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ATTI DEL CONVEGNO Responsabilità Sociale d’Impresa Venezia Confindustria Venezia Area Metropolitana di Venezia e Rovigo 6 febbraio 2020

ATTI DEL CONVEGNO Responsabilità Sociale d’Impresa · l'imprenditore svolge di per sé una funzione sociale: il suo ruolo è fondamentale per cogliere e affrontare le nuove sfide

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ATTI DEL CONVEGNO Responsabilità Sociale d’Impresa

Venezia Confindustria Venezia Area Metropolitana di Venezia e Rovigo

6 febbraio 2020

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Presentazione

Il fascicolo raccoglie gli atti del convegno “Responsabilità Sociale d’Impresa” tenutosi a Venezia il

6 febbraio 2020, organizzato dall’Associazione degli Industriali e da Eni.

In uno scenario economico sempre più globalizzato, tutti i principali attori della società civile

devono impegnarsi per salvaguardare l’ambiente, generare benessere ed equità sociale, in un

percorso capace di tutelare i diritti delle generazioni future.

Il seminario si è aperto con il saluto dell’Assessore alla Coesione Sociale Comune di Venezia

Simone Venturini, è proseguito con la lectio magistralis di S.E. Mons. Francesco Moraglia

Patriarca di Venezia, l’intervento del Presidente Gruppo Save Spa Enrico Marchi e la relazione del

Presidente Eni Foundation Domenico Noviello. Le conclusioni sono state affidate al Presidente

Confindustria Venezia Area Metropolitana di Venezia e Rovigo Vincenzo Marinese.

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INDICE INTERVENTI SALUTI DELLE AUTORITÀ Simone Venturini 4 Assessore alla Coesione Sociale Comune di Venezia RELAZIONI S.E. Mons. Francesco Moraglia 5 Patriarca di Venezia Enrico Marchi 13 Presidente Gruppo Save Spa Domenico Noviello 18 Presidente Eni Foundation DISCORSO CONCLUSIVO Vincenzo Marinese 33 Presidente Confindustria Venezia Area Metropolitana di Venezia e Rovigo

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Saluto Simone Venturini, Assessore alla Coesione Sociale Comune di Venezia "Confindustria - ha esordito Venturini nel ringraziare i promotori dell'iniziativa - ha intrapreso un

percorso importante di apertura alla città, di organizzazione di eventi sul territorio, anche oltre i

temi legati all'imprenditoria. La città cresce culturalmente anche grazie all'offerta che Confindustria

sta garantendo".

L'assessore ha poi rivolto un ringraziamento particolare al patriarca Moraglia per l'impegno che lo

ha visto protagonista in questi mesi a fianco delle imprese. "La sua presenza in Piazza San Marco

nei giorni difficili dell'acqua alta eccezionale, vicino a commercianti, artigiani, imprenditori,

insieme agli altri attori istituzionali e alla Forze dell'ordine, non era scontata ed è stata una grande

testimonianza di umiltà e insieme di forza".

"La città - ha evidenziato Venturini - si è però subito rialzata ed è pronta a intercettare e a venire

incontro alle esigenze degli ospiti che scelgono di visitarla. La città è viva e lo sarà sempre di più.

L'idea di lavorare sulla salvezza di Venezia, non solo per quanto riguarda i suoi monumenti, ma

anche per quanto riguarda le persone che la abitano - ha proseguito Venturini - è sicuramente un

obiettivo a cui le imprese stanno tendendo. Non c'è salvezza di una città senza ripresa delle attività

economiche, perché senza imprese non c'è lavoro, e senza lavoro viene meno il collante economico

di una città e il suo essere attrattiva per le persone che vogliono abitarla. In questo senso

l'imprenditore svolge di per sé una funzione sociale: il suo ruolo è fondamentale per cogliere e

affrontare le nuove sfide che si presentano. Anche le società di capitali sono società di persone, e

dove ci sono le persone l'imprenditore ha una responsabilità verso i lavoratori, le loro le famiglie, il

territorio in cui opera. Una responsabilità - ha concluso rivolgendosi al pubblico presente - che voi

portate avanti ogni giorno, silenziosamente. Bisogna nobilitare di più il ruolo sociale delle imprese e

dell'imprenditore, che non è chi fa soldi sulle spalle degli altri, ma una persona grazie a cui ingegno,

iniziative economiche, creatività mantengono un territorio e tengono in piedi i legami familiari

e sociali di una città".

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Lectio Magistralis S.E. Mons. Francesco Moraglia, Patriarca di Venezia Presidente, Direttore Generale, Associate e Associati,

nel ringraziare per l’invito, provo a condividere con Voi alcuni pensieri sulla responsabilità sociale

d’impresa.

Ne tratterò, ovviamente, a partire da una antropologia orientata in senso cristiana, ma laica e non

confessionale. Il termine “laicità” non è sinonimo di “laicismo” e qui, di seguito, indico subito

alcune linee fondanti tale laicità.

Nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium Papa Francesco afferma: “…la vocazione di un

imprenditore è un nobile lavoro, sempre che si lasci interrogare da un significato più ampio della

vita; questo gli permette di servire veramente il bene comune, con il suo sforzo di moltiplicare e

rendere più accessibili per tutti i beni di questo mondo” (Papa Francesco, Esortazione apostolica

Evangelii gaudium, n. 203).

Ancora Papa Francesco, nell’enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune tratta della

necessità di educare la nostra e le future generazioni (compresi gli imprenditori e i dirigenti) ad una

vera alleanza tra umanità e ambiente: “L’educazione ambientale è andata allargando i suoi

obiettivi. Se all’inizio era molto centrata sull’informazione scientifica e sulla presa di coscienza e

prevenzione dei rischi ambientali, ora tende a includere una critica dei “miti” della modernità

basati sulla ragione strumentale (individualismo, progresso indefinito, concorrenza, consumismo,

mercato senza regole) e anche a recuperare i diversi livelli dell’equilibrio ecologico: quello

interiore con sé stessi, quello solidale con gli altri, quello naturale con tutti gli esseri viventi, quello

spirituale con Dio” (Papa Francesco, Lettera enciclica Laudato si’, n. 210).

In premessa, ricordo che per “impresa” s’intende naturalmente l’attività che ha per scopo la

produzione di beni e/o di servizi. Tale attività si riferisce all’uomo e alla sua responsabilità ed è il

risultato dell’azione congiunta del lavoro, delle macchine e del capitale.

Il legislatore civile, nel definire l’impresa, pone al centro della stessa la figura umana

dell’imprenditore (cfr. art. 2082 del Codice Civile) che esercita professionalmente un’attività

economica da egli organizzata e finalizzata alla produzione e allo scambio di beni e servizi

servendosi di un complesso di beni (cfr. art. 2555 CC).

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L’impresa - come ogni attività umana - dipende dalle conoscenze e dai valori che caratterizzano

un’epoca, dalla cultura degli imprenditori e delle associazioni che li rappresentano, le quali, a loro

volta, hanno una storia, una idealità.

Vorrei allora richiamare qui quanto detto dal Santo Padre nell’intervista al quotidiano Il Sole 24

Ore il 7 settembre 2018: “Il modo di pensare l'azienda incide fortemente sulle scelte organizzative,

produttive e distributive. Si può dire che agire bene rispettando la dignità delle persone e

perseguendo il bene comune fa bene all'azienda. C'è sempre una correlazione tra azione dell'uomo

e impresa, azione dell'uomo e futuro di un'impresa… Una sana economia non è mai slegata dal

significato di ciò che si produce e l'agire economico è sempre anche un fatto etico. Tenere unite

azioni e responsabilità, giustizia e profitto, produzione di ricchezza e la sua ridistribuzione,

operatività e rispetto dell'ambiente diventano elementi che nel tempo garantiscono la vita

dell'azienda. Da questo punto di vista il significato dell'azienda si allarga e fa comprendere che il

solo perseguimento del profitto non garantisce più la vita dell'azienda…” (Papa Francesco,

Intervista al quotidiano Il Sole 24 Ore, 7 settembre 2018).

L'industria, oggi, vive una fase denominata 4.0; si tratta della quarta rivoluzione industriale della

quale non abbiamo ancora una visione esaustiva, ma possiamo descriverla come il processo che

condurrà ad una produzione automatizzata e interconnessa. Un processo nel quale la macchina -

intesa in senso lato - non è più un elemento ausiliario al quale affidare dei lavori di tipo materiale,

ma diventa un qualcosa che gestisce dati, li elabora e indirizza le risultanze che ne ricava non solo

sul piano operativo ma anche organizzativo.

La Responsabilità Sociale d’Impresa - Corporate Social Responsability - deve perciò misurarsi

con le caratteristiche dell’epoca storica che viviamo, concretamente, con le sue conoscenze e valori.

“La Corporate Social Responsability (CSR) - cito dal Dizionario Treccani - mette al centro della

funzione-obiettivo dell’impresa la composizione dei diversi interessi dei molteplici stakeholder.

Secondo una simile prospettiva, le dimensioni ambientali, umanitarie e sociali si affrancano da uno

storico ruolo di sudditanza rispetto all’obiettivo del profitto e, in quanto obiettivi in sé,

contribuiscono a definire modalità e vincoli per il conseguimento dei risultati più strettamente

economici.L’efficienza nel rispetto delle norme e l’osservanza di doveri fiduciari nei confronti degli

stakeholder sono ormai chiavi gestionali sempre più adottate” (Dizionario Treccani, Voce

Corporate Social Responsability).

Il termine Industria 4.0 indica così la tendenza all'automazione industriale che integra nuove

tecnologie produttive per migliorare le condizioni di lavoro e creare nuovi modelli di business,

aumentando il prodotto e la qualità produttiva degli impianti. Circa il miglioramento delle

condizioni di lavoro non si dà ancora un sostanziale accordo tra gli studiosi; per alcuni, infatti, il

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miglioramento delle condizioni di lavoro sarebbe solo una promessa - peraltro non inedita - che

ogni trasformazione tecnico-organizzativa porta con sé.

L’Industria 4.0 - denominata pure dei sistemi cibernetici - è stata preceduta da:

· l’Industria 1.0, epoca in cui la produzione aveva alla base la meccanizzazione con utilizzo della

forza dell’acqua e del vapore;

· l’Industria 2.0, quando con la catena di montaggio l’industria si è caratterizzata per la produzione

di massa.

· l’Industria 3.0 fondata sul computer e l’automatizzazione.

Infine, come detto, l’Industria 4.0, ossia quella dei sistemi cibernetici costituita da strumenti

concettuali sviluppati da tecnologie sempre più avanzate. Questa fase comporta la disponibilità ad

investimenti su infrastrutture, attrezzature, impianti, installazioni, servizi pubblici e, ovviamente,

scuole, sistemi energetici, enti di ricerca e aziende per ammodernare il sistema produttivo non solo

nelle specifiche realtà aziendali ma anche ponendolo in un contesto generale più efficiente

e rendendolo, quindi, più competitivo a livello globale.

Alcuni guardano, però, già alla quinta rivoluzione, ossia all’Industria 5.0 che si focalizzerà sulla

cooperazione tra uomo e macchina con la finalità dichiarata di far lavorare in armonia l’intelligenza

umana con quelle impropriamente definite come “intelligenze artificiali”.

La collaborazione tra uomini e robot punta allo sviluppo di un valore aggiunto in termini di

produzione; essa si pone, come obiettivo, la creazione di un prodotto personalizzato che rispetti le

esigenze del cliente.

Lo sviluppo dell’Information and Communication Technology (ICT) e dell’Artificial Intelligence

(AI) ha condotto alla messa a punto dei Cyber-Physical System (CPS), chiave di volta di ogni futura

crescita.

Giovanni Manco, esperto in Digital Business Transformation – al cui pensiero rimando - delinea

l’attuale momento considerando il futuro come già, almeno parzialmente in atto, e parla di uno

sviluppo dall’Industria 4.0 a quella 5.0.

Ecco le sue parole: “I vantaggi per la società e le imprese sono notevoli. Attualmente il modello

Industria 4.0 è focalizzato molto sulla realizzazione di un ecosistema aziendale basato su

un’architettura che integra orizzontalmente e verticalmente i vari Cyber-physical-System

(CPS) e i vari sistemi di gestione. L’impiego dei Cobot ["Collaborative robot ", ossia un robot

concepito per interagire fisicamente con l’uomo in uno spazio di lavoro] è limitato, e la

ridefinizione dell’intervento umano nei processi produttivi (la nuova connessione della forza

lavoro) rappresenta ancora un possibile problema. Nello scenario Industria 5.0 l’Empowering

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people, ovvero l’importanza dell’uomo nei processi automatizzati, è strategica per la qualità,

l’efficienza e soprattutto per una piena attuazione dell’obiettivo di personalizzare i beni/servizi

prodotti offerti alla clientela” (tratto da Innovation Post: Giovanni Manco, Verso Industria

5.0. I vantaggi del nuovo paradigma).

In tale contesto, la responsabilità d’impresa viene accresciuta dalla maggiore complessità e dal

maggior potere che assumono i nuovi strumenti; essa ricade ancora di più sull’uomo che rimane,

comunque, la prima “risorsa” dell’attività imprenditoriale.

Dopo quanto detto, è importate considerare l’attuale contesto in cui si svolge l’attività umana

denominata “impresa”.

“La Corporate Social Responsability - cito sempre dal Dizionario Treccani - trova uno spirito

applicativo più profondo nell’adozione, da parte delle imprese, di forme di autoregolamentazione

spontanea espresse nei codici etici e nelle carte dei valori aziendali, anche secondo standard

riconosciuti internazionalmente (➔ certificazione ambientale). In tali documenti, che integrano i

rapporti per la comunicazione sociale e ambientale, si definisce lo stile di condotta etico-morale

dell’impresa,anche rispetto a situazioni non regolamentate dal legislatore e che possono

riguardare i rapporti tra proprietà, management e dipendenti,come anche i rapporti con i fornitori

e con gli altri stakeholder esterni”(Dizionario Treccani, voce Corporate Social Responsability).

Nell’impresa del futuro il confronto tra beni prodotti e/o servizi erogati e profitto, non dovrà più

limitarsi a confronti numerici ma dovrà tener conto di ciò che esiste ed evolve dietro quei numeri

perché, se da tale analisi dovesse derivare una responsabilità sociale che fa capo a quella impresa,

allora, il futuro di tale azienda potrebbe risultarne compromesso in misura maggiore rispetto a

decenni or sono.

La responsabilità sociale d’impresa rientra, quindi, all’interno della connotazione morale

dell’attività imprenditoriale e fa parte della più generale attività economica (cfr. Compendio della

Dottrina Sociale della Chiesa, [d’ora in poi C.d.S.C.] nn. 330-335). Fra poco ci soffermeremo

anche sul rapporto fra iniziativa privata ed impresa (C.d.S.C., nn. 336-350).

Circa la questione più generale, ossia il rapporto fra morale ed economia (C.d.S.C., n. 331), va

sottolineato innanzitutto che tra morale ed economia vi è una “necessaria distinzione” ma non certo

una separazione; anzi, sussiste “una reciprocità importante”. E si rileva l’utilità di aprire il

campo economico alle istanze morali proprio perché l'uomo rimane sempre “l'autore, il centro e il

fine di tutta la vita economico-sociale” e il fine dell’economia non risiede in se stessa ma possiede

una naturale “destinazione umana e sociale”. Non riconoscere questa reciprocità tra

morale ed economia sarebbe “irrazionale”.

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Il Compendio arriva a sottolineare (n. 332) che questo legame di reciprocità diventa, in realtà, una

risorsa e un “fattore di efficienza”poiché “la dimensione morale dell'economia fa cogliere come

finalità inscindibili, anziché separate e alternative, l'efficienza economica e la promozione di uno

sviluppo solidale dell'umanità”. E già questa affermazione collega strettamente la questione

dell’efficienza (nella produzione, nei servizi, nell’impiego delle risorse ecc.) a quella di una

distribuzione giusta e solidale della crescita economica in modo che non escluda nessuno (popolo e

persone), relegando così in condizioni di povertà e sfruttamento.

È ben chiaro – e il Compendio lo evidenzia (n. 334) – che l’economia ha per oggetto “la

formazione della ricchezza e il suo incremento progressivo, in termini non soltanto quantitativi, ma

qualitativi: tutto ciò è moralmente corretto se finalizzato allo sviluppo globale e solidale

dell'uomo e della società in cui egli vive ed opera”. E quando si parla di sviluppo questo non è mai

“un mero processo di accumulazione di beni e servizi” che, oltretutto, non garantisce ed assicura a

nessuno “la realizzazione dell'autentica felicità umana”. Mi sono sentito dire anche da alcuni

imprenditori una cosa che, per me, era ovvia: i soldi non fanno la felicità…

Circa il rapporto più articolato fra iniziativa privata e impresa (C.d.S.C., nn. 336-350), si devono

porre le premesse per cogliere ed esprimere la responsabilità d’impresa, particolarmente

dell’imprenditore cristiano.

Va riaffermato, intanto, che “la dottrina sociale della Chiesa considera la libertà della persona in

campo economico un valore fondamentale e un diritto inalienabile da promuovere e tutelare”

(C.d.S.C., n. 336).

Numerosi e importanti passaggi del magistero anche recente (pensiamo al contributo offerto in

materia da san Giovanni Paolo II) sottolineano l’assoluta importanza di non ridurre mai o addirittura

distruggere, anche in campo economico ed imprenditoriale, “la soggettività creativa del cittadino”

(cfr. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Sollecitudo rei socialis, n.15) e che l’intervento dello Stato

deve semmai favorire tale libertà d’iniziativa svolgendo al meglio le sue funzioni istituzionali e

limitandosi a porre in essere solo quei meccanismi di controllo, quelle regole o quei vincoli di

azioni che il perseguimento del bene comune generale richiede come necessari “senza

irreggimentare l'intera vita economica e mortificare la libera iniziativa dei singoli” (cfr. Giovanni

Paolo II, Lettera enciclica Centesimus annus, n. 48).

Ora desidero richiamare quanto il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa dice

dell’importante ruolo dell’imprenditore e del dirigente di azienda che, quando sono in grado

d’interpretare tale compito in spirito di fedeltà a quanto richiedono i riferimenti antropologici

orientati in senso cristiani, diventano figure imprescindibili non solo per la loro azienda ma,

anche, per l’intero territorio ove operano come imprenditori e dirigenti d’azienda.

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È chiaro che tutto deve avvenire all’interno di una piena e vera “laicità” e indico, di seguito, solo

alcuni spunti “di partenza”.

Interessante è notare anche come il n. 343 del Compendio ci rimandi all’autentico – e spesso

dimenticato - significato della competizione imprenditoriale che rappresenta “un cum-petere [petere

dal latino], ossia un cercare insieme le soluzioni più adeguate, per rispondere nel modo più

idoneo ai bisogni che man mano emergono”.

In una società che è sempre più comunità globale e – lo auspichiamo - solidale, anche nell’ambito

del lavoro e dell’economia, la responsabilità dell’imprenditore assume il rilievo di una virtù che è,

insieme, individuale e sociale; una virtù “indispensabile” e “necessaria allo sviluppo di una

comunità” (C.d.S.C., n. 343). Se, quindi, fate bene gli imprenditori - attenzione! – voi siete i buoni

samaritani di una società.

Sempre san Giovanni Paolo II ricordava ed esplicitava così tale aspetto: “In questo processo sono

coinvolte importanti virtù, come la diligenza, la laboriosità, la prudenza nell'assumere i ragionevoli

rischi, l'affidabilità e la fedeltà nei rapporti interpersonali, la fortezza nell'esecuzione di decisioni

difficili e dolorose, ma necessarie per il lavoro comune dell'azienda e per far fronte agli eventuali

rovesci di fortuna”(Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Centesimus annus, n. 32). A tal proposito,

mi preme anche dirvi una cosa: so bene che un imprenditore non ha orari ma… cercate di averli!

Esiste la famiglia ed esistono i figli che non hanno i tempi dell’azienda…

Per la crescente complessità (e responsabilità) dell’attività economica ed imprenditoriale, a chi

agisce in questo campo è richiesto un supplemento di attenzione, di aggiornamento e di

discernimento a partire da “una costante riflessione sulle motivazioni morali che devono guidare le

scelte personali di chi è investito di tali compiti” (C.d.S.C., n. 344) con particolare riguardo –

accanto agli obiettivi strettamente economici dell’impresa, dell’efficienza economica e della cura

del capitale – a ciò che rappresenta la primaria ricchezza, il patrimonio decisivo, il fattore di

produzione per eccellenza di un’impresa: le persone che la compongono, i lavoratori - nelle loro

differenti mansioni ma con la stessa e inestimabile dignità umana - da preservare e tutelare sempre.

Anche “nelle grandi decisioni strategiche e finanziarie, di acquisto o vendita, di

ridimensionamento o chiusura di impianti, nella politica delle fusioni, non ci si può limitare

esclusivamente a criteri di natura finanziaria o commerciale” (C.d.S.C., n. 344).

Non posso, infine, trascurare di osservare che in tale contesto rientra anche il doveroso impegno di

dirigenti ed imprenditori (cfr. C.d.S.C., n. 345) ad assicurare scelte, decisioni e misure di vita

aziendale che favoriscano la vita familiare delle persone e, alla luce sempre di una visione integrale

dell’uomo e dello sviluppo, il perseguimento di una politica aziendale di “qualità” della vita: qualità

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dei prodotti, qualità dei servizi, qualità delle relazioni, qualità dell’ambiente e del contesto sociale

ecc.

In conclusione, circa la responsabilità sociale d’impresa vale la pena sottolineare anche la

necessità di un’opera educativa-culturale che tocchi tutti i soggetti coinvolti: non solo la proprietà e

il management, i dipendenti e i collaboratori, ma anche tutti gli stakeholder interessati e

riconducibili – di volta in volta - a figure interne all’azienda o che interagiscono con essa (ad es.

dipendenti, fornitori ecc.) o ad altri soggetti esterni (ad es. clienti, cittadini residenti nelle zone dove

l’impresa ha sede e svolge l’attività ecc.).

Fondamentale è tenere sempre presente – lo annotava già san Giovanni Paolo II nella Centesimus

annus – che “la domanda di un'esistenza qualitativamente più soddisfacente e più ricca è in sé cosa

legittima; ma non si possono non sottolineare le nuove responsabilità ed i pericoli connessi con

questa fase storica... Individuando nuovi bisogni e nuove modalità per il loro soddisfacimento, è

necessario lasciarsi guidare da un'immagine integrale dell'uomo, che rispetti tutte le dimensioni del

suo essere e subordini quelle materiali e istintive a quelle interiori e spirituali... È, perciò,

necessaria ed urgente una grande opera educativa e culturale, la quale comprenda l'educazione dei

consumatori ad un uso responsabile del loro potere di scelta, la formazione di un alto senso di

responsabilità nei produttori e, soprattutto, nei professionisti delle comunicazioni di massa, oltre

che il necessario intervento delle pubbliche Autorità” (Giovanni Paolo II, Lettera enciclica

Centesimus annus, n. 32).

Da quanto esposto ne deriva, in modo chiaro che, oggi, l’impresa e l’imprenditore a capo

dell’azienda non possono operare come fossero circoscritti nei soli limiti del bilancio aziendale ma

devono tener conto di ciò che l’attività dell’impresa genera a carico della società e degli individui

che la compongono, operando secondo principi che abbiano un preciso e fermo riferimento a valori

antropologici per una crescita giusta ed armonica del bene comune che – non dobbiamo

dimenticarlo! - non è mai la semplice sommatoria dei beni particolari.

In tale contesto va segnalato anche un ultimo aspetto che sottopongo alla vostra attenzione. Lo

traggo da un’analisi pubblicata nei giorni scorsi dal Sole 24 Ore e che osservava come “un dibattito

globale sulla necessità per le imprese di ripensare la propria responsabilità e incorporare

esplicitamente obiettivi di impatto sociale nel proprio core business” in questi ultimi tempi sia

sempre più rilevante. Lo stesso Manifesto 2020 di Davos - “Davos Manifesto 2020: the universal

purpose of a company in the fourth industrial revolution” -, del resto, spinge i grandi capitali

internazionali verso “un'agenda di transizione” verso il cosiddetto stakeholder capitalism,

connotato appunto dalla necessità di rispondere ad una ampia comunità di portatori di interessi e

non solo agli azionisti.

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Sulla necessità, poi, che si rivedano e si superino anche certe separazioni o distinzioni troppo

rigide nello stesso mondo economico ed imprenditoriale - nell’ottica di una responsabilità sociale

d’impresa sempre più avvertita e praticata - c’è anche da tener presente un’interessante riflessione

di Papa Francesco espressa in quell’intervista rilasciata poco più di un anno fa al Sole 24 Ore:

“Un'etica amica della persona tende al superamento della distinzione rigida tra realtà votate al

guadagno e quelle improntate non all'esclusivo meccanismo dei profitti, lasciando un ampio

spazio ad attività che costituiscono e ampliano il cosiddetto terzo settore. Esse, senza nulla togliere

all'importanza e all'utilità economica e sociale delle forme storiche e consolidate di impresa, fanno

evolvere il sistema verso una più chiara e compiuta assunzione delle responsabilità da parte dei

soggetti economici. Infatti, è la stessa diversità delle forme istituzionali di impresa a generare un

mercato più civile e al tempo stesso più competitivo” (Papa Francesco, Intervista al Sole 24 Ore, 7

settembre 2018).

Ricordo, infine, come l’enciclica Laudato si’ richieda espressamente un cambiamento negli stili di

vita così da poter incidere su chi detiene il potere politico, economico e sociale, rimarcando la

responsabilità sociale dei consumatori (cfr. Papa Francesco, Lettera enciclica Laudato si’, n. 207). E

tutti – lo sappiamo bene – siamo, in diverso modo e a vario titolo, consumatori.

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Intervento Enrico Marchi, Presidente Gruppo Save Spa Buongiorno a tutti, Grazie Vincenzo,

Quando abbiamo parlato per questo incontro, mi era stato proposto un intervento di 30 minuti ma

pensando che fossero troppi ho detto 15 erano sufficienti. Domenica pomeriggio invece quando ho

cominciato a riflettere su tutto quello che facciamo, ho visto che avevo così tante cose da dire che

forse avrei fatto bene ad accettare i 30 minuti, quindi chiedo venia se magari sforerò di qualche

minuto.

E’ che nella vita professionale capita spesso di parlare di risultati, di ricavi costi ecc, mentre oggi

parliamo di un tema almeno altrettanto importante, se non più, perché la responsabilità sociale è uno

dei concetti fondanti su cui si basa la costruzione e la vita di un’azienda, è uno dei pilastri su cui poi

si costruiscono i numeri.

È un tema di cui si parla con maggior frequenza, ma non è un tema solo di oggi, abbiamo per

esempio nel nostro recente passato esempi illustri di imprenditori sia nel privato che nel pubblico,

che hanno avuto chiaro cosa significa questo concetto è l’hanno tradotto in pratica nella loro opera:

penso ad Adriano Olivetti o, per restare in Veneto, a Gaetano Marzotto (abitazioni per i dipendenti,

assistenza sanitaria e i villaggi alpini e al mare per le vacanze, il dopolavoro e i centri ricreativi),

insomma un antesignano di quello che oggi si definisce welfare aziendale che anche noi in Save,

come poi vedremo, pratichiamo da molti anni. O ancora Enrico Mattei che pure se è stato un

“imprenditore pubblico” a volte criticato per la disinvoltura, diciamo così, che le regole dell’epoca

gli permettevano, è stato anche lui all’avanguardia in tema di attenzione ai territori dove Eni

lavorava o ai dipendenti del gruppo (io stesso, avendo mio papà che lavorava in un’azienda del

gruppo Eni, la Lanerossi, ho imparato a sciare nel villaggio fatto costruire proprio da Mattei sopra

Borca di Cadore a pochi passi da Cortina, tra l’altro con un’architettura che ancor oggi non ha perso

di attualità).

Detto questo, vorrei anche ribadire un concetto fondamentale: c’è chi pensa che un imprenditore

abbia come primo obiettivo il profitto: niente di più sbagliato. Io ho sempre pensato che il profitto

non è un obiettivo bensì la conseguenza di un lavoro ben fatto. Oppure come diceva Leopoldo

Pirelli, il profitto è la misura dell’efficienza dell’impresa. Gli obiettivi invece, sono prodotti e

servizi utili al prossimo, una crescita sana, il benessere e l’equilibrio sociale.

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Se penso alla mia attività imprenditoriale posso dire di non aver mai pensato come obiettivo al

guadagno, ma (oltre a quello di vivere a Conegliano) il mio primo obiettivo era di costruire una

banca di investimenti per aiutare nello sviluppo aziende e territorio. Poi, a un certo punto quando ho

cominciato ad interessarmi all’aeroporto, dare orgoglio al Veneto di avere degli aeroporti all’altezza

della propria storia (missione cardinale Roncalli).

Tutto questo anche nella consapevolezza di quella frase del Vangelo di Luca che uno dei nostri più

grandi statisti, Alcide De Gasperi, amava ricordare spesso e che dice “a chi fu dato molto sarà

chiesto molto a chi fu affidato molto sarà chiesto ancora di più”.

Prima di entrare nel merito specifico dell’incontro di oggi, alcuni dati di inquadramento generale.

Nel 2019 il Polo Aeroportuale del Nord Est, comprensivo degli aeroporti di Venezia, Treviso,

Verona e Brescia, ha gestito 18,5 milioni di passeggeri.

Al centro del Sistema vi è l’aeroporto di Venezia, terzo gateway intercontinentale nazionale, dove

operano 50 compagnie aeree per oltre 115 destinazioni, 10 delle quali di lungo raggio. L’impatto

occupazione diretto del Marco Polo corrisponde a circa 10.000 occupati, a cui si aggiungono i 2.500

dell’aeroporto di Treviso. Attraverso il metodo di calcolo elaborato da Airports Council

International, abbiamo calcolato l’impatto occupazionale complessivo e gli effetti sul PIL generati

sul territorio dagli aeroporti di Venezia e Treviso: per il 2019 sono stati pari a oltre 30 mila posti di

lavoro, con un PIL di quasi 1,5 milioni di euro.

Ma vediamo come si traduce in Save nei fatti, il concetto di responsabilità sociale in alcuni ambiti

come: attenzione ai dipendenti, sostenibilità sociale e sostenibilità ambientale.

È un punto d’orgoglio per la nostra Società aver sempre salvaguardato l’occupazione, anche nei

momenti peggiori. Prendiamo la crisi 2008-2001, anche in quel periodo difficile non abbiamo

operato nessun licenziamento, né utilizzato ammortizzatori sociali. Per noi l’impresa è una

comunità, che pensa ai lavoratori e alle loro famiglie e che trasmette valori.

Save poi è stata una delle prime società italiane a varare programmi di welfare aziendale, come si

chiama oggi. Io ci credo molto.

Nel 2012 è stato sottoscritto il primo accordo sindacale per l’introduzione di strumenti volti a

favorire il benessere dei dipendenti del Gruppo e delle loro famiglie. Tra questi, la contribuzione a

forma di previdenza complementare, l’integrazione della polizza sanitaria contrattuale, i rimborsi

per la frequenza dei familiari a percorsi di educazione, per l’accesso ai servizi di assistenza per i

familiari anziani o non autosufficienti, per le attività ricreative/culturali e per l’utilizzo dei mezzi

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pubblici per recarsi al lavoro. A tutto ciò si aggiungono le varie convenzioni stipulate con enti

diversi, i permessi per le visite specialistiche e l’orario flessibile di ingresso.

Nel 2019 il Gruppo SAVE ha proseguito e arricchito con nuove iniziative il piano aziendale di

welfare, introducendo fra le altre un’importante novità in tema di benessere del personale,

focalizzandosi soprattutto su tematiche di salvaguardia dei lavoratori da comportamenti lesivi della

persona, introducendo in azienda l’incarico di Consigliere di Fiducia, assegnato a un soggetto terzo

ed indipendente nonché garante di neutralità, riservatezza ed indipendenza. Una figura di matrice

europea relativa alla “Tutela della dignità delle donne e degli uomini sul lavoro”, ancora poco

presente nelle aziende.

Si tratta nel nostro caso di una consulente chiamata a prevenire, gestire e risolvere efficacemente i

casi di molestie, mobbing e discriminazioni; si rivolge a quanti, tra il personale, collaboratori,

stagisti del Gruppo vogliano affidarsi in via riservata ad un soggetto terzo, presso il quale trovare

ascolto ed eventualmente ottenere supporto ed assistenza nella risoluzione delle dinamiche

lavorative che determinino l’insorgere di situazioni di disagio.

Il progetto della Consigliera di Fiducia ha comportato l’assegnazione a SAVE per la seconda volta

consecutiva del premio Welfare Index PMI per la categoria Commercio e Servizi durante la quarta

edizione dell’evento svoltosi lo scorso marzo presso il Salone delle Fontane dell’EUR.

La sostenibilità sociale. Sostegno attività sportive, culturali, sociali

Un altro ambito nel quale si esprime il nostro concetto di responsabilità sociale consiste nel

sostegno ad attività culturali, sportive e sociali a livello sia locale che nazionale, attraverso

erogazioni a favore di manifestazioni sportive, eventi finalizzati a salvaguardare il patrimonio

artistico e culturale, erogazioni liberali e sponsorizzazioni a favore di iniziative a scopo sociale,

contributi ad associazioni e a progetti nel campo della ricerca.

Tra questi voglio sottolineare nel campo della cultura:

Cultura

Socio sostenitore della Fondazione Teatro La Fenice dal 2008

Sostenitore del Premio Campiello

Sostenitore dell’attività della Venice International Foundation

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Nel campo dello sport siamo

Sport

Sponsor della Venice Challenge Cup di tennis dall’anno 2011

Sponsor del settore maschile e giovanile della Reyer

Official Hub delle Nazionali di calcio (non solo brand, ma interesse sportivi sul territorio)

Sociale

Sostegno a Caritas, Associazione Mestre Benefica, Parrocchia di Tessera, Fondazione Alvise

Marotta, programmi per passeggeri affetti da autismo.

La sostenibilità ambientale

La tutela dell’ambiente è un tema fondamentale per un aeroporto e il Gruppo si impegna nel

mantenere un dialogo costante con il territorio nella convinzione che, attraverso il coinvolgimento

delle comunità locali, si possa far conoscere e apprezzare nel tempo il nostro lavoro. L’obiettivo che

si pone SAVE, data la propria importanza per l’intera area del Nord Est, è quello di coinvolgere le

comunità locali in un dialogo fluido e costante sui progetti e le attività elaborate in coerenza con le

trasformazioni territoriali pianificate per illustrare le prospettive di crescita/sviluppo (spesso si

temono cose che non si conoscono).

Al fine di intensificare il dialogo con il territorio, da diversi anni SAVE ha costituito un Tavolo

Territoriale con associazioni e istituzioni locali.

Gli incontri del Tavolo Territoriale hanno come obiettivo lo scambio di informazioni e momenti di

confronto su progetti che trasformeranno l’Aeroporto Marco Polo nel corso dei prossimi anni in una

“città aeroportuale”, fulcro di un insieme coordinato di servizi e polo di riferimento (non so se

sapete che già oggi è presente una rappresentanza del Consolato USA a Venezia in Aeroporto). Un

passaggio progressivo, programmato sulla base di un Master Plan che costituisce uno strumento di

pianificazione imprescindibile per uno sviluppo equilibrato e funzionale, rispettoso delle specificità

ambientali dello scalo veneziano. E come ogni città abbiamo anche il “Municipio di Marco Polo

City”

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Le riunioni del Tavolo Territoriale hanno tra l’altro portato all’individuazione e alla condivisione

della maggior parte degli interventi di mitigazione/compensazione inseriti nello Studio di Impatto

Ambientale dell’Aeroporto di Venezia.

Dal 2015 l’Aeroporto di Venezia è neutro rispetto alle emissioni di CO2 e certificato al massimo

livello 3+ secondo il programma volontario Airport Carbon Accreditation.

In Europa sono 40 gli aeroporti accreditati al livello 3+, 49 nel mondo, su un totale di 266 aeroporti

certificati ai vari livelli.

Nel 2018 anche l’Aeroporto Antonio Canova di Treviso ha ottenuto la certificazione Neutrality 3+.

Circa il 75% dell’energia elettrica necessaria al funzionamento del Marco Polo viene autoprodotta,

la restante quota è acquistata dalla rete e proviene da fonti rinnovabili. L’energia autoprodotta

deriva prevalentemente dalla centrale di trigenerazione inaugurata nel 2016, la quale produce anche

parte dell’energia termica e frigorifera, recuperando il calore prodotto dal processo di produzione di

energia elettrica. Una parte di energia elettrica è prodotta da oltre 7000 pannelli fotovoltaici

distribuiti in aeroporto. Impianti innovativi ed energia pulita raggiungono gli obiettivi di incremento

del rendimento energetico, riduzione dei consumi e riduzione di emissioni di C02.

Tra le azioni più recenti messe in atto da SAVE, vi sono la sostituzione delle luci del terminal con

tecnologia a LED, che ha portato ad una riduzione di circa 250 tonnellate di CO2, e l’introduzione

di motori a basso consumo nell'impianto di movimentazione bagagli, con conseguente ulteriore

riduzione di 50 tonnellate. Dal 2011, anno base di valutazione, l’indice KPI (chilogrammi di C02

per passeggero) è sceso da 2,02 a 1,61, una diminuzione di tonnellate di CO2 pari al 20%,

nonostante la costante crescita dei passeggeri.

È in corso inoltre un processo di sostituzione dei veicoli dell’aeroporto con modelli ibridi o elettrici.

Per agevolare anche gli operatori aeroportuali ad intraprendere il percorso verso una mobilità più

sostenibile, all’interno del sito aeroportuale sono stati dislocati diversi punti di ricarica dedicati.

L’impegno per l’ambiente si esprime nell’adesione a “net zero emissions by 2050” sottoscritta a

Cipro a giugno 2019 nel corso della 29^ Assemblea generale di ACI Europe. SAVE si è data

l’obiettivo di anticipare tale scadenza al 2035.

L’Aeroporto Marco Polo di Venezia è stato inoltre l’unico aeroporto italiano selezionato nel 2019

da ENEA, attraverso la propria agenzia nazionale per l’efficienza energetica, quale opinion leader

nell’ambito della campagna nazionale ItaliainClasseA finanziata dal Ministero per lo Sviluppo

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Economico. Si tratta di una campagna che svolge attività di formazione e informazione per

accrescere la consapevolezza dei consumatori sulle azioni da intraprendere per favorire la riduzione

dei consumi energetici e creare condizioni favorevoli per una crescita sostenibile.

Il dialogo con le scuole

Nel 2019 infine il Gruppo SAVE ha avviato un dialogo con le scuole del territorio incentrato

sulla divulgazione delle attività di sostenibilità. Lo scorso novembre, in occasione della

Giornata internazionale dell’Albero, 100 bambini hanno piantato al Marco Polo cento alberi,

dando inizio ad un’opera di mitigazione a favore del limitrofo abitato di Tessera. Il percorso

didattico proseguirà con incontri che toccheranno diverse aree tematiche, quali la produzione di

energia pulita, il risparmio energetico e la gestione dei rifiuti.

Fin qui abbiamo parlato di SAVE, io però nella mia attività imprenditoriale mi divido tra Save

appunto e Banca Finint, un settore, quello della finanza non semplice, specie in questi anni. E allora

permettetemi di concludere con qualche considerazione di come si possa tradurre il concetto di

responsabilità sociale anche in finanza. Dobbiamo infatti distinguere la finanza speculativa fine a sé

stessa e la finanza buona; quella che è strumento per la crescita delle aziende, delle persone e dei

territori. E’ la distinzione che ne ha fatto un grande banchiere Raffaele Mattioli alla fine degli anni

40 in una celebre lettera all’allora capo del PCI Palmiro Togliatti in cui parlava appunto di finanza

buona e finanza cattiva.

Ebbene anche in Banca Finint (un gruppo che conta oltre 400 dipendenti) noi diamo grande

attenzione ai nostri collaboratori, ma non solo, cerchiamo di contribuire a migliorare la qualità della

vita nel nostro territorio, aiutando la cultura (che come diceva ancora Raffaele Mattioli serve a dare

un’anima ai numeri) aiutando lo sport e prestando attenzione a tutto ciò che può far crescere le

nostre zone. E ancora per esempio ci occupiamo di riqualificazione urbana attraverso progetti di

social Housing che permettono di trovare casa a persone meno abbienti.

In conclusione spero di avervi dato un quadro di cosa sia la responsabilità sociale per un

imprenditore, e voglio concludere con un concetto di Joaquin Navarro-Valls (storico direttore della

sala stampa vaticana con Papa Wojtyla): che ha scritto che “il senso ultimo del lavoro non riposa

tanto in ciò che dal lavoro si può ottenere, ma in ciò che col lavoro possiamo divenire noi stessi e in

ciò che col lavoro possiamo migliorare degli altri”.

Grazie.

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Relazione

Domenico Noviello, Presidente Eni Foundation Introduzione

Gentili colleghi, ospiti, signore e signori,

Sono molto lieto di essere qui con voi e ringrazio tutti per l’invito.

Mi chiamo Domenico Noviello, sono un dirigente Eni e Presidente di Eni Foundation.

La mia testimonianza riguarda una grande impresa come Eni, il suo percorso distintivo, il suo

modo di essere impresa e di operare come Impresa Responsabile.

Ci tengo a ricordare a tutti che Eni è una società italiana, una grande Energy Company a chiara

vocazione internazionale, solida sotto il profilo finanziario, con molta tecnologia, tante riserve di

petrolio e gas e un patrimonio di competenze nelle risorse umane che sono tra le poche al mondo.

Operiamo in 67 Paesi - oltre 30.000 donne e uomini lavorano per noi in tutto il mondo.

Eni è molto impegnata nella transizione energetica che ci vede tutti focalizzati verso le energie

alternative; per questo stiamo realizzando importanti progetti come la riconversione delle Raffinerie

in Bio Raffinerie per produrre biocarburanti a basso impatto ambientale e la costruzione di impianti

di piccole dimensioni che trasformano i rifiuti organici urbani in energia.

Nel settore della raffinazione siamo attivi in Italia e in Germania e abbiamo aperto una nuova fase

di crescita per la nostra raffinazione grazie all’acquisizione strategica del 20% della Raffineria di

Ruwais ad Abu Dhabi.

In Italia, abbiamo convertito la Raffineria di Venezia in bioraffineria (primo esempio al mondo di

questo tipo di trasformazione) per produrre, come vi dicevo, combustibili più puliti di alta qualità e

stiamo ultimando un analogo progetto di riconversione in bioraffineria della Raffineria di Gela.

Vengo quindi al tema della Responsabilità Sociale d’Impresa che, badate bene, non è una scoperta

recente.

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Per quanto ci riguarda, è parte integrante del modo di operare dell'Eni. Il nostro obiettivo è da

sempre quello di coniugare competitività con responsabilità. È un impegno volto a perseguire

crescita, innovazione e risultati, prestando sempre grande attenzione alla qualità della vita, ai diritti

umani e allo sviluppo sostenibile.

Questo impegno si ritrova nei principi, nelle politiche e nei comportamenti manageriali che

caratterizzano l’operato di Eni, comportamenti tesi a promuovere una "cultura della

responsabilità e della sostenibilità" finalizzata a rafforzare la fiducia nell’Eni da parte di tutti i

suoi principali stakeholder: azionisti, dipendenti, clienti, fornitori, partner commerciali e finanziari,

istituzioni, organizzazioni non governative e le numerose comunità con le quali il Gruppo

interagisce.

I concetti di “Responsabilità sociale d’impresa” e di “Sostenibilità” si intrecciano e sono

interconnessi. Entrambi coinvolgono un’ampia varietà di temi, economici, sociali, istituzionali,

ambientali. Sono espressi nei 17 obiettivi di sviluppo dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Il concetto di sviluppo sostenibile, come sapete, occupa un ruolo centrale nel dibattito sugli scenari

e nella definizione dei modelli di crescita per i prossimi decenni. L’evoluzione della nostra società,

degli stili di vita e dei comportamenti individuali deve considerare una serie di tematiche – la tutela

dell’ambiente, la formazione e conservazione della ricchezza, l’equità sociale – in un’ottica che

includa e integri anche i diritti delle generazioni future.

Nel mondo dell’economia globale tutti i principali rappresentanti della società civile, governi,

istituzioni, comunità, imprese, sono chiamati a impegnarsi in uno sforzo comune, pur con le

necessarie ed evidenti differenze di identità, di ruoli e di finalità.

In questo contesto, le imprese, sottoposte in misura sempre più ampia alla valutazione di mercati,

istituzioni e società civile, devono orientare i loro comportamenti secondo un percorso di

responsabilità e sostenibilità del proprio agire.

Questo nuovo modello di riferimento rappresenta fra l’altro per il sistema produttivo italiano una

grandissima opportunità: più crescita con misure ad hoc da destinare all’economia circolare,

secondo il paradigma delle quatto “R”: “riduzione”, “riutilizzo”, “riciclo” e “recupero”.

Paradigma in grado di valorizzare le caratteristiche distintive e il DNA delle PMI italiane che

costituiscono l’ossatura del sistema industriale italiano.

Vi invito in proposito a leggere il Rapporto della Fondazione per la sussidiarietà “Sussidiarietà e

PMI per lo sviluppo sostenibile”, di recente pubblicazione.

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Ma non solo alle PMI sto pensando. Il riferimento è anche al documento della Business Roundtable

americana del 19 agosto scorso sottoscritto da 181 imprese e manager della Corporate America (JP

Morgan, Apple, Amazon, etc.): Basta con la dittatura dello “Shareholders Value” sembra

concludere il documento, l’utilità sociale di un’azienda va oltre i suoi bilanci.

I marchi più affermati e i capitalisti più attenti all’evoluzione della società e al mutamento dei

costumi hanno compreso che il valore di un’azienda oltre che dai bilanci viene misurato

dall’opinione pubblica, dai dipendenti, dai fornitori, dalle comunità in cui opera.

La posizione ha suscitato molto interesse e altrettanto scetticismo.

1. La nuova mission Eni e l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite

A settembre scorso, Eni ha lanciato la nuova mission aziendale per riflettere l’integrazione della

sostenibilità nel business.

La mission, che prende ispirazione dai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni

Unite, mette in luce i valori di Eni relativi al clima, all’ambiente, all’accesso all’energia, alla

cooperazione, alle partnership per lo sviluppo, al rispetto delle persone e dei diritti umani.

La mission porta al massimo livello i principi alla base del modello di business dell’azienda, che si

focalizza su investimenti – sia dal punto di vista di business che da quello sociale – a lungo termine,

andando oltre la dimensione del profitto a breve termine.

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Il modello guida l’integrazione della sostenibilità in tutte le attività aziendali e ha particolare

riguardo, oltre che per clima e ambiente, anche per le persone, concentrandosi sullo sviluppo, sulla

crescita, sulla valorizzazione e formazione delle proprie risorse, considerando la diversità come

opportunità.

Consapevolezza, Valori e Responsabilità sono alla base del nostro agire.

La nostra nuova mission è sempre più contestualizzata in un mondo che affronta una duplice sfida:

la sempre della crescente domanda di energia e la lotta al cambiamento climatico.

Ricordo infine che Eni è stata inserita, quest’anno per la prima volta, nel Top 10 delle aziende con

la migliore reportistica sulle performance di sostenibilità, come si evince dall’analisi del World

Business Council for Sustainable Development (WBCSD).

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L’edizione di quest’anno, pubblicata a metà ottobre, ha coinvolto 159 importanti aziende

provenienti da 34 Paesi.

Eni è indicata come esempio di best practice per il principio di “conciseness and alignment” e per

essere stata capace di creare un riassunto online conciso e coerente che riassume in maniera efficace

le iniziative di sostenibilità e spiega la strategia dell’azienda in maniera chiara ed esaustiva.

Il rapporto sottolinea in particolare come avere un volume totalmente dedicato alla strategia di

decarbonizzazione permette a Eni di affrontare questa tematica nel dettaglio senza andare a scapito

degli altri temi legati alla sostenibilità.

2. Eni Foundation – La costituzione

In linea e per dare attuazione a quanto vi ho illustrato prima, vi informo che Eni già nel 2006 ha

costituito una propria fondazione – Eni Foundation - per promuovere e realizzare autonomamente,

in Italia e nel mondo, iniziative di solidarietà sociale e umanitaria nei settori dell’assistenza,

della sanità, dell’educazione, della cultura e dell’ambiente rivolgendosi in particolare alle fasce

di popolazione più vulnerabili tra cui i bambini e i soggetti più fragili e indifesi.

In coerenza con il patrimonio di valori che da sempre caratterizza l’operato di Eni, Eni Fondazione

in linea con i valori del Codice Etico, opera nel quadro di riferimento della Dichiarazione

Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, delle Convenzioni fondamentali dell’ILO e delle

Linee Guida dell’OCSE.

Eni Foundation è una fondazione di impresa a carattere operativo, che per raggiungere gli

obiettivi assegnati adotta un approccio proattivo, incentrando la propria attività su iniziative

progettate e realizzate in autonomia.

Tutti gli interventi di Eni Foundation sono ispirati ai principi di:

• analisi e comprensione del contesto di riferimento;

• comunicazione trasparente con gli Stakeholder;

• visione e impegno di lungo termine;

• diffusione e condivisione di risultati e conoscenze.

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La Fondazione attua interventi e realizza progetti volti a tutelare la salute e promuovere il benessere

dei bambini, degli adolescenti e degli anziani, a migliorarne la qualità della vita e a mitigare

fenomeni di disagio e di esclusione sociale.

Nei primi anni di attività, la Fondazione ha concentrato i propri sforzi sul tema della salute

dell’infanzia, una sfida che riguarda soprattutto i Paesi in via di sviluppo dove Eni ha una presenza

operativa, focalizzando l’attenzione sulle principali malattie endemiche e patologie che colpiscono i

minori e ne compromettono la crescita.

Ma i temi e gli ambiti di intervento sono molti e hanno riguardato negli anni l’acqua, la corretta

nutrizione, la sicurezza alimentare, il miglioramento delle tecniche agricole, le attività di

formazione, la sensibilizzazione e la cultura.

In relazione a questi obiettivi, Eni Foundation attiva collaborazioni e partnership, sia nelle fasi

progettuali che di realizzazione, con associazioni non governative, agenzie umanitarie, istituzioni e

amministrazioni locali. I partner vengono selezionati in base a specifiche e comprovate capacità e

competenze negli ambiti di interesse e in funzione della complessità dei progetti da realizzare.

Per darvi una idea concreta vi illustrerò i principali e più recenti progetti realizzati e poi per darvi

un’idea più concreta, vi farò vedere un breve video.

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3. Eni Foundation – I Progetti

Eni Foundation

Paesi Progetti sanitari

Ghana Rafforzamento dei servizi di medicina primaria infantile e materna

Mozambico Rafforzamento dei servizi di emergenza infantile nel distretto di

Palma

Angola Rafforzamento dell’assistenza sanitario-nutrizionale a favore della

popolazione materno-infantile a Luanda

Repubblica del Congo Rafforzamento dell’assistenza sanitaria a favore dell’infanzia nelle

aree rurali;

Prevenzione della trasmissione dell’HIV-AIDS da madre a figlio

Indonesia Prevenzione e cura della labiopalatoschisi

Myanmar Rafforzamento dei servizi nutrizionali e programmi di

immunizzazione

Egitto Rafforzamento dei servizi di assistenza e cura delle ustioni

TOTALE PAESI DI PRESENZA: 7

TOTALE PROGETTI REALIZZATI: 7

TOTALE PROGETTI IN CORSO: 1

Ghana

Il Ghana mantiene la propria posizione di secondo Paese più popolato dell’Africa Occidentale dopo

la Nigeria. Secondo l’ultimo Demographic Health Survey, il tasso di mortalità dei bambini sotto i 5

anni è di 60 ogni 1.000 nati e il tasso di mortalità materna è di 319 ogni 100.000.

Tasso di mortalità infantile sotto i 5 anni: 60 ogni 1.000 nati

Tasso di mortalità materna: 319 ogni 100.000 nati

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Progetto sanitario per il rafforzamento dei servizi di medicina primaria infantile e materna

Il progetto, in linea con le strategie del Ministero della Salute locale, sostiene l’azione delle Autorità

Sanitarie nel raggiungimento degli Obiettivi di miglioramento della salute materna e riduzione della

mortalità infantile. L’area di intervento riguarda i distretti costieri di Jomoro ed Ellembele e Ahanta

West dove risiedono circa 250.000 persone, distribuite prevalentemente in aree rurali e isolate, di

cui oltre 80.000 sono bambini da 0 a 10 anni e circa 70.000 donne in età fertile.

Eni Foundation finanzia il progetto ed è responsabile della sua gestione grazie anche alla

collaborazione con tre Istituzioni locali e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, in qualità di partner

scientifico.

Il progetto è durato 3 anni.

Mozambico

Localizzato nell’area nord-est, al confine con la Tanzania, ha una popolazione totale stimata in circa

1.700.000 abitanti. La distribuzione per diverse età mostra una maggior prevalenza della

popolazione giovane: il 46% è al di sotto dei 15 anni, di cui il 17% sotto i cinque anni.

Malaria, diarrea, polmonite, malnutrizione, HIV, TBC sono le principali cause di mortalità

dell’infanzia. Elevata la mortalità materna. In aumento la sieroprevalenza di HIV. Da menzionare la

lebbra e la schistosomiasi tra le malattie neglette.

Malaria, Diarea, Polmonite, HIV, TBC, le principali cause di mortalità infantile

Le infrastrutture e il personale sanitario sono inferiori agli standard previsti dal Ministero locale

Progetto sanitario per il rafforzamento dei servizi di emergenza infantile nel distretto di Palma

Il Distretto di Palma è un’area costiera che si affaccia sull’oceano indiano. La popolazione conta

poco meno di 60.000 abitanti, la metà dei quali è concentrata nella città di Palma, mentre la

rimanente è dispersa sul territorio. La rete delle comunicazioni e dei trasporti è molto

povera. L’attività economica principale è la pesca.

Beneficiari diretti dell’iniziativa sono le donne incinte e i neonati del distretto di Palma (circa

3.000).

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Traggono contributo dall’iniziativa anche il personale sanitario del reparto di ostetricia, ginecologia

e neonatologia del Centro di Salute di riferimento e quello dei 6 Centri di Salute (per un totale di

circa 80 persone) preposti a offrire il servizio di emergenza ostetrica di base. Beneficiari indiretti

sono tutti gli abitanti del distretto di Palma che possono utilizzare servizi sanitari migliorati (60.000

persone).

L’obiettivo del progetto per il rafforzamento dei servizi di emergenza ostetrica e neonatale nel

distretto di Palma è quello di sostenere le Autorità Mozambicane nella riduzione della mortalità

neonatale, infantile e materna, attraverso l’incremento della qualità e dell’accesso ai servizi di

medicina materno infantile.

Eni Fountation ha finanziato il progetto e ne ha curato la gestione sempre in stretta collaborazione

con le autorità sanitarie locali; il CUAMM è stato identificato come organizzazione responsabile di

alcune attività del progetto.

* * *

Sotto la direzione scientifica e teatrale di Dario Fo, abbiamo inoltre realizzato il format “Il teatro fa

bene“, con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione sui temi sanitari.

Eni Foundation partecipa inoltre al “Progetto Dream“ della Comunità di Sant’Egidio che si

focalizza sulle donne con HIV e punta a migliorare l’accesso allo screening e alla cura del cancro

della cervice uterina. L’obiettivo del progetto è rafforzare la capacità del sistema sanitario

mozambicano, riducendo la mortalità materna e infantile e migliorandone la qualità dei servizi.

Questo scopo viene raggiunto attraverso la costruzione di un ambulatorio polispecialistico a

Zimpeto (Provincia di Maputo).

Adesso, prima di andare avanti con gli altri Paesi dove Eni Foundation opera, vi faccio vedere un

breve video.

[V I D E O]

Angola

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L’Angola è un paese dell’Africa centrale con 25 milioni di abitanti e un’aspettativa di vita alla

nascita di 51 anni. Il tasso di mortalità infantile fino a 5 anni è di 161 ogni 1.000 nati. Il rischio di

mortalità materna nel corso della vita è di 1 su 29.

Tasso di mortalità infantile:161 ogni 1.000 nati

Rischio di mortalità materna nel corso della vita: 1 ogni 29

Progetto Kilamba Kiaxi - Progetto sanitario-nutrizionale a favore della popolazione materno-

infantile a Luanda

Il progetto si propone di migliorare le condizioni di salute della popolazione infantile e materna

nella Municipalità di Kilamba Kiaxi, una delle 9 municipalità in cui è suddivisa l’area

metropolitana di Luanda.

L’obiettivo specifico del progetto punta alla riduzione dell’incidenza delle malattie prevenibili e di

quelle dovute a malnutrizione attraverso il rafforzamento della rete dei servizi sanitari con interventi

strutturali, formativi e di assistenza tecnica.

Eni Foundation ha sottoscritto un accordo di partenariato con il Ministero della Salute Angolano

(MINSA) e un accordo di collaborazione con l’Organizzazione non Governativa locale Obra da

Divina Providência, il cui Ospedale Pediatrico rappresenta il riferimento primario per la

popolazione della Municipalità.

Il Ministero della sanità angolano considera il progetto un valido modello di riferimento per futuri

interventi sugli altri distretti sanitari della Capitale.

Il progetto persegue quattro risultati attraverso la realizzazione di un articolato piano di interventi:

• Rafforzamento della rete di servizi sanitari di primo e secondo livello con attività che coinvolgono i

CSI e gli ospedali cui questi fanno riferimento per soddisfare le esigenze di copertura del territorio:

o costruzione ed equipaggiamento di 2 nuovi CSI e sostegno funzionale ai CSI

esistenti attraverso la fornitura di strumentazioni e arredi;

o costruzione di un Centro nutrizionale terapeutico e di un Centro nutrizionale di

accompagnamento presso l’Hospital da Divina Providência e potenziamento di quelli

presenti presso i 2 CSI gestiti dallo stesso ospedale;

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o creazione di un sistema per il trasporto urgente dei pazienti nei 6 Comuni della

Municipalità attraverso la fornitura di ambulanze.

• Miglioramento delle capacità tecnico-gestionali del personale sanitario della rete dei servizi tramite

formazione dei medici e paramedici e fornitura di materiale per lo svolgimento delle attività

formative.

• Rafforzamento del sistema di sorveglianza epidemiologica attraverso la formazione specifica degli

operatori sanitari della Municipalità e la fornitura di materiali ed equipaggiamenti.

• Potenziamento ed estensione dei servizi di medicina materno-infantile: visite pediatriche e prenatali,

vaccinazioni, attività diagnostica.

Repubblica del Congo

La Repubblica del Congo è un Paese dell’Africa con 4 milioni di abitanti. La speranza di vita alla

nascita è 57 anni. I tassi di mortalità infantile (75 per 1.000 nati), neonatale (117 per 1.000 nati) e

materna (780 per 100.000 nati) sono tra i più elevati dell’Africa Sub-Sahariana. Sul fronte

nutrizionale si stima che oltre il 20% della popolazione sia sottoalimentato. La mortalità materna,

oltre che a problematiche di tipo ostetrico, è imputabile a cause indirette quali HIV/AIDS, malaria,

TBC e anemia.

Tasso di mortalità infantile: 75 ogni 1.000 nati

Tasso di mortalità materna: 780 ogni 100.000 nati

Progetto sanitario Salissa Mwana a favore dell’infanzia nelle aree rurali

Il progetto Salissa Mwana ha contribuito a migliorare l’assistenza sanitaria all’infanzia residente

nelle aree rurali isolate delle regioni del Kouilou, del Niari e della Cuvette attraverso programmi di

vaccinazione contro le principali patologie a sostegno delle attività svolte dalle autorità sanitarie del

Paese.

Per conseguire l’obiettivo principale nelle tre regioni, il progetto ha perseguito il potenziamento

delle strutture sanitarie periferiche di base, dei CSI, migliorandone le capacità operative, gestionali

e di integrazione con il territorio.

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L’iniziativa ha incluso la completa riabilitazione strutturale e l’equipaggiamento sanitario

necessario di 30 CSI, la formazione del personale sanitario a vari livelli e la sensibilizzazione della

popolazione in tema di prevenzione.

Attraverso questo modello di intervento, i servizi di salute di base (trattamenti terapeutici,

immunizzazione, medicina preventiva, consultazione prenatale e post-natale) sono stati

progressivamente rafforzati fino a raggiungere la prevista copertura delle tre regioni.

Il progetto è stato condotto sulla base di un accordo di partenariato con il Ministero della Salute e

della Popolazione e in collaborazione con la Ong locale Fondation Congo Assistance.

Eni Foundation ha finanziato il progetto ed è stata responsabile della gestione e del coordinamento

generale.

Il progetto è durato 4 anni dal 2007 al 2012.

Kento Mwana - Progetto di prevenzione della trasmissione dell’HIV-AIDS da madre a figlio

Il progetto Kento Mwana aveva l’obiettivo di ridurre la trasmissione materno-infantile di HIV nelle

donne in gravidanza sieropositive al 2-3%; tale livello di trasmissione, in assenza di appropriate

misure preventive, potrebbe superare il 30%.

A tal fine sono stati forniti alle donne in gravidanza i servizi di counselling e l’accesso allo

screening volontario e gratuito, con esecuzione di test immediato.

Cardine dell’iniziativa è un laboratorio di diagnostica avanzata dell’infezione da HIV,

precedentemente costituito e attrezzato durante la fase pilota dall’Università di Genova, partner

scientifico dell’intero progetto, presso l’Hsôpital Régional des Armées (HRA) di Pointe-Noire.

Il progetto ha avuto una durata di 4 anni.

Indonesia

L’Indonesia è il terzo paese al mondo per incidenza di labiopalatoschisi; il sistema sanitario del

Paese non consente ai pazienti di essere operati gratuitamente e l’intervento chirurgico ha un costo

ingente per le famiglie indonesiane che vivono con redditi al di sotto della soglia di povertà.

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3° Paese al mondo per incidenza della labiopalatoschisi

La malformazione colpisce 1 bambino ogni 800

Il progetto prevedeva la creazione di un centro di eccellenza dedicato al trattamento della labio

palato-schisi.

La labiopalatoschisi è una malformazione che colpisce circa 1 bambino su 800, facendolo nascere

con le parti della bocca o del palato non chiuse fra loro. La malformazione porta nei piccoli una

grande difficoltà ad alimentarsi oltre a casi di esclusione sociale.

La struttura di riferimento a livello locale per la realizzazione del progetto è l’Ospedale Provinciale

della città di Tarakan, nel Kalimantan Orientale.

L’intervento è stato realizzato attraverso missioni chirurgiche, con il trasferimento in Italia dei casi

di particolare gravità.

Eni Foundation ha finanziato il progetto; Smile Train Italia è stato l’esecutore di tutte le attività e

per la loro realizzazione ha definito una serie di accordi con le Autorità amministrative e sanitarie di

Tarakan. Sono stati operati 190 bambini, sono stati formati 20 operatori sanitari tra medici e

infermieri e sono state fornite attrezzature e strumenti chirurgici.

Il progetto è durato 3 anni dal 2009 al 2011.

Myanmar

In Myanmar, Eni Foundation ha avviato un progetto di sostegno alla popolazione della regione del

Magway zona prevalentemente agricola ma con scarse o nulle precipitazioni per almeno quattro

mesi all’anno. L’attività prevista, in accordo con i locali ministeri dell’Energia, della Salute e

dell’Agricoltura, è il miglioramento dell’accesso all’acqua, soprattutto all’acqua pulita, dove non

esistono fonti di approvvigionamento e l’igienizzazione dei sistemi presenti.

Inoltre l’efficientamento del sistema di irrigazione, l’inserimento di nuovi metodi tecnologici

appropriati per il miglioramento delle produzioni, la diversificazione delle produzioni agricole

(attualmente quasi esclusivamente arachidi e sesamo) e l’aumento della capacità di conservazione e

trasformazione dei prodotti agricoli.

L’impegno di Eni Foundation quindi è concentrato:

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• sull’accesso all’acqua e alla creazione di pozzi per rendere l’acqua potabile;

• sulla sicurezza alimentare tramite un supporto all’attività agricola;

• sulla tutela della salute materna e infantile;

• sui programmi di immunizzazione.

Egitto

Un progetto a sostegno del governo egiziano nei servizi di assistenza alle ustioni al Cairo. Eni

Foundation ha firmato un Memorandum of Understanding con il Ministero della salute e della

Popolazione egiziano per supportare il governo nell'attuazione della sua politica di espansione e

potenziamento dei servizi di assistenza alle ustioni al Cairo, in particolare per i pazienti pediatrici.

Le componenti principali del progetto sono:

• l'istituzione di un'Unità di terapia intensiva pediatrica dedicata;

• lo sviluppo delle professionalità del personale sanitario e l'assistenza tecnica per l'avvio del

servizio;

• il supporto allo sviluppo del sistema di riferimento e la gestione della rete dei servizi di

emergenza pediatrica;

• la sensibilizzazione anche a livello comunitario sulla prevenzione delle ustioni.

Eni Foundation si avvale dell’esperienza di medici e strutture italiane di eccellenza nel trattamento

delle ustioni che si occupano della formazione del personale medico e paramedico egiziano.

Garantisce la fornitura dei beni e dei servizi necessari, come i lavori civili rilevanti, le attrezzature

mediche, gli arredi ospedalieri e il supporto allo sviluppo della rete di servizi pediatrici nazionali

per la cura delle ustioni anche attraverso campagne di prevenzione, educazione e sensibilizzazione.

Vi ringrazio per l’attenzione.

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Discorso conclusivo Vincenzo Marinese, Presidente Confindustria Venezia Area Metropolitana di Venezia e Rovigo Sono particolarmente fortunato perché l’esperienza di Presidente di Confindustria Venezia Area

Metropolitana di Venezia e Rovigo e, prima ancora, quella di Vicepresidente mi ha permesso di

conoscere diverse realtà. Nei primi due anni del mio mandato, che scade nel 2021, l’attività

dell’Associazione si è concentrata sulla redazione di un piano industriale, sulla valorizzazione del

territorio, sull’efficientamento delle nostre sedi, sul completamento del percorso di aggregazione tra

Venezia e Rovigo.

Ho chiesto ai dirigenti di Eni e al Presidente Enrico Marchi di organizzare questo incontro per

parlare di sostenibilità e responsabilità sociale, perché sono convinto che dobbiamo cambiare il

nostro modo di comunicare. Noi industriali, infatti, siamo visti come soggetti che pensano soltanto

al guadagno. Dietro a ciascuno di noi, invece, c’è un’impresa e l’impresa è fatta di uomini. Le

nostre scelte economiche sono sempre connesse a quelle etiche. Per noi non esiste solo il risultato in

bilancio: come ricordava l’Assessore Venturini, affrontiamo sfide quotidiane che presentano

importanti risvolti sul piano sociale.

Dobbiamo dunque parlare ai ragazzi, ai giovani, agli anziani, a coloro i quali dicono di “no” a tutto

e pensano che dietro all’impresa ci sia soltanto un valore, quello economico. Dobbiamo spiegare

loro che non è così. Ognuno di noi è parte integrante del territorio.

Enrico Marchi, nel corso della sua relazione, ha ripetuto più volte l’espressione “il nostro

territorio”.

Il Gruppo Save, d’altra parte, ha effettuato importanti investimenti in sostenibilità, accoglienza,

integrazione, incidendo sulla nostra qualità della vita. L’aeroporto è per noi un’infrastruttura

fondamentale, non solo perché favorisce gli spostamenti. Viaggiare è anche sinonimo di

contaminazione, di cultura, di esperienza, di connettività. Significa, in questa epoca, essere centrali.

Per molti, tuttavia, l’aeroporto è un sistema di disgregazione, di speculazione e di inquinamento.

Questo territorio è caratterizzato da un tessuto di piccole, medie e grandi imprese che fatturano 35

miliardi di euro, con un export del 39%, ma nessuno di noi comunica i propri valori, la propria

storia, le proprie radici, il proprio impegno quotidiano. Spesso portiamo a casa le ansie e le

preoccupazioni.

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Come ha ricordato il Patriarca, dovremmo dedicare più tempo alla famiglia, anche se è difficile

perché siamo assorbiti a tempo pieno dalla nostra impresa e dal forte senso di responsabilità che ne

deriva.

In un contesto in cui creare lavoro è estremamente difficile, se non avessimo collaboratori, se alle

loro spalle non ci fossero le rispettive famiglie e se dietro a queste non ci fosse la società civile,

molti di noi prenderebbero decisioni completamente diverse.

L’avvocato Noviello ha mostrato alcune immagini e ha presentato la Fondazione Eni. Con la sua

attività di programmazione e di pianificazione, entra nel territorio per valutarne le esigenze e per

migliorare la qualità della vita dei cittadini. Eni dimostra a tutti noi che l’impresa contribuisce al

benessere della società civile. Alcune dinamiche industriali, infatti, presentano un impatto molto

importante: dal punto di vista dell’occupazione, delle attività, della formazione, dell’attrazione di

ricchezza, delle risorse economiche e del nostro stato sociale.

Prima ancora di essere un imprenditore sono cittadino di questo territorio, sono padre di una

bambina e nei suoi confronti avverto un forte senso di responsabilità. Chi fa impresa affronta ogni

giorno problemi, mentre altri si limitano a porre veti alle varie proposte, scendono in piazza per

protestare e si sfogano sui social. È molto più semplice non lavorare e denigrare chi svolge

un’attività: d’altra parte, chi non fa non sbaglia mai. Noi, invece, facciamo tanto e otteniamo

risultati straordinari, sia in Veneto che in Italia. Siamo la seconda potenza manifatturiera d’Europa e

siamo diventati, in otto anni, i leader dell’economia circolare. Abbiamo sviluppato la capacità di

reinventare i materiali di scarto e i rifiuti. Questo dimostra la nostra elevata abilità imprenditoriale.

Sono fiero di guidare una PMI, di essere qui oggi, di recarmi venerdì prossimo a Gela per parlare

agli studenti delle professioni del futuro, per spiegare loro quanto sia importante lavorare, avere un

obiettivo, essere curiosi e rispettare gli altri.

Non c’è una grande impresa, infatti, se al suo interno manca il rispetto per i datori, i colleghi e i

collaboratori.

Non c’è una grande impresa se non si condividono le esperienze, se non ci si aggrega per risolvere i

problemi e se manca la solidarietà. Quanto accade all’interno di un’azienda, infatti, viene condiviso

da tutti i suoi componenti. Nei prossimi due anni continueremo a comunicare l’orgoglio di essere

industriali, perché serve coraggio.

Nonostante le difficoltà noi continuiamo a crescere, soprattutto nell’esportazione, che vale 400

miliardi di euro. Senza le attività produttive e l’export, il nostro PIL sarebbe negativo. Siamo

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dunque dei benefattori, in quanto contribuiamo alla riduzione del debito pubblico, favorendo un

clima di serenità sociale. Percepisco, tuttavia, un senso di rassegnazione da parte dei colleghi e

avverto una generalizzata mancanza d’orgoglio, quasi per il timore di sembrare autoreferenziali.

Dobbiamo, invece, essere fieri di avere 30, 40, 50 dipendenti, perché un’azienda di 40 unità

garantisce la serenità a 150, 200 persone.

Le grandi tragedie, infatti, si consumano quando c’è un problema sociale e viene a mancare

l’occupazione - elemento fondamentale della vita umana - che noi generiamo.

Ciascuno di noi, poi, contribuisce personalmente alla vita del territorio sponsorizzando una statua,

una scuola, partecipando ad una riunione in parrocchia, parlando con i propri figli, diffondendo

l’educazione alla sostenibilità, trasmettendo il valore del lavoro.

Vi invito, dunque, ad essere fieri del sistema industriale italiano e veneziano. Esempi quali Eni,

Enel, Fincantieri, Leonardo sono realtà note in tutto il mondo e simbolo del Made in Italy. Non tutti

sanno che il diesel della bioraffineria Eni è incolore, inodore e viene prodotto a kilometro zero. La

raffineria di Venezia non si sarebbe convertita se non vi fosse stato un sistema di PMI radicato,

forte, preparato e strutturato.

È questo il nostro valore.

Per tale motivo vi ringrazio e vi invito a dire con orgoglio: “Sono un imprenditore”.