campus del Poli-tecnico: si tratterebbe di pensare auna vera e propria Citt della Scienzadove eventualmente trasferire unaparte delle attivit interattive del Mu-seo della Scienza e della Tecnica diMilano. Era un vecchio progetto de-gli anni 70 lasciato cadere come itanti che si sono pensati per valoriz-

    zare adeguatamente quellarea tocca-ta da ben tre stazioni della metropoli-tana. In alternativa si potrebbe pensa-re di localizzare in questarea un

    progetto di museo virtuale su Le

    teconologia di Leonardo di oggi edomani lanciato da una societ mi-lanese come servizio da collocareintorno allIdroscalo.Si potrebbe poi pensare di collegareil Museo con aree per convegni, in-ziative programmate, residenze tem-poranee per studenti e studiosi anche

    stranieri prendendo a riferimento

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    lesperienza francese di Sophia An-tipolis che, in poco tempo, diven-tata un centro attrattivo di grande in-teresse culturale, collegando in modo

    equilibrato esigenze di sviluppo e ditutela ambientale del territorio.Il comune di Milano, proprietario delsedime delle stazioni e di alcune areeintorno alle stazioni soprattutto neicomuni di Gorgonzola e di Gessatenon pu comportarsi come un qualsi-asi operatore privato che tenta solo divalorizzare le sue propriet, ma do-vrebbe concorrere attivamente allasoluzione dei problemi di quel terri-torio partendo dal rifacimento dellestazioni in modo da cominciare aprefigurare un abbozzo di metodolo-gia di intervento da futura citt me-tropolitana.Sembrava orientato a inserire un pro-getto come questo allinterno del

    proprio PGT in modo da sollecitaretutti gli altri comuni dellarea a farealtrettanto, ma la cosa sembrerebbedel tutto tramontata e comunque nonha finora aperto un tavolo comune diconfronto.A giudizio di diversi urbanisti riusci-re a definire e sostenere unidea pro-gettuale forte per larea di Gorgonzo-la potrebbe funzionare da volano permigliorare lattrattivit della zona

    alla quale possibile collegare moltiprogetti presenti allinterno delle sin-gole amministrazioni che necessitanodi una prospettiva di sistema.

    Il comune di Cernusco sul Navigliosta elaborando un progetto di Societdel Benessere Sostenibile con la pre-visione di un trasferimento in unavilla prestigiosa (Villa Alari) dellasede del Dipartimento di ScienzeMotorie dellUniversit di Milano.Il comune di Bussero prevede di au-torizzare la trasformazione di unacascina storica (la Cascina Gognasituata lungo il Naviglio e vicina allasua stazione di metropolitana) in al-bergo.Molti altri comuni prevedono di o-spitare nel proprio territorio alberghi,pensionati studenteschi, fattorie di-dattiche: tutti progetti che, se realiz-zati in maniera coordinata, possonooffrire un quadro di sviluppo dellazona della Martesana come uno deicentri di loisir della futura citt me-tropolitana.Se a questo si riuscisse a collegare uncoordinamento delle attivit culturalipresenti in Martesana potremmo ave-re un altro significativo elemento diattrattivit della zona come in parte gi successo per le multisala di Mel-zo, Pioltello e ora Bellinzago.

    Va pensata anche una nuova tipolo-gia delle stazioni della metropolitanameno legata alle esigenze di sorve-glianza previste da ATM e pi cen-

    trata sulle esigenze di servizi dei cit-tadini con, ad esempio, presenza dinegozi che forniscano prodotti diprima necessit aperti almeno finoalle 22 sul modello delle nuove sta-zioni ferroviarie presenti anche neipiccoli paesi della vicina Svizzera.Ovviamente tutto questo si dovr rea-lizzare con il coinvolgimento delladiverse amministrazioni comunaliche dovranno garantire unadeguata

    vigilanza sulle stazioni e incentivarelapertura di attivit commerciali dialto valore sociale con opportune fa-cilitazioni fiscali.Non va trascurato, infine, il fatto chein questa zona verranno realizzatedue fra le infrastrutture pi importan-ti previste dalla programmazione na-zionale e regionale nella provincia diMilano: BREBEMI e Tangenzialeest.Invece che inseguire rivendicazionilocalistiche, le necessarie e previsteopere di mitigazione ambientale po-trebbero essere utilmente raccordateallesigenza di un progetto unitarioquale quello qui delineato.

    SocietUN ESERCITO CHE NON FA RUMORE

    Rita Bramante

    Milano ha festeggiato alla Sala Verdidel Conservatorio la XX Giornata delvolontariato e del terzo settore, radu-

    nando rappresentanti del mondo delvolontariato ambrosiano e una nutritarappresentanza di coloro che ne rice-vono le cure.Corale ringraziamento in musicaallesercito silenzioso di volontari

    che con impegno quotidiano, discre-to, senza fare rumore e senza alimen-tare il rumore mediatico, d un con-tributo prezioso alla qualit della vitacittadina attraverso azioni prosocialiche si moltiplicano: frase topica dellagiornata Lamore si moltiplica per

    divisione, come ha sottolineato

    lAssessore alla Famiglia, Scuola e

    Politiche sociali Mariolina Moioli,sintetizzando la forza dirompente

    della con-divisione, che non conoscebarriere di estrazione sociale, cultura,provenienza, razza o religione. Dallerilevazioni effettuate dallE-urispeshttp://www.eurispes.it/ e contenutenelle pagine delle edizioni annualidel Rapporto Italia, emerge con chia-rezza che le associazioni di volonta-riato rappresentano, tra le istituzioniitaliane, lunica realt capace di con-servare, nel tempo, un livello di fidu-cia elevato presso la maggior partedei cittadini, superiore anche a quello

    delle Forze dellOrdine; e lesercito

    dei volontari che operano indivi-dualmente o allinterno di organizza-zioni, in modo continuativo o a fasi

    alterne, facendo crescere un virtuososistema di relazioni con i bisogni, leansie e i desideri degli altri, contaoggi in Italia pi di 5 milioni di per-sone. Persone generose che arrivanodove non arriva nessun welfare.Palpabile nel pubblico una sensibilitmolto speciale verso i rapporti uma-nitari e verso i valori centrali dellaconvivenza, della crescita della per-sona e dellarmonia sociale: la rela-zionalit dappertutto nel modo incui noi viviamo, per strada, a casa

    con i nostri familiari, nellambiente

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    di lavoro e nei luoghi dove svolgia-mo la nostra azione di volontari; tuttoci che doniamo influisce e ha inci-denza sulla nostra vita personale e

    familiare.Ogni azione, per quanto circoscritta, importante e ha valore; il talento,per dirla con Oliviero Toscani, co-me un pezzo di terra: non importa lasua dimensione, bisogna capire comecoltivarlo, bisogna coltivare cose in-teressanti con il coraggio di speri-mentare cose nuove*.Cresce cos la cultura del dono e in

    pi si verifica un singolare effettodomino: le azioni prosociali tendono

    infatti a moltiplicarsi nel sociale e arendersi reciproche. Quando in ungruppo si compie un atto di aiuto, pi probabile che se ne generi un al-tro.

    Simbolicamente nella XX Giornatadel volontariato milanese i volontaripi anziani passano il testimone aivolontari juniores, gli studenti delle

    scuole dalla primaria alla secondariadi secondo grado, che ricevono unpremio per i progetti presentatinellambito del bando A scuola di

    volontariato promosso dal Comune

    di Milano, Assessorato alla Famiglia,Scuola e alle Politiche Sociali. Signi-ficativo il coinvolgimento degli stu-denti in azioni di solidariet, sianellambito delle aree della disabilit,dellemarginazione e del disagio so-ciale, sia nelleducazione alla cittadi-nanza attiva e solidale, come nel casodella Scuola Media Statale G.B. Tie-polo di Milano, che ha ricevuto ilprimo premio tra le scuole secondariedi primo grado per il progetto Gui-

    daMI, itinerari attraverso la citt

    guidati da ciceroni in erba che dona-no il proprio tempo per promuoverela conoscenza di Milano presso coe-

    tanei italiani e di tutto il mondo.Sulle note del complesso di ottoniBrass Band diretto magistralmentedal maestro Gianmario Bonino,laugurio al volontariato ambrosiano

    di continuare a far crescere la culturadel dono attraverso le giovani gene-razioni:Se volete esser felici... unora,

    fatevi un pisolino.un giorno, andatevene a pesca.una vita intera, aiutate qualcuno (Se-ligman M., 2003).*MAX MIZZAU PERCZEL, Carriere,come scoprire la promessa di successoche c' in noi, Luiss University Press,2005.

    ArchitetturaMILANO RECIPIENTE

    Michele Calzavara

    Famosa la Container City di Lon-dra, progettata dall'architetto Nicho-

    las Lacey, un piccolo quartiere (masarebbe meglio dire una piccola pa-lazzina) poco oltre Canary Wharf,appollaiato in un'ansa del Tamigi nelcuore degli East Docks, che guardaverso il Millennium Dome sull'altrasponda del fiume. bella, di per s,la costruzione, fatta di container re-cuperati e montati su una struttura disostegno in acciaio, coibentati e rifi-niti all'interno con lastre di carton-gesso. Si tratta di studi professionalie piccoli uffici, ma anche qualche

    abitazione stata aggiunta in questoinsieme multicolore addobbato confiori e piante e dove, l a fianco, unaltro container diventa un piccolopostoristoro in cui mangiare ottimihamburger.Tutto ci risale al 2001, ed stato ilprimo passo di tutta una serie di ap-plicazioni di tale sistema da partedella USM (Urban Space Manag-ement): mercati, ampliamenti discuole e cos via, fino alla recenteaula addizionale (del 2008) per la

    Cyril Jackson School, montata in unsolo weekend.

    La cronaca dell'architettura contem-poranea variamente punteggiata dicontainer, ma sembra comunque unmodello non proprio mediterraneo,dove le applicazioni hanno visto sca-le e modalit dintervento ben diver-se da un nord Europa o una WestCoast dove un abbondante surplus fadei container una sorta di diretto ma-teriale da costruzione. Il modello non solo anglosassone, per.Un interessante libro sfogliato di re-cente, Vernacular Architecture Con-

    tained, prende in esame i vari barac-camenti costruiti con container nelsudest asiatico, con Hong Kong co-me baricentro, e ne analizza le con-formazioni trovandovi analogie conle tipologie dell'architettura vernaco-lare cinese, a corte, a palafitta eccete-ra. E tale matrice cinese la sta sfrut-tando la Travelodge con un hotelsperimentale a Uxbridge, nel distrettoovest di Londra, fatto di containerimportati dalla Cina, con bagno e fi-nestre preinstallati, il che permette di

    accorciare i tempi di assemblaggio

    del 25% (e costruirlo in 12 settima-ne) e ridurre i costi del 10%, anche in

    vista dei giochi olimpici londinesidel 2012. Poi, lo stesso criterio puessere usato anche per case studente-sche e residenze urbane, dicono i co-struttori della Verbus System chehanno sviluppato il sistema modula-re.Ed la stessa cosa che avr pensatoMasseroli nell'annunciato program-ma di housing sociale del Comune diMilano per affrontare il problemadella casa a basso costoper chi nonpu accedere, per reddito, n alle ca-

    se popolari pubbliche n agli esorbi-tanti affitti di mercatoe ravvisandonel container, icona ormai abusata adir il vero, una possibile soluzione.In Italia, in effetti, i precedenti nonmancano, ma sempre finalizzati alimitati usi nel tempo e nello spazio.Allestimenti di mostre temporanee,come il progetto Restart di MaurizioNavone di qualche anno fa, a Milano,oggetto che non presupponeva costi eoneri aggiuntivi come effetti collate-rali della sua ben determinata funzio-

    ne culturale.

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    A Lecco attivo da qualche annoCampus Point, su progetto di ArturoMontanelli commissionato dal Poli-tecnico di Milano, per dare spazi

    immediati a sette laboratori di ricercadurante la fase di espansione dell'U-niversit nellarea dellex ospedale,

    la cui fine lavori prevista per il2010. Sono 27 (simil) container rossovivo, assemblati a secco su tre livelli,con una facciata in moduli vetrati di3x3 metri.Ma il tutto appoggiato a un edifi-

    cio esistente, di cui sfrutta risorse gi

    date, e una volta esaurita la sua fun-zione verr smontato e ricollocatoall'interno del Campus con altri usi, adiretta gestione studentesca. Per usci-

    re dalla stretta logica formale delcontainer e allargare il campo ad altrisistemi di prefabbricazione, da annilo studio Atelier 2 di Milano, con lapartnership di Dubosc e Landowskidi Parigi, sta sviluppando il sistemaArmadillo nato come ospedale di

    emergenza per Emergency, ma va-riamente declinabile anche comepossibile abitazione.

    Insomma, il tema fecondo, da unpunto di vista progettuale.Ma pensarlo come alternativa a unapi seria, strutturale, politica per la

    casa a Milano, per quanto tempora-nea, fa sorgere delle perplessit, an-che perch si ventila la novit dellaformula del riscatto: la possibilit,cio, di trasformare l'affitto in rataper un acquisto futuro.Ma che senso ha acquistare un'abita-zione a termine?O quel termine, forse, potrebbe nonessere tale?

    CulturaCARMEN E DINTORNI

    Paolo Viola

    Adesso che passata londa di pienadellinaugurazione della Scala, e che

    non siamo pi prede dellincalzare

    dellevento, possiamo fare qualchevalutazione con il dovuto distacco e

    la necessaria ponderazione.

    Prima di tutto lesagerazione chedellevento si fatta su tutti i me-

    dia, ad esclusione di RAI e di Media-

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    set che hanno esagerato in senso e-sattamente opposto (non potendo re-gistrare la presenza del Presidente delConsiglio dei Ministri che quella

    sera era al cinema ad Arcore n dialtri suoi colleghi di peso, o forse pernon dare troppo lustro al Presidentedella Repubblica presente ed attento,lo spettacolo deve essere stato consi-derato culturame e cos sono statiregalati a Sky ascolti da stadio): neitre giorni 7, 8 e 9 dicembre, soltantosu Corriere della Sera e Repubblica,abbiamo contato 28 intere pagine franazionali e milanesi dedicate allaCarmen, come se la bella sigaraiaavesse improvvisamente ereditato lacorona dInghilterra o fosse sbarcata

    su Marte.Questo eccesso di promozione e dimarketing non giova a una grandeistituzione come e deve essere ilnostro massimo teatro cui, proprioper la sua grandezza, si addice unprofilo pi discreto, maggiore under-statement, in parole povere un po di

    severa compostezza; con questa grancassa si rischiato di comprometterelenorme impegno e gli ottimi risul-tati, e di trascinare la Scala in unadimensione provinciale e pacchiana,quasi avesse azzeccato il successo

    per caso o lavesse vinto alla lotteria.Veniamo alla grande protagonistadella prima, la regista che per qual-cuno stata leroina coraggiosa vin-citrice di una grandiosa scommessa,

    per altri lunica vera sconfitta della

    serata: Isotta sul Corriere arrivatorilevare dei solecismi (mah ... tradottiin lingua corrente sono errori digrammatica o di sintassi) e fra questialcuni simbolismi che, con la loro

    ingenuit, forse nascente da man-

    canza di cultura (sic!), fanno cascarele braccia.

    Noi non possiamo che confermareinvece il nostro giudizio, e cio cheEmma Dante, questa artista fino aieri praticamente sconosciuta, ha ri-

    voluzionato la regia dellopera lirica,come a loro tempo fecero Visconti,Strehler, Wilson, e che il suo spetta-colo ha reso onore alla Scala, a Lis-sner e a Barenboim che lhanno sco-perta, invitata e sopratutto incorag-giata. Unartista e una persona, ag-giungiamo ora, grandemente ammi-revole anche per leleganza con laquale ha accolto le critiche inopina-tamente piovutele addosso da unloggione ancora e spesso retrivo.Sul piano musicale nessuno ha messoin discussione, e noi men che meno,lottimo risultato e la qualit di tutti i

    protagonisti sul palcoscenico, a co-minciare dalla splendida Anita Ra-chvelishvili di cui abbiamo detto lasettimana scorsa, gi gi (si fa perdire) fino al coro delle voci bianchedel Conservatorio; vorremmo ag-giungere ora qualche parola (un po -anzi molto - fuori dal coro !) sulladirezione di Daniel Barenboim.Barenboim indubbiamente uno deimassimi musicisti di questepoca e si

    imposto allattenzione universale

    con prestazioni straordinarie ed in-dimenticabili; una fra tutte, a noi mi-lanesi ben nota, il meraviglioso Tri-stano e Isotta (come dimenticare quelduetto damore?) con cui inaugur lastagione scaligera di due anni fa e ciriconcili con il nostro teatro. E nonsolo come pianista prima e come di-rettore poi, ma anche per limpegno

    civile e per le sue doti di scrittore, haacquisito meriti indiscutibili che lohanno giustamente reso grande per-sonaggio mitico, adorato dal pubbli-co di tutto il mondo. Lui se ne rendeconto perfettamente, e temiamo chenegli ultimi tempi stia adagiandosiun po troppo sul fascino - o lappeal- che sa di possedere.Ce ne siamo accorti, per esempio,quando lanno scorso - sempre allaScala - esegu in otto concertilintegrale delle Sonate di Beethoven,dimostrando una cultura, una sensibi-

    lit, una capacit interpretativa di li-vello eccezionale (e raccogliendoovviamente un successo strepitoso)ma con esecuzioni che lasciavano

    molto a desiderare dal punto di vistabanale della professionalit: era evi-dente che tra un aereo e laltro - esopratutto fra un teatro e laltro spar-si nei cinque continenti - il tempo perstudiare gli volava via e quando sisedeva al pianoforte era ricco solodella sua grande sensibilit ed espe-rienza.

    A nostro modesto modo di vedere successo qualcosa del genere ancheper questa Carmen: a dispetto dellemigliori intenzioni e di felicissimeintuizioni, della grande attenzionealle voci e allimpianto generale

    dellopera, della musicalit prorom-pente ed accattivante, se aveste chiu-so gli occhi ed ascoltato solo la mu-sica, avreste percepito un fondo diroutine, una scarsezza di profondit,di rifinitura, di magia. Avreste cerca-to invano quella tensione e quellaconcentrazione che, nelle interpreta-zioni dei grandi maestri, fanno rag-giungere alle note altezze vertiginosee riescono a far sollevare gli spettato-ri dalla poltrona.Detto in altre parole, si avuta lasensazione che un eccesso di sicurez-za abbia tenuto lattenzione di Ba-renboim lontana dal podio, forse inpalcoscenico. O che la teatralit ab-bia preso il sopravvento sulla musi-calit. O ancora che la carnalitdellopera di Bizet abbia travolto laspiritualit e linteriorit del tessuto

    sonoro.

    Insomma mancato quelleffetto ma-ieutico sugli spettatori che avevamoil diritto di aspettarci dal direttorewagneriano che abbiamo nel cuore.Non ci sar stato anche qui lo zampi-no dellonnivoro circo mediatico chesembra non volerci dare pi scampo?

    CarneadeLA SCALA SIAMO NOI

    CarneadeCome tutti gli anni anche questa vol-ta la Prima della Scala ha riempito le

    cronache per quel che successo inpalcoscenico e per quel che succes-

    so fuori. Fuori come il solito la con-testazione e, puntuale come sempre

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    nel perdere le occasioni per tacere,arriva il nostro ineffabile vicesindacoDe Corato che non capisce i cam-

    biamenti sociali: daltro canto lui nel

    suo teatrino ama vestire la giubba delcarabiniere e somiglia a loro nellavulgata popolare che li vuole intel-ligenti. Dunque, guardando ai dimo-stranti, dice: Preferisco quelli del

    68 !. Quella era una contestazione

    ideologica, quella della settimanascorsa era la voce di chi, perso il po-sto, non arriva a fine mese; alloracerano tanti ragazzi che il nostro de-finirebbe radical chic, ieri padri di

    famiglia.Daltro canto nel mondo intero, al-

    meno dove restano le pi elementarigaranzie di democrazia, tutti gli spet-tacoli, tutte le occasioni pubblicheche vedano radunati insieme poterepolitico e potere economico sonounoccasione doro per chi si sente

    emarginato o non rappresentato perfare sentire la sua voce. Va da s chequando la gente sa che per vedere laPrima il prezzo di una poltrona eradi 2.000 Euro, non scrosciano certogli applausi. Per fortuna non si cono-sce la verit fino in fondo: chi va allaScala paga di tasca sua meno di unterzo di quel che costa la rappresen-tazione, gli altri due terzi arrivanodallo Stato e dai cosiddetti privatiche, come spesso ripeto, alla fineprivati non sono. Ma questo un al-tro film. Meno male che anche

    questanno si fatta una prova gene-rale aperta ai giovani ma ancorapoco pensando al piccolo numero dispettatori abituali, gli appartenenti a

    una categoria di privilegiati, ai quali offerto questulteriore privilegio,

    una sorta di costa tre ma paghi u-no. Ringraziamo Iddio che il soprin-tendente Lissner un uomo capace edi talento e almeno abbiamo la sod-disfazione di non veder sprecati i no-stri denari.Vi ricordate chi lha immediatamen-

    te preceduto? Vi ricordate lin-decoroso balletto col quale si fecefuori il sovrintendente Carlo Fontana

    per sostituirlo con lineffabile Mauro

    Meli che veniva via da Cagliari conun codazzo di polemiche per la suagestione economicamente disastrosa?Vi ricordate le dimissioni di Muti?Vi ricordate le vicende del restauro edel progetto dellarchitetto Mario

    Botta?Larchitetto ticinese arriv, col suo

    prestigio, a levare il Comune dallim-barazzo di un orrendo progetto chestava per essere realizzato. Ancheallora, ma sono passati solo cinqueanni, successe di tutto e fu persinotrovata uninterpretazione della leggesullappalto dei lavori pubblici che

    consentiva una variante in corsodopera che variante non era bens unprogetto del tutto nuovo.Dietro, sullo sfondo, la vicenda delTeatro degli Arcimboldi, dove gli

    oneri dovuti da Pirelli per le urbaniz-zazioni fu spacciato per un regaloalla citt. Non ci siamo dimenticatilinfelice scelta dellopera (LEuropa

    riconosciuta di Salieri) per la Primadel 7 dicembre 2004, quella delli-naugurazione del teatro ristrutturato:si scelse di ridare lopera della Primainaugurazione del 1778. La stampacittadina parl di un trionfo ma biso-gna scorrere i quotidiani non milane-si per trovare parole pi equilibrate ein qualche caso pungenti. SandroCappelletto su La Stampa colpiscenel segno.. Pi che alla rappresenta-zione di unopera si assiste alla cele-brazione di un Te Deum dopounimportante vittoria militare. Con-tro chi?, si domandava il giornalista.Come da allora molte altre volte an-

    cora, contro le voci critiche e di op-posizione, si inaugur la prassi chenon tanto importante a Milano cosasi faccia ma a dispetto di chi: il mododi destra di governare la citt.

    Verrebbe da domandarsi: ma perch,con tutti i problemi che ci sono, dob-biamo preoccuparci della Scala, dichi ci va, di chi non va alla Prima pernon stare nello stesso palco del Pre-sidente della Repubblica, di chi nelGoverno fino a un anno Prima facevaa pugni per andarci e questa voltano? Perch la Scala siamo noi, la pa-ghiamo noi, anche chi non ci va onon ci pu andare. Vi pare poco?

    RUBRICHE

    MUSICAQuesta rubrica curata da Paolo [email protected]

    MUSICA E TELEVISIONE

    Diavolo di un conduttore, come ab-bia fatto a infilarla nel famigeratopalinsesto della Rai in prima sera-ta, a ottenere tutte quelle presenze sulsuo palcoscenico, a gestirle con tantadisinvoltura e sopratutto - a dispettodella scarsissima popolarit della-

    rgomento - ad avere tanto successo, quasi incomprensibile. Parliamo, ov-viamente di quella Una notte

    allopera che Rai 3 ha mandato inonda gioved scorso come speciale diChe tempo che fa e che, cogliendoloccasione della prima scaligera del-la Carmen (la trasmissione stataregistrata nelle ore precedentilanteprima a teatro), ha visto - come

    ormai tutti sanno - Claudio Abbado,Daniel Barenboim e Maurizio Polliniinsieme come fossero a cena tra ami-

    ci. Passi per Barenboim, che ognitanto compare sui teleschermi e parlae scrive volentieri, ma quante volte sisono sentite prima dora parole - enon solo note - da Abbado o da Pol-lini?Se quelle presenze hanno rappresen-

    tato laspetto mondano e spettacolare- di cui in questi giorni si gi dettoe scritto tutto - la trasmissione di Fa-

    mailto:[email protected]:[email protected]:[email protected]
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    zio ha proposto alcune riflessioni sul-le quali ci piace soffermarci.La musica, ha detto Barenboim, dforza, allegria e senso alla vita, ride e

    piange insieme, un concentrato disentimenti anche molto contraddittorifra loro, proprio come avvienenellanimo umano; Lissner ha soste-nuto con forza che la cultura il ce-mento della societ, senza culturanon c vera societ; Pollini ha di-chiarato che larte ha per la societ ilvalore che il sogno ha perlindividuo, possiamo non ricordare e

    ignorare i sogni ma non possiamofare ameno di sognare; Abbado sta-to pi ai fatti, ha illustrato con i gra-fici di Renzo Piano il suo cachetsca-ligero da 90.000 alberi, ha raccontatocon immagini indimenticabili quelloche Abreu sta facendo in Venezuela -istruendo e facendo suonare in orche-stra 350.000 (avete letto bene, trecen-tocinquantamila!) ragazzi e bambinidi strada - e ha detto di sognare chequalcosa del genere possa accadereanche da noi.La straordinariet dellevento tuttaqui, nella follia di discutere di que-sti temi mentre a reti sostanzialmenteunificate andavano in onda ovunquequiz e balletti vari.E stata straordinaria, per esempio, la

    spiegazione del rapporto fra il diret-tore e lorchestra, rapporto misterioso

    e ignoto ai pi, illustrato da Baren-boim con grande semplicit e imme-diatezza insieme a un inusuale elogiodellorchestra (cera mezza Filarmo-nica della Scala che, prima di scapparvia per raggiungere in tempo la bu-ca del teatro, ha eseguito - si direb-

    be con affetto - i preludi della Car-men con Barenboim e poi a sorpresail Rond del terzo concerto di Bee-thoven diretto dal fondatore diquellorchestra che non vedeva daventitre anni!); magnifico sentir direda Pollini che la musica una formadi comunicazione non razionale,dunque alternativa a quella verbale, eche per comunicare compiutamentefra noi abbiamo assoluta necessit diusare entrambi i mezzi di espressio-ne; e Abbado dimostrare come incerti momenti si dirige anche solocon lo sguardo, che spesso suffi-ciente per trasmettere le emozioninecessarie a fondere le intenzioni deisingoli musicisti e cos creare il suo-no dellorchestra.Pollini, cui Fazio ha chiesto perchnon ci piace la musica colta contem-poranea mentre vediamo volentierilarte figurativa di oggi, o se per casola musica moderna non sia quellaleggera (con il sottinteso corollarioche laltra, quella classica, appar-tiene al passato), ha dato una rispostache forse non ci trova tutti concordima sulla quale c ancora molto da

    ragionare; la musica colta, ha detto, figlia di unevoluzione logica e con-tinua del linguaggio musicale - daBach a Boulez - e per apprezzarlaoccorre prima assimilarne il linguag-gio, mentre la musica cosiddetta leg-gera ha origini totalmente diverse, haseguito e segue altri percorsi, e parladirettamente alla nostra pancia.

    Non cerano solo loro, arrivato sul-la fine anche Jovanotti che ha fattouna considerazione intrigante: la mu-sica classica bisogna studiarla, ser-

    ve una scuola, servono i maestri,comporta necessariamente fatica esacrifici, mentre quella leggerasimpara tra amici, siamo tutti un po

    autodidatti (ma qualcuno, aggiun-giamo noi, ci mette anche un grandelavoro e talvolta anche del genio).Insomma una serata di grande intelli-genza che - a giudicare dalleco suigiornali - ha avuto un pubblico va-stissimo, ha raccolto intorno al videointellettuali e appassionati, scettici esnob, curiosi e intenditori, ma soprat-tutto gente senza pregiudizi con lavoglia di conoscere, capire, sapere,avvicinare questi inavvicinabili per-sonaggi (sono i pi grandi direttori epianisti del mondo!) ed entrare nelmondo magico della grande musica.Soprattutto una pagina di grande te-levisione, che ci vien voglia di diremolto milanese (tutta giocata fra cor-so Sempione e piazza della Scala),che ha saputo cogliere unoccasione

    mondana e una situazione gi in sfortemente mediatica per avvicinarealla musica, ai piani pi alti dellamusica, il pubblico meno avvezzo enormalmente separato dagli intrat-tenimenti e dagli spettacoli di grandespessore culturale (in particolarequando si tratta di musica classica!).La riprova di ci stata la grandeamplificazione che ne hanno dato,prima e dopo, tutti i grandi giornalisui quali i critici - sia televisivi chemusicali hanno tentato di spiegareil senso dellevento e unanimemente

    chiesto che sia da esempio per il rin-novamento della nostra sciaguratatelevisione; e noi, ovviamente, ci u-niamo al coro.

    TEATRO

    Questa rubrica curata da Guendalina [email protected]

    PALACIO DEL FIN - PICCOLO TEATRO STUDIO.

    Ermanno Olmi nellintervista fatta daarcipelagomilano dellultimo numerodice:

    la cultura di per s, se non hariscontro nella realt, inutile e par-la del fatto che andare a teatro a ve-

    dere uno spettacolo o andare a vedereuna conferenza vuol dire avere menocoraggio, non esporsi a rischi, non

    impegnarsi a vivere nella realt fisi-ca. Per Olmi le tante iniziative cultu-rali danno stimolo, suggerimenti e

    idee a un pubblico, ma non gli dannomodo di affrontare la realt, la cultu-ra si sostituisce alla civilt e tutti vi-

    viamo da irresponsabili. giusto an-dare a teatro, a cinema, alle confe-

    mailto:[email protected]:[email protected]:[email protected]
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    renze, ma la mattina dopo chi

    sei?. Bella domanda.

    Prendo spunto da Palacio del fin,spettacolo andato in scena al PiccoloTeatro Studio dall11 al 13 dicembre,per farmi e fare qualche domandaanchio. Lo scenario quello dellaguerra in Iraq, sul palco parlanoLyndie England, soldatessa america-na condannata per abusi sessualicommessi nel carcere di Abu Ghraib;David Kelly, scienziato britannicomorto in circostanze sospette dopoaver testimoniato sullinfondatezza

    della documentazione sulle armi didistruzione di massa, che sarebberostate la causa dellintervento militare

    americano in Iraq; e infine la storiadella moglie del capo del PartitoComunista iracheno durante il regi-me di Saddam, testimone della tortu-ra e uccisione di suo figlio, a sua vol-ta torturata e abusata.Tre fatti essenziali escono fuori daqueste storie: Abu Ghraib, le armi didistruzione di massa, il regime diSaddam Hussein. Potremmo parlaredella regia, degli attori, del pubblicostesso, del Piccolo Teatro di Milano,di Milano e teatro. Ma invece do-vremmo parlare di Abu Ghraib, delle

    armi di distruzione di massa e delregime di Saddam Hussein.Dunque, tornando al discorso sullacultura di cui si trattava prima, mi

    piacerebbe chiedere a chi si dedicaalla cultura, chi la fa, chi la espone,chi la promuove, di parlare ad esem-pio di queste tre cose.Qualche domanda. Perch non vienefatta una promozione che raggiungaanche persone che non sono vicinealla cultura? Perch non si cerca diraggiungere un pubblico pi vasto?Perch sono sempre gli intellettuali ochi si occupa di cultura a parlare del-la cultura stessa? Le facce sono sem-

    pre uguali, i commenti anche: Biso-gna agire. Perch non cominci tu adagire? Tu per la cultura cosa fai? Percultura cosa intendi? Perch volevoche ci fossero minimo tre scuole tramedie e liceo quella sera al Piccolo?Per continuare questo discorso si po-trebbe semplicemente scrivere Abu

    Ghraib su un motore di ricerca, Go-ogle magari, e vedere cosa esce fuori,cos, sia perch sappiamo qualcosasul tema sia a maggior ragione se nonne sappiamo nulla.Uscirebbero fuori molti siti, come adesempio questo: http://www.an-tiwar.com/news/?articleid=2444 e si

    potrebbe continuare a cercare, a in-formarsi, a scoprire cose che non sisapevano.Oppure a quarantanni da Piazza

    Fontana, potremmo fare finta che ilgiorno dopo lanniversario non ci sia

    stato un comizio del centrodestra dacui ne uscito un Primo Ministromiracolato dopo il volo pindaricodi un souvenir, potremmo invece te-nere viva una memoria.Potremmo andare al Teatro Grassi divia Rovello, appena riaperto, che de-dica la sua apertura appunto a PiazzaFontana con una serata commemora-tiva luned 14, dove proiettato Vit-time di Giovanna Gagliardo e vienemesso in scena dodici - dodici 69 la bomba, unopera composta da vo-ci, musiche, testimonianze sugli av-venimenti storici di quellanno.Marted 15 dicembre potremmo an-dare al Teatro della Cooperativa avedere 1969/2009 Giuseppe Pinelli ePietro Valpreda: Noi non dimenti-chiamo e fino al 20 dicembre po-tremmo andare al Teatro Litta a ve-dere Piazza Fontana, una storiadamore.Per questo numero non metter altrisuggerimenti o spettacoli da vedere.

    CINEMA

    Questa rubrica curata da Simone Mancuso

    A Serious Man di Joel&Ethan Coen

    Il film d'autore. E' questa la linea

    prepotente che scelgono i Coen perquestultimo e irriverente lavoro.La tipicit e gli elementi autoriali deiregisti sono prepotentemente la strut-tura di quest'opera, che fa dell'irrive-renza verso la cultura ebraica la spinadorsale. E' come se fosse la specula-zione autoriale ed esteticamente pielevata di Borat. Molto pi com-plessa in tutte le sue forme, dallasceneggiatura al montaggio, e soprat-tutto la regia, dove per c' sempreun carattere intelligentemente dissa-

    cratorio partendo da presupposti cheriguardano quella cultura.

    Un film certamente difficile nellacomprensione delle battute, sia neisuoi significati che nei significanti,

    soprattutto per chi non pratico dellacultura ebraica, anche se poi, alla fi-ne, i temi che tratta sono universali.

    I Coen riescono a stupirci ancora unavolta, allestendo in toto un film, solodi elementi autoriali, che ci avevanogi mostrato in altri loro lavori, mamai in maniere cos massiccia e uni-voca.Penso al loro Non un paese pervecchi, oscar nel 2008, dove gli e-lementi estetici autoriali, facevano da

    ghirigori ad una struttura molto picommerciale, con elementi per targetdi pubblico molto pi ampi.

    Personalmente preferisco quei generi

    di film, in cui la fruizione dell'operapu avvenire per una porzione piampia possibile di pubblico, piuttostoche per una parte.Ma l'importante che ci siano le dif-

    ferenze, con un mercato e dei registiche producono entrambi i prodotti, ealtri ancora differenti dai primi. Equesto nel mercato a stelle e strisce di sicuro una regola.

    A Christmas Carol di Robert Ze-meckis

    E' la magia del cinema. Quello cheuna volta bastava a fare un'esclama-

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    zione del genere erano le immaginiin movimento, oggi la magia del ci-nema contemporaneo il 3D. E' so-prattutto grazie a questo tipo di film

    che si pu comprendere a pieno l'e-voluzione che la settima arte sta su-bendo. E lo fa, con uno dei pi versa-tili e abili, nell'approccio con le nuo-ve tecnologie, regista che ci siano.Zemeckis riesce questa volta, al con-trario dei suoi due primi esperimenticon il tridimensionale (Polar Expresse Beowulf), a costruire una sceneg-giatura ed una regia che si adattanoperfettamente con la rappresentazio-ne in 3D. Operazione non facile vistoil soggetto di Charles Dickens, moltoingarbugliato di per se, ma poi giutilizzato svariate volte nel cinema.Ma Z. riesce a rivalutare le scene deitre fantasmi, senza tralasciare mai laconsapevolezza del protagonista cheaumenta gradualmente durante ilpercorso. Protagonista a cui Jim Car-rey a donato facce, espressioni e vo-ce, tutto rielaborato a computer e tra-sformato in cartone animato.La pi classica delle storie natalizie,che qui rivive meravigliosamente indiversa forma, grazie al regista eall'uso del 3D.Per chi volesse vedere la storia diScrooge con attori reali, consiglio unmeraviglioso film di Richard Donnercon protagonista Bill Murray, uscitoin Italia con il titolo: SOS Fanta-smi, nel 1988.

    Valentino:The Last Emperor diMatt Tyrnauer

    Interessante questaopera prima di

    Matt Tyrnauer, che realizza un do-cumentario su di un personaggio nonfacile da descrivere. Lo fa prendendospunto dal cinema tutto, nei suoi varielementi. A livello registico sfruttan-do londata Moore e facendo propriouno stile non facile neanche da imita-re. A livello musicale citando e sfrut-tando il cinema felliniano e le mera-

    vigliose musiche di Nino Rota, inalcune scene perfette e soprattuttoaccostate in maniera pregevole adalcuni personaggi, come il capo delle

    sarte, una verace signora romana, cheavrebbe scritturato anche lo stessoFellini.Tutto questo confezionato quasi co-me un film indipendente, al contrariodi quello che si possa pensare, anchegrazie alla buona fotografia di TomHurwitz.C un aspetto che viene consideratoma che forse poteva essere sviluppa-to di pi, ossia, il cercare di descrive-re luomo Valentino Garavani attra-verso la descrizione dellimperatore e

    del suo stile di vita.E attraverso questo processo che e-scono le migliori fasi del film. Dalrapporto tra Valentino e il suo com-pagno, che si fa strada attraversolego dellimperatore, piuttosto che le

    debolezze caratteriali, ma anche fisi-che (bellissima la scena in cui ilcompagno, per dispetto, gli dice ditirar dentro la pancia). Insomma unfilm che, invece di svilupparsi in ma-niera anonima celebrando la gran-dezza dellimperatore, ne svela que-gli elementi che lo rendono umano enon scelto da Dio.

    Nemico pubblico di Michael Mann

    Non si ferma pi Michael Mann. Glianni duemila per lui sono stati all'in-segna dello stile e dell'esercizio diesso. Partendo con Al del 2001per poi proseguire con il magnifico, esecondo me suo miglior film, Colla-teral, fino ad arrivare all'esercizio

    puro dello stile con gli ultimi due,Miami Vice e NemicoPubblico.Quest'ultimo, parte da una scelta e-stetica legata alla bella fotografia delnostro Dante Spinotti. La scelta diusare l'alta definizione, e la macchinada presa che segue e si sposta comegli attori, per riprendere ambienti eambientazioni degli anni trenta, ac-

    costando la realt di un'epoca antica,alla modalit di visione realista delcontemporaneo. Questa scelta dicampo, provoca un iperrealismo,

    come se, invece di descrivere il pas-sato, M. volesse trasportare il pubbli-co nel presente delle azioni filmiche.Ci che sta accadendo sullo schermo,sono fatti reali del contemporaneo, enon un racconto atemporale del pas-sato.A memoria non ricordo nessun altrofilm, che descriva con una tecnica diregia simile, abbinata all'alta defini-zione, una sceneggiatura ambientatae scenografata nel passato.A dir la verit una premessa di que-sto tipo era gi stata fatta, nel prece-dente Miami Vice, dove per, es-sendo una sceneggiatura basata su diun telefilm, le ambientazioni si riferi-scono a un passato filmico pi chereale.Una menzione speciale, anche se or-mai ormai bisognerebbe farla perquasi tutti i film che interpreta, va aJohnny Depp, alla sua immensa ca-pacit attoriale. La sua bravura unadi quelle che potrebbe fare grandi ifilm mediocri (non questo il caso).E poi, come i film di M., uno chemette d'accordo tutti.

    Anche questa volta M. riesce a nondeludere, dimostrando di essere unodei pi abili confezionatori di prodot-ti estetici per la grande Hollywoodche ci siano. I suoi film sono l'esem-pio di come si possano coniugare,bellezza estetica con esigenze pro-duttive e per blockbusters. Il risultatosono film dalla qualit cinematogra-fica eccezionale, proprio per questomotivo di congiunzione fra esigenzedifferenti: il film che piace alla criti-ca e ai cinefili e che fa un sacco disoldi ai botteghini. Ce ne fossero difilm commerciali cos!

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    MARCO BALBI: GADDA E LA PRIMA DELLA SCALA

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