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Autismo. Apprendere con l'intervento comportamentale - Indice e parte ddel 2° capitolo

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Quando i genitori dei bambini autistici comprendono che nei loro piccoli c’è qualcosa che non va, oltre a sperimentare paura e angoscia, attraversano momenti di crisi in cui devono mobilitare risorse e strategie di coping per fronteggiare una situazione che coinvolge sia il piano affettivo che il piano cognitivo. Inoltre, i genitori incontrano difficoltà nella scelta del trattamento, nell’instaurare un rapporto con il figlio e nella gestione dei suoi comportamenti.

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AUTISMOAPPRENDERE CON L’INTERVENTO

COMPORTAMENTALE

Sara La Grutta, Annalisa De Filippo

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PremessaIntroduzione

L’AUTISMO(Sara La Grutta, Annalisa De Filippo)

1. I Disturbi Generalizzati dello Sviluppo1.1. Disturbo di Asperger1.2. Disturbo di Rett1.3. Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza1.4. Disturbo Autistico

2. L’autismo: dalla diagnosi al trattamento2.1. Caratteristiche diagnostiche e sintomi2.2. Cause2.3. Trattamenti

IL METODO COMPORTAMENTALE(Sara La Grutta)

1. Comportamentismo e apprendimento2. Principi e tecniche comportamentali

2.1. I rinforzi2.2. Il modellaggio o shaping2.3. Le tecniche di chaining (concatenamento)2.4. Prompting (tecniche di aiuto) e fading (attenuazione dell’aiuto)2.5. Il metodo della Task Analysis

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INDICE

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APPRENDERE CON L’INTERVENTO COMPORTAMENTALE(Sara La Grutta, Annalisa De Filippo)

1. Principi guida dell’intervento comportamen-tale nell’autismo2. Impostazione del programma di intervento

2.1. La valutazione individuale e gli obiettivi2.1.1. Le abilità da acquisire2.1.2. I comportamenti-problema2.2. Nel contesto familiare2.3. Nel contesto scolastico

3. Potenzialità e limiti dell’intervento compor-tamentale

3.1 Dalla parte dei genitori: diffi coltà e risorse

ConclusioniBibliografi aSitografi a

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IL METODO COMPORTAMENTALESara La Grutta

1. Comportamentismo e apprendimento

Il comportamentismo nasce uffi cialmente nel 1913 ad opera di Watson il quale, per garantire la scienti-fi cità della psicologia, circoscrive l’oggetto di studio ai comportamenti osservabili che hanno un riscontro oggettivo. Il comportamento osservabile viene studiato in laboratorio attraverso il metodo sperimentale, che consente di manipolare le variabili indipendenti (ambientali), osservandone gli effetti sulle variabili dipendenti (comportamentali).

Gli scopi del comportamentismo sono la previsione e il controllo del comportamento osservabile intersog-gettivamente, attraverso il suo studio e la sua analisi.

Un elemento caratteristico di questo approccio teorico è rappresentato dalla perseveranza nello studio dei processi di apprendimento e delle leggi basilari attraverso cui l’individuo acquisisce nuove abilità e comportamenti.

L’apprendimento nella sua accezione più ampia può essere defi nito come “ogni modifi cazione relativa-mente permanente del comportamento che ha luogo per effetto dell’esperienza” (Hilgard, Atkinson e Atkinson, 1953).

I primi studi sistematici sull’apprendimento effet-tuati nella seconda metà del secolo, si basano sui

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paradigmi del condizionamento classico e del condi-zionamento operante: sono stati condotti esperimenti su animali, in setting di laboratorio, supponendo che i processi di apprendimento umani fossero uguali a quelli animali. Anche se l’uomo dispone di strumenti linguistici, simbolici, cognitivi ed emotivi che rendono unici i suoi processi psichici, ciò non consente di inva-lidare tali studi mirati a stabilire le leggi del compor-tamento.

Nel paradigma del condizionamento classico (Pavlov, 1927) l’apprendimento si verifi ca a seguito di un’associazione tra stimolo e risposta. Uno degli assunti principali del comportamentismo è appunto il meccanismo del condizionamento, in base al quale l’associazione ripetuta di uno stimolo, detto stimolo neutro, con una risposta che non è ad esso direttamente correlata farà sì che, dopo un periodo di tempo, a tale stimolo segua la risposta condizionata.

In un noto esperimento dell’autore, un cane salivava (risposta incondizionata) non solo alla presentazione del cibo (stimolo incondizionato), ma anche al suono di una campanella (stimolo condizionato) in quanto tale suono era stato precedentemente associato con una certa frequenza alla presentazione del cibo, produ-cendo in tal modo una risposta condizionata.

La teoria del condizionamento operante (Skinner, 1938) conferisce all’individuo un ruolo attivo di iniziatore di determinati comportamenti (compor-tamento operante) e non solo produttore di risposte fi siologiche (comportamento rispondente). Inoltre,

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estende ai comportamenti che si producono da soli la “legge dell’effetto” di Thorndike (1931) secondo cui l’apprendimento è un processo che si svolge per tentativi ed errori ed è l’effetto di un comportamento che determina la maggiore o minore associazione tra stimolo e risposta.

Thorndike ha eseguito alcune ricerche utilizzando il labirinto a “T” e la gabbia. Nel labirinto l’animale, dopo aver percorso le gambe di numerose T, si trovava davanti alla possibilità di scegliere e apprendere quale direzione seguire per raggiungere l’obiettivo. Mentre negli esperimenti con la gabbia, l’animale doveva imparare ad uscire e a premere la leva per guadagnare il cibo. Osservando questi animali, Thornidike concluse che il loro apprendimento si verifi cava gradualmente attraverso una serie di tentativi ed errori che portava al consolidamento delle reazioni dell’organismo che erano state ricompensate (“legge dell’effetto”). La legge empirica dell’effetto, dunque, dice che un’azione accompagnata o seguita da uno stato di soddisfazione tenderà a ripresentarsi con maggiore frequenza, mentre un’azione seguita da uno stato di insoddisfazione tenderà a ripresentarsi meno frequentemente. Inoltre, questa legge evidenzia sia il carattere adattivo e utili-taristico dell’azione umana, il cui manifestarsi appare legato alla possibilità di venire ricompensati, sia la gradualità del processo di apprendimento (Thorndike, 1931).

Sulla scia di Thorndike, altri ricercatori hanno affrontato lo studio dell’apprendimento. Skinner,

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osservando ratti e piccioni immessi in una gabbia (skinner-box), studia il loro comportamento e la rela-zione di quest’ultimo con il rinforzo, cioè le occa-sioni in cui ad una determinata risposta fa seguito una ricompensa. In laboratorio l’animale può scegliere tra varie risposte, ma solo ad una (ad esempio la pres-sione di una leva) fa seguito uno stimolo rinforzante (ad esempio un granello di cibo). Egli osserva che la risposta seguita dal rinforzo tende a ripresentarsi con maggiore frequenza. Infatti, l’animale affamato e motivato viene spinto alla ricerca del cibo e per prove ed errori trova il giusto meccanismo per ricevere il cibo che funge da rinforzo positivo: questo comportamento rinforzato tende ad essere sempre più frequente fi nché l’animale apprende un’azione condizionata dal rinforzo positivo del cibo.

In conclusione, il condizionamento operante induce ad emettere spontaneamente comportamenti appresi per associazione stimolo-risposta, la cui probabilità di occorrenza aumenta o diminuisce a seconda del rinforzo che l’organismo riceve (Bottarini, 2005).

Il trattamento comportamentale si basa sulla teoria del condizionamento operante di Skinner, che defi -nisce l’apprendimento come una ripetizione di risposte la cui produzione aumenta se il comportamento viene premiato perché adeguato al contesto (Cumine, Leach, Stevenson, 2000).

2. Principi e tecniche comportamentaliIn questo paragrafo verranno illustrati i principi

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e le tecniche comportamentali, mentre nel capitolo successivo vedremo più nel dettaglio l’applicazione di tale modello teorico nell’autismo.

Il metodo comportamentale si fonda sulla teoria secondo cui ogni comportamento viene appreso e infl uenzato nella sua frequenza di emissione dagli antecedenti e dalle sue conseguenze. A seguito di un’analisi e della comprensione degli antecedenti e delle conseguenze relativi ai comportamenti che si intendono modifi care, è possibile intervenire dimi-nuendo i comportamenti inadeguati e aumentando quelli desiderati.

Il ciclo istruzionale (Foxx, 1982) del programma educativo si compone di tre elementi fondamentali: stimolo, risposta e conseguenza (ABC).

A è l’antecedente ovvero un evento che avviene immediatamente prima che si verifi chi il comporta-mento o risposta. La sua analisi è fondamentale perché permette di prevedere quando il comportamento si può manifestare; diventa quindi possibile modifi -carlo, ristrutturando l’ambiente. L’importanza di tale elemento sta nella capacità di provocare, facilitare e costituire l’occasione per una risposta specifi ca a quello stimolo. Una volta che si è a conoscenza del rapporto tra stimolo e risposta, si può prevedere con una certa probabilità quale sarà la reazione fornita dal soggetto e, pertanto, formulare programmi volti ad incrementare o ridurre una risposta.

B (Behavior) è la risposta o comportamento che fa seguito allo stimolo. Può essere la descrizione di come

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reagisce il bambino o di come si comporta (ciò che dice e ciò che fa). I comportamenti vengono appresi e mantenuti tramite l’interazione quotidiana con l’am-biente e con gli altri.

C’è la conseguenza ovvero l’evento che avviene immediatamente dopo il comportamento e che è in grado di infl uire sulla probabilità di frequenza dello stesso comportamento.

La conseguenza può essere un rinforzo oppure una punizione. A volte la conseguenza è un evento naturale. Le conseguenze naturali, negative o positive, sono parte integrante della vita di tutti i giorni e, in quanto tali, infl uenzano il comportamento di ognuno di noi e, a loro volta, vengono infl uenzate dall’ambiente circo-stante e dalle persone con cui ci si relaziona. Mediante l’uso di rinforzi o di punizioni è possibile gestire le risposte future del soggetto e, quindi, prevedere l’anda-mento nel tempo delle conseguenze: il comportamento (o risposta) futuro sarà condizionato dalla conseguenza (Foxx, 1982).

E’ possibile fare un esempio per capire il ciclo istruzionale: davanti ad un soggetto si posiziona uno specchio (A), il soggetto lo getta per terra ogni volta che è di fronte a lui (B), la conseguenza negativa (o punizione) è che il soggetto viene sgridato (C) quando l’oggetto va in frantumi.

2.1. I rinforziIn questo contesto il premio che segue ad un

comportamento è defi nito rinforzo o rinforzatore

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e rappresenta uno dei criteri fondamentali di ogni programma educativo, insieme alla valutazione oggettiva e periodica e alla presenza di uno staff di operatori con adeguate capacità.

Per rinforzo si intende qualsiasi evento la cui elar-gizione produce l’aumento nella frequenza di emis-sione della risposta che lo precede, ma tale defi nizione è del tutto empirica in quanto non fa riferimento né ai meccanismi che sono alla base di questo processo, né alle probabili reazioni che hanno luogo all’interno dell’individuo che viene rinforzato. La regola per defi nire che un certo evento è rinforzante è la seguente: “se l’evento x produce un aumento nella frequenza di emissione del comportamento che lo precede, vorrà dire che ha valore rinforzante, in caso negativo, non rappresenta un rinforzo” (Meazzini, 1978).

Conseguenza primaria di questa defi nizione, secondo Michael (1967), è che i rinforzatori non devono essere defi niti sulla base delle preferenze soggettive di chi utilizza il metodo comportamentale, ma sulla base degli effetti prodotti sul comportamento del soggetto su cui si attua il metodo. Da tale principio si originano due corollari: 1) ogni persona è sensibile ad una gamma di rinforzatori che possono essere in parte o del tutto diversi; 2) è necessario elaborare delle strategie atte ad individuare i rinforzatori.

I rinforzatori vanno somministrati subito dopo la risposta corretta del soggetto, al fi ne di stabilire l’as-sociazione fra la risposta desiderata e il rinforzatore e per evitare che, per errore, si rinforzino altri comporta-

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menti emessi tra la risposta e il rinforzo (Foxx, 1982). Inoltre, la loro durata deve essere minima (circa 1-2 minuti), per evitare che perdano il loro potere, e non devono essere lasciati a disposizione del bambino al di fuori del setting terapeutico.

Il numero dei rinforzatori, attuali e potenziali, è pressoché illimitato poiché gli eventi rinforzanti ai quali l’individuo è sensibile sono numerosi.

Sono stati elaborati diversi criteri di classifi cazione dei rinforzi che li suddividono in negativi e positivi, primari e secondari oppure intrinseci ed estrinseci. Nel caso del rinforzatore negativo è presente una situazione genericamente avversiva o di disagio, che termina grazie all’emissione di una risposta appropriata, mentre il rinforzo positivo non prevede la presenza di una situazione disturbante. I rinforzatori primari consistono in beni di prima necessità (ad esempio cibo e acqua) che hanno un potere rinforzante stretta-mente legato alle caratteristiche biologiche della specie umana e tale potere non viene appreso (Meazzini, 1978). Queste ricompense sono forti, in quanto qual-siasi comportamento che ne produce la comparsa o che sia seguito da esse aumenterà rapidamente, ma possono essere considerati rinforzi potenti solo fi no a quando il soggetto non ne sia “sazio” (Kozloff, 1981). Tutti gli altri rinforzi vengono chiamati secondari, in quanto il loro potere dipende dall’apprendimento e si fonda sui rinforzamenti primari (Meazzini, 1978).

Secondo Skinner (1953), i rinforzi secondari sono di fondamentale importanza poiché il potere rinforzante

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che l’affetto, l’approvazione e la stima da parte degli altri esercitano sul comportamento di ogni persona è il risultato di un processo di apprendimento.

Infi ne, i rinforzi intrinseci sono attività o oggetti che in sé per sé risultano gratifi canti per l’individuo, senza che un’esperienza precedente con essi abbia prodotto nel soggetto una sensazione piacevole. È diffi cile defi nire con precisione questa classe di rinforzi, poiché le teorie a sostegno di propensioni biologicamente determinate si scontrano continuamente con quelle che ritengono fondamentale l’ambiente e l’esperienza acquisita per la determinazione del potere rinforzante di un’attività o di un oggetto. I rinforzi estrinseci, invece, sono quelli che vengono utilizzati normal-mente per far eseguire una determinata attività al soggetto. L’intervento comportamentale si può ritenere totalmente riuscito solo quando il soggetto non ha più bisogno di ricevere rinforzi estrinseci, ma trova l’at-tività in sé e per sé rinforzante.

Un differente metodo di classifi cazione si basa sulle caratteristiche del rinforzo stesso e distingue i rinforzatori in sei classi: materiali, sensoriali, sociali, dinamici, simbolici ed informazionali.

I rinforzatori materiali o commestibili consistono in cibi che il soggetto predilige e, spesso, risultano essere i più effi caci per il loro duplice vantaggio: sono fonte primaria di gratifi cazione e possono essere rapi-damente consumati. Questi rinforzi possono essere di natura liquida o solida, ma qualunque sia il tipo, si dovrà variare ripetutamente la loro somministra-

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zione affi nché non perdano effi cacia nell’incremento o nel mantenimento di un comportamento: il soggetto potrebbe stancarsi presto di sentire lo stesso gusto e, di conseguenza, potrebbe smettere di emettere la risposta desiderata. La perdita dell’effi cacia di un rinforzatore prende il nome di “sazietà”. Sospendendo per un certo periodo tale rinforzo si ovvia a questo inconveniente e al momento di una nuova somministrazione esso riacquisterà il suo potere rinforzante, secondo il “prin-cipio della privazione”. La privazione consiste nella sospensione dell’erogazione di un rinforzatore ed è una condizione temporanea che termina quando insorge la sazietà e si manifesta al suo affi evolirsi. Quindi per ottenere un potente rinforzo si dovrà cercare di aumentare al massimo lo stato di privazione e ridurre al minimo quello della sazietà.

I rinforzatori sensoriali si avvalgono delle sensa-zioni che il soggetto mostra di gradire o prediligere. I cinque sensi svolgono un ruolo fondamentale nel determinare i rinforzatori preferiti dal soggetto e, proprio per tale motivo, esistono altrettante tipologie di rinforzatori sensoriali: tattili, vibratori, olfattivi, visivi ed uditivi. I rinforzatori tattili consistono in qualsiasi tipo di contatto epidermico a cui il soggetto risponde positivamente. Per rinforzatori olfattivi si intendono le sostanze profumate; i rinforzi visivi consistono in immagini piacevoli o effetti luminosi generalmente in grado di attirare l’attenzione del bambino, mentre i rinforzi uditivi sono suoni piacevoli ai quali il bambino reagisce positivamente (Foxx, 1982).

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La classe dei rinforzatori sociali è quella più numerosa e diffusa in quanto comprende eventi che sono tipici della relazione interpersonale e che vengono acquisiti durante il processo di socializzazione. Quelli maggiormente utilizzati sono l’affetto, l’attenzione, l’approvazione e l’ammirazione.

Per quanto riguarda i rinforzi dinamici, essi si fondano sulla defi nizione di quella che secondo gli americani è la “legge della nonna”: “se eseguirai questa attività (la richiesta o domanda), potrai fare quell’altra cosa che a te piace tanto (il rinforzo quindi consiste nella possibilità di fare un’attività desiderata)”. Questa legge è stata sottoposta a numerose ricerche da parte di Premack (1959, 1965) che ha formulato il principio che da lui ha preso il nome: “date due attività A e B, di cui la prima abbia maggiore probabilità di comparire rispetto alla seconda, è possibile aumentare la frequenza di emissione della seconda attività, facendo in modo che essa sia strumentale all’esecuzione della prima”. Qualsiasi comportamento frequente può essere utilizzato come ricompensa dinamica quando segue un comportamento raro. Se un comportamento, invece, non si manifesta con regolarità, tramite un consistente rinforzo, si può far diventare frequente. Quando il bambino avrà imparato ad apprezzare tale comporta-mento, lo si potrà utilizzare, a sua volta, come rinforzo per altre attività (Kozloff, 1981).

I rinforzi simbolici vengono solitamente utilizzati quando il bambino presenta suffi cienti capacità cognitive. Quello maggiormente adottato è il denaro,

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che può essere impiegato per l’acquisto di un’ampia gamma di rinforzatori primari e secondari. I vantaggi di questo tipo di rinforzi sono principalmente la dura-bilità e la facilità di somministrazione, ma hanno lo svantaggio di perdere facilmente il potere rinforzante se non associati continuamente ai rinforzi di sostegno (back-up reinforcers).

In ultimo, i rinforzi informazionali si basano sull’assunto di Thorndike dei primi anni ’30, secondo cui ogni rinforzo ha una componente informazionale (Schultz, 1974), in quanto la sua erogazione comporta sempre un’informazione di ritorno o feedback sull’azione precedente. In effetti, nella vita di tutti i giorni, quest’assunto è essenziale poiché ogni nostra azione produce delle conseguenze, la cui conoscenza è indispensabile nel processo di apprendimento e per la sopravvivenza dell’individuo (Meazzini, 1978).

2.2. Il modellaggio o shapingÈ stato sottolineato fi nora che il metodo comporta-

mentale utilizza il rinforzatore per insegnare compor-tamenti nuovi e funzionali. Nel caso in cui, però, il soggetto presenti un grave ritardo di natura fi sica e/o mentale, il processo di apprendimento ne risulta intral-ciato poiché la gamma di comportamenti adeguati da rinforzare può essere ridotta dalla presenza di tali defi cit. L’intervento basato sul rinforzamento è possibile solo se il soggetto è in grado di attuare il comportamento di cui si vuole alterare la frequenza di emissione; al contrario, se il comportamento meta,

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ovvero quello che si vuole ottenere, non fa parte del repertorio comportamentale del soggetto, bisognerà utilizzare un’altra procedura di rinforzamento “passo per passo”, in cui vengono rinforzati i comportamenti messi in atto dal soggetto che più si approssimano al comportamento meta. Tale procedura prende il nome di “modellaggio” o “shaping”.

La tecnica dello shaping ha, dunque, lo scopo di ampliare il repertorio comportamentale del soggetto. Essa si articola in sette fasi, la cui partenza consiste nella scelta del comportamento meta o fi nale; succes-sivamente si passa ad individuare una risposta simile al comportamento meta che il soggetto è in grado di emettere: il comportamento iniziale. Su quest’ultimo viene applicato lo shaping e si interromperà il rinforzo su di esso fi nché il soggetto non produrrà un altro comportamento, defi nito “approssimazione successiva al comportamento meta”, che si avvicina maggior-mente alla risposta fi nale che si vuole ottenere (Foxx, 1982).

La serie di passi che gradualmente porta il bambino ad emettere il comportamento desiderato viene defi nita in termini obiettivi e si fonda sugli step precedenti. Per tale motivo è fondamentale che al momento della programmazione del trattamento il terapista abbia esperienza e buona conoscenza del bambino, delle sue capacità potenziali e di quelle presenti (Meazzini, 1978).

Sidman, nel 1960, ha indicato i quattro principi-guida che si dovrebbero seguire nell’uso della tecnica

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del modellaggio: a) il comportamento che si approssima a quello meta deve essere rinforzato immediatamente; b) ogni comportamento che si approssima a quello meta non deve venire rinforzato con eccessiva frequenza poiché man mano che ci si avvicina al comportamento desiderato quelli precedenti dovranno essere gradual-mente abbandonati; c) ogni comportamento che si approssima a quello meta deve essere suffi cientemente rinforzato affi nché il comportamento si consolidi; d) per ogni approssimazione successiva deve essere accu-ratamente precisato il comportamento che si intende rinforzare.

I vantaggi dell’uso di questa tecnica si possono ricercare nel suo fi ne poiché essa impone ai soggetti di progredire continuamente nell’apprendimento, che implica una successione di acquisizioni di differenti comportamenti in direzione della “meta”. Questa modalità di apprendimento costituisce un elemento importante nella vita di ogni persona, in quanto funge da guida per il processo di acquisizione delle abilità più complesse. Basti pensare, ad esempio, a come i bambini imparano a parlare o a scrivere: i genitori e gli insegnanti rinforzano passo per passo solo le risposte adeguate, gettando così le basi per le successive capacità, più articolate.

Per sfruttare al massimo l’effi cacia dello shaping si può utilizzare questa tecnica in abbinamento a diffe-renti metodi: con l’uso dello “stimolo discriminativo” (si tratta di uno stimolo che segnala l’opportunità di emettere una risposta, essendo stato associato al

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Prima Edizione: 2009

ISBN 9788889845233

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Finito di stampare nel mese di marzo 2009 in Italia da S.UP.E.MA. srl - Gruppo Poligrafico Editoriale - Albano Laziale (RM) per conto di Edizioni Psiconline (Settore Editoriale di Psiconline Srl)