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SIMONE PIRONTI – LA RICERCA DELL’EQUILIBRIO EMOZIONALE”
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Albert Einstein
ITI per Elettronica, Informatica,Chimica e Biotecnologia,
Liceo delle Scienze Applicate
Via Adda, 6-20871 VIMERCATE (MB)
ESAME DI STATO 2016/2017
TESI di:
Simone Pironti
5D, Informatica e Telecomunicazioni
SIMONE PIRONTI – LA RICERCA DELL’EQUILIBRIO EMOZIONALE”
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Introduzione:
Durante il quinto anno di scuola superiore, ogni alunno viene “attanagliato” da quella fantomatica
domanda che “destabilizza” ognuno di noi, ovvero: “Ed ora, cosa porto all’orale?”.
Utilizzando e generalizzando mediante un luogo comune potremmo sostenere che di fatto, vi
siano due tipi di tesi di maturità, quelle inerenti al percorso di studio affrontato e quelle che si
legano di più all’ambito umanistico.
Distaccarsi dalle così dette “materie di indirizzo” risulta una scelta che può rivelarsi banale in
quanto, tesine riguardanti argomenti ormai noti e poco innovativi nella maggior parte dei casi
comporta poco stupore ed interesse da parte della commissione d’esame.
Durante il periodo di “brainstorming” in cui ho cercato in diversi modi, un’idea innovativa e mai
trattata prima, ecco che mi si presenta un ottimo progetto da cui poter sviluppare la tanto attesa
tesina.
Infatti, il Prof. Casati, docente di Matematica, ha proposto alla classe un percorso relativo al
“Metodo Aquilone” e ciò ha destato in me interesse fin da subito al punto tale da unire alcune
delle discipline studiate durante l’anno scolastico e lo schema di Aquilone.
SIMONE PIRONTI – LA RICERCA DELL’EQUILIBRIO EMOZIONALE”
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Abstract:
In virtù della lettura del libro e manuale “Metodo Aquilone” ritengo di aver maturato una
conoscenza tale da poter legare le materie scolastiche, quali Storia, Italiano, Matematica e in
generale le discipline tecniche, con lo schema di Aquilone creando così un legame tra ognuna di
esse ed un preciso “Istinto facilitatore”.
Per quanto riguarda Storia, ho scelto di analizzare il periodo della seconda guerra mondiale,
mettendolo a confronto con la realtà odierna, il tutto facendo riferimento all’istinto di
appartenenza.
Ho deciso inoltre di collegare l’istinto sociale con Matematica in quanto l’astrazione legata ad essa
e la ricerca di nuovi modelli sociali ci permettono di osservare questa disciplina da un altro punto
di vista.
Da sempre, i poeti hanno cercato di tramandare ai posteri il proprio pensiero, comunicare loro il
dolore che ha caratterizzato la loro vita, così facendo, hanno dunque attuato un processo di
“ricerca dell’immortalità poetica” il che è riconducibile all’istinto di sopravvivenza.
Per concludere, come ultima disciplina ho deciso di non sceglierne una in particolare, bensì, ho
optato per stilare un discorso generico relativo alle materie tecniche studiate durante questi anni
tutto ciò, analizzando le peculiarità dell’istinto di trascendenza.
SIMONE PIRONTI – LA RICERCA DELL’EQUILIBRIO EMOZIONALE”
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Indice:
Capitolo 1 – Narrazione degli istinti
Sezione 1.1
Cosa sono gli istinti facilitatori? 5
Sezione 1.2 La storia e l’istinto di appartenenza
Il cambiamento del gruppo ai tempi della seconda guerra mondiale 7
Sezione 1.3 La Matematica e l’istinto sociale
L’astrazione e la ricerca di nuovi modelli sociali 10
Sezione 1.4 La letteratura e l’istinto di sopravvivenza
Pirandello e la conoscenza di noi stessi 11
Sezione 1.5 La tecnologia e l’istinto di trascendenza
La capacità di mettersi in gioco 13
Capitolo 2 – Rendicontazione dell’esperienza
Riassunto del percorso svolto 14
Bibliografia e sitografia 14
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Capitolo 1: Narrazione degli istinti
Sezione 1.1: “Cosa sono gli istinti facilitatori?”
Gli istinti sono le fondamenta sulle quali si appoggia l’equilibrio emozionale, essi tengono legato
l’individuo alla realtà e gli consentono di stabilizzare il proprio pensiero nel momento in cui esso
rischia di smarrire i propri punti di riferimento.
L’uso sbagliato e la mancata conoscenza di questi istinti comporta un indebolimento della propria
struttura emozionale ed ogni minimo cambiamento rischia di compromettere l’equilibrio creatosi.
Lo schema Aquilone dunque, in che modo può aiutare l’individuo?
Il processo è molto semplice, infatti in seguito ad un evento destabilizzante ogni individuo prova
un’emozione generando così un legame con un istinto, il quale a sua volta pone una domanda al
fine di ripristinare l’equilibrio.
Nel dettaglio, possiamo asserire che i quattro istinti sono così riassumibili:
L’istinto di sopravvivenza protegge l’identità dell’individuo quando, attraverso un percorso di
riflessione interna, esso rischia di perdere la propria identità.
La domanda che si lega a questo istinto è “Io chi sono?”, essa permetterà all’individuo di cercare
nuove strategie al fine di ristabilire i rapporti con sé stesso e con gli altri.
L’istinto di trascendenza invece, spinge il soggetto a conoscere il mondo esterno così da poterlo
controllare e modificare.
Durante questa esplorazione, l’istinto proteggerà l’individuo nel momento in cui quest’ultimo
rischierà di smarrirsi.
L’individuo infatti mette in gioco l’istinto di trascendenza nel momento in cui le proprie certezze
“cadono” a seguito di una destabilizzazione dovuta dai giudizi soggettivi mettendo così sotto
pressione i sensi di colpa e la rivendicazione giustizialista del soggetto.
L’istinto porrà degli interrogativi che permetteranno all’individuo di adeguare la sua visione del
mondo tenendo conto delle esperienze vissute.
Il terzo istinto esaminato è quello sociale, nient’altro che l’espressione del bisogno profondo di
percepire l’armonia e di sapere che tutto ciò che ci circonda risponde al criterio di giustizia.
Esso subentra nel momento in cui un soggetto non riesce ad accettare un cambiamento che
produce disarmonia, non riuscendo così a perdonare l’artefice di ciò.
Per quanto riguarda il rapporto con sé stesso, l’individuo, nel momento in cui incontra una
problematica lungo il sentiero dei suoi sogni e dei suoi progetti, crea una sorta di alone di tristezza
intorno a sé stesso.
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L’individuo potrà farsi una ragione delle disarmonie che lo attanagliano solamente nel momento in
cui risponderà alle domande che l’istinto facilitatore porrà, quesiti accomunati dalla parola
“perché?”, come ad esempio “Perché è successo questo?”, “Perché le persone si comportano in
questo modo?”.
Infine, incontriamo l’istinto di appartenenza, il “mezzo” che permette all’individuo di non perdersi
nel creato, istituendo punti di riferimento all’interno dei rapporti con le persone a cui si sente
accomunato da una certa affinità.
Fondamentalmente, esso entra in gioco nel momento in cui vi è una trasformazione, all’interno del
proprio gruppo di riferimento, che destabilizzerà i rapporti e la loro struttura.
In seguito, l’individuo vivrà situazioni di apatia, intese come momenti di assenza di passione in ciò
che si fa
L’individuo verrà quindi sollecitato da interrogativi come ad esempio “Tu chi sei?” che in base alla
situazione assumeranno una forma differente come ad esempio “Tu chi sei per agire in questo
modo nei confronti del gruppo?”.
Essi e l’istinto si manifesteranno solamente nel momento in cui il soggetto vorrà rimanere
ancorato alla sua visione della realtà non accettando dunque i cambiamenti del gruppo di
appartenenza.
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Sezione 1.2: “La storia e l’istinto di appartenenza”
Il cambiamento del gruppo ai tempi della seconda guerra mondiale:
Come già accennato in precedenza, l’istinto di appartenenza si manifesta nel momento in cui vi
sono trasformazioni che intaccano l’equilibrio del gruppo ma questo non è l’unico caso, infatti
questo istinto entra in gioco nel momento in cui avviene un cambiamento fisico che non permette
più all’individuo di essere ciò che era prima.
Questa destabilizzazione avvenne, in modo disastroso, esattamente 78 anni fa, nel non molto
lontano 1939, anno in cui Adolf Hitler ed il Terzo Reich attuarono il progetto di persecuzione della
razza ebrea.
Già, razza, una parola utilizzata solamente nel ambito della classificazione animale ma che in quei
tempi buoi assunse un significato etimologico al fine di stilare una gerarchia tra esseri umani..
Nel suo libro, “Mein Kampf”, Hitler sostiene argomentazioni che testimoniano tutto ciò: “Tutta la
storia è solo espressione dell'eterna lotta tra le razze per la supremazia. La guerra è l'espressione
naturale e necessaria di questa lotta in cui il vincitore, cioè la razza più forte, ha il diritto di
dominare. L'unico scopo dello stato è mantenere sana e pura la razza e creare le condizioni
migliori per la lotta per la supremazia, cioè per la guerra. E la guerra è l'unica cosa che può dare un
senso più nobile all'esistenza di un popolo. Di tutte le razze quella ariana o nordica è la più creativa
e valorosa, non che l'unica a cui spetta il diritto di dominare il mondo.”
Il vero problema deriva dal fatto che l’ascesa al potere del Fuhrer, nel 1933, fu accolta con grande
entusiasmo dal popolo tedesco che vide in lui una sorta di luce in fondo al tunnel, in quanto
l’inflazione e i dazi imposti dal primo conflitto mondiale fecero crollare l’intero sistema della
Germania.
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Più che un uomo politico, agli albori, Hitler era considerato come un oratore ed essendo conscio di
questa sua grande dote, la sfruttò a suo vantaggio. Nel 1932, un anno prima di diventare
Cancelliere fece centinaia di discorsi in giro per la Germania acquisendo così il sostegno popolare.
Affascinava la gente non tanto per quello che diceva ma per come lo trasmetteva, mediante uno
stile insolito ma affascinante in grado di ipnotizzare le masse.
Ciò che convinse la popolazione fu l'energia e la fermezza di cui molta gente disorientata sembrava
avesse bisogno.
Quindi, dopo essersi affermato come cancelliere tedesco, Hitler enunciò dunque la nascita
dell’ideologia nazista che aveva come obiettivo l'annullamento e lo sradicamento dei valori umani
come il diritto dell'uomo alla vita, il diritto dell'uomo e del cittadino all'uguaglianza nel suo paese,
tutti principi elaborati e adottati lungo il cammino della civiltà europea, “calpestati” così come
furono calpestate le vite di circa 5 milioni di ebrei che con l’avvento dell’olocausto videro svanire,
per sempre, i propri valori personali e di appartenenza al gruppo, alla famiglia..
Questo genocidio di massa, a seguito della creazione dei campi di sterminio, sancì una vera e
propria disfatta per l’umanità intera.
Una volta ammassati nel campo di concentramento, gli ebrei vennero spogliati dei propri abiti,
rasati a zero e marchiati come fossero bestiame, in modo da attribuire loro un numero e non più
un nome.
Ci fu dunque una devastazione del concetto di gruppo, in quanto la gente, stremata dai lavori
forzati, perse qualsiasi capacità di dialogo destabilizzando così gli equilibri legati all’appartenenza a
qualsiasi ambito affettivo-relazionale.
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La perdita di questi valori comportò un senso di smarrimento generale, affiancato a quello di
umiliazione che determinarono, una sorta di entrata in gioco dell’istinto di appartenenza, ovvero il
non accettare tale cambiamento continuando a porsi l’interrogativo “Tu chi sei per distruggere
tutto ciò che amo, tutte le mie sicurezze ed ogni tipo di valore da me coltivato?” .
Chiaramente questo è un discorso che potrà fare solamente chi non ha partecipato e risentito del
conflitto mondiale e più nello specifico, dell’olocausto in quanto di fatto, una volta in quella spirale
di follia creata da Hitler, c’era poco da ragionare cercando strumenti che potessero ristabilire
l’equilibrio emozionale di una persona.
Ma con il sennò di poi, ritengo che si possa costruire e stilare un discorso legato appunto al
cambiamento del gruppo, confrontando quegli anni con i giorni nostri.
Al giorno d’oggi infatti, la trasformazione del gruppo è dovuta al susseguirsi degli anni scolastici, ad
esempio, che prevedono per forza di cose, uno spostamento graduale, da quello che può essere il
nostro paesino d’origine, fino ad arrivare ad un possibile viaggio all’estero che potrebbe
corrispondere con l’inizio di una nuova avventura.
Va dunque evidenziato il fatto che, in base alla personalità dell’individuo queste trasformazioni
assumeranno un ruolo più o meno determinante lungo il percorso che ci permetterà di tornare ad
essere protagonisti della nostra vita all’interno della nuova condizione.
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Sezione 1.3: “La Matematica e l’istinto sociale”
L’astrazione e la ricerca di nuovi modelli sociali:
Fin dalle epoche più remote, scienziati, astronomi e matematici hanno condotto ricerche al fine di
trovare il giusto equilibrio tra concretezza ed astrazione, tentando di eliminare l’astio e le
conflittualità che si manifestavano ogni qual volta vi fosse una nuova scoperta.
Eppure, secondo lo schema di Aquilone, è chiaro che per ottenere un’armonia è necessario avere
allo stesso tempo, dei contrasti.
Questi “conflitti” di idee dunque, da cosa possono essere scaturiti?
Per esempio, dal concetto matematico della ricerca di nuovi modelli sociali, ovvero, applicare le
logiche e le metodologie che contraddistinguono questa disciplina al modo di ragionare di tutti i
giorni, così facendo, vi si creeranno convenzioni e regole strettamente collegate alla matematica
scolastica.
La matematica va quindi vista sotto un punto di vista differente e non come la solita materia per
cui o sei portato oppure puoi farti il segno della croce, no, è una disciplina da analizzare e da cui
cogliere un messaggio molto più profondo ovvero il poter utilizzare questo mondo così vasto,
durante la vita di tutti i giorni, non attraverso le formule vere e proprie ma mediante gli stimoli e
l’elasticità mentale trasmessa dall’applicazione pratica di esercizi e quesiti.
Essa è si può quindi vedere come un “mezzo” al quale possiamo affidarci per confrontarci e
superare le problematiche che incontreremo lungo il nostro percorso.
Questi ostacoli non sono nient’altro che elementi disarmonici che l’istinto sociale accoglie durante
la sua fase di destabilizzazione e che mediante i quesiti incentrati sul “Perché..?” fornirà un
percorso di svolta alternativo al fine di superare tali difficoltà.
Il disagio creato sfocerà quindi in un alone di tristezza che affiancherà un tipico sentimento
“sociale” quale il rancore.
Un rancore indirizzato generalmente verso una persona o un oggetto, esso però, nel momento in
cui il bersaglio sia l’individuo stesso, subirà una trasformazione in rancore verso noi stessi ed il
nostro operato.
Lo schema aquilone, forte dell’applicazione della matematica, indirizzerà il soggetto verso un
percorso che richiederà di accettare le disarmonie che si sono venute a creare e farle diventare
parte integrante di noi stessi, impegnandoci così a ristabilire l’equilibrio smarrito.
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Sezione 1.4: “La letteratura e l’istinto di sopravvivenza”
Pirandello e la conoscenza di noi stessi:
L’istinto di sopravvivenza è quell’istinto che consente all’individuo di riconoscere la propria
identità e scoprire il mondo esterno in funzione di sé stessi.
L’attenzione alla personalità dell’IO è fondamentale per quanto riguarda tale istinto, gli individui
pervasi da esso prevedono incentrano la realtà in rapporto al proprio nome e al proprio essere, il
tutto a stretto contatto con quel sentimento, ricco di sfaccettature, che risponde al nome di
amore.
Il collegamento tra la letteratura e questo tipo di istinto deriva proprio dalla ricerca della
sopravvivenza dei poeti e della poesia, da sempre mezzo di immortalità, al fine di tramandare ai
posteri il proprio pensiero.
L’identificazione dell’IO è stata legata dunque ad una delle opere più importanti di Luigi Pirandello,
ovvero “Uno, nessuno, centomila”.
La poetica di Pirandello è caratterizzata dal concetto di maschera e dall’umorismo, ovvero una sorta di unione tra la scissione dell’io, intesa come frattura della realtà e visione relativistica della stessa, ed il sentimento del contrario, l’integrazione della rappresentazione della realtà “affiancata” dalla riflessione. Nel caso di “Uno, nessuno, centomila” appunto incontriamo punti in comune con il cammino
tracciato dall’istinto di sopravvivenza, in primis vi è il legame fra “l’uno” inteso come ciò che
l’uomo crede di essere che si rispecchia nel percepire chi siamo realmente basandoci su ciò che ci
circonda, assumendo così un ritratto di noi stessi sulla base della realtà che ci circonda.
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La comparazione situazione con “nessuno” avviene nel momento in cui l’individuo è alla ricerca di
una sorta di presunzione di esistenza, ovvero una certezza legata al bisogno di credere che gli altri
ci considerino e siano a conoscenza del fatto che noi esistiamo.
Questa situazione è dovuta al fatto che sin dall’antichità, l’uomo ha sempre cercato certezze,
specie nelle persone che circondano il soggetto in questione, in quanto il parere popolare ha da
sempre manipolato in modo marcato, le scelte e le decisioni dell’individuo.
L’identificazione all’interno del contesto dei “centomila”, è dunque per Pirandello ciò che gli altri
pensano che io sia, affiancando così il progetto Aquilone e la situazione di rispetto che si verrà a
creare una volta che un individuo verrà a conoscenza del fatto che un altro soggetto lo considera
sostenendo che “tu esisti ed io ti riconosco”, ciò genererà quindi una sorta di creazione di un
gruppo all’interno del quale ognuno ritroverà sé stesso ed il proprio equilibrio, ottenendo così
un’immortalità racchiusa nel cuore di chi ci sta vicino.
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Sezione 1.5: “La tecnologia e l’istinto di trascendenza”
La capacità di mettersi in gioco:
Il percorso attraverso la conoscenza degli istinti dettati dallo schema di Aquilone si conclude con
l’esposizione dell’istinto di trascendenza.
Esso proviene dallo stimolo che riceviamo dalla nostra voglia di scoprire e dalla curiosità che ci
spinge a conoscere ciò che ci circonda.
Questi desideri destano quindi la cancellazione di pro e contro riguardanti determinate tematiche
assumendo posizioni imparziali, generate allo stesso tempo però dalla conoscenza parziale e
limitata della realtà.
L’individuo che risente dell’istinto di trascendenza, si porrà dunque gli interrogativi che
presuppongono la domanda “Faccio bene o faccio male?” al fine appunto, di rimuovere punti di
vista che prevedono una solo posizione.
La decisione di “legare” le materie tecniche nasce dunque dal bisogno di doversi applicare in un
campo, come quello informatico, che prevede la capacità di mettersi in gioco e di schierare tutte le
proprie competenze in modo da emergere.
Le materie di indirizzo dunque, oltre che ad “impostare” l’individuo a livello nozionistico hanno
anche il compito di stimolare la voglia di fare di quest’ultimo perché quello di andare oltre sé
stessi, superare i propri limiti ed avventurarsi è un bisogno dell’uomo.
D’altronde, questa realtà è paragonabile all’amore, in quanto non basta innamorarsi di qualcuno
ma è necessario che anche l’altra metà capisca a pieno i nostri sentimenti cercando così un punto
in comune che scaturirà qualcosa di speciale e così come in campo lavorativo, non basta la
passione ma è fondamentale far capire le proprie intenzioni e competenze a chi dovrà puntare su
di noi, affidandoci perché no, anche un’azienda.
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Capitolo 2 – Rendicontazione dell’esperienza
Riassunto del percorso svolto:
In conclusione, ritengo sia doveroso ringraziare il professor Casati per avermi dato la possibilità di
affrontare quest’esperienza che mi ha permesso di conoscere aspetti a me sconosciuti fino ad ora,
rendendomi partecipe di questo progetto che è un invito a scoprire noi stessi ed il mondo che ci
circonda.
Sono inoltre molto contento del lavoro svolto in quanto considero questa tesina un punto di
partenza sul quale basare quello che sarà il mio futuro percorso di studio, un cammino alla
scoperta del mondo della comunicazione.
Bibliografia e sitografia:
Treccani 2017
Metodo Aquilone, Manuale. (Danilo Casati – Angela Colombo)
Libro di testo “LetterAutori”
http://www.viaggio-in-germania.de/hitler-ascesa.html