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ANTICORPI AUTOREATTIVI Gli autoanticorpi possono concorrere alla diagnosi di malattia oppure alla formulazione della prognosi: per quanto riguarda il primo punto significativi sono gli anticorpi che mostrano un’associazione estremamente stretta con una specifica malattia o addirittura vengono espressi unicamente in quella circostanza, cosicché vengono definiti anticorpi marker; per quanto riguarda il secondo punto vengono considerati prognostici quegli anticorpi in cui è dimostrato che il titolo è predittivo dell’attività di malattia, quindi la sua determinazione risulta importante per stabilire la fase della patologia, predire alcune specifiche manifestazioni e guidare la terapia. ANTICORPI ANTI-NUCLEO (ANA) Gli ANA costituiscono un gruppo di Ac, appartenenti soprattutto alla classe IgG, rivolti contro gli acidi nucleici e le varie proteine nucleari che possono essere rinvenuti in modo peculiare in corso di malattie autoimmuni non organo-specifiche, anche se possono comunque essere presenti, seppur in minore prevalenza e bassi titoli, in condizioni patologiche diverse come la cirrosi biliare primitiva e l’epatite cronica criptogenica oppure in corso di patologie infettive virali o batteriche; nel complesso rappresentano una classe anticorpale estremamene importante e la più richiesta nelle indagini reumatologiche. Per lo studio degli ANA è rimasta come indagine principale l’immunofluorescenza, nonostante la tecnica sia rimasta immodificata sono cambiati i substrati utilizzati in quanto il fegato di ratto è stato sostituito con la linea cellulare umana Hep2 mantenuta in coltura continua, anche se l’elemento che accomuna queste cellule è l’elevato rapporto N/C: la linea cellulare Hep2 deriva dal carcinoma della laringe e si presta particolarmente a questi studi per il fatto che le cellule tumorali hanno una crescita continua con grandi quantità di cromatina e, soprattutto, la presenza di cellule in tutte le fasi del ciclo cellulare in cui valutare la varietà dei diversi Ag espressi contro cui si dirigono gli auto-Ac; meno importante è l’appartenenza del tessuto all’uomo in quanto, nella maggior parte dei casi, gli autoanticorpi non sono specie- specifici dal momento che riconoscono determinanti molto conservati nell’evoluzione, quindi comuni a specie diverse. La lettura della immunofluorescenza non consiste semplicemente in una risposta positiva/negativa, ovvero presenza/assenza anticorpale, ma prevede anche la descrizione del pattern di fluorescenza e la diluizione del siero a cui si osserva quello specifico pattern come espressione

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ANTICORPI AUTOREATTIVIGli autoanticorpi possono concorrere alla diagnosi di malattia oppure alla formulazione della prognosi: per quanto riguarda il primo punto significativi sono gli anticorpi che mostrano un’associazione estremamente stretta con una specifica malattia o addirittura vengono espressi unicamente in quella circostanza, cosicché vengono definiti anticorpi marker; per quanto riguarda il secondo punto vengono considerati prognostici quegli anticorpi in cui è dimostrato che il titolo è predittivo dell’attività di malattia, quindi la sua determinazione risulta importante per stabilire la fase della patologia, predire alcune specifiche manifestazioni e guidare la terapia.

ANTICORPI ANTI-NUCLEO (ANA)Gli ANA costituiscono un gruppo di Ac, appartenenti soprattutto alla classe IgG, rivolti contro gli acidi nucleici e le varie proteine nucleari che possono essere rinvenuti in modo peculiare in corso di malattie autoimmuni non organo-specifiche, anche se possono comunque essere presenti, seppur in minore prevalenza e bassi titoli, in condizioni patologiche diverse come la cirrosi biliare primitiva e l’epatite cronica criptogenica oppure in corso di patologie infettive virali o batteriche; nel complesso rappresentano una classe anticorpale estremamene importante e la più richiesta nelle indagini reumatologiche.Per lo studio degli ANA è rimasta come indagine principale l’immunofluorescenza, nonostante la tecnica sia rimasta immodificata sono cambiati i substrati utilizzati in quanto il fegato di ratto è stato sostituito con la linea cellulare umana Hep2 mantenuta in coltura continua, anche se l’elemento che accomuna queste cellule è l’elevato rapporto N/C: la linea cellulare Hep2 deriva dal carcinoma della laringe e si presta particolarmente a questi studi per il fatto che le cellule tumorali hanno una crescita continua con grandi quantità di cromatina e, soprattutto, la presenza di cellule in tutte le fasi del ciclo cellulare in cui valutare la varietà dei diversi Ag espressi contro cui si dirigono gli auto-Ac; meno importante è l’appartenenza del tessuto all’uomo in quanto, nella maggior parte dei casi, gli autoanticorpi non sono specie-specifici dal momento che riconoscono determinanti molto conservati nell’evoluzione, quindi comuni a specie diverse.La lettura della immunofluorescenza non consiste semplicemente in una risposta positiva/negativa, ovvero presenza/assenza anticorpale, ma prevede anche la descrizione del pattern di fluorescenza e la diluizione del siero a cui si osserva quello specifico pattern come espressione indiretta della quantità di Ac presenti nel campione. Il pattern di fluorescenza nucleare degli ANA può essere vario:

Pattern omogeneo

La fluorescenza copre in modo omogeneo tutto il nucleo, in ogni sua parte, ed è apprezzabile in caso di Ac anti-DNA (anti-cromatina) o anti-istone (anti-nucleosomi).

Si riscontra nel LES, in particolare gli anti-istone potrebbero essere correlati al LES da farmaci.

Pattern periferico

La fluorescenza si distribuisce ad anello nel nucleo, a ridosso della membrana nucleare, tipica nel caso degli Ac anti-DNA.

È presente particolarmente nel LES.

Pattern punteggiato

È il pattern più frequente e la fluorescenza assume un aspetto punteggiato, a zolle, determinato da Ac diretti contro strutture diverse dal DNA o dagli istoni come Ac anti-ENA (in particolare anti-RNP, anti-SSB, anti-SSA).

È presente nel LES da farmaci, connettivopatie miste, LES, SS, polidermatomiosite, sclerodermia, infezioni e neoplasie.

Pattern nucleolare

La positività è concentrata nell’area del nucleolo in quanto gli Ac sono principalmente reattivi nei confronti dell’RNA nucleolare.

Si riscontra nella sclerodermia.

Pattern centromerico

È il pattern più importante per le conclusioni diagnostiche, anche se non particolarmente frequente,

Questi anticorpi sono marker della forma limitata di

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e la sua positività si dispone nelle regioni centromeriche cromosomiali pertanto è apprezzabile il centromero fluorescente nelle cellule in mitosi: la sua importanza è dovuta al fatto che la presenza di Ac anti-centromero è più che sufficiente per concludere l’esistenza di Ac diretti contro proteine del centromero, in particolare di tipo CENP-B se valutati tramite ELISA.

sclerodermia, inoltre possono esse riscontrati in un piccolo subset di soggetti con Raynaud come predittori di possibile evoluzione verso la sclerodermia.

Ad eccezione dell’individuazione del pattern centromerico, la determinazione degli ANA rappresenta solo il primo passo nella tipizzazione degli autoanticorpi presenti nel siero in quanto sono richieste altre indagini per determinare l’Ag riconosciuto dagli Ac dal momento che il nucleo contiene un’elevata varietà di antigeni ed i sieri dei pazienti con malattie autoimmuni, soprattutto sistemiche, nella maggior parte dei casi sviluppano una varietà di autoanticorpi di specificità diverse, ovvero anticorpi differenti che legano antigeni nucleari distinti; l’immunofluorescenza non consente di misurare questa varietà di Ac e di individuare la specificità dell’antigene legato con sufficiente precisione, infatti la corrispondenza tra i pattern di fluorescenza e la specificità dell’anticorpo è abbastanza imprecisa tale da non consentire di trarre le adeguate conclusioni.Gli algoritmi utilizzati per decidere quanto approfondire il quadro sierologico del paziente dipendono dalla popolazione a cui appartiene, conoscenza derivante da una stretta collaborazione tra il laboratorio e la pratica clinica: nel caso in cui gli ANA siano negativi non è necessario procedere con ulteriori indagini diagnostiche qualora il paziente appartenga ad una popolazione in cui la frequenza di malattie autoimmuni è piuttosto ridotta; diversamente, se la probabilità di malattia è elevata, è necessario approfondire il quadro in quanto alcuni Ac, diretti ad esempio contro le sintetasi, non mostrano una fluorescenza nucleare pur essendo presenti (falso negativo).Gli ANA sono presenti in una varietà di condizioni differenti:

Malattie reumatiche

LES Sclerodermia Sjӧgren Dermatomiosite-polimiosite Raynaud

Importante è sempre valutare la familiarità per malattie autoimmuni per il fatto che il paziente può ereditare un set di geni in grado di favorire l’iperproduzione di auto-Ac senza sviluppare la patologia autoimmune. La percentuale di soggetti sani con ANA risulta elevata se vengono presi in considerazione bassi livelli di diluizione, infatti se pari ad 1:40 è possibile riconoscere fino ad un 30% di soggetti sani con ANA, passando ad una diluizione più elevata (1:160) il numero dei soggetti sani con ANA è molto basso e inferiore al 5%; in quest’ultima circostanza la positività del test si associa ad una specificità molto più elevata per la presenza di malattia, si rende necessario eseguire varie diagnosi differenziali tra

Malattie non

reumatiche

Sclerosi multipla (20-25% dei pazienti), Malattie autoimmuni della tiroide (30-50%), è

un elemento estremamente importante per poter condurre un’adeguata diagnosi differenziale con le malattie reumatologiche, ad esempio una donna che accusa artralgie e sviluppa ANA deve essere indagata anche da un punto di vista tiroideo tramite Ac anti-TPO ed ECO.

Malattie infettive, soprattutto se di tipo cronico quali malaria, TBC ed EBV1.

Neoplasie (bassi titoli), Farmaci come i più comuni possono essere

quelli ad effetti β-bloccante (procainamide), l’idralazina, l’isoniazide, ma soprattutto i

1 Vale anche per il fattore reumatoide.

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farmaci monoclonali anti-TNF. patologie autoimmuni o meno per risalire alla causa di tale innalzamento anticorpale.

Escludendo il caso di positività al pattern centromerico, che si correla alla presenza di Ac anti-centromero, è sempre necessario ricercare l’antigene contro cui è diretta la risposta immunitaria quali DNA a singola o doppia elica (nativo), antigeni nucleari estraibili (ENA) e altre componenti della cromatina, complesso DNA-istoni (nucleosoma) o direttamente gli istoni; gli Ac in questione sono pertanto rappresentati da

- [A] Ac anti-DNA,- [B] Ac anti-nucleosoma,- [C] Ac anti-ENA.

[A] Gli Ac anti-DNA di interesse clinico sono IgG specifiche per il DNA nativo (anti-dsDNA), ovvero a doppia elica, mentre quelle dirette contro il DNA a singola elica sono prodotte, generalmente a basso titolo, dalla gran parte dei pazienti e non presentano utilità diagnostica poiché non consentono di distinguere tra loro le varie condizioni patologiche (autoreattività a basso grado o diffusa): gli anti-dsDNA, invece, sono necessari per tipizzare la malattia poiché, seppur presenti in titolo minore e con minore frequenza rispetto agli altri, sono pressoché esclusivi del LES, pertanto possono essere definiti come Ac marker. L’Ac anti-dsDNA reagisce contro i determinanti zucchero-fosfato della doppia elica oppure con determinanti conformazionali di quest’ultima, ovvero tra i solchi dei due filamenti: l’anticorpo riesce a penetrare nell’elica anche grazie alla presenza di amminoacidi basici come l’arginina a livello del CDR3 2 che consentono la creazione di legami elettrostatici con il DNA, carico negativamente per la presenza dei gruppi fosfato, inoltre la presenza dell’anello planare dell’arginina consente, essendo piatto, di inserirsi adeguatamente all’interno dell’elica.Gli anticorpi anti-DNA sono tra i più studiati nell’ambito dell’autoimmunità dal momento che risultano del tutto simili a quelli prodotti in corso di risposta immune nei confronti di uno stimolo esogeno: in presenza di un agente infettivo, in grado di stimolare la produzione anticorpale, vengono selezionati i linfociti B che producono Ac a più alta affinità per l’Ag, cosicché alla fine della risposta sono prodotti Ac che hanno accumulato diverse mutazioni nella terza regione ipervariabile, da cui dipende la specificità, per incrementare l’affinità nei confronti dell’Ag, con un incremento nel rapporto tra le mutazioni espresse e quelle silenti; queste stesse caratteristiche vengono condivise dagli Ac anti-dsDNA del lupus dove le mutazioni somatiche accumulate dalle cellule B, nel centro germinativo, convertono gli AA neutri ad aminoacidi basici, come l’arginina, che sono cruciali per instaurare i rapporti tra il CDR3 e l’elica. Gli studi ad oggi disponibili sembrano mostrare che il processo patologico descritto si verifichi in sede periferica, nell’induzione dell’anergia, mentre non si descrivono importanti alterazioni a carico della tolleranza centrale la quale, se intaccata, determinerebbe manifestazioni precoci generalmente rappresentate dalla poliendocrinopatia autoimmune (APECED).La produzione degli Ac anti-dsDNA è spiegata attraverso la formulazione di due ipotesi quali la risposta T-dipendente e T-indipendente: la prima è formulata da più tempo e si incentra sulla capacità di una popolazione di linfociti B di sfuggire alla tolleranza centrale per l’espressione di Ac di membrana a bassa affinità per il DNA, processo che comunque non interferisce con la possibilità di catturare il nucleosoma e processare le proteine presenti ed esprimere i peptidi derivati tramite le molecole MHC; al contempo le cellule T riconoscono gli istoni, dimostrato dal fatto che nel siero di pazienti con LES molte cellule T abbiano questa specificità. Più nel dettaglio l’ipotesi T-dipendente sostiene l’interazione tra i linfociti B, attivati dal riconoscimento del DNA ed esprimenti peptidi istonici tramite molecole MHC-II, e i linfociti T, attivati dall’interazione con gli istoni ed esprimenti molecole di stimolazione per i linfociti B (CD40); da ciò

2 Rappresenta una delle regioni variabili della catena delle Ig.

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deriverebbe l’azione helper svolta dai T sui B in grado di determinare l’espansione clonale, soprattutto per le cellule specifiche per il DNA, lo switch anticorpale e l’ipermutazione somatica.Le metodiche con cui misurare gli Ac anti-dsDNA sono differenti:

Tecnica di Farr

Ha rappresentato il sistema tradizionale e di riferimento nella valutazione di questa classe anticorpale, anche se ad oggi possiede soltanto un interesse storico in quanto il ricorso al DNA radioattivo, cruciale per questa metodica, è sconsigliabile sia per problematiche ecologiche, quali difficoltà e costi nello smaltimento del materiale, sia per ostacoli intrinseci nell’esecuzione del test dovute alla scarsa emivita del DNA radiomarcato; ad oggi, pertanto, nessun laboratorio ricorre al test di Farr che, tuttavia, presentava l’enorme vantaggio di poter misurare gli Ac in maniera molto sensibile e specifica, risultando così un ottimo ausilio nella diagnosi di lupus.In particolare questo metodo si basa sull’isolamento del DNA radiomarcato a cui successivamente è unito il siero del paziente per indurre la precipitazione con solfato di ammonio che determina la rottura dei legami a bassa affinità e permette pertanto di misurare solo gli anticorpi che si sono legati ad alta affinità; anche in questo caso è presente un certo grado di DNA denaturato, per cui sono misurati sia gli anticorpi anti-DNA nativo che quelli contro DNA denaturato, anche se la presenza di nefrite è strettamente correlata all’innalzamento dei primi.

IF

Nel caso degli Ac anti-DNA l’IF risulta peculiare in quanto non è eseguita sulle cellule Hep2, dal momento che in queste circostanze potrebbe soltanto fornire informazioni sul titolo degli Ac anti-nucleo: è indispensabile ricorrere al protozoo Crithidia luciliae il quale presenta, alla base del flagello, un piccolo anello di DNA circolare non complessato con gli istoni su cui valutare la fluorescenza, si tratta in altri termini di DNA nudo privo di proteine; analogamente a tutte le metodiche di fluorescenza presenta dei limiti di sensibilità e richiede inoltre notevole esperienza nella lettura, risultando così costoso per la necessità di training dell’operatore, tuttavia la specificità è molto alta. Questa si distingue da quella precedente per la possibilità di individuare in modo più specifico gli anti-DNA nativo rispetto a quelli diretto con il DNA denaturato, infatti l’anello di DNA mitocondriale non presenta sequenze di inizio e fine cosicché rappresenta necessariamente un DNA nativo non denaturato; il limite, tuttavia, sta nel fatto che non è possibile selezionare esclusivamente gli Ac ad alta attività anche se rimane la tecnica più affidabile.

ELISA

Le tecniche ELISA hanno un’ottima sensibilità mentre la specificità può essere variabile: diversamente dall’IF in cui gli Ac misurati sono particolarmente correlati con l’attività del LES in fase attiva, la correlazione tra anti-dsDNA in ELISA e attività di malattia è meno brillante; le differenze tra queste due metodiche sono importanti da conoscere per la diversa importanza clinica che assumono, infatti un siero positivo per anti-dsDNA con ELISA è compatibile con un paziente non affetto da LES mentre questa evenienza è decisamente più rara in caso di IF positiva, pertanto sarebbe più utile dosarli entrambi.

L’importanza degli anti-dsDNA nel lupus da un punto di vista clinico consente non solo la diagnosi ma anche le valutazione relative l’attività di malattia in quanto sono correlati con le manifestazioni renali e, in seconda battuta, cutanee: questa correlazione è dovuta all’esposizione del materiale genetico a seguito della morte cellulare al di fuori della cellula, in tal modo quest’ultimo può circolare nel sangue senza essere adeguatamente smaltito tanto che ad oggi si parla di waste disposal, ovvero difetti nella clearance del materiale degenerativo; il difetto di eliminazione del materiale apoptotico si traduce in un accumulo di materiale cromatinico, fondamentalmente nucleosomi, in circolazione. La giunzione dermo-epidermica è una delle sedi in cui si assiste alla liberazione di un’elevata quota

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antigenica, soprattutto a seguito dell’esposizione ai raggi UV, la quale, non essendo adeguatamente smaltita, raggiunge il circolo dove può formare Ic oppure raggiungere i vari tessuti bersaglio della malattia; emblematico è il caso del rene in cui il danno si realizza sia per il deposito di Ic (ipersensibilità di terzo tipo) che per l’accumulo di antigeni con cui poi interagiranno gli Ac specifici circolanti (ipersensibilità di secondo tipo).

[B] Nonostante da un punto di vista laboratoristico siano ricercati gli Ac diretti contro la doppia elica del DNA, è lecito ipotizzare che il materiale genetico sia proposto al sistema immunitario nella forma del nucleosoma in cui l’elica di DNA è avvolta attorno ad un ottamero di istoni a sua volta sigillato dall’istone H1 che si comporta da link tra due nucleosomi successivi: infatti, a seguito della necrosi cellulare è verosimile che il DNA non sia libero, ma rilasciato complessato con gli istoni, ovvero in forma nucleosomale; il nucleosoma è effettivamente un autoantigene, dimostrato dal fatto che esistono serie di auto-Ac in grado di riconoscere questa struttura in modo più specifico rispetto al singolo DNA, Ac che risulterebbero, secondo alcuni autori, la chiave centrale del processo patologico.All’atto pratico, tuttavia, non è possibile dosare routinariamente gli Ac anti-nucleosomi per cui vengono ricercati solo gli ANA di tipi anti-dsDNA e anti-ENA, ciò non significa che i primi non abbiamo significato patogenetico ma il loro ruolo è limitato dalle attuali capacità tecniche che non sono in grado di isolare questi complessi e di associarli a dati riproducibili.

[C] Gli Ac anti-ENA rappresentano l’altro gruppo di autoanticorpi diretti contro antigeni nucleari in grado di determinare un risultato positivo nella ricerca degli ANA, vengono definiti Ac anti-antigeni nucleari estraibili in quanto gli Ag chiamati in causa possono essere estratti dal nucleo attraverso il ricorso a soluzione saline; questi anticorpi possono essere determinati in vario modo, inizialmente tramite elettroforesi, attualmente tramite controimmunoelettroforesi, ovvero una modifica della tecnica precedente, anche se oggigiorno sono più frequentemente valutati attraverso proteine purificate o ricombinanti, tramite ELISA o in qualche forma di blot.Le associazioni clinico-sierologiche risultano differenti a seconda della metodica utilizzata:

ControimmunoelettroforesiAttraverso questa metodica sono state scolasticamente riconosciute alcune correlazioni tra la sierologia e le specifiche malattie che risultano fondamentali per orientarsi nella diagnosi e scegliere la strada terapeutica corretta in tempo utile; in particolare si ricordano le seguenti associazioni Ac anti-SSA/Ro sono di frequente riscontro

nelle malattie autoimmuni sistemiche, in particolar modo nello Sjӧgren (60-90%), LES (30-50%), sclerodermia e connettivite mista (5-10%); inoltre è considerato

ELISAAd oggi, tuttavia, i capisaldi delle correlazioni clinico-sierologiche sono in parte rivisti per l’introduzione della tecnica ELISA nella valutazione anticorpale, soprattutto da correlare a motivazioni economiche; è fondamentale saper interpretare i risultati in quanto questo test possiede una sensibilità elevata e una specificità diagnostica che può essere più bassa, in altri termini queste nuove metodiche più sensibili devono essere interpretate con cautela per il fatto che le differenze diagnostiche prima molto chiare possono essersi sfocate. A sottolineare quanto precedentemente espresso, indicativo è l’esempio dell’anti-Sclero70

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marker di alcune forme cliniche ben definite di LES come il lupus neonatale, cutaneo subacuto e da deficit di complemento.

Ac anti-SSB/La sono frequenti nello Sjӧgren mentre sono rari nelle altre connettiviti3.

Ac anti-Jo1 sono presenti soltanto nella dermatopolimiosite.

Ac anti-Sclero70 (anti-DNA topoisomerasi 1) devono il loro nome alla specificità per la sclerosi sistemica e all’apparente peso molecole di 70 kDa.

Ac anti-Sm sono rilevabili con frequenza variabile a seconda delle etnie (30% nei neri, 15% nei caucasici) e specificità elevata (circa 100%) nel paziente con LES di cui sono Ac marker, inoltre non variano particolarmente nel titolo sia nella fase di malattia che di remissione; la correlazione con il LES è ulteriormente sottolineata dal fatto che la denominazione di questi Ac deriva dalle iniziali del cognome della paziente (Stephanie Smith) affetta da LES nel cui siero furono identificati questi auto-Ac specifici.

Ac anti-RNP sono diretti, come i precedenti, nei confronti di un complesso composto da proteine ed RNA (snRNP), disposti ad anello, responsabili dello splicing; entrambe quest’ultime classi anticorpali sono dirette contro la componente proteica, rispettivamente rivolti contro RNP (70 kDa) o Sm. Gli anti-RNP sono espressi in una percentuale più elevata di soggetti con LES rispetto agli anti-Sm e con un titolo più alto, infatti possono essere determinati con facilità alla controimmunoelettroforesi in quanto gli Ac ad alto titolo possono essere rilevati con maggior facilità tramite un sistema meno sensibile; possono comunque essere repertati anche in altre malattie come la sindrome mista del connettivo in cui

determinante per la diagnosi di sclerosi sistemica nella variante diffusa: l’associazione tra questo auto-Ac e la patologia è totale se la valutazione è eseguita in controimmunoelettroforesi mentre tramite ELISA tali Ac possono essere riscontrati anche in patologie differenti, seppure in bassi livelli cosicché diventa fondamentale considerare l’aspetto quantitativo della determinazione per eseguire le opportune discriminazioni.Un altro aspetto da considerare riguardo la tecnica ELISA è l’utilizzo di un pannello abbastanza limitato di Ag del gruppo ENA: vengono selezionati i 6 più frequenti, ovvero quelli che nella maggior parte dei casi consentono di condurre le diagnosi principali (SSA, SSB, Sm, RNP, Sclero70 e Jo1), in certi casi possono essere estesi a 8; diversamente attraverso la controimmunoelettroforesi, essendo eseguita con un estratto di proteine nucleari non selezionato, è possibile individuare uno spettro di Ag molto più ampio e completo cosicché i sieri negativi sull’ELISA risultano positivi alla controimmunoelettroforesi (es. Ag Ku nel LES).Gli Ag comunemente non valutati nel test ELISA, nonostante talvolta possano presentare una certa rilevanza clinica, sono: Polimerasi III, un auto-Ag contro cui i pazienti affetti

da sclerodermia producono Ac meno frequentemente rispetto alla Sclero70 oppure al centromero, a seconda che sia presente rispettivamente in forma diffusa o localizzata; l’importanza degli Ac diretti contro la polimerasi III risiede nello sviluppo di un interessamento renale di tipo vascolare, analogamente alla sclerodermia, con la comparsa di crisi renali anche se si tratta comunque di manifestazioni molto meno frequenti grazie all’utilizzo estensivo degli ACE-inibitori.

Fibrillarina, la sua determinazione assume importanza nei casi in cui i referti laboratoristici per Sclero70 e Ac anti-centromero risultino negativi, tuttavia il paziente presenta una sintomatologia sfumata di sclerodermia (fenomeno di Raynaud da molto tempo) ed una capillaroscopia patologica suggestiva che impongono di affrontare la problematica dell’interessamento polmonare e, eventualmente, di avviare specifiche terapie

3 Anche se gli SSA, gli SSB e la Sclero70 possono essere espressi, a seconda delle fasi del ciclo cellulare, sia a livello nucleare che citoplasmatico, sono comunque considerati di appartenenza prevalentemente nucleare.

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costituiscono, se ad alto titolo, un criterio irrinunciabile per la diagnosi.

immunosoppressive; PCNA, è presente nella fase attiva del LES tuttavia

non possiede una valenza particolare ai fini diagnostici e quindi frequentemente non viene misurato per la presenza di uno spettro anticorpale già significativamente rappresentato;

ANTICORPI ANTI-RIBOSOMIQuesti anticorpi non rientrano nel contesto degli ANA ma sono diretti verso proteine citoplasmatiche, talvolta è possibile apprezzare una fine punteggiatura fluorescente del citoplasma, ma in linea generale possono non essere evidenziati all’IF cosicché si rende necessaria una ricerca attiva quando sospettata la loro presenza: tipicamente sono richiesti all’esordio di una connettivite che presenta le caratteristiche suggestive del LES, anche se non vengono soddisfatti i criteri diagnostici, in quanto questi Ac rappresentano il terzo marker della patologia; gli Ac anti-ribosomi risultano ancora più rari (10-15%) rispetto agli anti-dsDNA e agli anti-Sm, tuttavia sono particolarmente importanti poiché presenti esclusivamente nel siero del lupus.In particolare sono anticorpi diretti contro proteine appartenenti alla subunità maggiore del ribosoma e, diversamente dagli Ac anti-SSA che riconoscono vari frammenti dell’Ag SSA, quest’ultimi e gli anti-Sm sono prevalentemente diretti contro un frammento unico di queste molecole; nel caso degli anti-ribosomi il bersaglio è rappresentato dalla parte C-terminale di 3 proteine che differiscono tra loro per un’unica porzione della molecola pur condividendo la parte terminale, per tale motivo possono essere determinati sia con la proteina intera che con il solo frammento C-terminale in quanto la maggior parte è specifica per un frammento piuttosto corto (12 AA) e facile da riprodurre in laboratorio.L’interesse iniziale per questi autoanticorpi è nato dopo aver evidenziato una correlazione tra la loro presenza e le manifestazioni neuropsichiatriche del LES, tuttavia studi successivi hanno mostrato dati discordanti su tale associazione e, tuttora, costituisce un argomento controverso: se da una parte è assente la stretta correlazione inizialmente supposta, dall’altra non è possibile escludere totalmente il legame; l’interesse del primo report era legato all’utilità di riscontrare un’associazione così stretta con manifestazioni di malattia difficili da diagnosticare come quelle neuropsichiatriche qualora fossero indotte da una vasculite dei vasi encefalici, consentendo inoltre una diagnosi differenziale rispetto alle forme indotte dagli effetti collaterali del pesante trattamento immunosoppressivo o dalle infezioni secondarie all’immunosoppressione che prevedono una gestione completamente diversa e mutuamente esclusiva. Nonostante questi anticorpi non siano abbastanza solidi per la distinzione suddetta, sono comunque importanti per confermare una diagnosi di LES in presenza di dati clinici e sierologici non sufficienti, ed eventualmente per seguirne l’evoluzione dal momento che si correlano con la fase attiva di malattia come gli anti-dsDNA. Da soli questi Ac, per quanto specifici, non rientrano nei criteri diagnostici di LES in quanto si riscontrano solo nel 10-15% dei casi, diversamente diventano significativi per il follow-up in quanto la loro comparsa segnala la probabile deviazione di un quadro di connettivite indifferenziata verso il LES; inoltre è sempre opportuno richiedere una valutazione sierologica ampia, in grado di comprendere anche questi auto-Ac, in quanto ogni paziente è diverso dagli altri nella valutazione clinico-sierologica cosicché ogni quadro presenta il proprio Ac guida nell’indicare la fase di malattia e riacutizzazione4.

ANTICORPI ANTI-C1q

4 Spesso, comunque, è possibile ricorrere anche ad una valutazione sierologica più stretta per la presenza di sovrapposizioni anticorpali che permettono di valutare indirettamente, tramite un Ac, la presenza dell’altro; ad esempio alcuni anti-Sm o anti-ribosomi possono comportarsi come anti-dsDNA.

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Gli Ac anti-C1q rappresentano un’ulteriore forma presente nei sieri di pazienti affetti da LES: sono anticorpi diretti contro la frazione del complemento dalla conformazione a stelo quale C1q5, ovvero la parte simil-collagenica della molecola, che non possono essere considerati marker della patologia in quanto non solo sono presenti in una percentuale variabile del LES, ma anche in coloro affetti da una sindrome particolare quale l’orticaria-vasculite, nefropatia da IgA (isotipo IgA) e in una forma di vasculite associata all’artrite reumatoide molto rara (tipo IgG). Oltre a non essere validi come Ac marker, non possono neppure essere utilizzati a scopo discriminativo tra un gruppo normale ed un gruppo patologico di pazienti in quanto la frequenza di questi auto-Ac nei soggetti normali è piuttosto elevata e quindi non permettono sempre di far diagnosi di malattia, ad eccezione dell’orticaria-vasculite in cui la loro assenza esclude la patologia; nel momento in cui è stata eseguita la diagnosi di lupus, tuttavia, diventano cruciali per seguire l’andamento del quadro a livello renale in quanto studi piuttosto affidabili mostrano una correlazione con la probabilità di riacutizzazione della nefrite. Valutando il meccanismo patogenetico, si osserva che la nefrite lupica è principalmente legata alla deposizione di Ic circolanti o alla formazione di essi in situ nel rene: indipendentemente dalla modalità di formazione dell’Ic, il danno è mediato dall’interazione di questi ultimi con le cellule fagocitarie dotate del recettore per l’Fcγ (tipo 1 e 2a) e dall’attivazione del complemento; gli anti-C1q, legandosi al bersaglio specifico già formante l’Ic presente nel tessuto, amplificano la formazione di ulteriori Ic le cui estremità Fc possono essere riconosciute dai macrofagi6. Il meccanismo proposto è stato dimostrato sperimentalmente attraverso studi in vivo: la sola iniezione di Ac anti-C1q non è in grado di provocare la nefrite, tuttavia sono in grado di determinarlo se il tessuto è già stato sottoposto ad un danneggiamento; in particolare, somministrando Ac anti-MBG di per sé non sufficienti a indurre neppure proteinuria, la somma dell’attività degli anti-C1q è in grado di precipitare il quadro con lo sviluppo di nefrite.

ANCAAnti-MPO Anti-proteinasi-3

GW χ

Di solito sono presenti quasi esclusivamente nel GW, anche se in una piccola percentuale di soggetti affetti da CSS possono essere presenti.

CSS (50%) χPM (50%) χ

Gli Ac anti-citoplasma dei neutrofili si distinguono non solo perché il bersaglio si localizza in sede extra-nucleare ma anche per la correlazione con diverse patologie, infatti sono coinvolti nelle vasculiti sistemiche, in particolare nelle forme dirette contro i piccoli vasi dette pertanto ANCA-associate: le forme correlate sono la granulomatosi di Wegener (GW), la sindrome di Churg-Strauss (CSS) e la poliangite microscopica (PM), quest’ultima non mostra un impegno sistemico, diversamente dalle precedenti, ma prevalentemente o esclusivamente renale. Tutte queste forme sono accomunate dal tipo di manifestazione renale, ovvero la glomerulonefrite necrotizzante pauci-immune così definita perché l’IF della biopsia mostra pochi spot per

5 La parte globulare terminale del C1q riconosce l’Fc delle IgG complessate con l’Ag mentre la parte a stelo rimane libera quando la molecola è attaccata all’Ic.6 È possibile che una parte della patogenicità di questi anticorpi dipenda dalla riduzione delle concentrazioni circolanti di C1q, infatti probabilmente il meccanismo fondamentale rimane quello dell’amplificazione degli immunocomplessi già depositati.

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Le valutazioni relative alla patogenicità degli ANCA sono state osservate in prima battuta in un “esperimento naturale” in cui una paziente con vasculite ANCA+ ha partorito un figlio affetto da glomerulonefrite, evidenziando la realizzazione di un passaggio transplacentare di tali Ac; in seconda battuta sono stati condotti una serie di studi con Ac anti-MPO dimostrando la possibilità di indurre una nefrite nell’animale sperimentale in cui sia stata indotta tale reazione autoimmune, inoltre la stessa patologia può manifestarsi in animali sani in cui vengono direttamente somministrati gli auto-Ac ottenuti. Perché una malattia possa essere considerata autoimmune deve rispondere ai postulati di Witebsky: Prova diretta dal trasferimento di anticorpi

patogeni o cellule T patogene, Prova indiretta basata sulla riproduzione della

malattia autoimmune in animali da esperimento, Indizi clinici, Pattern genetico suggestivo per altre malattie

autoimmuni.

l’assenza di depositi immuni (Ac), diversamente dal tipico aspetto ad “albero di Natale” che sarebbe apprezzabile nel contesto del LES per la presenza di un’elevata quota di IgG, depositi granulari e complemento.In questo gruppo di vasculiti la risposta immune è molto selettiva perché diretta contro strutture enzimatiche, quali le proteasi, contenute all’interno dei granuli dei neutrofili: per dosare questi Ac è possibile ricorrere all’IF, che prevede di utilizzare neutrofili fissati su un vetrino, o al test ELISA che ricerca direttamente gli Ac diretti contro gli Ag noti quali la mieloperossidasi oppure la proteinasi-3, in particolare quest’ultima tecnica permette di valutare gli Ac patogeni in modo quantitativo e quindi risulta importante per la predizione del danno d’organo; la diagnostica dovrebbe prevedere l’utilizzo di entrambe le metodiche in quanto i risultati non sono perfettamente identici e l’una diventa la verifica dell’altra.Gli ANCA possono essere distinti in due tipologie a seconda del pattern di fluorescenza sui neutrofili fissati, diversamente dall’ELISA che permette di individuare direttamente il tipo di Ac coinvolto:

p-ANCAI p-ANCA (Periferal-ANCA) sono manifestati dalla comparsa di una fluorescenza perinucleare qualora i neutrofili vengano fissati in etanolo, tale pattern rappresenta un artefatto come risultato della ridistribuzione degli Ag citoplasmatici in seguito alla fissazione con etanolo e si trasforma nella tipologia c-ANCA qualora la fissazione sia condotta con la formaldeide; la positività per i p-ANCA si associa alla presenza degli anti-MPO, quindi segnala la PM e la CSS. Nel caso specifico della CSS si possono distinguere due varianti, una caratterizzata da un infiltrato eosinofilo diffuso, l’altra di tipo vasculitico, per cui la positività ai p-ANCA è più variabile e la loro assenza non esclude la diagnosi.

c-ANCAI c-ANCA (Cytoplasmic-ANCA) sono manifestati da una fluorescenza granulare evidenziabile in sede citoplasmatica che si mantiene tale sia che la fissazione si realizzi in etanolo che in formaldeide, indicano la presenza di Ac rivolti verso la proteinasi-3, segnalando la GW; poiché sono particolarmente correlati a tale patologia, l’assenza di questa positività tende a far escludere la diagnosi.

Questi Ac hanno un doppio ruolo in quanto sono marker non solo di malattia, ma anche espressione della sua attività pur non essendo presenti nella lesione: attraverso studi eseguiti sulla CSS, è stato osservato che il titolo degli Ac ANCA tenda ad innalzarsi all’inizio della malattia, ma la percentuale di positività si riduce in maniera importante a seguito del trattamento con una forte terapia immunosoppressiva, anche se può nuovamente innalzarsi, con livelli simili a quelli dell’esordio, durante le riacutizzazioni periodiche della malattia; per gli aspetti descritti, gli ANCA vengono determinati piuttosto frequentemente nella storia clinica del paziente con una frequenza che dipende dalle condizioni cliniche, anche se in linea di massima è consigliabile un monitoraggio ogni 2-3 mesi se si tratta di un periodo critico oppure ogni 3-4 in condizioni generali. In linea generale questa patologia, come tutte quelle di ordine infiammatorio, può andare incontro a remissione spontanea, anche se più frequentemente ciò può essere indotto dal trattamento farmacologico per impedire la realizzazione di un danno permanente: la remissione spontanea è contemplata in quanto i meccanismi infiammatori possiedono sistemi di autolimitazione, ad esempio nel LES l’espansione esagerata di IL-18 è contrastata da un meccanismo di down-regolazione costituito dalla produzione dell’IL-18 binding protein

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oppure, nel caso di accumulo di citochine attivanti il sistema monocito-macrofagico, il controllo è mediato dall’IL-10.Gli ANCA possono essere definiti come Ac patogeni e l’ipotesi più accreditata per la realizzazione del danno, considerando che non si localizzano nella lesione, consiste nella possibilità dei neutrofili di traslocare i granuli citoplasmatici sulla membrana in seguito a stimoli infiammatori, in particolare si possono descrivere diversi passaggi:

- Considerando la dinamicità del modello, i granuli e gli Ag degli ANCA non devono essere considerati come statici e in grado di entrare in gioco solo a seguito di un processi di fagocitosi, ma vengono attivamente trasportati sulla membrana tramite un meccanismo di shuttle così da essere espressi all’esterno.

- In presenza di un pattern genetico alterato che compromette il sistema della tolleranza è possibile il riconoscimento di questi Ag da parte dei linfociti B e la produzione di auto-Ac, anche poco numerosi e a bassa affinità.

- Una volta prodotti gli ANCA, questi possono legarsi ai propri bersagli e causare l’attivazione dei neutrofili con liberazione di ROS, citochine e molti altri enzimi responsabili del danno circostante, tuttavia possono anche portare alla formazione del NET (Neutrophil Extracellular Traps): quest’ultimo rappresenta un meccanismo di difesa dell’immunità innata, una forma di suicidio cellulare che porta allo sviluppo di una serie di modifiche biochimiche a livello nucleare quali l’attivazione di un sistema enzimatico che deimina gli istoni con conseguente srotolamento della cromatina, segue la dissoluzione della membrana nucleare e il mescolamento del materiale nucleare e citoplasmatico; come ultimo step prima di andare incontro a morte, le cellule rilasciano all’esterno la rete di cromatina, assieme a MPO (produttrice di ROS) e PR3, con la finalità di intrappolare e uccidere gli agenti infettivi posti all’esterno della cellula, processo possibile in quanto gli istoni possiedono un effetto battericida essendo proteine basiche. La formazione del NET è un aspetto molto importante dei meccanismi difensivi dell’organismo, infatti la sua assenza configura quadri di immunodeficienza, tuttavia in presenza di ANCA si innesca un circolo vizioso per cui la formazione di NET porta ad una maggiore esposizione di MPO ed PR3 con incremento del titolo anticorpale; la spiccata attivazione di questo sistema di difesa si rende responsabile di un danneggiamento endoteliale sostenuto dal pattern enzimatico e proteico liberato tipicamente basico.

Le reti di cromatina, tipiche del NET, possono essere evidenziate attraverso colorazioni specifiche qualora alle biopsie renali non fossero rilevabili le Ig: dal momento che le reti sono costituite anche da MPO e PR3 sarebbe legittimo ipotizzare la presenza di ANCA in queste strutture, anche se spesso i NET alla biopsia sono talmente ridotti che l’eventuale presenza di Ac risulta al di sotto del limite di detection per l’IF; quindi, mentre nel LES o nelle vasculiti da immunocomplessi la deposizione è particolarmente abbondante e i granuli degli anticorpi possono essere apprezzati con un sistema relativamente poco sensibile come l’IF, ciò non è altrettanto valido in queste circostanze in cui si hanno solo pochi ng di Ac depositati, diversamente l’immunogold potrebbe riconoscere l’Ac sul NET per la maggiore sensibilità.

FATTORE REUMATOIDEIl FR è un Ac molto frequente paragonabile agli ANA, più che un singolo Ac racchiude un insieme di varianti ricercate per confermare la diagnosi di patologie significativamente frequenti: dal punto di vista biochimico può essere di classe IgM, IgG o IgA, ma indipendentemente dall’istotipo i diversi Ac sono accomunati dalla specificità in quanto sono diretti contro epitopi, ancora oggi non delimitati e quindi non riproducibili in vitro, ma sicuramente appartenenti alla porzione costante delle IgG, precisamente in CH2 e CH3; altra

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particolarità di questo anticorpo è la capacità di legare contemporaneamente due antigeni cosicché viene detto bispecifico.La modalità di determinazione classica basata sull’agglutinazione limita la diagnostica ad una sola variante di FR, ovvero alla forma IgM perché pentamerica; la tecnica può essere eseguita con diverse modalità

- L’agglutinazione all’antica (reazione di Waaler-Rose), sfruttata per le diagnosi di AR, era eseguita su vetrino e sfruttava le emazie di montone fatte reagire con un siero di coniglio immunizzato contro queste cellule per mezzo di IgG, dopodiché vengono poste in contatto con il siero umano per evidenziare l’agglutinazione e quindi la presenza del FR IgM; tuttavia questo test venne abbandonato per la tendenza spontanea da parte dei GR a lisarsi una volta trascorso un certo intervallo di tempo.

- Attualmente si ricorre Reuma test (RA test) che prevede di utilizzare particelle di resina o plastica su cui sono state fatte aderire IgG umane aggregate tramite calore, trasformando il target per la ricerca anticorpale in un’Ig di origine umana, se il siero contiene FR IgM questo si lega alle IgG provocando l’agglutinazione delle particelle; le diluizioni scalari possono essere espresse come titolo oppure come torbidità del campione nel caso si ricorra alla nefelometria (unità/ml).

Diversamente dalle IgM, il FR IgG o IgA non può essere misurato per agglutinazione ma necessariamente attraverso l’ELISA: le IgG forniscono scarse informazioni cliniche, soprattutto se confrontate con le IgM, mentre le IgA hanno un ruolo più significativo per la loro correlazione con la sindrome di Sjӧgren e l’AR.Valutando le correlazioni patologiche di tale autoanticorpo, emerge lo stretto rapporto con l’AR da cui prende il nome: è riscontrabile nel 50-70% dei pazienti affetti da tale patologia e la variabilità della presentazione dipende in parte dalla durata di malattia, infatti il FR è un Ac che può anche essere assente all’esordio e positivizzarsi più tardivamente; oltre ad essere significativo per la diagnosi, assume anche un valore prognostico fornendo informazioni relative alla severità di malattia in quanto i pazienti sieronegativi presentano una patologia più lieve e meno erosiva.Il FR, tuttavia, non è un marker di malattia poiché può essere prodotto con relativa facilità in diverse circostanze, anche se la differenza tra i pazienti affetti da AR e non risiede nel titolo anticorpale che risulta spiccatamente più elevato nei primi in quanto, entro certi limiti, risulta protettivo garantendo la clearance degli Ic; un’altra differenza tra pazienti sani ed affetti da AR sta nell’affinità e nell’eterogeneità (ipermutazione somatica), le quali risultano rispettivamente bassa e minima nei soggetti sani, elevata e spiccata nei pazienti affetti da AR a sottolineare una produzione realizzatasi per selezione e maturazione clonale analogamente a quanto si verificherebbe in risposta ad un Ag esogeno. Ogni soggetto possiede, pertanto, un pattern genetico in grado di codificare per Ig di tipo FR poiché questi Ac possono assolvere ad una funzione protettiva; diversamente, i pazienti con AR utilizzano questa classe anticorpale in maniera anomala, in relazione ai diversi polimorfismi, sottoponendo così gli Ac ad una selezione antigenica molto spinta ottenendo una serie di Ac patogeni mutati e ad alta affinità.Poiché il FR non è specifico per l’artrite reumatoide, può essere riscontrato in una vasta gamma di condizioni differenti:

- Infezione virale, frequente è la correlazione tra l’infezione da EBV e la produzione transitoria di FR, tuttavia anche le infezioni croniche (HBV e HCV) possono comportare una produzione anticorpale continua per la persistenza dello stimolo antigenico;

- Infezioni parassitarie, come la malaria, o batteriche, come la tubercolosi; - Crioglobulinemia, soprattutto quando legata ad infezione da HCV;- Soggetti anziani, fino al 10% (in genere il 2-3% se non selezionati) di questa popolazione può essere

positivo e ciò complica la diagnosi se l’AR compare in età più avanzata;- LES o sindrome mista del connettivo (30%),- Sindrome di Sjӧgren (90%),

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- Malattie neoplastiche, probabilmente per l’aumentato stimolo antigenico, in particolare in queste circostanze può essere frequente l’associazione tra FR e ANA.

Viste le difficoltà diagnostiche relative all’AR, uno strumento fondamentale degli ultimi 15 anni è rappresentato attualmente da una nuova classe anticorpale detta ACPA (anticorpi anti-proteine/peptidi citrullinati) che può essere impropriamente indicata con il nome del metodo utilizzato per la misurazione 7, ovvero anti-CCP (peptide ciclico citrullinato) o direttamente anti-citrullina: la citrullina rappresenta il target della risposta anticorpale, anche se non tanto come amminoacido isolato quanto localizzato all’interno di una proteina ed è ottenuto dalla deiminazione (perdita –NH2) dell’arginina; la citrullina non rientra nel gruppo degli AA naturali in quanto non esiste nessun RNA-t che la carichi su una proteina, pertanto le citrulline vengono create soltanto a seguito della sintesi proteica grazie alla presenza di un enzima specifico. Le strutture interessate possono essere molteplici ed eterogenee tra loro diventando strumenti utili per misurare questi autoanticorpi, tuttavia non è importante quale sia la proteina interessata purché siano state modificate le arginine in citrulline per garantire l’interazione anticorpale; le sedi colpite sono

- Epidermide, le proteine vengono citrullinate nella maturazione di questo tessuto, in particolare nel passaggio la proteina interessata è la filaggrina nella migrazione cellulare dagli strati profondi a quelli superficiali;

- Connettivi, in particolare si ricorda la vimentina;- Encefalo, la struttura deiminata è rappresentata dalla proteina basica della mielina, fenomeno che

si ricollega alla maturazione della guaina mielinica e ad alterazioni correlate con la sclerosi multipla;- Nucleosoma, la citrullinazione degli istoni consente non solo la formazione del NET, ma anche la

regolazione della trascrizione genica;- Proteine del citoscheletro.

Le modificazioni a carico delle proteine citate sono fondamentali per la fisiologia cellulare anche se possono divenire substrati per la risposta autoanticorpale, fenomeni maggiormente frequenti in presenza di focolai di infiammazione; i target possono essere molteplici, oltre alle proteine self citate esiste un corredo proteico non-self rappresentato, ad esempio, dalle proteine virali di EBV o di Porphyromonas (cavo orale) che probabilmente subiscono una citrullinazione contro cui si innesca la risposta anticorpale a cui segue verosimilmente un fenomeno di cross-reattività.Dal punto di vista pratico questi anticorpi si sono rivelati estremamente utili come maker di AR, infatti sono riscontrabili nel 70% dei casi di questa patologia mentre l’associazione non è stretta con altre forme di artrite cronico-erosive, ad esempio nell’artrite psoriasica si apprezza una positività per ACPA attorno al 5-7%; un altro aspetto significativo, che li differenzia da FR, è la precoce positivizzazione all’esordio della malattia o addirittura prima8 (10-15 anni), queste osservazioni sono state dimostrate attraverso il dosaggio degli ACPA su un campione di donatori il cui sangue era stato stoccato per molti anni presso le biobanche, valutando la storia clinica dei pazienti risultati positivi, clinicamente sani al momento del prelievo, si è potuto osservare la comparsa successiva dell’AR. La presenza degli ACPA ad alto titolo in un paziente clinicamente sano pone importanti problematiche di gestione del paziente da parte del medico: poiché questi Ac sono predittivi diventa opportuno fornire al paziente istruzione per prevenire, almeno in parte l’insorgenza della malattia come l’astensione dal fumo, tuttavia non è possibile agire significativamente in caso di stringente familiarità sia per la correlazione genetica (DRB1 04,01) che per l’impossibilità di controllare l’esposizione ambientale a fattori precipitanti come le infezioni.

7 Esistono più metodiche per la misurazione, il dosaggio dell’anti-CCP è l’approccio più frequente.8 Non è un comportamento unico degli ACPA, infatti alcune specificità ANA possono essere riscontrate nei pazienti prima dello sviluppo di malattia.

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Gli ACPA sono di solito presenti isolatamente nelle prime fasi di malattia mentre successivamente si correlano alla positivizzazione del FR cosicché nelle fasi avanzate di malattia è estremamente raro riscontrare la loro presenza in assenza del FR; inoltre è importante tenere presente che se da una parte gli ACPA si associano ad un’AR più severa ed erosiva, dall’altra non sono espressione dell’attività di malattia né della riposta al trattamento, anche se quanto affermato non è del tutto confermato in quanto è possibile che questi eventi si possano correlare ad una fluttuazione del titolo anticorpale.Ricapitolando il ruolo diagnostico degli ACPA, in prima battuta è necessario il loro dosaggio all’inizio della patologia per inquadrare la diagnosi, soprattutto nelle forme di artrite indifferenziata9 in cui il riscontro di ACPA indirizza il sospetto verso un’AR nelle prime fasi, particolarmente importante perché la diagnosi precoce consente di prevenire i danni attraverso la somministrazione di farmaci immunosoppressori e antinfiammatori; diversamente non ha significato il dosaggio ripetuto degli ACPA per l’assenza di una correlazione con l’andamento della malattia.

ANTICORPI ANTI-FOSFOLIPIDI (aPL)Gli aPL rappresentano una classe anticorpale ad ampio spettro, infatti, oltre al settore reumatologico, costituiscono un fattore di rischio pro-trombotico per l’ictus indipendente dagli altri come fumo, obesità e dislipidemia, inoltre costituiscono un altissimo fattore di rischio post-trombotico; per la loro stringente correlazione con l’assetto coagulativo questi Ac possono essere ricercati in una popolazione ampia su cui attuare una prevenzione efficace. La definizione di aPL, riferita agli Ac con azione pro-trombotica in vivo, è utilizzata in modo scorretto in quanto tale classe anticorpale non è diretta contro i fosfolipidi isolati, ma contro complessi proteina-fosfolipide e talvolta anche soltanto contro le proteine coinvolte nella coagulazione come protrombina o β2-glicoproteina; possono esistere anche anticorpi diretti contro i fosfolipidi isolati, essendo tuttavia costituenti di membrana molto comuni soprattutto negli agenti infettivi, la presenza di aPL isolati è caratteristica delle malattie infettive in cui si repertano titoli non elevati e una presenza in genere transitoria di anticorpi reattivi con il fosfolipide.Questi Ac sono particolarmente difficili da determinare ed esistono due metodi principali di misurazione che devono essere entrambi sfruttati:

Test funzionale

Il test funzionale coincide con il lupus anticoagulant (LAC)10, un test tipico dei laboratori che si occupano di coagulazione in quanto è valutato il tempo di coagulazione dipendente dai fosfolipidi: se il siero di un paziente mostra un allungamento dell’aPTT non giustificabile dal ricorso agli anticoagulanti, il primo step prevede di ripeterlo e di aggiungere plasma per tentare una correzione con i fattori della coagulazione; qualora l’aPTT si normalizzasse, sarebbe indice di deficit di quest’ultimi, diversamente il parametro non si corregge nel caso del LAC in quanto ciò è possibile solo tramite l’aggiunta di fosfolipidi. Infine è importante sottolineare che gli aPL mostrano un comportamento inverso in vitro e in vivo, nel primo caso catturando i fosfolipidi hanno un’azione anticoagulante che si traduce in un allungamento dell’aPTT, diversamente nel secondo caso hanno un effetto pro-trombotico; inoltre i LAC sieropositivi presentano di solito positività anche agli Ac anti-β2-glicoproteina e anti-protrombina, più raramente contro le altre proteine coinvolte nella coagulazione.

Test antigenico

I test immunoenzimatici sono vari, in genere ricorrono a proteine coinvolte nella coagulazione o a complessi proteine-fosfolipidi; tra i diversi tipi di ELISA si ricordano tre tipologie di cui le prime due sono le più significative

9 Si tratta di quadri caratterizzati oligoartrite, vascolarizzazione evidente all’ECO, segnale presente al powerdoppler e PCR mossa, tuttavia è evidenziabile erosione.10 Con il termine LAC si fa riferimento sia al fattore anticoagulanete lupico che al test funzionale utilizzato per evidenziarlo.

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Anti-cardiolipina (ACLA), valuta gli Ac diretti contro questi fosfolipidi e rappresenta un test storico, ovvero il primo ELISA introdotto e sfruttato in maniera esclusiva sino a 20 anni fa;

Anti-β2-glicoproteina, proteina abbondante nel siero; Anti-protrombina.

Nel valutare il rischio trombotico questi Ac devono essere ricercati avvalendosi di più metodi poiché ognuno di essi misura una classe anticorpale leggermente diversa e non sovrapposta alle altre, la possibilità di sviluppare un trombo aumenta con il numero delle positività e il titolo anticorpale correlato: i test di riferimento sono rappresentati dalla valutazione di LAC, ACLA e anti-β2-glicoproteina, tuttavia sarebbe preferibile non ricorrere al dosaggio degli ACLA in quanto si tratta di Ac presenti nel siero in forma isolata a basso titolo e più frequentemente in forma complessata con la B2-glicoproteina; per tale motivo il dosaggio di questi Ac tende a sovrastimare il rischio clinico misurando sia la forma isolata che la forma complessata. Poiché per la valutazione del LAC è fondamentale conoscere se il paziente abbia già intrapreso una terapia anticoagulante, soprattutto orale, in quanto capace di interferire con il test, pertanto si rende indispensabile la valutazione ELISA di ACLA e anti- β2-glicoproteina.Concludendo, il dosaggio degli aPL si rende necessario in diverse circostanze:

- Malattie reumatologiche come LES e sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi, sia nella forma primitiva che secondaria associata a lupus;

- Malattie non reumatologiche, il dosaggio deve essere eseguito sia in presenza di fattori di rischio trombotici che in presenza di ictus o infarto del miocardio in pazienti giovani e privi di fattori di rischio in cui è necessario uno screening di tutti i possibili fattori che determinano ipercoagulabilità del sangue tra cui proprio aPL.