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Anno XIV n° 1
Gennaio 2018
3 Editoriale
4 Brevi dall’Italia e dal mondo
6 Dall’età pediatrica a quella adulta
10 Il concetto di transizione
12 Testimonianze: Gianluca e Max
14 Costruire un nuovo specchio di sé
16 Premio Marco Tonini 2017
18 Ambulatorio : esperienze di un anno
20 Sportello telefonico: bilancio di un anno
22 Multidisciplinary team
25 L’importanza della fisioterapia
28 European Reference Networks
31 L’avvocato: cosa è cambiato nella legge
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
Anno XIV n° 1 - GENNAIO 2018Iscrizione presso il Tribunale di Roma n° 20/98 del 19 gennaio 1998
Dona il Tuo 5x1000 ad AIMAR.
OGNI ANNO CI OCCUPIAMO
DI NUMEROSE FAMIGLIE,
PAZIENTI E BAMBINI NATI
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CON UNA PATOLOGIA RARA, OFFRENDO AIUTO E SUPPORTO
1. Compila la scheda CU, Modello 730 o Unico
2. Firma nel riquadro indicato come “Sostegno del volontariato e delle
organizzazioni non lucrative di utilità sociale” (il primo a sinistra nella scheda)
3. Indica nel riquadro il nostro codice fiscale: �����������
Per chi non è tenuto a presentare la dichiarazione:
1. Compila la scheda CU
2. Inserisci in busta chiusa e intesta a: Destinazione ������ ���, Tuo Nome e
Cognome, Tuo Codice Fiscale
3. Consegna gratis presso: u�ci postali, sportelli bancari o intermediari abilitati
La destinazione del 5 per mille non modifica l’ammontare dell’imposta.
La scelta di destinazione del 5 per mille e quella dell’8 per mille (Legge 222/1985) sono tra
loro indipendenti.
AimarNews
via Tripolitania, 211 - 00199 Roma,
tel/fax 06-86219821
Sito Internet: www.aimar.eu
E-mail: [email protected]
Presidente Aimar: Dalia Aminoff
Direttore AimarNews: Daniela d'Isa
Impaginazione: Enrico Attas
REFERENTI REGIONALI AIMAR
(contattare dopo le 20:00)
• LOMBARDIA: Francesca Pace
tel: 338/4107739, [email protected]
• VENETO: Stefania Fior tel: 049/8841756
• EMILIA ROMAGNA: Lorenzo Mordenti
tel: 349/6113229, [email protected]
• LAZIO: Isabella Gulluscio tel: 339/4659105,
• CAMPANIA: Lucia Carrillo Exposito
[email protected], tel: 329/2712060
• PUGLIA: Angela Marzulli tel: 329/7671915
▲ Bracciano il piccolo Giacomo festeggia il suo compleanno
Incontri con lo psicologo a Milanoc/o Studio Paolo Gelli - Viale Cassiodoro 5, Milano
mercoledì 17 gennaio ore 10,30 "incontro gruppo adolescenti"sabato 20 gennaio ore 11,45 "incontro gruppo pre-adolescenti"sabato 20 gennaio ore 14,00 "incontro gruppo bambini"
mercoledì 28 febbraio ore 10,30 "incontro gruppo adolescenti"sabato 3 marzo ore 11,45 "incontro gruppo pre-adolescenti"
sabato 3 marzo ore 14,00 "incontro gruppo bambini"sabato 17 marzo ore 10,30 - 12, 15 "incontro gruppo genitori"
(quest'ultimo incontro presumibilmente si terrà presso la sede dello Spazio
Vita dell'Ospedale Niguarda)
Altri Incontri a MilanoInizio incontri ore 15:00
sabato 10/2/2018 MAR e continenza
sabato 5/5/2018: Problematiche urologiche nelle MAR
sabato 22/9/2018 MAR e problematiche spinali
Gli incontri sono gratuiti e si terranno presso l’Aula B – Policlinico Mangiagalli
– Via della Commenda, 10 – Milano – Per informazioni chiamare ore cena Sig.
ra Paola Brunati 331 6342414.
Incontro a Treviso Sala Riunioni Ospedale Ca’ Foncello
13 gennaio 2018 — 9.00 - 13.00 “Aspetti di sessuologia maschile e
femminile nei pazienti con MAR”
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
è arrivato il 2018 e tutta la nostra vita è sempre più dipendente dalla tecnologia. Il 73% degli italiani usa Internet più ore al giorno, 2 su 3 utilizzano Facebook, il 47% YouTube, mentre la messaggistica gratuita di Whatsapp ha conquistato il 61% degli italiani. Ma la rete nel 2017 ha portato anche valanghe di fake news o bufale come volete chiamarle. Notizie false che nel campo della salute hanno mietuto vittime innocenti come i bambini che sono morti per non aver fatto vaccini fondamentali, pratica che ha indebolito la barriera di difesa verso tutti gli altri piccoli, specie verso chi, affetto da una patologia invalidante, il vaccino non lo può fare. Ecco che la piccola grande notizia con cui si è chiuso il 2017 è stata quella di una intera classe di Novi Ligure che si è sottoposta al vaccino antinfluenzale per permettere di frequentare le lezioni ad un compagno affetto da osteosarcoma il cui vaccino era precluso dalle condizioni in cui le terapie avevano ridotto il suo sistema immunitario.
Per quanto riguarda noi di AIMAR il 2017 è stato pienissimo:
· In febbraio l’AIMAR ha partecipato al 24esimo convegno internazionale del Colorectal Club, che si è tenuto a Limassol (Cipro)
· Il 9 marzo a Vilnius in Lituania abbiamo partecipato alla terza conferenza sulle Reti di Riferimento Europee, in cui è stata sancita la creazione di 24 Reti di Riferimento per le Malattie Rare
· Sempre in marzo a Londra la nostra Angela Marzulli (che molti di voi conoscono anche perché gestisce l’Ambulatorio AIMAR a Roma), ci ha rappresentati ad un importante incontro sulla farmacovigilanza
· Il 27 marzo a Londra si è svolto il Congresso Internazionale di Urologia e la presidente di AIMAR Dalia Aminoff, ha messo in evidenza opportunità ed prospettato le nostre esigenze, in qualità di rappresentante delle associazioni di pazienti nella neonata Rete di Riferimento Europea eUROGEN, per le malattie rare e complesse recto-uro-genitali, la rete di riferimento per noi di AIMAR
· Il 10 maggio Dalia Aminoff e Luigi Cecere del Consiglio Direttivo di AIMAR hanno partecipato ad una audizione che il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha concesso loro in tema di Livelli Essenziali di Assistenza
· Dal 30 giugno al primo luglio siamo stati a Treviso all’incontro dell’ARM-net (il consorzio di esperti di malformazioni ano rettali europeo)
· Il 9 e 10 settembre si è svolto a Bracciano (Roma) il nostro incontro annuale AIMAR e per chi non c’era questo numero riporta tutte le relazioni dei nostri esperti. Riguardo a quello che abbiamo vissuto insieme però non posso che dirvi che è stato bellissimo e aldilà della pioggia torrenziale che ha colpito tutta l’Italia il 10 settembre, il giorno prima i nostri bambini sono riusciti anche a fare un bagno nella confortevole piscina dell’hotel Alfredo
· Il 16 ottobre con Luigi Cecere ho partecipato alla giornata dedicata alle Reti Europee di Riferimento organizzata presso il Ministero della Salute
· Tra ottobre e novembre ho seguito per voi il nuovo corso della Fondazione MSD sulla Digital Health. Potremo curarci con una app? Quanto l’intelligenza artificiale aiuterà la nostra salute?
Sono tante le cose che vogliamo proporvi per migliorare la qualità della vita di tutti noi, di tutti voi, ma dovete aiutarci. Pagare la piccola quota di adesione annuale sta diventando di vitale importanza per continuare il nostro lavoro quotidiano. Il vostro 5 per mille non ci ha mai tradito e vi ringraziamo di cuore, ma molti si dimenticano di versare la quota associativa: fatelo col bollettino che vi inviamo, seguite le informazioni sul sito, ma fatelo. Grazie.
Un abbraccio ad ognuno di voi e Buon Anno!
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
Brevi dall’Italia e dal mondo
COME NASCE UN FARMACO
Sapevate che per affermarsi nel
mercato un farmaco ha bisogno di
20 anni? E che non esiste solo la
sperimentazione animale o quella di
volontari, ma anche la simulazione con
il computer? Il 9 ottobre ho partecipato
come giornalista ad un corso dal titolo
“Come nasce un farmaco.Dalla necessità
della sperimentazione animale alla
farmacovigilanza ”organizzato dall’
UNAMSI (l’Unione Nazionale Medico
Scientifica di Informazione), con
AdP (Accademia dei Pazienti - Eupati
Italia), l’Istituto Superiore di Sanità e la
Federazione Nazionale della Stampa.
Tra i vari interventi tutti interessanti,
mi ha colpito quello della giornalista
del Corriere della Sera Maria Giovanna
Faiella che ha ripercorso i casi di cronaca
Stamina e Di Bella che tanto hanno
scosso l’opinione pubblica in vari anni
della storia recente del nostro Paese.
La deduzione è quella che in Italia
c’è un grave difetto di conoscenza e
di informazione sulla scienza e sulla
medicina basata sull’evidenza. Bisogna
imparare a diffidare, non smetterò mai di
dirlo, delle campagne di fake news che
in ambito sanitario sono particolarmente
pericolose. Fidiamoci solo di fonti certe,
sempre. LA GRANDE RISORSA DELLE RETI
DI RIFERIMENTO EUROPEE
A Roma, nella sala dell’Auditorium del
Ministero della Salute sul Lungotevere
Ripa, il Ministro della Salute Beatrice
Lorenzin ha organizzato il 16 ottobre
scorso un incontro sulle Reti di
Riferimento Europee per le Malattie Rare.
Nel corso dell’incontro, cui ho partecipato
per AIMAR con Luigi Cecere del Consiglio
Direttivo, i referenti europei dell’European
Reference Netwoks hanno sottolineato
come la problematica delle malattie rare
abbia assunto una rilevanza crescente.
Andrzey Jan Rys, responsabile delle
politiche della Commissione Europea in
materia di salute e sicurezza alimentare,
ha tra l’altro fatto i numeri: in Europa 13
milioni di persone sono affetti da malattie
rare, la cui varietà oscilla da 5.000 a
8.000. Le 24 ERN di 26 Paesi, hanno
coinvolto 300 ospedali (di cui 66 in Italia)
e 900 unità di assistenza ospedaliera.
Approssimandosi la fine della legislatura
il Ministro Lorenzin ha rivolto infine un
saluto commosso alle associazioni di
pazienti presenti in aula: “Per me- ha
detto Lorenzin- è stato un grandissimo
privilegio stare con voi” VERSO UNA CULTURA DIGITALE IN
AMBITO SANITARIO
Il mondo della medicina sta per
essere rivoluzionato dalle tecnologie
digitali, che peraltro hanno già cambiato
e non poco, la nostra vita. Sapevate
che ogni smartphone ha una vera una
vera e propria cartella clinica al suo
interno? E’ l’health kit e sarebbe utile
caricarlo con la nostra storia sanitaria.
Ci sono miriadi di app legate al mondo
della salute, una addirittura in grado
di avvertirci se saremo vittime di un
infarto del miocardio in tempo da poterci
rivolgere ad un cardiologo per i necessari
esami. Servono competenze nuove ed
è per questo che la Fondazione MSD,
continuando lo sviluppo di empowerment
delle Associazioni di Pazienti iniziato
nel 2013, ha promosso quest’anno un
percorso educativo sulla Salute digitale
cui hanno partecipato tra ottobre e
novembre a Roma 30 associazioni
compresi noi di AIMAR. È stata l’occasione
per lanciare la Digital Health Academy,
promossa da Digital Narrative Medicine,
Esense Ventures e Healthware, la
prima in Italia. Andate a curiosare
nelle piattaforme di Digital Health
come Paginemediche o Videum, vale la
pena. Big data e intelligenza artificiale
rivoluzioneranno il nostro modo di curarci
ed è importante per noi associazioni di
pazienti di patologie rare dare, sempre
nel pieno rispetto della privacy, dati utili
e informazioni per ricevere con la rete
una quantità di risposte esponenziali.
Esistono già robot in grado di assistere
persone non autosufficienti che riescono
a intuire i sentimenti del paziente
osservandone la mimica facciale. Tutto
ciò può anche spaventare, certo, ma
i robot e tutto ciò che le intelligenze
artificiali possono o potranno fare
non sostituiranno mai il medico in
carne ed ossa che ci parla e con cui
instauriamo un rapporto. Potranno
aiutarlo. Immaginiamo quanti casi simili
di sintomi si possono confrontare e
analizzare con la tecnologia per poter
elaborare una diagnosi…Sono infine
moltissime le startup che si occupano di
sanità. Abbiamo scelto di segnalarvi Brave
Potions, la startup italiana che trasforma
la medicina in magia. Bravepotions.com
è nata per sconfiggere la paura che tutti
i bambini hanno del dottore in genere o
del dentista. Dottori che diventano maghi,
flebo decorate con i simboli dei supereroi,
i medicinali che diventano pozioni
magiche. L’app può essere scaricata
gratuitamente
a cura di Daniela d’Isa
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
AIMAR HA APERTO UN AMBULATORIO INFERMIERISTICO DEDICATO
ALLE MAR PER GENITORI E PAZIENTI CHE HANNO PROBLEMATICHE
RIFERITE ALLA GESTIONE DI TUTTI GLI AUSILI E PROCEDURE CHE
RUOTANO INTORNO AI BAMBINI OPERATI DI MAR.
Ambulatorio AIMAR a Roma in via San Giovanni in Laterano 182
Si prega di contattare con un certo anticipo
Angela Marzulli, 370/3305565 per appuntamento.
E’ un'occasione per mostrare ai pazienti e ai loro genitori come viene
fatto un clistere, come gestire la stomia e le problematiche connesse
ad essa, come effettuare il cateterismo ecc.
Sono Elena, un’infermiera stomaterapista neonatale e pediatrica, lavoro in un Ospedale di prestigio e voglio
mettere a disposizione tempo ed esperienza per tutti i bimbi ed i loro genitori che vivono un momento di difficoltà.
Ho aperto uno “sportello telefonico AIMAR” attraverso il quale ci si potrà scambiare consigli, informazioni dubbi
e perplessità sul bowel management, gestione urologica, gestione e complicanze di stomie intestinali ed urinarie,
dermatiti ed arrossamenti cutanei a seguito di interventi, lesioni, alimentazione, vita di tutti i giorni ecc…
Sarà uno sportello telefonico amico dove mamme e papà non si sentiranno più soli e potranno avere delle risposte a
domande e quesiti e seguire nel migliore dei modi il loro bambino.
Io sono disponibile in qualsiasi momento della giornata dal lunedì al venerdì previo invio di un sms al numero
3334938474, allo scopo di organizzare al meglio le telefonate ed i tempi di attesa.
SPORTELLO TELEFONICO AIMAR
Angela è l’infermiera professionale che si occuperà della gestione
dell’ambulatorio. Angela è mamma di un ragazzo nato con MAR, oltre alle
sue competenze professionali come infermiera in una struttura sanitaria
pubblica, potrà, conoscendo le problematiche che accompagnano tutto il
percorso di vita dei bambini con MAR, aiutarvi a gestire con più leggerezza
problematiche che nel corso della vita dei vostri bambini diventeranno una
quotidianità del tutto regolare.
I ragazzi diventati adulti potranno gestire con consapevolezza tutto ciò
che li rende autonomi e indipendenti.
L’AIMAR darà precedenza ai soci che potranno usufruire di questo
servizio gratuitamente.
LE PROSSIME DATE DELL’AMBULATORIO:
26 gennaio |23 febbraio |23 marzo 2018
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
La transizione dall’età pediatrica all’età adulta:
diventare più autonomi nel prendersi cura della propria salute Caterina Grano
Dipartimento di Psicologia, Sapienza
Il lavoro sulla transizione ha tenuto molto conto
degli aspetti psicologici e della qualità della vita,
tutti aspetti su cui abbiamo molto lavorato perché in
un ambito di chirurgia sono elementi che vengono
considerati un po’ meno. Quindi anche il vostro
lavoro è stato fondamentale perché avete collaborato
attivamente con le ricerche.
La qualità del nostro lavoro è stata recepita a livello
italiano e internazionale.
Vi parlerò della transizione. In particolare,
tratteremo delle linee guida su cui abbiamo lavorato,
nell’ambito del consorzio ARM-Net.
Che cos’è la transizione? È un passaggio pianificato
nel tempo di adolescenti e giovani adulti con
problematiche mediche e croniche da sistemi di cura
che si occupano di bambini a sistemi di cura che si
occupano di adulti. È importante distinguerlo dal
transfer che è il momento in cui avviene il passaggio.
La transizione infatti è un processo che dura negli
anni e si conclude in età adulta con il passaggio della
presa in carico di un bambino da parte di un ospedale
che si occupa di adulti. Il processo dovrebbe iniziare
dalla pubertà, dai 12 ai 13 anni.
Prima di addentrarmi nella descrizione delle linee
guida, vorrei sentire una vostra opinione. Se dico
transizione, cosa vi viene in mente?
Dal pubblico ci sono state le seguenti risposte:
paura, preoccupazione, cambiamento, rabbia,
autonomia, insicurezza, crescita, incertezza e
incertezza medica.
Già questo ci fa pensare alle possibili riflessioni,
paure e pensieri che un genitore può avere rispetto al
passaggio ad un’altra struttura.
Uno studio condotto in Olanda, invece, ha chiesto
il seguente quesito ad alcuni adolescenti: ‘Che cosa
vi aspettate da una persona che vi seguirà nell’età
adulta? ’.
Ecco le risposte: che sia una persona degna di
fiducia ed onesta; che sia una persona comprensiva;
che sappia ascoltare e mostrare rispetto; che mi
prenda seriamente.
Per esempio, molti adolescenti si lamentano del
fatto che il medico comincia a raccontare una serie
di storie, ma non arriva mai al punto. Alcuni, invece,
vorrebbero che il medico si focalizzasse su di loro.
Altri, infine, desidererebbero essere trattati come
adulti, oltre a volere un professionista competente.
A questo punto abbiamo creato una task force
di esperti, con diversi chirurghi italiani e di diversi
Paesi Europei, che si occupano specificamente di
malformazioni ano-rettali, i rappresentanti delle
Associazioni di pazienti, tra cui AIMAR e SoMA, gli
urologi, altri pazienti ed io come psicologa. Nell’arco
di due anni di lavoro abbiamo svolto diversi incontri,
sia su Skype che di persona, ed abbiamo analizzato
tutta la letteratura che c’era sulla transizione. La
letteratura, in realtà, parlava di altre patologie, perché
sulle MAR non c’era nulla, per questo dovevamo capire
cosa fare. Così abbiamo analizzato la letteratura in
ambito cardiaco, in cui la transizione è un processo
abbastanza consolidato ed abbiamo consultato altri
articoli su patologie cardiache ed altre patologie
croniche. I risultati sono stati discussi all’interno
dell’ARM-Net con i diversi professionisti, pazienti e
familiari che fanno parte del consorzio europeo e in
particolare sono stati presentati a Parigi nell’ottobre
2016 e approvati dagli altri membri dell’ARM-Net.
Attualmente le linee guida sono state pubblicate sul
Journal of Pediatric Surgery (2017).
Perché abbiamo creato queste linee guida? Il
motivo era soprattutto individuare degli standard
minimi che devono essere usati e rispettati dai diversi
▲ Caterina Grano
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
operatori della salute nelle diverse parti del mondo e
nei diversi contesti ospedalieri.
Abbiamo stilato una lista con i diversi temi delle
linee guida, vale a dire : gli obbiettivi della transizione,
i problemi comuni agli adolescenti e giovani con
MAR, gli strumenti di valutazione, il momento
della transizione, la preparazione del paziente,
la preparazione dei genitori ed infine la selezione
degli specialisti per gli adulti il loro coinvolgimento,
la preparazione e la cooperazione degli stessi
professionisti con il chirurgo pediatra.
Abbiamo, poi, fissato gli obiettivi della transizione.
Bisogna dapprima preparare i pazienti, fornendo
informazioni perché spesso il paziente adolescente
non sa riferire quello che ha o ha avuto, mentre
è fondamentale che il paziente sia autonomo nel
parlare della sua condizione e delle anomalie
associate, altrimenti non può essere autonomo nella
relazione con il medico.
Bisogna, poi, preparare anche i genitori a lasciare
andare i propri figli e a supportare questo processo.
Il genitore, infatti, potrebbe conoscere il pediatra del
figlio da molti anni e probabilmente avere qualche
difficoltà a cambiare la figura di riferimento. E questo
aspetto non va sottovalutato, così come anche il
chirurgo potrebbe avere delle difficoltà a lasciare il
proprio paziente.
D’altro canto è bene individuare dei veri e propri
percorsi che permettano un passaggio più graduale
dell’adolescente verso la struttura per adulti. Da
qui la necessità di preparare e informare anche i
professionisti della salute su qual è il momento
migliore per la transizione, individuando percorsi
e protocolli tra i centri pediatrici locali e centri
nazionali selezionati che si occupano specificamente
di adulti.
Sul momento della transizione abbiamo discusso
molto all’interno del nostro gruppo multispecialistico.
Il chirurgo infatti voleva sapere l’esatta età della
transizione. Qual è l’età corretta? 12 o 16 anni? Dopo
un lungo dibattito siamo arrivati a concludere che
non esiste un momento preciso, ma va adattato a chi
abbiamo di fronte.
Nel gruppo di lavoro, abbiamo riflettuto, inoltre,
su quali sono i problemi comuni agli adolescenti
e ai giovani adulti con malformazioni. Abbiamo
compiuto delle valutazioni dalla nascita all’età
adulta comprensive anche di tutti i possibili problemi
medici, non solo quelli legati alla continenza fecale
o urinaria. Ma vanno valutati altri aspetti. Abbiamo
quindi pensato ad uno standard minimo. Ciò che
viene richiesto alle unità di riferimento è che ci
sia un’equipe multidisciplinare in ogni ospedale
per valutare la continenza, le anomalie congenite
associate, la funzionalità sessuale e riproduttiva,
i problemi psicologici e la qualità della vita. Il
team multidisciplinare dovrebbe essere composto
pertanto da un chirurgo pediatra, dal ginecologo,
dall’andrologo, dallo psicologo. E varie figure di
riferimento permettono che il paziente possa essere
valutato nel suo insieme.
Altro tema che abbiamo dibattuto all’interno
del gruppo di lavoro è stata la valutazione delle
diverse aree durante la pubertà, che rappresenta
uno scombussolamento generale. Quindi anche se la
persona fino a questo momento non ha manifestato
problematiche precedenti, nell’età della pubertà è
meglio fare specifiche valutazioni circa continenza,
funzionalità sessuale e riproduttiva, benessere
psicologico e sociale.
Si è stabilito che i pazienti senza problemi attivi
alla fine della pubertà (16-18 anni) possano eseguire
la transizione in modo sistematico. Dovrebbero
essere dimessi con una sorta di libretto o lettera
di accompagnamento che specifica la loro storia
medica, sottolineando le aree che ancora non è stato
possibile indagare (esempio la fertilità) e il nome
del referente per adulti al quale vengono indirizzati,
in modo tale che sia tutto molto chiaro. Deve essere
dato loro il contatto del chirurgo pediatra che lavora
presso il centro nazionale specialistico, in caso
ne abbiano bisogno più avanti, perché magari nel
momento della transizione stanno bene, ma nel
momento in cui decidono di avere figli hanno bisogno
di qualcuno su cui fare riferimento.
Abbiamo evidenziato anche il bisogno di
utilizzare strumenti di valutazione oggettivi. Un
questionario ad esempio deve essere validato e
riconosciuto in modo universale. Si è sentita cioè
la necessità di sviluppare strumenti per valutare
eventuali problemi psicologici e funzionali prima,
durante e dopo la transizione, con misure oggettive
e universalmente riconosciute. Attraverso questi
strumenti si misurerà anche il benessere psicologico
e la qualità della vita.
Abbiamo concluso che il momento della transizione
non è uguale per tutti e che quindi è utile stilare un
piano individualizzato, utile a quella specifica persona
Abbiamo creato una task
force di esperti europei per
occuparci di transizione
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
in quel momento. Nei pazienti con malformazioni
congenite multiple o con problemi attivi sappiamo
che durante la pubertà la transizione può durare di
più. Quando c’è una malattia cronica è più facile che
l’adolescente si appoggi di più ai genitori e che quindi
sia meno autonomo.
Quando bisogna iniziare a parlare di transizione?
Possiamo cominciare a parlarne a 12 o 13 anni,
momento in cui non avviene la transizione,
ma il chirurgo può iniziare a parlarne con il
paziente direttamente e non solo con i genitori.
Il medico, ad esempio, può parlare con genitori
e adolescente, rivolgendosi però direttamente
all’adolescente oppure può fare parte della visita
solamente con l’adolescente, così che il giovane
paziente si abitua gradualmente ad essere più
autonomo, a prendersi carico lui stesso della
propria salute. Quindi l’obiettivo è di affidare il
paziente ad un team specializzato per adulti tra i
18 e i 21 anni e di avere contatti con gli specialisti
adulti già a partire dai 16 anni. Si è stabilito ad
esempio che il paziente abbia informazioni su
quale centro frequenterà, attraverso volantini,
depliant, siti Internet o visite sul posto. Diventa
importante allora identificare un coordinatore
che si occupa della transizione in ogni centro
di chirurgia pediatrica, il quale deve assicurare
che vengano rispettati gli standard minimi
ed organizzare anche le visite conoscitive del
paziente nel centro stesso. Per la transizione è
importante anche che ci siano degli incontri tra il
chirurgo pediatra e il medico che si occupa degli
adulti.
Si completa la transizione anche quando il paziente
ha raggiunto importanti traguardi, ad esempio la
fine degli studi, il primo lavoro, una gravidanza o
l‘indipendenza abitativa/economica. La transizione,
pertanto, deve seguire anche la storia del paziente.
Altro punto su cui si è riflettuto molto e per cui il
contributo dell’associazione è stato considerevole è
quello di identificare in ogni Paese pochi specialisti
degli adulti che interagiscono attivamente con i
chirurghi pediatri.
La preparazione del paziente alla transizione
passa anche per i canali dei rapporti interpersonali.
Nel corso della mia presentazione, molti genitori
hanno espresso quali sentimenti accompagnino
la transizione: paura, incertezza, inquietudine,
preoccupazione, perché c’è una difficoltà a distaccarsi
dal proprio chirurgo pediatra, in quanto il genitore
si fida di quel chirurgo pediatra, mentre invece non
conosce il nuovo professionista. D’altro lato c’è anche
una difficoltà del pediatra a lasciare andare i propri
pazienti. Che cosa dunque può facilitare questo
processo di passaggio verso un nuovo chirurgo? Solo
il fatto che il chirurgo pediatra si fidi del chirurgo per
adulti, può essere d’aiuto a paziente e famiglia, perché
si crea una relazione di fiducia con il referente della
salute che si occuperà del paziente in futuro. Quindi è
importante che il paziente incontri il nuovo referente
più volte prima della transizione, conoscendo il nuovo
ambiente e facendo delle visite sul posto.
I genitori come possono essere preparati a tutto
questo? È normale, in ambito pediatrico, che i
genitori parlino al posto dei pazienti, ma sarebbe
meglio da parte dei genitori fare un passo indietro.
Benché gli adolescenti apprezzino la presenza
dei genitori durante le visite mediche, possono
essere anche inibiti nel parlare di temi sensibili o
nell’affrontare domande difficili. Per un giovane
paziente, quindi, ci sono dei vantaggi nella
transizione ad un’unità che si occupa di adulti.
Se infatti il paziente si trova da solo di fronte
lo specialista, possono essere affrontati con più
facilità temi quali la riproduzione, la sessualità,
la promozione della salute, comportamenti
dannosi quali uso di droghe, alcool eccetera.
Il paziente deve essere analizzato in modo
olistico, considerando lo sviluppo psico-sociale,
l’autonomia nella gestione di sé, l’indipendenza e
il suo benessere psicologico.
Per quanto riguarda, invece, il piano di transizione
individualizzato con equipe multidisciplinare è
bene fare alcune puntualizzazioni.
Da un lato i chirurghi pediatri dovrebbero
condividere il piano con gli adolescenti
accertandosi che i pazienti capiscano di essere
coinvolti nel piano di transizione; dall’altro i
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
pazienti adolescenti dovrebbero conoscere bene
la propria patologia (l’anatomia alla nascita, le
anomalie associate, le procedure chirurgiche,
eccetera) ed i problemi presenti al momento o
che si potrebbero presentare in futuro, come ad
esempio alla possibilità di riproduzione .In questo
si è sottolineato che l’associazione deve avere un
ruolo determinante per supportare l’indipendenza
dei pazienti, organizzando ad esempio attività di
gruppo, in cui sono presenti solo i ragazzi, senza
i genitori.
Generalmente si assiste ad una transizione
"ritardata" in adolescenti con patologie croniche.
Ma il supporto di psicologi, infermieri e
associazioni dei pazienti dovrebbe promuovere
un comportamento efficace e autonomo nei
pazienti. Il segreto è incontrarsi con altri pazienti
senza genitori affinché il paziente adolescente
sia preparato a conoscere bene la sua condizione
ed i problemi attualmente presenti.
È normale che in un ambito pediatrico i genitori
parlino al posto dei propri figli. Benché i figli
apprezzino la presenza dei genitori, potrebbero
anche essere inibiti dalla loro presenza specie se
devono affrontare determinati tipi di problemi.
Se i genitori non ci sono, qualche vantaggio ci
potrebbe essere, perché potrebbe esserci anche
meno imbarazzo da parte del medico.
Ribadiamo ancora che i genitori che gestiscono
quasi tutte le attività di cura del paziente,
inibiscono il paziente a sviluppare capacità di
sentirsi efficace e competente, e lo scoraggiano
nell’assumersi ruoli attivi. I genitori, quindi,
dovrebbero fare un passo indietro e cambiare il
ruolo da «colui che si prende cura» a «colui che
allena e insegna».
Le associazioni dei pazienti possono fare molto
assieme allo psicologo, gli assistenti sociali e i
chirurghi, perché possono migliorare le abilità
di comunicazione, di ascolto in modo che si
crei un ambiente accogliente e sicuro nei quali
gli adolescenti possano raccontarsi e fare con
più facilità domande. In generale, comunque,
le comunicazioni solo con i genitori, senza
l’adolescente, andrebbero evitate.
Di seguito riporto, invece, alcune
considerazioni riferite dagli adolescenti,
raccolte in uno studio olandese.
“Dovrebbero spiegare le cose a me e anche ai
miei genitori. Così anche loro possono capire”
(una ragazza di 17 anni).
La presenza dei genitori è importante per molti
adolescenti, specialmente per i più giovani:
“Va bene che ci siano i miei genitori perché io
non sempre capisco tutto” (un ragazzo di 14
anni).
Molti dicono che sarebbe una buona idea
vedere il medico da soli:
“Con il medico posso dire certe cose di cui non
posso parlare con i miei genitori” (un ragazzo
di 16 anni).
“I medici dovrebbero non solo rivolgersi ai miei
genitori, ma a me in primo luogo” (una ragazza
di 15 anni) .
“È più facile quando i miei genitori parlano,
ma dall’altra parte è meglio quando non ci
sono, perché mi interrompono sempre ed è
abbastanza seccante”;
“Io sono il paziente; lui (il medico) dovrebbe
parlare con me e non con i miei genitori”.
“Preferisco parlare io. Se dimentico qualcosa,
va bene che mia madre intervenga, ma mi da
proprio fastidio quando i dottori si rivolgono ai
miei e io sono di fronte a loro! ”.
Il nostro gruppo di lavoro è arrivato alle seguenti
conclusioni su come deve operare lo specialista
che si occupa dei pazienti in fase di transizione.
Innanzi tutto, ci devono essere pochi centri a livello
Nazionale che si occupano di adulti, ma ci deve
essere una equipe multidisciplinare in cui sono
presenti uno o due chirurghi pediatri esperti di MAR.
Il chirurgo pediatra che si occupa della
transizione (coordinatore), inoltre, si occuperà di
sviluppare un percorso di transizione con il nuovo
centro, iniziando il processo, contattando il centro
nazionale per adulti più vicino, organizzando
incontri di equipe e rimanendo disponibile nel
lungo periodo.
Altra conclusione cui si è giunti è che bisogna
promuovere la presenza di specialisti adulti durante
le operazioni chirurgiche, affinché lo specialista
conosca a fondo la storia del paziente.
Dovranno poi essere organizzati incontri tra i due
centri, il paziente e i genitori. Ed infine si dovranno
rendere disponibili informazioni per i pazienti di
come ricevere supporto e trattamento da adulti
I genitori dovrebbero
fare un passo indietro.
da "colui che cura"
a "colui che allena e
insegna"
10
AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
Il concetto di transizione nelle MAR
Nicole Schwarzer Presidente Associazione SoMA
Cerco di presentarvi oggi un concetto che abbiamo
elaborato nel gruppo di lavoro dell’ARM-Net in
collaborazione con le associazioni di pazienti e genitori.
Posso riferire anche di un’esperienza personale
perché sono madre di una figlia ormai ventenne con
una cloaca. Posso citare anche le esperienze di pazienti
con più di 18 anni ed oltre 200 persone affette ormai
adulte.
I pazienti si aspettano delle soluzioni dalle
associazioni e quindi dobbiamo sviluppare delle
decisioni concrete.
Come è già stato più volte ribadito, i pazienti molto
spesso non sanno dove devono andare e chi è il
medico responsabile. I medici, d’altro canto, dicono di
non aver mai sentito parlare di questa malattia nella
loro formazione, non sanno come gestire il problema,
riferiscono di non aver mai avuto pazienti con queste
problematiche e quindi di non saper cosa fare. La
cosa particolare è che si tratta di una malformazione
congenita e questo vuol dire presente dalla nascita.
I genitori si occupano prevalentemente della cura
del bambino e quindi dalla nascita sono i chirurghi
pediatri a seguire il bambino. Questo comporta che
spesso il paziente diciottenne non ha nessuna o scarsa
conoscenza sulla sua malformazione e i medici per
adulti non sanno nulla sulla malformazione congenita.
Se si considerano i problemi tutti insieme, emerge un
quadro da missione impossibile.
Sappiamo che la transizione riguarda molti altri
gruppi di pazienti per esempio affetti da diabete o
epilessia e sappiamo anche che è meglio che si creino
dei centri di specializzazione.
In Germania abbiamo già dei programmi o delle
attività a livello nazionale o delle iniziative individuali per
alcune malattie. Abbiamo verificato questi programmi e
ci siamo chiesti dove possano essere inseriti i pazienti
con MAR e di che cosa abbiano bisogno. Come già
affermato prima, per noi è importante che la transizione
non sia solo un trasferimento ma inizi molto prima.
Tutto ciò che è iniziato prima dei 18 anni, non
può cambiare in un certo momento, perché dopo si
suddividono le discipline.
I genitori e i pazienti devono avere le conoscenze
e le informazioni. Per esempio, sullo stato di salute
è importante sapere quali sono gli effetti della
malformazione dell’utero in caso di gravidanza, oppure
avere le informazioni sui mezzi sanitari e le conseguenze
o sapere cosa succede se si smette di cateterizzare. È
fondamentale, ancora, avere le informazioni sul sistema
sanitario, che cosa si deve fare per avere i sussidi sanitari
e dove prendere le prescrizioni mediche.
I genitori e i pazienti hanno bisogno di competenze,
risorse personali e sociali. Per esempio bisogna
decidere come gestire la malformazione: tenerla
segreta o parlarne. I genitori e i pazienti hanno bisogno
di esperti. Questi ultimi dovrebbero essere interessati
al paziente stesso e ai risultati, a lavorare in maniera
interdisciplinare, essere aperti, disponibili e qualificati
per parlare di problemi. Altri partner sono ovviamente
le associazioni di pazienti come AIMAR e SoMA o i
sostenitori che pagano le cure.
Tutte le persone coinvolte hanno certi compiti e
conoscono l’obiettivo. Il paziente prende su di sé la
responsabilità di prendersi carico della propria salute.
Ma questo non si può fare dall’oggi al domani, è
necessario avere una certa istruzione ed educazione.
Una delle attività importanti è che la Clinica dovrebbe
convocare i pazienti e i genitori minimo una volta all’anno
per un check up regolare. Le Associazioni, inoltre,
possono organizzare dei seminari e dei workshop.
▲ Nicole Schwarzer
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
Porterò alcuni esempi in base alle fasce di età,
evidenziando chi dovrebbe imparare che cosa. Il ruolo dei
genitori dovrebbe cambiare, quindi non solo assistere,
ma anche dare consigli; i pazienti invece dovrebbero
imparare ad occuparsi di sé stessi ed assumersi le
proprie responsabilità. Le Associazioni di pazienti, infine,
possono fornire assistenza con la loro esperienza.
Al centro ci deve essere il bambino, attorno cui
ruotano le persone che hanno una certa importanza
nella sua cura e gestione: i genitori, i medici e le
infermiere dell’ospedale e le Associazioni. A seconda
dell’età questi ruoli cambiano.
Cosa succede all’età di 3 o 4 anni? Come devono
essere istruiti i genitori?
Bisogna spiegare ai genitori che il bambino sia
autonomo in bagno. L’obiettivo è che i genitori
acquisiscano tutte le conoscenze sulla malformazione e
lo sviluppo psico-sociale. I pazienti ricevono assistenza
dagli esperti, dalle Associazioni e altre persone
interessate. Anche un bambino all’età di 3 o 4 anni, può
già imparare che può diventare un po’ più autonomo.
L’obiettivo è il coinvolgimento dei bambini secondo l’età.
Quando i bambini hanno un’età compresa tra i 10
e i 13 anni, bisogna di nuovo spiegare esattamente
che cos’ha il bambino e quali sono le malformazioni
associate oppure bisogna chiarire che cosa è successo
nel passato, nel caso magari di sentimenti di colpa,
sempre con il fine di imparare a lasciare andare i propri
figli. I bambini anche a quell’età devono essere istruiti
sulla loro malformazione e le malformazioni associate.
In Germania, ad esempio, abbiamo dei seminari per i
bambini di quell’età che si chiamano “So farlo da solo”.
Nel corso del seminario i bambini imparano a gestirsi da
soli e comprendono come fare le irrigazioni intestinali
oltre che i problemi che può recare la malformazione.
Alla fine di questo seminario, i bambini sono davvero
molto orgogliosi perché sono riusciti a fare l’irrigazione
da soli, senza aiuto. Una mamma alla fine di un
seminario mi ha detto: “Cosa faccio io ora, con tutto
questo tempo libero, che prima non avevo?”.
Spiego ora cosa si intende per informazione basilare.
Bisogna capire quali sono stati gli interventi chirurgici,
ma anche che terapia medica deve essere seguita e
come sarà il futuro. Secondo l’età i bambini possono
fare dei disegni oppure si fanno dei giochi di ruolo.
All’età di 16-18 anni ci sarà di nuovo un’istruzione
dei genitori perché bisognerà chiarire se essi hanno
compreso tutte le informazioni e se devono imparare
a come porre limiti e capire soprattutto come lasciare
andare i figli.
Ci è sembrata una buona idea creare un rituale.
Per esempio ognuno ha un dossier con tutti i referti
medici e potrebbe stabilire un giorno in cui c’è una
cerimonia di consegna di questo dossier dai genitori
all’adolescente. Invece del compleanno, quindi, si può
inventare il “MAR day” il giorno delle MAR. Per i ragazzi
di quell’età bisogna verificare se hanno capito tutto,
perché in quell’età è facile dimenticarsi qualcosa. È
importante chiarire alcune domande ed anche a questo
punto è possibile fare degli esercizi con dei giochi di
ruolo, imparando a parlarne. In questa età è importante
avere lo scambio con altri adolescenti. Nella SoMA
abbiamo un seminario per questa età, che si occupa dei
referti medici. Il titolo di questo seminario non è più “Che
cosa ho” ma “Come lo dico al mio medico”. L’obiettivo
di questo seminario è imparare tutte le conoscenze
della propria malformazione e soprattutto imparare ad
esprimersi con i medici.
E cosa facciamo con i pazienti che hanno già
compiuto i 18 anni?
Riteniamo che anche loro abbiano bisogno di seminari
con gli argomenti che abbiamo già menzionato. Anche
in tal caso si possono organizzare giochi di ruolo e fare
degli esercizi per esprimersi. È importante organizzare
degli incontri tra il chirurgo pediatra e gli specialisti per
adulti. È fondamentale, poi, che ci sia uno scambio tra i
pazienti perché possano dare dei pareri sui medici.
Davanti a noi si aprono grandi sfide, tra cui
l’implementazione del programma di transizione dalla
nascita, ma è necessario creare un programma anche
per i diciottenni. Importante è anche istruire esperti in
Medicina per adulti, ma anche degli studenti di Medicina.
Il nostro obiettivo è contribuire e realizzare la transizione
per pazienti con MAR. Una cosa che possiamo fare subito
è cambiare i contenuti delle consultazioni e dei colloqui
e possiamo già definire i seminari con gli esperti.
A medio termine, i genitori imparano sempre di più
a lasciare andare ed aver fiducia nel figlio. I pazienti
saranno più informati e potranno assumere meglio
le proprie responsabilità. Più esperti sono istruiti, più
persone di riferimento sono disponibili per i pazienti.
Diamoci, quindi, da fare, perché la transizione
funziona come un flash mob: quando uno inizia, gli altri
lo seguono.
A 13 anni
"so farlo da solo".
A 18 "come lo dico al mio
medico"
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
Gianluca D’OrtonaSoMA, Associazione tedesca per pazienti
L E T E S T I M O N I A N Z E D I G I A N L U C A E M
Ringrazio per l’invito.
Innanzitutto vorremmo presentarci e spiegare
perché siamo proprio noi, Maxi ed io, a tenere questo
discorso. Maxi ed io ci conosciamo da 3 anni e da
allora siamo inseparabili, quindi riteniamo che noi
come persone affette di età differenti possiamo
descrivere la transizione dal nostro punto di vista.
Mi chiamo Gianluca Markoc, ho 15 anni e abito
vicino a Stoccarda. Sono nato con l’estrofia della
cloaca, malformazione per cui la vescica e l’intestino
erano fuori dall’addome. Oltre all’ano imperforato ho
anche una malformazione dell’uretra e dei reni per cui
ho sviluppato un’insufficienza renale e ipertensione,
e regolarmente prendo delle medicine. Purtroppo il
colon è molto corto e soffro spesso di diarrea. Cinque
anni fa ho subito un grande intervento chirurgico
in cui è stata formata una vescica artificiale con
una stoma che devo cateterizzare regolarmente.
Purtroppo la stoma non funziona molto bene, ma
siccome ho un solo rene e un riflusso è difficile farmi
operare di nuovo. Da qualche anno ho anche problemi
con la schiena a causa della scoliosi e del midollo
ancorato.
Ho frequentato la scuola elementare in modo
regolare, ma all’inizio era difficile perché non volevano
accettarmi. Fino all’anno scorso avevo un’assistente
sociale anche nella scuola media che mi aiutava
quando avevo problemi. A causa dell’incontinenza
fecale la pelle era sempre irritata e avevo forti dolori.
All’età di 10 anni ho partecipato al seminario
della SoMA dove potevamo imparare a fare da soli le
irrigazioni intestinali. Ma nel mio caso le irrigazioni
non hanno migliorato la mia situazione. Per questo
all’età di 13 anni ho deciso di farmi operare per avere
una colostomia. Da allora sono più autonomo. Prima
dipendevo sempre da mia madre che mi seguiva
dappertutto perché doveva aiutarmi a cambiare il
pannolino.
Anche i seminari estivi della SoMA e i miei amici,
come il mio carissimo Maxi, mi hanno aiutato molto
ad essere autonomo. Durante la settimana del
seminario estivo ho dovuto gestire per la prima volta
tutto da solo perché ero senza mia madre. Per i casi
d’emergenza, c’era però un’infermiera che a volte
ci aiutava. Grazie a questo seminario estivo ho più
fiducia in me stesso e parlo più apertamente della
malformazione. Lo scambio con gli altri è diventato
molto importante per me, perché ho imparato tante
cose sulla mia malattia. Per l’estrofia della cloaca
esistono incontri dedicati in cui ho sentito per la
prima volta parlare di colostomia, vescica artificiale
e cateterismo.
A proposito dell’argomento transizione, il medico
di riferimento più importante è il mio nefrologo
pediatra che ci dà consigli anche per quanto riguarda
gli altri specialisti da consultare. Ho notato che
ultimamente si rivolge più a me che ai miei genitori
quando parla. All’inizio ho avuto ovviamente delle
difficoltà a spiegare bene i miei problemi e a capire
le causa. Ma mi butto sempre di più, cercando di
esprimere chiaramente le mie difficoltà.
Tra poco dovrò farmi operare
al midollo e i miei amici
della SoMA mi aiutano
con i loro consigli.
Ho scelto da solo la
clinica e lo specialista
che mi opererà, mia
madre era presente
soltanto come
consulente. Ho
capito che per
me è sempre
più importante
gestire
autonomamente
tutto ciò che mi
riguarda.
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
E D I G I A N L U C A E M A X
Cara Dalia, grazie dell’invito.
È un piacere essere qui oggi e potervi raccontare
di noi. Innanzitutto mi presento: mi chiamo Maximilian
Lemli, e sono nato nel 1993 con ano imperforato,
scoliosi, insufficienza cardiaca e un solo rene. Ho
frequentato due anni la scuola per disabili, in seguito
ho potuto frequentare la scuola elementare regolare
e più tardi il liceo. Nel 2015 ho preso il diploma
di maturità e studio Musica Pop all’università di
Paderborn.
Nella nostra relazione Gianluca ed io vorremmo
approfondire i punti indicati da Nicole e riferire delle
nostre esperienze con la transizione.
Come vi ha già spiegato Nicole, i miei genitori
hanno assunto la responsabilità per me dalla mia
nascita. Ma non ero uno dei giovani menzionati
che da diciottenni non sanno nulla della malattia.
Questo lo devo soprattutto alla SoMA. I miei genitori,
in particolar modo mia madre, mi hanno educato
da persona di ampie vedute e hanno gestito la mia
malattia in maniera molto aperta, ovvero normale.
Abbiamo sempre parlato di tutti i problemi
di salute. Certamente, mia madre per
molto tempo, forse troppo tempo, è stata
la persona di riferimento per i medici,
ma sono sempre stato coinvolto nelle
decisioni, dal momento in cui ero in
grado di farlo.
Nel 2006, senza volere, ho partecipato
per la prima volta a un seminario della
SoMA con l’obiettivo di istruire i
bambini dell’età di 9-12 anni
a praticare correttamente
l’irrigazione intestinale.
Allora avevo 12 anni. Questo
seminario mi ha aiutato molto nel
mio sviluppo: primo, perché era un
grande passo verso l’indipendenza
dai miei genitori ed ho avuto modo di
riflettere molto sulla mia malattia; in
secondo luogo perché ho conosciuto
altri bambini nella stessa situazione.
Fino ad allora non avevo mai pensato
che potessero esserci altri con una
malattia simile, ma da quel momento
ho realizzato che non ero solo. Nel 2009 ho partecipato
al seminario della SoMA sui referti medici organizzato
in questa maniera: i medici che conoscono la nostra
malformazione leggono i nostri referti insieme a noi
(uno alla volta) e ci spiegano in maniera dettagliata
e comprensibile la forma della malformazione e
che cosa è stato fatto durante gli interventi. Inoltre
ci danno dei consigli di post-cura. Impariamo quindi
a spiegare la malformazione a nuovi medici (per
esempio di famiglia) e ad affrontare un colloquio con
un medico anche senza i genitori.
Nel 2013, a 19 anni, ho fratturato il femore. Durante
la cura di riabilitazione ho dovuto parlare per la prima
volta da solo con il medico. È vero che mia madre
era presente durante il colloquio di ricovero, ma ho
gestito da solo tutti gli altri colloqui settimanali. Mi
sono reso conto di quanto è importante prendersi
cura di me stesso e di essere informato sulla mia
malattia.
Oggi studio Musica Pop e Comunicazione
all’Università di Paderborn e vivo a 100 chilometri
da casa in un appartamento per studenti. Quindi
sono sempre più consapevole che devo essere
indipendente. Nel frattempo ordino il sistema di
irrigazione da solo e rispondo da solo al medico.
Siccome ho un’assicurazione privata, il mio pediatra
è il mio medico di famiglia. Il vantaggio è che questo
medico mi conosce da tutta la vita, ma ovviamente
è scocciante stare seduto in sala d’attesa vicino ai
bambini piccoli. In futuro dovrò cercarmi un medico
di famiglia competente, cosa non facile nel nostro
Paese.
Per quanto riguarda il follow up la situazione
è simile. Per le visite vado ancora dal pediatra, ma
non è una soluzione definitiva. Ciò dimostra che deve
continuare la formazione di centri specializzati e
che abbiamo bisogno di più medici per adulti che si
occupano del problema.
La relazione di Nicole ha evidenziato che SoMA
pensa al futuro. Anche il seminario per l’autonomia
ha l’obiettivo di rendere noi pazienti più indipendenti.
Credo che l’impegno di SoMA sia esemplare e che il
suo esempio possa essere trasferito a pazienti con
altre malattie croniche.
Maximilian LemliSoMA, Associazione tedesca per pazienti
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La transizione dall’età pediatrica all’età adulta:
gestire la conflittualità genitoriale e costruire un nuovo specchio di sè Paolo Gelli
Psicologo
In questo mio intervento vorrei spiegare alcuni
concetti relativi alla transizione e poi condividere
con voi i vari aspetti del problema. Che cosa è la
transizione?
La transizione è il passaggio pianificato del
processo di cura dall’età pediatrica all’età adulta. La
pianificazione della transizione significa, inoltre, porsi
il tema della valutazione del percorso di autonomia
personale ed indipendenza dalle figure genitoriali.
Secondo alcuni psicoanalisti questo tema non è
rappresentabile come due facce della stessa moneta.
L’indipendenza e la dipendenza devono essere
considerate due parti di un puzzle: quando i bambini
crescono diventano sempre più indipendenti, ma in
momenti particolari della vita si deve essere capaci
di tornare ad essere dipendenti, di chiedere di nuovo
aiuto se necessario, soprattutto di fronte ad una
disfunzione cronica.
Torniamo al concetto della pianificazione
del passaggio. Sono da considerare alcuni temi:
l’organizzazione delle istituzioni, l’emotività del
genitore, che ad un certo punto deve capire che il
proprio figlio è diventato autonomo, e l’emotività
del ragazzo, che deve poter riconoscere ed investire
psicologicamente sul fatto di non aver più bisogno
del genitore.
La transizione deve essere armonica e completa
in tutta le sue parti. Deve essere il risultato, cioè,
della buona organizzazione tra istituzioni, lavoro
sull’emotività degli adulti (genitori e professionisti
sanitari) e dei giovani pazienti.
Considerati tutti gli attori in gioco, il tema è
complesso. Perché è complesso? Provo a distinguere
alcuni punti di complessità che agiscono tutti insieme
nell’organizzazione della transizione:
1. Il corpo. Affrontare il tema di una transizione vuol
dire affrontare il rapporto con la cura del proprio
corpo. D’altra parte per tutti gli adolescenti il tema
della transizione esiste. Ma anche per noi adulti
affrontare il tema di un corpo che cambia, nel
corso della vita, può influenzare il nostro senso
dell’esistenza.
2. Il segreto della propria incontinenza. Il tema del
proprio segreto è una questione ancora più delicata.
Come faccio a gestire il mio corpo rispetto all’altro
e quindi alla società, tenendo la privatezza del mio
segreto per me, ma sapendo anche chiedere aiuto
a qualcuno da cui sono dipendente?
3. La realtà sociale. La gestione autonoma di se stessi
all’interno di una realtà sociale più vasta e meno
organizzata dagli adulti è una prova evolutiva per
tutti gli adolescenti. Il gruppo ha dinamiche proprie,
consapevoli e inconsapevoli. La partecipazione,
l’inclusione, l’esclusione dai gruppi sono
esperienze quotidiane e difficili che caratterizzano
il mondo pre-adolescenziale ed adolescenziale.
L’essere consapevoli dei propri limiti e delle
proprie difficoltà, il saper gestire la condivisione
e la privatezza del proprio Sè, diventano per i
nostri ragazzi un elemento fondamentale su cui
organizzare le loro esperienze sociali.
4. Il rapporto con il mondo medico. Anche i medici
devono imparare dalle persone che hanno davanti a
confrontarsi con loro. Non devono partire dal punto
di vista del “Io so come si fa e tu non sai”, ma dal
punto di vista per cui “Io ho una scienza, per cui
ti posso dare strategie ed imparo ad ascoltarti per
capire quale strategia è più valida”. Saper portare al
proprio medico una narrazione dei propri problemi
diventa, nel passaggio all’età adulta, importante e
fondamentale.
5. La relazione con i propri genitori. Diventare grandi,
molte volte, significa costruirsi uno specchio
▲ Paolo Gelli
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
diverso da quello dei propri genitori, un nuovo
specchio di sé stessi.
Gestire la transizione.
Il passaggio della propria storia medica diventa a
questo punto fondamentale. Quale storia consegna
un genitore al figlio? I ragazzi e le ragazze devono
diventare capaci di raccontare la propria storia
avendo consapevolezza degli elementi significativi.
In questo senso, transizione vuol dire gestire il
passaggio della storia ovvero della narrazione delle
proprie esperienze di vita filtrate attraverso la propria
emotività. Questo è un procedimento più corretto
rispetto all’elencare la serie di interventi chirurgici
eseguiti.
Quali sono i punti di discussione?
Il problema della costruzione dell’autonomia
individuale. Vorrei farvi riflettere su due concetti. Il
primo è che i ragazzi devono costruire la possibilità
di non essere invasi dalle preoccupazioni genitoriali;
il secondo è che gli adulti devono accettare il punto di
vista dell’altro.
Dal punto di vista del figlio che sta diventando
grande, questo vuol dire che il suo modello di vita
deve essere uguale a quello del genitore? E se
fosse diverso, il padre o la madre riuscirebbero ad
accettarlo? Ovviamente stiamo parlando anche di
come si è impostata la gestione dei tempi per andare
al bagno, l’alimentazione, la frequenza delle visite
mediche. I genitori consegnano al figlio tutte queste
procedure con la speranza che le metta in pratica in
modo autonomo.
L’esperienza ci insegna che spesso gli adolescenti
non seguono i consigli e fanno l’esatto opposto.
Gestire la conflittualità tra modello genitoriale e
sviluppo di un modello autonomo ed individuale,
spesso inizialmente confuso e disorganizzato, è uno
dei temi più importanti nel passaggio caratteristico
della transizione.
I ragazzi e le ragazze devono
diventare capaci di raccontare
la propria storia avendo
consapevolezza degli elementi
significativi
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
Ad Angela ed Elena il Premio Marco Tonini 2017
Messaggio di Maria Teresa Nava, che ha partecipato al viaggio a Swanage in Inghilterra
Cara Dalia,ringrazio Angela e te per la magnifica vacanza. L’esperienza è stata positiva e l’organizzazione eccezionale. Mi sono divertita tantissimo. Ho fatto tantissime conoscenze, nonostante non parlassi perfettamente l’inglese.
Le lezioni erano divertenti ed interessanti così come gli sport pomeridiani. Le due settimane sono volate e non ho sentito alcuna mancanza dei genitori.
Questa esperienza mi ha anche cresciuta, mentalmente mi ha fatto diventare più responsabile,
perché mi occupavo io di prendere le medicine, anche se in alcune cose devo ancora maturare.
È un’esperienza unica e imperdibile che consiglio a tutti voi di provare. Nei momenti di bisogno c’è sempre qualcuno che ti aiuta e ti sostiene.
Quando il prossimo anno avrò finito gli esami, mi piacerebbe tornare assieme a Luna.
A presto,
Maria Teresa
Marco Tonini è stato (è) uno di noi. Con un bel gruppo
di amici si erano conosciuti nell’incontro AIMAR annuale del 2007 che si svolgeva per la prima volta nel convento di San Cerbone, nelle colline di Lucca. Marco, una persona solare che ha vissuto il tempo che la vita gli ha concesso senza mai lamentarsi, con uno spirito sempre volto a fare squadra, fiducioso nel futuro. È per questo che è stato istituito un premio a suo nome che ha visto negli anni l’attribuzione a chi in Italia e nel mondo ha interpretato i valori immutabili e imperituri che Marco Tonini ci ha lasciati, rimanendo nel cuore di tutti noi.
E il Premio Marco Tonini 2017 è andato quest’anno a due grandi donne che onorano e illuminano la nostra AIMAR, Angela Marzulli, l’infermiera professionale che gestisce l’Ambulatorio AIMAR a Roma ed Elena Scarabellin, l’infermiera
stomoterapista neonatale e pediatrica, che risponde allo Sportello Telefonico AIMAR.
In questo numero trovate due articoli scritti da Angela ed Elena, dove fanno il bilancio dell’attività che svolgono
per noi tutti con lo spirito di dedizione e di amore per cui le ringraziamo. Eccole sorridenti nella foto a Bracciano, Elena con i capelli corti e castani, Angela con i capelli lunghi e biondi.
Il viaggio studio organizzato da AIMAR si è svolto dal 1 al 15 giugno 2017 ed Angela Marzulli ha accompagnato i
ragazzi che vi hanno partecipato
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
Alcuni momenti dell'Incontro AIMAR a Bracciano (Roma)
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
Ambulatorio AIMAR: esperienza di un anno
Angela Marzulli
Infermiera e Coordinatrice Ambulatorio AIMAR, Roma
Le malformazioni ano-rettali rappresentano uno
spettro complesso per le quali la chirurgia ha
fatto importanti passi avanti negli ultimi anni, con
soluzioni volte a garantire una qualità della vita
sempre più sovrapponibile a quella delle persone
sane.
Con il prolungarsi del follow up, tuttavia, diventa
sempre più evidente l’aspetto «qualità della vita»:
quest’ultimo e’ legato non solo a problematiche
prevalentemente chirurgiche, connesse con
l’intervento ricostruttivo, ma anche a necessità
assistenziali e «sociali» di tipo più squisitamente
infermieristico.
La mia idea di aprire l’ambulatorio dedicato
unicamente a questa malformazione è nata dalla
mia esperienza come referente dell’AIMAR Lazio,
dove ho recepito l’esigenza da parte di molti genitori,
di avere un punto di riferimento mirato, soprattutto
per la gestione dei mezzi e degli ausili di uso
quotidiano. Ho risposto per tanto a necessità di tipo
pratico e non medico. L’ambulatorio infermieristico
è stato creato a Roma da circa un anno, gestito da
me, persona specializzata perché esperta in questo
tipo di malformazione, in grado di istruire le famiglie
e i pazienti sulle varie procedure anche in stretto
rapporto con l’equipe medica di riferimento di ogni
singolo paziente.
L’ambulatorio è rivolto a tutti i portatori Mar
dalla nascita all’età adulta. L’obiettivo è stato di
rendere i genitori autonomi nell’assistere i figli
nelle varie fasi di crescita, di educare i pazienti e i
genitori nell’utilizzare nel miglior modo possibile
gli ausili, in modo da prevenire anche le possibili
complicanze, di supportare le varie famiglie nella
gestione terapeutica assegnata al fine di migliorare
la conoscenza di molti aspetti del problema, di
migliorare in modo decisivo la qualità della vita
dei bambini e delle rispettive famiglie, soprattutto
nel loro quotidiano e di creare una continuità
assistenziale con tappe e percorsi ben organizzati e
definiti nel tempo.
Prima di tutto, abbiamo deciso anche il tipo di
ambiente da dedicare all’ambulatorio AIMAR, con
attrezzature idonee e conformi alle normative
sanitarie vigenti, trovando anche una struttura
facilmente raggiungibile per condividere anche con
i centri di chirurgia pediatrica la natura di questo
ambulatorio. Abbiamo voluto far conoscere alle
famiglie su tutto il territorio nazionale, l’esistenza
di questo punto specifico, cercando di coinvolgere
anche i pazienti di età adulta. Ho pianificato anche il
tempo da dedicare all’ambulatorio perché è un atto
di volontariato, per cui metto il mio tempo libero a
disposizione, sulla base anche delle richieste delle
famiglie. Abbiamo pianificato anche la collaborazione
con altre realtà ospedaliere esistenti a Roma e in
Italia, perché ho bisogno di conoscere anche gli
aspetti medici del paziente. Abbiamo valutato la
possibilità di estendere questo servizio anche in altre
città, in modo da organizzare un circuito comune di
assistenza a tutte le famiglie sul territorio italiano,
come faccio quando vado a Treviso, nell’ambulatorio
della mia collega Elena Scarabellin che lavora con
la Dott.ssa Midrio.
▲ Angela Marzulli
L'obiettivo è quello di
rendere i genitori autonomi
nell'assistere i figli nelle varie
fasi di crescita
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
Nel primo appuntamento i pazienti portano con sé
tutta la documentazione inerente alla malformazione
con le relative prestazioni assistenziali. In caso di
bambini, i genitori mi espongono le problematiche
relative alle procedure prescritte e agli ausili
consigliati. Si compila una scheda con i dati del
paziente della sua MAR alla nascita con un’anamnesi
del suo vissuto, riportando tutti le indicazioni più
importanti contenute nella documentazione medica.
Io cerco di creare anche un rapporto confidenziale
con i pazienti soprattutto quelli piccoli e pure con
i genitori perché un rapporto di stima e fiducia è
importante. Si visita anche il paziente per rendersi
conto dello stato generale: arrossamenti, dove sono
le cicatrici, se c’è anche un arrossamento della stomia
o della zona perianale. Io spiego l’uso pratico delle
attrezzature e degli ausili prescritti, quasi sempre
il paziente li ha già in dotazione quando viene nel
mio ambulatorio. Io mi attengo scrupolosamente
alle indicazioni del chirurgo, quante prescrizioni
ha fatto, al tipo di intervento e anche a quello che
il chirurgo ha stabilito: ausili, farmaci, eccetera. Io
preferisco che tutte le manovre di utilizzo di questi
ausili vengano eseguite dai genitori, perché io sono
un sanitario e so come si fa una medicazione o un
clistere. Quindi farlo eseguire in ambulatorio dalla
mamma o dal papà o direttamente dal ragazzo, è
importante perché io mi accorgo di qualche dinamica
non corretta della manovra. Quindi faccio fare le
operazioni al genitore con la mia supervisione.
Fornisco materiale didattico: opuscoli, informazioni
con la sequenza delle procedure per clisteri e
medicazioni. Così se il genitore torna a casa e non
si ricorda esattamente la procedura, ha il quadro di
come eseguirla. Al termine della visita si fa anche
il punto della situazione delle problematiche e si fa
la lista delle eventuali difficoltà che si potrebbero
presentare a casa, perché un ambulatorio è
attrezzato con strumentazioni specifiche, che a casa
non ci sono: il letto al posto del lettino ad esempio.
Quindi do qualche accorgimento pratico, come ad
esempio mettere una ceratina, far stare il bambino
di lato sul letto e non in bagno, comprendendo le
abitudini del bimbo.
Come si accede all’ambulatorio AIMAR? Attraverso
il sito dove è pubblicato il numero telefonico
dedicato all’ambulatorio, cui appunto si accede per
appuntamento telefonico. L’ambulatorio è aperto
una volta al mese, il pomeriggio, generalmente
l’ultimo venerdì del mese perché cerco di conciliarlo
con il fine settimana perché per chi viene da fuori
Roma è più comodo raggiungerci di venerdì e non
durante la settimana. L’ambulatorio si trova a
Roma, in via San Giovanni Laterano ed è facilmente
raggiungibile con la Metro B, fermata Colosseo, anche
dalla stazione Termini. I soci hanno accesso gratuito,
tutte le volte che vogliono venire in ambulatorio;
mentre i nuovi pazienti, i pazienti che chiamano
per la prima volta possono preventivamente fare
una donazione o l’iscrizione all’associazione. Ogni
seduta, ricevo quattro o cinque pazienti per dedicare
il tempo necessario per la conoscenza, per capire il
loro vissuto della patologia. Poi, in visite successive
i tempi si riducono.
Molte volte i genitori che vengono in ambulatorio,
non hanno chiara la malformazione. Io per spiegarla
ai genitori utilizzo un opuscolo creato da AIMAR
qualche anno fa e adottato da tutte le Chirurgie.
In esso vi è un’illustrazione molto chiara e molto
schematica dell’anatomia sana femminile e maschile
e di quelle che sono le MAR a qualsiasi livello,
basso, alto, intermedio, con le varie fistole,retto
bulbare, retto vescicolari, retto prostatiche. Quindi
un genitore visivamente si rende conto di com’era
un bambino alla nascita e di quello che è stato fatto
chirurgicamente. Vi è quindi una visualizzazione delle
mancanze fisiche. Ad esempio, se mancano le ultime
vertebre sacrali, c’è un’innervazione diversa. Quindi il
genitore ha un’idea più chiara della malformazione.
Nel primo anno di vita dell’ambulatorio, ho visitato
all’incirca una ventina di pazienti, che sono quasi tutti
nuovi soci i quali hanno conosciuto l’ambulatorio
tramite il sito. Durante questo anno ho stabilito
un rapporto con medici e Chirurgie Pediatriche da
cui provenivano i pazienti, e sono state individuate
delle situazioni familiari da seguire in maniera più
continua. È vero che tutti i genitori hanno la capacità
di assistere i propri figli, però ci sono dei genitori
che, dopo la prima spiegazione delle procedure,
vanno a casa ed eseguono le procedure in maniera
molto serena; altri genitori, invece, non hanno una
spiccata manualità e alla prima difficoltà si sentono
inadeguati ed hanno bisogno di un supporto più
continuo, quindi in quel caso la mia presenza aiuta
loro a rendersi più sicuri nell’assistenza dei figli con
MAR.
E' importante far eseguire in
ambulatorio alcune pratiche
per correggere qualche
dinamica nelle manovre
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
Sportello telefonico Aimar: esperienza di un anno
Elena Scarabellin
Infermiera stomaterapista neonatale e pediatrica all’Ospedale Ca’ Foncello, Treviso.
Sono Elena, lavoro presso il reparto di Terapia Intensiva
Neonatale e Patologia Neonatale dell’ Ospedale di
Treviso. Ho conseguito una specializzazione in stoma terapia
e gestione delle lesioni cutanee di varia natura come lesioni
da decubito, ferite chirurgiche, ustioni e quant’altro. Mi
occupo dell’ambulatorio MAR insieme alla Dottoressa Midrio
Primario della Chirurgia Pediatrica e la Dottoressa Zanatta
sua collaboratrice e, da un paio d’anni, gestisco lo sportello
telefonico per Aimar (come si può vedere anche dal sito).
Come si sviluppal’idea dello sportello telefonico.
La mia volontà di diventare infermiera, nasce molto
tempo fa. Mio padre all’età di 44 anni subisce un intervento
chirurgico per carcinoma dell’intestino con conseguente
confezionamento di stomia definitiva che stravolge
completamente la sua vita di giovane uomo ma anche le vite
di una moglie e due figlie insieme a lui!
Da quel momento la nostra esistenza inizia a ruotare
attorno a quel “buco” sulla pancia che non era solo di papà
ma di tutta la famiglia.
Il dolore più grande in quei momenti? La solitudine e
l’abbandono a noi stessi!
Io ero una bambina, ma da quel momento ben decisa
e convinta che nessuno sarebbe più rimasto solo come lo
eravamo noi e con l’idea sempre più forte di fare l’infermiera.
Ma chi è l’infermiere?
Il Decreto Ministeriale 739 del 1994 definisce il Profilo
Professionale dell’Infermiere e dice: “L’infermiere è l’operatore
sanitario che, in possesso di diploma universitario abilitante
e dell’iscrizione all’albo professionale è responsabile
dell’assistenza infermieristica. L’assistenza infermieristica
preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura
tecnica, relazionale ed educativa”.
L’infermiere è colui che si prende cura del paziente nella
sua interezza.
L’assistenza infermieristica neonatale e pediatrica è volta a
soddisfare i bisogni fisiologici del bambino e le sue necessità
psicologiche affettivo-familiari. Egli è fisiologicamente
dipendente dai genitori con i quali costituisce una vera e
propria unità bambino-genitore.
L’infermiere che opera in quest’ambito quindi deve
prendersi cura sia del piccolo che di mamma e papà.
In presenza di patologie importanti come le Malformazioni
Ano-Rettali (M.A.R), i genitori possono incontrare enormi
difficoltà nello svolgere pienamente e serenamente il
loro nuovo ruolo e questo può riflettersi profondamente e
negativamente sullo sviluppo individuale e relazionale del
figlio.
La reazione emotiva ad un evento drammatico ed
inaspettato come questo è caratterizzata dal senso di colpa,
dalla percezione di essere i “responsabili” del problema di
cui il loro figlio è portatore, dalla frustrazione e dal senso di
impotenza a fronteggiare la situazione.
Vi è l’alterazione dell’immagine corporea di quel
“piccolino” sognato ed immaginato per nove mesi, la paura
che possa essere diverso dagli altri e di dover andare incontro
ad importanti cambiamenti in grado di condizionarne la vita
futura. Questa difficile situazione può, in taluni casi, portare
la madre ad un rifiuto psicologico momentaneo del figlio.
Ascoltare e rispondere alle preoccupazioni dei genitori,
dando ampio spazio ai loro sentimenti, facilita la relazione
bambino-genitore e favorisce la ricostruzione dell’immagine
di un figlio inserito in un futuro concreto. Li prepara ad
aiutarlo ad adattarsi al suo nuovo stato dandogli il sostegno
pratico ed emotivo di cui lui ha bisogno.
La famiglia va sostenuta e seguita nell’accudire il
proprio bambino cercando di suscitare in essa un senso
di corresponsabilità per la salute del piccolo ed una
partecipazione attiva nel processo di cura.
L’accettazione della patologia ed il coinvolgimento nelle
▲ Elena Scarabellin
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
cure permettono l’acquisizione di conoscenze e capacità
per poter affrontare tranquillamente ed efficacemente la
situazione che stanno vivendo. La consapevolezza di avere
un figlio con una malformazione ano-rettale deve far sì che
gradualmente essi diventino parte attiva essenziale nella sua
assistenza.
Il loro ruolo infatti è di gran lunga il più importante fra
quello di tutte le persone coinvolte nel trattamento di una
Malformazione Ano-Rettale. Saranno mamma e papà a
prestare al bambino le cure più importanti negli anni più
significativi della sua crescita e questo impegno sarà tanto
più facile quanto più precisa sarà la loro conoscenza della
patologia e le tecniche ed interventi migliori per trattarla e
gestirla.
Il delicato e complesso cammino che il piccolo con Mar
e la sua famiglia percorrono, deve essere affiancato da
un’equipe di operatori professionalmente preparati ed in
possesso di conoscenze e competenze cliniche e relazionali
tali da consentire a ciascun bambino di vivere serenamente.
Supportarli in questa fase della vita è l’obiettivo primario
dell’intervento assistenziale ed educativo che l’infermiere
deve saper implementare e modulare durante tutto il
percorso di cura e di riabilitazione anche dopo la dimissione.
Ecco che l’educazione quindi è la password per ottenere
una riabilitazione efficace in grado di portare lentamente
all’autonomia del bambino e dei genitori. Questo traguardo
può essere raggiunto solamente quando l’operatore passa
dall’azione del “curare” a quella del “prendersi cura”.
Sulla base di queste considerazioni pongo in essere
la realizzazione di uno sportello telefonico dedicato ai
genitori che hanno un figlio a cui è stata diagnosticata una
malformazione ano-rettale.
L’idea nasce riflettendo sui bisogni di conoscenza,
apprendimento e partecipazione attiva da parte della
famiglia alla quale deve essere dato sostegno ed aiuto in
ogni momento di difficoltà.
Attivo durante tutta la giornata, facilmente accessibile, lo
sportello dà la possibilità di ricevere informazioni e chiarire
i dubbi e le perplessità che si possono presentare nella
gestione quotidiana in ambito domiciliare, come ad esempio
il bowelmanagement, la gestione urologica, la gestione
della stomia intestinale ed urinaria e loro complicanze,
dermatiti ed arrossamenti cutanei, lesioni, ferite chirurgiche,
alimentazione, vita di tutti i giorni.
Esperienze telefoniche……
Attraverso lo sportello diverse sono le richieste da parte
delle famiglie.
Alcuni genitori telefonano per “aggiustare il bowel”
più che ottenere una spiegazione di che cos’è o di come
funziona. Altri manifestano timore ed ansia per la comparsa
di alterazioni dell’integrità della cute. Frequenti sono
infatti le dermatiti peristomali in quanto molti bimbi con
stomia non vengono agganciati agli ambulatori di follow-
up e/o rientrano a domicilio con dispositivi di raccolta per
adulti. Durante la degenza spesso non vi è educazione alla
gestione del complesso stomale, i genitori non vengono
adeguatamente preparati ad affrontare il rientro a casa dei
loro bambini che vengono dimessi senza alcuna tipologia
di presidio da utilizzare nei giorni successivi. Telefonate
di mamme e papà evidenziano poi la necessità di dare
loro informazioni su come usare i dispositivi di raccolta e
soprattutto quali siano i più idonei per i loro figli.
Utilissima è l’applicazione “WhatsApp” che mi consente
attraverso l’invio di fotografie, di valutare la situazione
della cute peristomale ad esempio e dare quotidianamente
indicazioni sulla gestione e trattamento del problema
manifestatosi.
La corretta alimentazione è un altro argomento
frequentemente trattato attraverso lo sportello. I genitori
sono sempre molto preoccupati sulla tipologia di alimenti
che possono modificare il transito intestinale e la consistenza
fecale. A queste richieste do loro indicazioni sui cibi che
facilitano o rallentano il transito, cibi che addensano od
ammorbidiscono le feci, cibi da evitare in quanto aumentano
la formazione di gas e facilitano la formazione di odori
sgradevoli.
Frequenti infine sono anche letelefonate di aiuto legale
che, non essendo di mia competenza, indirizzo all’Aimar.
Vengono proiettate alcune immagini di casi trattati, per
esemplificare come si svolge il lavoro “telefonico”.
Le prime foto riguardano un bimbo con alterazione della
cute peristomale dimesso senza indicazioni su come trattare
e gestire la stomia. Il danno cutaneo si presenta subito
rilevante! Bastano infatti solo 24 ore di contatto del materiale
fecale con la pelle per dare origine a dermatiti importanti.
L’utilizzo di presidi non idonei, la loro scorretta applicazione e
rimozione, il foro della placca non adeguatamente ritagliato,
favoriscono l’insorgenza di alterazioni da infiltrazione e/o da
strappo.
Oltre alle dermatiti peristomali frequentissimi sono casi
di dermatiti perineali, di cui proietto le immagini, e micosi
da candida facilmente distinguibile dalle altre alterazioni
della pelle. Dopo una settimana-dieci giorni di trattamento
e procedure corrette, la situazione si recupera con facilità.
Altre slide proiettate sono relative ad una grave dermatite
perineale da incontinenza fecale anch’essa trattata
telefonicamente attraverso lo sportello Aimar.
Concludo ringraziando la Dottoressa Paola Midrio e
Dalia Aminoff per aver creduto in me ed alla mia idea di
realizzazione dello sportello telefonico.
Ringrazio tutte le mie mamme ed i miei papà insieme
ai loro cuccioli che ogni giorno mi dimostrano con grande
stima ed affetto che la competenza e la professionalità si
esprimono anche nella relazione.
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
Multidisciplinary team: esperienza tedesca
e olandese
Eberhard Schmiedeke
Clinica di Brema, Germania
È un grande piacere per me eseguire l’educazione
all’incontinenza in maniera interdisciplinare,
perché aiuta molto i bambini in seguito ad una
malformazione ano-rettale. In realtà è anche la cosa
più preziosa nella mia carriera. Per questo per me
è un grande piacere condividere questo programma
con voi.
Il training fisio-terapeutico interdisciplinare è
stato sviluppato a Nijmegen nei Paesi Bassi. Il training
c’è stato consigliato 17 anni fa dall’organizzazione
tedesca SoMA, e da allora viene applicato dall’Unità
chirurgica a Brema. Prima di spiegare il training
vorrei fare dei cenni sulle cause dell’incontinenza
fecale in seguito a malformazione ano-rettale. Sono
sicuro che ci saranno alcuni aspetti sorprendenti per
voi e ovviamente varrà la pena valutare se questo
concetto di base possa essere applicato anche qui
in Italia.
In primo luogo vorrei rilevare le cause fisiche che
rendono difficile il controllo delle feci e poi bisogna
considerare che per bambini affetti da MAR è molto
difficile imparare una defecazione normale. Infine
esperienze dolorose possono far sì che i bambini
cercano attivamente di evitare la defecazione.
Come tutti sappiamo, nel caso di una
malformazione anorettale lo sfintere del pavimento
pelvico, il rivestimento sensibile dell’ultimo tratto
intestinale e altre strutture importanti per la
continenza anale non sono sviluppati correttamente.
Più alto si arresta l’intestino, più gravi sono questi
deficit: per le femmine la forma perineale è la meno
incidente e la forma cloacale con un lungo canale
comune è la più grave. Per il maschio è simile. I
difetti sono meno gravi per la forma perineale e più
grave per una fistola al collo della vescica. Un’altra
causa molto importante per l’incontinenza fecale in
seguito a malformazione anorettale è la cosiddetta
pseudo incontinenza risultante da una stipsi
cronica. Se una persona è continuamente stitica e le
feci continuano ad accumularsi nell’intestino nella
parte terminale, la zona sfinteriale si accorcia e si
consuma sempre di più finché le feci non possono
più essere trattenute.
Pensiamo ad un palloncino: quando è vuoto, la
parte terminale è lunga e si tocca bene, ma quando è
gonfio, l’ultima parte si accorcia sempre più. Questo
meccanismo è il motivo per cui anche bambini senza
malformazione non possono più trattenere le feci
nel caso di una stipsi grave. A maggior ragione, ciò
succede più rapidamente nel caso di bambini affetti
da una malformazione anorettale con sfinteri meno
efficienti.
La maggior parte dei pazienti affetti da
malformazione anorettale tendono a stitichezza
che è causata dalla malformazione stessa: spesso
l’intestino non solo termina al punto sbagliato
ma presenta per esempio anche dei deficit
dell’innervazione per cui non può trasportare bene
le feci. E‘ anche possibile che i nervi siano stati
lesionati durante l’operazione.
Oltre alle cause nettamente fisiche già menzionate
esistono anche le cause funzionali, quindi anomalie
di comportamento. Per capire bene questo punto
importante, guardiamo insieme lo sviluppo normale
della defecazione.
Dopo la nascita, l’intestino del neonato
incomincia a funzionare normalmente, a un certo
punto l’intestino nella parte terminale è pieno.
Il cervello lo registra come impulso a defecare e
reagisce con una forte pressione intra-addominale
mediante distensione del pavimento pelvico. Così
l’intestino si svuota e il bambino è soddisfatto.
▲ Eberhard Schmiedeke
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
All’età di circa tre anni il bambino impara a esser
consapevole dell’impulso a defecare e a ritardare la
pressione intra-addominale finché non è seduto sul
vasino. Dopo aver defecato nel vasino, il bambino
è orgogliosissimo. Molti bambini in seguito a
malformazione anorettale non sono in grado di
imparare la defecazione spontanea perché il retto
non si riempie normalmente. Oppure perché hanno
un ano artificiale o perché le feci sono molto liquide
e la funzione dello sfintere è talmente debole che
non riesce a trattenere le feci uscenti in seguito a
un lieve aumento della pressione. Anche nel caso
di una stipsi cronica con un’estensione continua
dell’intestino terminale manca l’impulso a cui
potrebbe rispondere il cervello.
Se il bambino dopo la nascita non ha potuto
imparare la defecazione spontanea, ovviamente
a tre anni non può raggiungere il controllo
consapevole di qualcosa che non ha mai imparato.
Di conseguenza l’intestino nella parte terminale si
riempie di continuo perché non viene mai svuotato
completamente e si forma invece una stipsi cronica.
Questa stipsi cronica è la causa di una pseudo
incontinenza.
Può manifestarsi un altro problema: se il bambino
ha avuto spesso dei dolori nella zona dell’intestino
nella parte terminale, per esempio durante le
dilatazioni dolorose del nuovo ano, e una forte
dermatite in seguito alla chiusura della stomia
e ogni defecazione è molto dolorosa, il bambino
decide di evitare la defecazione. Quando sente
quindi lo stimolo a defecare, stringe il pavimento
pelvico, si rannicchia, incrocia le gambe o mostra
altre cosiddette manovre di trattenuta. Il risultato è
un peggioramento della stipsi e incontinenza.
Di conseguenza, nelle indagini scientifiche
troviamo spesso dei casi in cui la stitichezza di
pazienti affetti da malformazione anorettale non
sia stata curata in maniera sufficiente.
Trattiamo soprattutto questi disturbi di
defecazione dal punto di vista fisiologico e
psicologico durante il training interdisciplinare
della continenza fecale.
Quali bambini può aiutare? Soprattutto coloro
che hanno sofferto di dilatazioni anali dolorose
oppure di dermatiti gravi. È ovvio che per gravi
malformazioni non possiamo aspettarci una
continenza attiva completa come risultato
terapeutico. Questo lo comunichiamo apertamente
ai genitori. Ciò nonostante anche questi bambini
ne traggono profitto sia per quanto riguarda lo
sviluppo psichico generale sia perché riescono a
gestire da soli con successo il bowel managment
effettuando clisteri quotidiani per raggiungere la
continenza sociale.
Ora vi spiego finalmente come si svolge il training
vero e proprio. Come ho già detto, è stato sviluppato
a Nijmegen e la nostra clinica è stata la prima ad
applicarlo a livello mondiale.
L’obiettivo del colloquio con lo psicologo è
ridurre frustrazione, paura, avversione contro
la defecazione e riconciliare il paziente con i
precedenti della malformazione, sviluppando nuove
capacità. È assolutamente importante evitare nuove
frustrazioni per i bambini e concordare invece nuovi
obiettivi che possono sicuramente raggiungere.
La fisioterapista aiuta il bambino a ri-percepire il
corpo, soprattutto l’addome e il pavimento pelvico in
maniera positiva per gioco. Lo si istruisce a eseguire
sul gabinetto una pressione intra-addominale
mirata con una distensione contemporanea del
pavimento pelvico. Oltre agli esercizi terapeutici, le
lezioni terapeutiche consistono anche in elementi
conosciuti quali giochi di ruolo, dipingere immagini,
viaggi immaginari eccetera. Durante il training
il bambino è la persona principale che agisce e i
genitori sono assistenti importanti che sorvegliano
gli esercizi regolari a casa.
Ciascun bambino e ciascuna famiglia sono
diversi. Ciò viene registrato e considerato, per
esempio, facendo compilare un diario delle
evacuazioni intestinali prima di iniziare la terapia
Il bambino deve imparare
a controllare l'addome e il
pavimento pelvico
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
ed eventualmente anche durante le terapie. In
questo modo è possibile valutare come adattare la
defecazione nel miglior modo al ritmo del corpo
del bambino.
Il gruppo di Nijmegen si esprime così: sapere,
osare, volere, potere e farlo. Il bambino e i
genitori imparano molto sulla defecazione
normale e i problemi specifici in seguito a
malformazione anorettale. Aiutiamo il bambino
a ri-osare e volere la defecazione, e il bambino
impara come defecare con risultato positivo.
Direi che questi sono gli obiettivi del training
della continenza.
D’altronde è anche adatto per problemi simili
relativi alla minzione che si manifestano a volte
anche sui bambini con malformazione anorettale
o morbo di Hirschsprung.
Più semplice è quando i terapeuti supportano
l’educazione normale al vasino all’età di 3-4
anni. Comunque molti bambini sono venuti più
tardi e siamo riusciti a ottenere buoni risultati
anche con adolescenti.
Riceviamo molti feedback positivi dalle
famiglie. In particolare, mi ha fatto piacere
sentire da una collaboratrice della SoMA che
durante un campo estivo per adolescenti ha
conosciuto ragazzi da tutta la Germania e che
coloro che hanno svolto il training a Brema
si sono distinti in maniera positiva dagli altri
perché erano più sicuri di sé.
Inoltre, abbiamo registrato i nostri risultati in
maniera scientifica e abbiamo notato con tanto
piacere che erano tanto buoni quanto i risultati
degli inventori del metodo a Nijmegen. Siamo
felici di avere Jutta Ohlms da qualche anno nel
nostro team. Come infermiera si è perfezionata
nel case management e uroterapia. Organizza gli
incontri e mantiene il contatto con le famiglie.
È la specialista per quanto riguarda gli articoli
sanitari e il training per l’incontinenza urinaria.
Alcune note brevi sulla parte medica durante
il training della continenza.
Il bambino deve presentare premesse adatte
per il training. Il nuovo ano non deve essere molto
stretto. Per questo, prima di iniziare il training
il medico dovrebbe esplorare una volta l’ano.
Se il bambino lo rifiuta è sufficiente chiedere
il calibro massimo delle feci. Se la larghezza
delle feci solide corrisponde al diametro del
pollice del paziente, non è necessario eseguire
l’esplorazione digitale. Il risultato del training
relativo alla distensione del pavimento pelvico
durante la defecazione può essere valutato
successivamente anche dal fatto che il diametro
della porzione fecale aumenta.
Come ho spiegato prima, il paziente,
ovviamente, non deve essere affetto da stitichezza.
Nella maggior parte dei casi questo può essere
facilmente accertato mediante un‘ecografia e
senza esposizione alle radiazioni. La maggior
parte dei bambini ha bisogno di una terapia per
ammorbidire le feci. In casi rari anche lassativi
stimolanti veri e propri.
Il training della continenza può essere iniziato
anche quando il paziente esegue il bowel
management. Durante le vacanze i bambini
possono provare il grado di continenza attiva che
possono raggiungere senza i clisteri quotidiani.
Come dicono gli Olandesi: il bambino deve
diventare il boss della pancia e del sedere e quindi
imparare a controllare l’addome e il pavimento
pelvico. Per questo durante il training bisogna
evitare di eseguire manipolazioni rettali dolorose
che facciano diventare il bambino un oggetto
passivo o che possano traumatizzarlo.
Se il paziente esegue già il bowel management,
può continuare a farlo, come menzionato sopra.
Penso che molti di voi vorrebbero offrire un tale
training a vostro figlio. Secondo le mie informazioni
non esistono team fissi. Cercherò di impegnarmi
nell’ambito delle reti di riferimento europee,
affinché questi team possano essere creati nelle
cliniche partecipanti in Italia. Nel frattempo
consiglio di cercare psicologici e fisioterapeutici
interessati.
Con piacere metterò a disposizione questa
presentazione e altro materiale per informare i
colleghi del nostro approccio. AIMAR potrebbe
anche offrire corsi di formazione per terapeuti
seguendo l’esempio della SoMa.
Secondo le nostre esperienze, il training
interdisciplinare della continenza può aiutare molti
bambini affetti da malformazione anorettale, sia
per lo sviluppo psichico che per il raggiungimento
della continenza delle feci, anche con l’aiuto del
bowel management. La formazione di tali team di
terapeuti è stata possibile in Germania e speriamo
che possa essere realizzata in tutta l’Europa
nell’ambito delle ERN.
Il training interdisciplinare
della continenza più aiutare i
bambini con MAR
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Alcuni momenti dell'Incontro AIMAR a Bracciano (Roma)
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Esercizi per pavimento pelvico e continenza
Klara Wissmiller
Sono fisioterapista con qualificazione speciale
in osteopatia e terapia sessuale. Gestisco uno
studio proprio vicino a Monaco di Baviera dove curo
donne, uomini e bambini con disfunzioni della pelvi.
Vorrei presentarvi il programma terapeutico che
applico su bambini affetti da anomalie funzionali nel
sistema urogenitale o anorettale.
Come procedo quando un bambino viene da me
con i suoi genitori?
Nell’ambito di un’anamnesi dettagliata mi interessa
in particolare quali operazioni e interventi sono stati
eseguiti e quali miglioramenti sono stati ottenuti.
In seguito ispeziono il piccolo corpo del bambino,
ovviamente con il suo permesso. Il primo compito da
fare a casa è la compilazione di un protocollo delle
minzioni o evacuazioni delle feci. Questo sarà la
base per i primi passi terapeutici. Infine concordiamo
quali sono gli obiettivi che il bambino e/o i genitori
vogliono raggiungere. Durante l‘ispezione verifico il
portamento che fornisce informazioni sulla pressione
che arriva al pavimento pelvico. Inoltre mi interessano
le assi delle gambe e degli archi plantari perché
questi sono strettamente connessi agli archi pelvici,
respiratori e del palato. Se un bambino presenta
condizioni critiche, posso dedurre la qualità del tono
muscolare del pavimento pelvico. In seguito viene
ispezionata la situazione muscolare del torso, perché
il sistema torso può funzionare bene solo se tutte le
parti sono equilibrate.
Il pavimento pelvico è la connessione dalla parte
anteriore a quella posteriore e ha una funzione
importante di stabilizzazione. Se il sistema non è
equilibrato, possono formarsi posizioni errate della
pelvi e una pressione maggiore all’interno della pelvi.
La bocca è l’inizio dell’apparato digerente e l’ano
la fine, quindi è possibile agire con riflessi sull’ano
quando facciamo esercizi con la bocca.
Il sistema nervoso ha un ruolo determinante.
Nei casi in cui i nervi non siano presenti in maniera
sufficiente o siano danneggiati in seguito a un
intervento, la muscolatura o l’organo non possono
funzionare e operare in modo ottimale.
La circolazione dei liquidi è un punto fondamentale
nella terapia. Se i muscoli non vengono alimentati
dal sistema arterioso con una quantità sufficiente di
ossigeno, non possono funzionare correttamente. Allo
stesso modo, se il sangue venoso non può defluire,
può formasi una congestione e gli organi come anche
i muscoli funzionano in maniera limitata.
Il movimento respiratorio del diaframma è il
motore per i movimenti del pavimento pelvico.
Per questo motivo, la respirazione diaframmatica
deve essere ripristinata affinché questo movimento
naturale possa arrivare fino al pavimento pelvico. La
respirazione diaframmatica può essere andata persa
in seguito a operazioni.
Le cicatrici eventualmente presenti devono essere
ammorbidite affinché non creino anomalie funzionali.
In seguito alla valutazione del primo compito a casa
posso riconoscere se è un problema di riempimento
o svuotamento dell’organo. Quindi potrò fornire le
regole di comportamento adeguate.
Quali valori sono normali per la capacità della
vescica? Lo schema di calcolo ci aiuta a determinarla
(età x 30 ml + 30 ml Esempio: 5 anni x 30 più 30 =
180ml max.). La continenza delle feci si sviluppa
dopo la continenza urinaria, tra i 3 e i 6 anni. Solo
conoscendo la fisiologia possiamo distinguerla
dalla patologia. La capacità della vescica dipende
ovviamente dalla quantità dei liquidi bevuti (Peso del
corpo x 30ml). Se un bambino beve molto poco, non
possiamo aspettarci alti valori di riempimento della
vescica. Per l’evacuazione delle feci, rispondiamo alle
▲ Klara Wissmiller
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reazioni dopo i pasti perché il riflesso della motilità
del colon viene stimolato dalla masticazione e dalla
saliva. La valutazione delle feci si basa sulla scala
delle feci Bristol.
Per facilitare la comprensione dei processi nel
corpo, durante le sedute uso modelli della vescica e
della pelvi per dimostrare al bambino le strutture che
mancano o che non funzionano correttamente.
Solo ciò che conosciamo può essere influenzato
affinché venga ottenuto l’effetto desiderato della
terapia. Con specifiche immagini, inoltre, spiego il
processo di digestione e il meccanismo di chiusura,
in modo che il bambino riconosca chi è il guardiano
della ‘porta dell’ano’.
Se ho notato che la postura della colonna
vertebrale non è ottimale, cerco di ottenere un
raddrizzamento tramite la mobilità della pelvi. In
questo modo la colonna non aumenta ancora lo
stress sulla muscolatura del pavimento pelvico e può
essere riattivata più facilmente.
Se la colonna vertebrale non è tanto mobile in
alcune sezioni, chiedo al bambino di fare esercizi
con palle da tennis e/o palline di gomma a casa. Il
bambino, così, si allunga con la colonna vertebrale
tra le palline. Questo crea una mobilitazione dei corpi
vertebrali l’uno verso l’altro.
Perché abbiamo bisogno di questa mobilità?
Siccome da ciascun segmento vertebrale esce
un nervo che innerva la periferia e quindi anche la
nostra pelvi con i suoi organi e muscoli, è necessario
che questa innervazione non sia irritata. Allo stesso
modo posso aumentare la dinamica della colonna
vertebrale mediante certi movimenti attivi.
Allo stesso modo, facendo sedere il bambino su
una piccola palla terapeutica possiamo aumentare
la mobilità nel vano pelvico e quindi l’attività della
muscolatura e migliorare l’irrorazione sanguigna.
Un altro materiale adatto per tali esercizi è un
asciugamano arrotolato su cui dondolare la pelvi.
Siccome i bambini spesso hanno difficoltà a muovere
la pelvi con scioltezza è necessario avere diversi tipi
di materiale a disposizione.
Se nell’ambito dell’ispezione è stato accertato che
gli assi delle gambe sono differenti dalla norma e
l’arco del piede non è formato bene, cerco di stimolare
e riattivare la muscolatura flemmatica. L’arco del
piede e l’arco pelvico hanno una connessione riflessa
l’uno verso l’altro e quindi è possibile attivare il
pavimento pelvico mediante l’arco del piede.
Se noto che a un bambino piace avere la bocca più
o meno aperta, capisco che è necessario riattivare
la muscolatura della bocca. Bocca e ano hanno una
connessione riflessa e l’ano può essere attivato tramite
la bocca. L’ano è la fine dell’apparato digerente e la
bocca è l’inizio. Nella genesi entrambi sono nati dallo
stesso foglietto embrionale. A tale scopo utilizziamo
diversi materiali per avere anche una componente
ludica.
Una parte molto importante della terapia è la
conoscenza del proprio corpo. Se non sento che le feci
sono arrivate nel retto , non posso reagire in maniera
adeguata. Oppure se non sento che la vescica è piena
non posso andare al bagno per tempo. Esercitiamo
queste percezioni mediante la superficie del corpo.
Se mi percepisco bene all’esterno, riesco a dirigere
meglio la percezione verso l’interno. Spiego ai
bambini anche esercizi di percezione che trattengono
le feci.
Durante la mia seduta, uso un tunnel per
rappresentare il retto e il bambino per rappresentare
le feci. Il bambino vuole passare attraverso il tunnel
ma io come terapeuta stringo il tunnel dall’esterno
per spiegare al bambino quanto è difficile per le feci
passare all’esterno se lui le trattiene.
Come ho spiegato all‘inizio della relazione, sapete
di certo che la circolazione del sangue all‘interno della
pelvi è un’attività molto importante. Per questo faccio
vedere ai bambini come a casa possono aumentare
e influenzare la circolazione del sangue nella pelvi.
Anche spazzolando la schiena o l’addome o i femori
si ottiene un miglioramento della circolazione del
sangue.
Perché è importante la circolazione?
I meccanismi di chiusura e mantenimento possono
solo funzionare in maniera ottimale se ricevono una
quantità sufficiente di ossigeno e se il sangue venoso
può defluire e non si accumula.
Molto importante è anche la posizione seduta
sul gabinetto durante lo svuotamento della
vescica. Il torace dovrebbe essere chinato in avanti
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
affinché l’uretra sia in posizione
perpendicolare in basso. I
bambini, talora, hanno bisogno di
un riduttore della circonferenza
del water e di uno sgabello
sotto i piedi. Quando il torace è
leggermente inclinato in avanti,
l’uretra sotto la vescica va in
posizione perpendicolare e quindi
è possibile svuotare la vescica
senza urina residua.
Altrettanto elemento
importante è la posizione
durante l’evacuazione delle feci.
In questo caso il torace deve
essere inclinato nella direzione
opposta quindi indietro. Le mani
vengono appoggiate sul sedile
e il sedere può essere abbassato
nel gabinetto. Così facendo le
feci possono essere evacuate
spingendo e non pressando.
Questa è la posizione migliore
per l’evacuazione delle feci.
Le feci devono poter trovarsi
direttamente sopra l’uscita per
permettere un’evacuazione
più facile e completa. Come
è seduto il bambino sul WC?
Come siete seduti voi sul WC?
Spingete o pressate?
In tutte le numerose anomalie
che possiamo trovare, la prima
cosa importante è la percezione
e molto spesso la capacità di
lasciare. Perché chi si trova
nella situazione di poter perdere
qualcosa, nel subconscio,
cercherà sempre di trattenere,
e quindi la muscolatura si
blocca e non può più reagire in
maniera adeguata agli stimoli.
Questa, quindi, è la mia attività
in SoMA.
Nel 1996 c’è stato il primo
contatto con il gruppo quando
per la prima volta si era
presentato un bambino con ano
imperforato, il quale dopo due
anni è riuscito a controllare le
feci. Con questo buon risultato
ho potuto trarre l’attenzione
di famiglie e pazienti sulle
possibilità della fisioterapia.
In questo modo ho avuto
accesso a letteratura tecnica
tradotta dall’inglese, contatti
con medici e ho potuto
scambiare informazioni.
Nel corso degli anni è stata
manifestata la richiesta di
trasmettere le mie conoscenze
ai miei colleghi. Così sono nati
dei corsi di formazione. Per
trasmettere queste conoscenze
tengo degli interventi
nell’ambito di congressi, e nel
comitato scientifico possiamo
scambiarci informazioni in
modo interdisciplinare.
Ogni 2 anni la SoMA
organizza un incontro in cui
si prevede la cura di bambini
e di genitori e che si tiene in
una località del Mare del Nord.
Di solito, partecipano esperti
che forniscono informazioni e
assistenza ai bambini e genitori.
Nell’ambito del mio soggiorno
istruisco anche il team della
clinica.
Durante i workshop dedicati
ai giovani o adulti affetti da
MAR cerco di spiegare le
funzioni del pavimento pelvico
e degli organi presenti nella
pelvi e di motivarli a integrare
queste conoscenze nella
vita quotidiana. Sessualità e
fertilità, infine, sono molto
importanti per questa fascia
d’età e le conoscenze relative
a questi argomenti vengono
trasmesse con sensibilità e
apprezzamento.
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
▲ Bracciano: Elena Scarabellin, Luigi Cecere, Angela Marzulli e Dalia Aminoff ▼ Bracciano: un momento del convegno
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Gli European Reference Networks cosa sono e a cosa
servono
Eberhard Schmiedeke
Ho imparato il training della continenza in
Olanda e sono felice di portarlo anche qui in
Italia.
Le reti di riferimento europee sono uno strumento
veramente ottimo per migliorare la situazione delle
malattie rare.
Vorrei spiegarvi in breve come è nata questa
rete, come proseguiremo e quali sono gli aspetti
importanti per i pazienti in Italia. Le associazioni
di pazienti hanno fondato delle reti di pazienti
in Germania e successivamente in tutta Europa,
includendo medici ospedalieri, psicologi e ricercatori
delle cause quali genetisti ed epidemiologi. In Italia
sono coinvolte le seguenti città: Padova, Treviso,
Pescara e Roma. Parallelamente a queste unioni
volontarie, negli ultimi anni l’Unione Europea
ha lavorato sistematicamente per migliorare
l’assistenza di pazienti con malattie rare. Innanzi
tutto nel 2011 hanno approvato un regolamento che
deve facilitare i pazienti per recarsi in un centro
per il trattamento all’estero. Nel 2014, con altre due
leggi è stato ottenuto un grande successo con il
concetto di reti di riferimento europee. Ovviamente
il funzionamento dipendeva anche dall’aiuto di
esperti. Questi erano i rappresentanti dei pazienti
ed in questo caso la loro Federazione centrale era
ed è Eurordis. Ci tengo a puntualizzare che queste
leggi descrivono una situazione ideale, per così
dire il “paradiso” per i pazienti. Nell’ambito di ARM-
Net una volta ci siamo uniti ed abbiamo descritto il
nostro sogno di un centro ARM-Net ideale. Infatti
tutto ciò che è stato prodotto dalla legislazione
europea, addirittura ha realizzato molte cose in più
che non osavamo neppure sognare.
Nel 2016 è arrivato il primo invito a presentare
le candidature. Sono state fondate 24 reti di
riferimento che dovrebbero coprire possibilmente
tutti i sistemi di organi e oltre 6000 malattie rare
conosciute. Dopo una verifica approfondita delle
candidature anche mediante alcune interviste via
Internet e visite in loco, tutte le reti e quasi tutte
le cliniche sono state riconosciute, tra cui, anche
la nostra rete europea per le malattie uro-genitali
rare, abbreviata eUROGEN-ERN fondata anche da
molti soci ARM-Net. Con questo viene stabilito che
i pazienti con malformazioni anorettali vengano
assistiti da altre reti. Anche altre reti avrebbero
potuto accoglierci.
Grazie alla struttura della nostra rete, vengono
assistiti tre gruppi di malattie differenti: le
malformazioni uro-retto genitali, le anomalie
funzionali uro-genitali che richiedono interventi
altamente specializzati ed i tumori uro-genitali rari.
Il coordinatore della rete ha invitato a partecipare
non meno di 80 associazioni di pazienti per malattie
rare.
Le cliniche della nostra rete che partecipano al
progetto, cliniche che si sono candidate e sono state
approvate per l’assistenza dei pazienti con MAR
sono: Monaco di Baviera, Lipsia, Berlino, Brema,
Parigi, Nijmegen, Rotterdam, Vilna e Göteborg. In
Italia sono questi i quattro centri individuati: Roma,
Padova, Treviso e Milano.
Alla Commissione Europea è chiaro che anche
le cliniche approvate sono abbastanza distanti
dalla situazione ideale descritta nella legge e
nelle disposizioni di esecuzione. Altrimenti questo
progetto delle reti di riferimento sarebbe inutile. I
requisiti di qualità che i candidati e le reti devono
soddisfare erano già molto ambiziosi, ma ora si
dovrà proseguire a passi enormi, senza sosta verso
il “paradiso”.
▲ Eberhard Schmiedeke
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
La cosa speciale delle reti di riferimento
è la collaborazione internazionale dei centri
specializzati. Questa collaborazione è regolata
in maniera chiara e vincolante e la sua qualità
viene controllata periodicamente. Un altro punto
importante è che i rappresentanti di pazienti hanno
seggio e voto nel consiglio di amministrazione
delle singole ERN. Viene attribuita particolare
attenzione alla condivisione e per questo il moto
delle reti è: condividere, tutelare, curare. Si tratta
di registrare il numero di pazienti reali, cosa finora
impossibile almeno in Germania, perché i chirurghi
pediatrici lo rifiutavano. Un’altra difficoltà è il
rilevamento standard dei risultati del trattamento,
perché sarebbe necessario condividere domande e
scale intelligenti. Il nostro piccolo club ARM-Net
se ne sta occupando già da diversi anni senza aver
ottenuto un risultato definitivo e soddisfacente. Lo
sviluppo di direttive di trattamento dovrebbe essere
eseguito tempestivamente in modo che i vari centri
possano riunire molti pazienti per poter valutare
il successo della terapia ed eventuali necessità di
cambiamento.
Un altro focus è naturalmente l’esecuzione
di nuove ricerche delle cause, possibilità di
trattamento alternative eccetera, cose finora non
possibili a causa dei numeri insufficienti, per cui
l’industria farmaceutica non era interessata ad
occuparsi di pazienti con malattie rare.
Un obiettivo molto importante dei rappresentanti
politici dei piccoli Paesi UE è garantire il trattamento
equivalente di tutti i pazienti all’interno dell’Unione
Europea. Ciò significa che i centri nei grandi Paesi
danno consigli ai colleghi dei piccoli Paesi che non
dispongono di un centro ed offrono ai loro pazienti
in casi individuali un trattamento ben strutturato
nel loro centro. L’importante è che nel centro non ci
sia un solo specialista, ma un ampio team di diversi
specialisti. Gli specialisti nel centro e le persone
che in seguito tratteranno il paziente localmente
devono essere formati.
Un altro punto molto sensibile è la definizione
di numeri minimi di pazienti e operazioni che
un centro specializzato e l’apprendista devono
dimostrare di aver eseguito. Il trattamento
qualificato deve essere regolato per tutte le età. La
direzione della clinica deve avere un piano pronto
come per esempio poter sostituire uno specialista
in caso di assenza senza inconveniente per i
pazienti. Tutti questi requisiti vengono verificati in
maniera indipendente non solo al momento della
presentazione e della candidatura ma anche nel
corso della gestione quotidiana. Ed infine, durante
la ricertificazione formale che deve avere luogo
ogni 5 anni sono previsti dei sopralluoghi insieme a
dei rappresentanti di pazienti.
Come vogliamo cercare di avvicinarci a questo
ideale?
L’idea originale dei politici era che tutte le persone
coinvolte facessero questo lavoro straordinario in
aggiunta, senza retribuzione. Questo ovviamente
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
è impossibile, sia come medico clinico, sia come
coordinatore di rete. Lo specialista non solo deve
trattare pazienti e dirigere la sua clinica bensì
coordinare mediamente venti cliniche in tutta
l’Europa al massimo livello scientifico. Ed è anche
una pretesa eccessiva per i membri del team e
delle cliniche che garantiscono una terapia molto
più qualificata, rilevano i rispettivi dati e devono
assistere parzialmente molti altri pazienti dal
resto d’Europa, attraverso la telemedicina. Le ore
di lavoro straordinarie e le conferenze necessarie
in qualsiasi luogo europeo non possono essere
prestate neanche da parte delle associazioni
di pazienti con il finanziamento attuale. Ora è
necessaria un’attività professionale importante.
Bisogna definire le direttive e i criteri di qualità e
sviluppare i questionari per i pazienti. Come già
detto, si tratta di pacchetti di lavoro importanti,
su cui in parte abbiamo lavorato da diversi anni,
nell’ambito CURE-Net e ARM-Net.
Che cosa cambia per voi? I pazienti e le
famiglie? Quali sono i miglioramenti su cui
potete contare già oggi? In primo luogo potete
aspettarvi molto dalle cliniche partecipanti che
collaboreranno strettamente e alla pari con voi
e le Associazioni di pazienti e nel vostro caso
l’Aimar. Avete sicuramente fatto l’esperienza di
quanto è difficile a volte ricercare un’informazione
medica nella clinica oppure vi sarete accorti che
si ricevono informazioni contraddittorie da medici
differenti. Per questo motivo la clinica nel caso
di ricovero si è impegnata a fornire un medico di
riferimento. Voi avete anche il diritto di chiedere
il numero telefonico, dovendo i medici essere
sempre reperibile con questo numero in caso di
emergenza. Solitamente, nel caso di reclami di
pazienti e della famiglia, deve essere nominato un
arbitro neutro, e il rimedio e le tempistiche devono
essere documentate dalla clinica.
Vorrei concludere con una preghiera: tutti questi
miglioramenti che vogliamo raggiungere nelle
reti di riferimento europeo sono urgentemente
necessarie e voi come pazienti e famiglie ne avete
diritto. Ciò nonostante vi prego di avere un po’ di
pazienza con noi collaboratori nelle cliniche, se
vi è possibile. La vostra situazione particolare
sappiamo essere spesso difficile. Lavoriamo spesso
sotto una pressione enorme che aumenterà ancora
notevolmente a causa delle reti di riferimento.
Vi prego di non giudicarci quando le cose non
vanno come previsto, ma cerchiamo di lavorare
insieme per realizzare sempre di più questa visione
meravigliosa.
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I diritti delle persone con MAR: cosa è cambiato
nella legge
Giovanni Caprara
Avvocato
R ingrazio Luigi Cecere e Dalia Aminoff per
avermi invitato.
Il mio interesse verso le malattie rare nasce anche
per una questione familiare. Mia madre, infatti,
è affetta da cistite interstiziale. Da qui è nato il
mio interessamento e studio dal punto di vista
legale. Quindi non per volontà ma per necessità
ho studiato la problematica giuridica attinenti ai
malati con malattie rare o portatori di handicap
ed invalidità.
La legge 104 è la legge di riferimento. È una legge
innovativa anche a livello europeo. Scopo della
legge, emanata nel 1992, è quello di rimuovere
le cause invalidanti, promuovere l’autonomia e
favorire l’integrazione. Questa è la definizione che
è diversa dalla definizione di “invalidità”. Sono
due cose diverse: una, non esclude l’altra, ma una
non comprende l’altra.
La finalità è di perseguire la dignità umana, la
libertà l’autonomia delle persone con handicap e
la piena integrazione della famiglia nella scuola,
nel mondo del lavoro e nella società in genere.
La legge porta dei benefici sull’integrazione
sociale. La prevenzione e la rimozione delle cause
invalidanti, sia quelle fisiche sia quelle sociali e il
recupero funzionale e sociale di una persona con
minoranze psichiche e sensoriali va perseguito
così come devono essere assicurate tutte le
prestazioni della persona. In definitiva la legge
mira a realizzare il principio di pari opportunità
tutelate dalla legge costituzionale, ossia tutti
siamo uguali. È vietata quindi ogni forma di
discriminazione, di emarginazione e di esclusione.
La legge mira a realizzare il principio delle pari
opportunità, previsto e descritto dall’articolo 3
della Carta Costituzionale. Ogni cittadino è uguale
a prescindere dal suo stato di salute ed è compito
delle istituzioni rimuovere qualsiasi ostacolo che
si oppone alla piena realizzazione della persona
sotto il profilo scolastico, lavorativo e sociale.
Ogni forma di discriminazione e di esclusione
non è accettabile agli occhi del legislatore.
Di seguito spiegherò i principi generali per i
diritti della persona handicappata. Vanno rimosse
le cause invalidanti, ossia quelle che provocano
le minorazioni (fisiche, psichiche o sensoriali),
l’autonomia individuale va promossa così come la
realizzazione dell’integrazione sociale.
Questi obiettivi sono perseguiti con i mezzi di
seguito illustrati:
• ricerca in tutti i settori pertinenti
• prevenzione, diagnosi e terapia precoce delle
minorazioni
• informazione continua alle famiglie
• coinvolgimento della famiglia nelle scelte
degli interventi
• sostegno anche psicologico alla famiglia
• garanzia della scelta degli interventi più
idonei
• promozione del superamento di ogni forma di
emarginazione e di esclusione sociale
La perfetta realizzazione della “centralità della
persona” è un altro principio costituzionale. La
persona handicappata e la sua famiglia, primo
ammortizzatore sociale a reagire a difesa di un
suo membro fragile e vulnerabile, sono posti
al centro dell’attenzione e tutte le istituzioni
preposte e coinvolte agiscono in maniera
sincrona e organizzata per dare tutte le risposte
necessarie in materia di prevenzione, assistenza
e informazione. Vale la pena sottolineare l’ultimo
▲ L'Avv. Giovanni Caprara
▲ Giovanni Caprara
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AimarNews Gennaio 2018 | http://www.aimar.eu/
punto, che ribadisce la volontà del legislatore di
prevedere la piena integrazione della persona
handicappata nella società, nel pieno rispetto del
principio delle pari opportunità.
Consideriamo ora in dettaglio gli argomenti
della Legge 104.
Accertamento dell’handicap
L’accertamento dell’handicap, degli interventi
necessari e della capacità complessiva residua,
invece, sono effettuati dall’unità sanitaria locale
mediante commissioni mediche.
Come si richiede il riconoscimento?
Per il riconoscimento dell’handicap bisogna
rivolgersi a un medico abilitato alla compilazione
telematica del cosiddetto “certificato medico
introduttivo”, che attesta la patologia invalidante.
L’elenco dei medici certificatori accreditati è
presente sul sito web dell’INPS (www.inps.it). Il
medico compila questo documento su supporto
informatico ma consegna al paziente un codice
che il sistema automaticamente genera e una
copia del certificato firmato in originale. A questo
punto il paziente, o chi per lui, può compilare la
domanda, cui va allegato il certificato firmato in
originale. Fate attenzione: il certificato è valido
per 30 giorni, dopodiché scade e va richiesto
nuovamente.
Compilazione della domanda
Una volta ottenuto il certificato introduttivo, il
paziente (o chi per lui) può compilare la domanda.
La domanda può essere compilata e presentata
solo per via telematica.
La domanda può essere presentata solo dai
cittadini in possesso del PIN rilasciato dall’INPS,
da soggetti autorizzati e dagli enti di Patronato e
dalle Associazioni di categoria (ANMIC, ENS, UIC,
ANFFAS). I cittadini possono richiedere il codice
PIN direttamente sul sito INPS oppure tramite il
Contact Center INPS (numero gratuito 803164).
La domanda per via telematica va a buon fine
esclusivamente se è compilata in ogni sua parte.
Durante la procedura, è necessario inserire il
numero del certificato rilasciato dal medico.
Alla domanda bisogna allegare la certificazione
medica che attesta le singole patologie ed,
eventualmente, la documentazione medica
rilasciata da strutture pubbliche (cartelle cliniche
ed eventuali referti medici).
La ricevuta e la convocazione per la visita
Al termine della trasmissione della domanda,
viene generata automaticamente una ricevuta che
contiene il protocollo e la data di presentazione
della domanda. La ricevuta può essere stampata.
Inoltre, il sistema propone un ventaglio di date
per la visita presso la Commissione dell’ASL. Una
volta raggiunto l’accordo per la data della visita,
sul sito appare l’invito alla visita, invito che viene
anche inviato tramite lettera raccomandata con
avviso di ritorno e all’indirizzo di posta elettronica,
che era stato eventualmente comunicato. Nella
convocazione viene specificato che il richiedente
può farsi assistere da medico di sua fiducia,
laddove il richiedente non si possa presentare può
fissare una nuova visita sempre tramite la stessa
procedura.
Considerate che disertare per due volte la visita
equivale a rinuncia.
Visita domiciliare
Se il richiedente non potesse muoversi è il medico
curante che ne deve certificare l’intrasportabilità.
Sta al Presidente della Commissione ASL accettare
la domanda, nel qual caso viene comunicata
data e ora della visita domiciliare. Se respinta,
la Commissione comunica la data per una nuova
visita ambulatoriale.
La visita e il relativo verbale
Il richiedente, inoltre, deve presentarsi alla
visita nella data fissata, portando con sé un
valido documento di identità, il certificato medico
firmato in originale e tutta la documentazione
sanitaria in suo possesso”. In caso di assenza
ingiustificata si provvederà a una nuova
convocazione. La Commissione dell’Azienda ASL è
integrata con un medico dell’INPS. Il richiedente,
inoltre, può farsi assistere da un medico di fiducia.
Al termine della visita viene redatto il verbale
elettronico, che riporta l’esito della visita stessa,
i codici nosologici internazionali (sistema di
classificazione delle malattie e dei traumatismi)
e l’eventuale indicazione di patologie che
comportano l’esclusione di successive visite di
revisione.
Il verbale che esprime il giudizio di accoglimento
o di rifiuto della Commissione sarà validato
dall’INPS, che provvederà poi a inviarlo al
domicilio dell’interessato.
Se il verbale prevede l’erogazione di benefici
economici, il richiedente deve integrare (sempre
per via telematica) la domanda con specifici
dati (come reddito personale, eventuale ricovero
a carico dello stato, eccetera). In questa fase è
consigliabile farsi assistere (da patronati sindacali,
CAAF).
Ricorsi
Se la Commissione non fissa la visita entro
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tre mesi, si può ricorrere tramite diffida
all’Assessorato regionale competente che fissa la
visita entro 270gg dalla domanda. Se nuovamente
non succede nulla si può ricorrere al giudice
ordinario. Se si vuole ricorrere contro il verbale
lo si può fare entro sei mesi presso il giudice del
lavoro. Con la necessaria assistenza di un legale.
Ricorso Tribunale - ATP
Per quanto riguarda il ricorso al Tribunale,
invece, bisogna seguire uno specifico iter. La
persona che dopo aver presentato domanda volta
all’accertamento dell’invalidità civile o dello
stato di handicap, non ritenga il giudizio emesso
nel verbale dalla Commissione medica Asl idoneo,
può presentare unicamente un ricorso giudiziale.
A partire dal 1° Gennaio 2012, il ricorso si
propone con l’accertamento tecnico preventivo
obbligatorio; l’art. 445-bis del Codice di Procedura
Civile prevede che la persona che intende proporre
ricorso deve depositare, presso la Cancelleria del
Tribunale della provincia di residenza, un’istanza
di accertamento tecnico per la verifica preventiva
delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa
che intende far valere davanti al giudice; tale
istanza rappresenta atto interruttivo della
prescrizione.
Qualora, in particolare, la persona con disabilità
proponga giudizio ordinario per il riconoscimento
della provvidenza economica senza aver
preventivamente promosso l’accertamento o senza
averne atteso la conclusione, il Giudice rileva
d’ufficio il vizio e assegna alle parti il termine
di 15 giorni per la presentazione dell’istanza di
accertamento tecnico o per il completamento
dello stesso.
Il Giudice, a seguito della presentazione
dell’istanza di accertamento tecnico obbligatorio
preventivo, all’udienza di comparizione, nomina il
Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), conferendogli
l’incarico di espletare la visita medica.
Per effetto dell’art. 38 comma 8 della Legge
n.111/2011, alle operazioni peritali partecipa di
diritto il medico legale dell’Istituto, in deroga al
comma primo dell’art. 201 c.p.c.
Il Consulente Tecnico d’Ufficio, quindi, deve
trasmettere la bozza di relazione alle parti
costituite, nel termine stabilito dal giudice con
ordinanza.
Il Giudice, terminate le operazioni peritali, con
decreto comunicato alle parti, fissa un termine
perentorio non superiore a 30 giorni, entro
il quale le stesse devono dichiarare, con atto
scritto depositato in Cancelleria, se intendono
contestare le
conclusioni del
consulente tecnico
d’ufficio. In caso
di contestazione,
la parte che
ha depositato
dichiarazione di
dissenso rispetto
all’accertamento
del CTU, deve
depositare, presso
la Cancelleria del
Tribunale, entro il
termine perentorio
di 30 giorni dal
deposito della
citata dichiarazione,
il ricorso introduttivo del giudizio di merito,
specificando, a pena di inammissibilità, i motivi
della contestazione.
In assenza di contestazioni il Giudice, con
decreto pronunciato fuori udienza entro 30 giorni
dalla scadenza del termine previsto per il deposito
dell’eventuale dichiarazione di dissenso, omologa
l’accertamento sanitario secondo le risultanze
probatorie indicate nella relazione del CTU e
provvede sulle spese.Il decreto, non impugnabile
né modificabile, è notificato agli enti competenti
che, in caso di accertamento sanitario favorevole
all’interessato, e subordinatamente alla verifica
della sussistenza degli ulteriori requisiti previsti
dalla normativa vigente per il riconoscimento
della prestazione o della provvidenza, devono
provvedere al pagamento delle stesse entro 120
giorni dalla notifica.
Nei casi in cui, pur in presenza di accertamento
sanitario favorevole all’interessato, la competente
linea di prodotto/servizio accerti che non
sussistono gli ulteriori requisiti previsti dalla
normativa vigente per il riconoscimento della
prestazione o della provvidenza, è necessario
che la stessa comunichi alla controparte i motivi
del rigetto della domanda di prestazione o
provvidenza.
Per leggere l'intervento
completo dell'avvocato
Caprara digitare il link di
seguito http://tiny.cc/z1ljpy
o scannerizzare il QR Code.
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Iscrizione c/o
Tribunale di Roma
n° 20/98 del 19 gennaio 1998
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