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UNIVERSITA’ DI PADOVA LAUREA SPECIALISTICA IN MEDICINA E CHIRURGIA A.A. 2005/2006 APPUNTI DI FARMACOLOGIA SPECIALE Chemioterapia, neuropsicofarmacologia, farmacologia sistemica appunti personali del corso tenuto dai prof. Giusti, Luciani e Miglioli nel corso del primo e secondo semestre dell’A.A. 2005/2006

Appunti Di Farmacologia Speciale

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Page 1: Appunti Di Farmacologia Speciale

UNIVERSITA’ DI PADOVALAUREA SPECIALISTICA IN MEDICINA E CHIRURGIA

A.A. 2005/2006

APPUNTI DI FARMACOLOGIA

SPECIALE

Chemioterapia, neuropsicofarmacologia, farmacologia sistemica

appunti personali del corso tenuto dai prof. Giusti, Luciani e Miglioli nel corso del primo e secondo semestre dell’A.A. 2005/2006

integrati con spunti tratti dal libro “Farmacologia” di Rang, Dele e altri, ed. Ambrosiana

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APPUNTI DI FARMACOLOGIA SPECIALE

CHEMIOTERAPIA

Chemioterapia antibatterica

Principi di terapia antibattericaIl farmaco scelto deve: Presentare azione verso il patogeno. L’informazione si ottiene dall’antibiogramma; Trovarsi nella sede di infezione in concentrazioni e per un tempo adeguato. Queste informazioni sono fornite dalla

farmacocinetica; Presentare tossicità selettiva: il farmaco deve danneggiare l’agente infettivo a concentrazioni non tossiche per

l’uomo. Ciò si ottiene colpendo bersagli presenti esclusivamente nei procarioti oppure che, pur presenti anche negli eucarioti, hanno affinità per le strutture dei procarioti decisamente superiore (per es. il Trimetorpin lega la folato reduttasi batterica con affinità decine di migliaia di volte maggiore rispetto a quella umana).

L’azione antibatterica può essere di due tipi: Battericida; Batteriostatica: il farmaco non uccide il batterio ma ne impedisce la moltiplicazione. Per l’eradicazione

dell’infezione è necessario l’intervento del sistema immunitario: se esso è efficiente batteriostatici o battericidi possono essere usati indifferentemente; se invece un individuo è immunodepresso bisogna necessariamente ricorrere ai battericidi. Stesso dicasi se l’infezione colpisce distretti difficilmente raggiungibili dal sistema immunitario.

La modalità di somministrazione degli antibiotici tiene conto del fatto che per alcuni l’azione è correlata alla concentrazione plasmatica massima raggiunta (es. aminoglicosidi) mentre per altri è importante il tempo di esposizione (es. β-lattamici).Un’altra importante caratteristica degli antibiotici è “l’effetto post-antibiotico”: l’azione sui batteri dell’antibiotico continua anche dopo che esso è stato tolto dal mezzo di crescita degli stessi.L’azione antibatterica può essere presente anche a concentrazioni sub-inibenti: l’azione sub-inibente può per esempio comportare nel batterio delle modifiche tali da renderlo meglio attaccabile dalle difese immunitarie.I principali meccanismi di azione degli antibatterici sono:1. inibitori della sintesi della parete cellulare;2. inibitori della sintesi delle proteine:

a. per legame ai ribosomi;b. per legame all’RNA.

3. inibitori della replicazione del DNA per l’inibizione della DNA girasi;4. inibitori di enzimi indispensabili per il metabolismo batterico.

ResistenzaDopo un trattamento un paziente può andare nuovamente incontro ad infezione. Ciò è spesso dovuto allo sviluppo di resistenza, che si definisce come la capacità di un organismo di non subire l’attività inibente la crescita nei suoi confronti da parte di un antibatterico. Il concetto di resistenza si contrappone a quello di sensibilità e suscettibilità.Esistono due tipi di resistenza: naturale: una determinata specie non risente dell’attività dell’antibiotico e non ne ha mai risentito; acquisita: forma di resistenza che si presenta in specie batteriche precedentemente sensibili. E’ un cambiamento

genetico che può verificarsi su base mutazionale e esprimersi attraverso meccanismi biochimici. Il problema della resistenza acquisita è importante ai fini clinici.

Un batterio può acquisire resistenza nei seguenti modi: il farmaco non raggiunge il bersaglio. Questo meccanismo si verifica per esempio nei batteri G- (escherichia coli,

pseudomonas aeuriginosa…): per arrivare all’interno del batterio il farmaco deve essere piccolo e idrosolubile in maniera da poter attraversare le porine presenti sulla membrana esterna. I batteri possono chiudere o non esprimere i canali limitando o precludendo il passaggio del farmaco.Alcuni farmaci come le tetracicline e gli aminoglicosidi per essere attivate devono essere concentrate nel batterio. Se la capacità di concentrare il farmaco viene persa la concentrazione del farmaco all’interno del batterio non risulta sufficiente rispetto alle necessità terapeutiche. Infine un meccanismo abbastanza recente è l’espressione da parte del batterio di pompe di efflusso;

il farmaco raggiunge il bersaglio ma non è attivo. Per esempio le β-lattamine possono essere degradate all’interno della cellula dalle β-lattamasi. Gli aminoglicosidi possono venire legati dall’enzima acetil-transferasi. In entrambi i casi i farmaci non sono in grado di esplicare la loro azione. Molecole com l’isoniazide (anti TBC) sono profarmaci e devono essere attivati da una catalasi. Alcuni micobatteri possono non esprimere la catalasi e diventare così resistenti.

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il farmaco raggiunge attivo il bersaglio ma quest’ultimo è stato alterato. Per esempio la resistenza alla streptomicina è dovuta ad alterazione del recettore “proteina B12”.

La resistenza può essere di origine: non genetica: interessa di solito la resistenza naturale e si ha quando il batterio non ha mai posseduto le strutture

sulle quali il farmaco agisce: es. micoplasmi e clamidie rispetto agli inibitori della parete cellulare; genetica:

o cromosomica: è solitamente dovuta ad una mutazione spontanea in un locus che controlla la sensibilità ad un dato antibatterico. La frequenza di questo tipo di resistenza varia a seconda della specie da 1/107 a 1/1012. Si arriva a frequenze molto più alte per farmaci quali la rifampicina e la fosfomicina (1/104,1/105).Questo tipo di resistenza è in genere meno importante sia perché di solito si associano ad una minore patogenicità sia perché il sistema immunitario è in genere in grado di far fronte autonomamente al piccolo clone di batteri selezionato per mutazioni spontanee;

o extracromosomica: è veicolata da plasmidi liberi nel citoplasma o integrati nei cromosomi. La classe di plasmidi che veicolano i geni della resistenza batterica prendono il nome di fattori R. Frequentemente controllano l’espressione di enzimi capaci di distruggere un farmaco.Il materiale genetico responsabile della resistenza può passare da un batterio ad un altro per via orizzontale e ciò determina una veloce diffusione della resistenza. Il passaggio in un plasmide per via orizzontale può avvenire per: coniugazione: comporta il trasferimento unidirezionale di un plasmide tra batteri della stessa specie o di

speci diverse. Necessita di un fattore di fertilità che codifica per l’espressione di pili sessuali (tubi proteici) che collegano il donatore all’accettore. Il meccanismo è abbastanza diffuso tra i G – e i cocchi G +;

trasduzione: è il passaggio di materiale da un batterio all’altro mediante un virus batteriofago. E’ abbastanza raro e interessa soprattutto Salmonelle e Stafilococchi;

trasposizione: è lo scambio di brevi sequenze di DNA (trasposoni) tra un plasmide e l’altro o tra cromosoma e plasmide attraverso i quali possono passare ad un’altra cellula. Questo meccanismo giustifica l’alta frequenza di plasmidi veicolanti più geni di resistenza;

trasformazione: passaggio diretto di materiale genetico da una cellula all’altra di solito per manipolazione laboratoristica.

Principali batteri

Gram positiviCocchi Staphylococcus; Streptococcus Bastoncelli (bacilli) Corynebacterium; Clostridium (anaerobi); Listeria *;

Bacillus antracisGram negativiCocchi Neisseria gonorrhoeae* e meningitidisBastoncelli (bacilli) Enterobacteriaceae (E. Coli, Shigella*, Salmonella,

Proteus); Haemophilus infl.; Bordetella Pertussis; Pseudomonas aeuriginosa; Herlicobacter Pylori, Vibrio Cholerae, Legionella pneumophila* ed altri.

Spirochete Treponema Pallidum, LeptospiraAltri Rickettsiae*, Mycoplasma pneumoniae, Chlamydia*,

Actinomyces, Pneumocystis.

* prevalente localizzazione intracellulare

Farmaci inibitori della sintesi della parete battericaIl ruolo della parete batterica si comprende se si considera che la differenza di pressione osmotica tra liquidi organici e interno di un batterio varia tra le 5 ATM per i G- e le 20 ATM per i G+. Questa è una pressione estremamente elevata cui si contrappone la parete batterica. Un farmaco privato di parete si gonfia e scoppia a meno che non sia posto in un liquido iso-osmotico: in tal caso diventa un protoplasto (G+) o uno sferoplasto (G-).Tutti gli antibiotici che agiscono sulla parete batterica, se il mezzo di crescita non è isoosmotico, sono battericidi. Il limite di questi antibiotici è che il loro spettro d’azione comprende solo (e non tutti) i batteri dotati di parete e che sono attivi solo quando i batteri sono in fase di replicazione (associare un batteriostatico ad un inibitore della sintesi della parete non avrebbe senso).Tappe della sintesi:1. sintesi dell’acido N-acetilmuralico e dell’N-acetilglucosamina;2. funzione all’interno della cellula di una molecola di N-acetilmuralico e una di N-acetilglucosamina a formare il

disaccaride di base del peptidoglicano;3. trasporto dell’unità di base all’esterno della cellule e aggiunta alla porzione terminale della catena di peptidoglicano

in formazione;

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4. formazione di legami crociati (transpeptidazione) tra le varie catene di peptidoglicano al fine di accrescere la solidità della parete.

FosfomicinaE’ una molecola molto piccola scoperta circa 35 anni fa (prodotta da uno streptomicite) che all’inizio ebbe un gran successo.La fosfomicina è un acido che in quanto tale viene prodotto in forma di sale di calcio, sodio o trometanolo.

Spettro d’azione G+: cocchi ; G-: enterobatteri, anaerobi.

FarmacodinamicaLa fosfomicina inibisce la sintesi di una delle strutture della parete cellulare (acido n-acetil muramico) inibendo l’enzima piruvil transferasi con un meccanismo di inibizione competitiva.L’antibiotico, per raggiungere il sito d’azione, deve giungere all’interno del batterio utilizzando dei trasportatori che fisiologicamente trasportano il glucosio 6-P, il fruttosio 6-P e l’α-glicerofosfato. La diminuita attività dei trasportatori diminuisce l’efficacia della fosfomicina:- Sostanze che inibiscono il trasporto sono: ioni fosfato, NaCl, Glucosio, ph alcalino. Se si impiega la fosfomicina

per infezioni delle vie urinarie e in esse vi è glucosio (diabetici) oppure il pH è basico la fosfomicina non è efficace;

- Facilita il trasporto il glucosio 6-P. In alcuni distretti (es. liquor) esso è in concentrazione bassa e ciò aiuta a spiegare la bassa efficacia della fosfomicina in tali distretti.

ResistenzaLa frequenza di batteri resistenti è molto alta (1/104-1/105). Se si utilizza il farmaco per trattamenti prolungati è molto probabile che si sviluppino dei ceppi resistenti. Per questo motivo la fosfomicina si impiega in associazione ad altri farmaci (β-lattamine, rifampicina, aminoglicosidi, fluorochinoloni) o per trattamenti profilattici di breve durata. La resistenza si deve all’incapacità della fosfomicina di arrivare all’interno della cellula per deficit dei trasportatori. Poiché esso è un meccanismo specifico per la fosfomicina non interessa la dinamica di altri antibiotici.La resistenza è solitamente di tipo cromosomico. Più raramente può essere veicolato da plasmidi un enzima che scinde il farmaco.

Farmacocinetica La fosfomicina calcica presenta una sufficiente biodisponibilità: circa 35-40 %.

Una volta assorbita presenta un’eccellente distribuzione: supera la barriera ematoencefalica (di solito un farmaco che supera la barriera ematoencefalica si distribuisce bene dappertutto). Normalmente la concentrazione raggiunta nel liquor è il 6-7 % di quella ematica ma questo valore cresce nel caso in cui la barriera sia alterata a causa di una meningite. Il farmaco diffonde anche nei secreti.La fosfomicina calcica è eliminata nell’urina (15%, non sufficiente per il trattamento delle infezioni delle vie urinarie) e nelle feci dopo essere stata concentrata attivamente nella bile o secreta dalla parete intestinale. Presenta un’emivita di circa 2,2 ore.

Il sale fosfomicina-trometanolo ha un’emivita di 3,5 ore, una maggiore eliminazione urinaria (55-60 %, quindi può essere usato per le infezioni urinarie), presenta un circolo entero-epatico;

La fosfomicina sodica si usa solo per via parenterale e si differenzia per un’eliminazione urinaria pari all’85%.

Effetti tossiciLa fosfomicina è il farmaco di prima scelta per le infezioni urinarie della donna gravida: ciò è testimonianza del fatto che gli effetti tossici sono scarsi e sono rappresentati pressochè esclusivamente da diarrea per azione irritante sulla parete intestinale e per azione sulla flora intestinale (a causa di ciò si possono verificare superinfezioni sia batteriche che micotiche).La fosfomicina sodica è controindicata in pazienti che devono seguire una dieta iposodica perché è elevata la quantità di sodio legata all’antibiotico.Può essere associata agli aminoglicosidi e alle β-lattamine perché la fosfomicina protegge dalla nefrotossicità dei primi due.

Indicazioni terapeutiche Farmaco di elezione per la terapia delle infezioni urinarie della donna; Profilassi di infezioni chirurgiche trans-uretrali; Infezioni sostenute da stafilococchi o streptococchi qualora non siano attive le β-lattamine. In tal caso la

fosfomicina si associa ad un altro antibatterico.

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Glicopeptidi (Vancomicina e Teicopanina)I due farmaci hanno in comune il meccanismo d’azione e lo spettro d’azione ma si differenziano per farmacocinetica ed effetti tossici. Sono entrambe molecole idrosolubili molto grosse.

Spettro d’azione Aerobi: cocchi G+ (stafiloccocchi e streptococchi). In particolare è attivo contro lo streptococco feacalis

(enterococco); Anaerobi: C. Difficile, responsabile delle super infezioni intestinali che causano la colite pseudomembranosa.

FarmacodinamicaInibiscono la sintesi della parete cellulare e sono perciò principalmente battericidi. Il loro bersaglio è un enzima che interviene in una delle fasi finali della sintesi del peptidoglicano (transglicolasi) il quale distacca l’unità di base del peptidoglicano dal trasportatore e lo aggiunge alla catena in formazione.Inibisce anche la transpeptidasi e la carbossipeptidasi, enzimi responsabili della formazione di legami incrociati tra le catene di acetil-muralico e acetil-glucosamina.Un’altra azione è l’alterazione della permeabilità di membrana. Infine si è ipotizzato che potrebbero inibire la sintesi dell’RNA.

Farmacocinetica Vancomicina: biodisponibilità orale insufficiente in quanto molecola grossa e idrosolubile. Tuttavia rimane attiva

nel lume intestinale per cui può essere utilizzata per le gastroenteriti batteriche anche senza essere assorbita. In particolare è un farmaco di scelta per le infezioni da C.Difficile.Se si somministra per EV la somministrazione deve essere lenta. Non può essere somministrata intramuscolo perché è istotossica.Viene eliminata quasi esclusivamente per via urinaria, in piccola parte dal fegato (negli epatopatici non è necessaria una riduzione del dosaggio).Emivita di 4-6 ore. Diffonde bene nei liquidi, non nei tessuti;

Teicopanina: si può somministrare intramuscolo perché non è istotossica. Non provoca liberazione di istamina se somministrata per endovena. E’ più biodisponibile e diffonde meglio all’interno delle cellule (anche se comunque sempre poco in senso assoluto). Infine è meno tossica rispetto alla Vancomicina e l’eliminazione è quasi esclusivamente urinaria.

ResistenzaFino a qualche anno fa non c’erano ceppi resistenti. Ora qualche ceppo di enterococchi è diventato resistente perché il batterio è in grado di esterificare il dipeptide di alanina cui si lega il glicopeptide. Un’altra possibilità è la sostituzione di un residuo di alanina con una metionina o, infine, l’aumentata produzione di dipeptide.Questo tipo di resistenza è acquisita per via plasmidica.

Effetti tossiciSe si somministra Vancomicina velocemente per endovena si può avere liberazione di istamina con classico arrossamento del collo. E’ ototossica e nefrotossica ma tollerata al dosaggio; tuttavia potenzia la nefro e ototossicità di altri farmaci come gli aminoglicosidi e le cefalosporine. Rari i fenomeni di ipersensibilità.

β-lattamineTutte le β-lattamine hanno in comune il meccanismo d’azione di tipo battericida. L’azione è quella di far sì che il batterio non riesca a consolidare la parete cellulare. Perché ciò avvenga è infatti necessario che si creino dei legami crociati tra i residui di peptidoglicano e ciò è impedito dalle β-lattamine.I bersagli di questi farmaci sono dette PBP e si trovano nella membrana citoplasmatica dei G+ o nella membrana esterna dei G-: la più importante PBP è la transpeptidasi, enzima che costituisce ponti tra residui di D-ala – D-ala e m-DAP nei G- o L-lys nei G+.Le β-lattamine inibiscono la transpeptidasi con meccanismo competitivo poiché l’anello β-lattamico è stericamente simile al dimero D-ala – D-ala. Dopo l’azione viene attivato il sistema delle autolisine che consiste in idrolasi che degradano i peptidoglicani. In alcuni batteri il sistema delle autolisine non si attiva: in tal caso i batteri rimangono vivi ma non possono replicarsi: si parla di batteri “tolleranti alla penicillina”.Poco tempo fa, limitatamente alle penicilline, si è ipotizzato un terzo meccanismo di azione che consiste nella capacità da parte di questi farmaci di attivare una proteina (Holin-like protein o Holine) la cui attivazione comporta un azzeramento del potenziale di membrana.

PenicillineTutti i farmaci della famiglia delle penicilline presentano una struttura centrale comune: ciò che li differenzia l’uno dall’altro è la catena laterale cui il gruppo centrale è legato e che gli conferisce diverse proprietà farmacodinamiche e

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farmacocinetiche. La struttura centrale contiene l’anello β-lattamico che è essenziale per l’attività antibatterica e qualora venga rotto il farmaco perde attività antibatterica ma acquista attività sensibilizzante (capacità di dare origine a reazioni allergiche). Benzilpenicillina G: è la prima penicillina utilizzata

o spettro d’azione: ristretto; possiede attività nei confronti dei cocchi G+, cocchi G-, bacilli G+, poco verso i bacilli G – (responsabili spesso di infezioni del cavo orale) e spirochete;

o farmacocinetica: è acido labile per cui se somministrata per OS è inattivata per il 90% dal pH acido dello stomaco. Per questo motivo essa deve essere somministrata per via parenterale. Una volta assorbita si distribuisce bene nel liquido interstiziale, poco all’interno delle cellule data la sua scarsa liposolubilità. Non supera la barriera ematoencefalica (concentrazioni del liquor: 1% a membrana integra, 5% a membrana alterata): ciò è un fatto positivo poiché le penicilline sono neurotossiche. Per lo stesso motivo è sconsigliata la somministrazione intra tecale.Il farmaco è eliminato con l’urina in parte per filtrazione glomerulare (10% circa) e per la maggior parte per via tubulare mediante i carriers degli acidi organici: poiché l’espulsione avviene in competizione con quella di altri acidi organici come l’acido urico la contemporanea somministrazione di farmaci uricosurici e benzilpenicilline G aumenta l’emivita di queste ultime.L’emivita è normalmente molto breve: solamente mezz’ora. Per ottenere delle concentrazioni adeguate per un tempo prolungato si utilizzano preparazioni deposito: si tratta di sali come la penicillina G procaina e penicillina G benzotin che se iniettate intramuscolo garantiscono un’azione rispettivamente per 48 giorni e 3/4 settimane.

o applicazione: profilassi delle complicanze nelle infezioni da streptococco β emolitico. Penicillina acido-resistente: la penicillina B presenta uno spettro d’azione sovrapponibile a quello della

benzilpenicillina G. Aumenta la biodisponibilità orale a circa il 20%; Penicilline resistenti alle penicillinasi: sono penicilline G resistenti. Tra queste ricordiamo la meticillina e la

nafcillina. Sono acido labili e più nefrotossiche rispetto alla benzopenicillina G. Le modificazioni necessarie a renderle resistenti ne hanno ristretto lo spettro ai cocchi G+. Si prescrivono solo contro i ceppi sensibili alla penicillina. E’ possibile un’associazione di acido resistenza (somministrabili per OS) e resistenza alle penicillinasi: Isoxadil penicilline, la più usata delle quali è l’oxacillina;

Penicilline ad ampio spettro: tra queste ricordiamo l’ampicillina, tuttora di largo uso, l’amoxicillina e la bacampicillina (un profarmaco che libera ampicillina).o spettro d’azione: stafilococchi (ma con MIC più alte rispetto alle penicilline a spettro ristretto), streptococchi,

cocchi G-, bacilli G- ed in particolare enterobatteri ed Hemophilus infl. Non sono attivi sullo pseudomonas.o farmacocinetica:

ampicillina: è relativamente acido stabile, la biodisponibilità orale è circa del 50% e influenzata negativamente dalla presenza di cibo. Si distribuisce bene nei liquidi interstiziali. E’ eliminata principalmente con le urine ma in parte anche con la bile; presenta un circolo entero-epatico. Non supera la barriera ematoencefalica. L’emivita è di 1,5 ore;

amoxicillina: la biodisponibilità sale al 98%. La farmacocinetica è sovrapponibile a quella dell’ampicillina con la differenza che è preferibile ad essa per somministrazioni orali (per somministrazioni parenterali è lo stesso);

bacampicillina: la biodisponibilità orale è del 100%. E’ un profarmaco da cui nell’intestino, grazie all’attività delle esterasi, si libera ampicillina. L’esterificazione ha lo scopo di aumentare la biodisponibilità dell’ampicillina.

Penicilline ad ampio spettro allargate a Pseudomonas: la più importante è la piperacillina, disponibile solo per somministrazioni parenterali. E’ meno attiva nei confronti dei G+: l’ampio spettro si rivolge preferenzialmente ai G-. Un altro farmaco è la Carbenicillina il cui uso è stato abbandonato in quanto comportava numerosi effetti collaterali ma rappresentava l’unica penicillina somministrabile per OS attiva contro lo pseudomonas.

Meccanismi di resistenza:Il più importante è rappresentanto dalle β-lattamasi: i geni che codificano per la sintesi di tali enzimi sono situati su plasmidi che vengono trasferiti per trasduzione nei G+ e che possono essere integrati nei cromosomi nei G-.Un altro meccanismo di resistenza comporta la perdita o più raramente la modifica del recettore specifico.Un terzo meccanismo, limitatamente ai G-, è la perdita della permeabilità da parte della membrana esterna.Infine un quarto meccanismo di resistenza, detta più propriamente “tolleranza”, è dovuto alla mancata attivazione delle autolisine. In questo caso i batteri non sono uccisi, semplicemente ne viene impedita la replicazione.Sono naturalmente resistenti alle penicilline quei batteri che non hanno parete cellulare (es. Micoplasmi).Poiché la penicillina agisce solo sui batteri in replicazione non deva essere associata a batteriostatici.

Effetti collaterali:Sono farmaci ben tollerati tanto che sono tra gli antibiotici più utilizzati in età pediatrica grazie alla relativa assenza di tossicità diretta (se si esclude la neurotossicità).

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L’effetto collaterale più importante è rappresentato dalle reazioni allergiche che raramente si rivolgono contro la molecola di penicillina ma più spesso contro i suoi metaboliti (i quali vengono divisi in determinanti maggiori o minori a seconda della frequenza con cui causano allergie) che si comportano da aptene legandosi ad alcune proteine.

Le reazioni allergiche possono manifestarsi come:- shock anafilattico: è l’effetto più raro ma più grave;- eritema maculo papulare;- orticaria;- broncospasmo;- nefrite intersitiziale;- malattia da siero.Altri effetti collaterali delle penicilline, in particolare di quelle a largo spettro, possono essere nausea, vomito e diarrea causati dall’alterazione della flora saprofita a causa delle quale possono verificarsi soprainfezioni sia batteriche che micotiche (non necessariamente a carico dell’intestino ma anche di altri distretti).La somministrazione intramuscolo può causare ascessi sterili e, per via endovenosa, flebiti.Infine le penicilline sono neuro tossiche: possono eccitare i neuroni e provocare convulsioni. Ciò si può verificare in seguito ad alterazione della membrana ematoencefalica come avviene in caso di meningiti, febbre o nei neonati.

CefalosporineScoperte nel 1945 come prodotto del micete Cephalosporium Acremonium sono formate da un gruppo centrale contente un anello β-lattamico dalla cui integrità dipende l’azione dell’antibiotico, e da un residuo laterale differente a seconda del tipo di cefalosporina. La classificazione più utilizzata è quella cronologica che divide le cefalosporine in quattro generazioni: la differenza tra una e l’altra è data dal diverso spettro antibatterico.1. comprende la cefazolina che è ancora il farmaco di scelta per la profilassi delle infezioni della chirurgia cardiaca;2. comprende il cefamendolo (somministrazione per via parenterale), il cefaclor (somministrabile per OS), la

cefoxitina.3. comprende cefoloxide, ceftozidina, cefoperazone e ceftriaxone;4. comprende il cefepime.

Spettro d’azione: 1^ generazione: cocchi G + (poco streptococcus faecalis), Bacilli G +, cocchi G-, Bacilli G –. Non è attiva contro lo

pseudomonas. Ricorda per molti aspetti lo spettro delle ampicilline ma in questo caso le MIC sono più basse per i G+ rispetto ai G-;

2^ generazione: l’efficacia diminuisce nei confronti dei G+ ma aumenta nei confronti dei G-. Quindi sono sempre ad ampio spettro ma agiscono meglio nei confronti dei G-. La cefoxitina è particolarmente attiva sugli anaerobi;

3^ generazione: sono molto attive contro i G- e sono resistenti verso le β-lattamasi prodotte dai G-. L’efficacia contro i G+ diminuisce ulteriormente. Alcune cefalosporine di 3^ generazione comprendono anche lo Pseudomonas;

4^ generazione: hanno uno spettro simile alle cefalosporine di 3^ generazione. Presentano una particolare resistenza nei confronti delle β-lattamasi.

FarmacocineticaLa maggior parte sono somministrate per via parenterale perché sono acido labili e in genere presentano un’emivita di 1,5-2 ore (ceftriaxone ben 8 ore). In generale l’eliminazione è per via renale. Alcune, oltre all’eliminazione renale, presentano una eliminazione per via biliare (ceftriaxone per il 60 %, il cefoperazone per il 75%).La distribuzione ricorda in parte quella delle penicilline: 1^ generazione: buona diffusione nell’essudato pleurico e ciò significa che diffonde bene in tutti i liquidi

interstiziali. Nel muscolo le concentrazioni sono basse e assai basse sono anche nel fegato: si distribuiscono scarsamente all’interno delle cellule. Non superano la barriera ematoencefalica così come altre barriere come la ematoprostatica;

3^ generazione:o cefoloxide: presenta una buona attività verso i G- e i G+ e un buon grado di resistenza alle β-lattamasi. E’

metabolizzato in acetil-cefotoxide che ha anch’esso attività antibatterica. Di conseguenza l’emivita dell’attività antibiotica tiene conto sia dell’emivita del cefotoxide (1 ora) che di quella dell’acetil-cefotoxide (1,5 ore). Supera la barriera ematoencefalica;

o ceftriaxone: presenta una lunga emivita e eliminazione sia urinaria che biliare. Diffonde bene nei liquidi e supera la barriera ematoencefalica. Diffonde bene nel rene dove si concentra e, in senso generale, diffonde bene nei liquidi ma non nelle cellule;

o cefoperazone: presenta una eliminazione prevalentemente biliare. E’ il farmaco di scelta per le infezioni da pseudomonas;

o ceftozidina: buona diffusione nell’essudato pleurico, diffonde e si concentra nel rene, meno nel tessuto polmonare, poco nel fegato e nel grasso. Non supera la barriera ematobronchiale. Alcuni liquidi biologici

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potenziano l’attività dell’antibiotico: per esempio nel liquido pleurico può essere sufficiente una concentrazione sub-inibente di antibiotico.

4^ generazione: sono particolarmente resistenti alle β-lattamasi tanto che sono attive contro le enterobatteriacee resistenti alle cefalosporine di 3^ generazione. Presentano un’emivita di 3 ore. Superano la barriera ematoencefalica. Sono completamente eliminate dalle urine.

Effetti collateraliPossono dare origine a fenomeni di ipersensibilità con reazioni simili a quelle già descritte per le penicilline. A volte si manifesta reattività crociataTutte le cefalosporine sono potenzialmente nefrotossiche (possono causare necrosi tubulare) ed il rischio che si manifesti questo effetto collaterale è aumentato dalla concomitante somministrazione di altri farmaci nefrotossici.Un effetto collaterale che si manifesta in particolare in seguito a somministrazione di cefoperazone o ceftriaxone, cioè delle due cefalosporine eliminate per via biliare, è la diarrea e la possibilità di superinfezioni (da C. difficile, stafilococchi o miceti) a causa della modificazione della flora intestinale.Le cefalosporine che presentano come residuo laterale un anello metiltiazolico (cefamendolo, cefoperazone) hanno la capacità di inibire l’aldeide deidrogenasi (per cui non si può bere alcool durante la terapia) e hanno un’azione deprimente l’attività della protrombina per cui possono causare emorragie in particolare in soggetti in trattamento anticoagulante e con insufficienza epatica da cirrosi.

ResistenzaVedi oltre.

Carbapenemi Sono strutturalmente simili alle cefalosporine. Sono particolarmente resistenti alle β-lattamasi.L’imipenem ha uno spettro simile alle cefalosporine di 3^ generazione. Somministrato per via parenterale è eliminato dal rene dove viene inattivato da enzimi dell’orletto a spazzola tanto che nell’urina si ritrovano basse concentrazioni di antibiotico attivo. Per ovviare a questo problema si può somministrare in associazione la cevastatina, un farmaco che inibisce l’enzima responsabile dell’inattivazione renale. Presenta un’emivita di circa 1 ora e come effetti collaterali può provocare reazioni allergiche, nausea, vomito e nell’1-2 % dei trattati convulsioni.Il meropenem, simile all’imipenem, è resistente alla deidropeptidasi renale per cui non è necessaria una contemporanea somministrazione di cevastatina. E’ meglio tollerato e causa convulsioni con una minor frequenza.

Resistenza alle cefalosporine e ai carbapenemiIl più importante meccanismo di resistenza è dovuto all’azione delle β-lattamasi (codificate da quasi tutti i G-) oppure all’inattivazione del farmaco senza rottura dell’anello β-lattamico. Più rara è la sintesi da parte dei G- di porine di diametro più piccolo o la non sintesi delle stesse. Nel primo caso la sola sintesi di porine più piccole non sarebbe di per sé sufficiente ad inibire l’azione antibiotica del farmaco tuttavia spesso ciò si associa alla presenza di β-lattamasi. Se invece le porine non vengono espresse ciò è di per sé sufficiente a rendere inefficiaci gli antibiotici.Un altro meccanismo è la mancanza dei bersagli del farmaco o, infine, la mancata attivazione del sistema delle autolisine (in tal caso l’antibiotico non è battericida ma batteriostatico).

MonobattamiL’Aztreonam è una molecola poco usata perché costosa. E’ in sostanza costituita da un singolo anello β-lattamico. Presenta uno spettro d’azione limitato ai cocchi ed ai bacilli G- (enterobatteriacee, haemophilus infl., pseudomonas). E’ inattivo contro gli anaerobi ed i G+.Presenta un’estrema resistenza alle β-lattamasi espresse dai G-, un’emivita di 1,5-2 ore, non causa reazioni allergiche ed è eliminato per via urinaria. Il meccanismo d’azione è leggermente diverso da quello delle altre β-lattamine perché le PBP sulle quali il farmaco agisce sono diverse. Inoltre, al di là dell’azione battericida, in presenza del farmaco i batteri creano dei filamenti che li rendono meglio fagocitabili dai macrofagi. Il farmaco diffonde bene nei liquidi.In generale i monobattami sono antibiotici con basso potere antibatterico ma molto resistenti alle β-lattamasi per cui si somministrano spesso in associazione: Ac. clavilanico + amoxicillina, tazobactam + piperacillina, sulbactam + ampicillina.

Farmaci inibitori della sintesi proteica

AminoglicosidiTra gli aminoglicosidi ricordiamo la streptomicina, che attualmente si utilizza come farmaco di 2^ scelta nel trattamento della TBC, la gentamicina che è l’aminoglicoside più utilizzato, l’amikacina, la paramomicina, la neomicina e la tobramicina. Hanno una struttura costituita da un nucleo centrale legato a due residui laterali: uno responsabile delle diverse proprietà farmacocinetiche e l’altro delle diverse caratteristiche farmacodinamiche. Hanno un pk tale per cui, a qualsiasi pH

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dell’organismo, sono sempre presenti in forma ionizzata. Ciò fa degli aminoglicosidi delle molecole idrosolubili oltre che grandi. A elevate concentrazioni sono in grado di complessare le β-lattamine ed il complesso non è attivo: per questo motivo non è possibile somministrare contemporaneamente e nello stesso luogo aminoglicosidi e β-lattamine ma è possibile somministrarli in tempi o in siti di somministrazione diversi.L’amikacina ha un particolare residuo laterale che la rende capace di resistere agli enzimi che inattivano gli altri aminoglicosidi.

Spettro d’azione Cocchi G+: solo stafilococchi (come 2^ scelta); Bacilli G- aerobi: enterobatteriacee, H. infl., Pseudomonas; La streptomicina, e in parte anche l’amikacina e la canabicina, sono attive contro i micobatteri. Anaerobi obbligati: gli aminoglicosidi non presentano attività.Le MIC sono simili tra gentamicina e tobramicina a parte il fatto che la tobramicina è più attiva contro lo pseudomonas. L’Amikacina presenta scarsa attività contro gli stafilococchi e minore attività verso i G-.

Meccanismo d’azioneSono sempre dei potenti battericidi e l’attività è concentrazione dipendente. Inoltre presentano un effetto post-antibiotico che dura delle ore ed anch’esso è concentrazione dipendente.Il meccanismo d’azione è sconosciuto ma si sono fatte diverse ipotesi. Ciò che si sa è che l’antibiotico agisce legandosi alla proteina S12 della subunità 30S dei ribosomi batterici comportando un’alterazione della sintesi proteica. Quindi non inibiscono ma alterano la sintesi proteica: in particolare viene prodotta una proteina di parete cellulare anomala la quale comporta la formazione di canali che favoriscono un ulteriore ingresso di aminoglicoside (che raggiunge così concentrazioni tali da causare in pratica un’inibizione della sintesi proteica) e la perdita di ioni fino alla morte del batterio.Si ipotizza che il meccanismo d’azione sia questo perché di solito gli inibitori della sintesi proteica non sono battericidi.Esistono ceppi di streptococchi che sono streptomicina dipendenti: hanno subito una modificazione genetica tale che solo in presenza di streptomicina la sintesi proteica è normale. Per entrare nel batterio gli aminoglicosidi sfruttano dei sistemi di trasporto per le poliamine ossigeno dipendenti e un gradiente elettrico transmembrana: entrambi questi elementi sono necessari. Al di là dell’anerobiosi esistono altre situazioni che inibiscono il trasporto e tra queste vi è l’iperosmolarità (urine o liquidi patologici iperosmotici) e il pH acido (es. urine particolarmente acide, spesso il pus è acido).

FarmacocineticaSe si somministrano per OS vengono assorbiti solamente per l’1% essendo dei policationi ma sono presenti nelle feci in forma attiva per cui si utilizzano per le infezioni del tratto gastrointestinale o per modificare la flora intestinale (es. nel coma epatico). Sebbene gli aminoglicosidi siano attivi solo contro gli aerobi e la gran parte dei batteri costituenti la flora intestinale sono anaerobi anche questi ultimi subiscono l’azione degli aminoglicosidi. Ciò è verosimilmente dovuto al fatto che l’uccisione dei batteri aerobi determina un incremento della tensione di ossigeno a livello dell’intestino la quale è in grado di inibire la crescita degli anaerobi.Se si somministrano per via parenterale si deve ricorrere all’iniezione intramuscolo oppure alla infusione endovenosa lenta allo scopo di evitare picchi di concentrazione eccessivamente elevati. I due sistemi di somministrazione hanno come risultato una curva di concentrazione su tempo sovrapponibile.Oggi gli aminoglicosidi si somministrano con un’unica dose al giorno nonostante l’emivita sia solo di circa 2 ore.Poiché sono molecole idrosolubili superano molto difficilmente le barriere: per esempio la concentrazione nell’escreato bronchiale è solo il 4-7% di quella del siero. Possono però attraversare la placenta.Diffonde bene nei liquidi interstiziali, poco nelle cellule (ad eccezione del tessuto renale dove raggiungono concentrazioni più elevate rispetto a quelle del siero). Si è scoperto che la sinergia tra concentrazioni sub inibenti di siero e concentrazioni sub inibenti di aminoglicosidi ha la capacità di inibire la crescita batterica.L’eliminazione avviene per filtrazione glomerulare. Si ritrova nell’urina in forma attiva. Poiché la velocità di eliminazione è proporzionale alla clearance della creatinina in caso di anuria l’emivita aumenta da 2 a 50-100 ore.

ResistenzaIl meccanismo principale è dovuto alla produzione di enzimi in grado di inattivare la molecola (acetilasi, fosforilasi, adenilasi). L’amikacina, grazie alla sua catena laterale, è resistente al legame di alcuni enzimi inattivatori. I geni responsabili di questo tipo di resistenza sono veicolati da plasmidi che vengono facilmente trasmessi per coniugazione.Un altro meccanismo, presente nei G-, consiste nell’ostacolare il passaggio dell’antibiotico attraverso le porine della membrana esterna oppure nell’incapacità da parte degli aminoglicosidi di penetrare la membrana interna (G-) o la membrana citoplasmatica (G+) per alterazione dello specifico trasportatore. Infine rara è l’alterazione della proteina S12 bersaglio degli aminoglicosidi.

Effetti tossiciGli aminoglicosidi sono nefrotossici ed ototossici e la loro tossicità è aumentata dalla contemporanea somministrazione di altri farmaci con analoghi effetti.

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Per quanto riguarda la ototossicità essa è sia cocleare che vestibolare e si spiega con un accumulo del farmaco nell’endolinfa e nella perilinfa. Per cercare di evitare questa complicazione si somministra il farmaco per endovena in infusione lenta. Inoltre la fuoriuscita del farmaco dalla perilinfa e dalla endolinfa è favorita dalla presenza di basse concentrazioni sieriche: ciò spiega il motivo della scelta di un’unica somministrazione giornaliera nonostante la loro emivita.Le lesioni sono inizialmente reversibili ma col tempo diventano irreversibili a causa di lesioni alle cellule sensoriali. I toni alti sono i primi ad essere interessati. I sintomi di tossicità vestibolare sono preceduti 1-2 giorni prima da cefalea, alterazioni dell’equilibrio o vertigini e sensazione soggettiva di percepire tinniti (rumori acuti, significativi di lesione).Per quanto riguarda la nefrotossicità essa è una complicanza meno preoccupante poiché è sempre reversibile e con la sospensione della somministrazione si ottiene una restitutio ad integrum. Tuttavia essa determina un aumento dell’emivita del farmaco e ciò aumenta gli effetti tossici a livello renale realizzando un circuito a feedback positivo.L’effetto tossico è dovuto all’accumulo del farmaco nell’epitelio tubulare che ne causa la necrosi. Di solito l’effetto compare non prima di 5-7 giorni dall’inizio del trattamento: se la terapia è di durata breve essi non insorgono.I segni che accompagnano la necrosi tubulare sono: diminuzione della concentrazione urinaria, proteinuria di origine tubulare (dovuta agli enzimi dell’orletto a spazzola come la γ-GT e l’alanina transpeptidasi e al mancato riassorbimento tubulare delle proteine a basso peso molecolare filtrate dal glomerulo). A questi segni iniziali può seguire una diminuzione della VFG con comparsa di insufficienza renale acuta la quale aggrava ulteriormente gli effetti tossici degli aminoglicosidi. Gli effetti nefrotossici sono più frequenti se il farmaco è somministrato in associazione con un altro farmaco nefrotossico.Infine un ultimo effetto tossico è rappresentato dalla possibilità, in particolari condizioni, di paralisi neuromuscolare: ciò può avvenire in soggetti in trattamento curarico quando si somministrano aminoglicosidi in grandi quantità nelle cavità sierose. Ciò è dovuto alla capacità degli aminoglicosidi di inibire la liberazione dell’acetilcolina dalle vescicole presinaptiche e di inibire la risposta postsinaptica. Il calcio antagonizza questo effetto.

TetraciclineLe tetracicline sono un gruppo di farmaci con lo stesso spettro, lo stesso meccanismo d’azione e che si differenziano per le proprietà farmacocinetiche. A questo gruppo appartengono la tetraciclina, la clortetraciclina, l’ossitetraciclina, la doxiciclina e la minociclina (le ultime due sono tetracicline di nuova generazione).

Spettro d’azioneForse il più ampio in assoluto, comprende batteri (aerobi ed anaerobi) e protozoi (es. amebe o plasmodio della malaria). Per quanto riguarda i batteri è attivo contro: Cocchi G+ : stafilococchi e streptococchi; Bacilli G+ : bacillo dell’antrace, C. diphteriare; Cocchi G-: neisseria meningitidis e gonorrhae (la minociclina si utilizza per eradicare questi batteri nei portatori); Bacilli G-: enterobatteri, H. influenzae; Spirochete, Ricketzie, Clamidie, Micoplasmi: di solito non sono farmaci di 1^ scelta per il trattamento di queste

infezioni.

Meccanismo d’azioneSono batteriostatici. Inibiscono la sintesi proteica e l’inibizione avviene solo ad elevate concentrazioni.Questi farmaci interagiscono con la subunità 30S inibendo il legame dell’aminoacil-tRna al sito accettore.Per raggiungere il ribosoma in parte diffondono (la diffusione riguarda sia le cellule dei batteri che quelle dei mammiferi da cui il possibile uso per le infezioni intracellulari) ed in parte sfruttano l’esistenza di una pompa batterica che li concentra nella cellula.Quando la concentrazione è elevata sono in grado di inibire la sintesi proteica: solamente nei batteri sensibili al farmaco si raggiungono concentrazioni sufficienti.

ResistenzaQuando si manifesta essa è comune a tutto il gruppo delle tetracicline. Il meccanismo principale si spiega nell’incapacità del batterio di concentrare il farmaco in misura sufficiente o per un deficit della pompa di concentrazione o per l’attivazione di meccanismi di efflusso. La resistenza viene trasmessa principalmente per mezzo di plasmidi che, come detto, possono veicolare i geni per la resistenza anche verso altri antibiotici.Meno importante è la produzione di proteine che impediscono il legame al ribosoma. Più rara ancora è la inattivazione enzimatica del farmaco.

FarmacocineticaSono somministrati per OS. L’assorbimento è limitato dalla presenza di ioni bivalenti tanto che non si possono somministrare questi farmaci insieme a Ca, Mg, antiacidi. Anche la presenza di un pH alcalino limita l’assorbimento.La biodisponibilità varia dal 30% della clortetraciclina al 90-100 % delle tetracicline di nuova generazione. La quota non assorbita rimane attiva nel lume intestinale dove esplica attività antibatterica: quindi se si utilizza per un’infezione dell’intestino si preferisce usare una tetraciclina con bassa biodisponibilità.L’assorbimento avviene nello stomaco e nel duodeno. Sono molecole irritanti che possono provocare una leggera gastrite. L’assorbimento è favorito dal digiuno ma questa condizione aumenta l’attività lesiva.

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Diffondono bene sia nei secreti che nei liquidi interstiziali che nei tessuti (anche in quelli necrotici).L’emivita varia da 6 ore per le vecchie tetracicline a 12 ore della doxiciclina e 18 ore della minociclina. Sono eliminate in parte per via urinaria ed in parte con la bile; tutte presentano un circolo entero epatico. La parte di doxiciclina eliminata con la bile nell’intestino forma dei chelati responsabili di una sua parziale inattivazione: ciò ne limita gli effetti collaterali intestinali.L’emivita di tutte le tetracicline è abbreviata dalla contemporanea somministrazione di induttori enzimatici come l’etanolo e i barbiturici

Effetti tossiciSono farmaci ben tollerati nell’adulto. Non si usano in età pediatrica né in gravidanza perché possono alterare lo sviluppo dell’apparato scheletrico causando deformità. Nei neonati possono inoltre causare ipertensione endocranica.Provocano una colorazione scura dei denti in virtù del legame col calcio presente nello smalto.Nell’adulto sono stati descrititti casi di epatotossicità e tossicità renale.Per quanto riguarda gli effetti gastrointestinali l’irritazione gastrica è responsabile della comparsa di gastralgia mentre l’azione sulla flora intestinale può causare diarrea, superinfezioni e deficit vitaminico.

MacrolidiIl nome di questi antibiotici deriva dalla loro struttura caratterizzata dalla presenza di un anello lattonico macrociclico. Il più importante macrolide è l’eritromicina. Claritromicina e azitromicina si differenziano per le proprietà farmacocinetiche.

EritromicinaProdotta dallo Streptomices Eritreus, è una molecola acido labile, grossa e liposolubile.

Spettro d’azione:Molto simile a quello della penicillina: Cocchi G + (in particolare Strept. Pneumoniae); Cocchi G-: solo N. Gonorrhoeae; Bacilli G - : Haemophilus infl.; Anaerobi: Clostridium; Treponema, Micoplasmi, Ricketzie; Clamidie.

Meccanismo d’azioneSono principalmente batteriostatici anche se ad alte concentrazioni sono battericidi nei confronti di alcuni cocchi G+.Sono inibitori della sintesi proteica perché inibiscono l’enzima traslocasi legandosi alla subunità 50S. Il sito di legame è vicino a quello del cloramfenicolo e della clindomicina e quindi non ha senso utilizzare questi farmaci in associazione perché competerebbero tra di loro.

ResistenzaIl meccanismo principale è l’attivazione di una pompa di efflusso. Un altro meccanismo comporta la produzione di una metilasi in grado di modificare il sito recettoriale dell’eritromicina. Più rara è l’idrolisi della molecola.

FarmacocineticaE’ un farmaco acido-labile. Somministrato per OS è inattivato dal ph acido dello stomaco. Per evitare che ciò avvenga ci si serve di capsule gastro protette oppure la si somministra sotto forma di esteri come per esempio l’eritromicina estolato (presenta maggiore disponibilità orale ma anche maggiore biodisponibilità), l’eritromicina stearato o l’eritromicina lattobiolato (somministrabile EV).L’assorbimento è principalmente duodenale ed è modificato e limitato dalla presenza di cibo. Una volta in circolo si distribuisce nei liquidi interstiziali ed in particolare nel polmone dove raggiunge concentrazioni venti volte maggiori rispetto a quelle sieriche. Penetra bene anche nelle cellule, specie nei macrofagi.La somministrazione ripetuta comporta un accumulo di eritromicina nei tessuti.Essendo una molecola grossa non supera la barriera ematoencefalica.La stessa dose somministrata negli anziani produrrà concentrazioni sieriche più alte poiché l’eritromicina è in grado di inibire il suo metabolismo ed il fenomeno si evidenzia maggiormente negli anziani. Presenta un’emivita di circa 1,5 ore. E’ eliminata soprattutto per via biliare, in parte con residua attività antibatterica. Soltanto il 2% della dose è eliminata in forma attiva nell’urina.

Effetti collateraliSi può usare in età pediatrica ed in gravidanza ed inoltre si utilizza come farmaco sostitutivo della penicillina G in soggetti allergici.Il più pericoloso effetto collaterale è l’epatite colestatica che può essere causata dall’eritromicina estolato a causa proprio dell’estolato. Si tratta comunque di un effetto reversibile.

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Gli effetti collaterali più comuni sono gastroenterici. La diarrea in particolare può essere dovuta sia all’azione del farmaco sulla flora intestinale con possibili sovrainfezioni opportunistiche sia ad un effetto procinetico diretto sul plesso mioenterico. A questo fenomeno vanno incontro più spesso i giovani rispetto agli anziani.Per endovena può provocare tromboflebiti.Essendo un inibitore enzimatico può interferire nel metabolismo dei dicumaroli, della teofillina e con un diverso meccanismo aumenta la biodisponibilità dei digitalici: infatti la digossina viene in parte inattivata dalla microflora ed in particolare da quei ceppi sui quali agisce l’eritromicina.

ClaritromicinaE’ una molecola acido stabile. Lo spettro d’azione è sovrapponibile a quello dell’eritromicina con la differenza che è un po’ più attivo contro l’Haemophilus. Una volta assorbita dal fegato viene metabolizzata dando origine ad un metabolita che ha anch’esso attività antibatterica.L’emivita è di circa 5-6 ore per la claritromicina, 7 ore per il suo metabolita.Viene eliminata in percentuale elevata (circa 60%) in forma attiva nelle urine. Si può utilizzare per infezioni urinarie qualora siano causate da batteri sensibili.Gli effetti collaterali sono gli stessi dell’eritromicina con l’eccezione dei disturbi gastrointestinali che sono presenti in misura minore con l’utilizzo della claritromicina anziché dell’eritromicina.

AzitromicinaBen assorbita, si distribuisce rapidamente, entra nelle cellule, non supera la barriera ematoencefalica. Diffonde poco nei liquidi. Lo spettro d’azione è simile a quello dell’eritromicina con maggiore attività nei confronti dell’haemophilus infl. e delle clamidie e meno efficacia nei confronti dei G+.Ha un’emivita di 2-3 giorni. E’ eliminato principalmente dal fegato, solo il 12% con le urine. Non è in grado di inibire il metabolismo di altri farmaci.

ChetolidiI chetolidi sono un gruppo di macrolidi. Il più importante farmaco appartenente al gruppo dei chetolidi è la telithromicina, un farmaco particolarmente indicato per il trattamento di infezioni respiratorie sostenute da batteri resistenti agli altri macrolidi (in particolare S. pneumoniae). Ha infatti maggiore affinità per il suo sito recettoriale.Presenta una lunga emivita (circa 9 ore), una buona diffusione tissutale, è metabolizzato nel fegato ed eliminato principalmente per via biliare e poco per via urinaria. Gli effetti collaterali sono sovrapponibili a quelli dei macrolidi.

LincosamidiI lincosamidi sono un altro gruppo di macrolidi. L’unico farmaco appartentente a questo gruppo ancora in uso è la clindomicina. Il meccanismo d’azione e gli effetti collaterali sono simili a quelli dei macrolidi (fino al 20% dei pazienti trattati vengono colpiti da diarrea e da colite pseudomembranosa per superinfezione da C. Difficile) però i ceppi resistenti ai macrolidi per la presenza di pompe di efflusso rimangono sensibili alla clindomicina.Diffonde bene negli ascessi e all’interno delle cellule. Per quanto riguarda lo spettro d’azione il farmaco è particolarmente attivo contro gli anaerobi.L’emivita è di circa 1,5 ore.

Sinergistine (Streptogramine)Le sinergistine sono un gruppo di farmaci che si impiegano soprattutto nei confronti dei cocchi G+ resistenti alle β lattamine. Se ne utilizzano due in associazione: Chinupristin: 30%; Dalfopristin: 70%.Da soli sono batteriostatici ma se usati insieme sono battericidi.Inibiscono la sintesi proteica legandosi alla subunità 50S: il chinupristin si lega allo stesso sito recettoriale dei macrolidi, il dalfopristin a livello di un sito vicino. Il legame di quest’ultimo provoca una modificazione del ribosoma la quale potenzia il legame del chinupristin.La resistenza al chinupristin è dovuta alla produzione di metilasi mentre quella nei confronti del dalfopristin alla produzione di acetiltransferasi.Si somministrano per endovena in soluzione con destrosio perché sono incompatibili con la soluzione salina.L’emivita è simile per i due farmaci ed è di nemmeno un’ora. Sono eliminati per via biliare per circa l’80%. Sono inibitori del CYP e possono causare tromboflebiti, mialgie e atralgie.

Linezolid (Gruppo degli oxalizidononi)È un batteriostatico attivo solo contro i G+. Agisce inibendo la sintesi proteica legando la subunità ribosomiale 50S ed impedendo la formazione del complesso di iniziazione.Per ora solo alcuni enterococchi G+ sono resistenti a questo farmaco.Somministrato per OS presenta una alta biodisponibilità, un’emivita di 4-6 ore, una buona distribuzione nei tessuti. E’ metabolizzato per il 70%; il rimamente 30% si trova nelle urine in forma attiva (quantità sufficiente per trattare un’infezione urinaria).

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E’ ben tollerato: presenta rari effetti collaterali (cefalea, eruzione cutanea, in alcuni pazienti trombocitopenia). Essendo un inibitore della MAO può interagire con farmaci adrenergici e serotoninergici.

CloramfenicoloQuesto farmaco è stato utilizzato moltissimo fino a 20 anni fa quando è stato abbandonato per la comparsa di effetti tossici nonostante presenti eccezionali proprietà antibatteriche e farmacocinetiche. E’ una molecola molto semplice.

Spettro d’azione Cocchi G+; Bacilli G+, compresi gli anaerobi; Cocchi G-; Bacilli G- compresi gli enterobatteri; Micoplasmi e Ricketzie. E’ il farmaco di scelta per le infezioni da Ricketzie le quali non si sono mai dimostrate

resistenti. Non attivo sulle Clamidie.

Meccanismo d’azioneE’ batteriostatico per la gran parte dei micro-organismi ma battericida per l’H.Influenzae.Inibisce la sintesi proteica legandosi alla subunità 50S inibendo l’enzima peptidil transferasi e bloccando così l’incorporazione degli aminoacidi nella catena nascente. Il sito di legame del cloramfenicolo è vicino a quello dei macrolidi coi quali può competere antagonizzandone l’attività.L’inibizione della sintesi proteica può interessare anche le cellule eucariotiche, ed in particolare la serie rossa delle cellule ematopoietiche.

Resistenza Produzione di acetiltransferasi che rendono il cloramfenicolo incapace di legare il sito recettoriale; Incapacità di arrivare all’interno del batterio.

FarmacocineticaE’ una piccola molecola idrosolubile. Per OS la biodisponibilità è del 100%, superiore alla biodisponibilità per intramuscolo.Dal sangue diffonde a tutti i tessuti. Supera la barriera ematoencefalica anche quando non è infiammata raggiungendo concentrazioni nel liquor uguali al 60% rispetto a quelle plasmatiche (o ancora più elevate in caso di alterazioni della barriera).Ha un’emivita di circa 2 ore correlata alla funzionalità epatica (bilirubina plasmatica): infatti viene metabolizzato dal fegato per coniugazione con l’acido glucuronico. La maggior parte (90%) è eliminato come metabolita inattivo nell’urina.

Effetti collateraliSe la terapia viene protratta per un breve periodo di tempo (5-8 giorni) raramente si verificano effetti collaterali.Quelli che insorgono più frequentemente sono quelli gastroenterici.Rara ma importante è la tossicità a livello midollare e precisamente: Effetto dose dipendente: comporta anemia aplastica. Reversibile; Reazione idiosincrasica: comparsa di aplasia midollare con pancitopenia. E’ un effetto solitamente irreversibile e

spesso mortale (colpisce 1 su 20000-40000 pazienti);Sindrome grigia: soprattutto nei prematuri il cloramfenicolo può causare la comparsa di una sindrome caratterizzata da ipotensione, dispnea e un colorito grigio della cute dovuto ad eccesso di cloramfeniclo nel sangue poiché nei neonati il processo di glicoconiugazione è immaturo e quindi si può verificare un accumulo. La mortalità è del 40% ma l’effetto si previene con un dosaggio adeguato.Infine il cloramfenicolo interagisce col CYP inibendolo.

TiamfenicoloE’ una preparazione di cloramfenicolo che viene eliminata nelle urine in forma attiva. Presenta inoltre una minore tossicità: non si è mai evidenziata l’aplasia midollare.

Farmaci antimetaboliti

SulfamidiciTra questi ricordiamo: Sulfadossina: ha un’emivita di ben 100 ore e trova impiego come farmaco di 2^ scelta nella terapia della malaria; Sulfadiazina argentea e mafnomide: sono farmaci per uso topico particolarmente indicati per la prevenzione delle

infezioni nei soggetti esposti ad ustioni. Sulfametossazolo: si utilizza associato al trimetoprin in una formulazione chiamata co-trimossazolo.

Meccanismo d’azione

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I sulfamidici sono molecole semplici essendo costituiti dal PABA con un gruppo carbonilico sostituito. Il PABA è un precursore dell’acido folico, substrato della diidropteroato sintetasi batterica di cui i sulfamidici sono inibitori. Inibendo la sintesi di acido folico bloccano la sintesi di proteine, DNA e RNA.I batteri sensibili, a differenza delle cellule dei mammiferi, utilizzano solamente l’acido folico che si sintetizzano perché non posseggono il recettore per l’uptake.Somministrando il sulfametossazolo insieme al trimetoprim aumenta l’attività antibatterica sia perché si ha una riduzione della MIC sia perché se associati assumono un effetto battericida anziché batteriostatico.

Spettro d’azioneSono farmaci batteriostatici a largo spettro: sono attivi contro i G+, G- e le Clamidie.

ResistenzaLa resistenza può essere dovuta a inespressione o alterazione dell’enzima diidrofolato reduttasi oppure all’aumento della produzione di PABA (col quale i sulfamidici competono).L’azione non si esplica in presenza di pus e di prodotti necrotici perché contengono timidine e purine che permettono ai batteri di ovviare al deficit di folato.

FarmacocineticaSomministrati per OS presentano un assorbimento lento ma completo. La massima concentrazione plasmatica si ottiene dopo 4-6 ore. Hanno un’emivita di circa 24 ore. Diffondono bene nei tessuti e nei secreti. Superano la barriera ematoencefalica. Sono metabolizzati nel fegato (metabolita inattivo) e sono eliminati in parte in forma attiva nelle urine: si possono impiegare per le infezioni urinarie.

Effetti tossiciSono abbastanza frequenti (5%) e consistono in: Disturbi gastrointestinali; Reazioni allergiche; Fotosensibilizzazione; Emolisi in soggetti con deficit di glucosio 6-P deidrogenasi (favismo); Essendo poco solubili a ph acido possono precipitare nell’urina. L’effetto si previene facendo bere molto al

paziente ed eventualmente alcalinizzando l’urina; Sindrome di Stevens-Johnson: formazione di bolle a livello cutaneo e mucositi su base allergica. E’ una condizione

rara ma frequentemente mortale.

Trimetoprin

Meccanismo d’azioneIl trimetoprin è un inibitore della diidrofolato reduttasi, l’enzima che riduce l’acido folico nella sua forma attiva acido tetraidrofolico, presentando analogie col gruppo pteridinico del folato.Nonostante l’enzima sia presente anche nei mammiferi l’effetto si esplica praticamente solo a livello batterico avendo il farmaco un’affinità per l’enzima procariote 50000 volte superiore a quella per l’enzima umano.E’ anch’esso un batteriostatico.

Spettro d’azioneIl trimetoprin ha uno spettro sovrapponibile a quello dei sulfamidici. E’ inoltre in grado di agire contro alcuni protozoi.

Resistenza Ridotta permeabilità cellulare; Aumento della produzione di folato reduttasi; Produzione di una folato reduttasi con minore affinità per il farmaco.

FarmacocineticaE’ sovrapponibile a quella dei sulfamidici. Presenta un buon assorbimento, una buona distribuzione, diffonde bene sia nei tessuti che nei secreti. Supera la barriera ematoencefalica. Ha un’emivita simile a quella dei sulfamidici e viene anch’esso eliminato per via urinaria. Essendo una base debole la sua eliminazione renale viene aumentata dalla diminuzione del ph urinario.

Effetti tossici Anemia megaloblastica dovuta a carenza di folati che si può prevenire con la somministrazione di tetraidrofolato; Leucopenia; Nausea, vomito e febbre; Rash cutanei.

Farmaci inibitori della sintesi del DNA

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Chinoloni di vecchia generazioneAppartengono a questo gruppo l’acido nalidixico (il primo chinolone ad essere sintetizzato), l’acido oxalinico e l’acido pipenilico.

Spettro d’azione Cocchi G-: neisserie sono sensibili ma non si usano questi farmaci; Bacilli G-: enterobatteri (E. Coli, Salmonelle, Shigella, Proteus), H. influenzae;In sostanza lo spettro di questi farmaci è ristretto ad alcuni G-.

Meccanismo d’azioneSono battericidi. Nei G- inibiscono l’azione della topoisomerasi II (DNA-girasi) inibendo così la replicazione degli acidi nucleici. In particolare si legano alla subunità α della DNA-girasi, quella con attività catalitica. Si ipotizza inoltre l’azione sul meccanismo delle autolisine.L’associazione con inibitori della sintesi proteica diminuisce l’attività dei chinoloni.

ResistenzaL’incidenza della resistenza è bassa (1/109 batteri) ed è dovuta all’espressione di una DNA-girasi con bassa affinità per il farmaco oppure all’attivazione di pompe di efflusso.

FarmacocineticaL’assorbimento per OS è buono tuttavia nel sangue le concentrazioni sono insufficienti per la terapia. Perciò questi farmaci non possono essere utilizzati per la terapia di infezioni localizzate nel sangue. Nell’urina però i farmaci vengono concentrati in maniera sufficiente per essere attivi: per questo motivo sono usati nel trattamento delle infezioni urinarie tanto da essere impropriamente chiamati “disinfettanti urinari”.L’eliminazione è urinaria per il 20-25 % in forma attiva e per il rimanente 75-80% sotto forma di un metabolita (il metabolita dell’acido pipenilico è ancora attivo).

Effetti collateraliSono ben tollerati. Gli effetti sono soprattutto gastrointestinali. Rare sono le reazioni allergiche.I chinoloni possono provocare convulsioni perché antagonizzano il GABA. Possono causare sonnolenza, vertigini o disturbi della visione.Interagiscono con la farmacocinetica del Warfarin potendolo spiazzare dal legame con le proteine plasmatiche.Gli antiacidi somministrati contemporaneamente ne diminuiscono l’assorbimento ma ciò non ha molta rilevanza clinica.Infine interferiscono con il dosaggio della glicosuria potendo dare falsi positivi.

FluorochinoloniVisti i limiti farmacocinetici e la ristrettezza dello spettro d’azione la molecola iniziale è stata modificata con l’inserimento del fluoro nell’anello piperazinico. Il 1° fluorochinolone sintetizzato è la norfloxacina.L’aggiunta del fluoro comporta una modifica dello spettro d’azione tanto che i fluorochinolini diventano attivi contro i G+, i micoplasmi, le clamidie e i micobatteri atipici e ampliano il loro spettro nei confronti dei G-. Inoltre le MIC sono decisamente ridotte rispetto ai chinoloni di vecchia generazione (dell’ordine di 100 volte nei confronti di E.Coli).Per quanto riguarda le proprietà farmacocinetiche la novità è la capacità di diffondere in concentrazioni terapeutiche nei tessuti compresi la prostata, i reni ed i polmoni dove si concentrano. Non superano tuttavia la barriera ematoencefalica.I due fluorochinoloni attualmente più usati sono: Ofoxacina: lo spettro comprende bacilli G- (eccellente efficacia contro gli enterobatteri), cocchi G-, micobatteri

tubercolari e atipici, listerie, clamidie, anaerobi come i clostridi, stafilococchi. Sui G+ il meccanismo d’azione è leggermente diverso: inibiscono la topoisomerasi IV. Il risultato comunque è lo stesso.Presenta una buona biodisponibilità orale (50-60%). L’emivita è di 3-4 ore. Metabolizzato dal fegato mediante CYP (il farmaco interferisce col CYP) è eliminato attraverso tre vie: urine, bile e secrezione da parte degli enterociti. Ciò giustifica gli effetti sulla flora intestinale;

Ciprofloxacina: presenta uno spettro d’azione sovrapponibile a quello dell’ofoxacina. Ben assorbita (85-90 % per OS). L’emivita è leggermente più lunga e l’eliminazione avviene per l’80-90 % nell’urina in forma attiva.

Entrambi questi due farmaci presentano come effetti collaterali disturbi gastrointestinali, neurologici (tipo vecchi chinoloni), artropatia e tendiniti con rara rottura spontanea del tendine d’Achille. Sono comunque in genere ben tollerati e gli effetti collaterali sono generalmente rari e di lieve intensità.Non si impiegano in gravidanza perché sono teratogeni e non si impiegano in età pediatrica perché interferiscono con lo sviluppo delle cartilagini. Nei pazienti cirrotici le concentrazioni di ciprofloxacina nel siero risultano più alte perché spesso questi pazienti sono anche nefropatici e vi è un deficit nell’eliminazione del farmaco. L’ofloxacina invece, dispondendo di altre vie di eliminazione, presenta curve di concentrazione sovrapponibili nei cirrotici e nei soggetti normali.Infine si noti che gli antiacidi contenenti sali di alluminio o magnesio interferiscono con l’assorbimento dei chinoloni e che la co-somministrazione di Ciprofloxacina e Teofillina aumenta gli effetti tossici di quest’ultima.

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Farmaci antitubercolariI micobatteri si localizzano intracellularmente per cui i farmaci antitubercolari devono presentare particolari proprietà farmacocinetiche. Inoltre poiché la terapia si protrae per mesi il farmaco dovrebbe essere somministrato per OS e manifestare raramente resistenza.

IsoniazideQuesto farmaco soddisfa i requisiti sopra descritti e difatti rappresenta il farmaco di 1^ scelta nella terapia della tubercolosi. Tuttavia per scongiurare la comparsa di ceppi resistenti lo si somministra in associazione: 1^ fase: 2 mesi, rifampicina + isoniazide + pirazinamide; 2^ fase: 4 mesi, isoniazide e rifampicina.L’isoniazide è una molecola molto piccola che presenta azione battericida se il batterio è in replicazione, altrimenti è batteriostatico. Esso è un profarmaco attivato all’interno del batterio da un sistema enzimatico di catalasi e perossidasi. Una volta attivato inibisce la sintesi degli acidi micolici e, pare, altera il metabolismo della cellula.

ResistenzaLa resistenza si manifesta con una frequenza di 1/106. Si manifesta per la non espressione da parte del batterio degli enzimi (catalasi, perossidasi) che attivano il farmaco. Un altro meccanismo è l’inibizione dell’accesso del farmaco all’interno del batterio.

FarmacocineticaBuono e rapido assorbimento per OS, diffonde bene in tutti i liquidi e presenta una buona distribuzione sia intra che extracellulare comprese le lesioni con necrosi caseosa. Supera la barriera ematoencefalica: le concentrazioni del farmaco nel liquor sono il 20% di quelle ematiche se la barriera è integra, il 40% se vi è un’alterazione (concentrazione sufficiente per il trattamento di localizzazioni tubercolari meningee).Viene metabolizzato dal fegato mediante acetilazione. A causa del polimorfismo della N-acetil transferasi l’emivita è di 1 ora per gli acetilatori veloci e di 3 ore per gli acetilatori lenti. La fenotipizzazione è importante per impostare correttamente la terapia: nei metabolizzatori veloci le concentrazioni possono non essere sufficienti, nei lenti le concentrazioni possono essere più elevate e svilupparsi così più facilmente effetti tossici.L’eliminazione avviene per via urinaria. Nel caso di insufficienza renale è necessario ridurre le dosi negli acetilatori lenti. Nel caso di insufficienza epatica e quindi di rallentato metabolismo bisogna diminuire il dosaggio in tutti i pazienti.

Effetti collateraliTre apparati interessati: SNC: insonnia, alterazioni psichiche, convulsioni; SN periferico: neuriti che si possono prevenire perché sono dovute a carenza di piridossina di cui l’isoniazide

favorisce l’eliminazione. L’effetto è comprensibilmente più frequente tra i pazienti malnutriti. Somministrando piridossina si prevengono gli effetti tossici sia sul sistema nervoso centrale che su quello periferico;

Fegato:o Nel 10-20 % dei pazienti si assiste ad un aumento delle transaminasi epatiche senza che ciò precluda la terapia;o Più rara è la comparsa di epatite con necrosi centrolobulare. L’ipotesi principale è che essa sia dovuta ad un

metabolita epatotossico. La condizione è più frequente negli alcolisti e si manifesta oltre i 50 anni.Rare reazioni allergiche gravi anche se il 5% dei trattati è colpito da eruzioni cutanee. Possibile insorgenza di disturbi gastrointestinali

RifampicinaE’ un farmaco antibatterico che agisce sia sui micobatteri tipici e atipici che sui cocchi G+ (in particolare è molto attivo nei confronti degli stafilococchi), cocchi G- e Haemophilus.

Meccanismo d’azioneAgisce inibendo la RNA polimerasi DNA dipendente dei procarioti, ma non negli eucarioti. Nei confronti dei micobatteri è battericida, nei confronti degli altri batteri è batteriostatico.

ResistenzaLa frequenza è di 1/107. Le cause della resistenza sono l’alterata permeabilità al farmaco oppure la produzione di una polimerasi modificata che non permette alla rifampicina di legarsi ad essa a causa di una singola mutazione cromosomica puntiforme.

FarmacocineticaL’assorbimento per OS è buono. Diffonde bene in tutte le cellule (specie quelle fagocitiche), negli ascessi e nelle secrezioni. Viene metabolizzata nel fegato dove funge da induttore enzimatico. E’ eliminata nelle feci (una parte soggetta a ricircolo enteroepatico) e in piccola percentuale nelle urine (che colora).Presenta un’emivita di 1,5 ore ma essa si riduce a causa dell’induzione di enzimi microsomiali ad opera anche del farmaco stesso.

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Effetti collateraliSono in genere rari (e non potrebbe essere altrimenti vista la necessità di una lunga somministrazione): Colorazione arancione dell’urina, delle lacrime, del sudore e della saliva; Disturbi gastrointestinali; Albuminuria senza significato patologico; Essendo un induttore enzimatico accellera il metabolismo di farmaci quali gli anticoagulanti, gli anticoncezionali e

il metadone (possibile comparsa di crisi di astinenza).

EtambutoloE’ una molecola piccola attiva solo contro i micobatteri tipici e atipici. Il meccanismo d’azione comporta l’alterazione della parete cellulare per inattivazione dell’enzima arabinosil transferasi.Presenta buone proprietà farmacocinetiche: biodisponibilità orale dell’85%, eliminata per metà con le urine e per metà con la bile. In caso di insufficienza renale è necessario ridurre il dosaggio.Diffonde poco nei liquidi (4%) ma in caso di infiammazione la percentuale sale al 60% e ciò è sufficiente per la terapia. Raggiunge concentrazioni terapeutiche nel liquor. L’emivita è di 3-4 ore.E’ ben tollerata: l’effetto tossico più tipico è la comparsa di neurite retrobulbare (i cui sintomi iniziali sono l’incapacità di percepire i colori verde e rosso e la riduzione della acuità visiva) dose dipendente e reversibile.

PirazinamideE’ un tubercolostatico e agisce solo a pH acido come lo è in effetti quello dei fagolisosomi dove sono contenuti i micobatteri. Di per sé non è attiva ma, in presenza dell’enzima pirazinamidasi, è metabolizzata ad acido pirazidico che rappresenta la forma attiva.Buon assorbimento, diffonde bene, penetra nei macrofagi, supera le barriere (compresa la EE) ed è eliminata dal rene principalmente per filtrazione glomerulare.La resistenza è dovuta all’alterazione della permeabilità del batterio al farmaco oppure alla mancata attivazione della pirazinamide per non espressione della pirazinamidasi.Gli effetti tossici sono: Nausea e vomito; Epatotossicità nell’1% degli individui; Nella maggior parte dei soggetti provoca iperuricemia e quindi nei soggetti predisposti può scatenare un attacco di

gotta.

Chemioterapia antimicotica

Le infezioni micotiche sono in aumento in questi ultimi anni perché sono tipicamente infezioni opportunistiche che colpiscono gli immunodepressi quali i chemiotrattati per neoplasia o i pazienti HIV positivi. Un’altra causa è l’uso di antibiotici ad ampio spettro.I miceti sono eucarioti e la possibilità di produrre farmaci antimicotici si scontra con la difficoltà di colpire bersagli selettivi. Uno di essi è l’ergosterolo, uno sterolo di membrana che nei miceti è presente al posto del colesterolo. Alcuni bersagli sono presenti anche nella parete cellulare.I farmaci antimicotici si dividono in due gruppi: farmaci per il trattamento delle micosi tessutali (somministrazione sistemica); farmaci per il trattamento delle micosi superficiali perché le loro proprietà farmacocinetiche o tossicologiche non

permettono una somministrazione sistemica.

Amfotericina BL’amfotericina B è un farmaco un po’ datato e dotato di un’elevata tossicità ma che ciononostante si utilizza ancora. E’ un antibiotico macrolide grande non idrosolubile e per questo si somministra come sospensione colloidale.

Spettro d’azionePresenta un largo spettro, il più largo in assoluto. Comprende l’aspergillus, l’astomices, la candida, il cryptococcus, l’istoplasma…

Meccanismo d’azione e resistenzaSi lega all’ergosterolo (molto meno al colesterolo) dando origine a dei pori che causano la morte della cellula. Il fenomeno della resistenza è raro e può essere dovuto a diminuzione dell’ergosterolo di membrana o a modificazione della molecola.

FarmacocineticaSomministrata per OS non viene assorbita ma rimane attiva nel lume intestinale.Per le infezioni tessutali si somministra in sospensione per somministrazione endovenosa. Si distribuisce nei tessuti, non supera la barriera ematoencefalica e perciò per le micosi meningee è necessaria la somministrazione intratecale (anche

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se in certi casi, come ad esempio la meningite criptococcica, l’aumento della permabilità dovuta all’infiammazione rende possibile l’utilizzo del farmaco per endovena).Presenta un’emivita di 15 giorni e viene eliminata dal rene per il 25%.

TossicitàIl farmaco presenta una tossicità: diretta: si manifesta con ipotensione, brividi, febbre, cefalea e vomito; renale:

o reversibile: calo della VFG;o irreversibile: lesioni a livello tubulare dovute al fatto che l’amfotericina si lega in parte al colesterolo delle

cellule epiteliali tubulari. Ciò causa perdita di potassio e magnesio e se il trattamento perdura le lesioni sono in grado di far diminuire la produzione di eritropoietina;

altro: ipopotassiemia, ipomagnesemia, anemia.

NistatinaE’ una molecola simile all’amfotericina con simile meccanismo d’azione. Si impiega per uso topico, in particolare per le infezioni cutanee da Candida, perché troppo tossica per via parenterale.

FlucitosinaE’ una molecola semplice e piccola

Spettro d’azioneLo spettro d’azione è ristretto a pochi miceti, quasi esclusivamente lieviti (Criptococco, Candida, in parte Aspergillus).

Meccanismo d’azionePenetra nei miceti è lì viene trasformata in 5-fluorouracile che inibisce la timidilato sintetasi e di conseguenza la sintesi di RNA e DNA. Il 5-fluorouracile è attivo anche nei confronti delle cellule umane e di fatto viene impiegato come antitumorale. Tuttavia solo nei miceti è presente l’enzima che attiva la fluorocitosina.

Farmacocinetica e resistenzaIl farmaco presenta un’eccellente farmacocinetica: buon assorbimento orale, si distribuisce nei tessuti e supera la barriera ematoencefalica. Circa il 90% viene escreto immodificato attraverso i reni e l’emivita è pari a 3-5 ore.Il problema è che insorge rapidamente resistenza causata da alterazioni delle permeasi che permettono l’ingresso della molecola nei miceti o dell’enzima responsabile dell’attivazione del farmaco. Per questo motivo si utilizza in associazione con altri antimicotici come l’amfotericina B.

TossicitàGli effetti collaterali sono scarsi e sono rappresentati in maggior misura da disturbi gastroenterici. In alcuni pazienti si verifica alopecia e depressione midollare perché in questi i batteri intestinali trasformano la 5-fluorocitosina in 5-fluorouracile il quale viene assorbito in quantità piccole ma sufficienti per interferire coi follicoli piliferi e con il midollo. La somministrazione di uracile riduce gli effetti sul midollo senza modificare l’attività antimicotica.

Derivati imidazoliciIl capostipite di questo gruppo è il Ketonazolo, altri farmaci appartenenti al gruppo sono il Fluconazolo e, per le infezioni della cute, il Miconazolo o l’Econazolo.

Spettro d’azioneAmpio spettro ma non quanto quello dell’amfotericina.

Meccanismo d’azione e resistenzaArrivati all’interno del micete i derivati imidazolici inibiscono la sintesi dell’ergosterolo di membrana inibendo la 14-α-demetilasi che catalizza la conversione del lanosterolo in ergosterolo. Oltre alla mancata produzione di ergosterolo il blocco enzimatico causa accumulo di precursori che risultano tossici per la cellula. La resistenza è dovuta all’aumentata espressione dell’enzima oppure all’espressione di pompe di efflusso.

Farmacocinetica Il ketonazolo presenta una bassa biodisponibilità orale (15%) ma sufficiente per la terapia. L’assorbimento è favorito dal pH acido e perciò è limitato dagli antiacidi e dagli anti H 2. Non supera la barriera EE. Viene metabolizzato dal fegato ed è un inibitore enzimatico (oltre al CYP inibisce anche la sintesi del testosterone). L’eliminazione è principalmente biliare, solo il 4% avviene attraverso l’urina. Appartengono a questa categoria di farmaci i derivati triazolici che hanno uno spettro d’azione sovrapponibile ma una miglior farmacocinetica e minori effetti collaterali: Itraconazolo: emivita di 36 ore, buona diffusione tessutale e minore interferenza coi CYP;

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fluconazolo: alta biodisponibilità, supera la barriera ematoencefalica, viene eliminato per il 65% nelle urine in forma attiva, ha un’emivita di 30 ore e una minore interferenza col CYP;

voliconazolo: biodisponibilità del 90%, metabolismo epatico ma bassa inibizione del CYP, emivita di 6 ore, ben tollerato (principale effetto tossico rappresentato da disturbi della vista).

TossicitàSono generalmente ben tollerati. Possono causare disturbi gastrointestinali, raramente reazioni allergiche. Sono stati descritti episodi di aumento delle trasaminasi, fotosensibilizzazione, riduzione della funzionalità surrenale e testicolare che si può manifestare nel maschio con ginecomastia.

EchinocandineSono farmaci di nuova generazione. Hanno un ampio spettro, non come l’amfotericina ma superiore a quello dei derivati imidazolici. Agiscono sulla parete cellulare inibendo il β-1-3-glucano.Si somministrano per endovena, presentano una emivita di 10 ore, un metabolismo epatico e una eliminazione nell’urina sotto forma di metaboliti.Sono ben tollerati ma sono segnalati disturbi gastrointestinali.

TerbinafinaE’ una molecola liposolubile che si somministra per OS. Si concentra nello strato cheratinico, sede delle infezioni della cute, nel tessuto adiposo, negli annessi cutanei e nelle unghie. E’ un funghicida e agisce inibendo l’enzima squalene lipossidasi con conseguente accumulo di squalene tossico per la cellula.Una terapia di 12 settimane con la terbinafina risolve il 90% delle micosi presenti nei tessuti bersaglio del farmaco.E’ ben tollerato, metabolizzato dal fegato non presentando interferenze col sistema dei citocromi P450. Gli effetti collaterali sono rappresentati per lo più da disturbi gastrointestinali e da cefalea.

Chemioterapia antiparassitaria

Principali parassitosi protozoarie dell’uomo: malaria, amebiasi, leishmaniosi, tripanosomiasi e tricomoniasi.

Farmaci anti amebiciQuando un soggetto si infetta con l’Entoamoeba Histolytica essa può rimanere nel lume intestinale oppure può diffondere e localizzarsi in alcuni tessuti, primo fra tutti il fegato dove causa ascessi epatici. In base alla localizzazione dell’infezione c’è un gruppo di antiamebici che agisce nel lume intestinale senza essere assorbita (diloxanide furoato, un’amebicida somministrato per os che viene metabolizzato per il 90% nel fegato, provoca flatulenza e non può essere dato in gravidanza; iodochinolo, che dà effetti collaterali gastrointestinali e tutti quelli relativi alla somministrazione di iodio) e un altro che si usa invece per le infezione tessutali (metronidazolo e, per le forme localizzate al fegato, il diloxanide).

MetronidazoloE’ un derivato imidazolico

Spettro d’azioneAmebe, Giardia, Trichomonas Vaginalis. E’ attivo anche contro batteri anaerobi (farmaco di scelta per le infezioni encefaliche da anaerobi).

FarmacocineticaPer OS buon assorbimento, diffonde bene anche nel liquor e all’interno delle cellule, ha un’emivita di 8 ore, è metabolizzato dal fegato, escreto con le urine. La sua clearance dipende dalla funzionalità epatica.

Meccanismo d’azioneIl meccanismo d’azione non è ben conosciuto ma è probabile che il farmaco, o meglio un suo metabolita, provochi dei danni sul DNA.

Effetti collaterali effetto radiosensibilizzante; disturbi gastrointestinali e relativi al SNC (capogiri, cefalea, neuropatie sensoriali); effetto disulfuram-simile; i metaboliti sono mutageni e una somministrazione del farmaco per un lungo periodo può causare un’aumentata

incidenza di tumori epatici e polmonari. E’ inoltre controindicato in gravidanza.

Farmaci anti malariciIl P.Malariae ed il P.Falciparum (il più pericoloso tanto che la malattia da esso causata è chiamata malaria terzana “maligna”) compiono il loro ciclo vitale solo a livello del sangue mentre nelle infezioni da P.Ovale e il P.Vivax vi è la localizzazione di parassiti dormienti, gli ipnozoiti, a livello epatico dando vita ad infezioni croniche silenti che possono

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riattivarsi in seguito. Così per curare le infezioni da P.Falciparum sono sufficienti farmaci che agiscono a livello dei globuli rossi mentre per quelle da P.Ovale e P.Vivax è necessario anche un farmaco che eradichi l’infezione epatica.Ciclo vitale del Plasmodio:1. puntura della zanzara Anofele: iniezione di pochi sporozoiti;2. localizzazione epatica degli sporozoiti (stadio pre-eritrocitario): si liberano merozoiti. In alcuni casi possono

rimanere nel fegato delle forme latenti chiamati ipnozoiti;3. i merozoiti infettano i globuli rossi diventando trofozoiti;4. replicazione mitotica: si formano gli schizonti dalla cui maturazione (fase schizogonica) originano nuovi merozoiti

che, dolo la lisi dei globuli rossi, sono rilasciati e ricominciano il ciclo. In alcuni casi dagli schizonti originano le forme sessuate le quali possono infettare la zanzara e compiere in essa il ciclo sessuato dando origine a nuovi sporozoiti.

ClorochinaE’ un potente schizomicida ematico (uccide esclusivamente gli schizonti nei globuli rossi) di tutte le forme di plasmodio. Può essere utilizzato per tutte le forme di malaria. Non è conosciuto il meccanismo d’azione ma si ipotizza che il farmaco inibisca il catabolismo della Fe-protoporfirina IX tossica per il plasmodio.Assorbito per Os si concentra nei globuli rossi. La mancata concentrazione del farmaco si traduce in una resistenza del plasmodio ai suoi effetti. Ciò è dovuto all’espressione di una glicoproteina P che provvede all’efflusso del farmaco dalle vescicole del parassita dove esso si concentra.Poiché si concentra nel fegato (concentrazioni 5-600 volte maggiori rispetto a quelle ematiche) può essere utilizzato anche per trattare le infezioni epatiche da ipnozoiti.E’ un farmaco ben tollerato, si può utilizzare in gravidanza e causa due generi di effetti collaterali: reversibile: pigmentazione cornea, nausea, vomito, capogiri, cefalea, orticaria. irreversibile: retinite in soggetti esposti agli UV.

PrimachinaStrutturalmente simile alla clorochina ha un meccanismo d’azione completamente diverso che comporta un aumento dello stress ossidativo a livello del plasmodio. E’ attiva sugli ipnozoiti e perciò si impiega per l’eradicazione delle infezioni localizzate al fegato. Agisce solo debolmente sullo stadio eritrocitario del plasmodio.Somministrata per OS è assorbita quasi completamente, rapidamente metabolizzata. L’emivita è di 3-6 ore.E’ ben tollerato eccetto nei soggetti con deficit di glucosio 6-P deidrogenasi nei quali provoca emolisi. L’enzima infatti provvede a rigenerare l’NADPH la cui concentrazione è ridotta dagli effetti ossidanti del farmaco. Ad alte dosi può causare disturbi gastrointestinali.

PirimetaminaAgisce come inibitore della folato reduttasi con un’affinità per l’enzima del plasmodio molto superiore a quella umana.Ha un’azione di schizomicida ematico però l’azione è lenta perché il plasmodio deve prima terminare le sue riserve di acido folico. Per questo motivo più che per la terapia si utilizza per la profilassi della malaria. Non è attiva sugli ipnozoiti epatici.Ad alti dosaggi, visto il meccanismo d’azione, può causare nel paziente anemia megaloblastica.

MeflochinaSi utilizza in caso di resistenza alla clorochina. Ben assorbita per OS diffonde bene nei tessuti e viene eliminata nelle feci. Ben tollerata, può causare disturbi gastrointestinali e vertigini (disturbi dose-correlati).

Farmaci anti elminticiElminti che infettano il canale alimentare: cestodi (Tenia); nematodi intestinali (Ascarisu lombricoides, Ossicuri).Elminti che causano infezioni sistemiche: trematodi (schistosomiasi); nematodi extraintestinali (filariosi); cestode idatide (Ecchinococco).

MebendazoloE’ un farmaco a ampio spettro, ben tollerato e per questi motivi utilizzato come chemioterapico di prima scelta. Presenta pochi effetti collaterali.L’assorbimento per OS è minore del 10% ma questa è una caratteristica utile perché le infezioni elmintiche si localizzano nel lume intestinale. L’assorbimento è influenzato dalla presenza di lipidi. La quota assorbita è rapidamente metabolizzata ed escreta in parte nell’urina e in parte nella bile.E’ un vermicida: blocca la captazione del glucosio in quanto la captazione è legata alla presenza di microtubuli citoplasmatici la cui sintesi è inibita. La selettività d’azione è garantita dal fatto che il farmaco ha un’affinità per le strutture elmintiche 400 volte superiore a quelle dei mammiferi.Ben tollerato, può causare nausea, vomito e dolori addominali.

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PiperazinaE’ attivo sugli ascaridi e sugli ossiuri. E’ un vermifugo in quanto paralizza il verme che si stacca dalla parete intestinale. La peristalsi di solito è sufficiente per promuoverne l’evacuazione (eventuale associazione con un purgante osmotico).L’azione paralizzante è dovuta all’azione inibitrice del farmaco sull’azione della acetilcolina a livello delle placche neuromuscolari del verme.Poche azioni sfavorevoli: nausea, vomito, diarrea, dolori addominali. Il farmaco è controindicato in gravidanza, nei soggetti nefropatici ed epatopatici.

Pyrantel pamoatoAgisce causando una paralisi di tipo spastico poiché inibisce l’acetilcolinesterasi. Inoltre ha un effetto come agonista a livello dei recettori colinergici. Attivo sugli ossiuri e sugli ascaridi.Somministrato per OS è poco assorbito e la quota assorbita è eliminata con le feci, poco con l’urina.Presenta pochi effetti collaterali: nausea, vomito, diarrea e dolori addominali. Controindicato negli epatopatici.

Pirvinio PamoatoAttivo sugli ossicuri: è il farmaco di prima scelta per il trattamento di questa infezione in gravidanza. Agisce inibendo il metabolismo energetico del verme.E’ ben tollerato, tra gli effetti collaterali colora le feci di rosso e causa disturbi gastrointestinali non gravi.

NiclosamideE’ il farmaco di prima scelta per le infezioni da tenia. Agisce inibendo la produzione di ATP da parte del verme bloccando la fosforilazione ossidativa. E’ quindi un vermicida. Il verme muore, si stacca dalla parete e viene digerito dall’intestino.Somministrato per OS viene poco assorbito e non comporta alterazioni epatiche o renali. Sono descritti pochi effetti collaterali gastrointestinali tuttavia è un farmaco potenzialmente mutageno.

Chemioterapia antivirale

I farmaci antivirali sono pochi a causa della difficoltà di trovare bersagli selettivi. Inoltre una malattia virale si manifesta quando il virus si è già replicato: iniziare una terapia quando ancora la replicazione non è iniziata e non ci sono sintomi è difficile. Esistono tuttavia alcuni virus, come l’herpes, che continuano a replicarsi anche dopo l’inizio delle prime manifestazioni: in questo caso i farmaci antivirali sono utili.I farmaci antivirali possono agire su una delle varie fasi del ciclo replicativo batterico: assorbimento e penetrazione; sintesi delle proteine primarie; sintesi degli acidi nucleici; sintesi delle proteine strutturali; maturazione e liberazione delle particelle virali.

5-IodoxiuridinaQuesto farmaco si impiega nella terapia della cheratite erpetica. E’ un farmaco per uso topico che se somministrato per via sistemica risulterebbe molto tossico. Somministrandolo a livello della cornea, che è avascolare, non si hanno effetti sistemici. Tuttavia vi è un piccolo assorbimento responsabile di effetti tossici: primo fra tutti la mielodepressione.Agisce inibendo la sintesi del DNA virale per inibizione della DNA polimerasi.

AmantidinaIl farmaco si utilizza anche nella terapia del Parkinson essendo esso un promotore della liberazione della dopamina.Ha efficacia nella prevenzione e nel miglioramento della prognosi nelle infezioni da virus dell’influenza di tipo A.Il meccanismo d’azione consiste nell’alterazione del pH all’interno degli endosomi cellulari. Il pH degli endosomi, i quali inglobano il virus e ne rappresentano il meccanismo d’entrata nella cellula, se non è abbastanza acido non permette la fusione tra la membrana cellulare e l’involucro virale. Inoltre inibisce la liberazione delle particelle virali.Il meccanismo d’azione è altamente specifico e il farmaco presenta perciò scarsa tossicità. Gli effetti collaterali sono legati all’aumento della liberazione della dopamina a livello del SNC.Il farmaco presenta buona biodisponibilità orale, è eliminato per il 90% con le urine.

Zanamivir e OseltamivirQuesti farmaci sono inibitori delle neuroaminidasi, proteine essenziali per la replicazione e la gemmazione dei nuovi virus dalle cellule infette. Cinque giorni di terapia, iniziati anche dopo 36-48 ore dalla comparsa dei primi sintomi, diminuiscono la durata, la gravità e le complicanze dell’influenza di tipo A e B.Lo Zanamivir si somministra per inalazione e può causare broncospasmo e irritazione della mucosa della gola; l’Oseltamivir è un profarmaco che si somministra per OS, nel fegato viene liberato un metabolita attivo che ha un’emivita di 10 ore. L’eliminazione avviene a livello tubulare mediante secrezione attiva operata dal trasportatore degli acidi organici.

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AciclovirE’ attivo contro il virus erpetico ed è un farmaco altamente specifico perché il virus erpetico possiede una timidina chinasi in grado di fosforilare e attivare il farmaco molto più velocemente di quanto fa una cellula non infettata.Una volta attivato l’aciclovir inibisce la DNA polimerasi virale (bloccando l’allungamento della catena virale in formazione) in misura da 30 a 100 volte superiore rispetto alla DNA polimerasi della cellula ospite.Si usa per la prevenzione delle infezioni erpetiche in pazienti che hanno subito trapianti di midollo e nella terapia dell’herpes simplex, dell’herpes zooster e delle encefaliti erpetiche.Presenta un’emivita di 2-4 ore, una biodisponibilità bassa (20%) ma sufficiente, diffonde bene anche nel liquor, è eliminato per il 75% per via urinaria.E’ in generale ben tollerato, i possibili effetti collaterali che può causare sono: cefalea, nausea, rash cutanei, ipotensione arteriosa quando somministrato per endovena.

Zidovudina (AZT)E’una molecola di sintesi che previene in buona misura le complicanze delle infezione da AIDS. Nei soggetti affetti diminuisce le complicanze della malattia e fa aumentare il numero di linfociti CD4+.Meccanismo d’azione: agisce sulla polimerasi del DNA virale (trascrittasi inversa) competendo con la timidina inibendo perciò la replicazione virale. Infatti l’incorporazione del metabolita dell’AZT nella catena di DNA virale in formazione ne provoca l’arresto.La specificità d’azione è garantita dal fatto che l’affinità per la trascrittasi inversa è 20-30 volte maggiore rispetto a quella per la DNA polimerasi α dei mammiferi. La DNA polimerasi mitocondriale è invece abbastanza sensibile al farmaco.Per quanto riguarda le caratteristiche farmacocinetiche il farmaco presenta una buona biodisponibilità, un’emivita di circa 1 ora nel sangue e 3 ore nelle cellule, una buona diffusione nel liquor; è escreto per la maggior parte dopo glucocuniugazione nelle urine (per il 15% in forma immodificata).Dopo 6 mesi di trattamento insorgono ceppi resistenti a causa di mutazioni a carico della trascrittasi virale inversa.La tossicità principale è rappresentata dalla mielotossicità; meno importanti sono la diarrea, cefalea, febbre e eruzioni cutanee.

Inibitori delle proteasi: indinovir e saquinavirLe proteasi sono enzimi fondamentali nella replicazione batterica perché clivano le proteine neoformate le quali andranno a costituire la parete virale. Le proteasi contro le quali agiscono questi farmaci sono esclusivamente virali.Questi farmaci si utilizzano nella terapia dell’AIDS associati all’AZT per ritardare l’insorgenza di resistenza.L’indinovir presenta una buona biodisponibilità, un’emivita di circa 2 ore, è metabolizzato dal CYP potendo causare interferenze col metabolismo di altri farmaci.I principali effetti collaterali sono: nefrolitiasi, iperbilirubinemia, nausea, vomito, alterazioni dell’assetto lipidido (ipertrigliceridemia e ipercolesterolemia).La resistenza è dovuta a sintesi di proteasi con un’alterata sequenza aminoacidica sulle quali il farmaco non è più in grado di agire. La resistenza al saqvinavir tuttavia non è crociata con altre proteasi. Anche quest’ultimo farmaco interagisce col CYP e i principali effetti collaterali sono disturbi gastrointestinali e rinite.

Chemioterapia immunodepressiva

Questi farmaci sono utilizzati con successo nel trattamento di malattie autoimmuni o per evitare il rigetto in soggetti trapiantati. Il rischio principale causato dalla somministrazione di questi farmaci è la comparsa di infezioni opportunistiche.

Inibitori della calcineurina

CiclosporinaLa ciclosporina è un grosso polipeptide ciclico lipofilo e agisce sia nei confronti dell’immunità umorale che di quella cellulare (in particolare nei confronti delle cellule T).

Meccanismo d’azioneInibiscono la calcineurina e quindi la produzione di IL2, il principale mediatore della proliferazione delle cellule immunitarie.

FarmacocineticaBuona biodisponibilità orale (20-50 % a seconda del fenotipo), emivita di circa 18 ore che varia a seconda dell’età (minore nei bambini e maggiore nei soggetti sottoposti a trapianto cardiaco). Per entrambi i motivi è necessario un monitoraggio terapeutico.La contemporanea somministrazione di cibo ne diminuisce l’assorbimento tanto che le concentrazioni plasmatiche divengono di circa il 30% minori.

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Il farmaco è metabolizzato via CYP in circa 25 metaboliti i quali sono eliminati quasi completamente dal fegato (solo il 6% nell’urina, per questo motivo non è necessaria una riduzione del dosaggio nei pazienti con insufficienza renale).

TossicitàLa tossicità principale è data dalla nefrotossicità che insorge nella maggior parte dei pazienti e che obbliga a volte a sospendere la terapia. In circa la metà dei pazienti sottoposti a trapianto cardiaco e trattati con ciclosporina insorge ipertensione arteriosa. Altre complicanze sono l’iperlipidemia e l’iperplasia gengivale.

RapamicinaAgisce bloccando l’azione della IL-2 a livello dei recettori inibendo così la proliferazione dei linfociti T bloccando la cellula nella fase G1 del ciclo cellulare. L’azione dura anche dopo la sospensione del trattamento. Si usa per inibire il rigetto sia del paziente nei confronti del trapianto sia, nel caso di trapianto di midollo, del trapianto nei confronti del paziente. Spesso si associa agli inibitori della calcineurina.Presenta un buon assorbimento (influenzato dalla presenza di cibi grassi), metabolizzato dal CYP ha un’emivita di 62 ore e viene eliminato principalmente per via fecale, poco con le urine.I principali effetti collaterali sono l’aumento del colesterolo e dei trigliceridi. Non è nefrotossico ma se somministrato insieme alla ciclosporina ne potenzia la nefrotossicità. Infine può essere causa di anemia, leucopenia o trombocitopenia.

MicofenolatoQuesto farmaco agisce come inibitore reversibile non competitivo della IMP deidrogenasi. L’enzima è coinvolto nella sintesi de novo della guanina da cui dipende la proliferazione dei linfociti B e T (le altre cellule si procurano la guanina principalmente attraverso altre vie). Il risultato è l’inibizione della proliferazione dei linfociti e delle funzioni linfocitarie.E’ un farmaco che presenta un buon assorbimento, un’emivita di 16 ore, un metabolismo per glucoconiugazione ed una eliminazione per via urinaria (nei pazienti con insufficienza renale è necessaria una diminuzione del dosaggio).E’ in generale ben tollerato, può presentare tossicità gastrointestinale e raramente leucopenia.

Chemioterapia antitumorale

Questi farmaci possono risultare curativi solamente in pochi tumori come il linfoma di Hodgkin ed altri tumori non solidi. I tumori solidi non possono essere guariti solo con la chemioterapia ma essa viene utilizzata come adiuvante.Un altro impiego è quello palliativo: aumenta la sopravvivenza e migliora la qualità di vita.Un farmaco antiblastico ideale dovrebbe uccidere la cellula neoplastica senza danneggiare le cellule normali. La maggior parte degli antitumorali, purtroppo, non possiedono queste caratteristiche perché non siamo stati ancora in grado di trovare bersagli farmaceutici sufficientemente selettivi. Gli antitumorali presentano in generale un basso indice terapeutico.Quando si diagnostica un tumore esso è composto da almeno 109-1010 cellule. Se anche un farmaco uccidesse il 99,9 % di cellule tumorali ne rimarrebbero comunque parecchie migliaia. D’altro canto non si può somministrare un antiblastico troppo a lungo perché questi farmaci hanno parecchi effetti tossici. Per questo motivo si somministrano in “cicli”: si abbassa la conta cellulare, si interrompe la terapia al fine di risolvere gli effetti collaterali, si riprende e si abbassa la conta di nuovo. Inoltre, per combattere la resistenza del tumore al farmaco e per “distribuire” gli effetti tossici fra vari apparati (es. un farmaco nefrotossico associato a un farmaco mielotossico), si usa fare polichemioterapia. Esistono tuttavia dei ceppi tumorali detti MDR (multiple drug resistent) resistenti a più farmaci a causa dell’espressione di una pompa di efflusso detta glicoproteina P. Un altro meccanismo di resistenza è dovuto alla capacità di alcuni ceppi di riparare i danni indotti dagli antiblastici, in particolare dagli alchilanti.I farmaci antitumorali si dividono in: ciclospecifici: agiscono di preferenza sui tumori che presentano un’elevata frazione di cellule in replicazione (es.

leucemie). Tra questi farmaci ricordiamo:o antimetaboliti: azacitidine, 5-fluorouracile, mercaptopurina, metotrexato (stesso meccanismo d’azione del

Trimetoprim ma non efficace sui batteri perché richiede trasporto attivo e perché ha più affinità per l’enzima umano), tioguanina;

o podofilo-tossine;o alcaloidi della Vinca.

cicloaspecifici: si usano per tumori che presentano cellule in replicazione e cellule quiescenti (tumori solidi).o Alchilanti: busulfano, ciclofosfamide, melfalano, tiotepa, mecloretamina;o Antibiotici antitumorali: dactinomicina, daunorubicina, doxorubicina, mitramicina;o Cisplatino;o Nitrosuree: sono alchilanti estremamente liposolubili che si usano per i tumori del cervello.

Effetti tossici Tossicità acuta: quasi tutti i pazienti presentano, in seguito alla somministrazione di farmaci antitumorali, nausea e

vomito di origine centrale;

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Tossicità ritardata: siccome tutte le cellule in rapida replicazione sono sensibili a questi farmaci (l’unica selettività è proprio la velocità di replicazione) sono colpiti il midollo, le mucose gastroenteriche, alcuni annessi cutanei e le gonadi.

Tossicità specifica:o Ciclofosfamide: un metabolita causa cistite emorragica;o Cisplatino: comporta nefrotossicità e ototossicità…

Meccanismi d’azione Alchilanti: di per sé non sono attivi. Quando attivati sono in grado di legarsi a strutture quali il DNA (legandosi a

due guanine) e le proteine in maniera aspecifica (mimando in un certo senso l’azione delle radiazioni ionizzanti).La resistenza è dovuta al fatto che le cellule “imparano” a riparare i danni, alla diminuzione della permeabilità cellulare o all’espressione della glicoproteina P;

Antimetaboliti:o Antagonisti delle pirimidine il 5-fluorouracile è il farmaco più importante di questo gruppo. Agisce inibendo la

sintesi del DNA e, essendo un analogo dell’uracile, se inglobato nell’RNA interferisce con le sue funzioni. Un altro farmaco appartenente a questa categoria è l’ARA-C: agisce inibendo la DNA polimerasi, bloccando la sintesi di DNA e RNA e provocando alterazioni nell’allungamento del DNA di nuova sintesi;

o Antagonisti delle purine: la 6-mercaptopurina interferisce con la sintesi del DNA e dell’RNA inibendo la trasformazione dell’acido inosinico in acido guaninico e acido adeninico. La contemporanea somministrazione di allopurinolo permette la riduzione del dosaggio dell’antiblastico a 1/3 perché ne inibisce il catabolismo;

o metotrexate: inibisce la folato reduttasi dei mammiferi e tutte le attività dipendenti dall’acido folico; Antibiotici antitumorali:

o Doxomicina: si lega al DNA per intercalazione bloccando la sintesi di DNA e RNA; Podofilotossine: bloccano l’azione della topoisomerasi II (DNA girasi).

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NEUROPSICOFARMACOLOGIA

Sistema nervoso periferico

Richiami di fisiologiaIl sistema nervoso periferico è tradizionalmente diviso in: sistema nervoso somatico o volontario; sistema nervoso autonomo che regola le funzioni viscerali quali la circolazione, la respirazione, la digestione,

l’equilibrio idrosalino e la temperatura corporea.La principale differenza tra le due vie è che la seconda è costituita da due neuroni collocati in serie mentre a livello delle vie somatiche vi è un singolo motoneurone che connette il SNC alle fibre muscolari scheletriche.

Sistema nervoso autonomoFibre afferenti: fibre non mielinizzate contenute nei nervi autonomici; fibre provenienti dai muscoli striati, dai vasi e da strutture intertegumentali e che sono contenute nei nervi somatici; corpi cellulari di nervi spinali nei gangli dorsali e nervi cranici (gangli sensoriali);Le sostanze che fungono da mediatrici sono: sostanza P; somatostatina; VIP; colecistochinina; calcitonine gene-related peptide (CGRP): presente unitamente alla sostanza P nelle fibre nervose dei nervi

cardiovascolari.Fibre efferenti: sistema ortosimpatico:

o da T1 a L3 una fibra pregangliare esce dal corno laterale della sostanza grigia del midollo spinale e si interrompe a livello di un ganglio della catena paravertebrale, di un ganglio cervicale (il più importante è il ganglio stellato) oppure, a livello splancnico, del ganglio celiaco, mesenterico superiore o inferiore (gangli prevertebrali, unilaterali). Il trasmettitore rilasciato dalla prima fibra è sempre l’acetilcolina. Dai gangli parte una seconda fibra che raggiunge le strutture bersaglio dove rilascia la noradrenalina.A quanto detto fanno eccezione le ghiandole sudoripare che pur facendo parte del simpatico hanno come trasmettitore l’acetilcolina (recettore muscarinico) e la midollare del surrene che rappresenta in pratica un ganglio cui giunge direttamente il 1° neurone che rilascia acetilcolina (recettore nicotinico). La midollare reagisce alla stimolazione rilasciando adrenalina (da non confondersi con la noradrenalina);

sistema parasimpatico: diviso in craniale e sacrale. La componente craniale comprende un 1° neurone contenuto nel III, VII, IX e X nervo cranico (il IX innerva le ghiandole salivari, il III e il VII gli occhi e le ghiandole salivari, il vago tutte le altre strutture) e da un secondo neurone molto corto che si ritrova a livello degli organi bersaglio (veri e propri gangli si trovano solo nella testa e nel collo) mentre a livello sacrale i primi neuroni emergono dal midollo spinale sacrale in un fascio di nervi chiamati “nervi erigentes” e si interrompono nei gangli pelvici mentre i secondi neuroni innervano la vescica, i genitali e il tratto inferiore del tubo gastroenterico. Il neurotrasmettitore è sempre l’acetilcolina.

Normalmente simpatico e parasimpatico sono antagonisti. A volte però un sistema è assolutamente dominante: per esempio il parasimpatico contribuisce ben poco all’innervazione dei vasi. In altri casi sono interdipendenti: per esempio nel maschio l’erezione è dovuta al parasimpatico mentre l’eiaculazione al simpatico.Effetti dell’attivazione del simpatico (reazione di lotta o fuga): sistema cardiovascolare: aumenta forza, frequenza e gittata cardiaca; ridistribuzione del sangue periferico: vengono privilegiati i muscoli scheletrici mentre a livello splancnico e

cutaneo si verifica vasocostrizione; rene: costrizione dei vasi di resistenza e attivazione del RAAS; broncodilatazione ed inibizione delle secrezioni respiratorie: aumenta di molto la capacità respiratoria; aumenta la forza muscolare; la funzione del sistema gastrointestinale, compresi gli annessi, è inibita; aumenta la liberazione in circolo di glucosio e acidi grassi (le catecolamine sono ormoni contro insulari); midriasi.

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Effetti dell’attivazione del parasimpatico: riduzione della gittata cardiaca a causa della diminuzione della frequenza; riduzione della PA e apporto di sangue al cervello ridotto; vasodilatazione nei distretti vasali cutaneo e splancnico; broncocostrizione ed aumento delle secrezioni respiratorie; miosi.L’acetilcolina interagisce a livello del 1° neurone con un recettore di tipo nicotinico (ivi compresa la midollare del surrene) e a livello del 2° neurone con un recettore di tipo muscarinico.

Simpatico ParasimpaticoGangli Vicini al SNC Vicini alla cellula

effettriceOrigine fibre pregangliari

Segmenti toracici e lombari alti del midollo

Midollo allungato o segmenti sacrali

Rapporto fibre pre –post gangliari

1/20 o superiore 1/1 o 1/2

Risposta allo stimolo Diffusa LocalizzataNeurotrasmettitori In generale acetilcolina +

noradrenalinaSempre acetilcolina

Sistema nervoso somaticoFibre efferenti: un singolo motoneurone rilascia a livello degli organi bersaglio acetilcolina la quale interagisce con recettori di tipo: nicotinico a livello dei muscoli striati; muscarinico a livello delle ghiandole sudoripare.

Sistema nervoso entericoA livello dell’intestino esiste in pratica un terzo sistema nervoso costituito dai due plessi intramurali i quali, pur strettamente connessi a simpatico e parasimpatico, sono in grado di agire autonomamente grazie a vie riflesse locali che non richiedono l’intervento di informazioni esterne.Il sistema è farmacologicamente molto complesso.

Tappe del rilascio e dell’azione dei neurotrasmettitori1. depolarizzazione della membrana dell’assone;2. apertura di canali del sodio voltaggio dipendenti;3. esocitosi di circa 500 vescicole contententi neurotrasmettitore;

Ruolo delle vescicole:Nel citoplasma sono presenti le MAO: se il neurotrasmettitore fosse lasciato libero sarebbe subito degradato e perciò esso deve essere immagazzinato all’interno delle vescicole. Nella membrana delle vescicole è presente un trasportatore antiporto H+/neurotrasmettitore.I neurotrasmettitori persi vengono rimpiazzati da nuove molecole neosintetizzate;

4. Le sinapsi possono essere eccitatorie o inibitorie: le eccitatorie, per esempio le colinergiche con recettore nicotinico oppure i recettori α1 per la noradrenalina o quelli per il glutammato, evocano la depolarizzazione della cellula post-sinaptica grazie all’apertura di canali per l’Na+ o, nel caso del glutammato, per il Ca2+. Le inibitorie come le colinergiche con recettori M2 o le GABAergiche causano apertura di canali per il K+ o per il Cl-. A livello postsinaptico, in sostanza, l’effetto può essere depolarizzante o iperpolarizzante a seconda del tipo di canali ionici che vengono aperti;

5. Nel bottone sinaptico nel sistema colinergico l’acetilcolina viene idrolizzata pochi ms dopo il rilascio ad opera della acetilcolinesterasi riformando colina ed acido acetico. L’acido acetico viene perso e la colina recuperata. A livello del sistema adrenergico (noradrenalina, serotonina, dopamina, adrenalina) il neurotrasmettitore viene rilasciato dal recettore dopo aver evocato il suo effetto ed esso può o essere recuperato o liberamente diffondere e venire perciò perso. A livello del sistema degli aminoacidi, rappresentato nel SNC, il neurotrasmettitore dopo aver svolto la sua azione è trasportato all’interno dei neuroni ma soprattutto a livello delle cellule della glia che fungono da serbatoio. I neurotrasmettitori difatti sono sostanze tossiche che devono essere eliminate il prima possibile;

6. recupero del neurotrasmettitore: endocitosi mediata da clatrina. Le vescicole di endocitosi sono fuse con endosomi a pH 5: il neurotrasmettitore viene rilasciato e ricomincia il ciclo.

Il sistema nervoso autonomo nei vari distretti corporei

Sistema cardiocircolatorio

Simpatico Parasimpatico

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Recettori Effetti Recettori EffettoNodo seno atriale β1 (e β2) Aumento frequenza M2 Diminuzione freque.Nodo atrio-ventricol. β1 (e β2) Aumenta velocità di

scarica.M2 Diminuzione velocità

di scaricaMuscolatura cardiaca β1 (e β2) Aumenta contrattilità

e velocità.M2 Ruolo secondario

Arteriole coronariche α1, α2, (β2) α1, α2 vasocostrittori(β2 vasodilatatori)

(M2) (Ruolo secondario vasocostrittorio)

Altre arterie α1, α2 α1, α2 vasocostrittori (M1) (Vasodilatazione)Vasi dei muscoli scheletrici

α1, α2, β2 α1, α2 vasocostrittoriβ2 vasodilatatori (componente prevalente)

(M2) (Vasodilatazione)

Arteriole cerebrali(nota: la regolazione più che dal sistema nervoso autonomo è data dai livelli di CO2

con effetto vasodilatatore)

α1 Lieve contrazione Non rappresentato

L’effetto vasodilatatore dell’acetilcolina è per lo più indiretto: essa difatti promuove il rilascio da parte delle cellule endoteliali di NO, in grado di rilasciare la muscolatura liscia.Quando vi è una variazione della pressione arteriosa i barocettori rispondono: per esempio quando aumenta la pressione media aumenta la frequenza di scarica dei barocettori e di conseguenza si ha bradicardia. Effetto opposto invece causa una diminuzione della pressione media.

Iride e muscolo ciliare

Simpatico ParasimpaticoRecettori Effetti Recettori Effetto

Sfintere radiale α1 Midriasi M3 MiosiCiliare α1 Rilassamento M3 Contrazione

Bronchi

Simpatico ParasimpaticoRecettori Effetti Recettori Effetto

Muscolatura β2 Broncodilatazione M3 BroncocostrizioneGhiandole (α1, β2) (α1 dim. secrezione)

(β2 aum. secrezione)M3 Aumento secrezione

Muscolatura scheletrica

Simpatico ParasimpaticoRecettori Effetti Recettori Effettoβ2 Aumento contrattilità

Aumento glicogenolisiAumento uptake K+

Non rappresentato

RAAS

Simpatico ParasimpaticoRecettori Effetti Recettori Effettoα1, β1 α1 aum. secrezione

β1 dim. secrezioneNon rappresentato

Fegato

Simpatico ParasimpaticoRecettori Effetti Recettori Effettoα1, β1 Entrambi i recettori Non rappresentato

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stimolano la glicogenolisi, la gliconeogenesi e la lipolisi

Ipofisi posteriore

Simpatico ParasimpaticoRecettori Effetti Recettori Effettoβ1 Stimola il rilascio di

ormoni come GH, PRL e ACTH

Non rappresentato

Sistema gastrointestinale

Simpatico ParasimpaticoRecettori Effetti Recettori Effetto

Tubo gastroenterico α1, α2, β2 Diminuzione motilità M3 Aumento motilità Sfinteri α2, β2 Costrizione M3 DilatazioneGh. Salivari α, β Secrezione M3 SecrezioneSecrezioni No No M1, M3 M3 secrezioni

M1 secrezione acida gastrica

Ghiandole esocrine

Simpatico ParasimpaticoRecettori Effetti Recettori Effetto

Tutte le ghiandole La noradrenalina non viene prodotta a livello delle ghiandole esocrine

M3 Aumento secrezioneGhiandole gastriche M1 Aumento secrezione

Utero

Simpatico ParasimpaticoRecettori Effetti Recettori Effetto

Gravido α Contrazione Effetto secondarioNon gravido β2 Rilassamento Effetto secondarioDurante la gravidanza vi sono variazioni a livello recettoriale tali che i recettori β scompaiono e diventano α

Organi sessuali maschili

Simpatico ParasimpaticoRecettori Effetti Recettori Effettoα Eiaculazione M3 Erezione

Sistema colinergicoIl “ciclo vitale” dell’acetilcolina:1. l’acetilcolina è formata a livello del terminale sinaptico del neurone a partire da colina (proveniente dalla dieta) e

acetilCoA ad opera dell’enzima colina acetil-transferasi o CAT. La colina penetra nei neuroni tramite un trasportatore simporto col sodio specifico (tappa limitante). Il processo è bloccato dalla tossina emicolinio;

2. una volta sintetizzata il 90% dell’acetilcolina viene immagazzinata a livello delle vescicole sinaptiche mentre la restante parte rimane libera a livello citoplasmatico dove è prontamente idrolizzata da colinesterasi citoplasmatiche. Il processo di immagazzinamento è operato da un trasportatore inibito dal vesamicolo. L’inibizione del trasporto determina la permanenza dell’acetilcolina nel citoplasma da dove diffonde continuamente nello spazio sinaptico raggiungendo però raramente una concentrazione sufficiente per evocare un effetto;

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3. l’arrivo del potenziale d’azione determina la fusione delle vescicole con la membrana dell’assone e la liberazione dell’acetilcolina. In questo processo possono interferire le tossine presinaptiche come quella botulinica che provoca l’idrolisi di alcune proteine come la Sintaxina o gli aminoglicosidi che inibiscono la SNAP25 (essi di per sé non causano danni ma lo fanno se associati ad altri tossici o se somministrati a pazienti che hanno già dei deficit relativi a questo processo). La tossina presinaptica α-latrotossina (veleno della vedova nera) invece promuove il rilascio dell’acetilcolina. Analogamente la tossina tetanica evoca questo effetto anche se con un meccanismo diverso (risale fino al midollo dove inibisce il rilascio di glicina da parte di interneuroni inibitori);

4. nello spazio sinaptico l’acetilcolinesterasi lisa immediatamente l’acetilcolina. Gli inibitori di questo enzima aumentano l’eccitazione.

I recettori per l’acetilcolina sono di due tipi: nicotinici: sono ionotropici, cioè collegati ad un canale ionico. La loro attivazione causa in pochi msec l’aumento

della permeabilità per il sodio e il potassio e conseguente depolarizzazione. Il recettore nicotinico è formato da 5 proteine, ognuna con 4 domini transmembrana. A formare le 5 proteine che compongono il canale sono presenti subunità diverse assortite in maniera differente a seconda del distretto corporeo: per esempio nei recettori nicotinici del sistema nervoso periferico sono presenti solo subunità α e β mentre nell’ippocampo il recettore nicotinico, coinvolto nei processi della memoria, è costituito da 5 subunità α.o Recettore nicotinico del muscolo striato:

agonista: nicotina; antagonista: d-tubocurarina, α-bungarotossina (veleno di scorpione);

o Recettore nicotinico del sistema nervoso periferico: agonista: nicotina, epibatidina, antagonista: trimetafano.

o Recettore nicotinico del SNC: Agonista: nicotina, epibatidina; Antagonista: numerosi, con selettività per i vari sottotipi.

muscarinici: sono metabotropici, cioè accoppiati a proteine G. La loro attivazione determina risposte lente di natura eccitatoria o inibitoria, non necessariamente collegate a variazioni della permeabilità cellulare. Essi sono presenti:o in tutti gli organi innervati dal parasimpatico;o nel SNC;o in bassa misura nei gangli del simpatico.Ce ne sono 5: i dispari sono collegati ad una Gq che stimola la fosfolipasi C determinando un aumento della concentrazione intracellulare del calcio; M2 e M4 sono invece collegati con G i la quale determina l’inibizione dell’adenilato ciclasi:o M1: si trova soprattutto nel SNC, nei neuroni periferici e nelle cellule parietali dello stomaco (effetto

stimolante): agonista: oxotremorina (non più in commercio); antagonista: atropina, pirenzepina.

o M2: si trova soprattutto nel cuore (effetto inibente): agonista: non esistono agonisti selettivi; antagonista: atropina, gallamina;

o M3: si trova a livello dei muscoli lisci, dell’endotelio e delle ghiandole esocrine (effetto stimolante): agonista: non esistono agonisti selettivi; antagonista: atropina, darifenacina.

o M4 e M5 sono prevalentemente confinati al SNC e il loro ruolo finale non è stato ancora chiarito completamente.

Gli agonisti: proprietà di alcuni esteri della colina e alcaloidi naturali

Susc. Colinesterasi

Attività muscarinica AttivitànicotinicaVascolare Gastroint. Urinaria Oculare

Acetilcolina +++ ++ ++ ++ + ++Metilcolina + +++ ++ ++ + +Carbacolo - + +++ +++ ++ +++Betanecolo - +/- +++ +++ ++ -Muscarina - ++ +++ +++ ++ -Pilocarpina - + +++ +++ ++ -Tra gli effetti cardiaci degli agonisti vi è un rallentamento della frequenza e della gittata. Quest’ultimo effetto è dovuto essenzialmente alla diminuzione della forza di contrazione degli atrii perché i ventricoli possiedono solo una scarsa innervazione parasimpatica.Soltanto il betanecolo e la pilocarpina trovano un impiego clinico nel glaucoma e per stimolare lo svuotamento vescicale.

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Antagonisti muscariniciL’atropina e la scopolamina sono gli antagonisti muscarinici per eccellenza. A partire da questi composti ne sono stati fatti altri con proprietà farmacocinetiche diverse.

Atropina e Scopolamina (altresì detta ioscina) assorbimento : attraversano molto bene l’intestino e la membrana congiuntivale. Buono anche l’assorbimento

transdermico; distribuzione : ampia distribuzione nell’organismo; metabolismo ed escrezione : l’atropina ha un’emivita di circa 2 ore tranne che a livello oculare dove sale a 30 ore.

E’ escreta per il 60% immodificata nelle urine; effetti :

o dosi terapeutiche (0,5 – 1 mg): lieve effetto di inibizione vagale. La scopolamina, solo nel SNC, ha effetti sedativi;

o dosi tossiche (oltre 5 mg): eccitazione, agitazione, allucinazioni e coma. In particolare la sindrome anticolinergica da intossicazione da “Atropa Belladonna” si caratterizza per: aumento della temperatura corporea a causa del blocco della sudorazione; dilatazione pupillare e paralisi dell’accomodazione; blocco salivare; vasodilatazione a livello del volto e del collo; eccitazione psico-motoria e allucinazioni.

Più in dettaglio:o occhio: dilatazione della pupilla e paralisi della accomodazione visiva (cicloplegia);o sistema cardiovascolare: a dosi inferiori a quelle terapeutiche si assiste ad un effetto paradosso con bradicardia

causato da un’azione centrale. A dosi terapeutiche invece l’effetto è l’aumento (modesto: fino a 80-90 b/min) della frequenza cardiaca per blocco vagale. La PA rimane inalterata;

o sistema respiratorio: broncodilatazione e riduzione delle secrezioni;o tratto gastrointestinale: riduzione della secrezione salivare e gastrica, inibizione dell’attività motoria;o tratto genitourinario: diminuzione del tono e dell’ampiezza delle contrazioni (può causare ritenzione urinaria

nel soggetto anziano con ipertrofia prostatica);o ghiandole sudoripare: inibizione;o SNC: effetti eccitatori. La scopolamina ha anche un effetto antiemetico.

usi terapeutici: o apparato digerente:

in passato si utilizzava per il trattamento dell’ulcera peptica; in numerose condizioni cliniche caratterizzate da ipermotilità: colon irritabile, diarrea di lieve entità (il

Buscopan è derivato dall’atropina); scialorrea.

o oftalmologia: manovre diagnostiche; terapia.

o apparato respiratorio: disturbi ostruttivi cronici delle vie aeree; riniti nelle sindromi da raffreddamento e nelle malattie allergiche.

o apparato cardiovascolare: ipertono vagale; sincope associata ad iper-riflessia carotidea.

o SNC: trattamento del parkinsonismo; cinetosi.

o apparato urogenitale: coliche renali; indurre l’aumento della capacità vescicale per trattare l’enuresi o gli stati irritativi (di cui soffre il 16%

della popolazione maschile sopra i 40 anni).o usi in anestesia:

inibizione dell’eccessiva salivazione e secrezione delle vie respiratorie indotte dagli anestetici generali; prevenzione o trattamento dei riflessi vagali indotti.

Altri composti antagonisti muscarinici contenenti un ammonio quaternario (non penetrano la barriera EE):

o Atropina metonitrato (Buscopan): trattamento degli spasmi gastrointestinali;o Mantelina, Propantelina, Metilscopolamina, Glicopirolato;

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Page 31: Appunti Di Farmacologia Speciale

o Oxitropio, Tiotropio: si usano nelle BPCO. Il Tiotropio in particolare ha una lunga durata d’azione e può essere somministrato una sola volta al giorno mediante spray. L’effetto collaterale principale è la xerostomia (secchezza della bocca). Gli effetti collaterali sono comunque inferiori ai β2 agonisti;

Antagonisti muscarinici contententi un ammonio terziario:o Ciclopentolato (breve durata), Tropicamide (lunga durata), Omatropina: si usano in oftalmologia per indurre

midriasi e cicloplegia. L’effetto collaterale principale è l’aumento della pressione intraoculare;o Triexifenidil cloridrato: usato nel Parkinsonismo;o Oxibutinina, Tolterodina: utilizzati in urologia.

Antagonisti selettivi:o Pirenzepina: selettiva per M1 (stomaco) e M4. Si utilizza nel trattamento dell’ulcera peptica. Ora é stata

sostituita dagli anti-H2 e dagli inibitori di pompa protonica;o Tilenzepina: più potente e selettivo per M1 rispetto al precedente.

Antagonisti nicotiniciGli antagonisti nicotinici appartengono alla famiglia dei Curari: composti con uno o più gruppi di ammonio quaternario. Il curaro è una miscela di alcaloidi naturali, molti dei quali possiedono un’attività di bloccanti muscolari. Vengono utilizzati in chirurgia per determinare un rilassamento muscolare completo sia per facilitare l’intubazione e la ventilazione meccanica sia per evitare contrazioni dei muscoli durante le operazioni.Queste sostanze sono tutte composti dell’ammonio quaternario, poco assorbiti per OS (possono essere utilizzati per la caccia) e rapidamente escreti. Non attraversano la placenta.Si distinguono due gruppi: bloccanti depolarizzanti o leptocurarici: sono in sostanza degli agonisti. Il composto principale di questo gruppo è

la Succinilcolina.o Meccanismo d’azione:

il legame del farmaco al recettore provoca l’apertura del canale del sodio; l’acetilcolinesterasi non idrolizza la succinilcolina che rimane attaccata al recettore: il canale continua ad

essere aperto e le concentrazioni intra ed extracellulari di sodio si eguagliano: si assiste a “fascicolazioni” che si diffondono in senso cranio-caudale;

successivamente il recettore si desensitizza (si parla di “blocco da depolarizzazione”): paralisi flaccida; nel giro di 4/5 minuti la situazione ritorna alla normalità a causa della degradazione da parte delle

pseudocolinesterasi sieriche della Succinilcolina. La presenza di pseudocolinesterasi atipiche prolunga l’effetto della Succinilcolina per ore.

o Effetti collaterali: bradicardia: essendo essa un agonista muscarinico; aritmie: la causa è dibattuta ma alla base c’è comunque l’iperpotassiemia che si instaura dopo il

trattamento. Per questo motivo la somministrazione dovrebbe essere evitata nei pazienti che presentano iperpotassiemia;

fascicolazioni prolungate possono indurre aumento della pressione gastrica con vomito e di quella intraoculare ed intracranica;

dolore muscolare post-operatorio; ipertermia maligna.

bloccanti ad azione non depolarizzante o pachicurarici: sono degli antagonisti competitivi e causano un blocco quando il 90-95% dei recettori è occupato dal farmaco partendo dai muscoli intrinseci dell’occhio e terminando coi muscoli respiratori. Per risolvere il blocco si può aumentare la concentrazione di agonista. In realtà farmaci che aumentano la produzione di acetilcolina ce ne sono pochi: allora si rallenta l’eliminazione inibendo l’acetilcolinesterasi. Tuttavia il farmaco inibitore agisce anche a livello del cuore inducendo bradicardia. Per questo motivo si associa l’inibitore con atropina per antagonizzare il recettore muscarinico del cuore.La risoluzione del blocco può avvenire anche per ridistribuzione tissutale o per degradazione del farmaco (ovviamente in tempi più lunghi).L’emivita di questi farmaci è nettamente più lunga di quella dei leptocurarici (da 20 minuti a 1 ora) cosicché la succinilcolina viene utilizzata come primo farmaco per facilitare l’intubazione (dal momento che il grado di rilassamento muscolare che garantisce è maggiore) mentre nel rimanente corso dell’intervento chirurgico si usano i pachicurarici

Nome del farmaco

Velocità di induzione blocco

Durata d’azione Effetti collaterali Note

Tubocurarina Lenta (> 5 min.) Lunga (1 – 2 ore) Ipotensione per blocco gangliare. Broncodilatazione

per rilascio istamina

Non più usato

Alcuronio Lenta (> 5 min.) Lunga (1 – 2 ore) Come sopra Non più usatoGallacurio Lenta (> 5 min.) Lunga (1 – 2 ore) Tachicardia poiché Non più usato

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è anche un inibitore muscarinico

Pancuronio Intermedia (2-3 m.) Lunga (0,75 – 1 h.) Leggera tachicardia. No

ipotensione

E’ uno steroide

Pipecuronio Intermedia (2-3 m.) Lunga (0,75 – 1 h.) Leggera tachicardia. No

ipotensione

E’ uno steroide

Vecuronio Intermedia (2-3 m.) Intermedia (< 30 min.)

Scarsi E’ uno steroide. Somministrazioni ripetute

fanno crescere la concentrazione di un

metabolica che è attivo e può provocare un blocco

prolungatoAtracurio Intermedia (2-3 m.) Intermedia

(< 30 min.)Ipotensione

transitoria per rilascio di istamina

Il farmaco è degradato via pseudocolinesterasi.

Questi farmaci sono metabolizzati dal fegato o escreti intatti nelle urine ad eccezione dell’Atracurio. Una riduzione della funzionalità renale o epatica può prolungare notevolmente la paralisi.Interazioni farmacologiche: tre categorie di farmaci sono in grado di potenziare l’effetto dei miorilassanti competitivi diminuendo il rilascio dell’acetilcolina: anestetici inalatori; anestetici locali; magnesio, litio, aminoglicosidi, tetracicline.

Inibitori dell’acetilcolinesterasiDi acetilcolinesterasi, enzimi che appartengono alla classe delle serina-idrolasi, ne esistono due tipi: forma “pseudo” (butirrilcolinesterasi): si trova nel fegato, nella muscolatura gastrointestinale, nelle cellule della

glia e nel plasma. Ha una selettività d’azione meno marcata rispetto alla forma vera ed il suo ruolo fisiologico non è noto. Di questo enzima ne esistono isoforme a veloce e lenta attività la quale va testata con l’anestetico locale Dibucaina. E’ responsabile del metabolismo di molti farmaci, il più importante dei quali è la succinilcolina;

forma “vera”: è un enzima molto efficiente (6*105 molecole di acetilcolina idrolizzate al minuto). Il turnover di ogni molecola è di soli 150 μs. E’ presente nei neuroni, nei gangli e nella placca neuromuscolare.Di inibitori dell’acetilcolinesterasi ne esistono di due tipi:o Reversibili: il più importante è la Neostigmina. Essa è un substrato dell’enzima ma la sua idrolisi avviene

molto lentamente. Gli inibitori reversibili possono essere a loro volta suddivisi in: non covalenti: edrofonio (quaternario, utilizzato a scopo diagnostico nella miastenia gravis), tacrina e

donezepil (utilizzati nel trattamento dell’Alzheimer); carbammici quaternari come la neostigmina e la prostigmina o terziari come la fisostigmina e la

rivastigmina.Impiego degli inibitori reversibili: Miastenia Gravis (malattia autoimmune il cui bersaglio è rappresentato dai recettori dell’acetilcolina); Glaucoma; Ileo paralitico post-operatorio; morbo di Alzheimer e per antagonizzare l’azione dei bloccanti neuromuscolari al termine di un intervento chirurgico.I principali effetti collaterali sono: astenia, anoressia, diarrea, nausea, sonnolenza, vomito, depressione, cefalea, agitazione e aumentata sudorazione (tutti effetti in relazione ad aumento dell’attività colinergica);

o Irreversibili: sono utilizzati o a scopi bellici (gas nervino) o come pesticidi. I segni di intossicazione da questi composti sono: salivazione abbondante, broncocostrizione, bradicardia, diarrea, vomito, scosse muscolari, paralisi della muscolatura respiratoria, coma. La morte sopraggiunge in soli 30/40 secondi. Il principale antidoto è l’atropina.

Gli inibitori possono altresì essere suddivisi in:o breve durata d’azione (5-15 min);o media durata di azione (3-6 ore): esempio è la neostigmina;o lunga durata d’azione (> 100 ore): sono gli inibitori irreversibili.

Farmaci con effetto gangliareIl principale agonista è la nicotina. Essa però ha un duplice effetto: inizialmente induce una depolarizzazione ma essa col tempo diventa permanente e ciò, analogamente a quanto detto per i leptocurarici, si traduce in un blocco. Inoltre somministrazioni ripetute (es. fumatori) possono causare desensibilizzazione del recettore.I farmaci antagonisti nicotinici gangliari agiscono sia a livello dei gangli del simpatico che del parasimpatico: la mancanza di selettività ne determina uno scarso utilizzo clinico.L’unico antagonista che merita attenzione è il Trimetafano (selettività per i recettori nicotinici gangliari) che si usa per:

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controllare l’ipertensione quando ciò sia assolutamente necessario come nel caso di aneurisma dissecante dell’aorta;

indurre un ipotensione controllata in sala operatoria.Gli effetti tossici sono: ipotensione marcata sino alla sincope a causa del blocco dei riflessi cardiovascolari mediati dal simpatico che

controllano il passaggio da clino a ortostatismo e la vasocostrizione compensatoria alla vasodilatazione muscolare nel corso dell’attività fisica;

stipsi, ileo paralitico; ritenzione urinaria.

Sistema adrenergicoNella sintesi della noradrenalina e dell’adrenalina l’enzima limitante è la tirosina idrossilasi che trasforma la tirosina in DOPA. La DOPA decarbossilasi trasforma poi la DOPA in dopamina la quale, a sua volta, è trasformata dalla dopamina β idrossilasi in Noradrenalina. A livello della midollare surrenale l’enzima feniletanolamina n-metiltransferasi trasforma la noradrenalina in adrenalina.Dopo la liberazione la noradrenalina è ricaptata nelle terminazioni nervose noradrenergiche (uptake 1) ed in parte nelle cellule adiacenti (uptake 2). Il primo sistema riguarda soprattutto la noradrenalina, l’uptake 2 la adrenalina. Successivamente le catecolamine sono metabolizzate.Le catecolamine endogene ed esogene vengono metabolizzate essenzialmente da due classi di enzimi, le monoaminossidasi (MAO) e le catecol-O-metiltransferasi (COMT). Le MAO trasformano le catecolamine nelle corrispondenti aldeidi che, a livello periferico, vengono rapidamente metabolizzate dall’aldeide deidrogenasi, formando i corrispondenti acidi carbossilici. Nel caso della noradrenalina, questa reazione determina la formazione dell’acido diidrossimandelico (DOMA). Le MAO posono anche ossidare dopamina e serotonina.La seconda via responsabile della degradazione enzimatica delle catecolamine implica l’azione delle COMT che agisce o sulle catecolamine stesse o sul DOMA. Il principale metabolita finale sia della noradrenalina che dell’adrenalina è rappresentato dall’acido 3-metossi-4-idrossimandelico (VMA).In particolare: adrenalina: più che un neurotrasmettitore è un ormone, prodotto dalla midollare del surrene e liberato in seguito alla

depolarizzazione indotta dall’acetilcolina. Per quanto riguarda l’inattivazione il sistema delle COMT è molto più importante di quello delle MAO essendo quest’ultimo proprio delle sinapsi;

noradrenalina: è un neurotrasmettitore e perciò il sistema di inattivazione più importante è quello delle MAO.Gli agonisti o gli antagonisti adrenergici possono agire in due modi: azione diretta: legandosi ai recettori α o β. I farmaci ad azione diretta sono attivi preferenzialmente su un

sottogruppo recettoriale ma aumentando le dosi questa selettività viene persa. azione indiretta: alterano la disponibilità di catecolamine stimolando (o inibendo) la sintesi o la liberazione delle

stesse o inibendo la loro degradazione.

Inibitori della sintesi delle catecolamine

α-metiltirosina: inibisce la tirosina-idrossilasi. La mancanza di selettività è responsabile di molti effetti collaterali. Oggi il principale impiego è la terapia sintomatica del feocromocitoma inoperabile;

Guanetidina, Betanidina, Guanadrel: sono inibitori competitivi del trasportatore che trasporta la noradrenalina all’interno delle vescicole sinaptiche. Inizialmente la noradrenalina che rimane libera diffonde all’esterno e l’effetto principale è un transitorio aumento della pressione. Successivamente le catecolamine vengono metabolizzate e la loro concentrazione scende: si verifica ipotensione soprattutto ortostatica. Questi farmaci non possiedono attività centrale;

Reserpina: si lega irreversibilmente all’UMAT. Ha un effetto centrale e può provocare un quadro simile a quello della depressione. Fino a qualche anno fa il farmaco era utilizzato come diuretico nella terapia dell’ipertensione.

I recettori per le catecolamine

Tutti i recettori adrenergici sono accoppiati alle proteine G. α1: il recettore è post-giunzionale ed è accoppiato ad una proteina Gq: l’effetto finale è quello di stimolare la

fosfolipasi C e quindi aumentare la concentrazione intracellulare di calcio. L’attivazione di questi recettori provoca diversi effetti (vedi sopra) tra cui il più importante è la contrazione della muscolatura liscia (ad eccezione di quella GI). Il recettore è altresì espresso a livello della corteccia cerebrale e nel cervelletto;

α2: il recettore è presente a livello della terminazione pre-sinaptica ed è accoppiato ad una proteina G i: l’effetto della sua attivazione è quello di far diminuire i livelli di cAMP. Si tratta in sostanza di un recettore inibitorio coinvolto in un meccanismo a feedback negativo (“modulazione presinaptica”). A livello centrale è espresso nel locus coeruleus dove si oppone agli effetti dell’adrenalina avendo perciò un effetto analgesico, a livello periferico determina vasodilatazione;

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β1: il recettore è post-giunzionale ed è accoppiato ad una proteina Gs che fa aumentare la concentrazione di cAMP. E’ espresso in particolare nel cuore e la sua attivazione causa i tipici effetti del simpatico sul cuore (effetti cronotropo, inotropo, dromotropo e batmotropo positivi). A livello dell’occhio è responsabile della produzione di umor acqueo;

β2: è anch’esso post-giunzionale e associato ad una proteina GS. E’ tipico dell’apparato respiratorio e la sua attivazione determina il rilasciamento della muscolatura bronchiale e uterina. A livello del muscolo scheletrico, inoltre, provoca vasodilatazione e stimola la glicogenolisi e la contrattilità. Possiede infine effetti endocrini: aumenta la secrezione di insulina, potenzia gli effetti degli ormoni tiroidei, stimola la glicogenolisi e la gluconeogenesi epatica;

β3: presente solo nel tessuto adiposo, stimola la lipolisi.L’adrenalina è molto più attiva della noradrenalina sui recettori β2 mentre a livello dei recettori α1 la noradrenalina è un po’ più attiva della adrenalina. Sui recettori β1 le due catecolamine hanno effetto simile.

Agonisti

AdrenalinaUsi terapeutici dell’adrenalina: somministrazione locale: insieme ad un anestetico locale ne potenzia l’effetto poiché, inducendo vasocostrizione,

né diminuisce la clearance; shock anafilattico: è il farmaco di scelta grazie alla sua azione β2-agonista.Nelle altre situazioni non si usa perché vi sono farmaci migliori. Difatti l’adrenalina: giunge nel SNC provocando ansia, tremore, cefalea, paura…; può causare emorragia cerebrale; può provocare aritmie ed il rischio è particolarmente serio se il soggetto è in trattamento con digitale; potenzia gli effetti degli ormoni tiroidei.

DopaminaLa dopamina possiede dei propri recettori anche a livello periferico, soprattutto a livello mesenterico e renale (D1 e D2) la cui attivazione provoca l’aumento del flusso ematico.Nel cuore agisce da β1 agonista e, a concentrazioni molto più alte, stimola anche i recettori α1 inducendo una vasocostrizione dei vasi di resistenza.Usi terapeutici (esclusi quelli sul SNC): trattamento dello shock cardiogeno (oggi si preferisce la dobutamina); trattamento dell’insufficienza cardiaca congestizia grazie all’effetto β1; ha un effetto diuretico grazie all’aumento del VFG secondario alla vasodilatazione dei vasi renali.Gli effetti collaterali, nausea, ipertensione, aritmie, durano poco grazie alla veloce metabolizzazione del farmaco.

IsoproterenoloE’ un agonista β1 e β2 migliore dell’adrenalina e noradrenalina mentre esplica i suoi effetti sui recettori α1 solo a concentrazioni più alte. Il suo effetto principale è quello di indurre una vasodilatazione dei vasi periferici determinando una diminuzione della pressione, in particolare di quella sistolica (con induzione di tachicardia riflessa).

DobutaminaPoiché la dobutamina possiede un carbonio chirale esistono due stereoisomeri: entrambi sono agonisti β1 e β2 ma lo stereoisomero – è agonista α1 mentre le stereoisomero + è agonista α2. Poichè le preparazioni farmaceutiche sono raceni alla fine i due effetti α si controbilanciano a vicenda con leggera prevalenza di quello α1.Il farmaco non ha alcun effetto sul recettore della dopamina.Il suo effetto principale si esplica a livello cardiaco: possiede un effetto inotropo positivo molto marcato ed un leggero effetto cronotropo. Le resistenze periferiche rimangono pressochè invariate. Infine riduce le pressioni di riempimento dei ventricoli e, aumentando il gradiente tra pressione ventricolare e pressione diastolica, favorisce la perfusione coronarica senza variare significativamente la frequenza cardiaca ed il tempo diastolico totale.E’ il farmaco di prima scelta nello scompenso cardiaco. La durata d’azione è limitata a qualche ora poiché presto si instaura un fenomeno di tachifilassi.A concentrazioni crescenti comincia a farsi sentire l’effetto α1: aumenta la frequenza e la pressione (nei soggetti ipertesi e quelli con FA il rischio è aumentato ma si tenga comunque presente che si tratta di un farmaco di emergenza).

Agonisti β2Questi farmaci, utilizzati nel trattamento dell’asma, hanno una selettività relativa: aumentando le dosi subentrano gli effetti β1. Per diminuire il rischio che ciò accada la via di somministrazione preferita è quella inalatoria. Metaproterenolo, terbutalina: a livello polmonare le catecolamine sono metabolizzate preferenzialmente via COMT

cui questi farmaci sono abbastanza resistenti. La Terbutalina è più β2 selettiva; Salmeterolo: è attualmente il farmaco più usato nelle crisi di broncospasmo. Ha una durata di 10 ore; Ritodrina: può essere somministrata per OS o endovena. Se somministrata endovena si utilizza per arrestare il

travaglio prematuro per 24-48 ore: il tempo è sufficiente per somministrare corticosteroidi i quali inducono, nel

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feto, la produzione di sulfactante polmonare. Il principale effetto collaterale di questo farmaco è l’induzione di tachicardia poiché non è molto selettivo.

Effetti collaterali degli agonisti β2 selettivi: l’attivazione dei recettori β mal si coniuga con i pazienti che hanno patologie cardiovascolari. L’insorgere di questo

tipo di effetti collaterali è comunque limitato dalla somministrazione per via inalatoria; tachicardia; interazioni con gli inibitori delle MAO e gli antidepressivi triciclici; tremori della muscolatura scheletrica (effetto transitorio); irrequietezza, apprensione, ansia…. soprattutto se i farmaci sono somministrati per OS.

Agonisti α1Si utilizzano per correggere l’ipotensione, non nello shock dove il problema non è una mancanza di catecolamine. Metossamina: agonista selettivo α1. Non ha effetti sul SNC. Il farmaco stimola anche il vago causando bradicardia; Fenilefrina: è più maneggevole della metossamina. Si usa come decongestionante nasale e, in preparazioni topiche,

per indurre midriasi. Mefentermina: supera la membrana ematoencefalica.

Agonisti α2 Clonidina: utilizzata inizialmente per indurre vasodilatazione nel trattamento dell’ipertensione oggi è poco usata

perché induce ipotensione indotta di origine centrale, sedazione e bradicardia poiché il farmaco stimola l’azione del vago.Può essere somministrata per OS (biodisponibilità 100%) e endovena ma oggi la forma più utilizzata è il cerotto. Gli usi principali sono:o trattamento dell’ipertensione (poco);o tossicodipendenza da oppiodi;o tabagismo;o analgesia (effetto centrale);o veniva usato come test nella diagnosi di feocromocitoma.Effetti collaterali:o secchezza delle fauci;o sedazione;o disfunzioni sessuali;o tachicardia;o sindrome da sospensione (molto importante): effetti esattamente opposti a quelli indotti dal farmaco stesso.

AmfetaminaL’amfetamina possiede due effetti: a livello centrale ha un’azione stimolante dovuta ad un effetto dopamino-simile che non ha niente a che vedere con

l’adrenalina; a livello periferico stimola il rilascio di catecolamine. Somministrando insieme all’amfetamina anche l’α-

metiltirosina, che inibisce la liberazione delle catecolamine, rimangono solo gli effetti centrali.Effetti cardiovascolari: aumento della pressione sistolica e diastolica; aumento della frequenza cardiaca per via riflessa.Effetti sulla muscolatura liscia: contrazione dello sfintere urinario (tanto che derivati dell’amfetamina erano utilizzati per il trattamento dell’enuresi e dell’incontinenza).Effetti centrali: stimola l’attività del centro respiratorio bulbare; prolunga la prestazione fisica prima che compaiano i segni di affaticamento; migliora l’attenzione; potenzia l’analgesia morfino-indotta; diminuisce l’appetito.Effetti collaterali: effetti tossici acuti: agitazione, vertigini, tremori, tensione, irritabilità, insonnia, nausea, vomito; intossicazione cronica: rischio di manifestazione di schizofrenia latente, alterazioni mentali; in pazienti con malattie mentali può indurre allucinazioni, crisi di panico, tendenze violente; dipendenza.Molto vicina all’amfetamina, ma con solo effetti centrali, è l’MDMA (ecstasi). Essa ha minori effetti collaterali, soprattutto periferici, ma danneggia il sistema serotoninergico.Usi terapeutici dei derivati dell’amfetamina: obesità (ora non più usato); narcolessia;

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bambini iperattivi (ADMD): si tratta di un effetto paradosso. Si utilizza il derivato metilfenidato.

Sistema nervoso centrale

Neurotrasmettitori e recettoriQuesto paragrafo è un breve riassunto dei due capitoli del libro. Il glutammato, che pure è uno dei più importanti neurotrasmettitori eccitatori, è stato omesso in quanto non rappresenta un importante bersaglio dei farmaci trattati.Alcuni concetti sono ripetuti anche negli appunti veri e propri.

GABAIl GABA è presente quasi esclusivamente nel tessuto cerebrale. Esso viene sintetizzato a partire dal glutammato ad opera di una decarbossilasi espressa solo nei neuroni che utilizzano il GABA come mediatore.Esso è poi degradato da una reazione di transaminazione, nella quale il gruppo aminico viene trasferito all’acido α-chetoglutarico (per dare origine al glutammato) con la produzione di emialdeide succinica e poi di acido succinico. Questa reazione viene catalizzata dalla GABA transaminasi, che viene inibita dalla vigabratina, un antiepilettico. I neuroni GABAergici e gli astrociti posseggono un meccanismo attivo di captazione del neurotrasmettitote ed è questo sistema che rimuove il GABA dopo la sua liberazione. Il trasporto del GABA è inibito dalla guvacina e dall’acido nipecotico.Recettori: GABAA: recettore di tipo ionotropico che appartiene alla stessa classe strutturale dei recettori nicotinici per

l’acetilcolina. Questi recettori, localizzati a livello post-sinaptico, mediano l’inibizione post-sinaptica poiché il canale è selettivamente permeabile al cloro. Agiscono sul recettore di tipo A le benzodiazepine ed i neurosteroidi;

GABAB: recettore accopiato ad una proteina G e localizzato sia a livello pre che postsinaptico. Esercita il suo effetto attraverso l’inibizione dei canali del calcio voltaggio-dipendenti e quindi riducendo il rilascio dei trasmettitori (azione presinaptica), e attraverso l’apertura dei canali del potassio quindi riducendo l’eccitabilità post-sinaptica. Entrambi gli effetti derivano dall’inibizione dell’adenilato ciclasi.

CatecolamineLe catecolamine e le altre monoamine differiscono dai trasmettitori aminoacidici in quanto i corpi cellulari dei neuroni che le utilizzano come neurotrasmettitori sono localizzati nel tronco cerebrale e nel proencefalo basale e gli assoni si proiettano verso la corteccia e altre aree. Questi neuroni contenenti amine funzionano come “areosol modulatori” piuttosto che mediante un’eccitazione o un’inibizione sinaptica localizzata.

Vie noradrenergiche nel SNCI corpi cellulari dei neuroni noradrenergici formano un certo numero di aggregati cellulari ben definiti nel ponte e nel midollo allungato, e inviano un’estesa rete di assoni ramificati verso molte altre parti del cervello e del midollo spinale. L’aggregato più importante di neuroni noradrenergici è il “locus coeruleus” che si trova nel ponte da cui partono terminazioni che innervano tutta la corteccia, l’ippocampo e il cervelletto. Queste terminazioni nervose non formano contatti sinaptici definiti ma sembrano liberare i neurotrasmettitori ad una certa distanza dal neurone bersaglio giustificando l’analogia con l’areosol.Nella maggior parte dei casi gli effetti si esplicano attraverso l’interazione con recettori β.

Aspetti funzionali Veglia e umore: i neuroni del locus coeruleus sono silenti durante il sonno e la loro attività aumenta durante il

risveglio. Il risveglio provocato da stimoli non familiari o minacciosi attiva questi neuroni in maniera massiccia e farmaci amfetaminosimili aumentano l’insonnia e lo stato di allerta;

Regolazione della pressione del sangue: le sinapsi noradrenergiche nel midollo allungato costituiscono probabilmente una parte della via dei riflessi barocettivi.

DopaminaLa distribuzione di dopamina nel cervello è più delimitata di quella della noradrenalina. La dopamina è presente in maggior quantità nel corpo striato ed in alcune parti del sistema limbico e nell’ipotalamo.La sintesi della dopamina segue la medesima via di quella della noradrenalina ad eccezione del fatto che i neuroni dopaminergici mancano dell’enzima dopamina β-idrossilasi, e quindi non possono produrre noradrenalina.

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Dopo il suo rilascio dalle terminazioni nervose la dopamina viene ricaptata soprattutto per mezzo di un trasportatore specifico e poi viene metabolizzata dalle MAO e dalle COMT con la produzione dei due principali metaboliti: l’acido diidrossifenilacetico (DOPAC) e l’acido omovanilico (HVA).I neuroni dopaminergici formano tre sistemi principali: via nigrostriatale: è costituita dai corpi cellulari localizzati nella sostanza negra e dai loro assoni che terminano nel

corpo striato. La via è implicata nel circuiti extrapiramidali di controllo motorio; via mesolimbica/corticale: i corpi cellulari di questa via sono raggruppati in vari nuclei nel mesencefalo e le loro

fibre proiettano a diverse parti del sistema limbico, in particolare nel nucleo accumbens e nel nucleo dell’amigdala, e nella corteccia frontale. L’attivazione di questa via produce effetti comportamentali;

il sistema tubero-infundibolare: questo gruppo di neuroni proietta dall’ipotalamo all’eminenza mediana e all’ipofisi, dove svolge una funzione regolatoria sulla secrezione della dopamina.

I recettori della dopamina sono 5: D1 e D5 collegati all’attivazione dell’adenilato ciclasi; D2, D3 e D4 con effetto inibitorio.I recettori D1 sono diffusi nelle aree che ricevono l’innervazione dopaminergica (es. striato), i D2 sono presenti a livello dell’ipofisi, I D3 sono localizzati nel sistema limbico e sono assenti nello striato. L’espressione del recettore D4 è più limitata e si ha principalmente nella corteccia e nel sistema limbico; tuttavia tale recettore è al centro di notevole interesse dato il suo collegamento con i meccanismi della schizofrenia e della dipendenza da farmaci.

SerotoninaI corpi cellulari sono aggregati nel ponte e nella parte superiore del midollo allungato, che giacciono in stretta vicinanza della linea mediana (rafe) e vengono perciò chiamati nuclei del rafe. I nuclei rostrali proiettano in modo molto diffuso a molte parti della corteccia, dell’ippocampo, del sistema limbico e dell’ipotalamo, quelli caudali proiettano al midollo.Recettori: 5HT1: presentano effetti predominantemente inibitori. Sono a loro volta divisi in:

o 5HT1A: vengono espressi come autorecettori nell’ambito della modulazione presinaptica. Sono anche diffusamente distribuiti nel sistema limbico e si ritiene che rappresentino il principale bersaglio dei farmaci utilizzati nel trattamento dell’ansia e della depressione;

o 5HT1B e 5HT1D: si trovano principalmente a livello presinaptico con effetto inibitorio e sono prevalentemente localizzati nei gangli della base;

5HT2: si trovano prevalentemente a livello del centro del vomito ed in altre parti del tronco cerebrale. Sono recettori inotropi eccitatori ed i loro antagonisti sono usati nel trattamento di nausea e vomito;

5HT4: sono importanti nel tratto gastrointestinale ma sono anche espressi nel SNC, specie a livello dello striato. Hanno un effetto presinaptico facilitatorio.

Aspetti funzionali: molti farmaci che inibiscono le scariche dei neuroni serotoninergici nel tronco cerebrale determinano la comparsa

di allucinazioni e di cambiamenti comportamentali; le lesioni dei nuclei del rafe aboliscono il sonno mentre la microiniezione in animali di serotonina in siti specifici

del mesencefalo induce il sonno; gli agonisti dei recettori 5HT1A causano iperfagia; gli SSRI invece causano perdita di appetito; dopo la lesione dei nuclei del rafe gli animali mostrano risposte esagerate a stimoli sensoriali: sembra che la

normale capacità di trascurare forme irrilevanti di sensazioni richieda la presenza delle vie serotoninergiche intatte.

AcetilcolinaL’aceticolina presenta una distribuzione piuttosto ampia nel SNC. I neuroni colinergici del proencefalo e del tronco mandano diffusi prolungamenti a molte parti della corteccia e dell’ippocampo. I nuclei si trovano in una piccola area alla base del proencefalo, formando i nuclei magnocellulari.I recettori acetilcolinici nel SNC esplicano solitamente un effetto di tipo eccitatorio e possono essere nicotinici o muscarinici. Alcuni recettori muscarinici sono inibitori nell’ambito della modulazione presinaptica. I recettori muscarinici nel SNC sono prevalentemente di tipo M1. La funzione dei recettori nicotinici è poco conosciuta. Nella maggior parte dei casi sono localizzati a livello presinaptico ed il loro ruolo è quello di facilitare il rilascio di altri trasmettitori, come glutammato e dopamina.La veglia, l’apprendimento, la memoria e il controllo motorio sono tra le funzioni principali ascritte ai neuroni colinergici. Nell’uomo la somministrazione di agonisti colinergici determina letargia, la somministrazione di atropina causa eccitazione. La somministrazione di scopolamina riduce la memoria e causa amnesia quando viene utilizzata come medicazione preanestetica. Al contrario la nicotina aumenta lo stato di allerta e può anche aumentare la capacità di apprendimento e la memoria.

Depressione e antidepressivi

PatologiaLa depressione maggiore rientra tra i disturbi dell’umore.Esiste una depressione fisiologica ed una patologica se persiste per un periodo di tempo superiore ai 15 giorni e si associa a sintomi che interessano: l’area emotivo-affettiva: caratteristicamente sensi di colpa;

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l’area vegetativa: disturbi del sonno, tipico risveglio precoce; l’attività psicomotoria: eloquio alterato e “senso di vuoto mentale”; la sfera cognitiva: alterata memoria e capacità di concentrazione.Esistono due varianti di depressione: depressione maggiore propriamente detta (singola o ricorrente): l’umore è sempre depresso; disturbo bipolare (depressione maniaco-depressiva): fasi maniacali si alternano a fasi depressive.Ancora la depressione può essere classificata in endogena o reattiva (es. da lutto).La diagnosi non si basa su test diagnostici obiettivi ma su una serie di sintomi presenti in misura variabile. Perciò la depressione non va considerata come una singola patologia ma come una sindrome eterogena.Attualmente viene posta la diagnosi quando coesistono almeno 5 tra i seguenti sintomi e persistono per almeno 15 giorni: senso di colpa; tendenze suicidarie; perdita di peso; anoressia; perdita di libido; disturbi del sonno.Sopra i 65 anni il 15% della popolazione è depressa. Le donne presentano un’incidenza nettamente maggiore e l’età in cui si manifesta il 1° episodio è tipicamente tra i 25 e i 45 anni.Il 40-50% dei casi riconosce radici genetiche.Il 50% di coloro che hanno avuto un episodio ne avranno un altro, il 20-35% evolve verso la cronicità.Il 25% dei depressi tenta il suicidio ed il 15% muore suicida. La depressione secondaria riguarda pazienti con tumori, ictus, malattie renali, dolore cronico, Parkinson, epilessia, infarto miocardico, diabete mellito.

Patogenesi e basi della terapia farmacologicaSappiamo che cocaina, anfetamine, oppioidi sono efficaci contro la depressione benchè il loro effetto sia temporaneo e creino dipendenza.Il primo farmaco dimostratosi utile per esaltare l’umore è l’antitubercolare iproniazide che agisce antagonizzando le MAO. Successivamente un composto triciclico, l’Imipramina, si è dimostrato avere un effetto antidepressivo.Da queste e altre osservazioni si è dedotto che lo sviluppo della depressione è dovuto ad un deficit relativo di amine (noradrenalina e serotonina) a livello del SNC. Si parla di “teoria aminergica della depressione”.Basi biochimiche su cui poggia la teoria: alterazione nella neurochimica colinergica, specie nelle forme gravi; alterazioni liquorali nelle concentrazioni delle amine biogene: es. 5-HIAA, acido 5-idrossi indolacetico, un

metabolita della serotina prodotto dall’azione delle MAO o dell’acido vanilmandelico, metabolita della noradrenalina dopo catabolismo operato dalle MAO e della COMT o ancora l’MHPG, metabolita della noradrenalina quando le MAO catalizzano una reazione ossidativa. Si è ipotizzato che quest’ultima evenienza si verificasse solo nel SNC ma poi si è dimostrato che la reazione avviene anche in periferia;

ossservazioni nei depressi morti suicidi:o sistema serotoninergico:

netta riduzione di serotonina nel liquor; aumento dei recettori per la serotonina di tipo 2 a livello del lobo limbico (azione a Feedback – della

carenza di serotonina); diminuzione dell’espressione del trasportatore di uptake della serotonina; diminuzione dei siti di legame a livello delle piastrine per imipramina e paroxetina. Ciò sembra costituire

un fattore di rischio (l’80% dei bambini con questa caratteristica ha in seguito sviluppato depressione):o sistema adrenergico:

aumento recettori β e α2; aumento sensibilità agli α agonisti (in funzione dell’aumentata espressione dei recettori).

Al di là delle problematiche dei neurotrasmettitori nella depressione sono presenti anche turbe endocrine: surreni e ipofisi sono allargati; il ritmo circadiano di secrezione del cortisolo è anomalo. Il cortisolo è ipersecreto con test di sopressione al

desametasone negativo.Probabilmente ciò è dovuto ad un aumento della secrezione del CRF con l’ipotalamo che si svincolerebbe dall’azione della noradrenalina e della serotonina. Forse la diminuzione dei livelli di serotonina e noradrenalina tipica della depressione può in parte spiegare l’anomalia ma si è comunque osservato che viene meno anche l’azione a F – dei glucocorticoidi sull’ipotalamo.

Farmaci antidepressivi

Periodo finestra tra inizio della somministrazione e inizio dell’effetto.

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Tutti gli antidepressivi agiscono sulle amine facendone aumentare la liberazione. Molti dei farmaci però hanno un grosso inconveniente: dopo la somministrazione gli effetti collaterali sono subito evidenti ma perché si manifesti l’attività antidepressiva possono essere necessarie due settimane.Nel corpo dei neuroni secernenti serotonina esiste il recettore per la serotonina di tipo 1A, un recettore che autoregola la produzione del neurotrasmettitore in funzione dei livelli di serotonina (modulazione pre-sinaptica). Nei depressi il recettore è super-espresso in virtù dei bassi livelli di serotonina. Dopo l’inizio della terapia le concentrazioni della serotonina crescono. A livello del corpo recettoriale, però, l’attivazione dei recettori 5-HT 1A determina una diminuzione della produzione di serotonina: nei primi giorni dopo la somministrazione del farmaco sono già evidenti gli effetti collaterali ma la depressione può addirittura peggiorare.La situazione si risolve quando il recettore è down-regolato: allora il farmaco comincia a fare effetto.C’è anche un problema post-sinpatico che spiega il ritardo: a livello della popolazione cellulare post-sinaptica i recettori sono iperespressi. Prima che l’effetto si manifesti a pieno è necessario che la popolazione iperespressa sia down-regolata.L’effetto anti depressivo si collega anche alla proliferazione dei neuroni post-sinaptici in risposta all’attivazione recettoriale.

Categorie di antidepressivi farmaci che agiscono sui trasportatori di uptake:

o blocco della captazione della noradrenalina e della serotonina, azione anche su molti altri recettori e sui canali del sodio: antidepressivi aminergici triciclici terziari;

o blocco selettivo della captazione della serotonina: SSRI. Citalopram, Escitalopram, Fluoxetina (nome commerciale Prozac), Fluvoxamina, Paroxetina, Sertralina;

o blocco selettivo della captazione della noradrenalina: antidepressivi aminergici triciclici secondari;o blocco della captazione della noradrenalina e della serotonina senza azione su altri recettori e sui canali del

sodio: Venlafaxina, Milnacipram, Duloxepina; blocco del recettore 5-HT2, iperespresso nei depressi e che rende soprattutto conto della sintomatologia ansiosa.

Blocco anche della captazione della serotonina: Nefazodone; Trazodone; blocco dei recettori 5-HT2 e del recettore adrenergico α2: Mirtazapina; blocco della captazione della dopamina e della noradrenalina: Bupropione (più che come antidepressivo si usa per

smettere di fumare); inibitori MAO:

o farmaci non selettivi e irreversibili;o inibitori selettivi e/o irreversibili (RIMA).

In molti di questi farmaci non si dimostra una relazione tra dose ed effetto. La loro concentrazione plasmatica varia però anche in funzione del fatto che quasi tutti i farmaci sono metabolizzati via CYP e quindi vi è una grossa variabilità individuale. Inoltre sono estremamente liposolubili e la loro concentrazione diminuisce con l’età sia per la diminuzione del metabolismo epatico sia perché aumenta la massa grassa e quindi il volume di distribuzione.Molti dei farmaci formano dei metaboliti attivi e di questo bisogna tenerne conto.

TricicliciSono i farmaci più vecchi e ora poco usati in Italia anche se funzionano in circa il 60% dei casi (contro il 45% degli SSRI e il 30% del Placebo).Sono derivati dell’iminodibenzide al quale è legata una catena con tre carboni e un gruppo aminico terminale.Es. Imipramina e Desipramina: una è terziaria, la seconda è secondaria ed è quindi più selettiva sul trasportatore della noradrenalina. L’uso di uno o dell’altro dipende dalle caratteristiche cliniche del paziente (se è eccitato si preferiscono i composti terziari, se è sedato si preferiscono al contrario i secondari).Effetti collaterali: sono dovuti non solo al loro effetto sui recettori per l’uptake ma anche al legame su altri recettori: il blocco dei recettori istaminergici H1 rende conto di: sedazione, sonnolenza, scarsa coordinazione, aumento di

peso, potenziamento dei farmaci depressivi; il blocco dei recettori colinergici muscarinici rende conto di: bocca secca, offuscamento della visione, tachicardia,

stitichezza, ritenzione urinaria, deterioramento delle funzioni cognitive, perdita dell’abilità di giudizio.Gli effetti collaterali che seguono si manifestano a concentrazioni plasmatiche crescenti ma solamente l’ultimo si esprime solo a concentrazioni fuori dai range terapeutici: blocco captazione della noradrenalina nelle terminazioni nervose: effetto antidepressivo (ovviamente trattasi di un

effetto desiderato), tremori, nervosismo, tachicardia, blocco dell’effetto ipotensivo della guanetidina; blocco captazione della serotonina nelle terminazioni nervose: effetto antidepressivo, disfunzioni sessuali, nausea,

vomito, diarrea (tipo sindrome da carcinoide), anoressia (al contrario di ciò che viene determinato bloccando il recettore 5HT1), aumento o diminuzione dell’ansia (a seconda della rappresentazione dei recettori 5HT2), insonnia, effetti extrapiramidali etc…;

blocco dei recettori serotoninergici 5HT2 e 5HT1A: effetto antidepressivo, ipotensione; blocco dei recettori α1 adrenergici: ipotensione; blocco dei recettori α2 adrenergici: priapismo, blocco dell’effetto anti ipertensivo della clonidina;

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blocco dei canali rapidi del sodio (riguarda chi assume i triciclici in grandi quantità tentando il suicidio) dissociazione AV, convulsioni ad alte concentrazioni.

Farmacocinetica: estremamente liposolubili: somministrati per OS esplicano da subito uno spiccato effetto colinergico per cui

l’assorbimento è limitato dalla debole peristalsi. Per lo stesso motivo in caso di intossicazione vale sempre la pena effettuare la lavanda gastrica e somministrare purgante;

il volume di distribuzione è elevatissimo: in caso di overdose la dialisi è inappropriata; elevato legame proteico; T1/2 lungo e geneticamente variabile. Il metabolismo è prevalentemente epatico e comprende le seguenti reazioni:

o demetilazione (trasforma le amine da terziarie a secondarie);o idrossilazione: operata dal CYP (geneticamente variabile).

Usi terapeutici: depressione; ansia/paura: ora abbiamo di meglio; bulimia: ora abbiamo di meglio; catalessia/narcolessia: problematica rara; enuresi: è giustificata la loro somministrazione considerando gli effetti collaterali?; nausea da chemioterapia: abbiamo di meglio; orticaria, prurito: abbiamo di meglio; dolore cronico di origine neurale: l’effetto comincia subito e sono sufficienti dosi ridotte. Il meccanismo d’azione è

ancora ignoto.Interazione dei triciclici con altri farmaci: epilettici: l’epilessia è una malattia che comporta ipereccitazione. Con gli antidepressivi si contibuisce

all’eccitazione; se associati a sedativi o ad alcool possono addirittura aggravare la depressione; ipotensione ortostatica se associati ad anti ipertensivi e diuretici; ipertensione e aritmie se associati con adrenergici; sindrome serotoninergica.Come trattare l’overdose da antidepressivi triciclici:1. se dopo tre ore dall’assunzione massiva il paziente è ancora asintomatico il quadro non sarà particolarmente grave;2. presentazione clinica:

effetti anticolinergici: pupille dilatate, cicloplegia, bocca secca, tachicardia, ileo paralitico, ritenzione urinaria. L’insorgenza di questi effetti indicano l’assunzione del farmaco ma non la gravità dell’overdose;

effetti centrali: alterazione della coscienza, iper-riflessia, scosse muscolari convulsive. Anche questi effetti si manifestano già a dosi relativamente basse;

effetti cardiovscolari: ipotensione, cardiodepressione con difetti di conduzione. L’allargamento del QRS correla con la concentrazione dei triciclici. Altri segni elettrocardiografici sono l’allargamento del QT, l’aumento dell’onda R e del rapporto R/S in aVR. Quest’ultimo è un segno patognomonico.Le alterazioni compaiono dopo 5/6 ore ed il monitoraggio va fatto fino alla scomparsa delle stesse (si tenga presente che sono farmaci con grande emivita e metaboliti attivi);

acidosi: presente nei casi più gravi.3. trattamento:

decontaminazione: dosi ripetute di carbone attivo in associazione a lassativi preferibilmente con posizionamento di sondino nasogastrico;

aumentare l’eliminazione: il volume di distribuzione è enorme per cui la dialisi è poco efficace ma nei casi molto gravi è comunque indicata;

correggere l’acidosi: è un provvedimento chiave. Ciò previene difetti di conduzione, aritmie e ipotensione perché diminuisce l’affinità del triciclico per il canale del sodio mentre aumenta il legame alle proteine plasmatiche;

se necessario posizionamento di un elettrostimolatore intracavitario per scongiurare il BAV.Per concludere si consideri che l’interruzione repentina della somministrazione degli antidepressivi triciclici può provocare una sindrome di astinenza (chiamata “sindrome da sospensione”) che si manifesta con un ipertono colinergico che causa perdita di feci, pollachiuria, cefalea e scialorrea.Il farmaco va per questo motivo ridotto gradualmente in 15 giorni.

SSRICome i triciclici sono potenzialmente in grado di interagire con molti recettori ma a concentrazioni 100 volte più alte di quelle necessarie per inibire la pompa per l’uptake della serotonina. Quindi è lecito affermare che alle dosi terapeutiche sono selettivi.Caratteristiche più importanti: più sicuri nell’overdose; non stimolano l’appetito. Anzi la fluoxetina è anoressizzante; minori effetti muscarinici; sono meglio tollerati negli anziani.

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Usi principali: depressione: meno efficaci dei triciclici; bulemia nervosa (Fluoxetina); stanno diventando farmaci molto importanti nella terapia dell’ansia.Altri usi: profilassi degli attacchi di panico; malattia ossessivo-compulsiva; disturbo affettivo stagionale; profilassi della depressione ricorrente; disturbo post-traumatico da stress; sindrome disforica premestruale.Proprietà farmacologiche comuni: l’efficacia antidepressiva non va incontro a tolleranza; la curva dose-risposta dell’efficacia antidepressiva è piatta: aumentare la dose non sortisce alcun effetto; in compenso la curva dose-risposta degli effetti collaterali è ascendente; hanno simili effetti collaterali che riconoscono come fattore comune l’ipertono serotoninergico.Gli SSRI non sono tutti uguali: alcuni funzionano meglio di altri per trattare particolari sintomatologie (per esempio nella bulemia nervosa funziona solo la fluoxetina). Citalopram: è l’SSRI più puro e forse il migliore per gli anziani; Fluoxetina (nome commerciale Prozac): bulimia, binge eating (abbuffate), depressi con ipersonnia, ritardo

psicomotorio, depressione grave. Molto spesso i soggetti in trattamento cambiano personalità; Fluvoxamina: indicato per l’ansia. Ha breve emivita e deve perciò essere somministrato due volte al giorno; Paroxetina: buono per l’ansia. Tra gli effetti collaterali i più importanti sono i disturbi sessuali (ritardo

dell’eiaculazione, che ne ha determinato l’uso per l’eiaculazione precoce); Sertralina: si usa per la depressione parkinsoniana. Tra tutti è forse quello che dà minori effetti collaterali.Effetti collaterali precoci: Nausea, vomito, diarrea tanto da simulare una sindrome da carcinoide. Ciò è dovuto sia alla stimolazione del centro

del vomito sia alla stimolazione del recettore periferico della serotonina; Tremori, cefalea, giramenti di testa.Per il vomito abbiamo un farmaco a disposizione, l’andonsetron, un’antagonista della serotonina.Effetti collaterali tardivi: agitazione, acatisia (i pazienti non riescono a star fermi), attacchi di panico, insonnia, disfunzioni sessuali (grosso problema di questi farmaci).Fortunatamente dopo alcuni mesi si sviluppa tolleranza. Per trattare specifici disturbi si possono usare antagonisti dopaminergici o il sidenafil.L’incidenza generale degli effetti collaterali è inferiore al 15%.Interazioni: CYP1A2: inibito dalla fluvoxamina. Tra i farmaci metabolizzati da questo CYP ricordiamo la Warfarina; CYP2C: inibito dalla fluvoxamina e dalla fluoxetina. Tra i farmaci metabolizzati da questo CYP ricordiamo il

diazepam; CYP2D6: sono inibiti da quasi tutti gli SSRI. Questo CYP metabolizza vari farmaci tra cui la codeina; CYP3A4: inibito praticamente da tutti gli SSRI.Sindrome da sospensione: Sindrome influenzale: astenia, mialgie, nausea, perdita di feci; Capogiri; Agitazione; Disturbi del sonno; Cefalea.Anche in questo caso si impone la riduzione graduale della dose.

Antidepressivi di 2^ generazione non SSRI Bupropione: si usa per smettere di fumare. Funziona malissimo; Nefazodone: blocca il recettore per la serotonina di tipo 2, responsabile dell’ansia. Ha altre caratteristiche: per

esempio è l’unico antidepressivo che migliora la struttura del sonno e risulta perciò appropriato nei depressi con insonnia;

Venlafaxina: inibisce l’uptake della serotonina e, in grado minore, della dopamina. Sembra che l’efficacia sia correlata alla dose ma il suo uso è gravato da importanti effetti collaterali.

Anti MAODi monoaminoossidasi ne esistono di due tipi: MAO A: intraneuronale nel SNC; MAO B: extraneuronale, si trova specialmente nelle cellule della glia ed in particolare in quelle dei gangli della

base.

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La MAO A ha un’affinità maggiore per le amine endogene rispetto alla MAO B. Gli anti MAO A sono antidepressivi (usati specialmente per la depressione atipica), gli anti MAO B sono invece farmaci anti-parkinson. Esistono poi inibitori non selettivi.I farmaci anti MAO si dividono in: Irreversibili non selettivi: non più usati; Irreversibili selettivi della MAO A: clorgilina. Poco usata; Irreversibili selettivi della MAO B: porgilina, selegilina; Reversibili selettivi della MAO A: moclobemide.

Azioni farmacologiche degli anti MAO: Aumento delle concentrazioni tissutali di amine, specie della serotonina, sia a livello centrale che periferico.

L’aumento riguarda non tanto la serotonina presente nelle vescicole sinaptiche ma quella del pool libero che diffonde liberamente e non è invece rilasciata in seguito a stimolazione nervosa. Ciò è diverso rispetto a quello che succede utilizzando i triciclici e gli SSRI perché il rilascio del neurotrasmettitore non è legato all’attività nervosa;

L’aumento delle amine si verifica subito anche se, perché si manifestino gli effetti antidepressivi, ci vuole il solito tempo;

Sostanze come l’anfetamina e la tiramina entrano nella vescicola sinaptica e determinano la fuoriuscita nel citoplasma di amine. L’associazione di farmaci anti MAO con la Tiramina (contenuta in molti cibi) può causare effetti collaterali. In realtà ciò sembra essere piuttosto raro anche se per molto tempo si è consigliato di evitare i cibi ricchi di tiramina;

Tranne il moclobemide, essendo inibitori irreversibili, hanno un’azione estremamente lunga; Effetti collaterali: ipotensione posturale (per blocco simpatico), effetti anticolinergici, aumento di peso, insonnia e

irrequietezza; Non è possibile associarli con triciclici o SSRI per il rischio di comparsa della sindrome serotoninergica maligna.La Moclobemide è stata studiata per contrastare gli effetti collaterali dell’azione protratta degli anti MAO irreversibili.Somministrati per OS, sono sottoposti a metabolismo epatico con la formazione di metaboliti in pratica inattivi. La maggior parte del farmaco è eliminato per via renale con un t1/2 di 2 ore.L’effetto collaterale principale è la bocca secca (fino al 28% dei pazienti trattati). Gli altri, compresi gli effetti anticolinergici, sono abbastanza rari.L’efficacia non è altissima, forse paragonabile a quella dei triciclici (circa 60%). Funzionano abbastanza bene nelle depressioni “border-line”, cioè quelle che possono essere gestite dal medico di base.

Altre sostanze Adenosilmetionina: è efficace, specie nelle depressioni borderline, ed ha il vantaggio di far diminuire la finestra tra

l’inizio della somministrazione e la comparsa dell’efficacia; Estratto di iperico: è l’antidepressivo più usato nei paesi del nord-Europa. La sostanza attiva è l’iperforina.

Funziona come i triciclici, addirittura meglio degli SSRI. L’incidenza degli effetti collaterali è minore ma si ricordi che è un potente induttore dei CYP.Meccanismo d’azione: blocca lo scambiatore Na/H. Ciò causa un aumento della concentrazione intracellulare del sodio che blocca la Na/K ATPasi e, di conseguenza, i recettori per l’uptake;

L-triptofano: precursore della serotonina. Talvolta è utile nella depressione refrattaria (da solo o in combinazione con altri antidepressivi o col litio). E’ stato ritirato dal mercato per l’alta incidenza della sindrome mialgica eosinofila (infiltrato eosinofilo nei muscoli, eosinofilia, febbre, tosse…).

Problemi terapeutici in gruppi particolari della popolazione Epilettici:

o Nessun antidepressivo è completamente sicuro;o Conviene tutto sommato l’impiego degli SSRI;

Tentazioni suicidarie: la fluoxetina funziona meglio degli altri; Anziani:

o La depressione è una situazione comune;o Il trattamento farmacologico è difficile per:

Metabolismo ridotto; Distribuzione del farmaco influenzato dal proporzionale aumento della massa grassa; Aumento della sensibilità agli effetti colinergici.

Strategie farmacologiche adottate per aumentare la risposta agli antidepressivi Litio: funziona nel 50-60 % dei casi ma l’associazione è pericolosa; Ormoni tiroidei: successo nel 50-60 % dei casi ma la tecnica richiede attenta sorveglianza e non è scevra da rischi; Pindololo (β-bloccante e antagonista del recettore per la serotonina di tipo 1A): viene usato per ridurre i tempi di

risposta. Gli studi a proposito non sono dirimenti; Associazione di farmaci che agiscono con meccanismo diverso: pericolo di insorgenza della sindrome

serotoninergica maligna caratterizzata da:

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o Disturbi cognitivi e comportamentali;o Instabilità autonomica;o Alterazioni neuromuscolari;o Iperpiressia: spesso è la causa di morte.La sintomatologia ricorda la sindrome maligna da neurolettici ma quest’ultima è una risposta idiosincrasica che si manifesta dopo un trattamento prolungato con questi farmaci; la sindrome serotoninergica insorge dopo 24 ore dall’associazione degli antidepressivi con antiparkinson, antiemicranici, sostanze eccitanti (cocaina, ectasi, LSD) e altri antidepressivi tra cui l’iperico.

Agenti in grado di determinare la comparsa o esacerbare una depressione o renderla refrattariaInsulina, steroidi, antipsicotici, digitalici, clonidina e molti altri.

Mania (psicosi maniaco-depressiva o disturbo bipolare)La mania è caratterizzata dall’alternarsi di episodi di depressione e episodi di mania (eccitazione). Le fasi possono alternarsi con cicli lunghi o, all’estremo opposto, ultrabrevi (cambiamento dello stato all’interno di una stessa giornata).Le caratteristiche degli episodi depressivi sono simili a quelli della malattia depressiva maggiore; la mania è caratterizza da umore persistentemente elevato, allegria esuberante e eccitazione incontrollata. Il linguaggio è logorroico, può instaurarsi una fuga delle idee con oscuramento della sequenza del discorso. L’iperattività può portare alla perdita di peso e all’esaurimento fisico. I pazienti nella fase maniacale assomigliano agli schizofrenici.Il disturbo è ricorrente e tende a cronicizzare, è colpito l’1% della popolazione ed il rischio di suicidio è elevato.

PatogenesiIn condizioni normali vi è un bilanciamento tra il sistema noradrenergico e dopaminegico e l’acetilcolina. In questa psicosi si verifica un’alterazione di questo equilibrio: nelle crisi maniacali in particolare prevalgono noradrenalina e dopamina.

FarmaciIl più utilizzato è il Litio. Accanto ad esso abbiamo altri tre farmaci: Carbamazepina, Valproato e Gabapentina.Questi farmaci non sono impiegati nella fase acuta maniacale ma sono utili per la profilassi. Sono somministrati per lunghi periodi e sviluppano il loro effetto dopo 3-4 settimane.Se somministrati durante l’attacco acuto sono efficaci solo nel ridurre la fase maniacale ma non si usano in tal senso perché l’effetto si esplica solo dopo settimane (sono preferibili gli antipsicotici).

LitioIl litio è un catione monovalente con un campo di densità elettrica molto elevata: è permeabile nei canali per il sodio voltaggio dipendenti ma nella cellula si comporta come il calcio. Per uscire dalla cellula deve essere trasportato dalla Na/K ATPasi che però ha scarsa affinità per il litio e perciò quest’ultimo tende ad accumularsi nei tessuti eccitabilli a scapito del potassio: il risultato netto è una depolarizzazione cellulare.Il passaggio tra l’effetto sul potenziale elettrico e l’effetto terapeutico è però complesso. Il litio difatti: inibisce i recettori β post-sinaptici facendo diminuire il tono noradrenergico che è eccessivamente alto nella mania; agisce sulla proteina di uptake facilitando la captazione dei neurotrasmettitori (effetto inverso rispetto agli

antidepressivi); stimola la MAO; agisce bloccando la pkA; inibisce la glicogeno sintetasi 3 che attiva l’importante fattore di trascrizione cREB; inibisce l’adenilato ciclasi: questo effetto non ha importanza ai fini terapeutici ma ce l’ha per i numerosi effetti

tossici:o poliuria dovutoa al disaccoppiamento tra il recettore per l’ADH e l’adenilato ciclasi;o ipotiroidismo dovuta al disaccoppiamento tra il recettore per il TSH e l’adenilato ciclasi. In realtà in circa il

10% dei casi si verifica invece ipertiroidismo;o diminuisce anche il rilascio di insulina;Però:o si verifica iperprolattinemia nonostante il rilascio dell’ormone sia sempre dovuto all’aumento della

concentrazione intracellulare di cAMP;o aumentano gli effetti del PTH.Il litio ha numerosissimi effetti collaterali, correlati con la concentrazione plasmatica. Il farmaco deve essere sottoposto a monitoraggio terapeutico affinchè la concentrazione rimanga tra 0,6 e 1,2 mEq/l. Già a 1,5 mEq/l compaiono gli effetti tossici.

Oltre alla concentrazione plasmatica è importante valutare la concentrazione all’interno dei globuli rossi la quale correla abbastanza bene con la concentrazione nel SNC o nel liquor.Caratteristiche farmacocinetiche: tempo di picco: 0,5-2 ore;

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biodisponibilità: completa; legame proteico: inesistente (non è liposolubile ma arriva nel SNC perché è uno ione). Si distribuisce sia negli

ambienti extra che intracellulari; emivita di eliminazione: è in relazione alla durata del trattamento (singola dose 1,6 giorni, 2,4 giorni dopo un anno

di trattamento); eliminazione urinaria in due fasi:

o rapida: 6-8 ore, eliminazione del litio plasmatico;o lenta: 14 giorni, eliminazione del litio che lentamente esce dalle cellule;

diuretici e litio: sovente usando il litio compaiono effetti collaterali e per aumentare la clearance si somministrano diuretici. Il problema è che a livello del tubulo prossimale il trasportatore del sodio riconosce anche il litio e lo stesso dicasi per la branca discendente dell’ansa di Henle. La situazione cambia dall’ansa in poi dove il litio è riconosciuto meglio del sodio.In sostanza però il diuretico somministrato determina eliminazione di sodio ma di ben poco litio. Per questo motivo rispetto ai classici diuretici dell’ansa è preferibile utilizzare diuretici osmotici.

Controindicazioni: Assolute:

o allattamento;o 1° trimestre di gravidanza perché si verifica una tipica malformazione dell’impianto della tricuspide;o significativa IR e IC;o grave disidratazione;

Relative (il litio deve essere somministrato solo dietro stretta sorveglianza):o gravidanza;o patologie cardiache;o epilessia;o pazienti anziani e/o debilitati;o iponatriemia.

Per utilizzare il litio è necessario compiere una serie di esami prima di cominciare il trattamento. In particolare bisogna indagare lo status di:

rene; tiroide; osso (elettroliti e densitometria ossea);

Inoltre è raccomandato ripetere il monitoraggio ogni 6-12 mesi (tranne litemia ogni 6-12 settimane e litio eritrocitario ogni 3 mesi).Interazioni farmacologiche: diuretici tiazidici: riduzione dell’eliminazione del litio; FANS, specie i più recenti: interferiscono con la clearance del litio. Non riguarda l’aspirina ed il paracetamolo; metronidazolo, eritromicina: aumentano la litiemia per probabile effetto renale; anti-ipertensivi come clonidina e metildopa: diminuisce l’efficacia anti-ipertensiva ma aumentano gli effetti tossici

del litio; preparati xantinici come aminofillina e teofillina: posseggono proprietà diuretiche e perciò aumentano l’escrezione

del litio; digitale: rischio di iposodiemia; calcio antagonisti: aumentano la clearance del litio; ipoglicemizzanti o insulina: il litio può aumentare la tolleranza al glucosio; neurolettici: possibile neurotossicità. Possibile comparsa della discinesia tardiva; Carbamazepina: possibile neurotossicità; Acido Valproico: possibile aumento della clearance del litio.Effetti collaterali: manifestazioni neurologiche: le più varie; manifestazioni psichiatriche (la maggior parte delle quali per dosi elevate): confusione, movimenti motori anomali,

“crisi di astinenza” che ricorda l’astinenza da oppiodi ma che differisce da quest’ultima perché manca la tipica midriasi;

effetti sulla funzionalità tiroidea: tipicamente ipotiroidismo reversibile se si sospende la terapia. In alcuni casi si evidenzia gozzo;

effetti renali (particolarmente importanti): diabete insipido nefrogenico resistente alla vasopressina ma sensibile all’effetto dell’amiloride;

effetti cardiaci: sono probabilmente legati alle disionie indotte dal litio: appiattimento o inversione dell’onda T, allargamento del QRS, depressione del nodo seno-atriale (SSS = sick sinus syndrome).Bradicardia e tachicardia costituiscono la principale controindicazione all’utilizzo del litio;

Gravidanza:o relativamente bassi i rischi teratogeni. Se impiegati nel primo trimestre è tipica l’insorgenza dell’anomalia di

Ebstein della tricuspide;

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o sono rischiesti attenti monitoraggi perché i livelli in gravidanza risultano facilmente instabili. Di solito l’uso in gravidanza viene sospeso;

o nel latte assume concentrazioni uguali al 50% di quelle plasmatiche.o un neonato nato da madre in terapia col litio può presentare: letargia, ipotonia muscolare, gozzo, surrene

debole, persistenza dei riflessi di Moro (4 riflessi presenti alla nascita e che scompaiono per la maturazsione del SNC nelle prime settimane).

Trattamento del sovradosaggio (evenienza frequente): sospensione del farmaco e somministrazione di diuretici osmotici; in caso di overdose: dialisi peritoneale o emodialisi; monitoraggio continuo.Il Litio funziona bene come profilassi ed eventualmente come terapia della fase manicale. Per la fase depressiva può essere necessario l’uso di un antidepressivo e gli anti MAO sembrano quelli che meno si associano ad effetti collaterali (s. serotoninergica, insorgenza di fase maniacale).Altri impieghi del litio: disordini schizofrenici: forme di schizofrenia con importanti alterazioni dell’affettività; talvolta associazione con gli antipsicotici.

Alternative al litio Acido Valproico: prima scelta quando i cicli sono ultrabrevi. Viene inoltre usato quando il soggetto è resistente al

Litio. L’associazione del farmaco col Litio è controindicata; Carbamazepina:

o rappresenta una ragionevole alternativa al litio se esso fosse ineffiacie o tossico;o ha effetti collaterali nettamente minori a quelli del litio. Tra i più temuti ci sono le discrasie ematiche.

Sistema dopaminergicoFunzioni del sistema: importante attività psicomotoria; affettività; sensazione di piacere e gratificazione; percezione e ideazione; funzioni neuroendocrine.La topografia è molto ben stabilita: tutti i percorsi sono stati codificati molto bene. I neuroni dopaminergici sono solo 500.000 contro il totale di 1012 cellule totali del SNC.Vie nervose dopaminergiche: sistema nigrostriatale: sostanza negra (pars compacta) ---) corpo striato ---) nucleo accumbens (core); sistema mesolimbico: area ventrale tegmentale ---)

o nucleo accumbens (parte esterna o “shell”);o tubercolo olfattivo;o amigdala;o coteccia entorinale;

sistema mesolimbico corticale: area ventrale-tegmentale ---) corteccia frontale; sistema tuberoinfundibolare: nucleo arcuato ---) ipofisi posteriore dove influenza il rilascio di alcuni ormoni, specie

la prolattina.Analogamente alle altre amine dopo il rilascio il metabolismo è sempre operato dalla MAO e dalla COMT mediante la seguente via: dopamina ---) MAO ---) Dopac (acido diidrossi para amino fenolico) ---) COMT ---) acido omovanilico (HVA).Recettori dopaminergici (metabotropici): subfamiglia D1: D1 e D5. Stimolano l’adenilato-ciclasi; subfamiglia D2: D2, D3 e D4. Riducono o non cambiano l’attività dell’adenilato ciclasi. I recettori D2 sono i più

numerosi e tutti i farmaci agiscono su di essi. Recettori D2 si trovano nello striato, nell’area limbica e nell’ipotalamo.

Effetti dei farmaci che agiscono sul sistema dopaminergico D2:

o agonisti: nel ratto compaiono movimenti stereotipati, aumenta l’attività; nell’uomo causano l’instaurarsi di comportamenti ripetitivi (come da amfetamine); utilità terapeutica: M. di Parkinson;

o antagonisti: nel ratto compare rigidità similmente al modello genetico di M. di Parkinson; nell’uomo compare parkinsonismo, anche a dosi normali; utilità terapeutica: schizofrenia;

D3 e D4:

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o agonisti: nel ratto si verifica aumento dei processi cognitivi; nell’uomo hanno qualche effetto antiparkinson ma l’utilità è ancora da dimostrare;

o antagonisti: nell’uomo la Clozapina (bloccante selettivo D4) funge da antipsicotico ed è attivo su tutti i tipi di

schizofrenia con minime alterazioni motorie ed ormonali.

SchizofreniaLa prevalenza è circa dell’1%. L’esordio avviene nell’adolescenza o all’inizio dell’età adulta. Colpisce con maggiore incidenza i maschi ed in essi generalmente il decorso è più grave.Il 10% commette suicidio ed in virtù della patologia l’aspettativa di vita è inferiore del 20%.E’ una sindrome che può essere definita secondo quattro criteri:1. sintomatologico: devono essere presenti almento due dei seguenti sintomi:

a. sintomi positivi (produttivi): deliri, allucinazioni, eloquio disorganizzato, disorganizazione grossolana;b. sintomi negativi: appiattimento affettivo, povertà dell’eloquio, mancanza di volontà;

2. cronologico: sintomi presenti per almeno un mese e segni del disturbo che persistono per almeno 6 mesi;3. funzionale: i disturbi riducono marcatamente la qualità di vita;4. di esclusione: durante la fase attiva non si manifestano episodi depressivi o maniacali. Vanno esclusi farmaci o

sostanze d’abuso.La schizofrenia conosce due varianti: a sintomi positivi: esordio acuto, frequenti remissioni ed esacerbazioni, nei periodi di remissione il comportamento

è più o meno normale. Mano a mano che la malattia progredisce i periodi asintomatici si fanno sempre più brevi. TAC e RMN non evidenziano alterazioni organiche.Fisiopatologicamente si verifica un’iperattività del sistema dopaminergico a livello della regione mesolimbica. E’ buona la risposta agli antipsicotici;

a sintomi negativi: esordio insidioso, decorso che tende alla cronicità, non si evidenziano periodi di remissione.TAC/RMN/PET hanno dimostrato alterazioni organiche correlate a carico del lobo frontale. Dal punto di vista fisiopatologico si evidenzia una ipofunzione del sistema dopaminergico a livello della regione mesocorticale.Risposta scadente agli antipsicotici.

Sotto un piano eziopatogenetico la storia degli schizofrenici si caratterizza per: predisposizione genetica: sembra riguardare ampie fette della popolazione (60-80%); stress importante della madre durante la vita intrauterina; il bambino nasce normale ma fattori ambientali causano l’espressione della malattia nella adolescenza; i farmaci e la psicoterapia influenzano la prognosi.

Teorie biochimiche della schizofrenia ipotesi peptidergica della schizofrenia: mancherebbe il peptide “Reelina” che fungerebbe da “battistrada” ai

neuroni per indicargli la via di sviluppo. E’ espresso specie nel cervelletto, caratterizzato da notevole plasticità. La Reelina guiderebbe anche lo sviluppo del sistema dopaminergico. Negli schizofrenici, specie in quelli con sintomi negativi, le concentrazioni di reelina nel liquor sono inferiori al normale ed i neuroni non raggiungono la corteccia ma si fermano nei gangli della base;

ipotesi dopaminergica: a livello mesolimbico aumenta il rilascio di dopamina. Difatti la somministrazione di L-Dopa causa la comparsa di allucinazioni e psicosi acute. Un’altra dimostrazione la si ottiene bloccando il recettore D2 post-sinaptico: la sintomatologia acuta viene attenuata. Ancora con la PET negli schizofrenici durante gli episodi acuti si nota un aumento dei recettori D2 (gangli della base) e D4 (corteccia prefrontale e limbica) che non sono presenti nelle persone normali. Nella negativa invece vi è una mancanza di recettori D2 ma permangono alti i D4. Infine l’amfetamina, che a livello centrale promuove il rilascio di dopamina, produce allucinazioni indistinguibili dai sintomi positivi della schizofrenia;

ipotesi glutamaergica: il glutammato influenza il rilascio di dopamina. Il circuito è frenato dal GABA, un neurotrasmettitore inibitore. In molti schizofrenici il sistema gabaergico inibitorio non funzionerebbe;

ipotesi serotoninergica: gli antagonisti del recettore serotoninergico di tipo 2 sono efficaci nella schizofrenia a sintomi negativi. La densità dei recettori 1A e 2, inoltre, è alterata nei pazienti schizofrenici.

Farmaci antipsicotici (detti anche impopriamente neurolettici o tranquillanti maggiori)Si dividono in tipici e atipici.

Antipsicotici tipiciSono antagonisti prevalenti o selettivi del sistema dopaminergico, specie a livello dei recettori D2. Sono efficaci nella schizofrenia a sintomi positivi.Le fenotiazine sono triciclici con un anello centrale diverso rispetto agli antidepressivi. A seconda della catena laterale si dividono in:o alifatiche: vecchi e non molto potenti;

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o piperidiniche: catena ciclica con un atomo di azoto. Es. Tioridazim;o piperaziniche: catena ciclica con due atomi di azoto;o butirrofenoni: es. aloperidolo (nome commerciale Serenase), droperidolo;o tioxanteni: molto potenti;o benzammidi sostituite: erano molto impiegate in Italia. Funzionano abbastanza bene, non sono molto potenti e

hanno permesso di individuare le schizofrenie atipiche.Gli alifatici agiscono su numerossissimi recettori e su alcuni a concentrazioni molto vicine a quelle terapeutiche.I butirrofenoni hanno una selettività intermedia, altri (Flopentixolo, Sulpiride) hanno selettività maggiore.L’attività antipsicotica è dovuta al blocco dei recettori D2.

Potenza clinica(blocco D2)

Effetti extrapir.(blocco D2)

Azione sedat.(blocco 5HT)

Az. ipotensiva(blocco α)

Aumento peso(bl. istamina)

Aumento PRL(blocco D2)

Discin. tardiva(blocco D2)

Fenotiazine alifatiche (Cloropromazina)

+ + +++ +++ +/++ + +

Fenotiazine piperidiniche e piperaziniche (Flufenazina)

+++ +++ + 0/+ 0/+ ++ +++

Butirrofenoni(Aloperidolo)

+++ +++ + 0/+ + ++ +++

Tioxanteni(Tiotixene)

++/+++ + + 0/+ + ++ ++

Dibenzoxazepine---ATIPICI---(Clozapina)

++ 0/+ + 0/+ ++/+++ 0 0/+

Le fenotiazine alifatiche non sono molto potenti ma in compenso determino lo sviluppo di marcati effetti collaterali legati all’azione sugli altri recettori.Le fenotiazine con catena ciclicica sono caratterizzate da un effetto di molto superiore sul recettore D2 e ciò rende conto sia dell’aumento della potenza clinica sia degli altri effetti dovuti al blocco dopaminergico (parkinsonismo, iperprolattinemia). Stesso dicasi per i butirrofenoni.Coi Tioxanteni la potenza clinica è ancora buona, gli effetti collaterali non D2 sono modesti e anche quelli legati alla carenza di dopamina si attenuano perché questo farmaco ha un’importante azione anticolinergica e l’attività del recettore muscarinico è molto importante nella genesi dei disturbi piramidali.Si ricordi che gli antipsicotici non sono né ipnotici né miorilassanti, al massimo sedativi.Fasi di risposta agli antipsicotici (si nota con la Cloropromazina, con l’Aloperidolo molto meno): 1^ settimana: il paziente sonnecchia o dorme tutto il giorno (effetto sedativo). Compare distacco da paure-ansie e

dai disturbi psichici. Biochimicamente al blocco dei recettori D2 consegue un aumento della produzione di dopamina come tentativo di compenso;

2^ settimana: recedono gli effetti sedativi. Compaiono e si rafforzano quelli antipsicotici; 3^ settimana: indifferenza (scarsa spontaneità). Potente effetto anti allucinogeno. A questo punto il paziente è

pronto per la psicoterapia.Nella fase 2 e 3 i livelli di dopamina si abbassano.

Fenotiazine di vecchia generazioneIndicazioni cliniche all’uso: psicosi schizofrenica, specialmente catatonica e paranoica (allucinazioni); sindromi psicotiche come sequele di malattie organiche; depressione ansiosa, ma sono preferibili gli SSRI; comportamento aggressivo e violento (si parla di camicia di forza chimica); azione anti emetica, anti nausea, anti singhiozzo; disordini mentali correlati con alterazioni dei movimenti (Corea di Huntington, malattia di Gilles De La Tourette); altre psicosi: mania, deliri.Dati sull’efficacia e sulla frequenza degli effetti collaterali: nel 70% dei trattati si nota un miglioramento della sintomatologia ma solo il 20% di questi manifesta un completo

controllo della sintomatologia; pazienti resistenti: 15%; pazienti che sviluppano sintomi extra piramidali: 10%; pazienti che sviluppano discinesia tardiva/all’anno (trattamento di due anni = rischio doppio): 4-5%.La scelta del principio attivo da impiegare dipende da: grado di sedazione desiderato; suscettibilità del paziente ai disturbi extrapiramidali; grado di ipotensione.Controindicazioni: coma; gravidanza e allattamento; alcolismo;

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anziani: possono sviluppare poichilotermia, cioè la variazione della temperatura corporea in funzione dell’ambiente. E’ tipico delle fenotiazine, specie alifatiche.

Farmacocinetica: estremamente liposolubili, si accumulano nei tessuti; biodisponibilità orale del 30%, ma di solito si somministrano intramuscolo; legame spiccato con le proteine plasmatiche; notevole effetto di primo passaggio epatico; T1/2 variabile dalle 2 alle 24 ore a seconda dell’individuo; 168 metaboliti, alcuni molto attivi e causa di effetti collaterali.Interazioni: potenziamento con sedativi, alcool e altri depressivi; aumento dell’ipotensione se somministrati con altri ipotensivi; se somministrati coi triciclici si possono sviluppare tachicardie, aumento delle concentrazioni plasmatiche del

farmaco, aumento degli effetti antimuscarinici; anticonvulsivanti: ridotta efficacia; domperidone e metoclopramide (plasil): essendo anch’essi bloccanti dei recettori D2 se somministrati in

associazione possono aumentare gli effetti extrapiramidali e scatenare acatisia; antagonismo con agonisti anti-Parkinson; litio: aumento degli effetti extrapiramidali.

Butirrofenoni:Stesse indicazioni delle fenotiazine, tuttavia l’aloperidolo e il droperidolo evidenziano un controllo più rapido della sintomatologia (senza le classiche tre fasi).Gli effetti collaterali sono gli stessi delle fenotiazine ma sono minori gli effetti sedativi, ipotensivi e antimuscarinici e maggiori quelli extrapiramidali.Per ovviare ai problemi di ridotta compliance dei pazienti sono disponibili preparazioni deposito da somministrare intramuscolo: sono esteri sciolti in preparati oleosi. Ciò inoltre riduce l’effetto di primo passaggio epatico.Inconvenienti: e’ necessario eseguire un test preventivo per stabilire se esiste allergia al veicolo; è necessario valutare l’entità degli effetti extrapiramidali; è necessaria una dose di attacco perché altrimenti sarebbero necessari mesi affinchè si raggiunga la concentrazione

efficace; è necessario ruotare il sito di somministrazione.

Effetti collaterali comuni degli antipsicotici: alterazioni endocrine: diminuzione di tutti gli ormoni ipofisari ma iperprolattinemia. La dose di farmaco in grado di

determinare iperprolattinemia è più bassa di quella necessaria per ottenere un effetto antipsicotico. L’effetto non manifesta tolleranza e comporta:o nelle donne oligomenorrea;o nei maschi ginecomastia e diminuzione della libido;

alterazioni metaboliche: aumento della colesterolemia e diminuzione della tolleranza al glucosio; effetti autonomici dovuti ad effetto antimuscarinico e al blocco dei recettori α; aritmie cardiache poiché questi farmaci allungano il segmento QT; sedazione; poichilotermia; reazioni idiosincrasiche (problema!):

o ittero: specie cloropromazina;o leucopenia e agranulocitosi;o reazioni cutanee: riguarda soprattutto le alifatiche;o sindrome neurolettica magligna: riguarda specie le piperidine e le piperazine e, con incidenza minore, i

butirrofenoni. Compare soprattutto nei giovani; effetti extrapiramidali (simili al Parkinson): incidenza del 20-30%, riguardano specialmente gli anziani. Segni

tipici: rigidità muscolare, tremori, immobilità o acinesia. Non vi sono i segni istologici tipici di Parkinson. La terapia è anticolinergica;

crisi distoniche: compaiono nei primi giorni di terapia e riguardano soprattutto le donne giovani. Segni: spasmi dei muscoli del collo, delle estremità e crisi oculogiriche. Trattamento: apomorfina;

acatisia (sindrome delle gambe senza riposo). Riguarda pazienti di mezza età e sicuramente c’è una componente ansiosa. Il diazepam, che è un sedativo, è terapeutico solo ad alte dosi;

discinesia tardiva: si presenta in pazienti di età avanzata, specialmente se di sesso femminile, diabetici e in trattamento cronico (poiché ogni anno vi è un rischio del 4-5%).Segni clinici: movimenti involontari ipercinetici spesso localizzati nella zona orale. Postura tipica caratterizzata da lordosi con flessione del collo. Nessun efficace trattamento.

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Antipsicotici atipiciSono farmaci antipsicotici di più recente introduzione che si caratterizzano per avere un’affinità per il recettore per la serotonina di tipo 2 maggiore di quella verso il recettore D2.Ne esistono due gruppi: Benzammidi: es. amisulpride; Dibenzoxazepine: clozapina (blocco dei recettori 5HT2A a dosi 100 volte inferiori a quelle necessarie per il blocco

del recettore D2), Olanzopina, Quetiopina, Risperidone, Sertindolo.

ClozapinaLa clozapina blocca circa il 20% dei recettori D2 e questo spiega perché non si hanno effetti collaterali come gli extrapiramidali che richiedono che almeno l’80% dei recettori siano bloccati.E’ efficace nel 60% dei casi e nel 30% delle psicosi resistenti.Per i sintomi positivi è efficace come l’Aloperidolo ma in più è efficace sui sintomi negativi, sull’organizzazione del pensiero e sulle funzioni cognitive.Permette il trattamento nei malati di Parkinson.Un grosso inconveniente di questo farmaco è che dopo un mese di trattamento solo il 40% dei pazienti risponde al trattamento e solo dopo 4 mesi si raggiunge il 60% di risposta. Si capisce per quale motivo questo farmaco venga a volte utilizzato come “ultima spiaggia”.Un grosso vantaggio è che la qualità di vita di chi risponde aumenta enormemente (“non zombizzano i pazienti come i tipici”).Effetti collaterali: agranulocitosi: causata da un metabolita tossico per i leucociti. Si manifesta in circa l’1% dei pazienti.

L’agranulocitosi è preceduta da una lieve leucocitosi e ciò comporta la sospensione del trattamento ogni volta che, per i più svariati motivi, cresce la conta leucocitaria. Trattandosi di una complicanza seria è consigliata la monitorizzazione settimanale per i primi 6 mesi di trattamento. E’ insomma tra tutti i farmaci antipsicotici quello che funziona meglio ma ha il grave handicap di essere di difficile utilizzo;

diminuzione della soglia convulsivante negli epilettici; sedazione; aumento ponderale.Non si verifica, se non in maniera transitoria, iperprolattinemia.

RisperidoneRisposta clinica dopo almeno 20 giorni. E’ il meno atipico perché sopra la dose di 6 mg il numero di recettori D2 bloccato è sufficiente per la comparsa degli effetti collaterali.Non è mielotossico.E’ disponibile da poco un preparato ritardo da somministrare endovena: sono microsfere che circolano tranquillamente nel sangue e che vengono lentamente metabolizzate rilasciando il farmaco. Una somministrazione è sufficiente per 15 giorni.

OlanzepinaPossiede un profilo recettoriale analogo a quello della clozapina. Forse ha un minore effetto sui recettori muscarinici per cui è minore la scialorrea.A tutte le dosi satura il recettore per la serotonina di tipo 2, mentre risulta dose-dipendente l’occupazione del D2.Ha effetti clinici simili alla clozapina ma sono necessarie dosi alte.Rispetto alla clozapina non sembra causare agranulocitosi, tuttavia non ne riproduce i miglioramenti in termini di qualità della vita.Ben assorbito, risente di un elevato effetto di 1° passaggio (metabolizzato dal CYP 1A2). Effetti collaterali: sonnolenza, aumento di peso, effetti extrapiramidali ad alte dosi, iperprolattinemia ma in misura minore rispetto all’aloperidolo.

QuetiapinaE’ come la clozapina ma ha minore affinità per i recettori.Risente di un importante metabolismo epatico dal quale vengono prodotti due metaboliti attivi (di cui uno è forse responsabile dell’effetto farmacologico).Non causa mielotossicità ma non funziona bene come la clozapina.

Effetti collaterali comuni degli atipici: aumento di peso: riguarda soprattutto la clozapina e, in misura leggermente inferiore, la olanzepina. L’unico

farmaco che non è gravato da questo inconveniente è il ziprasidone che però in Italia non è in commercio; iperglicemia (in una buona percentuale di casi addirittura diabete chetogenico che nel 20% dei casi persiste anche

quando il farmaco viene sospeso).

Aripiprazolo

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E’ un farmaco che costituisce una categoria a parte: si tratta difatti di un antagonista parziale in grado di evocare un effetto massimo uguale al 20-30% di quello degli antagonisti. Sia in caso di stati iperdopaminergici che ipodopaminergici l’antagonista (o, a seconda dei punti di vista, agonista) parziale porta ad un rilascio intermedio di dopamina.Pare che funzioni abbastanza bene (non bene come la clozapina) ma ciò che è certo è che la percentuale di recettori per la dopamina bloccati non raggiunge la soglia dell’80% necessaria per il manifestarsi degli effetti extrapiramidali.

Disturbi dell’ansiaL’ansia è una sindrome caratterizzata da un’iperattività del sistema nervoso che determina effetti psicologici sempre presenti (inquietudine, irrequietezza, facile affaticabilità, irritabilità, tensione muscolare, difficoltà di concentrazione, insonnia con difficoltà ad addormentarsi) e autonomici (aumento della PA, tachicardia, respirazione irregolare, secchezza delle fauci, disturbi intestinali).L’ansia fisiologica è caratterizzata da: breve durata; rapida insorgenza; brusca cessazione dopo la fine dell’evento scatenante.L’ansia patologica coinvolge il 2-4 % della popolazione ed è caratterizzata da una risposta eccessiva e persistente anche quando le cause non sono ben identificabili.

FisiopatologiaNella fisiopatologia dell’ansia sono implicati tre sistemi:

Sistema simpaticoNell’ansia vi è iperattività noradrenergica. Infatti gli agonisti α2 hanno un effetto ansiolitico mentre gli antagonisti un effetto ansiogeno.I farmaci che agiscono sul sistema noradrenergico sono scarsamente impiegati per i loro effetti cardiovascolari. Solo in caso di marcata iperattività autonomica possono essere utilizzati i β bloccanti.Le benzodiazepine agiscono sul sistema simpatico con meccanismo complesso. In generale frenano l’attività del locus coeruleus ma si manifesta tolleranza in soli 3 o 4 giorni.Le alterazioni del sistema noradrenergico sono alla base di forme d’ansia che si manifestano con attacchi di panico o nelle forme ansiose associate alla depressione.In tali circostanze si usa una benzodiazepina, l’alprazolam, che è di scelta per la prevenzione degli attacchi di panico.

Sistema serotoninergicoTra serotonina e GABA vi è antagonismo.Se si riduce l’attività serotoninergica centrale si determina ansiolisi. Le benzodiazepine riducono l’attività del rafe magno da dove partono le fibre serotoninergiche.

Sistema GABAergicoSi tratta di un sistema complesso che interessa quasi tutte le cellule, addirittura la glia.Esistono due recettori: il GABA-A ed il GABA-BNella membrana esterna del mitocondrio esiste un enzima, la GABA transaminasi, che trasforma il GABA in emialdeide succinica e poi in acido succinico, componente del ciclo di Krebs trasferendo al contempo un gruppo NH2

dal GABA all’ α-chetoglutarato che si trasforma in gluttamato.Il GABA è il più importante neurotrasmettitore inibitorio, il gluttamato il più importante neurotrasmettitore eccitatorio.Esiste anche un enzima citoplasmatico, la glutammato decarbossilasi, che trasforma il glutammato in GABA.Dopo il rilascio del GABA la maggior parte viene captato dalla glia dove viene trasformato in glutammato (tossico) e poi in glutammina ad opera dell’enzima glutammina sintetasi. La glutammina è captata dal neurone presinaptico, è ritrasformata in glutammato dall’enzima glutamminasi ed il ciclo ricomincia

Recettori per il GABA GABA A: recettore inotropico che se aperto fa entrare cloro inducendo iperpolarizzazione. E’ formato da due

subunità α, due subunità β e da una quinta subunità che può essere di tipo γ, δ, ρ e ε. Esistono inoltre vari tipi di catene α, β, γ e ρ. Per esempio la subunità α6 è presente solo nel cervelletto ed è su essa che agisce l’alcool.Le varie possibilità offerte dal polimorfismo delle subunità recettoriali determinano l’esistenza di vari recettori tuttavia i tipi α1β2γ2, α2β3γ2 e α3β3γ2 sono da soli responsabili di quasi il 75 % della popolazione recettoriale.Il GABA agisce sulla catena β e l’interazione determina l’apertura del canale.Sulla catena α agiscono numerossissime sostanze tra cui le benzodiazepine. L’interazione sulla subunità α potenzia in maniera allosterica l’effetto del GABA ma in assenza di neurotrasmettitore nessun effetto è evocato.I barbiturici a dosi estremamente basse funzionano come le benzodiazepine mentre a dosi normali sono in grado di aprire il canale indipendentemente dal GABA.

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A livello del recettore esiste inoltre un sito di legame per sostanze dette neurosteroidi. Anch’esse a basse concentrazioni potenziano l’effetto del GABA mentre a concentrazioni più elevate agiscono direttamente sul canale.Infine la maggior parte degli anestetici che si somministrano per endovena agiscono sempre su questo recettore ma su un terzo sito;

GABA B: recettore metabotropico accoppiato ad una proteina G0 (inibitoria). Effetti in seguito alla sua attivazione:o aumento rilascio di corticotropina;o diminuzione del MSH, della secrezione gastrica etc…;o effetti comportamentali: diminuzione dell’epilectogenesi, diminuzione degli attacchi di panico, catatonia….L’unico farmaco GABA B selettivo è l’agonista Baclofen.Presenta un assorbimento per OS rapido ma variabile da paziente a paziente: può essere necessaria la somministrazione intratecale.Si usa per le paralisi spastiche perché ha un effetto miorilassante. E’ l’unico miorilassante utilizzato nella spasticità o negli spasmi muscolari di diversa eziopatogenesi. L’effetto dura 2-3 ore.Effetti collaterali: ipotensione, sedazione, capogiri (secondari all’ipotensione), sonnolenza… Rara epatotossicità.

NeurosteroidiEsistono due categorie di steroidi attivi sul SNC: steroidi prodotti in periferia e attivi sul SNC; steroidi prodotti dalle cellule gliali.Queste sostanze, come detto, agiscono sul recettore GABA A. I derivati solfati dei neurosteroidi hanno effetto contrario.A differenza degli effetti periferici degli steroidi che si esplicano solo dopo un certo tempo perché agiscono sulla trascrizione genica in questo caso gli effetti sono immediati.Questi steroidi modulano la sfera emozionale e controllano l’emotività: si comprende il motivo delle drammatiche fluttuazioni dell’umore nelle situazioni stressanti (iperproduzione di cortisolo), in gravidanza, nel corso del ciclo mestruale e in menopausa.Le prime tappe della steroidogenesi sono mitocondriali. Le benzodiazepine stimolano l’entrata del colesterolo nel mitocondrio.

Farmaci ansiolitici Benzodiazepine; Agonisti del recettori 5HT1A (non ipnotici); Barbiturici: obsoleti, utilizzati solo in anestesia e come antiepilettici; β-bloccanti: più che altro si usano per contrastare gli effetti periferici dell’ansia; Antistaminici: meno utilizzati.

BenzodiazepineCome detto questi farmaci amplificano l’azione del GABA (aumento potenza e aumento Emax di circa il 20-30 %) ma in assenza del neurotrasmettitore non esplicano alcun effetto.Proprietà comuni a tutte le benzodiazepine: ansiolitici, ipnoinducenti, miorilassanti, anti-convulsivanti.Tutti i farmaci presenti in commercio hanno più o meno le stesse caratteristiche, ciò che cambia è la farmacocinetica.I recettori per le benzodiazepine possono essere divisi in: α1: alta affinità per le benzodiazepine e per altri due farmaci (Zalepron e Zolpidem); α2: alta affinità per le benzodiazepine, bassa affinità per Zalepron e Zolpidem; α4/α6: non sensibili al diazepam. Il più importante è il 6 che si trova soprattutto a livello cerebellare. Il Flumazenil

funziona da agonista.Usi clinici: ansiolitici: non adatti per trattamenti a lungo termine per sviluppo di tolleranza; ipnoinducenti: adatte le molecole con breve emivita; attacchi di panico: alprazolam (profilassi); antispastici in malattie neurologiche; se somministrati per endovena sopprimono i movimenti indotti da farmaci (es. distonia acuta); sempre endovena hanno sia un effetto ansiolitico sia determinano amnesia retrograda; antiepilettici (clonazepam); anticonvulsivanti (diazepam); tetano.Effetti collaterali: effetti sul SNC:

o sedazione, sonno, disturbi della memoria;o atassia, disartria, diplopia, visione offuscata, vertigini, iporiflessia;o sindrome Korsakoff-like, depersonalizzazione;o stimolazione;o antisocialità;

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o depressione.Questi ultimi effetti sono probabilmente dovuti ad azione su sottotipi rari di recettori e sono più rappresentati sopra i 65 anni;

reazioni allergiche; se somministrati EV possibile depressione cardiorespiratoria specie nei soggetti defedati.

Tolleranza e dipendenza:La tolleranza c’è e si manifesta solo dopo 15 giorni. E’ però difficile da dimostrare e ancor più difficile è dimostrare la dipendenza .La dipendenza da benzodiazepine causa distorsioni percettive: i pazienti riferiscono di “sognare di camminare su campi di cotone”. In generale è difficile sospettare una sindrome da astinenza da questi farmaci perché i sintomi sono tipici dell’ansia e se si somministra il farmaco se ne vanno.Esistono due grandi categorie di benzodiazepine: ansiolitici; ipnoinducenti.Si ricordi che la molecola è in grado di sortire entrambi gli effetti, ciò che fa la differenza è la farmacocinetica: quelle a emivita lunga si usano per l’ansia, quelle con emivita più corta si usano come ipnotici. Farmacocinetica: nessuna relazione tra effetti clinici e concentrazione plasmatica. Monitorizzare i farmaci è utile solo nell’overdose

(che comunque non è mai fatale); ben assorbite per OS, meno rapido è l’assorbimento e minore la concentrazione plasmatica se somministrate

intramuscolo; non sono induttori enzimatici; legame proteico elevato; il volume di distribuzione aumenta con l’età per la maggior percentuale di grassi; alcune benzodiazepine producono metaboliti attivi che possono prolungare l’effetto del farmaco mentre altre,

essendo sottoposte esclusivamente a metabolismo di seconda fase, non hanno metaboliti attivi.

Azospirodecandioni Buspirone: a differenza delle benzodiazepine non è ipnotico, non è miorilassante, non è anticonvulsivante. E’

agonista parziale del recettore 5HT1A e antagonista del D2; Gepirone; Ipsapirone.Tutti e tre hanno come metabolita l’1-pirimidilpiperazina che blocca il recettore α2. Questo recettore è presente anche a livello dei neuroni serotoninergici presinaptici e quindi il metabolita ha curiosamente un effetto contrario rispetto a quello del farmaco. Tuttavia senza il metabolita l’azione ansiolitica non si manifesta (difatti perché si manifesti l’effetto sono necessarie due settimane quando avviene il blocco del recettore α2).Il problema dello scarso successo del farmaco è proprio determinato dalla necessità di aspettare 15 giorni prima di percepire risultati.Non causa tolleranza né dipendenza (salvo rari casi).E’ controindicato nella gravidanza, durante l’allattamento, negli epilettici, nell’insufficienza renale e nell’insufficienza epatica.Effetti collaterali: nausea, vomito, cefalea; secchezza delle fauci.Interazioni con tutti i depressivi del SNC: è inoltre meglio evitare l’associazione con l’alcool (n.b.: alcool + benzodiazepine = miscela potenzialmente mortale).

L’insonnia

Fisiologia del sonnoPer quanto riguarda il ritmo sonno-veglia possiamo identificare tre condizioni: stato di veglia o di coscienza; sonno REM; sonno non-REM.Lo stato di veglia è mantenuto dalla formazione reticolare (parte tegmentale del midollo allungato, ponte e mesencefalo). Lesioni della formazione reticolare portano a sonnolenza o a coma.Nello stato di veglia sono attivati i neuroni noradrenergici e acetilcolinergici mentre nel sonno la stimolazione GABAergica determina la produzione di serotonina dai nuclei rostrali del rafe. Si comprende quindi come l’aumento della produzione del GABA possa essere una strategia terapeutica contro l’insonnia.Il sonno può essere diviso in cinque stadi: non REM:

o sonno leggero:

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I: onde α e τ, tono muscolare ridotto, persiste attività mentale tanto che le persone non hanno la sensazione di stare dormendo. Costituisce circa il 5% del tempo;

II: onde γ e fusi (complessi K); tono muscolare ridotto, scompaiono i movimenti oculari, attività mentale ridotta, durata 50%;

o sonno profondo: III/IV: onde delta (onde lente) chiamate onde del sonno, secrezione di GH, se ci sono ferite in questa fase

viene prodotto il tessuto di granulazione. Attività mentale caratterizzata da sogni non lucidi, incubi e sonnambulismo. Dura circa il 20% del totale;

REM: EEG simile allo stato di veglia, tono muscolare francamente ridotto ma compaiono movimenti oculari, ipertensione, tachicardia, erezione, congestione pelvica nelle donne, secrezione di cortisolo negli ultimi minuti. Sembra essere la vera fase di riposo del sonno.

La durata del sonno (meglio la necessità di dormire) non è uguale per tutti.Il sonno è caratterizzato da cicli ripetitivi della durata di due ore in cui si alternano le seguenti fasi: IV – III – II – I – II – III – IV- REM.Nei depressi gli stadi 3 e 4 non ci sono mai, gli episodi REM sono molto più frequenti e infine si svegliano di notte molto più spesso.

Farmaci e sonno Benzodiazepine:

o sonno REM: diminuzione o soppressione. Attenzione: quando si sospende il trattamento o quando il farmaco va in tolleranza tutti i cicli REM arretrati vengono recuperati;

o sonno non REM: sopprimono il sonno profondo (che non viene recuperato), riducono lo stadio 1, in pratica il sonno è composto quasi esclusivamente dallo stadio 2 (sonno di scarsa qualità);

o riduzione dei risvegli notturni e tempo di addormentamento ridotto; alcool: il tempo di addormentamento è ridotto ma il sonno somiglia a quello dei depressi: non c’è il sonno profondo

e vi è facilità di risveglio. La differenza rispetto al “sonno dei depressi” è che il sonno REM diminuisce invece che aumentare;

β-bloccanti, SSRI, statine, nicotina e altri: sono in grado di determinare incubi notturni.

Insonnia ed ipnoticiGli ipnotici vengono comunemente assunti per l’insonnia cronica (relativamente inefficaci) ma anche per prevenire i cambiamenti fisiologici del sonno come nella vecchiaia (è sbagliato perché si tratta appunto di un cambiamento fisiologico).Prima di un eventuale trattamento è necessario escludere dolore, dispnea, problemi vescicali, coliti, farmaci (es. caffeina), depressione, ansia, dipendenza da ipnotici (estremamente frequente).Problemi che i pazienti possono riferire riguardo al sonno: difficoltà nell’addormentarsi; risvegli notturni; sogni “inquietanti”; risveglio precoce; assopimento quotidiano (specie post-prandiale).Riassumendo possiamo individuare due categorie: DIMS: disturbi dovuti all’inizio o al mantenimento del sonno; DOES: disturbi dovuti ad eccessiva sonnolenza. Sono ad appannaggio esclusivo dello specialista.Il disturbo va trattato solo se perdura da più di 3 settimane.Per quanto riguarda l’insonnia possiamo identificare tre categorie: transitoria (situazione stressante, jet-lag…); breve durata (conflitti familiari, lutti…); lunga durata (disturbi psichiatrici, astinenza o tolleranza da benzodiazepine che si manifesta dopo poche settimane

dall’inizio del trattamento, alcolisti, tossicodipendenti).Se si usano le benzodiazepine come ipnotici è importante somministrare la più bassa dose efficace pena la comparsa di tolleranza e dipendenza.Quelle che si usano, come detto, sono quelle con emivita breve e che non hanno metaboliti attivi (es. Triazolam che ha emivita di 2-3 ore). Il Triazolam è molto potente ed è efficace su tutti i sottotipi di recettori e per questo è stato ritirato dal commercio quasi dappertutto ma non in Italia.

Zolpidem e ZopicloneNon sono benzodiazepine ma, come già detto, agiscono anch’esse sulla subunità α1 del recettore GABA A.Sono sedativi e ipnotici ma l’effetto muscolo-rilassante si manifesta a dosi nettamente più alte.Hanno un’emivita molto breve e dovrebbero interessare solo il 1° e il 2° ciclo riducendo l’effetto rebound da privazione di fasi REM.Gli effetti collaterali sono simili alle benzodiazepine; inoltre il Zopiclone provoca un gusto amaro invincibile.

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Altri effetti psichiatrici sono possibili per interazione con altri recettori (per questo motivo è controindicato nei pazienti psichiatrici).L’effetto è potenziato se vi è contemporanea somministrazione di alcool.

ZalepronE’ una molecola nuova con il solito meccanismo d’azione ma che ha un’emivita inferiore all’ora e già all’altezza della 1^ fase REM non dovrebbe più esplicare alcun effetto: insomma è un farmaco “addormentante”. Per questo motivo non è utilizzabile se il maggiore problema è rappresentato dai risvegli notturni.Solo a dosi maggiori si comporta come le benzodiazepine.E’ metabolizzato dal CYP3A4: se esso è down-regolato l’emivita del farmaco aumenta.Infine va somministrato prima di coricarsi e lontano dai pasti perché ha una biodisponibilità solo del 30%.

Interazioni degli ipnoinducenti con altri farmaciPotenziamento con altri depressivi del SNC: alcool, antagonisti dell’istamina, il cannabinoide Nabilone, ipnotici etc…

Indicazioni e raccomandazioniGli ipnoinducenti: andrebbero utilizzati solo se l’insonnia provoca uno stress intollerabile; dovrebbero essere usati per un breve periodo (2-4 settimane); quando si sospende la terapia operare una riduzione graduale per evitare la sindrome da astinenza.Le benzodiazepine restano di prima scelta ma esse possono essere usate solo per cicli brevi. Negli anziani si può eventualmente utilizzare anche la Prometazina.Raccomandazioni: utilizzare un solo ipnoinducente per volta; curare l’eventuale patologia psichiatrica concomitante; non somministrare routinariamente ipnotici a pazienti ospedalizzati; quando possibile provare sempre ad utilizzare metodi non farmacologici.

EpilessiaL’epilessia è un disturbo episodico del sistema nervoso centrale che si verifica a seguito di una eccessiva sincronizzazione e di una scarica protratta da parte di un gruppo di neuroni che riconosce probabilmente come base neuropatologica uno squilibrio tra il sistema glutamaergico (in eccesso) e il sistema GABAergico (in difetto).Tra accesso (episodio acuto) e accesso è possibile dimostrare con l’EEG un’eccessiva e anomala scarica del SNC.E’ una malattia abbastanza comune che colpisce circa lo 0,5 % della popolazione e di cui ne sono state identificate circa 50 varianti.Se durante un accesso viene coinvolta anche la formazione reticolare si verifica una temporanea perdita di coscienza con possibilità di caduta.La durata degli accessi dipende dall’ATP presente nelle strutture coinvolte: i neuroni delle strutture inferiori sono ricchi di ATP e l’accesso può arrivare a durare fino a 5 minuti.Conseguenze: morte neuronale per necrosi o apoptosi; neurogenesi ma i nuovi neuroni sono diversi perché vi è un’alterata espressione genica che porta ad un’alterazione

della funzione sinaptica, dei canali ionici, della composizione delle subunità recettoriali ecc.; attivazione e proliferazione gliale.Cause: primarie; secondarie: lesioni perinatali, patologie vascolari, traumi cranici, malformazioni congenite, genetica, farmaci,

alcool, astinenza da barbiturici ed altri depressivi del SNC, infezioni…Attenzione: convulsioni e epilessia non sono sinonimi. Le convulsioni possono essere una manifestazione dell’epilessia ma esistono forme di epilessia non caratterizzate da convulsioni.

Natura dell’epilessiaL’evento caratteristico è l’accesso epilettico, spesso associato a convulsioni ma evidenziato anche da altre manifestazioni.L’accesso è causato da una scarica anomala ad alta frequenza di un gruppo di neuroni la quale viene poi propagata ad altre aree.A seconda delle aree interessate i quadri possono essere focali (sempre corticali, senza perdita di coscienza) o generalizzati.L’EEG nel normale evidenzia onde a basso voltaggio e ad alta frequenza (i neuroni si depolarizzano in maniera indipendente) mentre durante un attacco epilettico si notano onde ad alto voltaggio, ritmiche e a bassa frequenza (testimonianza della sincronizzazione).

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La forma dell’onda è caratterizzata da una fase di depolarizzazione dovuta all’azione del glutammato e da una successiva fase di iperpolarizzazione dovuta al GABA. In entrambi i casi si raggiungono voltaggi fuori dai limiti della norma.La depolarizzazione indotta dal glutammato determina apertura dei canali T per il calcio. L’ulteriore aumento del potenziale determina l’apertura dei canali del sodio voltaggio-dipendenti. Successivamente si aprono i canali del potassio, responsabili della depolarizzazione.In realtà i quadri EEG variano a seconda del tipo di epilessia.

Classificazione Parziali:

o semplici: solo disturbi focali a carico del sistema motorio, sensitivo o del linguaggio;o complessa: focale ma con perdita di coscienza;o secondaria generalizzata: l’impulso si propaga dal focus corticale al talamo e da lì a tutta la corteccia;

Generalizzate:o cloniche, toniche, tonico-cloniche;o mioclonica, atonica: caratterizzate da scosse muscolari. Ci può essere perdita del tono muscolare con caduta

(drop attacks);o assenze: alterazioni dello stato di coscienza con crisi di linguaggio (es. ripetizione di una stessa parola) spesso

accompagnate da crisi visive. Questo gruppo rappresenta un capitolo a parte, anche dal punto di vista farmacologico.

FarmaciI farmaci che abbiamo a disposizione per la terapia dell’epilessia appartengono sostanzialmente a 4 categorie in base al meccanismo d’azione:1. aumento dell’inibizione sinaptica mediata dal GABA;2. depressione della neurotrasmissione eccitatoria glutammaergica;3. inibizione dei canali del calcio voltaggio dipendenti (canali T) con conseguente minor depolarizzazione;4. blocco dei canali del sodio voltaggio dipendenti con conseguente minor depolarizzazione.

FenitoinaE’ uno dei farmaci più vecchi e ancora il più impiegato nel mondo sebbene in Italia non si usi quasi più.Il farmaco è utile nel trattamento di tutti i tipi di epilessia ma non funziona sulle assenze, anzi ne peggiora il quadro.Così come molti altri farmaci anti-epilettici oltre all’effetto anti convulsivante possiede anche un effetto sedativo che fortunatamente va presto in tolleranza (però nei primi giorni di somministrazione il paziente è molto sedato).Meccanismo d’azione: blocca i canali del sodio voltaggio dipendenti a livello dei neuroni glutamaergici presinaptici. Ciò non sopprime la scarica del focus epilettogeno ma blocca la propagazione dell’impulso verso il tessuto normale.Inizialmente è necessario somministrare dosi basse e poi crescere gradualmente al fine di lasciare il tempo all’effetto sedativo di andare in tolleranza.L’assorbimento orale è lento ed imprevedibile. Si lega alle proteine plasmatiche per il 90%, è metabolizzato dal CYP2D6 ed è in grado di operare induzione enzimatica. Infine ha una cinetica di eliminazione di ordine 0, cioè dose indipendente.Per tutti questi motivi è indicato il monitoraggio terapeutico.Concentrazioni plasmatiche e relativo effetto: 10 – 20 μM: azione terapeutica; 20 - 30 μM: ritardo di attivazione dei canali del potassio con allungamento del periodo refrattario; 30 - 40 μM: inibizione dei canali del calcio. L’effetto principale è l’atassia (turbe cerebellari); > 40 μM: letargia.Gli effetti collaterali insorgono sopra i 20 μM ed includono nistagmo, atassia e letargia. La somministrazione cronica del farmaco può provocare atrofia cerebellare.Gli altri effetti sono comuni agli altri farmaci di questa categoria.

FenobarbitaleE’ l’unico barbiturico rimasto in terapia. E’ a lunga durata d’azione. Analogamente a quanto detto in precedenza è necessario iniziare la terapia (e terminarla, per il problema della sindrome di astinenza) scalando le dosi. Anche in questo caso il paziente nei primi giorni di terapia è molto sedato ma la tolleranza per questo effetto compare presto.Non esistono particolari problemi farmacocinetici.Riguardo agli effetti collaterali un problema abbastanza serio riguardante l’utilizzo di questo farmaco è rappresentato dalla possibile insorgenza di leucopenia.Il fenobarbitale è utilizzato per tutte le forme di epilessia tranne quelle caratterizzate da assenze.

Primidone

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E’ un derivato dei barbiturici. E’ poco usato sia perché è vecchio sia perché la sindrome da astinenza che si instaura in seguito ad un’eventuale interruzione della sua somministrazione è molto pericolosa.E’ un farmaco di seconda scelta nel trattamento delle forme parziali e nel trattamento dei tremori (1^ scelta sono i β bloccanti).Non è efficace nel trattamento delle assenze.

TrimetadioneE’ il farmaco per eccellenza nel trattamento delle assenze.Funziona inibendo i canali del Ca voltaggio dipendenti (canali T).E’ molto efficace ma gli effetti collaterali sono particolarmente temibili, soprattutto quelli sul midollo emopoietico. In caso di assunzione del farmaco sono opportuni ripetuti controlli dell’emocromo.

CarbamazepinaHa una formula chimica che somiglia a quella dell’imipramina ed infatti è anche usata come antipsicotico.Si usa nell’epilessia ma anche in altre patologie come la nevralgia del trigemino.L’emivita iniziale è alta (25-65 ore) ma poi diminuisce perché è in grado di indurre gli enzimi deputati al suo metabolismo. Tra essi c’è il CYP3A4 che trasforma il farmaco in un 10,11-epossido-derivato che rappresenta la forma attiva del composto (la carbamazepina è in pratica un pro-farmaco) ma che essendo un composto altamente reattivo può causare epato e neurotossicità.L’enzima epossido idrolasi protegge da questa tossicità ma soprattutto nei bambini piccoli la sua espressione è ridotta.Meccanismo d’azione: blocca soprattutto i canali del sodio. Secondo alcuni aumenta anche la concentrazione di GABA. E’ inoltre in grado di espletare molte altre funzioni ma solo a concentrazioni superiori a quelle terapeutiche.Gli effetti collaterali possibili sono parecchi ma hanno un’incidenza inferiore rispetto a quelli dei barbiturici. Il più temibile di essi è la leucopenia. Sono possibili inoltre: effetti dose dipendenti:

o sedazione;o diplopia (va scarsamente in tolleranza);o disturbi di tipo cognitivo;o elevazione delle transaminasi;o iponatriemia a causa di un effetto ADH-simile sul rene;

effetti dose indipendenti:o nausea;o vomito;o teratogenesi;o alterazioni facciali;

idiosincrasici:o anemia aplastica;o insufficienza epatica;o raramente s. di Stevens-Johnson.

Il farmaco è di 1^ scelta nel trattamento delle epilessie ma non è efficace nelle forme con assenze. E’ efficace inoltre nei disturbi bipolari, nella nevralgia del trigemino, nel diabete insipido quando vi siano problemi con l’ADH esogeno, nelle sindromi dolorose e nella schizofrenia.

OxcarbazepinaE’ un derivato della carbamazepina. E’ anch’esso un profarmaco ma il suo metabolita attivo è un idrossido e non un epossido. Più o meno sembra funzionare altrettanto bene.Il problema di questo farmaco è l’iponatremia che si riscontra costantemente. Per questo motivo andrebbe considerato un farmaco di seconda scelta da utilizzare nei pazienti con intolleranza alla carbamazepina.

Acido ValproicoE’ attualmente il più usato e blocca tutti i tipi di convulsioni. Funziona anche sulle assenze.Il meccanismo d’azione è assolutamente ignoto. Sicuramente è un inibitore degli enzimi coinvolti nella sintesi e nella degradazione del GABA (GABA transaminasi e succinico semialdeide deidrogenasi) ma espleta questi effetti solo a concentrazioni molto maggiori rispetto a quelle utilizzate in vivo.Anche utilizzando questo farmaco è necessario scalare le dosi.Si lega molto alle proteine. Il metabolismo è epatico e può seguire tre vie:1. 30-50 % coniugato con acido glucuronico;2. 40% ossidato nei mitocondri, essendo esso un acido grasso;3. 15-20% ossidazione microsomiale con ipotizzata produzione di acido valerico, un metabolita tossico specie nei

bambini. Però secondo la letteratura internazionale non sarebbero epatotossici.E’ l’unico che non presenta induzione enzimatica comportandosi casomai come inibitore.

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Gli effetti collaterali più importanti sono due: epatite fulminante e pancreatite. Altri effetti sono assolutamente peculiari del farmaco: es. alopecia, capelli più sottili e arricciati, ovaio policistico…Usi clinici: tutte le forme di epilessia; 1^ scelta nelle psicosi maniaco-depressive a cicli rapidi; indicato nella profilassi dell’emicrania; sta assumendo importanza come antipsicotico.

ClonazepamE’ una benzodiazepina agonista parziale.Le benzodiazepine, pur essendo degli ottimi anticonvulsivanti, non si usano come anti epilettici perché vanno velocemente in tolleranza. Gli agonisti parziali invece, avendo bassa attività intrinseca, non danno tolleranza o lo fanno solo dopo diversi mesi.Gli effetti collaterali sono simili a quelli delle benzodiazepine.Il suo principale uso è il trattamento delle assenze e delle crisi miocloniche nei bambini.

AcetazolamideE’ un inibitore dell’anidrasi carbonica che si usa nel glaucoma e nella profilassi della malattia da altitudine.Esso induce un’acidosi metabolica che tra i suoi vari effetti ha quello di aumentare la soglia convulsivante.Il problema è che presto si manifesta tolleranza.E’ utilizzato nelle forme di “epilessia catameniale”, quelle cioè che si manifestano in concomitanza delle mestruazioni.

Nuovi antiepiletticiIl discorso comune è che questi farmaci da soli non funzionano ma trovano applicazione in associazione con i tradizionali nel caso l’effetto non fosse soddisfacente. Esempi: Gabapentina: ha il vantaggio che l’assorbimento è saturabile e che quindi non dà mai problemi di overdose; Topiramato: utile perché si lega poco alle proteine plasmatiche.

Principi di terapia anti-epilettica

Classificazione 1^ scelta 2^ sceltaParziale semplice/complessa Carbamazepina, Fenitoina Uno dei nuoviTonico-clonica Fenitoina, Ac. Valproico,

CarbamazepinaUno dei nuovi

Assenze Ac. Valproico, Etosuccinide Clonazepam, AcetazolamideMiocloniche massive bilaterali, atoniche

Clonazepam Fenobarbital, Benzodiazepine, Acetazolamide

Spasmo infantile ACTH

bisogna personalizzare la dose perché questi farmaci causano depressione del SNC. E’ inoltre opportuno cominciare con dosi basse (1/3 – 1/4 delle normali) e poi arrivare a regime nel giro di un mese;

all’inizio è opportuno utilizzare un solo farmaco. Se non fa effetto bisogna non sospenderlo per evitare crisi di astinenza ma aggiungere un secondo farmaco ed eventualmente poi ridurre gradualmente il primo;

se si fa politerapia i farmaci usati dovrebbero avere un diverso meccanismo d’azione e diversi effetti collaterali; va tenuto presente che il 60% dei pazienti non sono complianti ed è perciò necessario investire in educazione; i farmaci solitamente devono essere somministrati per tutta la vita. E’ possibile interrompere la terapia se:

o l’EEG è normale e;o non vi sono stati attacchi per 2 o 4 anni a seconda del tipo di epilessia e;o la malattia è insorta tra i 2 e i 35 anni e;o si è ottenuto un completo controllo della malattia a distanza di un anno dall’inizio del trattamento.La sospensione del farmaco deve essere graduale e ciononostante spesso si verifica ansietà e depressione. Il rischio di recidive è già del 25% ad un anno dalla sospensione.In alcuni tipi di epilessia la sospensione del farmaco non è mai raccomandata

Monitoraggio terapeuticoPer i farmaci più vecchi c’è una buona relazione tra concentrazione ematica e liquorale e quindi terapeutica. In tanti soggetti però ciò non succede.Il monitoraggio è comunque indicato per capire quale sia la concentrazione alla quale il soggetto risponde e per capire se il soggetto sia complicante.Quasi tutti i farmaci sono liposolubili e si legano molto alle proteine: la percentuale libera di farmaco è difficilmente calcolabile in laboratorio. Ci sono condizioni in cui vi è un’alterazione del legame proteico (es. ipoalbuminemia) che vanno tenute in forte considerazione.

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Gli appunti della seguente lezione sono stati scritti da Roberto Tommarchi

Caratteristiche farmacocineticheEsiste, specie per i farmaci antiepilettici più vecchi,un alto grado di correlazione tra concentrazione ematica e cerebrale ed effetti terapeutici. Tuttavia sussiste grande variabilità individuale nei parametri farmacocinetici: dosi (mg/kg) individuali variabili. (In alcuni pazienti l'epilessia è controllata con concentrazioni plasmatiche

inferiori alla norma in altri si ha l'opposto); la concentrazione plasmatica non è il punto finale è solo una linea guida. La risposta desiderata è la cessazione

della sintomatologia epilettogena senza effetti collaterali.Vengono tutti somministrati per os (biodisponibilità ottima). L’uso delle preparazioni ritardo è vantaggioso perché le concentrazioni plasmatiche sono meno fluttuanti ed è perciò minore la neurotossicità. La cinetica di eliminazione è lineare (aumentando la dose si incrementa la concentrazione ematica e si ha quindi un aumento dell'attività antiepilettica). Molti farmaci antiepilettici sono altamente legati alle proteine plasmatiche (Fenitoina, Ac. Valproico 90%, Carbamazepina 75%; altri meno, Etosuccimide 10%) per cui è essenziale monitorare la concentrazione libera di farmaco, ciò è ottenibile solo con la dialisi all'equilibrio.Condizioni di alterato legame proteico nei pazienti epilettici possono verificarsi in particolari condizioni: Insufficienza renale cronica; Malattie epatiche; Ipoalbuminemia; Ustioni; Gravidanza; Malnutrizione; Spiazzamento ad opera di altri farmaci; Neonati, anziani.L’emivita è di solito molto lunga (fenobarbitale 48-144 h; valproato 6 h) e questo è un vantaggio terapeutico, per contro si verificano importanti variazioni della stessa sia intraindividuali che interindividuali che aumentano il rischio di accumulo (tale rischio aumenta con l’età).Il metabolismo è epatico ad opera dei microsomi (fenobarbital e etosuccimide parzialmente eliminati immodificati per via renale). Sono auto e etero induttori enzimatici, questo non vale per il valproato.Alcuni producono metaboliti attivi (con più lunga emività del composto progenitore, questo comporta accumulo e neurotosscità). Per esempio:- primidone ------------- fenobarbitale e feniletilmalonamide- carbamazepina. -------- carbamazepina 10,11 epossido (attivo).- trimetadione ---------- dimetadione (lunghissima emivita)- metsuximide ----------- N-desmetilmetsuximide (lunghissima emivita)

Effetti dell'induzione enzimatica di antiepilettici su altri farmaci importanti:Antiepilettico Farmaci il cui metabolismo risulta aumentato (perdita di efficacia)

Carbamazepina Warfarina (rischio di >> INR), Contraccettiviorali (rischio di gravidanze)Fenobarbitale Contraccettivi oraliFenitoina Teofillina, Contraccettivi oraliPrimidone Ciclosporina, Alcuni antidepressivi triciclici,doxiciclina, corticosteroidi anti convulsivanti

Farmaci che inibiscono il metabolismo degli anticonvulsivanti:

Inibitore Anticonvulsivante

Amiodarone FenitoinaCimetidina FenitoinaFluoxetina Fenitoina, CarbamazepinaDiltiazem,Nifedipina FenitoinaCloramfenicolo FenitoinaDisulfiram FenitoinaEritromicina,Claritromicina CarbamazepinaIsoniazide Carbamazepina, Etosuccinimmide, FenitoinaMetronidazolo FenitoinaMiconazolo,Fluconazolo FenitoinaValproato Lamitrigina

FARMACOCINETICA DEI NUOVI FARMACI ANTIEPILETTICI:

FARMACO Vigabatrina Lamotrigina Gabapentina Topiramato Tiagabina

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CLEARANCE RENALE METABOLICA RENALE METABOLICA RENALE

EMIVITA 5-7 h 30 h 6 h 18-23 h 5-8 h

LEGAME ALLEPROTEINE 0 55% 0 15% 96%PLASMATICHE INDUZIONE NESSUNA NESSUNA NESSUNA Moderata NessunaENZIMATICAPOSOLOGIA 2 volte/die 2 volte/die 3 volte/die 2 volte/die 3 volte/die

Tossicità acuta degli antiepilettici: si possono avere degli effetti dose dipendenti come disturbi centrali (stanchezza, nistagmo, atassia, disartria, stato confusionale) disturbi motori e tremore oltre a effetti idiosincrasici come reazioni di ipersensibilità, anemia aplastica e epatite acuta.

Effetti avversi comuni e/o importanti dei farmaci antiepilettici in cronico

Tessuto colpito Farmaco/i resposabili Tipo di disturbo

Cute carbamazepina,fenitoina erruzioni cutanee fenitoina Facles Idantolnlca,irsutlsmo Acido valproico Perdita di capelli

Gengive Acido valproico Ipertrofia

Apparato carbamazepina,fenitoina nausea, vomito, danno epaticogastrointestinale Acido valproico rara pancreatire

Scheletro Barbiturici, fenitoina osteomalacia, ipocalcemia

Apparato Fenitoina, barbituriciCardiovascolare ac valproico ipotensione, anticorpi antinucleo, leucopenia, deplezione di folati, trombocitopenia

Endocrino fenitoina iperglicemia, tiroidite carbamazepina iponatriemia

Respiratorio fenitoina riduzione della capacità di diffusione polmonare

Effetti avversi comuni dei farmaci antiepilettici sul sistema nervoso:Tutti gli antiepilletici causano sedazione. Inoltre posso avere irritabilità ed ipercinesia paradossa, nistagmo, atassia, diplopia, tremore, rallentamento intellettivo, ueuropatia periferica e in caso di sovradosaggio peggioramento della patologia.Effetti avversi sul peso corporeo : valproato, carbamazepina gabapentin e vigabatrin comportano un grave aumento di peso. Topopirameto, felbamato, zonisamide sono associati a perdita di peso. La Fenitoina non comporta effetti del genere.

Epilessia in gravidanza:L'epilessia in gravidanza può determinare un incremento della morbilità e mortalità sia materna che fetale.Tutti gli anticonvulsivanti sono teratogeni (l’incidenza delle malformazioni fetali nei nati da madri epilettiche in trattamento è del 7%, normalmente è del 2%).Tuttavia i benefici (fetali e materni) determinati da un buon controllo dell'epilessia sono preponderanti rispetto al rischio teratogenetico indotto dal farmaco.Importante è fornire una completa ed esauriente spiegazione alla madre (da effettuarsi preferibilmente prima della gravidanza): la maggior parte delle madri epilettiche (>90%) partoriscono bambini normali.Consigliare un aumento della dose standard di acido folico fino alla 12a settimana.E’ opportuno:a) se l'epilessia è ben controllata non cambiare terapia;b) se la terapia comprende farmaci ad alta incidenza di malformazioni consultare lo specialista;c) monitorare la conc. plasmatica (specie se si fa uso di fenitoina);d) considerare che la concentrazione della quota libera cala (dai 10-20 mg/L, nelle non gravide scende a 5-10 mg/L).Ovviamente la dose non deve provocare accessi convulsivi o tossicità.

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Se si è fatto uso di fenitoina durante la gravidanza è opportuno somministrare al neonato della Vit. K (per contrastare l’azione depressiva sulla vit. k del farmaco)L'epilettico può ottenere la patente di guida B, purchè sia libero dalle crisi da almeno due anni (anche se in trattamento farmacologico continuativo).Vi sono delle terapie non farmacologiche basate su diete ricche di grassi con introito di liquidi controllato.In determinate condizioni estreme è indicato l'intervento chirurgico, quando la patologia è poco trattrabile.

Stato epilettico Definizione pratica: situazione in cui le convulsioni devono essere trattate farmacologicamente; tipicamente quando si protraggono per oltre 5 minLo stato epilettico è un'emergenza poiché provoca alterazioni a carico del sistema cardiocircolatorio, ipertermia e alterazioni metaboliche che possono determinare alterazioni neuronali irreversibili. (nei pazienti curarizzati le convulsioni possono essere ancora presenti e monitorizzabili con EEG)Eziologia: sospensione terapia anticomiziale noncompliance terapeutica alterazioni metaboliche tossicità da farmaci . infezioni SNC . tumori SNC traumi cranici

Terapia assicurare pervietà delle vie aeree, somministrare alti flussi di ossigeno, posizionare il paziente in posizione

laterale; risolvere problemi cardiorespiratori; intraprendere al più presto una terapia anticonvulsivante; effettuare un rapido esame neurologico; mandare un campione di sangue in laboratorio (per anticonvulsivanti, alcol, glicemia, calcio, elettroliti); correggere ipertermia (se presente); se ipoglicemia, infondere destrosio (50%); se elevata alcolemia infondere Vit B e C.Somministare Lorazepam e successivamente fenitoina, se la sintomatologia persiste passare al fenobarbitale.

Parkinson

Funzionamento dei gangli della base

Caudato e Putamen (corpo striato):o 90-95 % delle fibre afferenti sono corticali;o altre fibre provengono dalla corteccia frontale e dal sistema limbico (implicate nell’elaborazione del pensiero);o sono connessi reciprocamente con la sostanza nigra;o le fibre efferenti sono dirette al globus pallido.Il corpo striato si divide in due porzioni: la matrice e gli striosomi, delle porzioni ben limitate nel contesto della matrice.Il 90-95% dei neuroni del corpo striato sono neuroni inibitori (GABAergici) noti come “neuroni di proiezione a medie spine”. Essi si trovano nella matrice e insieme ad essi vi sono degli interneuroni colinergici detti “cellule giganti prive di spine”. I neuroni a medie spine ricevono afferenze glutamaergiche (eccitatorie) corticali, esprimono il recettore D2 (di tipo inibitorio) e contraggono sinapsi con la porzione esterna del globo pallido entrando a far parte della via indiretta del sistema extrapiramidale.Negli striosomi vi sono altri neuroni GABAergici che ricevono anch’essi afferenze glutamaergiche corticali ma che esprimono il recettore per la dopamina di tipo D1 (eccitatorio) e contraggono sinapsi con la porzione interna del globo pallido entrando a far parte della via diretta;

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Substantia nigra: può essere divisa in pars reticolare e pars compatta. Quest’ultima riceve afferenze dallo striato e manda le proprie efferenze dopaminergiche allo striato stesso agendo sui recettori D1 e D2. Riveste un ruolo critico nel controllo dei movimenti;

Globus pallido: o Parte esterna: riceve fibre dai neuroni a medie spine della matrice dello striato e invia efferenze inibitorie al

nucleo subtalamico (via indiretta) il quale a sua volta invia efferenze glutamaergiche al globo pallido interno;o Parte interna: riceve fibre dai neuroni degli striosomi e invia efferenze inibitorie al talamo motorio.

Via diretta:Corteccia --) + Striosomi --) – Globus pallido interno --) – Talamo motorio --) + Corteccia (+ * - * - * + = +)La via diretta promuove i movimenti sia volontari che involontari.Via indiretta:Corteccia --) + Matrice dello striato --) – Globus pallido esterno --) – Nucleo subtalamico --) + Globus pallido interno --) – Talamo motorio --) + Corteccia (+ * - * - * + * - * + = -).La via indiretta sopprime i movimenti.Solo quando le due vie sono in un appropriato bilanciamento è possibile eseguire correttamente un adeguato comportamento motorio.Oltre alle due vie sostanza negra e interneuroni colinergici provvedono ad una più fine regolazione.

Malattie dei nuclei della base Emiballismo: il nucleo subtalamico viene colpito da necrosi ischemica. A causa del deficit della via indiretta si

verifica un’attività motoria eccessiva incontrollata; Corea di Huntington: vengono colpite le cellule della matrice. Di nuovo vi è un deficit della via indiretta; Parkinson: si verifica una distruzione della pars compacta della sostanza negra. Poiché manca l’azione della

dopamina sui recettori eccitatori della via diretta vi è un eccesso della via indiretta ed i movimenti fanno molta fatica a passare.Il Parkinson colpisce circa l’1% della popolazione con una predilezione per il sesso maschile. Negli ultimi tempi sta prendendo piede l’ipotesi di una predisposizione genetica. Sintomatologia:o Bradicinesia;o Rigidità muscolare;o Tremori a riposo (in questo caso si fa a sentire la mancanza del feedback sulla via indiretta);o Amimia facciale;o Anomalie posturali e dell’andatura;o Danneggiamento del linguaggio e della scrittura.Se non interviene alcun trattamento la morte sopraggiunge per complicanze correlate all’immobilità (polmoniti, edemi, disfagia…).Disturbi associati:o Depressione;o Mancanza di concentrazione;o Perdita della concezione del tempo;o Tendenza alla perseverazione;o Rallentamento del pensiero specie nelle fasi tardive.Il Parkinsonismo può essere di due tipi:o Tipo degenerativo: la 1^ causa è il morbo di Parkinson;o Tipo non degenerativo: antipsicotici, tumori, virus (post-encefalite).Istologicamente il Parkinson è caratterizzato dal riscontro, a livello dei nuclei della base, dei corpi di Lewy ricchi di una proteina detta α-sinucleina: essa frenerebbe il rilascio della dopamina. Quando è iperespressa il rilascio del neurotrasmettitore risulta particolarmente deficitario.Altre caratteristiche istologiche:o Perdita > 60% dei neuroni dopaminergici (dopo 25-30 anni dall’inizio della degenerazione);o Astrogliosi riparativa;o Sequestro intragliale di ferro di cui erano ricchi i neuroni della sostanza nigra;o Insufficienza mitocondriale specie nei neuroni che ancora funzionano. In particolare è carente il complesso 1

della catena respiratoria.Dal punto di vista biochimico sembra che le lesioni del Parkinson siano dovute ad un aumento dello stress ossidatico verso la sostanza negra che è poco attrezzata a fronteggiarlo essendo ricca di ferro, possedendo pochi enzimi “scavenger” e essendo ricca di lipidi.Per quanto riguarda il ferro: quando la dopamina è trasformata in DOPAC ad opera della MAOB (la quale a sua volta è trasformata dall’enzima COMT in acido omovanilico) viene prodotta anche una molecola di H2O2 la quale può essere ridotta ad acqua dal glutatione o scissa in acqua e ossigeno dalla catalasi oppure, sfruttando l’effetto catalitico del ferro, essere trasformata nei radicali OH-e OH* (specie nei pazienti con un deficit del 1° complesso della catena respiratoria).

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Farmaci anti-ParkinsonI farmaci per il trattamento del Parkinson appartengono alle seguenti categorie: Agonisti dopaminergici ergolinici o non ergolinici; Preparazioni a base di Levodopa; Inibitori della COMT; Inibitori della MAOB; Altri: antagonisti del recettore per il glutammato NMDA, anticolinergici. LevodopaSomministrare dopamina è infruttuoso perché non attraversa la barriera ematoencefalica. Inoltre la dopamina avrebbe troppi effetti collaterali sistemici. La Levodopa invece sfrutta il carrier degli L-aminoacidi. Anch’essa da sola sarebbe decarbossilata per il 95% in periferia e se fosse somministrata da sola avrebbe gli stessi effetti collaterali della dopamina pura. Per evitare che ciò avvenga ad essa si associano inibitori della decarbossilasi come il Larbidopa e il Benserazide che non sono in grado di attraversare la barriera ematoencefalica e che perciò agiscono solo a livello periferico.Quando si somministra la Levodopa a livello dello striato aumenta discretamente la concentrazione della dopamina ma la degradazione di quest’ultima da parte della MAOB aumenta lo stress ossidativo e accellera il decorso della malattia.Presenta inoltre due problemi: Dopo un certo periodo (“honey moon”) si manifestano problemi dovuti alla reazione dei recettori post-sinaptici

all’eccesso di dopamina; Stimolazione dei recettori per le catecolamine.Per la somministrazione è necessario cominciare con 75-100 mg/die e poi aumentare gradualmente la dose in funzione della risposta clinica/tollerenza ma mai oltre i 700 mg.Farmacocinetica: la concentrazione picco si ottiene dopo 1-2 ore ma l’effetto dura 7 ore. Una dieta carnea o uno svuotamento intestinale troppo rapido possono ridurre l’assorbimento.Risposta clinica: 75% dei pazienti rispondono al Levodopa; 50% manifestano riduzione della sintomatologia ed in particolare:

o bradicinesia/rigidità: risposta molto buona;o tremore: risposta variabile;o stabilità posturale: risposta variabile;o processi mentali: peggioramento per stimolazione dei recettori D2 con manifestazioni che possono essere

simili alla schizofrenia.La piridossina è un cofattore dell’enzima COMT. Quando si introducono cibi contenenti piridossina si stimola la trasformazione del levodopa in 3-O-metil-L-Dopa che non ha azione farmacologica ma che compete col Levodopa per il trasportatore degli L-aminoacidi. Sono però disponibili inibitori della COMT.Effetti collaterali: nausea e vomito molto importanti all’inizio ma che poi vanno velocemente in tolleranza. Si utilizza il

Domperidone; ipotensione posturale per formazione periferica di dopamina: l’effetto scompare velocemente; aritmie cardiache; alterazioni endocrine con notevole aumento della libido nei maschi. Ciò è dovuto all’aumento della produzione di

prolattina; effetti psicogeni simil-schizofrenia. Il farmaco più utile è la Tioridazina, un anti psicotico (fenotiazina piperidinica)

che ha un ottimo effetto bloccante il recettore colinergico oltre naturalmente al recettore D2; disturbi motori legati alla imprevedibile risposta del recettore post-sinaptico ad un eccesso di dopamina:

o deterioramente di fine dose: basta accorciare l’intervallo di dosaggio? No, perché il problema non è farmacocinetico ma farmacodinamico;

o inizio di risposta ritardato;o resistenza o mancata risposta;o discinesie di picco;o discinesia difasica: all’inizio ipomobilità, poi ipermotilità;o distonia;o mioclono;o acatisia (incapacità a star fermi).

Controindicazioni: ipersensibilità al farmaco; glaucoma ad angolo stretto; diagnosi di melanoma perché la melanina deriva dalla dopamina; depressione/psicosi; aritmie.

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In sostanza la Levodopa è un farmaco che ha grossi meriti ma che dovrebbe essere riservato solo alle reali utilità: anche se alla fine prima o poi sarà indicato per tutti i malati all’inizio è meglio scegliere altri farmaci.

Agonisti dopaminergiciRispetto al Levodopa: hanno un’azione farmacologica diretta, non richiedono conversione metabolica; hanno maggiore affinità per certi sottotipi recettoriali anche se con la percentuale che si utilizza in vivo in pratica

sono interessati tutti i recettori; non competono con gli L-aminoacidi, danno minori problemi farmacocinetici; non generano ROS e non inducono stress ossidativo; anzi possiedono proprietà neuroprotettive e riducono la

perdita senile di neuroni dopaminergici.Agonisti ergolinici: sono ricavati dalla segale cornuta: Bromocriptina: ha ormai un’importanza storica. Si usa nel trattamento dell’iperprolattinemia e dell’acromegalia

(ma solo come 3^ scelta). Ha effetti collaterali dovuti a stimolazione periferica o centrale dei recettori dopaminergici: ipotensione, aumento della libido, disturbi gastrointestinali e centrali;

Lisuride: impiegata nel Parkinson, soprattutto nei casi gravi che non rispondono alla Levodopa. Inoltre è utilizzata nella emicrania e nelle cefalee. Effetti collaterali: sono gli stessi di cui si è già detto a proposito della Bromocriptina. In aggiunta, a causa di una stimolazione α adrenergica, questi farmaci possono indurre ischemia periferica o addirittura gangrena;

Pergolide: anche questo si usa soprattutto nell’iperprolattinemia e nell’acromegalia.Agonisti non ergolinici: Apomorfina: pur essendo un derivato della morfina non ne condivide gli effetti. Ha una potentissima attività

emetica tanto che si usa per indurre il vomito. Nei soggetti con Parkinson l’effetto emetico non si palesa: l’apomorfina è invece il più importante agonista dopaminergico tra quelli in commercio.Viene utilizzato in infusione sottocutanea continua perché l’assorbimento per OS è scarso e variabile anche all’interno dello stesso paziente. Effetti collaterali: a parte quelli dovuti alla stimolazione dei recettori dopaminergici la somministrazione sottocute determina la comparsa di noduli rossi dolorosi che vanno rimossi chirurgicamente. E’ il vero problema di questo farmaco, per il resto controlla la malattia meglio del Levodopa;

Ropinirolo: è il farmaco che all’estero viene usato come 1° farmaco post-diagnosi. E’ abbastanza selettivo per il recettore D2. Si parte con basse dosi salvo poi salire fino ad un massimo di 24 mg/die.Oltre ai soliti effetti collaterali il farmaco può causare sonnolenza o meglio attacchi di sonno improvviso;

Pramipexolo: maggiore affinità per i recettori D3 rispetto ai D2.Possiede un’azione antidepressiva e antipsicotica e questo, unitamente alle proprietà neuroprotettive, ne promuove il suo utilizzo. Tuttavia, oltre ai soliti effetti collaterali, il farmaco aggrava la discinesia e per questo motivo non ha assunto un posto determinato nella storia della malattia. Da anni si usa come adiuvante al levodopa.

Inibitori delle COMTInibire le COMT serve per ridurre la produzione a livello periferico di 3-ortometil-DOPA che compete per il trasportatore del levodopa. Entacapone: inibitore irreversibile delle COMT. Di per sé non esplica nessun effetto sul Parkinson ma va associato

al Levodopa. Si impiega nello stadio molto avanzato della malattia ma non sembra avere un effetto potente. Ha una scarsa biodisponibilità ma una durata d’azione superiore al Levodopa. L’effetto collaterale principale è la decolorazione dell’urina, per il resto nulla di significativo;

Talcapone: superiore al precedente ma non più in commercio in Italia (in commercio negli USA) perché può causare epatite fulminante fatale. A differenza dell’Entacapone il Talcapone penetra la barriera ematoencefalica.

Inibitori MAO-B Selegilina (L-Deprenile): è un inibitore irreversibile della MAO-B ed ha come effetto quello di aumentare l’emivita

della dopamina e di ridurre la produzione di radicali liberi. Ha qualche effetto anche sulle depressione perché possiede un’azione anche sulla MAO-A. Lo stereoisomero L puro funziona molto meglio del racene.Il metabolismo epatico produce metaboliti come l’amfetamina.Funziona abbastanza bene e permette di guadagnare circa 5 anni prima di dover intraprendere la terapia con Levodopa. Si può inoltre somministrare in associazione. Gli effetti collaterali sono quelli tipici conseguenti all’aumento dei livelli di serotonina;

Rosagilina: struttura e azione simile alla Selegilina ma non dà come metabolita l’amfetamina.

Altri farmaci Anticolinergici: nello striato sono presenti neuroni colinergici (muscarinici) intrinseci. Il rilascio di acetilcolina è

potentemente inibito dalla dopamina e l’attivazione dei recettori muscarinici produce un effetto opposto a quello della dopamina. Impiego:o Parkinson idiopatico per ridurre il tremore ma meno per contrastare gli altri sintomi;o sono i farmaci di 1^ scelta per il parkinsonismo indotto da antipsicotici.Farmaci utilizzati:

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o Benztropina: è un derivato liposolubile (oltrepassa la barriera EE) dell’atropina. Inoltre ha anche caratteristiche anti-istaminiche. Gli effetti collaterali sono quelli tipici di un blocco colinergico;

o Orfenadrina cloridrato: analogo della difenidrina, un anti-istaminergico, non possiede una forte attività anti-istaminergica bensì anti-muscarinica. Inoltre non induce sedazione ma stimolazione del SNC;

Antagonisti dell’NMDA: o Amantadina: è un antivirale ma per caso si è scoperto che aumenta il rilascio di dopamina. Inibisce anche

l’NMDA nonostante il suo effetto farmacologico maggiore sia quello sulla dopamina. E’ somministrato all’inizio della malattia perché è necessario che i neuroni presinaptici siano ancora in grado di produrre dopamina.

Nuovi approcci Scavenger di radicali; Fumo di sigaretta: sembra funzioni per azione sui recettori nicotinici striatali; Trapianti; Cellule staminali…

OppiodiL’oppio è un lattice bianco raccolto per incisione delle capsule mature del “Papaver Sonniferum” (20-50 mg/capsula).Dentro l’oppio ci sono circa 20 alcaloidi tra cui: Fenantrenici: morfina, codeina…. analgesici, tossicomanigeni; Benzilisochinolinici: papaverina. E’ un vasodilatatore eccezionale.L’eroina è un derivato maggiormente liposolubile della morfina che penetra nel SNC dove poi è trasformata in morfina.Tutte le sostanze che agiscono sui recettori degli oppiodi danno tossicodipendenza tanto più quanto più sono analgesiche.I composti attivi sono L-stereoisomeri.Sempre da un derivato si è riusciti a produrre anche un antagonista, il Naloxone (nome commerciale Narcan).

ClassificazioneCon il nome di oppiodi si intendono tutte le sostanze naturali, sintetiche o semisintetiche che esercitano effetti morfinosimili.I farmaci interagiscono con i recettori di peptidi endogeni oppioidi (encefaline, endorfine, dimorfine, endomorfine) distribuiti sia nel SNC che in sede periferica. Ci sono tre tipi di recettori principali μ, κ e δ ognuno con sottotipi.Il recettore μ è di tipo metabotropico, collegato ad una proteina G i la quale determina attivazione dei canali per il K+

(attraverso la subunità βγ) e conseguentemente iperpolarizzazione. Analogamente vengono inibiti i canali del calcio voltaggio-dipendenti soprattutto a livello presinaptico: ciò causa una riduzione nel rilascio dei neurotrasmettitori. Infine la subunità α inibisce l’adenilato ciclasi.Effetti dei recettori: Analgesia spinale: μ; Analgesia sopraspinale: κ; Inibizione del nucleo della tosse, ipotensione ortostatica per azione sui nuclei ipotalamici, inibizione della

secrezione gastrica: μ; Importante depressione respiratoria per azione sulla sostanza reticolare ponto-bulbare: μ; Nausea e vomito per azione sull’area postrema: μ e δ; Miosi: μ e δ; Comportamtento, affettività e memoria per azione sulla corteccia, sul talamo mediale e sul nucleo accumbens: κ, μ

e δ.

Oppioidi endogeniSono dotati di alcune proprietà farmacologiche della morfina.Derivano da grossi precursori sui quali agiscono delle endopeptidasi le quali determinano la produzione dei prodotti attivi.L’endorfina viene liberata ogni volta che viene secreta una molecola di ACTH. E’ molto importante nella regolazione delle azioni immunitarie.La distribuzione di queste molecole è molto diversa: le encefaline e le dimorfine sono largamente distribuite, le endorfine sono presenti solo nell’ipofisi ed hanno una distribuzione limitata. Le endomorfine sono gli ultimi peptidi scoperti ed hanno notevole affinità per il recettore μ. Non si sa quale sia di preciso il loro scopo biologico.La nocicettina o orfanina è un peptide di 17 aminoacidi simile alla dimorfina che ha bassa affinità per i recettori degli oppioidi anche se l’azione in seguito all’interazione col suo recettore è simile a quella prodotta dagli oppiodi.Il precursore della nocicettina contiene anche la nocistatina che modula in maniera complessa la percezione del dolore: blocca l’analgesia indotta da oppiodi ma causa intensa ansiolisi. In generale sembra essere un agonista minore degli oppiodi.

Classificazione degli oppioidi

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Classe Prototipo CaratteristicheAgonista totale Morfina No effetto ceilingAgonista parziale Biprenorfina Effetto ceiling Agonista/antagonista Pentazocina Agonista su un recettore, antagonista

su un altro. Effetto ceiling.Antagonista Naloxone

L’assenza dell’effetto ceiling, cioè dell’esistenza di una dose che evoca una risposta massima, è una caratteristica peculiare degli agonisti totali dei recettori μ come la morfina. Difatti non esiste una dose efficace 100% ma più se ne somministra maggiore è l’effetto finchè ad un certo punto compare la depressione respiratoria.La codeina è una sostanza che deve essere biotrasformata in morfina e solo successivamente supera la barriera ematoencefalica. Anche questo farmaco non ha un effetto ceiling ma ciò non è di importanza rilevante perché la percentuale di farmaco che supera la barriera EE è modesta.Bisogna inoltre sottolineare che gli agonisti del recettore μ non sono tutti uguali perché sono svariati i tipi di proteine G che possono ad esso essere accoppiate e solo l’eroina è in grado di reclutarle tutte.L’uso degli agonisti parziali può essere rischioso: essi hanno un effetto massimo che ad un certo punto può non essere più sufficiente. Tuttavia, poiché hanno un’affinità per il recettore superiore agli agonisti totali, prima che si possa passare a questi ultimi è necessario aspettare la completa eliminazione degli agonisti parziali (che peraltro hanno emivita lunga).

Caratteristiche farmacocinetiche

Assorbimento: gli oppioidi possono essere somministrati per via orale o parenterale. Alcuni hanno una bassa biodisponibilità per Os per un notevole effetto di primo passaggio (morfina 20-40 %) mentre altri, come il metadone, hanno un’ottima biodisponibilità. Generalmente sono ben assorbiti per via sottocutanea. Esistono nuovi preparati per somministrazione transmucosa e transdermica (fentanil, buprenorfina);

Distribuzione: il legame proteico è variabile e dipende dalla liposolubilità della molecola. I muscoli scheletrici rappresentano il più importante compartimento di riserva anche se i più liposolubili (es. fentanil) si concentrano nel tessuto adiposo.La morfina penetra modestamente la barriera ematoencefalica mentre altri farmaci come l’ossicodone sono più permeabili.Gli oppiodi utilizzati in analgesia ostetrica attraversano facilmente la placenta e la barriera ematoencefalica immatura del nascituro potendo causare depressione respiratoria.La glicoproteina P è il trasportatore che provvede al wash-out degli oppiodi dalle cellule. Non agisce sulla morfina-6-glucoronide, il metabolita attivo della morfina che è quello che esercita l’azione analgesica (la morfina è quindi in realtà un profarmaco);

Biotrasformazione: o gli oppioidi con un gruppo –OH, come la morfina, sono preferenzialmente coniugati con acido glucuronico. In

teoria in questa forma non dovrebbero penetrare la barriera EE ma, visto che la morfina-6-glucoronide è in realtà il metabolita attivo della morfina, è evidente l’esistenza di un trasportatore specifico;

o gli oppioidi con un legame estereo come l’eroina sono idrolizzati dalle esterasi tessutali;o gli oppioidi biotrasformati a metaboliti attivi inducono analgesia prolungata in pazienti con insufficienza

renale.Effetto della biotrasformazione di comuni farmaci oppioidi:o morfina ---) morfina-6-glucoronide (attività superiore);o codeina ---) morfina (attività superiore);o ossicodone ---) metabolita con attività superiore;o Fentanil ---) metabolita inattivo;o Meperidone ---) metabolita inattivo, anzi neurotossico.

Aspetti farmacodinamici Analgesia: gli oppioidi causano analgesia non solo alterando la sensazione del dolore ma anche la risposta emotiva

al dolore. In particolare:o alzano la soglia di attivazione dei nocicettori periferici;o agiscono sul “gate-control” a livello delle corna dorsali del midollo;o attivazione di vie discendenti inibitorie che contribuiscono al gate control;o importante azione a livello centrale.

Sedazione: oltre all’analgesia un altro importante effetto degli oppioidi riguarda la sedazione. In realtà la morfina causa solo sonnolenza ma se si associa un sedativo-ipnotico si ottiene un sonno prolungato e profondo.La sedazione è maggiore con i derivati naturali mentre è minore con gli agenti sintetici.Gli oppioidi causano generalmente ansiolisi e sensazione di benessere. Nei soggetti sani però la prima assunzione di oppioidi è spesso caratterizzata da disforia (i soggetti stanno male forse a causa dell’iperespressione dei recettori κ);

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Soprattutto con l’eroina endovena può comparire un rash; Depressione respiratoria: tutti gli oppioidi inducono depressione di centri respiratori del midollo allungato e ciò

determina una riduzione della risposta alla CO2. La risposta è dose dipendente e largamente influenzata da imput sensoriali (“bisogna ricordare ai soggetti colpiti di respirare”). Non è corretto invece somministrare ossigeno pena una ancor maggiore depressione respiratoria;

Depressione della tosse: è efficace soprattutto la codeina che è poco analgesica e tossicomanigena. L’azione “bechica” però si associa ad accumulo delle eventuali secrezioni endobronchiali;

Miosi: è uno dei segni caratteristici della somministrazione del farmaco. E’ l’effetto che va meno facilmente in tolleranza ed è dovuto ad azione sul nucleo di Edinger-Westfal.Di solito la miosi correla con la depressione respiratoria e se compare la midriasi vuol dire che ormai il paziente è deceduto;

Nausea e vomito dovuti a:o stimolazione dei chemocettori del midollo allungato;o effetto vestibolare;o effetto a livello gastrico.

Effetti gastrointestinali:o costipazione;o stomaco: diminuzione della motilità e aumento del tono della muscolatura liscia per cui lo stomaco si

irrigidisce. Aumenta anche il tono sfinteriale, specie a livello del piloro (con nausea e vomito);o piccolo intestino: aumento del tono sia della muscolatura longitudinale che di quella circolare: prevale però

l’azione su quest’ultimo tipo di muscolatura e ciò determina mancata progressione del bolo. Addirittura vi possono essere spasmi;

o grosso intestino: onde propulsorie peristaltiche diminuite, aumenta il riassorbimento;o tratto biliare: aumento della contrattura colica. Vi può essere spasmo dello sfintere di Oddi con addirittura

possibilità di pancreatite da reflusso; Effetti genito-urinari: funzione renale depressa per diminuzione del flusso ematico renale, aumento del rilascio di

ADH e aumento del tono ureterale; Effetti sul sistema endocrino: gli oppioidi promuovono il rilascio di ADH e prolattina e inibiscono la secrezione di

LH; Effetti cutanei: conseguenti all’aumento del rilascio di istamina, comprendono la comparsa di arrossamenti cutanei,

sudorazione e prurito; Azione sul sistema immunitario: riduzione della chemiotassi e produzione di anticorpi.

IndicazioniL’OMS da 20 anni è molto sensibile al trattamento del dolore. Ha infatti creato una scala a tre gradini ad ognuno dei quali è associato un trattamento diverso:1. FANS + adiuvanti (sedativi, triciclici che sono molto efficaci specie nel dolore neuropatico a dosi più basse rispetto

a quelle necessarie per l’azione antidepressiva…);2. oppioidi a moderata efficacia (es. codeina) + adiuvanti;3. oppioidi ad alta efficacia (es. morfina, meperidina, ossicodone, fentanile) + adiuvanti.Gli agonisti-antagonisti non si usano quasi più così come gli agonisti parziali.Per quanto riguarda la modalità di somministrazione è raccomandata: la somministrazione per OS quando possibile; a tempi prefissati, non al bisogno, per mantenere costanti i livelli plasmatici del farmaco e prevenire così le recidive

dolorifiche; somministrazione di dosi supplementari (rescue doses) in caso di necessità.Gli oppioidi funzionano molto bene sul dolore acuto e cronico specie se gravativo e continuo. Sono meno efficaci se il dolore è associato ad un danno tessutale/infiammatorio ed in certi tipi di dolore neoplastico (metastasi ossee).L’efficacia è erratica nel dolore neuropatico.Non esiste in senso assoluto una concentrazone plasmatica efficace ma per un singolo paziente vi è una buona correlazione tra concentrazione plasmatica e intensità dell’effetto analgesico. Da un po’ di anni esiste un sistema per cui il paziente è istruito a premere il pulsante quando sente dolore: si è visto che con l’autosomministrazione la quantità di oppioide che si impiega è molto più bassa e l’analgesia è equivalentemente efficace.La dose appropriata è la quantità di oppioide che controlla il dolore con minori effetti collaterali: si va per tentativi.Comuni effetti collaterali: sedazione: scompare entro alcuni giorni; depressione respiratoria: molto raramente si ottiene nei pazienti che li assumono per il dolore. La paura è

ingiustificata; modificazioni dell’umore e dei processi di gratificazione; nausea e vomito: effetto comune e che va poco in tolleranza; costipazione: presente nella quasi totalità dei pazienti. E’ utile l’impiego profilattico di lassativi; bocca secca: è spesso il più fastidioso tra gli effetti collaterali;

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edema polmonare non cardiogeno: si è sempre osservato nei tossicodipendenti e si pensava fosse un problema di “taglio”. In realtà poi si è osservato anche nei pazienti in cui si usano oppioidi per OS ma non si capisce il perché;

mioclono/convulsioni; delirio/allucinazioni.

Caratteristiche degli oppioidi Morfina: è il prototipo degli agonisti, è anche disponibile per OS in preparati a lento rilascio; Metadone: è un farmaco che viene somministrato per OS ed ha una buona biodisponibilità orale (90%). Ha

un’emivita protratta (10-80 ore): questo è un problema nel trattamento delle tossicodipendenze. Il metadone è somministrato una volta al giorno perché nei tossicodipendenti il metabolismo è fortemente indotto e l’emivita è solo di 24 ore. Nei malati cronici l’induzione enzimatica non è così considerevole e l’emivita è lunga e variabile da individuo a individuo: è difficile gestire le dosi perché si rischia l’accumulo o l’overdose da una parte e l’inefficacia terapeutica dall’altra. Le proprietà analgesiche sono simili a quelle della morfina. Ha un’elevata lipofilicità, si lega molto alle proteine e può accumularsi nei tessuti;

Fentanile: è il farmaco che utilizzano gli anestesisti. E’ molto liposolubile con una durata d’azione di 30 minuti e circa 1000 volte più potente della morfina. Grazie alla sua liposolubilità si è potuto fabbricare un cerotto transdermico. Esso è una buona arma ma da utilizzare solo in fase terminale perché altrimenti si rischia lo sviluppo di tolleranza contro la quale non ci sarebbe più rimedio. Inoltre è molto costoso.E’ disponibile da circa 8-9 mesi una preparazione per somministrazione sublinguale che si utilizza per il “breakthrough pain” cioè per il dolore che si esarceba coi movimenti;

Ossicodone: è un’altra alternativa alla morfina. E’ somministrato per OS in una preparazione che ha la caratteristica di rilasciare il 40% della dose subito come attacco ed il resto più lentamente;

Buprenorfina: è un agonista parziale. Poiché possiede maggiore affinità della morfina se si deve passare ad agonisti totali bisogna aspettare due giorni. In pazienti in cui si utilizza dopo un precedente trattamento con agonisti totali può provocare una crisi di astinenza. Il Naloxone non funziona come antagonista.

Tolleranza e dipendenzaNon tutti gli effetti degli oppiodi vanno in tolleranza allo stesso modo: l’effetto analgesico presenta un’elevata tolleranza mentre la tolleranza per la miosi è limitata. Per dipendenza fisica si intende un complesso sindromico che si manifesta quando l’assunzione viene interrotta (sindrome da astinenza). E’ dovuta al fatto che dopo alcune somministrazioni la capacità di inibire la sintesi di cAMP va diminuendo e tra una somministrazione e l’altra la concentrazione di cAMP aumenta notevolmente e l’attivazione della pKA determina tutta una serie di effetti che sono alla base della astinenza.

FANS

Richiami di biochimicaEsistono due forme di fosfolipasi A: secretoria: a basso PM, viene rilasciata nei fluidi extracellulari in risposta a stimoli infiammatori. L’acido

arachidonico liberato dall’azione di questo enzima è utilizzato prevalentemente dalla COX1 (costitutiva); citosolica: la trascrizione è mediata da stimoli infiammatori e l’acido arachidonico è utilizzato dalla COX2

(inducibile).Oltre alla A anche altre fosfolipasi possono formare acido arachidonico ma solo mediante vie che implicano il coinvolgimento di almeno due fosfolipasi.Stimoli che determinano l’attivazione delle fosfolipasi: stimoli fisiologici: istamina, bradichinina, vasopressina, Il-1, C5a; stimoli fisici: ogni volta che aumenta la concentrazione di calcio intracellulare oppure per danno cellulare o

ischemia; agenti farmacologici: sostanze che attivano la PKC o l’acido arachidonico stesso.L’acido arachidonico può essere metabolizzato da: PGH sintasi: prostaglandine e trombossani (idroecosatetranoidi METE); Lipossigenasi (ne esistono tre tipi nell’uomo): leucotrieni (idroperossiecosotetranoidi MPETE); CYP: METE; Radicali liberi: ISO-METE La PGH sintetasi (ciclossigenasi) possiede due attività enzimatiche: cicloossigenasi e perossidasi. Ne esistono due forme: COX1, che modula funzioni locali e COX2 implicata nell’infiammazione e la cui espressione è indotta da vari stimoli (citochine infiammatorie, ormoni come LH, disturbi idroelettrolitici come l’iponatremia, l’ipossia cerebrale) e inibita dai glucocorticoidi. COX2 è costituitiva nel SNC, nei testicoli, nelle cellule dell’epitelio tracheale e nel rene.L’azione della cicloossigenasi trasforma l’acido arachidonico nella PGG2, un composto instabile che avrebbe un’emivita breve se non intervenisse l’attività perossidasica che trasforma la PGG2 in PGH2 (la quale non ha di per sé nessuna attività).I FANS sono in grado di bloccare l’attività ciclossigenasica mentre non agiscono su quella perossidasica. A seconda del tessuto ulteriori enzimi trasformano la PGH2:

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nelle piastrine (meno nel rene e nel polmone) in trombossano A2 che è in grado di determinare aggregazione e degranulazione piastrinica. E’ idrolizzato a trombossano B2, inattivo e eliminato con le urine;

soprattutto nella corteccia renale e nell’endotelio in PGI2 (prostaciclina). Essa induce vasodilatazione e inibisce l’aggregazione piastrinica;

nei monociti, a livello renale e gastrico in PGE2; a livello soprattutto dell’utero gravidico la PGH2 è trasformata dalla PGE2 reduttasi in PGF2. Essa aumenta il tono

di tutta la muscolatura liscia; sempre a livello uterino e gastrointestinale in PGD2 che determina il rilasciamento della muscolatura.

Usi terapeutici delle prostaglandine di sintesiEsistono analoghi delle prostaglandine con maggiore emivita. A livello ginecologico e ostetrico si usa il dinoprostone (analogo della PGF2) per interrompere la gravidanza e per indurre il travaglio.Nell’emorragia post-partum, se non vi è risposta all’ossitocina, si utilizza il carboprost.Il misoprostol (analogo stabile di PGE2) può essere utilizzato nella prevenzione della formazione di ulcere gastriche e duodenali. A livello cardiovascolare la chiusura del dotto di Botallo è inibita dalle prostaglandine. Nei bambini con difetti cardiaci congeniti può essere necessario che il dotto rimanga aperto in attesa dell’intervento: per questo motivo si utilizza l’alprostadil (PGE1).

Classificazione chimica dei FANS Salicilati: es. aspirina, sulfasalazina, alsalazina. Sono leggermente più selettivi per le COX1 rispetto alle COX2.

Mentre gli ultimi due sono inibitori reversibili, l’aspirina è un inibitore irreversibile e ciò ne permette l’utilizzo come antiaggregante;

Derivati pirazolici: inibiscono le COX1; Derivati del p-aminofenolo: es. paracetamolo. E’ un inibitore della COX3 e debolmente della COX1 ma comunque

i loro principali bersagli non sono rappresentati dalle COX; Indolici ed indenici acetilati: es. indometacina, sulindac, etodolac. Sono inibitori non selettivi di COX1 e COX2.

L’etodolac ha maggiore affinità per la COX2; Etanil-acetilati: es. diclofenac (Voltaren). Non sono selettivi; Arilpropioni: es. ibuprofene, naproxene, chetoprofene. Sono inibitori non selettivi delle COX; Derivati dell’ac.butirrico: indobufene. E’ poco utilizzato da noi; Fenazonici: es. oxicam, piroxicam, mebxicam. Sono inibitori preferenziali delle COX2; Derivati delle sulfoniluree: nimesulide. Deboli inibitori delle COX2.

Caratteristiche comuni dei FANS Si accumulano in milza, midollo osseo e distretti a basso pH come i tessuti infiammatori, lo stomaco e i tubuli

collettori del nefrone; Possibili meccanismi di inibizione delle COX:

o Inibizione rapida, reversibile e competitiva;o Inattivazione enzimatica irreversibile (aspirina);o Inibizione reversibile ma che col tempo diventa quasi irreversibile (indometacina, flurbiprofene);o Inibizione enzimatica irreversibile delle COX2 (celecoxib, rofecoxib);o Inibizione enzimatica rapida, reversibile e non competitiva della perossidasi (paracetamolo).Tutti questi farmaci posseggono un’azione anti-infiammatoria dovuta al blocco della produzione di prostaglandine vasodilatatrici conseguente all’inibizione della COX2;

Alcuni farmaci hanno un’azione indipendente anti-radicali liberi; Un’altra azione di tutti i FANS è quella analgesica secondaria all’inibizione della produzione di PGE e PGF che

vengono rilasciate durante il processo infiammatorio ed il danno tissutale. Il dolore non è provocato dalle prostaglandine ma da bradichinine e serotonina. Le prostaglandine però abbassano sensibilmente la soglia dei nocicettori;

Azione antipiretica (PGE2). I FANS non modificano la temperatura corporea normale o innalzata dall’attività fisica o da un aumento della temperatura ambientale;

Effetti antiaggreganti: riguardano solo gli inibitori irreversibili perché le piastrine non posseggono un nucleo e quindi non possono sintetizzare nuove COX;

Inibiscono la contrattilità uterina; Chiudono il dotto arterioso nei neonati con dotto pervio.

Caratteristiche dei principali FANS

AspirinaSomministrata per OS la distribuzione è rapida, il legame proteico varia tra l’88 e il 93%, il metabolismo epatico produce numerosi metaboliti, alcuni dei quali attivi.Usi clinici: anti-infiammatorio, analgesico e antipiretico.

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Altri effetti dell’aspirina: antiaggregante piastrinico; riduce il rischio di tumore al colon ma solo dopo 13-15 anni di trattamento; riduce il rischio (e ritarda l’insorgenza) di Alzheimer; contrasta la diarrea indotta da radiazioni.Effetti collaterali: I più comuni sono quelli a livello gastrointestinale e riguardano tra il 20 ed il 30% dei pazienti che assumono

FANS; nefropatie, anomalie della funzione renale, perdita di udito, tinnito, prolungamento del tempo di sanguinamento; effetto dell’aspirina sul sistema respiratorio e sull’equilibrio acido-base:

o muscoli scheletrici (effetto di disaccoppiante mitocondriale): aumento della produzione di CO2 e del consumo di O2;

o sensibilizzazione del centro respiratorio sia per effetto diretto che per l’aumento della concentrazione ematica di CO2: aumenta la profondità del respiro e induce una lieve polipnea con una conseguente alcalosi respiratoria;

o a concentrazioni più alte la CO2 prodotta è superiore a quella eliminata, specie nei bambini: consegue acidosi respiratoria aggravata dal fatto che si tratta di un farmaco acidico;

l’assunzione di alte dosi di aspirina in corso di viremia nei bambini può indurre steatoepatite (sindrome di Reye).

ParacetamoloPossiede solo due proprietà: analgesica e antipiretica. Non è un anti-infiammatorio. Fino a 4 g/die è un farmaco molto sicuro. A differenza di tutti gli altri non è un acido, non è sequestrato dai tessuti e passa nel SNC.L’azione antiperossidasica del paracetamolo non si esplica dappertutto: quando c’è un tono molto alto di perossidi il paracetamolo non funziona. Il tono è basso a livello centrale e nei vasi e solo in questi tessuti il paracetamolo esplica la sua azione. L’effetto sulla COX3 è di importanza solo sperimentale essendo quest’enzima poco rappresentato nell’uomo.Ha una buona biodisponibilità (60-90%), un volume di distribuzione molto elevato e un legame proteico molto inferiore a quello di tutti gli altri FANS.Il problema principale del farmaco è che la grande maggioranza è solfoconiugata dal fegato, una percentuale inferiore è glucoconiugata ma il rimanente 10-20% è metabolizzato dal CYP (nonostante la presenza di un gruppo –OH) con produzione di sostanze molto reattive che possono legarsi covalentemente alle proteine del fegato. Il glutatione è in grado di “detossificare” il metabolita con produzione di acido mercapturico. Il problema è che ad un certo punto (sopra i 4 g/die di farmaco) il sistema si satura e ne consegue un danno epatico.Il Paracetamolo ha le stesse indicazioni degli altri FANS però non agisce sulle piastrine e produce effetti gastrici notevolmente inferiori a quelli dei FANS.

IbuprofeneE’ un farmaco di prima scelta data la bassa incidenza di effetti collaterali che sono: disturbi gastrointestinali; effetti sull’apparato cardiovascolare: esacerbazione dell’ipertensione, esacerbazione dell’insufficienza cardiaca

congestizia e dell’angina; aumento delle transaminasi; effetti sul SNC; effetti renali: le prostaglandine sono coinvolte nella dilatazione delle arteriole efferenti del glomerulo.

Normalmente la funzione renale è indipendente dalla sintesi di prostaglandine ma se esiste un danno vascolare e ipovolemia e vi è un’iperattivazione del RAAS/sistema simpatico la somministrazione di FANS può causare un’ischemia renale transitoria oltre a ritenzione idroelettrolitica, aumento dell’effetto dell’ADH e inibizione della secrezione di renina con ipoaldosteronismo.

Altri FANS Etodolac: è un FANS tradizionale; Nimesulide: è un farmaco che in Italia va molto nonostante non abbia alcuna caratteristica peculiare; Nabumetone: non acido, inibitore parzialmente selettivo della COX2. E’ molto utilizzato negli Stati Uniti, meno in

Italia.

Inibitori selettivi della COX2Il 1° inibitore selettivo della COX2 è uscito nel ’98 e aveva come obiettivo quello di ridurre la tossicità da FANS, specie a livello gastrico. Il problema è sorto due anni dopo quando si è scoperto che le cose non vanno proprio come si pensava: anche a livello gastrico la COX2 ha un’importanza fisiologica, in particolare nella riparazione dei danni acido-correlati. Ecco il motivo per cui tutto sommato l’incidenza delle complicanze gastrointestinali è la stessa ed anzi i “coxib” andrebbero evitati nei pazienti con accertata patologia gastrica (ma non si può ovviamente compiere una EGDS preliminare prima di utilizzarli). Successivamente si è scoperto che sono anche pericolosi a livello cardiovascolare perché a livello vasale i prodotti delle COX2 sono agenti vasodilatatori mentre le COX1 producono agenti pro-

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trombotici. Bloccando solo COX2 si fa propendere la bilancia verso la trombosi e ciò aumenta drammaticamente il rischio di infarto o ictus.Oggi in commercio resistono solo il Celecoxib (che è il meno selettivo della categoria, più o meno come il Diclofenac) e il Rofecoxib che si comportano più o meno come gli altri FANS.

Come si sceglie il FANS migliore? Tranne il paracetamolo sono tutti pressochè uguali come efficacia ed effetti collaterali. Quello che conta è la risposta individuale al singolo farmaco: chiedere al paziente è l’unico criterio giusto.

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FARMACOLOGIA SISTEMICA

Sistema cardio-vascolare

Meccanismi a feedback di controllo della pressione arteriosa

Farmaci diureticiL’effetto principale dei farmaci diuretici è quello di fare aumentare il volume urinario. Quelli però più utili in terapia sono quelli con effetto “saluretico”, cioè che inibiscono il riassorbimento tubulare del sodio (e, per osmosi, di acqua).In particolare i diuretici tiazidici determinano una perdita netta di sodio del 10-15 % mentre i diuretici dell’ansa addirittura del 20-25 % del carico filtrato.I diuretici possono agire a diversi livelli del nefrone: Glomerulo: i diuretici osmotici come il mannitolo non vengono assorbiti a livello tubulare. Agiscono solo

sull’eliminazione dell’acqua non interferendo col sodio. Non sono molto efficaci ma possono risultare utili nell’insufficienza renale quando i meccanismi di regolazione degli ioni sono compromessi. Si usano inoltre nel trattamento del glaucoma;

Tubulo contorto prossimale: gli inibitori dell’anidrasi carbonica come l’Acetazolamide hanno un’importanza relativa come diuretici. A livello dell’occhio possono essere utilizzati per inibire la secrezione dell’umor acqueo (terapia del glaucoma). Questi farmaci inoltre prevengono l’edema cerebrale;

Tratto ascendente spesso dell’ansa: esistono dei farmaci come la Furosemide e la Bumetamide che inibiscono il riassorbimento del sodio a livello dell’ansa. In questo distretto, difatti, il riassorbimento del sodio avviene senza riassorbimento di acqua grazie ad un sistema cotrasporto Na+, K+, 2 Cl- regolato da una Na/K ATPasi presente nella membrana basolaterale delle cellule;

Tubulo contorto distale: il sodio è riassorbito mediante un sistema di cotrasporto Na+/Cl- regolato anch’esso da una Na/K ATPasi presente nella membrana basolaterale delle cellule. Alcuni farmaci come i Tiazidi interferiscono con questi meccanismi. Essi hanno inoltre una proprietà diretta come vasodilatatori;

Tubulo collettore: i meccanismi di riassorbimento/secrezione idroelettrolitici sono mediati dall’azione dell’aldosterone. Il farmaco spironolattone è un antagonista competitivo dell’ormone. I diuretici risparmiatori di potassio (Triamterene, Amiloride) non agiscono sull’ormone ma sui bersagli dell’aldosterone inibendo il riassorbimento di sodio e la secrezione di potassio a livello del tubulo collettore: essi hanno un’azione debole come diuretici ma inibiscono la perdita urinaria di potassio e perciò, se associati ad altri diuretici, contrastano l’azione ipopotassiemizzante di questi ultimi. Il problema di questi farmaci è che un eventuale iperdosaggio provoca iperpotassiemia. Inoltre non si devono mai associare alla somministrazione di sali di potassio.

Diuretici dell’ansaSomministrati per OS l’effetto compare dopo 1-2 ore, somministrati per endovena l’effetto diuretico si nota dopo solo mezz’ora. Una piccola parte (quella non legata alle proteine plasmatiche) viene filtrata dal rene ed esplica il suo effetto, la rimanente viene metabolizzata dal fegato via CYP.Provocano una rilevante perdita di sodio e acqua pari a circa il 15-25% del filtrato (tanto che si dice che provocano un “flusso urinario torrenziale”). I diuretici dell’ansa sembrano essere dotati inoltre di un’azione venodilatatrice che si aggiungerebbe a quella sul rene.Si usano nelle condizioni di edema polmonare acuto, nella cirrosi epatica complicata da ascite, nella sindrome nefrosica e nell’insufficienza renale. Sono farmaci da utilizzare con molta cautela e solo in ambiente ospedaliero.Effetti indesiderati:

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Ipopotassiemia: essa è dovuta al fatto che all’interno del dotto collettore il flusso secretorio di potassio è regolato dal grado del precedente riassorbimento di sodio. Nel caso compaia ipopotassemia essa va corretta somministrando sali di potassio oppure associando farmaci risparmiatori di potassio (che hanno lo stesso effetto dello spironolattone ma che non interferiscono sul sistema ormonale);

Iperglicemia dovuta o ad un deficit della secrezione di insulina da parte del pancreas o a resistenza periferica all’insulina;

Iperuricemia: l’effetto è meno evidente di quello causato dai tiazidi; I derivati sulfamidici come la furosemide possono provocare episodi di ipersensibilità. L’acido etacrinico è

ototossico e la tossicità è molto più evidente se somministrato in associazione con farmaci con analogo effetto come gli aminoglicosidi.

Diuretici tiazidi (es. bendroflumetiazide)L’azione diuretica (inferiore a quella dei diuretici dell’ansa) si accompagna all’effetto vasodilatatore. Quando vengono utilizzati nel trattamento dell’ipertensione la caduta iniziale della pressione è dovuta al diminuito volume ematico conseguente all’aumento della diuresi ma nelle fasi successive si ha un effetto diretto sui vasi sanguigni.Il derivato tiazidico diazossido possiede solo un’intensa azione vasodilatatrice e può essere utilizzato nelle crisi ipertensive.Per questo effetto combinato i diuretici tiazidici sono molto efficaci nella terapia dell’ipertensione.Effetti collaterali: Ipopotassemia; Iperglicemia: analogamente all’effetto vasodilatatore sembra essere causata dalla stimolazione dell’apertura dei

canali di membrana del potassio ATP-dipendenti; Iperuricemia perché competono a livello tubulare con i trasportatori che secernono l’acido urico; Ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia.Gli effetti indesiderati non sono molto frequenti ed in genere l’unica categoria di pazienti nei quali vanno somministrati con attenzione sono i diabetici. In generale sono buoni farmaci per la terapia dell’ipertensione medio-lieve.

Farmaci che interagiscono con il RAASLa renina è secreta da cellule del sistema juxtaglumerulare dopo stimolazione da parte di cellule della macula densa sensibili sia alla pressione che alla composizione ionica della preurina.Anche le catecolamine (sia circolanti sia mediante l’attività dei nervi simpatici renali) e le prostaglandine influenzano la secrezione di renina.L’angiotensina II ha tre effetti: è un potente vasocostrittore, decine di volte più potente delle catecolamine, e agisce sia in maniera diretta sia

stimolando il rilascio di sodio da parte dei nervi simpatici; mediante l’azione dell’aldosterone stimola il riassorbimento idroelettrolitico a livello del nefrone; stimola la crescita vascolare causando iperplasia e ipertrofia (il RAAS a livello cardiaco è implicato nell’instaurarsi

e nell’evoluzione dell’ipertrofia). E’ un effetto molto importante e probabilmente anch’esso secondario all’aldosterone.

L’enzima ACE non solo converte l’angiotensina I in angiotensina II ma scinde anche la bradichinina inattivandola. Poiché la bradichinina è un vasodilatatore l’aumento della emivita di quest’ultimo che l’uso degli ACE inibitori comporta migliora l’effetto ipotensivo che si vuole ottenere. Tuttavia la bradichinina sembra essere la responsabile del principale effetto collaterale degli ACE inibitori (la tosse secca) perché stimola il centro della tosse.

ACE inibitoriIl Captopril è il capostipite di questi farmaci ed ha rappresentato uno dei primi esempi, coronati da successo, di sviluppo strutturale di un farmaco basato sulla conoscenza della struttura chimica della molecola bersaglio. Oggi ne esistono in commercio di diversi (tutti col suffisso –pril) e si differenziano per le caratteristiche farmacocinetiche. Sono tutti profarmaci, attivati da parte delle esterasi.Presentano un facile assorbimento per OS, un’emivita abbastanza breve (2-6 ore), esercitano effetti terapeutici in un tempo abbastanza breve e per una terapia continua sono necessarie 1-2 somministrazioni giornaliere.L’uso principale di questi farmaci è come anti-ipertensivi ma essi possono essere utilizzati nell’insufficienza cardiaca per contrastare il rimodellamento. Vengono infine utilizzati nel periodo post-infartuale per contrastare le sequele dell’infarto e nei diabetici perché riducono la proteinuria (meno sicuro che siano a questo scopo utili anche nei non diabetici).L’associazione di diuretici, di vasodilatori e di farmaci inotropi costituisce oggi la base della terapia dell’insufficienza cardiaca. Effetti indesiderati: ipotensione, specie dopo la prima somministrazione e nei pazienti trattati con diuretici dell’ansa nei quali il RAS è

fortemente attivato; tosse secca nel 10-20 % dei casi che può essere il risultato dell’accumulo di bradichinina nella mucosa bronchiale;più raramente: angioedema; alterazione della funzione renale (in caso di ipertensione nefrovascolare);

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iperpotassemia (secondaria all’induzione di ipoaldosteronismo).Sono da evitare in gravidanza perché teratogeni.

SartaniI sartani sono farmaci che agiscono da inibitori competitivi del recettore per l’angiotensina II. Essi hanno il vantaggio, rispetto agli ACE inibitori, di non bloccare la degradazione della bradichinina (anche se non sempre ciò è sufficiente a scongiurare la tosse secca). Essi inoltre non provocano iperpotassemia ma inducono un aumento notevole dell’eliminazione renale di urati.L’uso è lo stesso degli ACE inibitori e da studi clinici sembra che l’effetto sia uguale anche se oggi gli ACE inibitori sono più usati; tuttavianon è ancora sicuro se i sartani possano riprodurre gli effetti degli ACE inibitori sulla regressione dell’ipetrofia ventricolare sinistra e il miglioramento della disfunzione endoteliale.

Farmaci che regolano il tono della muscolatura liscia vasaleL’endotelio possiede un ruolo importante in tutti i processi di contrazione/rilasciamento. Fattori come l’endotelina (costrittore) e l’NO (dilatatore) costituiscono la base di molte ricerche.Nel muscolo liscio la contrazione è innescata fondamentalmente dall’enzima MLCK (chinasi della catena leggera della miosina). Ci sono poi delle fosfatasi che inducono il rilasciamento del muscolo defosforilando l’enzima.Nel muscolo liscio il calcio agisce come attivatore. L’aumento della sua concentrazione è secondario sia all’afflusso di calcio dall’esterno attraverso canali voltaggio dipendenti o canali recettoriali sia alla liberazione dall’interno dopo l’attivazione dei recettori per l’IP3. Il calcio agisce attraverso il legame calcio-calmodulina attivando una PKC che fosforila MLCK.I meccanismi di rilassamento del muscolo liscio sono attivati dalla guanilato ciclasi NO dipendente e successivamente dalla PKG o dall’adenilato ciclasi e successivamente dalla PKA. Entrambi gli enzimi attivano la fosfatasi della catena leggera della miosina.La degradazione del cAMP e del cGMP è mediata dalla fosfodiesterasi III a livello della muscolatura periferica e dalla fosfodiesterasi V a livello dei corpi cavernosi. L’endotelio, oltre a regolare l’attività della muscolatura liscia vasale, regola anche la formazione delle placche ateromatosiche, è implicato nelle dislipidemie ed è parte attiva durante l’infiammazione (l’endotelio, attraverso la scissione dei fosfolipidi di membrana, libera acido arachidonico che attraverso le COX viene convertito in prostacicline e prostaglandine le quali evocano la produzione di cAMP a livello delle cellule muscolari liscie).L’NO, importante vasodilatatore, è prodotto attraverso le NO sintetasi espresse a livello endoteliale e a livello del SNC le quali possono essere inducibili o costitutivamente espresse. Provocano al contrario contrazione l’endotelina e l’angiotensina II. Per l’endotelina esistono due recettori: uno chiamato ETA e uno ETB. Dell’endotelina esistono varie isoforme: il tipo 1 interagisce con ETA causando vasocostrizione e con ETB dando vasodilatazione. Un antagonista di ETA e ETB è il Bosenantano, farmaco molto utile durante la terapia dell’ipertensione polmonare. Si sta studiando un suo utilizzo anche come farmaco anti-ipertensivo sistemico ma al momento non ci sono buoni risultati.

Farmaci anti anginosiSono farmaci che hanno l’obiettivo di risolvere il dolore anginoso. La causa principale di angina pectoris è l’aterosclerosi delle coronarie. Meno frequente è l’angina secondaria a fenomeni di vasospasmo (angina variante di Printzmetal) la quale può essere indice di iniziale danno ateromatosico anche in assenza di riscontro della placca. Per risolvere il problema le strategie terapeutiche sono orientate a: ridurre il fabbisogno di ossigeno: nitroderivati e calcio antagonisti sono vasodilatatori e producono entrambi gli

effetti. I β antagonisti riducono la frequenza del cuore e quindi la sua domanda metabolica; aumentare la perfusione: i vasi coronarici sono innervati piuttosto densamente dai nervi simpatici, ma sia i nervi

simpatici che le catecolamine circolanti sviluppano un piccolo effetto diretto sul circolo coronarico. I grandi vasi coronarici possiedono recettori α1-adrenergici che mediano la vasocostrizione mentre i vasi piccoli presentano recettori β2 che provocano vasodilatazione.

Ridurre il fabbisogno di ossigeno è la strategia più utilizzata.I farmaci anti anginosi appartengono a tre categorie: nitroderivati: sono esteri di polialcoli (trinitroglicerina) ed hanno un’azione generale aumentando il sistema di

capacitanza venoso. Di conseguenza riducono il pre-carico e quindi il lavoro cardiaco. Agiscono anche a livello arterioso riducendo la pressione e quindi il post-carico. Sono stati scoperti prima della scoperta dell’NO come mediatore. La componente NO2 viene scissa e ridotta a NO il quale ha il vero effetto farmacologico. Esistono anche altri composti nei quali la glicerina è sostituita da uno zucchero. L’effetto riguarda l’intera muscolatura vasale.La trinitroglicerina ha buone caratteristiche farmacocinetiche che ne determinano una rapida azione: l’effetto massimo si ha dopo pochi minuti e quindi si può risolvere l’episodio doloroso acuto attraverso la somministrazione sub-linguale del farmaco. Tale farmaco non può essere utilizzato per OS visto che il primo passaggio epatico ne determinerebbe la completa inattivazione. L’isonianide ha un’azione simile ma ha il vantaggio di poter essere somministrato per OS.

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L’effetto secondario principale di questi farmaci è l’insorgenza di ipotensione ortostatica con meccanismo riflesso di tachicardia e di aumento riflesso della contrattilità cardiaca. Queste reazioni sortiscono l’effetto opposto a quello desiderato (anti-anginoso) e, sebbene siano di breve durata, vanno comunque prese in considerazione.Altri effetti secondari:o vasodilatazione a livello del volto e del collo;o ipertensione endocranica con cefalea. Questi scompaiono rapidamente dopo sospensione e possono essere

scongiurati utilizzando una bassa dose somministrata continuamente piuttosto che somministrazioni intervallate di dosi maggiori;

o aumento della meta emoglobina con perdita di efficacia nel trasporto di ossigeno;o un effetto dubbio è dato dalla combinazione dei nitroderivati con alcune amine biogene presenti nei cibi che

può provocare la formazione di nitrosamine cancerogene. Questa è un’eventualità rara ma la presenza di nitroderivati come conservanti nei cibi è associata ad un rischio senz’altro maggiore.

Per una terapia a più lungo termine i nitroderivati possono essere somministrati per via transdermica. L’efficacia terapeutica è tuttavia discutibile data l’instabilità del composto e la variabilità dell’assorbimento.E’ importante sospendere ripetutamente il trattamento per evitare l’insorgenza di tachifilassi. In alcuni testi l’effetto della nitroglicerina è considerato duplice: oltre alla vasodilatazione venosa sarebbe anche presente un effetto di vasodilatazione coronarica che, almeno in parte, contribuirebbe all’effetto anti-anginoso specie nelle angine varianti. Non tutti gli autori, però, concordano su questa tesi.Infine gli inibitori della fosfodiesterasi V (es. Viagra) non possono essere somministrati se una persona è in trattamento con nitroderivati perché, essendo questi inibitori solo relativamente selettivi per la muscolatura del pene, agirebbero in sinergismo con gli anti-anginosi determinando una significativa ipotensione. Tra la somministrazione dei nitroderivati e l’assunzione del Viagra devono passare almeno 24 ore;

calcio antagonisti: è dei tre il farmaco che esplica la maggiore azione a livello coronarico. Provoca una vasodilatazione aumentando la perfusione coronarica. Il suo effetto più importante è però simile a quello dei nitroderivati aumentando la capacitanza venosa e diminuendo perciò il precarico.I Ca-antagonisti sono farmaci molto usati nella terapia delle malattie cardio-vascolari e non solo. Antagonizzano l’ingresso del calcio nelle cellule soprattutto a livello dei canali L (ampi e lenti, esistono anche i T ma sono di interesse relativamente minore in quest’ambito).L’ingresso del calcio a livello delle cellule della muscolatura liscia dà avvio alla contrazione inducendo la fosforilazione delle catene leggere della miosina; nel muscolo cardiaco l’entrata del calcio dall’esterno induce la liberazione del calcio dalle riserve presenti nel reticolo sarcoplasmatico inducendo direttamente la contrazione (e non in maniera mediata come avviene nel muscolo liscio).I farmaci Ca-antagonisti agiscono:o sulla muscolatura liscia vasale: i Ca-antagonisti agiscono anche a livello del sistema arteriolare a differenza dei

nitroderivati e sono perciò i farmaci di prima scelta nella terapia dell’angina vasospastica;o a livello del cuore ed in particolare del nodo seno-atriale con effetto inotropo e cronotropo negativo. Questi

farmaci oltre che come anti-anginosi sono perciò utilizzati nella terapia delle tachiaritmie sopraventricolari.Alcuni farmaci come il Verapamil hanno un prevalente effetto cardiaco inotropo negativo (quindi controindicato nella insufficienza cardiaca) mentre altri, come la Nifedipina, hanno un prevalente effetto vascolare. Questa differenza è stata sfruttata per lo studio di nuovi farmaci con maggiore selettività. Il Diltiazen ha un effetto intermedio su entrambi i versanti.Nel trattamento dell’angina i Ca-antagonisti:o aumentano l’apporto miocardico di ossigeno perchè:

aumentano il flusso sanguineo coronarico; dilatano le coronarie anche a livello del tratto leso; migliorano la perfusione subendocardica; diminuiscono l’aggregabilità piastrinica;

o riducono le richieste di ossigeno da parte del miocardio perchè: hanno effetto inotropo negativo; hanno effetto cronotropo negativo; diminuiscono le resistenze periferiche; diminuiscono il metabolismo cellulare.

A differenza dei nitroderivati e dei β bloccanti i Ca-antagonisti agiscono prevalentemente sul versante dell’aumento dell’apporto di ossigeno.Per il loro effetto sui vasi arteriolari i Ca-antagonisti sono utilizzati nel trattamento dell’ipertensione.Anche per i Ca-antagonisti si è proposto un utilizzo nel trattamento post-infarto ma i risultati non sono stati soddisfacenti (anzi, potrebbero aumentare il rischio di re-infarto).Interessante, infine, l’utilizzo dei Ca-antagonisti nell’antagonizzare i meccanismi di resistenza delle cellule tumorali ai chemioterapici poiché antagonizzano la pompa di efflusso (glicoproteina P) responsabile della resistenza stessa.Effetti collaterali:o Verapamil (prevalente azione sul cuore):

effetti maggiori: cardiodepressione, ipotensione, blocco AV, edema periferico;

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effetti minori: cefalea, stipsi a causa degli effetti sui canali del calcio nei nervi gastrointestinali;o Nifedipina (prevalente azione sul sistema vascolare):

effetti maggiori: ipotensione, cefalea, edema periferico; farmacocinetica estremamente rapida: è raccomandato l’utilizzo di preparazioni ritardo;

o Diltiazen (effetto intermedio):effetti minori: ipotensione, edema periferico, blocco AV, cardiodepressione.

beta bloccanti: sono inotropi e cronotropi negativi. Diminuendo il lavoro cardiaco diminuiscono anche la richiesta di ossigeno. Sono farmaci antagonisti competitivi e possono essere non selettivi o selettivi per il recettore β1. Un certo numero di β bloccanti sono dotati di azione di agonisti parziali (es. pindololo). Si è ipotizzato che questa proprietà potesse essere utile per evitare alcuni effetti secondari indesiderati ma in realtà non si è rivelata così importante.I β bloccanti di 3^ generazione sono β bloccanti non selettivi e anche α1 bloccanti selettivi. Il blocco dei recettori α1 determina vasodilatazione periferica con conseguente tachicardia riflessa. Quest’ultimo è un effetto utile perché contrasta l’effetto bradicardizzante dei β bloccanti. L’effetto di vasodilatazione ha il doppio vantaggio di diminuire il precarico sul cuore e di potenziare l’effetto anti-ipertensivo dei β bloccanti. Fin dalla loro prima commercializzazione, difatti, i β bloccanti sono stati utilizzati più come anti-ipertensivi che come anti-anginosi. La causa delle proprietà anti-ipertensive di questi farmaci non è chiara: inizialmente si è pensato che ciò fosse dovuto all’inibizione della secrezione della renina ma studi sperimentali hanno dimostrato che questo effetto non è da solo in grado di giustificare le proprietà anti-ipertensive.Un’altra ipotesi è che i β bloccanti potrebbero essere α2 agonisti: poiché i recettori α2 sono coinvolti a livello presinaptico in un circuito a feedback negativo la loro stimolazione ridurrebbe la liberazione di noradrenalina.Infine l’effetto inotropo e cronotropo negativo, oltre a far ridurre le richieste di ossigeno da parte del miocardio, potrebbe essere in parte responsabile della diminuzione della pressione.Le indicazioni all’uso dei β-bloccanti non si limitano alla terapia dell’angina e dell’ipertensione: ultimamente sono stati proposti nella terapia dell’insufficienza cardiaca. Sembra paradossale che un farmaco con effetto inotropo negativo venga proposto per curare un deficit di pompa, tuttavia studi sperimentali hanno dimostrato che in alcuni casi selezionati di insufficienza cardiaca questi farmaci risultano efficaci nei trattamenti prolungati perché:o esercitano un’azione anti-aritmica;o esercitano un’azione anti-rimodellamento, analogamente a quanto fanno gli ACE-inibitori;o nell’insufficienza cardiaca dopo un certo tempo vi è un aumento notevole del tono simpatico e quindi insieme

ai fenomeni emodinamici l’insufficienza cardiaca si accompagna a variazioni neuro-ormonali che finiscono col contribuire all’aggravarsi della malattia. Ciò è antagonizzato dai β-bloccanti.

Nel trattamento peri-infartuale (primi 3 giorni) i β bloccanti non sono molto efficaci ma a partire dalle 72 ore in poi la somministrazione di questi farmaci protratta per un anno riduce significativamente la mortalità sia per la loro attività anti-aritmica sia per la azione anti-rimodellamento.Effetti indesiderati legati all’azione sui recettori β:o effetto di broncocostrizione: controindicazione assoluta all’utilizzo dei β-bloccanti è l’asma e le BPCO. La β1

selettività non è assoluta quindi nemmeno questi farmaci si possono usare nei pazienti colpiti da patologie respiratorie;

o effetto di inibizione della secrezione dell’umor acqueo: può essere utilizzato a fini terapeutici.Schema generale:

Nitrati Β-bloccanti o Ca-antag. AssociazioneFrequenza cardiaca Aumento riflesso Diminuzione DiminuzionePressione arteriosa Diminuzione Diminuzione DiminuzionePrecarico (volume teledia.) Diminuzione Aumento Invariato o diminuitoInotropismo Aumento riflesso Diminuzione InvariatoTempo di eiezione Diminuzione Aumento Invariato

Farmaci anti-ipertensiviI farmaci anti-ipertensivi possono agire: sul sistema nervoso simpatico a diversi livelli:

o a livello centrale;o (a livello gangliare, non si utilizzano più);o a livello della porzione terminale dei neuroni adrenergici;o come antagonisti recettoriali delle catecolamine;

sulla funzione renale con diuretici; sul versante endocrino (ACE inibitori, anti-aldosteronici, diuretici); sulla muscolatura liscia vasale: Ca-antagonisti e altri (Idralazina, Minoxidil, Nitroprussato, Diazossido).Molti di questi farmaci sono già stati descritti.

Farmaci che agiscono sul SNC α-metildopa: a partire da questo farmaco viene sintetizzata l’ α-metilnoradrenalina, un falso mediatore che

dovrebbe funzionare come antagonista competitivo della noradrenalina. In realtà esso agisce come agonista α2.

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Somministrato per OS, ha una biodisponibilità solamente del 25% perché viene in gran parte metabolizzato nel primo passaggi epatico. Ciononostante è un efficace farmaco anti-ipertensivo.Gli effetti collaterali riguardano la sedazione centrale abbastanza rilevante (alcune attività come la guida possono essere sconsigliate). In alcuni individui possono inoltre causare manifestazioni di tipo depressivo. Infine possono manifestarsi fenomeni di ipersensibilità;

Clonidina: agisce anch’essa stimolando i recettori α2. La biodisponibilità è maggiore rispetto al farmaco precendente ma l’emivita è modesta.Gli effetti collaterali somigliano a quelli dell’ α-metildopa e anzi quelli neurologici sono anche più importanti tanto che questi farmaci sono anche utilizzati per trattare alcuni aspetti della sindrome da astinenza da oppiacei.

Farmaci che agiscono a livello neuronale Guanetidina: compete con i meccanismi di trasporto che immettono la noradrenalina nelle vescicole sinaptiche La

noradrenalina rimane libera nel citoplasma, diffonde all’esterno e provoca un effetto transitorio di ipertensione. Successivamente però la deplezione delle riserve di neuromediatore determina una diminuzione del tono simpatico.Sono farmaci di difficile utilizzazione perché molte funzioni corporee mediate dal simpatico (es. erezione, controllo della pressione nel passaggio clino-ortostatismo) vengono compromesse;

Reserpina: non è più utilizzato.

Farmaci antagonisti recettoriali β-bloccanti: sono un caposaldo della terapia dell’ipertensione e sono utilizzati sia da soli che in associazione; α-bloccanti:

o non selettivi: Fentalamina e Fenossibenzamina sono inibitori sia α1 che α2 e determinano una significativa caduta della pressione. Vengono utilizzati solo nel feocromocitoma (diagnosi, preparazione all’intervento, infusione continua intraoperatoria);

o selettivi α1 come la Prazosina: determinano vasodilatazione periferica sia arteriolare che venulare. Può essere somministrata per OS ed ha una buona farmacocinetica.La prima somministrazione di Prazosina determina una rapida caduta della pressione per cui si raccomanda di assumerla per la prima volta la sera prima di coricarsi. A parte ciò non ha seri effetti collaterali.La Prazosina, da sola ed in associazione, è un efficace farmaco nella terapia delle forme medio-lievi di ipertensione. Può inoltre essere utilizzata nell’ipertrofia prostatica per ridurre il tono della muscolatura liscia.

Farmaci vasodilatatori Ca-antagonisti; Idralazina: determina una significativa diminuzione della pressione agendo principalmente su arterie e arteriole

interagendo con l’azione dell’IP3 sul rilascio di calcio da parte del reticolo sarcoplasmatico. Non è tuttavia un farmaco di 1^ scelta: si utilizza difatti quando altri farmaci siano risultati inefficaci..Questo farmaco fu ritirato dal commercio perché una notevole percentuale di pazienti manifestava esantemi (induzione di una malattia autoimmune simile al LES) in seguito all’assunzione. Poi si è scoperto che riducendo il dosaggio da 400 a 200 o 100 mg l’effetto ipertensivo non veniva compromesso ma la frequenza di manifestazioni esantematiche si riduceva sensibilmente: per questo motivo in Italia è già in fase di riapprovazione. Rimane comunque un farmaco di 2^ scelta;

Minoxidil: anche questo è un farmaco efficace ma di 2^ scelta. Determina a livello delle cellule muscolari l’apertura dei canali del potassio: ciò determina iperpolatizzazione e riduzione del tono contrattile. L’uso del farmaco aumenta notevolmente il flusso ematico di vari distretti e aumenta anche il precarico (da questo punto di vista è un effetto indesiderato). Un altro effetto collaterale possibile è l’ipotensione ortostatica perché l’azione vasodilatativa si esplica prevalentemente a livello arteriolare.Un effetto secondario, ma non necessariamente nocivo, che riguarda l’uso del Minoxidil è l’ipertricosi: ciò è sicuramente un problema nella donna ma per l’uomo può essere usato come farmaco anti-calvizie sotto forma di lozione. Tuttavia, poiché può essere assorbito per via trans-dermica e può esplicare i suoi effetti vasodilatatori anche a piccole dosi, può provocare effetti sistemici (ipotensione) tali per cui il suo uso deve essere controllato;

Nitroprussiato: è un vasodilatatore molto potente, con scarsi effetti su sistemi e apparati diversi dal sistema vascolare. In infusione per EV è utilizzato nelle emergenze ipertensive, per indurre un’ipotensione controllata durante un intervento chirurgico e per ridurre il lavoro cardiaco nel corso di interventi di bypass. Il nitroprussiato contiene un gruppo NO ed a differenza dei nitroderivati non ha bisogno di essere ridotto per esplicare la sua azione ma interagisce direttamente con la guanilato ciclasi. Inoltre mentre i nitroderivati dilatano preferenzialmente i vasi di capacitanza, il nitroprussiato è egualmente efficace sulla muscolatura liscia delle arterie e delle vene;

Diazossido: è un tiazidico in cui l’effetto vasodilatatore prevale nettamente su quello diuretico. Un effetto secondario è quello di aumentare di molto la glicemia per cui può essere utilizzato nella diagnosi e nella terapia degli insulinomi.

Tabella riassuntiva

Indicazioni ControindicazioniDiuretici Scompenso cardiaco Gotta

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Ipertensione dell’anzianoIpertensione sistolica isolata

DiabetePreeclampsia, eclampsia

β-bloccanti Coesistenza di insufficienzacoronarica o tachiaritmie.Ipertensione post-infartuale

Asma, BPCOArteropatia obliteranteBAV > 1° gradoBlocco seno-atriale

Ace inibitori o Sartani Coesistenza di insufficienza card.Ipertrofia ventricolo sinistroMicroalbuminuria, diabeteIpertensione post-infartuale

GravidanzaStenosi bilaterale delle arterie renali

Ca-antagonisti DiabeteInsufficienza coronaricaIpertensione sistolica isolata

Il Verapamide e il Diltiazen in associazione ai β-bloccanti ne potenziano l’effetto inotropo negativo

α-bloccanti DiabeteDisplipidemieIpertensione prostatica

Ipotensione ortostatica

Farmaci utilizzati nel trattamento dell’insufficienza cardiacaIl quadro clinico dell’insufficienza cardiaca è caratterizzato dall’espansione della volemia, da aumento della pressione diastolica, da ipertensione polmonare e sistemica, dispnea, riduzione della gittata cardiaca, aumento del senso di fatica che preclude il normale svolgimento delle attività quotidiane.Il primo intervento deve essere mirato a risolvere il problema emodinamico: aumentare la gittata, ridurre la volemia e la pressione diastolica. L’aumento della gittata si ottiene sia inducendo vasodilatazione per aumentare il precarico (es. con i tiazidi) sia aumentando l’inotropismo con farmaci inotropi positivi.Successivamente è necessario correggere i disturbi e le alterazioni dovute alle risposte neuro-ormonali dell’organismo all’insufficienza cardiaca (ipertono simpatico e attivazione RAAS). E’ un aspetto altrettanto importante della disfunzione emodinamica perché induce rimodellamento cardiaco.Per trattare questi problemi ai farmaci inotropi positivi si associano β-bloccanti, ACE-inibitori ed anti aldosteronici. In particolare i farmaci β-bloccanti sono sempre stati considerati dei farmaci da sconsigliare in condizioni di deficit di pompa. Recentemente però si è osservato che la stimolazione adrenergica, che il nostro organismo interpreta come compensatoria, in realtà produce più danni che benefici. L’uso comunque richiede cautela.

Farmaci inotropi positiviTutti i farmaci che si utilizzano agiscono aumentando la concentrazione del calcio. Digitalici: ne esistono tre tipi:

o Ouabaina: si usa solo in laboratorio;o Digitossina: usata in clinica;o Digossina: dei tre è sicuramente il farmaco più utilizzato.La somministrazione cronica della Digossina, a differenza di quanto si dirà per gli altri farmaci inotropi, non incrementa la mortalità per cui è in pratica l’unico farmaco inotropo che si può utilizzare nell’insufficienza cardiaca cronica.La struttura di base del farmaco è costituito da un anello peridrofenantrenico a cui è legato uno zucchero in grado di influenzare la farmacocinetica. La struttura di base è simile a quella degli steroidi.I digitalici derivano da estratti vegetali largamente presenti in natura, anche sulla pelle di alcuni rospi vi è una molecola simile e recenti studi hanno dimostrato la presenza nell’uomo di Ouabaina senza che però si sia chiarita la sua importanza fisiologica.Meccanismo d’azione:o Inibiscono la pompa Na/K-ATPasi;o L’aumento della concentrazione intracellulare di sodio rallenta l’estrusione di calcio attraverso lo scambiatore

Na/Ca;o L’aumento della concentrazione intracellulare di calcio determina un accumulo nel reticolo endoplasmatico e,

quindi, aumenta il rilascio di calcio ad ogni potenziale d’azione. Ciò giustifica l’effetto inotropo positivo.Si noti che gli effetti cardioattivi vengono aumentati se la concentrazione di potassio plasmatica diminuisce. Questo effetto è clinicamente importante perché i diuretici vengono spesso utilizzati insieme ai digitalici.A differenza dei farmaci adrenergici (es. β1 stimolanti che aumentano la forza ma anche la frequenza) la digitale ha un effetto inotropo positivo ma non fa variare le richieste di ossigeno.Oltre che inotropi i digitalici sono anche farmaci anti-aritmici perché riducono la conduzione atrio-ventricolare.Farmacocinetica:o sono farmaci con un bassissimo indice terapeutico (intorno a 2): la loro concentrazione va monitorata;o a differenza di altri farmaci si somministrano con una “dose di attacco” e poi con dosi di mantenimento. Ciò ha

lo scopo di evitare sia l’accumulo sia che la concentrazione del farmaco possa scendere al di sotto dei livelli terapeutici;

o la digitossina si lega molto all’albumina (> 90%);

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o catabolismo: digitossina: il suo catabolismo è prevalentemente epatico e ciò è una caratteristica importante perché

questo farmaco lo si usa nei pazienti con insufficienza renale. L’eliminazione è però più lenta e la durata dell’effetto è di 2-3 giorni;

digossina: eliminata principalmente a livello renale, l’emivita è di 12-24 ore;o entrambi hanno una buona biodisponibilità per OS;o le interazioni farmacocinetiche rilevanti dal punto di vista clinico si osservano con farmaci che riducono

simultaneamente l’escrezione della digossina e il legame ai tessuti (ad es. amiodarone e verapamil).Effetti collaterali:o riduzione della FC sia secondariamente al miglioramento dell’inotropismo sia per stimolazione vagale;o blocco AV di 2°-3° grado;o l’aumento della concentrazione intracellulare del calcio, responsabile dell’effetto inotropo positivo, a livello

del tessuto di conduzione ventricolare (fibre di Purkinje) aumenta la frequenza intrinseca di scarica. Ciò può causare aritmie non parossistiche ventricolari anche alle dosi terapeutiche. Un metodo per antagonizzare le aritmie ventricolari che dovesse insorgere è la somministrazione di Lidocaina. Inoltre è possibile facilitare l’eliminazione della digossina somministrando frammenti di anticorpi anti digossina;

o può superare la barriera EE determinando nausea, vomito e alterazioni dell’alvo di origine centrale. Inoltre, soprattutto tra gli anziani, può causare vertigini, stato confusionale e alterazioni nella visione dei colori;

o ginecomastia a causa della struttura simile a quella degli ormoni steroidei. Farmaci “inodilatatori”: lo studio di farmaci inotropi positivi che non avessero gli effetti tossici dei digitalici ha

portato alla scoperta di molecole inibitrici della fosfodiesterasi III, che nel miocardio provvede alla scissione del cAMP. Esse non hanno solo un effetto inotropo positivo ma anche vasodilatore, da cui il nome di farmaci inodilatatori. Le due molecole oggi in commercio appartenenti a questa categoria sono il Milrinone e l’Enoximone. Questi farmaci sono però molto utili nell’insufficienza cardiaca acuta ma non si utilizzano nel malato cronico perché a lungo termine sono tossici. A breve termine sono però farmaci efficaci con pochi effetti collaterali;

Dopamina: è un altro farmaco che si usa nell’insufficienza cardiaca acuta. Essa ha un effetto sia simpaticomimetico sia sui recettori per la dopamina a livello renale e splancnico. Questo farmaco ha un effetto inotropo positivo e determina una vasodilatazione a livello renale e splancnico determinandone una migliore perfusione.Purtroppo l’azione simpaticomimetica della dopamina può anche indurre tachicardie (effetto α: vasodilatazione e tachicardia riflessa; effetto β: cronotropo positivo diretto) o aritmie. L’effetto sulla frequenza cardiaca è comunque variabile.Un altro effetto negativo che il farmaco può indurre è l’ipertensione.E’ un farmaco da somministrare in emergenza, in ambiente ospedaliero per endovena;

Dobutamina: ha una struttura simile alla dopamina ma non ha né un evidente effetto α1 nè un’azione sui recettori renali e splancnici per la dopamina. E’ conservato invece l’effetto β 1 agonista determinando un effetto inotropo positivo e, per ragioni che non sono ben conosciute, determina una tachicardia di più lieve entità rispetto agli altri agonisti β1. Il farmaco aiuta a stabilire un equilibrio tra pressione diastolica e distensione del ventricolo consentendo una migliore attività di pompa. Così come tutti i farmaci adrenergici ha lo svantaggio di aumentare le richieste di ossigeno.Anche in questo caso aritmie e ipertensione sono effetti collaterali possibili. Sono anch’essi farmaci da utilizzare nell’insufficienza cardiaca acuta;

Adrenalina: l’attivazione del recettore β1 provoca ripolarizzazione del miocardio danneggiato o ipossico mediante la stimolazione della pompa Na/K. Questa ripolarizzazione può ripristinare la funzione se l’asistole è avvenuta in seguito ad infarto miocardico e l’adrenalina è uno dei farmaci più importanti durante l’arresto cardiaco.

Farmaci anti-aritmici

Richiami di elettrofisiologiaDifferenze tra muscolo cardiaco ed altri tessuti eccitabili:1. esiste un ritmo intrinseco spontaneo di depolarizzazione delle cellule del tessuto di conduzione durante la diastole a

causa di una permeabilità per il sodio e per il calcio. Giunti ad una certa soglia di depolarizzazione spontanea la cellula sarà in grado di trasmettere l’impulso. Tanto maggiore è la permeabilità tanto più velocemente la cellula raggiunge la soglia di depolarizzazione e tanto maggiore sarà quindi la sua frequenza di scarica (nodo seno-atriale > nodo atrio-ventricolare > cellule del Purkinje);

2. l’assenza di una corrente veloce del sodio a livello dei nodi seno-atriale e atrio-ventricolare dove è la corrente lenta del calcio ad essere responsabile della propagazione del potenziale d’azione;

3. una massiccia entrata di ioni calcio durante la fase di plateau.La contrazione del tessuto cardiaco consta di tre fasi:1. fase di depolarizzazione veloce: l’arrivo dell’impulso trasmesso dal tessuto di conduzione determina l’apertura dei

canali del sodio. Ciò implica il veloce aumento del potenziale elettrico intracellulare;2. fase di ripolarizzazione parziale: i canali del sodio si chiudono e comincia un modesto efflusso di ioni potassio;3. fase di depolarizzazione lenta (plateau): si aprono i canali del calcio. Ciò permette di mantenere per un certo

periodo lo stato di depolarizzazione contrastando l’efflusso di potassio. Questa fase corrisponde alla sistole;

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4. fase di ripolarizzazione: la chiusura dei canali del calcio e l’apertura dei canali per il potassio determina la fuoriuscita dalla cellula dello ione con concomitante fine della contrazione.

La pompa Na/K e le pompe di efflusso per il calcio (pompe Na/Ca) ristabiliranno successivamente la situazione di partenza.

Aritmie e classificazione degli anti aritmiciPer le aritmie ipocinetiche non esistono farmaci in grado di aumentare la frequenza cardiaca.Per quanto invece riguarda le tachiaritmie due sono le possibili cause: aumento della frequenza di depolarizzazione del nodo seno-atriale; presenza di foci ectopici che svolgono il ruolo di pace-maker a causa di:

o aumento della frequenza di depolarizzazione intrinseca di una parte del tessuto di conduzione. Qualsiasi cellula del tessuto di conduzione presenta una frequenza intrinseca di depolarizzazione causata da uno spontaneo aumento della concentrazione intracellulare di calcio tale da fare ad un certo punto raggiungere il potenziale d’azione. La frequenza di depolarizzazione è diversa in tutto il tessuto di conduzione (nodo atrio-ventricolare > fascio di His > fasci di conduzione > cellule del Purkinje) ma è comunque inferiore a quella del nodo senoatriale per cui queste cellule vengono “scaricate” e ripolarizzate dall’impulso trasmesso dal nodo senoatriale prima che possano evocare la contrazione. Se però per qualche motivo il nodo senoatriale non funge più da segnapassi allora le cellule del tessuto di conduzione con più alta frequenza di depolarizzazione (nodo atrio ventricolare o, se esso è danneggiato, il fascio di His e così via) cominciano a fungere, pur ad un ritmo più basso, da pace-maker. Si parla di meccanismo di scappamento.Può però succedere che per qualche meccanismo patologico la concentrazione intracellulare del calcio aumenti così velocemente che la frequenza di depolarizzazione supera quella del nodo senoatriale: il focus di depolarizzazione viene perciò detto ectopico.A seconda che il focus ectopico sia rappresentato da una cellula atriale o del tessuto di conduzione atrio-ventricolare oppure da una cellula di Purkinje del ventricolo si parla di tachicardia sopra-ventricolare o di tachicardia ventricolare;

o rientro: quando una zona del miocardio è danneggiata il suo periodo refrattario può essere più lungo rispetto a quello di un cellula normale. Così, quando arriva l’impulso dall’alto (A) il fascio B può essere ancora refrattario mentre attraverso il fascio C si può trasmettere l’impulso. Successivamente, terminato il periodo di refrattarietà di B, l’impulso viene sia trasmesso verso il basso (D) ma sia in maniera retrograda attraverso B. Quando poi C termina il suo periodo di refrattarietà l’impulso viene nuovamente trasmesso attraverso C sia verso il basso (D) sia, quando termina il nuovo periodo refrattario di B, in maniera retrograda attraverso B. Si instaura così un circolo vizioso che può dare origine a tachiaritmie dette “parossistiche”;

o Fibrillazione atriale: l’attività caotica dell’atrio determina l’arrivo al nodo atrio-ventricolare di una miriade di impulsi. La maggior parte di essi non vengono trasmessi ai ventricoli ma quelli che lo sono sono comunque sufficientemente numerosi da causare una aritmia ad elevata frequenza che si differenzia dalle precedenti per il fatto che l’intervallo tra due sistoli successive è assolutamente irregolare.

I farmaci che si utilizzano come anti-aritmici possono appartenere ad una delle seguenti classi: 1^ classe: farmaci che interferiscono con i canali rapidi del sodio riducendo la velocità di depolarizzazione.

L’azione però è tanto maggiore quanto maggiore è la frequenza di apertura dei canali: i farmaci perciò agiscono solo in caso di tachicardia. Poichè quest’azione inibisce la propagazione del potenziale d’azione in molte cellule eccitabili, è stata chiamata “attività stabilizzante la membrana”. Questi farmaci vengono utilizzati anche come anestetici locali. I farmaci appartenenti a questa classe vengono suddivisi in sottoclassi in base al fatto che la selettività d’azione nei momenti di corto intervallo R-R sia alta (classe IB), bassa (IC) o intermedia (1A).Uso clinico: o 1A: prevenzione della FA parossistica scatenata da iperattività vagale;o 1B: trattamento e prevenzione di tachicardia o fibrillazione ventricolare durante o immediatamente prima di

infarto miocardico;o 1C: prevenzione della FA parossistica; tachiaritmie ricorrenti associate con anomalie delle vie di conduzione;

2^ classe: a questo gruppo appartengono i β-bloccanti che interferiscono con l’attività del simpatico. E’ noto che l’adrenalina può causare aritmie a causa dei suoi effetti sulla corrente lenta del calcio nelle cellule del tessuto di conduzione. Anche la conduzione AV dipende in maniera critica dall’attività del simpatico; gli antagonisti β-adrenergici aumentano il periodo refrattario del nodo AV e quindi possono essere usati per prevenire i ricorrenti attacchi di tachicardia sopraventricolare. I β-bloccanti vengono infine utilizzati per la prevenzione degli attacchi di fibrillazione atriale parossistica, quando questi sono dovuti all’attivazione del sistema simpatico.Uso clinico: prevenzione delle ricorrenze delle tachiaritmie provocate da iperattività simpatica;

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3^ classe: questi farmaci interferiscono col processo di ripolarizzazione prolungando il potenziale d’azione e ciò è particolarmente importante nell’interrompere le tachicardie alla cui base vi sia un meccanismo di rientro. Tuttavia tutti i farmaci che prolungano la depolarizzazione (producono cioè un allungamento del tratto S-T) possono causare una particolare forma di tachiaritmia detta “torsione di punta” specie nei pazienti con un tratto S-T congenitamente lungo, con disionemie (ipopotassiemia, ipercalcemia) o che assumono altri farmaci in grado di provocare questo effetto.Uso clinico: l’amiodarone si usa nel Wolff-Parkinson-White e altre tachiaritmie nei pazienti in cui gli altri farmaci siano inefficaci o controindicati. Il soltalolo viene utilizzato nelle aritmie sopraventricolari parossistiche e sopprime i battiti ectopici ventricolari e allevia la tachicardia ventricolare;

4^ classe: Ca-antagonisi, agiscono inibendo i canali di tipo L. Tali farmaci rallentano la conduzione del nodo SA e AV dove la propagazione del potenziale d’azione è dovuta alle correnti lente del calcio; questo determina il rallentamento della frequenza cardiaca e la terminazione delle tachicardie sopraventricolari. I farmaci della classe IV inoltre possono accorciare la fase di plateau ed esercitare un’azione inotropa negatica. Infine il ridotto ingresso del calco sopprime i battiti ectopici prematuri.Uso clinico: riduzione della risposta ventricolare nella FA, prevenzione delle tachicardie sopraventricolari parossistiche.

Altri farmaci come l’adenosina ed i digitalici compongono un gruppo a parte.Si tenga presente che molti farmaci, anche gli stessi farmaci anti-aritmici (ovviamente con meccanismi diversi da quelli che tendono a combattere), posseggono un effetto aritmogeno. Per esempio i farmaci antistaminici possono determinare un allungamento del tratto Q-T il quale può portare ad una grave tachiaritmia che per l’aspetto elettrocardiografico col quale si presenta è detta “torsione di punta”.

Gruppo IA Chinidina: è un farmaco oggi meno utilizzato. E’ un principio attivo che si estrae dalla corteccia della stessa pianta

da cui si estrae l’anti-malarico Chinina. Ha un’attività anti-aritmica poiché prolunga il tempo di apertura dei canali rapidi del sodio. Possiede inoltre altri effetti: è un anticolinergico (aumenta la frequenza cardiaca sinusale) e ha un’azione anti α-adrenergica (causa vasodilatazione e tachicardia riflessa). Inoltre può determinare allungamento del tratto Q-T. Effetti secondari extra-cardiaci sono alterazioni della motilità gastroenterica (in ben il 30-40 % dei pazienti trattati) ed alterazioni neurologiche a carico degli organi di senso.Possiede un effetto terapeutico su vari tipi di aritmie ma i suoi effetti secondari ne hanno determinato le limitazioni all’impiego.Farmacocinetica: utilizzato per OS o, in caso di necessità, endovena. E’ assorbito bene, l’80% si lega alle proteine plasmatiche ed il 15-20% viene eliminato non trasformato.Interagisce con la digossina: la concentrazione libera del farmaco aumenta se viene somministrata Chinidina poiché essa ne rallenta il metabolismo e l’escrezione;

Procainamide: ha un’attività simile a quella della Chinidina ma non possiede attività anticolinergica. Meno frequentemente determina allungamento del tratto Q-T. Può causare tremori, ha effetto ganglioplegico e per questo può causare ipotensione ma l’effetto extracardiaco più serio riguarda l’induzione di alcune forme di lupus;

Disopiramide: è molto simile alla Chinidina. E’ più attivo come farmaco anticolinergico rispetto alla Chinidina. L’importante azione sulla FC ne sconsiglia l’utilizzo nell’insufficienza cardiaca. Un altro effetto secondario, causato da un meccanismo non chiaro, è l’aumento della ritenzione urinaria. Per questo motivo è sconsigliato nei pazienti con insufficienza renale e/o con ipertrofia prostatica.

Gruppo IB Lidocaina: è utile per infusione endovenosa nel trattamento e nelle prevenzione delle aritmie ventricolari (es. quelle

da intossicazione digitalica o quelle che possono verificarsi per un meccanismo di rientro nel periodo peri-infartuale).Se somministrato per OS viene rapidamente metabolizzato a causa di un effetto di primo passaggio per cui si utilizza per endovena. Gli effetti sfavorevoli della lidocaina sono principalmente manifestazioni derivate da effetti sul SNC come sonnolenza, disorientamento e convulsioni.

Gruppo IC Flecainide: agisce sia sui canali del sodio che su quelli del potassio. Si utilizza per le aritmie sia sopraventricolari

che ventricolari. Ha una bassa tossicità ma sfortunatamente si è rivelata aumentare significativamente la mortalità dei pazienti se utilizzata per un lungo periodo specie a causa di fibrillazioni ventricolari negli infartuati. Quindi questo farmaco non si presta al trattamento cronico.

Gruppo III β-bloccanti sono gli unici farmaci che diminuiscono la mortalità a lungo termine e che possono perciò essere utilizzati per trattamenti cronici. Essi eliminano il controllo del sistema simpatico sul pacemaker e sulla fase di plateau. Sono utili nei casi in cui vi sia un’iperattività del simpatico.

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Soltalolo: è un β-bloccante che interferisce anche con i canali del potassio e che ha quindi un importante effetto di prolungamento del potenziale d’azione e condivide con l’amiodarone il rischio di provocare torsione di punta pur avendo, rispetto a quest’ultimo, un’efficacia minore nel prevenire le tachiaritmie ventricolari;Il libro lo mette nel gruppo III n.d.r.

Propafenone: possiede proprietà β-bloccanti meno importanti rispetto al Soltalolo e per questo può essere utilizzato nei pazienti (es. BPCO) in cui una intensa depressione dei recettori β è contro indicata.

Gruppo III Amiodarone: è strutturalmente simile agli ormoni tiroidei. Si usa sia per le aritmie ventricolari che

sopraventricolari. Agisce sia come β-bloccante sia sui canali del sodio e del calcio. Inibisce l’automatismo cardiaco. Prolunga il tratto Q-T ma raramente dà luogo a gravi alterazioni come la torsione di punta.Effetti indesiderati extracardiaci: essendo strutturalmente simile agli ormoni tiroidei può causare ipo o ipertiroidismo. Possiede un tempo di dimezzamento estremamente lungo e tende ad accumularsi a livello della cornea; la sua deposizione nella cute causa inoltre fotosensibilizzazione. Conseguenza seria ma molto rara è la fibrosi polmonare che è lenta a instaurarsi ma può essere irreversibile e fatale. Ancora più raramente il farmaco può provocare fibrosi epatica.In generale è un buon farmaco, soprattutto se utilizzato a dosi modeste.

Gruppo IVI più attivi Ca-antagonisti a livello cardiaco sono il Verapamil e il Diltiazem. Poiché il tessuto di conduzione non possiede una corrente rapida determinata dall’apertura dei canali del sodio ma solamente i canali del calcio si comprende il perché della relativa selettività dell’azione anti-aritmica dei Ca-antagonisti per questo tessuto.Tuttavia l’azione sui canali del calcio del tessuto di lavoro determina un effetto inotropo negativo per cui l’utilizzo di questi farmaci è sconsigliata nei pazienti con insufficienza cardiaca.Gli altri effetti sono gli stessi già citati precendentemente parlando dei Ca-antagonisti.

Altri farmaci Digossina: già ampiamente trattata. Essa rallenta la conduzione AV attraverso l’aumento dell’attività vagale per

azione sul SNC. Ciò viene sfruttato per ridurre la risposta ventricolare alla fibrillazione atriale; Adenosina: la molecola si forma dalla scissione dell’AMP.

Essa è importante sia nel regolare il tono della muscolatura liscia sia, sotto forma di cAMP, nella regolazione dei meccanismi di contrazione. Si usa in emergenza nelle tachiaritmie sopraventricolari perché iperpolarizza il tessuto di conduzione e rallenta la velocità di depolarizzazione intrinseca. Si usa per via endovenosa per terminare gli attachi di tachicardia sopra ventricolare. Gli effetti di un bolo di adenosina durano solo 20-30 secondi.L’inconveniente maggiore è la bronco-costrizione che può causare la comparsa di crisi asmatiche.

Raccomandazioni per la terapia delle aritmie È importante stabilire la causa delle aritmie ed in particolare:

o molti farmaci di comune uso determinano alterazioni del ritmo;o stabilire se non vi siano disionemie, in particolare per quanto riguarda la potassiemia;o stabilire se le aritmie siano secondarie ad altre malattie non proprie del cuore: es. ipotiroidismo,

feocromocitoma… E’ opportuno domandarsi se, considerati gli effetti tossici di questi farmaci, il trattamento dell’aritmia abbia un

rapporto rischio-beneficio favorevole al paziente.

Coagulazione ed emostasi

Farmaci anticoagulanti Eparina: è un glicopolisaccaride solforato simile all’eparan-solfato, fisiologicamente presente nell’endotelio.

L’eparina invece si trova nei granuli dei mastociti. Essa esplica il suo effetto legandosi all’antitrombina III potenziandone di 1000 volte l’effetto di inibizione dei vari fattori della coagulazione (specie trombina e fattore X).Il deficit congenito di antitrombina III è raro ma può causare trombofilia e resistenza alla terapia con eparina.Per la sua struttura così fortemente carica e per le sue grosse dimensioni non è assorbita per OS: deve essere somministrata per via endovena (di solito in pompa per mantenere un livello controllato) oppure, per somministrazioni a più lungo termine, per via sottocutanea (in tal caso l’effetto comincia 1-2 ore dopo).Analogamente a quanto si fa per la Warfarina è utile provvedere ad un monitoraggio mediante il controllo del APTT;

Eparina a basso peso molecolare (LMWH): viene somministrata per via sottocutanea ed ha un’emivita più lunga della eparina, indipendente dalla dose (eliminazione renale con cinetica di ordine zero). L’ LMWH non determina un prolungamento del APTT. E’ un po’ meno attiva dell’eparina ma si usa per ridurre l’incidenza di alcuni inconvenienti di quest’ultima quali:o fenomeni emorragici. Per l’eparina è disponibile un vero e proprio antidoto: la protamina solfato, una proteina

fortemente basica che forma un complesso inattivo con l’eparina;

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o piastrinopenia causata dalla formazione di immunocomplessi (Ab + eparina/fattore IV) che si depositano sulle piastrine ivi attivando il complemento;

o per trattamenti molto prolungati alterazione del metabolismo osseo per una causa non chiara;o in alcuni casi epatotossicità.

Warfarina: è strutturalmente simile alla vitamina K. Agisce da inibitore competitivo della reduttasi che trasforma la vitK ossidata (inattiva) in vitK (ridotta) inibendo perciò la carbossilazione vitamina K-dipendente di alcuni fattori della coagulazione. Possiede un t/2 relativamente breve e perché compaiano gli effetti dopo la somministrazione devono trascorrere 12-24 ore affinchè si esauriscano le riserve endogene di fattori della coagulazione.E’ utile per il trattamento anti-coagulante a lungo termine.Il Warfarin è metabolizzato nel fegato dal CYP e la sua emivita è estremamente variabile (intorno alle 40 ore).L’effetto indesiderato principale è l’emorragia per la quale non esistono antidoti se non la vitamina K la cui somministrazione non è possibile perché è mal assorbita. In realtà esistono dei preparati strutturalmente simili come il Menodione ma il loro effetto è ridotto. Perciò in caso di emorragia da Warfarina l’unico rimedio è la somministrazione di plasma o di fattori della coagulazione.E’ uno dei farmaci per i quali è prescritto il monitoraggio terapeutico controllando l’INR perché la concentrazione plasmatica della Warfarina può modificarsi in seguito alla presenza di altri farmaci inibitori o induttori enzimatici che ne possono influenzare il metabolismo.Oltre a questo non ha particolari effetti collaterali ma non può essere somministrata in gravidanza perché supera la barriera placentare ed ha nel 1° trimestre effetto teratogeno (malformazione delle cartilagini) e nell’ultimo può determinare la comparsa di emorragie intracraniche nel bambino durante il parto;

Cenocumarolo: è un altro inibitore della vitamina K ma, poiché ha effetti indesiderati maggiori della Warfarina, è poco utilizzato;

Irudina o Lepiridina: estratta dalle ghiandole salivari delle sanguisughe il primo, prodotto di sintesi il secondo, questi farmaci agiscono direttamente sulla trombina neutralizzandone l’effetto. Si utilizzano nella terapia post-infartuale o nella stenosi delle coronarie soprattutto in seguito ad inserimento di stent in associazione a farmaci anti aggreganti piastrinici.

Farmaci antiaggreganti piastriniciL’aggregazione piastrinica rappresenta il primo fenomeno di formazione di un coagulo o di un trombo.Il processo comincia con l’aggregazione delle piastrine all’endotelio mediante il fattore di Von-Willerbrand oppure a strutture sottoendoteliali esposte a causa di un trauma. Secondariamente le piastrine si aggregano tra loro mediante un ponte tra le glicoproteine IIB/IIIA esposte sulla superficie delle piastrine cui provvede il fibrinogeno.Un elemento importante nel processo è la sintesi da parte della ciclossigenasi costituitiva (COX1) presente nelle piastrine di acido-arachidonico dal quale poi si ottiene il trombossano; un fattore stimolante l’aggregazione piastrinica.Poiché le piastrine non posseggono il nucleo esse non possono reagire ad un eventuale blocco della COX1 con l’espressione della ciclossigenasi inducibile (COX2), cosa che invece può fare l’endotelio.Un altro elemento rilasciato dalle piastrine che contribuisce alla crescita del trombo piastrinico è l’ADP.Fattori endoteliali antagonizzano il processo: la prostaciclina, l’NO, il cAMP. Aspirina: noto come farmaco anti-infiammatorio e anti-piretico, nell’ultimo decennio si è scoperto che ha anche

una proprietà anti-aggregante piastrinica poichè inibisce non-competitivamente con un meccanismo di acetilazione le COX1 delle piastrine bloccando perciò la produzione di trombossano. Non potendo le piastrine esprimere le COX2 l’effetto dura per tutta la vita delle piastrine (7-10 giorni).Tuttavia l’aspirina non è selettiva e l’inibizione delle COX determina anche il blocco della produzione da parte dell’endotelio di prostacicline le quali, come detto, rappresentano un fattore anti aggregante. La soluzione è l’utilizzo del farmaco a dosaggi molto bassi perché a queste dosi l’azione prevalente è l’inibizione della sintesi del trombossano anche se sono allo studio farmaci selettivi per le COX1.Le dosi generalmente considerate attive sono 75-325 mg (contro i 500 mg necessari per l’effetto anti infiammatorio).Le basse dosi inoltre limitano, ma non escludono, gli effetti collaterali dell’aspirina: la prostaglandina E 2 possiede un importante effetto protettivo nei confronti della mucosa gastrica e duodenale. L’inibizione della sua produzione può portare all’ulcera peptica che rappresenta il principale effetto tossico dell’aspirina.Un altro rischio è rappresentato dalla comparsa di manifestazioni allergiche, spesso l’asma bronchiale.Il rapporto rischio-beneficio è comunque a favore del beneficio: l’aspirina da sola o in associazione con altri farmaci antiaggreganti e anticoagulanti è in grado di ridurre significativamente il rischio di recidive. Meno evidente è l’effetto di prevenzione primaria: in tal senso è raccomandata l’aspirina solo nei pazienti considerati ad elevato rischio;

Ticlopidina: è un’antagonista dei recettori per l’ADP la quale rappresenta un segnale per l’espressione sulla superficie delle piastrine delle glicoproteine IIB/IIIA. La sua azione è lenta a instaurarsi impiegando 3-7 giorni per raggiungere l’effetto massimo.I principali effetti collaterali sono: emorragie, epatotossicità, agronulocitosi, piastrinopenia, disturbi gastrointestinali ed in alcuni casi allergia. Gli effetti collaterali non sono rari e limitano l’uso del farmaco. L’associazione della ticlopidina con l’aspirina garantisce ottimi risultati;

Clopidogrel: ha un’azione simile alla precedente ma ha effetti collaterali meno evidenti (specie per quanto riguarda l’agranulocitosi). E’ un profarmaco per cui l’effetto compare solo dopo un certo tempo dalla somministrazione;

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Dipiridamolo: conosciuto in passato come vasodilatatore, si è rivelato utile come inibitore della fosfodiesterasi. A livello endoteliale il cAMP è un fattore antiaggregante e perciò il mantenimento di alti livelli di cAMP garantisce un’azione antitrombotica;

Abciximab: è un anticorpo monoclonale antagonista delle glicoproteine IIB/IIIA: agisce perciò nella fase terminale del processo di aggregazione piastrinica. Si somministra per endovena anche se sono allo studio preparati per via orale. I principali effetti collaterali sono: piastrinopenia, emorragie anche importanti. Più rare sono le manifestazioni allergiche poiché gli anticorpi sono chimerici topo-uomo e perciò meno facilmente vengono riconosciuti come estranei;

Eptifibatide: è un altro antagonista recettoriale IIB/IIIA. E’ un peptide ciclico che ha caratteristiche simili agli anticorpi descritti precedentemente. Deve essere somministrato per EV. Possiede effetti collaterali emorragici meno marcati del farmaco precedente.

N.B: l’uso di antiaggreganti piastrinici è particolarmente indicato per la prevenzione delle trombosi arteriose, quello dei farmaci anticoagulanti per la prevenzione delle trombosi venose.

Agenti fibrinoliticiFisiologicamente il fattore attivante la plasmina liberato dall’endotelio attiva il plasminogeno trasformandolo in plasmina la quale è in grado di scindere il coagulo. In realtà nel processo intervengono altri fattori che possono avere un ruolo sia pro che anti fibrinolitico (es. la lipoproteina A tende ad antagonizzare il meccanismo fibrinolitico, l’urokinasi e la streptochinasi sono invece agenti fibrinolitici).I farmaci fibrinolitici vengono utilizzati in caso di trombosi soprattutto nell’infarto del miocardio: il loro uso riduce notevolmente la mortalità in misura tanto maggiore quanto più precoce è il trattamento (0-1 ore: 6,5%; 1-2 ore: 2,7%; 2-6 ore: 1,7%). In altre situazioni al di fuori dell’IMA l’importanza dell’uso di questi farmaci è meno certo.L’uso dell’associazione della streptochinasi con l’aspirina è in grado di ridurre di circa il 50% il rischio di reinfarto dopo il primo episodio. Anistrepasi (streptochinasi estratta da colture di streptocco pyogenes + fattori pro-fibrinolitici): i problemi legati al

suo utilizzo riguardano gli effetti indesiderati, in primis le manifestazioni di tipo emorragico. Esiste tuttavia un antidoto: l’acido ε aminocaproico.Controindicazioni:o pazienti con ipertensione medio-grave;o pazienti con diatesi emorragica;o pazienti che soffrono di emorragie gastroduodenali;o pazienti che abbiano di recente subito interventi chirurgici.

Prevenzione dell’aterosclerosi

Pur non disponendo oggi di farmaci che agiscono direttamente sul processo di aterosclerosi è possibile controllare con la terapia alcuni dei fattori coinvolti nell’aterosclerosi: concentrazione di HDL, LDL, VLDL, PA, glicemia, obesità, fumo, inattività fisica, livelli elevati di PCR (che sembra rappresenti un fattore di rischio ancora più importante del colesterolo), lipoproteina A (che legata alla plasmina ne antagonizza l’effetto fibrinolitico), omocisteina, NO e prostacicline (questi ultimi due fattori protettivi).Tra quelli elencati i più importanti fattori di rischio su cui agiscono i farmaci sono le lipoproteine. Si ricordi che le iperlipoproteinemie spesso sono secondarie ad uno scorretto stile di vita e si inseriscono nel contesto della sindrome metabolica ma a volte sono primitive e dovute ad una malattia genetica.Oltre all’aterosclerosi in sé un altro grosso problema è quello dell’instabilità della placca che può ulcerarsi con fuoriuscita di materiale in grado di provocare embolie sistemiche. Statine: sono state introdotte in terapia come inibitori competitivi (posseggono una struttura simile al melavonato)

dell’HMG-CoA reduttasi, un’enzima della via di sintesi endogena del colesterolo. Inoltre aumentano le capacità del fegato di rimuovere le LDL. Questo è solo uno tra i numerosi effetti di questi farmaci:o diminuiscono la colesterologenesi. Si tenga però presente che i livelli di colesterolo non possono essere

abbassati al di sotto di un certo limite perché esso è fisiologicamente importante per le membrane cellulari e per la sintesi ormonale;

o aumentano l’espressione di geni che regolano la sintesi dei recettori per la captazione epatica delle LDL dal momento che la loro sintesi è regolata a feedback dai livelli di colesterolemia;

o diminuiscono la sintesi di trigliceridi e quindi di VLDL. L’effetto si verifica anche utilizzando basse dosi di statine;

o secondo alcuni autori aumentano i livelli di HDL ma ciò non è documentato con sicurezza;o hanno un effetto benefico sulla funzione endoteliale determinando con vari meccanismi vasodilatazione:

stimolano la sintesi di nitrossido sintetasi e quindi di NO il quale è ridotto nell’ipercolesterolemia e negli stati infiammatori;

o hanno un effetto sulla muscolatura liscia a livello della quale riducono i processi di proliferazione che avvengono in conseguenza del rilascio da parte delle cellule schiumose di citochine proinfiammatorie;

o secondi alcuni autori posseggono un importante effetto anti ossidante;

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o mediante un meccanismo non chiaro aumentano la stabilità delle placche;o posseggono un’azione anti-infiammatoria: riducono i livelli di PCR; uno degli importanti fattori di rischio. Ciò

è probabilmente legato ad un effetto sulla produzione di leucotrieni, prostaglandine e prostacicline;o è stato infine osservato anche un effetto anti aggregante piastrinico probabilmente secondario alla diminuzione

dei livelli di LpA. La LpA contiene la lipoproteina A che, avendo una notevole somiglianza strutturale col plasminogeno, compete con quest’ultimo alterando in senso trombotico la bilancia emostatica.

Farmacocinetica: vengono somministrati per via orale una volta al giorno. Sono ben assorbiti ed estratti dal fegato che è il loro sito d’azione. La simvastina è un profarmaco che viene attivato dal metabolismo epatico.Il prezzo da pagare per tutti questi effetti è molto basso: le statine sono difatti farmaci molto sicuri. L’unico effetto collaterale è rappresentato dalle miopatie secondarie ad un’alterazione del metabolismo della mioglobina. Oltre a problemi a livello muscolare l’alterato metabolismo della mioglobina con ipermioglobinuria può portare a necrosi tubulare acuta. Queste complicanze si sono osservate solo con la “cerivastatina”, un farmaco molto potente ed a metabolismo lento, ma comunque tutti i pazienti trattati con statine devono essere tenuti sotto controllo, soprattutto se riferiscono dolore muscolare.Un altro effetto collaterale che questi farmaci possono causare è una certa epato-tossicità, soprattutto in pazienti con storia di epatopatie, diabete, obesità… in tutte queste persone è opportuno controllare i livelli ematici di transaminasi. Rare sono comunque le forme mortali di necrosi epatica.Ancora ci possono essere interferenze con gli altri farmaci ma in generale, alle dosi terapeutiche, si tratta di un problema di poco conto.Infine è sconsigliato l’uso di questi farmaci in gravidanza: anche se nessuno studio ne ha dimostrato la teratogenicità nessuno la ha esclusa.Le statine sono state molto studiate e gli studi hanno messo in evidenza che il loro utilizzo in pazienti fortemente a rischio o nella prevenzione delle recidive porta ad una significativa riduzione della malattia coronarica, dell’ictus e della mortalità totale. Non ci sono ancora studi con evidenza clinica che questi farmaci possano anche essere utili nella prevenzione primaria;

Resine (colestiramina e colestipolo): sono resine a scambio ionico, cariche positivamente, che nell’intestino legano gli acidi biliari importanti per il trasporto e l’assorbimento del colesterolo. Ciò determina sia una riduzione della sintesi delle LDL sia un aumento dell’espressione dei recettori per le LDL.Le resine sono sostanze inerti che non vengono assorbite e quindi non determinano effetti sistemici. Gli unici effetti indesiderati che possono causare sono l’alterazione dell’alvo, sia in un senso che nell’altro. Queste resine inoltre non legano solo gli acidi biliari ma anche altri farmaci carichi (es. la digossina e il warfarin).Generalmente non vengono utilizzati da soli ma in associazione con le statine;

Acido nicotinico: è l’unico tra i farmaci, ad eccezione forse della Sivastatina a dosi elevate, che aumenta i livelli di HDL probabilmente riducendone la clearance. Esso inoltre riduce i livelli di VLDL e LDL probabilmente riducendo la liberazione di acidi grassi liberi e quindi la sintesi di trigliceridi a livello epatico.Siccome i livelli di HDL sono considerati da alcuni ancora più importanti di quelli delle LDL per valutare lo stato del metabolismo lipido si comprende l’importanza di questi farmaci.Effetti indesiderati: flushing, alterazioni della funzionalità dell’apparato gastroenterico, dispepsia, tachicardia, rash cutanei e prurito. In questo caso la somministrazione di inibitori delle COX è in grado di antagonizzare l’effetto.In alcuni casi induce epatotossicità, anche abbastanza grave, e iperuricemia. L’uso di questi farmaci è sconsigliato in soggetti diabetici.Da studi su animali si è evidenziato un effetto teratogenico: non ci sono evidenze che ciò sia valido anche per l’uomo ma è comunque sconsigliato l’uso in gravidanza.

Fibrati (clofibrato, gemfibrozil): agiscono attivando il recettore PPAR aumentando l’ossidazione mitocondriale degli acidi grassi e riducendo considerevolmente le VLDL e, di circa il 10%, anche le LDL. Ciò è importante nelle ipertrigliceridemie. Inoltre attivano la lipasi lipoproteica che usa come cofattore l’apo CIII. Infine, poiché i remnants delle VLDL contribuiscono a formare le HDL, la loro concentrazione aumenta moderatamente (ma l’effetto principale riguarda i trigliceridi).Oltre a questi effetti sulle lipoproteine i fibrati riducono i livelli di fibrinogeno plasmatico, migliorano la tolleranza al glucosio e prevengono l’infiammazione nella muscolatura liscia vascolare attraverso l’inibizione dell’espressione del fattore di trascrizione NFKβ.Anche se la relazione tra VLDL e malattia aterosclerotica non è stretta come quella tra LDL e aterosclerosi è comunque opportuno correggere le ipertrigliceridemie.Effetti collaterali: disturbi gastrointestinali, cefalee, miositi (soprattutto se associati a statine: molti dei casi mortali associati all’uso di cerivastatina erano in realtà dovuti all’associazione della statina con gemfibrozil);

Acidi grassi ω3: queste sostanze si trovano nei pesci di mari freddi e sono al limite tra rimedio alimentare e farmacologico. Esse probabilmente agiscono sostituendosi all’acido arachidonico determinando la produzione di trombossani e prostacicline con un maggiore numero di doppi legami: i trombossani risultano meno attivi mentre l’attività delle prostacicline non risulta modificata. Sono importanti inoltre nel ridurre la trigliceridemia ma aumentano leggermente il colesterolo;

Ezetimide: anche se autorizzata al commercio non esiste ancora un prodotto commerciale che la contenga. Agisce inibendo l’assunzione del colesterolo da parte del tenue colpendo selettivamente il sistema di trasporto. Rispetto alle resine garantisce un risultato simile ma, grazie alla sua selettività, minori effetti collaterali.

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Associazioni:E’ possibile associare le statine e i fibrati somministrando il 50 o addirittura il 25% della normale dose di statine insieme a mezza dose di fibrati: grazie al principio della “somma degli effetti farmacologici” i risultati sono comunque buoni ma si riduce sensibilmente il rischio di complicanze.Un’altra associazione interessante è quella tra resine e statine: le statine non sono legate dalle resine e la loro associazione permette di attaccare il metabolismo del colesterolo su due fronti (difatti il beneficio della diminuzione della sintesi endogena indotta dalle statine è parzialmente annullato dall’aumento della captazione di colesterolo esogeno). L’associazione non comporta un aumento della tossicità.Ancora è possibile associare l’acido nicotinico e le statine soprattutto nelle iperlipidemie con fenotipo IIB.Infine è possibile associare anche acido nicotinico e resine dal momento che esso non è legato dalle resine.

Sistema respiratorio

Innervazione simpatica e parasimpatica dei polmoni Parasimpatico: i recettori M3 sono localizzati sulla muscolatura liscia bronchiale e sulle ghiandole, e ne mediano

rispettivamente la contrazione e la secrezione. La stimolazione del vago determina broncocostrizione, principalmente a livello delle vie aeree più grandi;

Simpatico: i nervi simpatici innervano i vasi sanguinei e le ghiandole e la noradrenalina induce contrazione dei vasi e inibizione della secrezione da parte delle ghiandole. Non è presente innervazione simpatica della muscolatura bronchiale: tutti gli effetti simpatici sono dovuti alle catecolamine circolanti. Nell’uomo i recettori adrenergici presenti a livello delle vie aeree sono praticamente tutti di tipo β2.

Terapia dell’asmaL’asma è un’importante malattia sia in età pediatrica che tra gli adulti. Si tratta di una broncopneumopatia ostruttiva ricorrente e reversibile caratterizzata da un aumento delle resistenze bronchiali opposte al passaggio dell’aria che in più del 90% dei casi si accompagna tardivamente ad una fase di infiammazione con vasodilatazione, edema e secrezione mucosa.Quindi se in un primo momento l’asma esordisce con semplice broncocostrizione tardivamente compare l’infiammazione e questa fase è caratterizzata da una più marcata riduzione della FEV rispetto alla fase precoce.Oggi si ritiene che già all’esordio siano presenti entrambi i fenomeni anche se all’inizio l’infiammazione è scarsa.Il broncospasmo è legato alla liberazione di sostanze come l’istamina, il PAF, i leucotrieni e le prostaglandine derivanti da mastociti e cellule mononucleate. Insieme vengono liberate anche chemochine che determinano un’infiltrazione cellulare di tipo TH2. Queste cellule liberano citochine e richiamano cellule infiammatorie, in particolare gli eosinofili i quali rilasciano sostanze che causano danno e perdita dell’endotelio.Due gruppi di farmaci vengono perciò utilizzati nella terapia dell’asma: i broncodilatatori e gli anti-infiammatori, soprattutto steroidei.Pochi casi di asma bronchiale legati a polline possono essere prevenuti con la somministrazione di farmaci come il cromoglicato o il nedocromil che agiscono legandosi ai mastociti ed impendendo la degranulazione. Nel corso di un attacco d’asma questi farmaci sono inutili se non controproducenti.

Broncodilatatori farmaci simpaticomimetici: tra i farmaci ampiamente utilizzati come broncodilatatori nella terapia dell’asma ci

sono i β2 agonisti. Essi derivano dall’adrenalina la quale è di per sé in grado di risolvere un attacco di asma bronchiale; tuttavia i suoi efffetti collaterali portano a preferire degli analoghi maggiormente selettivi.Isopropilnoradrenalina: è il primo farmaco sintetizzato. I risultati sono soddisfacenti tuttavia il farmaco ha un inconveniente: è un β agonista non selettivo e ciò può per esempio determinare aritmie (effetto β1) anche se la sua somministrazione per areosol limita l’assorbimento sistemico e riduce il rischio.Oggi esistono farmaci ancora più selettivi che si dividono in due gruppi:1. rapida attività: l’effetto compare dopo 10-20 minuti e la durata è di 3-4 ore. A questa prima categoria

appartengono il Salbutamolo (nome commerciale Ventolin) e la Terbutalina;2. effetto più lento ma maggior durata d’azione. A questo gruppo appartiene il Salmeterolo che non viene

utilizzato al bisogno come i precedenti ma viene somministrato due volte al giorno come terapia aggiuntiva nei pazienti la cui asma sia inadeguatamente controllata dai glucocorticoidi.

Effetti collaterali:o la selettività non è assoluta e permane una certa attività β1 stimolante che può essere responsabile di

tachicardie, più raramente di aritmie. Per questo motivo tali farmaci devono essere utilizzati con cautela nei cardiopatici;

o tremori e contratture della muscolatura scheletrica che si risolvono spontaneamente in breve tempo.L’associazione dei β2 stimolanti con i glucocorticoidi somministrati per via inalatoria costituisce la base della terapia inalatoria dell’asma bronchiale. Difatti sembrerebbe che i glucocorticoidi possano prevenire lo sviluppo di una forma di tolleranza nei confronti degli agonisti adrenergici;

farmaci anticolinergici: l’atropina potrebbe essere usata a tale scopo ma possiede molti altri effetti periferici e centrali tali da sconsigliarne l’uso. Oggi sono stati messi in commercio dei derivati con basi d’ammonio quaternario senza effetti centrali. Tra questi il più interessante è l’ ipratropio: esso possiede un’azione abbastanza selettiva sui

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recettori muscarinici, in particolare gli M3, e somministrato per via inalatoria si è dimostrato un buon broncodilatatore (meno potente dei β2 agonisti ma con meno effetti collaterali).L’ipratropio è in grado di rilasciare la muscolatura bronchiale in cui un aumento della stimolazione parasimpatica ha provocato costrizione, che si verifica particolarmente nell’asma prodotta da stimoli irritanti. Non ha effetti sulla fase tardiva.Per quanto riguarda gli effetti collaterali oltre a quelli centrali (dovuti all’attività di antagonista colinergico) anche quelli periferici sono limitati perché il farmaco è somministrato per via inalatoria. Il farmaco è perciò indicato nei pazienti in cui l’uso dei β2 stimolanti sia sconsigliato ed in età pediatrica essendo in generale sicuro;

basi xantiniche (teofillina, teobromina, caffeina): la teofillina in particolare, o il suo derivato etilen-diamina (aminofillina), è utilizzata nella terapia dell’asma. Possiede un’efficace azione broncodilatatrice dovuta ad inibizione delle fosfodiesterasi e alla conseguente preservazione del cAMP, importante nei meccanismi di rilasciamento della muscolatura liscia.Antagonizza inoltre l’adenosina, che è un bronco e vasocostrittore.Gli effetti non si limitano a questo: o a livello cardiaco ha un effetto inotropo e cronotropo positivo (discorso analogo a quello fatto per gli

inodilatatori);o stimola la secrezione acida gastrica;o possiede un modesto effetto diuretico dovuto ad aumento della filtrazione glomerulare ed a riduzione

dell’assorbimento tubulare;o stimola il SNC e in età pediatrica può causare convulsioni;o recentemente si sta verificando l’ipotesi che possa possedere un’azione antiinfiammatoria.Un inconveniente del farmaco è che gli effetti indesiderati compaiono a dosi molto vicine a quelle terapeutiche: per questo motivo è indicato il monitoraggio terapeutico.La teofillina presenta infine numerose interazioni farmacologiche: sostanze come la cimetidina o l’induzione enzimatica che si ha nei fumatori alterano facilmente la concentrazione plasmatica della teofillina.La teofillina per endovena si utilizza per le emergenze. Le basi xantiniche possono comunque essere somministrare per OS (esistono anche preparazioni ritardo) come farmaci di seconda scelta nei pazienti in cui l’asma non risponde adeguatamente agli agonisti adrenergici. Non è possibile la somministrazione per via inalatoria. Poiché la teofillina è metabolizzata dal CYP la sua concentrazione nel siero viene aumentata da farmaci che inibiscono l’enzima.

Antiinfiammatori: glucocorticoidi: essendo la componente infiammatoria parte importante dell’asma gli anti-infiammatori steroidei

rappresentano un ausilio indispensabile nella terapia di questa patologia. Esistono preparazioni somministrabili per via inalatoria (fluticasone, budesonide, beclometasone) che permettono di ridurre gli effetti sistemici (es. osteorarefazione, importante soprattutto nelle donne in età post-menopausale) conservando al contempo buoni effetti a livello bronchiale. In forme gravi è prevista anche la somministrazione per via sistemica (predinisone e predinisolone).I glucocorticoidi diminuiscono la formazione di citochine, in particolare quelle prodotte dai Th 2. Inoltre diminuiscono la produzione di vasodilatatori, prostaglandine e prostacicline mediante l’inibizione dell’induzione della COX2. Infine sono in grado di ridurre la down-regulation dei recettori β2.Effetti collaterali:o trattamenti molto prolungati per via inalatoria possono comunque determinare la comparsa di effetti sistemici,

soprattutto a livello osseo;o la deposizione di particelle nel cavo orale, a causa dell’effetto immunosopressivo, espone al rischio di

candidiasi. L’inconveniente è risolvibile sciaquando la bocca dopo l’uso. antileucotrieni: i leucotrieni sono elementi importanti della fase infiammatoria e per questo si è ipotizzato che

alcuni farmaci, inibitori competitivi del recettore per i leucotrieni, potessero essere utili nella terapia dell’asma al posto dei glucocorticoidi. I due principali farmaci appartenenti a questa categoria sono il montelucast e lo zafirlukast.Purtroppo i risultati non sono stati soddisfacenti: risponde solo il 30-40% dei pazienti e sono efficaci solo in alcuni tipi di asma come quello che insorge in seguito alla somministrazione di aspirina, nell’asma da freddo, in alcuni casi di asma da sforzo e comunque sempre in associazione con i glucocorticoidi (seppur a dosi inferiori).Hanno come importante punto di forza la possibilità di essere somministrati per OS: in età pediatrica, infatti, la somministrazione per via inalatoria può non risultare agevole.Effetti collaterali:o effetti gastrointestinali;o vasculiti e fenomeni di iper-reattività.

Cromoglicato: il farmaco deprime l’iperattività dei riflessi neuronali che vengono attivati dagli stimoli irritanti. Inoltre previene il rilascio di istamina da parte dei mastociti. Gli effetti indesiderati sono pochi e principalmente sono rappresentati dall’irritazione delle alte vie respiratorie.

Altri farmaci

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anticorpi anti IgE con effetto neutralizzante (omalizumab): somministrati per via sottocutanea ogni 2-3 settimane si sono dimostrati efficaci. Non sono ancora in commercio;

antistaminici: anche se l’istamina è uno degli elementi che determinano il broncospasmo questi farmaci non si sono rivelati molto utili. Solo uno, il ketotifene, si è dimostrato in qualche modo efficace ma ha l’effetto collaterale di determinare sonnolenza.

Riassumendo: trattamento sintomatico: β2 bloccanti ad azione rapida; trattamento preventivo: β2 bloccanti ad azione lenta in associazione con glucocorticoidi; emergenze: adrenalina o amminofillina EV.

Terapia della tosseInnanzitutto è importante puntualizzare che prima di intervenire è necessario stabilire quali siano le cause che determinano la tosse: per esempio nel 50% delle forme di asma l’unica sintomatologia è la tosse; ci sono farmaci come gli ace inibitori che possono causare tosse…I più importanti farmaci anti tosse sono quelli che agiscono a livello del centro della tosse (oppiacei): codeina (metil-morfina): ha le stesse caratteristiche della morfina ma è 10 volte meno attiva come analgesico.

L’azione antitosse compare a dosi molto inferiori a quelle che determinano l’effetto analgesico o tossico manigeno; destrometorfano: è un derivato destrogiro della morfina che non possiede attività analgesica ma che conserva

l’effetto antitosse. Infatti agisce su recettori diversi da quelli classici della morfina che non sono ancora stati isolati.Di solito i farmaci anti tosse sono somministrati sotto forma di sciroppi (2/3 di zucchero) perché essi possono avere di per sé un certo effetto locale antitosse. Inoltre possono avere un’azione anestetica locale (benzonatato) o antistaminica (difenidramina).Infine, una sostanza molto comune nei preparati per la tosse ma il cui effetto è dubbio è l’acetil-cisteina che dovrebbe possedere un’azione mucolitica donando gruppi SH che scindono i ponti disolfuro che danno consistenza al muco.

Sistema gastroenterico

Farmaci inibitori della secrezione acidaL’ulcera peptica è legata alla secrezione acida della parete gastrica che porta i succhi gastrici a raggiungere un ph di 1-2. Essi sono in grado di provocare fenomeni ulcerativi quando vi sia uno squilibrio tra secrezione e fattori protettivi della mucosa: ipersecrezione o minore produzione di muco e HCO3

- da parte delle cellule epiteliali dello stomaco.La secrezione acida è sotto il controllo del parasimpatico. Importanti sono anche alcuni mediatori ormonali come la gastrina e l’istamina (recettore H2) liberate rispettivamente dalle cellule enterocromaffini e dai mastociti le quali determinano un aumento del cAMP e di conseguenza un aumento dell’attività della pompa H/K ATPasi.La gastrina e l’acetilcolina invece determinano un aumento della secrezione acida mediante un meccanismo Ca-dipendente.Le prostacicline hanno un effetto protettivo perché inibiscono la formazione di cAMP e aumentano la secrezione mucosa. La sintesi di queste molecole è antagonizzata dai FANS e dai glucocorticoidi: si comprende perciò il motivo degli effetti dannosi di questi farmaci a livello gastro-duodenale.Infine una nota sull’H.Pilori: qualche tempo fa si pensava fosse l’agente eziologico dell’ulcera. Oggi si è capito che è solo uno dei fattori che vi concorrono. La sua importanza è comunque notevole e la guarigione della malattia è legata all’eradicazione del batterio. Esso è in grado di scindere il muco e legarsi perciò alle cellule di rivestimento. Esso inoltre ha la capacità di stimolare la secrezione di tutta una serie di fattori proinfiammatori che possono causare gastrite e, conseguentemente, alterazione della mucosa.

AntiacidiQuesti farmaci neutralizzano l’acidità gastrica. Il più noto è il bicarbonato di sodio che in presenza di HCl si trasforma in cloruro di sodio e acqua. Ha l’inconveniente di determinare un aumento della sodemia e ciò è da evitare soprattutto negli ipertesi e nefropatici. Inoltre, poiché una piccola frazione del bicarbonato viene assorbito a livello intestinale, può provocare una modesta alcalosi metabolica.Un altro farmaco analogo è il carbonato di calcio: in questo caso l’effetto collaterale è rappresentato dall’aumento della calcemia ma le conseguenze sono meno significative.Quelli più utili dal punto di vista pratico sono l’idrossido di magnesio e l’idrossido di alluminio: sono basi deboli che in ambiente acido si trasformano in cloruro di alluminio e cloruro di magnesio. Gli unici inconvenienti sono un certo effetto lassativo del magnesio e astringente dell’alluminio. L’utilizzo in associazione permette di compensare i due effetti.

Anticolinergici Pirenzepina: si utilizza da sola o meglio in associazione con gli antiacidi. Possiede un’azione abbastanza selettiva

sui recettori muscarinici a livello gastrico anche se non è priva di altri effetti tipici degli anticolinergici (diminuzione della peristalsi, cicloplegia, secchezza delle fauci). Non si usa se non in forme lievi.

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Anti H2Sono antagonisti competitivi del recettore istaminico H2. Appartengono a questa categoria la cimetidina, la ranitidina, la famotidina e la nizatidina.Posseggono tutti una semplice farmacocinetica: somministrati per OS sono assorbiti facilmente, vengono eliminati per via renale ad eccezione della famotidina che è in parte eliminata per via biliare. La ranitidina può essere somministrata una sola volta al giorno, generalmente alla sera per coprire il picco di acidità durante le ore notturne. La cimetidina deve invece essere somministrata due volte al giorno.Questi farmaci riducono in maniera significativa la secrezione acida.Effetti indesiderati (riguardano soprattutto la cimetidina che, per questo, viene meno utilizzata): interazione con il metabolismo degli ormoni sessuali dovuto probabilmente ad una modesta affinità per i recettori

degli androgeni: ginecomastia e diminuzione della potenza sessuale nell’uomo, alterazione dei cicli mestruali nella donna;

inibizione del CYP: ciò ne giustifica le interazioni farmacologiche; effetti neurologici: cefalea, vertigini, raramente convulsioni. Riguardano soprattutto la cimetidina, in misura molto

minore gli altri farmaci.Essi possono essere utilizzati come terapia del gastrinoma anche se solitamente sono preferiti gli inibitori di pompa.

Inibitori di pompa (es. omeprazolo)Sono dei profarmaci i quali, somministrati per OS, si attivano una volta raggiunto l’ambiente acido dello stomaco. Si legano in maniera irreversibile (legame covalente) alla pompa protonica.La loro farmacocinetica è relativamente rapida: sono eliminati prevalentemente per via biliare nel giro di qualche ora e in maniera non condizionata dalla funzionalità epatica e biliare.Somministrandoli per periodi abbastanza lunghi si ottiene la soppressione del 90-95% delle pompe protoniche. Dopo la loro sospensione è necessario un certo periodo di tempo affinchè possa avvenire la neosintesi.Per la terapia del reflusso gastroesofageo gli schemi terapeutici prevedono la somministrazione di questi farmaci per 4-5 giorni consecutivi intervallati da interruzioni; per l’ulcera peptica la somministrazione deve essere prolungata per 14-15 giorni fino ad un massimo di 1-2 mesi.Effetti indesiderati: sono considerati tra i farmaci più sicuri nella terapia dell’ulcera. Uno degli effetti è la possibilità che la riduzione della secrezione esponga l’apparato digerente ad infezioni. Un altro effetto è l’aumento della gastrinemia. Entrambi sono problemi relativamente poco importanti. Raramente si verificano alterazioni dell’alvo o cefalea.Non così importante ai fini dei processi digestivi è l’aumento del pH: l’acidità residua è sufficiente per il funzionamento degli enzimi digestivi.Non esistono in generale controindicazioni. Si utilizzano anche per il gastrinoma e, in associazione con i chemioterapici, nell’eradicazione dell’HP (considerando che nel 60-80% dei casi le manifestazioni dell’ulcera si accompagnano all’infezione da Helicobacter). La miscela più comune è costituita da metronidazolo, claritromicina e inibitore di pompa.

Farmaci che stimolano la produzione di muco Misoprostolo: è strutturalmente simile alla prostaglandina E1 e ha un’emivita breve (30 minuti), non molto

maggiore a quella delle prostaglandine. Stimola la sintesi di muco e bicarbonati facendo al contempo diminuire la concentrazione di cAMP.Questo farmaco è stato proposto nella terapia e nella prevenzione degli effetti indesiderati dei FANS.I maggiori inconvenienti sono la breve emivita del farmaco che determina la necessità di ripetute somministrazioni ed un effetto anti ulcera non molto efficace. Alterazioni dell’alvo e diarrea sono effetti collaterali dovuti all’azione sui livelli di cAMP;

Sucralfato: è un’associazione di saccarosio e idrossido di alluminio che ha la capacità di depositarsi a livello della lesione ulcerosa svolgendo le funzioni di barriera protettiva nei confronti dell’acidità.Stimola inoltre la produzione di muco e HCO3

- ma l’effetto principale è “quasi meccanico”. Gli effetti indesiderati sono pochi, la più comune è la costipazione. Ha lo svantaggio di ridurre l’assorbimento di alcuni farmaci come la tetraciclina e la digossina;

Bismuto colloidale: il bismuto possiede un’azione anti Helicobacter poiché esercita su di esso un’azione tossica e può prevenire la sua adesione alla mucosa o inibire i suoi enzimi proteolitici. Inoltre, con un meccanismo simile al precedente, protegge la mucosa. Infine probabilmente anch’esso aumenta la secrezione di muco e bicarbonati. Il farmaco viene poco assorbito ma quello che viene assorbito è eliminato con le feci e le scurisce tanto da simulare una perdita ematica. Secreto con la saliva, inoltre, può annerire la lingua. Altri effetti collaterali sono la nausea e il vomito;

Carbenoxolone: derivato dalla liquerizia, possiede una certa attività protettiva ma ha l’inconveniente di avere anche un’attività simil aldosteronica.

Considerazioni finaliSia gli anti H2 che gli inibitori di pompa, soprattutto la Cimetidina, possono causare interazioni farmacologiche.Un altro importante elemento da considerare è che esistono un gran numero di farmaci che possono causare effetti lesivi sulla mucosa gastrica: es. basi xantiniche, FANS, alcool, glicocorticoidi… in tutti questi casi è indicato somministrare anche farmaci anti ulcera.

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In clinica anche in caso di dispepsie con una sintomatologia che non fa pensare alla presenza di ulcera o reflusso gastroesofageo vengono comunque utilizzati questi farmaci di cui un po’ si abusa: non c’è infatti evidenza clinica che possano davvero essere efficaci in questa situazione.Molto importanti sono invece gli inibitori di pompa nelle ulcere da stress tanto che nei pazienti operati si esegue a volte profilassi con inibitori di pompa.

Farmaci antiemeticiStimoli che possono provocare il vomito; dolori (es. IMA), visioni e odori repellenti, fattori ambientali; cinetosi; tossine esogene o farmaci (es. digitalici, oppiacei come l’apomorfina che viene a volte usata per indurre il vomito,

chinina, chinidina, levodopa…). Il vomito è un importantissimo problema nella chemioterapia; stimoli dalla laringe e dallo stomaco.Vie nervose e recettori implicati nel vomito:

La zona chemocettrice è sensibile agli stimoli chimici ed è il sito di azione di molti farmaci emetici ed antiemetici. In prossimità di questa zona la barriera ematoencefalica è relativamente permeabile permettendo ai mediatori presenti in circolo di agire direttamente su di essa. Essa è inoltre coinvolta nella mediazione del mal di moto. Dalla zona chemocettrice gli impulsi vengono trasmessi al “centro del vomito” che controlla e integra le funzioni viscerali e somatiche implicate nel vomito.

Farmaci antagonisti muscarinici Scopolamina: è un derivato dell’atropina. Contiene un ammonio ternario ed ha quindi effetti centrali i quali però, al

contrario dell’atropina, sono sedativi anziché stimolanti. Viene utilizzato nel trattamento delle cinetosi e dal vomito causato dalla presenza di sostanze irritanti nello stomaco, ma hanno uno scarso effetto contro sostanze che agiscono direttamente sull’area chemocettrice;E’somministrata mediante cerotti per via transdermica da applicare in regione retroauricolare. Gli inconvenienti sono legati all’azione colinergica: es. ridotta salivazione, cicloplegia etc…;

Difenidramina; Ciclizina: ha come inconveniente l’azione teratogena ma in generale nessun anti emetico dovrebbe essere usato in

gravidanza.

Farmaci anti-H1Anche questi farmaci sono utilizzati nel trattamento delle cinetosi. Hanno minori effetti collaterali rispetto agli antagonisti colinergici ed una maggiore durata d’azione. Il principale problema è che possono causare sonnolenza.

Farmaci antagonisti dopaminici (D2)Si utilizzano come anti-emetici “tout-court”. Agiscono sull’area chemocettrice. Oltre all’azione anti emetica questi farmaci hanno anche un’azione procinetica e anti reflusso. Domperidone, Metoclopramide (nome commerciale Plasil): sono strutturalmente simili ai farmaci antagonisti

dopaminici che si usano come anti psicotici ma hanno meno effetti sul sistema piramidale anche se il Parkinsonismo rappresenta comunque il maggior effetto indesiderato seppur con frequenza ridotta (1-2 % per trattamenti prolungati).Il Metoclopramide forse ha anche un’azione antagonista nei confronti dei recettori della serotonina. Presenta però altri effetti collaterali: può difatti causare ginecomastia e galattorrea.Esso è comunemente utilizzato nelle miscele anti-emetiche che si somministrano insieme agli anti tumorali.

Farmaci antagonisti serotoninergiciQuesti farmaci antagonizzano sia i recettori centrali che le afferenze viscerali. Sono stati appositamente creati valutando le caratteristiche dei recettori. Anche questi farmaci sono importanti nella chemioterapia.

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Ondansetron, Granisetron: possono essere somministrati per OS, l’effetto in tal caso compare dopo 2-3 ore, oppure EV ed in tal caso dopo 30 minuti compare l’effetto. In genere le miscele che si somministrano circa 1 ora prima dell’infusione di chemioterapici comprendono un antagonista serotoninergico + anti D2 + glicocorticoidi.Hanno una serie di effetti secondari come stipsi e raramente manifestazioni allergiche. Comunque il rapporto rischio-beneficio è senz’altro favorevole.

Altri farmaci Glucocorticoidi: da sempre miscelati con i farmaci anti emetici. Il Desametasone ha di per sè un effetto

antiemetico. Il meccanismo d’azione non è noto: forse inibizione delle COX e delle fosfolipasi e quindi riduzione della produzione dei derivati dell’acido arachidonico;

Tetraidrocannabinolo (principio attivo della Mariujana): un suo derivato è il Nabilonje, che possiede una buona azione anti emetica. Se utilizzato da solo può causare manifestazioni psichiche: molto preferibile è il suo uso associato ad altri farmaci;

Benzodiazepine: sono utili nella terapia anti-emetica. Non è chiaro il meccanismo con cui agiscono. Alcuni ritengono che l’effetto ansiolitico e sedativo di questi farmaci sia causato dalla riduzione delle afferenze sensitive che potrebbe comportare una riduzione anche delle afferenze implicate nel vomito;

Vitamina B6: può essere utilizzata in gravidanza (in particolare nel 1° semestre) quando gli altri anti-emetici devono essere evitati. La vitamina infatti non ha effetti collaterali.

Farmaci che agiscono sulla motilità intestinaleMolti farmaci, e non solo quelli specificatamente utilizzati a tal fine, presentano un’alterazione della motilità gastrointestinale.Farmaci stimolanti la peristalsi: bloccanti dei neuroni adrenergici (reserpina, guanetidina); molti antimicrobici secondariamente all’alterazione della flora intestinale; sostanze secrete dai tumori carcinoidi; agonisti colinergici e anticolinesterasici; lassativi osmotici; procinetici; prostaglandine; chinidina; stimolanti.Farmaci inibenti la peristalsi: analgesici; antiacidi; anticolinergici; antistaminici; molti altri

Farmaci stimolantiNe esistono due gruppi: procinetici: stimolano la motilità intestinale attraverso meccanismi recettoriali (es. Metoclopramide, Domperidone

già citati come antagonisti dopaminici). Essi sono usati nel reflusso gastroesofageo (poiché aumentano la pressione dello sfintere esofageo inferiore) o nella stimolazione della motilità gastrointestinale soprattutto dopo interventi chirurgici e nei pazienti con ridotto svuotamento gastrico. Il domperidone è molto più attivo rispetto alla metoclopramide nello stimolare la motilità enterica. Gli effetti collaterali principali implicano la stimolazione extrapiramidale;

lassativi: nella gran parte dei casi si tratta di farmaci di automedicazione. In realtà spesso, per “regolarizzare” l’alvo, sarebbe sufficiente modificare la dieta.L’utilizzazione a lungo termine, soprattutto nei pazienti anziani, dei lassativi può provocare stipsi perché riducono l’attività del parasimpatico fino addirittura all’ileo paralitico.Inoltre l’uso di lassativi può compromettere la biodisponibilità dei farmaci per OS.Gruppi di lassativi:o lassativi osmotici: sono sali inorganici che esplicano effetto osmotico (es. solfati di magnesio) perché

l’anione non è assorbito. Il richiamo d’acqua facilità l’evacuazione.Lo stesso meccanismo vale per alcuni zuccheri: fruttulosio, sorbitolo, mannitolo. I sali inorganici hanno un’azione più intensa e sono sconsigliati in età pediatrica, gli zuccheri hanno invece un’azione più blanda;

o lassativi tensioattivi o lubrificanti: uno dei più usati è il sodio docusato;o lassativi irritanti: stimolano l’attività peristaltica irritando la mucosa. Tra questi il più usato è il bisacodile. Si

usa per la preparazione a esami radiologici, endoscopici o ad interventi chirurgici a livello intestinale;

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o prodotti di origine vegetale: Senna, Coscara, Aloe. Contengono principi attivi antrachinonici, il più importante dei quali è l’emodina, che hanno anch’essi azione irritante. Vengono utilizzati a piccole dosi in preparati venduti come farmaci da banco col nome di “regolatori della funzione intestinale”. In realtà, come detto, a lungo termine possono risultare tossici;

o lubrificanti: olio di vasellina, glicerina. Si usano per problemi delle ultime vie.

Farmaci antidiarroiciLa diarrea profusa è un evento particolarmente grave perché in grado di compromettere l’omeostasi idrosalina.Se è possibile stabilire la causa si può agire con farmaci specifici (es. antibiotici) ma nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di virulentazione di ceppi di e.coli, di virus, di intossicazioni alimentari o di problemi funzionali (es. intestino irritabile). La terapia in questi ultimi casi è sintomatica. Analoghi della morfina: la morfina è un ottimo antidiarroico perché, oltre agli effetti centrali, agisce determinando

una stimolazione della contrattilità degli sfinteri ed un rilasciamento della muscolatura liscia longitudinale. Inoltre diminuisce la secrezione di liquidi a livello intestinale. Ovviamente gli effetti centrali precludono l’utilizzo come anti diarroico della morfina; esistono tuttavia dei derivati come la Loperamide e il Difenossilato. Essi hanno una struttura tale che non superano la barriera ematoencefalica;

Salicilato di bismuto: meccanismo non chiaro; Cadino: contiene silicati che hanno capacità adsorbenti dell’acqua e di sostanze tossiche presenti in certe forme di

diarree; Carbone vegetale: il meccanismo è lo stesso sovra-descritto; Somatostatina: in alcune forme di diarrea legata ai tumori carcinoidi o ai VIPomi il farmaco più indicato è la

somatostatina. Tuttavia poiché ha un’emivita molto breve si usa più spesso il derivato octreotide.

Farmaci utilizzati nella colelitiasi da colesterolo Ac. chenodesossicolico e ursodesossicolico: sono acidi biliari in grado di dissolvere i calcoli biliari di colesterolo.

Sono utili soltanto nel trattamento dei calcoli di colesterolo puro (situazione non molto frequente) e solo se il calcolo è relativamente piccolo (< 0,5 cm).Inconveniente: stimolano la peristalsi. L’effetto dura solo pochi giorni perché poi si stabilisce una tolleranza ai farmaci.

Farmaci utilizzati nelle malattie infiammatorie cronicheIl farmaco anti-infiammatorio alternativo ai glucocorticoidi più utilizzato è la: Sulfasalazina: associazione tra sulfamidico (sulfapiridina) e l’acido 5 aminosalicilico. Gli inconvenienti principali

sono dovuti all’azione dei sulfamidici che frequentemente causano reazioni di ipersensibilità. Per questo motivo l’orientamento di oggi è l’utilizzo del solo salicilato. Il farmaco non è efficace nella terapia di attacco della malattia ma è utile per prevenire ricadute nei pazienti in via di guarigione.

Farmaci antispasticiSi utilizzano per esempio nelle coliche biliari.Sono farmaci anticolinergici come l’atropina ed i suoi derivati (es. Buscopan).Farmaci come i nitrati, per la loro azione rilasciante sulla muscolatura liscia, possono essere utilizzati soprattutto nelle forme gravi.

Sistema endocrino

Terapia dell’osteorarefazione Difosfonati: inducono la morte cellulare per apoptosi degli osteoclasti. Secondo alcuni stimolano anche gli

osteoblasti ma questo effetto è senz’altro di secondaria importanza. I farmaci di questo gruppo utilizzati nella terapia sono l’olendronato ed il pamidronato. Somministrati per OS hanno l’inconveniente di causare una importante alterazione della secrezione gastrica (addirittura fino all’ulcera peptica), diarrea o stipsi. L’emivita è relativamente breve ma l’effetto perdura per 18-20 ore.Recentemente è stato introdotto in terapia il derivato Zolendronato. Esso ha un’emivita molto lunga per un motivo non noto. Somministrato per endovena esplica un effetto che si protrae per 3-6 mesi. Non ha gli effetti secondari indesiderati che caratterizzano gli altri farmaci anche se sono possibili manifestazioni di ipersensibilità o allergiche.I difosfonati possono essere utilizzati anche nel trattamento delle metastasi ossee osteolitiche, nel Paget ed in generale in tutti i processi osteolitici;

Raloxifene, Tamoxifene: vengono utilizzati in alternativa alla terapia sostitutiva post-menopausa con estreoprogestinici la quale, pur trattando l’osteoporosi, aumenta inaspettatamente l’incidenza delle malattie cardiovascolari. Questi farmaci sono agonisti parziali degli estrogeni che hanno un’azione simile a quella degli estrogeni a livello del tessuto osseo ma che non presentano in altri distretti gli stessi inconvenienti degli estrogeni

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(potendo addirittura essere utilizzati come antagonisti nella terapia e nella prevenzione delle recidive dei tumori della mammella sensibili agli estrogeni);

calcitonina: si è dimostrata poco efficacie; Vitamina D: precursori della vitamina D (7-deidrocolesterolo o ergocarciferolo) associati all’esposizione a raggi

UV sono utilizzati nel trattamento del rachitismo o dell’osteomalacia; Calcio gluconato: possono essere somministrati, soprattutto in associazione con la vitamina D, quando sia indicato

aumentare la disponibilità esogena di calcio. In realtà una normale dieta difficilmente causa problemi di disponibilità del calcio;

PTH ricombinante: attualmente in fase di sperimentazione, può essere utile nella stimolazione degli osteoblasti; Farmaci che interagiscono con le citochine implicate nel metabolismo dell’osso in fase di sperimentazione.

Sistema genitale

Farmaci agonisti o antagonisti degli ormoni sessuali femminiliEffetti fisiologici extraovarici degli estrogeni: influenza sull’umore; neuroprotezione; riduzione della pressione intraoculare; mantenimento della densità ossea; cardioprotezione (?); vasodilatazione arteriosa (?); crescita e proliferazione del tessuto mammario; produzione epatica di fattori della coagulazione e di recettori per le LDL; crescita e differenziazione degli organi sessuali.Gli estroprogestinici sono assorbiti rapidamente per OS, hanno un’emivita breve se naturali, un po’ più lunga se si tratta di derivati, sono largamente metabolizzati per via epatica ed i prodotti del metabolismo sono eliminati sia per via biliare che renale. Nel primo caso i metaboliti sono sottoposti al ricircolo entero-epatico.I tre scopi principali che si pone la terapia ormonale con estroprogestinici sono: correzione di ipogonadismo; terapia ormonale sostitutiva nella menopausa; contraccezione.Fino a 4 anni fa la terapia ormonale sostitutiva nelle fasi peri e post-menopausa era considerata molto importante sia per ridurre problemi come l’osteoporosi, le vampate di calore e la secchezza vaginale sia perché si era osservato che in concomitanza di tale periodo aumentava notevolmente l’incidenza di malattie cardiovascolari tra le donne. Poi uno studio accurato ha dimostrato che, per lo meno per quanto riguarda il sistema cardiovascolare, la terapia sostitutiva aumentava il rischio. Rimaneva invece confermato il ruolo positivo sull’osso e sulle vampate di calore.Oggi perciò l’utilizzo della terapia sostitutiva su larga scala è stata rimessa in discussione: si preferisce per esempio ridurre le dosi o utilizzare antagonisti parziali come il sopracitato Tamoxifene o il Raloxifene che a livello del tessuto osseo si comportanto come agonisti ma a livello dell’utero e della mammella agiscono da antagonisti tanto che possono essere utilizzati nella terapia di neoplasie estrogeno-responsive.Altri effetti collaterali già noti della terapia con estroprogestinici, in particolare nelle donne che li assumono come anticoncezionali, sono: aumento del rischio del cancro della mammella e dell’endometrio (soprattutto se c’è familiarità), aumento del rischio di trombosi, variazioni dell’umore, aumento della pressione arteriosa, aumento della ritenzione idrica prevalentemente per azione dei progestinici, piccole perdite ematiche, irsutismo. Esistono però anche effetti benefici: recenti studi hanno difatti indicato un certo ruolo di questi farmaci nella prevenzione del cancro del colon e dell’ovaio e sulla deposizione di β-amiloide cerebrale (elemento patogenetico dell’Alzheimer).Per diminuire i possibili effetti collaterali le nuove “pillole” contengono concentrazioni ormonali molto basse: ciò ha sicuramente sortito l’effetto desiderato ma presenta l’incoveniente che l’associazione con altri farmaci che aumentano il metabolismo epatico dei farmaci (es. benzodiazepine) o problemi di assorbimento intestinale possono facilmente comprometterne il successo.Esistono infine preparati di progesterone puro (“micropillole”) che possono essere utilizzati per OS o sotto forma di preparati deposito sottocutanei che possono essere usati come anticoncenzionali o in altri casi come l’endometriosi, la minaccia d’aborto, la sindrome dell’ovaio policistico…Tra i farmaci antagonisti ricordiamo: Clomifene: inibisce il legame degli estrogeni nell’ipotalamo e nell’ipofisi, prevenendo in tal modo la normale

modulazione dovuta al feedback negativo e causando l’aumento della secrezione di gonadotropine aumentando perciò la secrezione degli estrogeni. Questo composto viene utilizzato per trattare l’infertilità dovuta alla mancanza di ovulazione;

Danazolo: agisce antagonizzando i recettori ipofisari per il progesterone, si utilizza per l’endometriosi e per altre rare patologie come l’angioedema ereditario;

Mifepristone: è un agonista parziale dei recettori del progesterone. Viene utilizzato come alternativa all’interruzione chirurgica della gravidanza. L’associazione del farmaco con le prostaglandine (Misoprostol) ne potenzia l’effetto perché queste ultime stimolano la contrattilità dell’utero. L’uso di questi farmaci non è consentito negli USA e in Italia.

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Farmaci agonisti o antagonisti degli ormoni sessuali maschili Testosterone: si utilizza nell’ipogonadismo maschile; Diidrotestosterone o derivati (Nandrolone, Stanozololo): sono utilizzati per ridurre il prurito secondario

all’ostruzione cronica delle vie biliari e nella terapia di alcune anemie aplastiche. Tali composti possono rivestire un ruolo anche nel trattamento di condizioni debilitanti e di deperimento fisico, come pure nei malati terminali nei quali possono stimolare l’appetito e determinare una sensazione di benessere. Rispetto al diidrotestosterone i suoi derivati hanno minore effetto virilizzante pur conservando quello anabolizzante.Purtroppo, se utilizzati alle dosi necessarie per ottenere effetti dopanti (anche 20-100 volte più delle normali dosi di 600 mg/settimana), questi farmaci hanno seri effetti collaterali: aumento del rischio cardiovascolare, atrofia dei testicoli, impotenza…;

Ciproterone: è un agonista parziale del recettore degli androgeni, in quanto compete con il diidrotestosterone per i recettori. Attraverso il suo effetto sull’ipotalamo deprime la sintesi di gonadotropine. Si pensava si potesse utilizzare come “pillolo maschile” ma in realtà, pur riducendo la spermatogenesi e la fertilità, non la annulla. Si usa nel controllo dell’ipersessualità maschile oppure nella terapia del tumore prostatico;

Finasteride: inibitore della 5 α-reduttasi, l’enzima che trasforma perifericamente il testosterone in diidrotestosterone, è utilizzato nel trattamento dell’ipertrofia prostatica (in associazione agli α1-bloccanti). Anche l’alopecia androgenetica si giova, pur in un numero limitato di individui, dell’utilizzo di questo farmaco.

Contraccettivi oraliVi sono due tipi di contraccettivi orali: Associazioni estro-progestiniche: nella maggior parte delle preparazioni il componente estrogenico è

l’etinilestradiolo mentre quello progestinico cambia a seconda della generazione delle pillole. Le pillole di terza generazione in particolare hanno maggior potenza e minori effetti sul metabolismo delle lipoproteine ma aumentano il rischio tromboembolico. Meccanismo d’azione:o L’estrogeno inibisce il rilascio di FSH attraverso un feedback negativo sull’ipofisi sopprimendo in tal modo lo

sviluppo del follicolo ovarico;o Il progestinico inibisce il rilascio di LH prevenendo così l’ovulazione; inoltre rende il muco cervicale meno

idoneo al passaggio degli spermatozoi;o L’estrogeno ed il progestinico agiscono di concerto alterando l’endometrio in modo da sfavorire l’impianto

dell’uovo;o Possono anche interferire con le contrazioni coordinate di cervice e tube di Fallopio che facilitano la

fecondazione e l’impianto dell’uovo.Effetti avversi:o Aumento del peso corporeo, dovuto a ritenzione di liquidi ed ad effetto anabolizzante;o Lieve nausea, vampate di calore, vertigini, irritabilità;o Cefalea;o Alterazioni della pigmentazione cutanea;o Aumento del rischio tromboembolico: anche con le pillole di terza generazione il rischio è piuttosto contenuto

(25/100.000 casi/anno). Tuttavia uno screening della coagulazione è indicato prima di intraprendere il trattamento;

o Ipertensione associata ad aumento dell’angiotensinogeno circolante. L’ipertensione scompare con l’interruzione del trattamento.

I contraccettivi orali vengono metabolizzati dal CYP. Poiché viene utilizzata la dose efficace minima qualsiasi induzione enzimatica può ridurre l’effetto anticoncenzionale. Per questo motivo è bene tenere presente che molti farmaci possono interagire con la “pillola”;o Solo progestinici (minipillola): offrono un’alternativa idonea per quelle donne in cui gli estrogeni sono

controindicati (es. ipertensione). L’effetto contraccettivo è comunque meno affidabile di quello ottenuto con la pillola combinata ed un solo giorno di interruzione può portare al concepimento.

Terapia del diabete

Inizio Picco DurataInsulina rapida (umana ricombinante)

1,5 – 2 ore 8 -12 ore 20 – 28 ore

Insulina zinco globina 1,5 – 2 ore 8 -16 ore 20 - 28 oreInsulina zinco 1,5 – 2 ore 8 -12 ore 18 – 24 oreZinco protamina 3 – 4 ore 8 -12 ore 36 oreInsulina zinco protratta 3 – 4 ore 8 -14 ore 36 oreLispro ottenuta mediante l’inversione di un residuo di prolina con uno di lisina, possiede un

picco di azione rapido e un effetto intermedio che si prolunga nel tempo. Ciò permette di evitare di associare un’insulina rapida con una lenta

Principali inconvenienti della terapia con insulina:

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Page 94: Appunti Di Farmacologia Speciale

ipoglicemia; lipodistrofia nelle zone di iniezione. E’ quindi utile variare il luogo di somministrazione.

Ipoglicemizzanti orali (solo diabete di tipo II) Sulfoniluree (Tolbutanide, Clorpropamide, Glipuride, Glipizide): tutti questi farmaci contengono il gruppo della

sulfanilurea, ma le diverse sostituzioni portano a differenze nella farmacocinetica. Agiscono riducendo la permeabilità al potassio delle cellule β bloccando un canale del potassio ATP-dipendente inducendo depolarizzazione della membrana. Ciò facilita l’ingresso del Ca++ e di conseguenza la liberazione di insulina. Sebbene il meccanismo non sia selettivo per le cellule β del pancreas (ed in effetti in vitro anche le cellule del cuore ne risentono) in vivo in realtà il farmaco sembra non interferire coi canali del potassio del tessuto cardiovascolare.Effetti collaterali:o attraverso un meccanismo non chiaro (probabilmente per il loro effetto sulla glicemia e sulla secrezione di

insulina) aumentano la sensazione di fame. Ciò è un effetto importante soprattutto perché spesso i pazienti con DMTII sono già obesi;

o le sulfaniluree, come tutti i sulfonamidici, causano frequentemente manifestazioni di tipo allergico soprattutto a livello cutaneo. Solo raramente però si manifestano fenomeni di ipersensibilità seri;

o possibili interazioni con altri farmaci: l’effetto ipoglicemizzante può essere superiore alle attese sia per inibizione del metabolismo sia per competizione per il legame con le proteine plasmatiche;

o l’ipoglicemia è senz’altro il più importante effetto collaterale. La sua incidenza dipende dalla potenza e dalla durata di azione del farmaco: la più alta incidenza si verifica con la clopropamide e la più bassa con la tolbutamide.

Parecchi farmaci aumentano l’effetto ipoglicemizzante delle sulfaniluree (es. sulfamidici e trimetoprin). Biguanidi (metformina): l’effetto principale consiste nell’aumentare la captazione del glucosio nel muscolo

scheletrico (riducendo quindi la resistenza all’insulina) e nel diminuire la produzione epatica di glucosio. La metformina, oltre a diminuire la glicemia, riduce anche la concentrazione plasmatica di LDL e VLDL.A differenza delle sulfaniluree diminuiscono il senso della fame.Effetti collaterali:o disturbi gastrointestinali come anoressia, diarrea e nausea;o acidosi lattica: è un effetto raro ma potenzialmente fatale per cui la metformina non dovrebbe essere

somministrata a pazienti affetti da malattie renali o epatiche, malattia polmonare ipossica o scompenso cardiaco.

Glitazoni: si legano ad un recettore nucleare chiamato recettore gamma del proliferatore attivato dei perossisomi promuovendo la trascrizione di geni importanti per il segnale intracellulare attivato dall’insulina. Posseggono una buona farmacocinetica, per OS il tempo di dimezzamento è di 3-6 ore. Il problema di questi farmaci è la loro epatotossicità che si è rivelata abbastanza seria tanto che viene raccomandato il monitoraggio. Inoltre determina una ritenzione di fluidi che può peggiorare l’insufficienza cardiaca;

Acarbosio: agisce inibendo l’ α-glucosidasi riducendo l’assorbimento intestinale del glucosio. Tra gli inconvenienti vanno annoverati i disturbi intestinali come la flatulenza, diarrea ed altri fenomeni. Sono farmaci di secondaria importanza.

Recentemente sono stati sviluppati farmaci ai quali manca il gruppo sulfanilurea ma che sono in grado di stimolare la secrezione dell’insulina (repaglinide, nateglinide) attraverso il blocco dei canali del potassio. Essi hanno il vantaggio di promuovere un minore incremento ponderale rispetto alle sulfaniluree tradizionali.Sono allo studio farmaci che agiscono sui meccanismi di regolazione della secrezione di insulina non agendo sul calcio ma piuttosto sul meccanismo di trasduzione del segnale che coinvolge la PKC.

Obesità Anfetamine: farmaci usati in passato poiché agiscono sul centro della fame riducendone l’attività. Per i loro

problemi di tossicodipendenza non si utilizzano più; Sibutramina: inibisce l’accumulo di serotonina e noradrenalina. Ciò sembra importante perché interferisce con la

regolazione serotoninergica e adrenergica del centro della fame. E’ un meccanismo simile a quello col quale agiscono le amfetamine ma associato sicuramente a minori effetti collaterali. Effetti indesiderati: cefalea, disturbi cardiovascolari (non possono essere utilizzati nei cardiopatici);

Orlistat: inibisce la lipasi gastrointestinale diminuendo del 30% l’assorbimento dei trigliceridi a livello intestinale. Può causare disturbi gastrointestinali ma in generale è un farmaco sicuro.

Ipertiroidismo Iodio: sfrutta il blocco di “Wolff-Chaikoff” inducendo l’arresto temporaneo della produzione di ormoni tiroidei; Metimazolo e Propiltiouracile: riducono la sintesi di ormoni tiroidei mediante un effetto non del tutto conosciuto

ma verosimilmente antagonizzando la iodurazione della tireoglobulina. Sono abbastanza sicuri ma nello 0,1-1% dei soggetti trattati si verifica un’alterazione della crasi ematica con agranulocitosi;

Iodio131: utilizzato nella terapia radiometabolica di certe forme di tiroiditi tireotossiche iodio-captanti (es. adenoma di Plumberg). La somministrazione è sconsigliata in gravidanza anche se non vi sono effetti documentati al di fuori del tessuto tiroideo.

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