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Brek Magazine n° 17

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Freepress lucano bimestrale. Tema: La fede

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METROPOLISPOLITICA, COSTUME E SOCIETÀ

06. Italia: 150 anni, ma non per tutti08. A portata di mano10. Sarebbe bello poter contare ancora sull'Homo

Politicus12. Europa: opportunità quotidiane nascoste nella

rete

INCONTRIPERSONE E PERSONAGGI

14. Andreina Serena Romano16. Tina Festa20. Giuseppe Marco Albano21. Un diario per ricordare22. Heinrich Himmler24. Antonio, la musica e i musicisti

WEB 3.0INTERNET E MULTIMEDIA

46. My Systemo!

CANTIERI URBANIPENSIERI IN MOVIMENTO

42. Shopping: questione di fede43. Superbamente religioso o umilmente fedele?44. Tunisi: una città e due donne italiane45. Abbi fede. Scrivi.

QUARTA PARETEARTE, TEATRO E CINEMA

26. Ron Howard28. Paura su misura30. Io credo in Christo32. Storie di fede e devozione

CONVIVIOSORSI, MORSI E LETTURE

38. L'estasi del piacere39. Fede e fecondità nel rito del pane di Matera40. Superumano, troppo superumano41. Ragioni seminali e torti prolifici

• [...] A tutti i costi, in questa Italia alla rove-scia, i tetragoni pada-ni vogliono riscrivere la storia tentando con ogni mezzo di snobbare, svuotare di significato o boi-cottare la celebrazio-ne di un evento così importante...

• Ragioni Seminali, romanzo d’esordio di Andrea Samela.Romanzo d’interiorità, non auto-biografico ma intimistico...Ci sono da seguire pensieri e ragionamenti, pippe mentali se volete, di quattro ragazzi che sembrano inciampati nella vita, che con essa si scontrano, in essa si incontrano ma infondo mai ci si ritrovano...

• Christo Javašev non è nato in una grotta, ma a Gabro-vo, in Bulgaria, il 13 giugno 1935, non ha discepoli, non dispensa parabole, ma un paio di miracoli li ha fatti an-che lui...

• [...] Esistono tante fedi, ma seguendole ci troveremo sempre a dover dipendere da qualcuno o da qualco-sa, e questo ci porta a seguire una strada trac-ciata da altri.Invece la mia vera e unica fede sono io.Nella mia totalità.Nei pregi e nei difetti.

• Antonio, la musica e i musicisti è il lascito in suoni ed emozioni, di Antonio Carriero, che fece della musica la sua arma contro la sclerosi laterale amiotrofica.

MI SONO SCERVELLATA GIORNI, ANZI SETTIMANE, PER PREPARARE

QUESTO ARTICOLO. QUELLO DELLA FEDE È UN TEMA MOLTO PARTICOLARE, E PROBA-

BILMENTE SE NON SI STA ATTENTI SI POTREBBE CADERE NEL BANA-LE. SONO PARTITA DAI “RAGAZZI

SULL’ORLO DI UNA CRISI DI FEDE” FINO AD ARRIVARE A “ROSSO BLU.

UNICA FEDE”, DALLA CRISI MISTICA A QUELLA CALCISTICA.

MA MI RENDEVO CONTO DI NON AVERE UNA VERA ISPIRAZIONE,

NON SAPEVO COME ORGANIZZARE UN ARTICOLO, ANZI UN’INTERVISTA CHE FOSSE ORIGINALE MA SOPRAT-

TUTTO CHE FOSSE NEL MIO STILE. HO INIZIATO A RIFLETTERE SULLA

FEDE E QUELLO CHE RAPPRESENTA-VA NELLA MIA VITA. E FINALMENTE

HO AVUTO L’ISPIRAZIONE. ESISTONO TANTE FEDI MA SEGUEN-

DOLE CI TROVEREMO SEMPRE A DOVER DIPENDERE DA QUALCUNO

O DA QUALCOSA, E QUESTO CI PORTA A SEGUIRE UNA STRADA

TRACCIATA DA ALTRI. INVECE LA MIA VERA E UNICA FEDE SONO IO. NELLA MIA TOTALITÀ. NEI PREGI E NEI DIFETTI. CREDO IN ME STESSA

PRIMA DI CREDERE IN QUALCO-SA ALTRO E QUESTO MI DA LA

POSSIBILITÀ DI VEDERE LA VITA IN MODO DIVERSO. QUESTA VOLTA

INTERVISTERÒ ME STESSA, PERCHÉ ANCH’IO COME I VOLTI E I PER-

SONAGGI CHE HO INTERVISTATO FINO AD ORA SONO QUALCUNO,

PER QUELLO CHE HO FATTO E PER QUELLO CHE HO VISSUTO. NON

BISOGNA CERCARE TROPPO LON-TANO PER SCOPRIRE QUALCOSA,

BASTA AVERE LA MENTE APERTA E ASCOLTARE LE PERSONE ATTORNO

A NOI, SPESSO SONO QUESTE AD AVERE STORIE DA RACCONTARE.

MI CHIAMO ANDREINA, HO 29 ANNI E A 28 HO DECISO DI CAMBIARE VITA. HO LASCIATO UN LAVORO

CHE TUTTI MI INVIDIAVANO, UNA CITTÀ GRANDE, FESTE TUTTE LE

SERE E SONO TORNATA A POTEN-ZA, CON DUE VALIGIE PIENE DI

SCARPE E TANTE IDEE IN MENTE.

EDITORE

Soc. Cop. Sociale a r.l.via Nicola Sole, 73 - 85100 Potenzatel. 0971 36703 - fax 0971 25938

DIRETTORE RESPONSABILENicola Pace

IMPAGINAZIONE E GRAFICAMichele Nella, Riccardo Telesca

STAMPAGrafiche Gercap / Foggia

DISTRIBUZIONEPotenza e dintornielenco su www.brekmagazine.it

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PUBBLICITÀ[email protected]. 0971 36703

HANNO COLLABORATOAngelo Caiazzo, Giovanna Caivano, Domenico Calderone, Angela Cam-marota, Yuri Carriero, Mimmo Claps, Vito Colangelo, Antonio Coppo-la, Anna D’Andrea, Maddalena D'Andrea, Veronica D'Andrea, Mari Donadio, Manuela Grieco, Angela Laguardia, Gerardina Nella, Andrei-na Serena Romano, Daniela Rosa, Leonarda Sabino, Fabio Salvatore, Andrea Samela, Francesco Tripaldi, Wine_R.

PROSSIMA USCITAn° 18 (maggio-giugno 2011)Tutti i numeri sono sfogliabili in formato pdf all'indirizzowww.brekmagazine.it

BREK garantisce la libertà di pen-siero e di espressione. Per questo motivo ogni collaboratore è singo-larmente responsabile delle proprie idee e di ciò che scrive.

Autorizzazione Tribunale di Potenza nº 376 del 7/5/08Iscrizione al ROC n°19633

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Piskunov"Large groupof men travelin desert"

SI PUÒ AVERE FEDE. O SI PUÒ ESSERE FEDE.NELL'UNO O NELL'ALTRO CASO CONOSCIAMO BENE IL SENSO DI QUESTA PAROLA.

QUANDO SIAMO ANIMATIPER QUALCOSA O PER QUALCUNO,ECCO CHE APPARE LA FEDE.PRONTA A SCOMPARIRE CON L’ABBANDONODEL NOSTRO INTERESSE VERSO L’OGGETTOO LA PERSONA VERSO CUI ANELIAMO.

COME FOSSE UN PRODOTTO DI CONSUMOL’ACQUISTIAMO, LA CONSUMIAMOE LA DIGERIAMO.CON MOLTA TRANQUILLITÀE SENZA SUSSULTI INTEGRALISTI.CI SI MOSTRA FEDELI A DIO,AL PARTITO, ALLA BANDIERA.AD UN BENE DI CONSUMO,AL DENARO, ALLA RETE.E SEMPRE CON MOLTA CONVENIENZAE OPPORTUNITÀ.FEDELI A GIORNI ALTERNIE IN BASE A COME GIRA IL VENTO.NON UNA NOVITÀ PER IL POPOLO ITALIANOINTERAMENTE FASCISTA E ANTIFASCISTA NELL’ARCO DI 24 ORE. PRONTO, COME SEMPRE,A SCROLLARSI DI DOSSO L’AVER DETTO,L’AVER PENSATO, L’AVER IDEATO.MANCA, A TUTTI NOI, IL SENSODI UNA LINEA DI CONDOTTA, PERSONALE,VERSO LA QUALE ASSUMERSILE PROPRIE RESPONSABILITÀ,E NELLA QUALE CREDERCI SEMPRE,ANCHE QUANDO LE COSE VANNO MALE.

RICORDO CON PIACERE UNA CANZONEDI QUALCHE ANNO FA.AD UN CERTO PUNTO COSÌ DICEVA:“… FEDELI ALLA LINEA…ANCHE QUANDO NON C’È…”E PENSO, IN TUTTA SINCERITÀ,CHE RIASSUMA A MERAVIGLIAIL SENSO DI QUESTO DISCORSO.

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É di qualche giorno fa la notizia della condanna a morte di un bar-boncino, in Svizzera, a causa del mancato pagamento di una tassa di proprietà.A Milano, invece, si è svolto il primo processo ai danni di un gatto colpevole di essere “guardone”. A trascinarlo in tribunale un uomo di 66 anni che, da ben quattro mesi, non riesce ad avere un rapporto sessuale con la moglie a causa degli sguardi indiscreti del gatto!Ma di tutto ciò la moglie cosa ne pensa? A detta della donna, il pro-blema del marito sarebbe un altro! Il tribunale ha stabilito, dunque, che il gatto resterà fuori dalla camera da letto per tre mesi, giusto il tempo necessario per stabilire le reali cause dell'impotenza.

Luke Pittard, dopo essere diven-tato milionario nel 2006, ha de-ciso (incredibile ma vero!) di tor-nare a lavorare da Mc Donald's a Cardiff (Galles).Dopo essersi concesso qualche viaggio e ozi vari, ha avuto no-stalgia dei suoi colleghi di lavoro nonché del lavoro stesso.Quando è tornato a farcire pa-nini con hamburger e patatine, molti lo hanno definito, giusta-mente, pazzo.Ma Luke è del parere che lavora-re non ha mai fatto male a nes-suno.

Chaf Zeng Ziguang, un ragazzo cinese di 23 anni, è stato accu-sato di aver avuto un atteggia-mento crudele nei confronti del suo cane dopo avergli insegnato a fumare.Il ragazzo, però, non aveva tenu-to conto che fumare porta alla dipendenza. Il cane è infatti ar-rivato a fumare un pacchetto al giorno. Per il giovane tutto ciò era straordinario, ma i suoi vicini non si sono affatto divertiti e non hanno esitato a denunciarlo alla polizia.

Una ricerca condotta qualche tempo fa dal produttore di in-timo Triumph ha mostrato che sono le donne inglesi ad avere il seno più grosso.Ben il 57%, infatti, porta una coppa D.Segue la Danimarca (50% di “coppe D”) e, più distanziata, l’Olanda (36%).L’Italia invece è il paese, tra quel-li analizzati, dove le donne han-no il seno più piccolo: il 68% ha una coppa B, e solo il 10% una coppa D.

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Svolte le celebrazioni ufficiali del 150° anniversario dell’Unità d’Italia (avvenuta ufficialmente con l’inaugurazione del primo Parlamento italiano, il 18 febbra-io, e della successiva proclama-zione di Vittorio Emanuele II a Re d’Italia, il 17 marzo del 1861), assistiamo sgomenti ad una sfil-za di “talk shows” televisivi dove l’esercizio principale praticato da sedicenti storici sembra es-sere quello della negazione tout court dei fatti storici che real-mente hanno concorso all’uni-ficazione, così come ce l’han-no insegnata a scuola prima e

all’università poi, studiando Sto-ria contemporanea.Insomma, a tutti i costi, in que-sta Italia alla rovescia, i tetragoni padani vogliono riscrivere la sto-ria tentando con ogni mezzo di snobbare, svuotare di significato o boicottare la celebrazione di un evento così importante, non riconoscendo i meriti dei meri-dionali nel faticoso processo di formazione del nuovo Stato uni-tario, negando ostinatamente la partecipazione attiva dei soldati “terroni” alle guerre d’Indipen-denza ed a quelle post-unitarie come le due grandi guerre mon-diali dove, infatti, più della metà

dei morti erano giovani militari di leva del Sud, immolati sull’al-tare della difesa della patria; ma, detto per inciso, quando poi le potenze straniere soccombenti ci rifusero i danni di guerra, al Sud arrivarono solo gli spiccioli.Quando illo tempore, da aviere di leva, mi ritrovai sul glorioso Monte Grappa, con i miei com-militoni VAM, a fare esercitazioni di tiro, sembravano echeggiare ancora i fischi delle pallottole e il fragore degli ordigni bellici del primo conflitto mondiale (1915-18).E in quel momento, in preda ad una forte emozione dovuta alla storicità del luogo, il mio primo pensiero andò subito ai miei compaesani periti nell’adempi-mento del loro dovere, e stam-pigliati sul monumento ai caduti del paese a perenne memoria dei posteri.Ma mai avrei immaginato che, un giorno, un partito politico al governo avrebbe cavalcato l’ignobile cavallo della seces-sione e dell’odio verso la parte

più povera del Belpaese, come segno tangibile dell’ingratitu-dine e dell’egoismo individua-lista che caratterizzano questa formazione politica guidata da sacerdoti del separatismo, nelle cui fila, purtroppo, non mancano meridionali emigrati o loro di-scendenti.Durante una mia recente “full immersion” nelle biblioteche ed emeroteche dell’Emilia Ro-magna, ho potuto constatare de visu che, purtroppo, le celebra-zioni dell’anniversario, in certe zone “macchiate” di verde del Settentrione, sembrano non in-teressare nessuno, tant’è che, nonostante la mia buona volon-tà, non sono riuscito a trovare delle pubblicazioni al riguardo.Ho cercato, quindi, di rimediare consigliando loro, a tal proposi-to, di andare sul sito ministeriale dell’Ufficio scolastico regionale della Basilicata: www.basilicata.istruzione.it, dove la prestigiosa

rivista scientifica on line “Il Nodo 38, scuole in rete”, già nelle mani del Presidente della Repubblica e del ministro Gelmini, offre gra-tis un ventaglio di saggi brevi sull’argomento, provenienti da alcune università e scuole italia-ne ( tra cui l’Istituto comprensivo di San Fele) e tesi a ripristinare la verità storica, spesso adulterata da interessi di parte.Intanto diciamo basta a questa politica antimeridionale che, attraverso l’imbroglio del nuo-vo “porcellum” rappresentato dall’insidioso “federalismo fisca-le”, rischia seriamente di porre definitivamente in ginocchio la nostra già misera economia, in-nescando inoltre una nuova pe-ricolosa, depauperante ondata migratoria verso l’ex Nord ricco, utopia ormai consunta di un illu-sorio futuro migliore.E respingiamo i falsi ammicca-menti fuorvianti, sperando che il “Sole delle Alpi” illumini chi ne

ha fatto un simbolo politico die-tro cui nascondersi e millantare una illibatezza morale più virtua-le che reale, come si vede alla luce del “familismo amorale” e della costellazione di scandali che sembrano gli unici, oggi, a mantenere unita l’Italia, dalle Alpi a Capo Passero, a prescin-dere, appunto, dalle differenze storiche, geografiche e geopo-litiche.

prof. Domenico Calderone

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Se la frenesia dei tempi moderni rallenta i contatti e le relazioni personali, i social networks con-sentono di restare connessi alla propria rete di amici comoda-mente seduti sul divano di casa, scambiandosi opinioni e condi-videndo contenuti con un click. A chi dice che l’amicizia virtuale manca del contatto diretto, del vis-à-vis, che permette di coglie-re le innumerevoli sfumature del linguaggio non-verbale, qual-cuno potrebbe obiettare dicen-do che i social networks hanno funzioni opzionali e in qualche modo arricchiscono e soprattut-to agevolano le relazioni inter-personali già avviate.Inoltre si potrebbe insistere sul fatto che questi, i social networ-ks, pongono l’uomo al centro di una rete relazionale globale (con tutto quello che comporta poi il lungo discorso sulla violazione o gestione della privacy a seconda dei punti di vista). Questa non è la premessa all’en-nesima analisi sul cambiamento della società moderna e di come l’avvento di internet abbia muta-to le relazioni umane (che in ogni caso non sfocerebbe per forza in un pessimistico, ridondante e retorico commento censore sul-la corruzione dei costumi e la su-

perficialità dell’uomo moderno). Lo spazio a disposizione non è sufficiente e soprattutto manca-no l’autorevolezza dell’alloro e l’esperienza di scienziato socia-le.L’uomo moderno è intrappolato nel tempo con un Dio sempre meno generoso. Si può facilmente considera-re che spesso il tempo sembra mancare, probabilmente si per-de nelle lunghe attese alla cassa del supermercato, nel traffico cittadino, alle fermate degli au-tobus, o semplicemente da-vanti all’ennesimo programma d’intrattenimento televisivo che non interessa ma sembra esse-re l’unica alternativa valida, tra i programmi altrettanto poco in-teressanti offerti. A chi propugna il ritorno alle pic-cole realtà che consentirebbero di coltivare meglio le relazioni interpersonali qualcuno potreb-be obiettare, nuovamente, di-cendo che le comodità, incluso l’amicizia virtuale, sono bene ac-cette anche lì. È una questione di percezione, ma il tempo manca davvero o sembra mancare? La cultura della comodità che stiamo vivendo ci pone davanti alla possibilità di scegliere come

e quanto tempo dedi-care ai nostri in-teressi, di accorciare le “distanze affettive” e portare, per quanto sia possibile, almeno una parte di essi con noi, in formato tascabi-le, concentrati in un moderno compatto e polifunzionale di-spositivo elettronico. La mancanza di contatto av-vertita attraverso la mediazio-ne dello schermo interessa le persone con le quali si entra in comunicazione, le merci che si comprano e la cultura che si ac-quisisce; dagli acquisti on-line all’ascolto degli e-books, dai titoli di studio alle applicazioni religiose.Sommando il tutto si può fa-cilmente concludere che l’uo-mo moderno facendo forse di necessità virtù, ha trovato una soluzione alla percezione della mancanza di tempo necessario a soddisfare tutti i propri biso-gni. Nel caso della religione, per

esempio, non si insiste tanto nell’affermazione della necessità di connettersi a una rete globa-le, con fedeli che condividono gli stessi interessi religiosi, ma si punta ad accorciare le distanze tra se stessi e l’assoluto. Anche se ancora non si è riusciti a mettere a punto un dispositivo capace di farlo, si è pensato di trovare una scorciatoia per aiuta-re l’uomo a restare se stesso, in tutto e per tutto, senza dover ri-nunciare ad ottemperare ai pro-pri doveri religiosi per mancanza di tempo.La palla è stata colta al balzo dalle aziende produttrici di ap-plicazioni mobili, che hanno arricchito l’offerta base degli smartphone, venendo incontro a questo bisogno di trascenden-za tanto da mettere a punto una serie di applicazioni religiose diverse a seconda delle confes-sioni, che consentono di avere la religione sempre a portata di mano, a patto di possedere uno smartphone. Che il modo di vivere la religio-ne sia cambiato non è una novità dei nostri tempi ma forse lo è il fatto che anche per pregare non si disponga di tempo sufficien-te.Il Papa recentemente ha affer-mato che lo spazio virtuale è un luogo da abitare e che i nuo-vi media se usati saggiamente possono contribuire al benesse-re dell’uomo. Per esempio “Pope2you” è un portale web sviluppato in cinque lingue diverse (anche se il popo-lo cristiano in realtà ne parla più di cinque), che mette in comuni-cazione il pontefice con i giovani fedeli dando loro la possibilità di consultare e condividere i conte-

nuti del sito sui social networks preferiti. Recentemente il mondo cristia-no-cattolico si è confrontato, inoltre, con la possibilità di ri-mediare al calo delle confes-sioni grazie ad un’applicazione mobile, “Confession: a roman catholic app” ideata dalla Lit-tle iApps LLC, un’azienda ame-ricana d’ispirazione cattolica. Confession mette a disposizione una sorta di esame di coscien-za (personalizzato e protetto da una password) basato sull’età dell’utente, il sesso, la vocazione e il tempo trascorso dall’ultima confessione espresso in giorni, settimane, mesi o anni e permet-te di scegliere tra sette diverse

preghiere di pentimento. Il software è stato bocciato dal Vaticano poiché il sacramento della Penitenza per essere effi-cace e concedere l’assoluzione, richiede il rapporto di dialogo personale tra il penitente e il confessore. Sembra una questione ardua da affrontare come il dilemma di chi sia nato prima tra l’uovo e la gallina. Il tempo per pregare manca davvero oppure qualcuno sta cercando di indurci a crederlo dotandoci, nel frattempo, dei confort necessari per affrontare questa eventualità?

Angela Cammarota

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È capitato a tutti, almeno una volta nella vita di fermasi, in si-lenzio e chiedere a Qualcuno d'esser ascoltati.Non fingiamoci diversi, è capita-to a tutti. Gaspare Barbiellini Amidei scri-veva che molti, ancora oggi, pensano che si possa vivere sen-za credere in niente.Anch'essi poi in qualcosa credo-

no. Credono di poter vivere sen-za credere.Tanto può valere per una religio-ne, per uno stile di vita... tanto per la cara politica.Già, la fede politica.

“Ammiro gli inutili segni di cro-ce di chi aspetta la guerra per morire in pace, è la vita che va,

è la vita che va, è la morte che viene, è la consolazione del morire insieme”.

La situazione è a dir poco tra-gica e spesso ci chiediamo se valga ancora la pena credere ne-gli ideali che hanno da sempre, magari, fatto parte della nostra vita.O magari ci appelliamo agli ideali di famiglia, quelli che ab-biamo dovuto quasi imparare a memoria da piccoli per non di-sobbedire alla tradizione. Ma coloro i quali hanno educa-to le nostre menti e fatto agire i nostri comportamenti oggi sono i primi ad avere paura, a sentirsi soli ed abbandonati.

Sembra ancora di sentire quel vecchio professore spiegare con amore l'importanza storica e so-ciale di "proletari di tutti i paesi: Unitevi".Oggi, ai giovani, viene spiegata ancora questa frase e il suo va-lore?

Le nuove leve, in special modo, non hanno riferimenti, sono allo sbaraglio di un sistema mediati-co che propina idiozie, per dirla in modo educato. Non fate la prova.Non accendete la TV.È tutto difficile. Come credere ancora in qualco-sa? O in qualcuno? O forse in un partito dagli ideali che cambiano al variare ciclico della luna?Siamo inseriti nostro malgrado in un contesto pietoso nel qua-le appellarsi a quelli che erano i vecchi credi di partito è diventa-to a dir poco ridicolo.Nessuno si chiede davvero cosa serve per migliorare le cose.Nessuno pensa ai giovani. E un futuro che non pensa ai gio-vani non è un buon futuro.Si pensa a campare alla giorna-ta, a tirare avanti.Ci stanno educando a questo. Non sembra esserci futuro, non sembrano esserci più valori, non

c'è più una fede politica in cui credere ciecamente, a cui ap-pellarsi magari, per chiedere di migliorare le cose.“Un dio va temuto ed amato”.Un politico?Oggi, credo, si possa solo te-merlo.

Questo, è grosso modo, la si-tuazione attuale vista in modo soggettivo. Ma non serve.È solo un punto di vista. Bisogna cercare sempre di cam-biare lo status delle cose, spe-cialmente oggi che ci vede attori di un palcoscenico di marionette manipolate per bene.Anni fa l’immagine dell’uomo politico per l’italiano medio era quella di un uomo giusto, retto, che accettava un incarico politi-co come un segno di stima da parte della popolazione che lo aveva scelto, che aveva creduto in lui, e come un onore nel poter interpretare un ruolo importante per la propria Patria.Oggi abbiamo bisogno di cre-dere che le cose possono cam-biare e cambiare in meglio.

Non ci sarebbe altrimenti mo-tivo per continuare a studiare, motivo per comprare il giornale e leggerlo, cercando magari una bella notizia che dia una piega migliore alla giornata...Non ci sarebbe nulla.

Per Aristotele, la politica consi-steva nell'amministrazione della polis per il bene di tutti, dove ogni cittadino doveva parteci-pare per conoscere e proporre nuove soluzioni per nuovi oriz-zonti.Weber sosteneva che la politica altro non era che l'aspirazione al potere e monopolio di un singo-lo il quale legittimava a sua vol-ta l'uso della forza; e sfogliando le pagine dei quotidiani, si può dargli un po' ragione.

Bando ai concetti filosofici, la fede politica dovrebbe fondarsi

su un credo, un comandamento: politica è occuparsi dei cittadini e dello Stato, del bene comune e collettivo. Questo comandamento potreb-be essere utile se qualcuno si ricordasse che di politica e di cittadini stiamo parlando. Che sono loro a necessitare di una nuova fede, di una nuova re-ligione politica su cui contare.Di un nuovo credo che si disfi di tutti gli orpelli inutili di cui gode.La gente è stanca, la politica de-teriorata.La gente vuole una nuova reli-gione.Altrimenti, e sta accadendo sempre più spesso, smette di credere.

Il motivo per il quale la gente non crede più è perché non si riconosce in un partito, non si sa precisamente su quali valori un leader basi le sue fantomatiche uscite in piazza alla ricerca di voti.Non è un problema di fede poli-tica, è un problema di religione. Non c'è più un dio che grida alla piazza il valore dell'uguaglianza e della giustizia. Né che sotto-linei l'importanza del lavoro, dell'istruzione, della giustizia-uguale-per-tutti.Ci sono uomini che fanno tutto quello che fanno per i propri in-teressi ed ormai, non lo nascon-dono nemmeno e glielo abbia-mo permesso noi.

Se, citando Eco e il suo capola-voro Il nome della rosa, la giusti-zia non è mossa dalla fretta … e quella di Dio ha secoli a dispo-sizione, un po' di fretta ce l'ab-biamo noi sudditi, ops .. cittadi-ni, che di giustizia e nuova fede politica ne avremmo davvero bi-sogno per credere ancora che le cose possono ancora cambiare.In meglio.

Leonarda Sabino

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Continua il nostro viaggio nella nostra vicinissima e, purtroppo, a volte lontana Europa.In questo numero vogliamo sottolineare come gli organismi europei mettono a disposizione dei propri cittadini una serie di possibilità e finanziamenti mol-to spesso dimenticati e sfruttati solo da pochi addetti ai lavori.Ma la nostra fede incrollabile nelle istituzioni e nel valore della trasparenza ci spinge ad informa-re il più possibile e dunque pen-siamo che sia giusto, nel nostro piccolo, far arrivare a voi alcune informazioni che speriamo pos-sano essere utili, non solo oggi, ma anche nei prossimi mesi. Se state pensando di richiedere un finanziamento dell'Unione europea o desiderate vedere esempi concreti di progetti che hanno ottenuto un sostegno fi-nanziario dall'UE, potete consul-tare il sito della direzione gene-rale per l'Occupazione, gli affari

sociali e l'inclusione della Com-missione europea, responsabile per gli strumenti di finanziamen-to in tali settori. Per tutti gli ag-giornamenti sulle possibilità di finanziamento in questo settore vi invitiamo a digitare il seguen-te indirizzo: http://ec.europa.eu/social/home.jsp?langId=it.

Se invece cercate sostegno alle piccole e medie imprese euro-pee (PMI), c'è un servizio dispo-nibile in varie forme quali sov-venzioni, prestiti e, in alcuni casi, garanzie.Questo l’indirizzo web: http://ec.europa.eu/enterprise/newsroom/cf/_getdocument.cfm?doc_id=4617.

Il Parlamento europeo, la Com-missione europea e la Corte di giustizia dell'Unione europea of-frono opportunità di carriera per interpreti.

Per lavorare per le istituzioni in qualità di interprete è necessario sostenere una prova interistitu-zionale di accreditamento, che, una volta superata, consente l’inserimento del proprio nomi-nativo e recapito nella banca dati comune degli interpreti ac-creditati dell’UE.Per ulteriori informazioni: http://europa.eu/epso/index_it.htm.

Infine vi segnaliamo un’opportu-nità molto importante.La direzione generale Salute della Commissione europea for-nisce sostegno alle iniziative che migliorano e proteggono la sa-lute dell'uomo.Esistono diversi sistemi di fi-nanziamento a seconda del tipo di progetto. Info su http://ec.europa.eu/eahc/funding/funding.html.Abbiate fede e buona Europa a tutti voi.

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MI SONO SCERVELLATA GIORNI, ANZI SETTIMANE, PER PREPARARE

QUESTO ARTICOLO. QUELLO DELLA FEDE È UN TEMA MOLTO PARTICOLARE, E PROBA-

BILMENTE SE NON SI STA ATTENTI SI POTREBBE CADERE NEL BANA-LE. SONO PARTITA DAI “RAGAZZI

SULL’ORLO DI UNA CRISI DI FEDE” FINO AD ARRIVARE A “ROSSO BLU.

UNICA FEDE”, DALLA CRISI MISTICA A QUELLA CALCISTICA.

MA MI RENDEVO CONTO DI NON AVERE UNA VERA ISPIRAZIONE,

NON SAPEVO COME ORGANIZZARE UN ARTICOLO, ANZI UN’INTERVISTA CHE FOSSE ORIGINALE MA SOPRAT-

TUTTO CHE FOSSE NEL MIO STILE. HO INIZIATO A RIFLETTERE SULLA

FEDE E QUELLO CHE RAPPRESENTA-VA NELLA MIA VITA. E FINALMENTE

HO AVUTO L’ISPIRAZIONE. ESISTONO TANTE FEDI MA SEGUEN-

DOLE CI TROVEREMO SEMPRE A DOVER DIPENDERE DA QUALCUNO

O DA QUALCOSA, E QUESTO CI PORTA A SEGUIRE UNA STRADA

TRACCIATA DA ALTRI. INVECE LA MIA VERA E UNICA FEDE SONO IO. NELLA MIA TOTALITÀ. NEI PREGI E NEI DIFETTI. CREDO IN ME STESSA

PRIMA DI CREDERE IN QUALCO-SA ALTRO E QUESTO MI DA LA

POSSIBILITÀ DI VEDERE LA VITA IN MODO DIVERSO. QUESTA VOLTA

INTERVISTERÒ ME STESSA, PERCHÉ ANCH’IO COME I VOLTI E I PER-

SONAGGI CHE HO INTERVISTATO FINO AD ORA SONO QUALCUNO,

PER QUELLO CHE HO FATTO E PER QUELLO CHE HO VISSUTO. NON

BISOGNA CERCARE TROPPO LON-TANO PER SCOPRIRE QUALCOSA,

BASTA AVERE LA MENTE APERTA E ASCOLTARE LE PERSONE ATTORNO

A NOI, SPESSO SONO QUESTE AD AVERE STORIE DA RACCONTARE.

MI CHIAMO ANDREINA, HO 29 ANNI E A 28 HO DECISO DI CAMBIARE VITA. HO LASCIATO UN LAVORO

CHE TUTTI MI INVIDIAVANO, UNA CITTÀ GRANDE, FESTE TUTTE LE

SERE E SONO TORNATA A POTEN-ZA, CON DUE VALIGIE PIENE DI

SCARPE E TANTE IDEE IN MENTE.

Cosa ti ha portato ad abban-donare Milano e a tornare a Potenza dopo 10 anni passati in giro?Una vita fatta di rinunce. Una routine continua e uno stress senza fine. Così potrei descrivere la mia vita a Milano. Un’assenza totale di vita privata e il 90% del tempo dedicato al lavoro.Dopo dieci anni passati a dedi-care la propria vita allo studio e al lavoro, senza mai prendersi una pausa, mi sono finalmente fermata a pensare. Cosa volevo dalla vita, ma soprattutto cosa sognavo per me? Sicuramente una vita piena di emozioni. Emozioni che non riuscivo più a sentire o a vivere. Questo mi ha portato a prendere una decisio-ne così drastica. Abbandonare un lavoro nella moda, una casa, amici e una vita piena per ritor-nare alle origini.

Perché lasciare un lavoro “ide-ale”?In fondo in queste grandi città sei semplicemente una pedina.Sei una tra le mille viti di un cir-cuito. Anche se sei ai livelli più alti, in fondo non hai importan-za. Sei omologato agli altri, devi seguire gli stessi schemi. Non sei più Andreina, sei una tra le centinaia di persone. Io non ho mai aspirato ad essere una delle tante. Io sono io e in quanto tale devo essere ricordata per quello che faccio. Nel lavoro come nel-la vita. Il mio modo di pensare è questo: non è necessario dimo-strare alla gente quello che fai o puoi fare, tanto loro avranno sempre da ridire. L’importante è fare quello che ci si sente, an-che se per qualsiasi altro essere umano questa cosa è sbagliata.

Come ci si sente a cambiare vita radicalmente?

Nella foto sotto e nella pagina precedente:

Andreina Serena Romano

Cambiare vita è sempre un bene. C’è da pensare però com’è cam-biare vita a Potenza. Una città chiusa dove gli spunti sono mini-mi se non inesistenti, dove puoi andare avanti solo attraverso conoscenze, dove devi sempre chiedere favori. Cambiare vita qui è una bella sfida, non tanto con il resto del mondo quanto con te stessa. Una sfida a non lasciare di nuo-vo tutto per disperazione. Una sfida a credere in un posto dove i cambiamenti non sono all’or-dine del giorno. Credere in sé stessi aiuta ad andare avanti in ogni fase delicata.

Cosa pensa la gente di te?Solitamente non ho interesse a quello che pensano gli altri di me. Pensare troppo fa male, è una forma mentale che mi ha sempre accompagnato in tutta la mia vita.

Quali sono i tuoi progetti?Il mio sogno è cambiare il mon-do ma nel breve termine cerco di migliorare la mia vita. Quando sono tornata a Potenza tutti mi dicevano di trovare un lavoro nel pubblico, perché qui è così che funziona. Io invece mi sono armata di pazienza (anco-ra adesso) e ho deciso di voler essere indipendente, di non en-trare di nuovo nei meccanismi sociali, dove si lavora per vivere ma in fondo vivi male. Ho scelto di metterci più tempo e magari vivere con poco però sapere di essere riuscita a co-struirmi qualcosa di mio.

Molte persone dimenticano quello che hai fatto fino ad un anno fa e pensano solo a quel-lo che stai facendo ora. Cosa vorresti dire a queste persone?

Vorrei dire che l’apparenza in-ganna. Che essere qualcuno per quello che si fa non lascia nien-te.Tutti tendono a guardarmi ora, a pensare che io possa essere semplicemente una con il ca-priccio della sua agenzia e delle sue idee. Non sanno che prima di questo ci sono stati dieci anni di lavoro duro, di sofferenze, negazioni e proibizioni. Ma soprattutto vorrei dire ai gio-vani di aprire gli occhi: voi non siete una pubblicità occulta, non siete tutti uguali e non seguite un copione. La vita va vissuta senza freni ma seguendo le regole, pensando a sé stessi ma avendo cura degli altri.

Inseguire un sogno. Fin dove vale la pena farlo?Fin dove si è pronti ad arriva-re. Un sogno è semplicemente un’idea in cui noi crediamo ma che pensiamo di non poter rag-giungere. L’unico limite ora è ca-pire di poter raggiungere tutto.

Andreina Serena Romano

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Ha attirato la mia attenzione il tuo gruppo Scarabocchi Zen presente su Flickr (http://www.flickr.com/groups/scarabocchi-zen) ma prima di capire di cosa si tratta, la curiosità mi spinge a chiederti come si arriva a questa tecnica artistica e quale percorso si compie.La tecnica degli Scarabocchi Zen è stata creata da me due anni fa ed è liberamente ispira-ta al Metodo “Zentangle”, ide-ato da Maria Thomas and Rick Roberts, due artisti statunitensi. Per apprendere la tecnica degli

TINA FESTA È UNA RAGAZZA MATERANA CHE DIVIDE IL SUO TEMPO TRA L’INSEGNAMENTO IN UNA SCUOLA DELL’INFANZIA E IL SUO INTERESSE PER LA DIDATTICA DELLE ARTI E DELL’ARTETERAPIA.

DOPO UNA LAUREA IN LINGUE E LETTERATURE STRANIERE HA COMINCIATO UN LUNGO PERCORSO DI SPE-CIALIZZAZIONE ATTRAVERSO UN LABORATORIO GIOCARE CON L’ARTE PRESSO IL MUSEO INTERNAZIONALE DELLE CERAMICHE DI FAENZA, UN CORSO TRIENNALE DI TEATROTERAPIA CON L’ASSOCIAZIONE POLITEA-

MA DI MONZA E UN MASTER IN DIDATTICA MUSEALE ALL’UNIVERSITÀ ROMA TRE.NELL’OTTOBRE 2010 HA OTTENUTO, NEGLI USA, LA PRIMA CERTIFICAZIONE RILASCIATA IN ITALIA PER L’INSE-

GNAMENTO DEL METODO ZENTANGLE (SCARABOCCHI ZEN).TINA CONDUCE NELLA PROPRIA CITTÀ, DEI LABORATORI DEDICATI ALLA CREATIVITÀ RIVOLTI A BAMBINI E

ADULTI, OLTRE A CORSI DI AGGIORNAMENTO PER INSEGNANTI_ www.tinafesta.wordpress.com _ www.scarbocchizen.blogspot.com

Scarabocchi Zen occorre fre-quentare uno dei laboratori da me condotti. Cos’è uno “Zentangle”?Gli Zentangles sono dei lavori artistici creati con un pennarel-lo ad inchiostro permanente di colore nero su un cartoncino bianco: si scarabocchiano dei motivi all’interno di una cornice predefinita e si ripetono tali mo-tivi fino a riempire delle aree cre-ate in precedenza. A differenza dei Zentangle nella tecnica degli Scarabocchi Zen si usano anche

altri colori, si impara a scaraboc-chiare su altri materiali e si ap-prendono le strategie didattiche per utilizzare questo metodo in laboratori da condurre a scuola o altrove. Nell’esprimere i propri con-cetti teorici il sito di zentagle.com, assimilando fortemente arte e vita, dice che mettere la penna sulla carta è in fondo uno stato di meditazione.Maria Thomas e Rick Robert, i due artisti americani ideatori del metodo Zentangle, consi-

derano l'attività fatta seguendo il loro metodo come un modo per meditare tramite l'arte in quanto questa è una forma di rilassamento, concentrazione e ispirazione e può essere un meravigliosa rituale quotidiano. Aggiungono inoltre che tale me-todo è un po’ la metafora della vita: come nella vita anche per lo Scarabocchio Zen ciò che inizial-mente sembra complicato alla fine ha un aspetto meraviglioso se fatto un passo per volta e con consapevolezza. Nella vita non c’è una gomma che possa can-cellare i nostri errori e neanche questa tecnica espressiva pre-vede l’uso della gomma. Nei Zentangle come nella vita si può scoprire che gli errori possono divenire una ricchezza che può condurre verso nuove ed ina-spettate direzioni.

Ma Scarabocchi Zen e Zentan-gle hanno un’attinenza con la filosofia Zen e con il buddi-smo?Comunemente si assimila la pa-rola “meditazione” e il termine

“zen” alla religione ed al buddi-smo. In realtà negli Scarabocchi Zen e nei Zentangles il termine ZEN si riferisce all’ ”agire con attenzione e consapevolezza di ciascuno di noi, nel modo che ci è proprio”. Negli ultimi anni vi è stata una riscoperta del “vivere lento, naturale e con consape-volezza” e molta gente pratica lo Zen senza necessariamente seguire i dettami del Buddismo. Vivere consapevolmente tutte le piccole azioni del quotidiano, vivere nell’attimo facendo ciò che l’attimo richiede questo è lo Zen.

C’è un percorso di fede oppure c’è qualcos’altro nei meccani-smi liberatori della creatività?Sebbene vi siamo molti artisti che creano spinti da una forza spirituale e dalla fede io ritengo che sia piuttosto la fiducia ad entrare in gioco quando si utiliz-zano dei metodi che aiutano le persone a liberare la propria cre-atività sopita e non la fede (si ri-ferisce invece alla relazione tra le persone ed un Essere Supremo).

In tanti anni di attività laborato-riali attuate con persone di tutte le età e dotate di abilità diverse ho constatato che il percorso che ognuno compie è quello che ci “riconduce a noi stessi, al sé”: attraverso la creatività riu-sciamo a ritrovarci a ri-nascere e ad avere maggiore fiducia in noi stessi e nelle nostre capacità e potenzialità.

Tu sei molto dedita ai bam-bini ma ho l’impressione che loro hanno meno bisogno de-gli adulti di liberare la propria creatività.È proprio vero! Noi dovrem-mo apprendere la creatività dai bambini! Picasso diceva: “Ci vuole molto tempo per diven-tare bambini”! Questa afferma-zione sottolineare il desiderio di ognuno di noi adulti di ritornare ad essere liberi da sovrastruttu-re come i bambini ma evidenzia anche il percorso fatto da molti artisti che hanno creato le loro opere migliori solo quando han-no recuperato la libertà creativa dei bambini (vedi Picasso, Ba-

in queste pagine, alcuni degli "scarabocchi zen" di Tina Festa

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squiat, Mirò, etc)

Dopo aver realizzato uno “sca-rabocchio zen” cosa si fa? Lo si incornicia?Certo! Gli Scarabocchi Zen sono delle vere opere d’arte degne di essere incorniciate! Io però pre-ferisco scambiarle con altri “sca-rabocchiatori” italiani e stranieri o donarle: è bello far circolare nel mondo l’energia creativa rac-chiusa in un lavoro artistico.

Esiste un posto ideale dove e più facile o vengono meglio gli Zentangle?Sebbene la scelta del luogo può variare se si crea singolarmente o se si lavora in gruppo, non esiste un “posto ideale” ma piuttosto luoghi che in un caso o nell’altro predispongono meglio all’agire creativo . Ognuno può trovare il proprio luogo ideale per creare gli Zentangle in casa o all’aperto: basta dedicarsi un po’ di tempo, allontanare tutti i pensieri, ascol-tare un po’ di musica e rilassarsi “scarabocchiando”. Ma ogni luogo può andar bene! Chi si dedica a questa semplice forma di arte porta spesso con sé un kit in borsa per “scarabocchiare” in viaggio, nelle sale di attesa, in spiaggia; anche se immersi nel caos ci si può rilassare attraverso questi semplici gesti su carta fat-ti con consapevolezza.

Per te esiste la genialità o sia-mo tutti in grado di realizzare le stesse cose.Io farei una distinzione tra la ge-nialità e la creatività. Il genio, rispetto ad altre persone, ha un talento innato che lo porta a trovare soluzioni inedite anche in campi mai esplorati prima. Sebbene noi usiamo questo ter-mine nel quotidiano credo che vi siano poche persone dotate di genialità. Cosa diversa è invece per la creatività! Io ritengo che “creativi si diventa”! Noi solita-mente affermiamo che “creativi si nasce”, io invece cambierei l’ordine delle parole nella frase e

continuerei dicendo che “si na-sce creativi” quando sin dai pri-mi giorni di vita si è immersi in un ambiente che stimola la curiosi-tà, sviluppa l’intuito, alimenta la ricerca continua e predispone all’azione creativa. Ma tutti pos-siamo diventare delle persone creative in qualunque momen-to della nostra vita se stimolati “all’azione creativa” nel modo giusto. Non esiste una cosa chiamata creatività, esistono atti creativi, esperienze creative e soprattutto relazioni creative: l’atto creativo è un incontro, tra persone, tra persone ed oggetti, un incontro con il mondo. La cre-atività è un modo del tutto unico di guardare l’universo, dice Ca-rotenuto, ma secondo me è un modo di guardare l’universo che però deve FARSI AZIONE, deve diventare ATTO CREATIVO, al-trimenti non esiste creatività. A mio parere non può esserci crea-tività pensata, ma solo creatività AGITA. La cosa meravigliosa è che possiamo fare esperienza di atti creativi ogni giorno, nelle mille azioni giornaliere. Pertanto possiamo tutti diventare perso-

ne creative se cominciamo pian piano a fare dei piccolo gesti creativi, quotidianamente. L’arte è uno dei tanti ambiti nei quali fare esperienza di azioni creative ma non è l’unico: la creatività si può esperire in qualunque ambi-to o settore del vivere umano.

Come insegnante di scuola di infanzia credi nella scuola ita-liana? È adeguata alla creativi-tà dei nostri bambini?Purtroppo devo amaramente ammettere che la scuola italiana uccide la creatività dei bambini. Soprattutto dalla scuola Primaria in poi vi è un’attenzione rivolta più al nozionismo ed al sape-re che al “saper fare”. Inoltre i recenti tagli fatti alla ricerca ed alla scuola pubblica non posso-no che aggravare una situazione già lacunosa. Credo invece con forza negli educatori e negli insegnanti che, nonostante la condizione nella quale riversa la scuola pubblica, quando lavora-no con passione riescono davve-ro a fare la differenza!

Vito Colangelo

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CI SONO SETTORI IN CUI IL CAMBIAMENTO È ASSAI DIFFICILE E, PERSEGUIRLO, NON È SOLO QUESTIONE DI VOLONTÀ, MA ANCHE DI FEDE.DI FEDE NEL PROGRESSO CHE PORTA VIA TEMPO – FORSE UNA VITA – PER SVECCHIARE, LIBERARE DALLE ZAVORRE, DAI LUOGHI COMUNI.IL SETTORE IN QUESTIONE È IL MESTIERE DELLE ONORANZE FUNEBRI, SU CUI È INCENTRA-TA LA STORIA RACCONTATA DALLA MACCHINA DA PRESA DEL GIOVANE REGISTA DI BERNALDA, GIUSEPPE MARCO ALBANO NEL SUO ULTIMO CORTOMETRAGGIO STAND BY ME.SULLO SFONDO UNA CITTÀ DEL SUD, MATERA, DOVE I PRECON-CETTI SU QUESTO MESTIERE SONO I PRIMI LIMITI DA SUPERA-RE.QUANTO È FINZIONE E QUANTO È REALTÀ?ECCO IL PARERE DEL REGISTA ALBANO, CHE HA DIRETTO E SCE-NEGGIATO QUESTO CORTO.

Avvicinarsi al settore funerario crea sempre un certo imbaraz-zo. Per te che hai sceneggiato e diretto questo film, qual è stato invece il sentimento do-minante?Beh, il sentimento dominante è stato in primis la curiosità, che mi ha spinto a raccontare una storia come questa. Per il resto, diver-timento, stupore, ma soprattut-to fascino, per una professione splendida come questa.

Cosa ti è stato più difficile far trasparire nel film?Innanzitutto, non è un film dram-matico, assolutamente, ma una commedia grottesca, dove non si ride di pancia, ma di testa. Soprattutto non si sbeffeggia la professione, come è stato fatto diverse volte nel cinema Italia-no, ma la si racconta attraverso la storia di un uomo che fin da piccolo, da quando leggeva i fumetti di Superman, sognava di diventare il più grande impren-ditore funebre di tutti i tempi.Chi meglio di lui avrebbe potuto,

avendo un nonno marmista e un padre autista di carro funebre?Forse la cosa più difficile è stata riuscire a raccontare una storia del genere senza mettere a disa-gio lo spettatore.

Quale messaggio vorrai far passare con questo lavoro?Sono tanti i messaggi e sono tut-ti sottotesti del racconto princi-pale, che è quello di un grande imprenditore di onoranze fune-bri di Matera, che, reclutando diverse figure, realizza un gran-de progetto.Ma questo è solo quello che ve-diamo, ogni scena del corto rac-conta qualcosa di più profondo, qualcosa sul Sud, sulla nostra terra, sul territorio o addirittura sulla situazione della nostra cara e amata Penisola.

Cosa penseresti se, suscitan-do l’interesse delle onoranze funebri, diventassi un loro “te-stimonial”?È il mio sogno più grande!!!

Dalla finzione alla realtà.Il racconto cinematografico di Stand by me di Albano introdu-ce bene uno degli aspetti del mestiere delle onoranze funebri, ancora alle prese con i retaggi della superstizione, e che una nuova generazione di imprendi-tori, con la loro immagine fresca e nuova, sta cercando di cam-biare.Come il caso di Pietro Imbren-da di Avigliano, che ha creduto e dato valore al risvolto culturale e sociale del suo mestiere, at-traverso la pubblicazione di un blog.

Hai ereditato questo mestiere dalla tua famiglia. Quali sono i cambiamenti principali che hai notato in questi anni?Forse il cambiamento più evi-dente è nella partecipazione della gente: molto più formale,

oggi, e limitata al momento del-le condoglianze, mentre prima si era molto più coinvolti e vicini al lutto di una famiglia, soprattutto nei piccoli centri. Dal punto di vista del mestie-re, invece, anni fa era un lavoro prettamente di falegnameria, mentre oggi è sempre di più un’offerta complessa di servizi e una clientela effettivamente più esigente.

In cosa dovrebbe essere inno-vativa una ditta di onoranze funebre?Secondo me la vera innovazione è continuare a curare l’umanità nei rapporti, la cordialità, perché l’innovazione tecnologica – nuo-vi strumenti, servizi, etc – prima o poi vengono adottati dall’azien-da per non rimanere indietro.La sensibilità, invece, bisogna mantenerla e nutrirla, come una fede.

È per questo che nel 2005 hai voluto aprire un blog, che si chiama Un diario per ricorda-re.Di cosa si tratta?È un blog dove raccogliamo, con il permesso delle famiglie, le sto-rie e gli aneddoti principali dei defunti, per dare modo anche ai parenti che vivono lontano di lasciare un commento e parteci-pare al ricordo del proprio caro attraverso il web.Così facendo abbiamo poi sco-perto storie davvero eccezionali, specialmente di alcuni anziani che hanno vissuto la guerra o che svolgevano un mestiere che oggi non esiste più, e abbiamo ricostruito nel nostro piccolo parte della memoria colletti-va della nostra comunità, letta, questa volta, non attraverso i personaggi famosi del paese, ma attraverso le persone meno note, come il barbiere, la mate-rassaia, il fornaio, che hanno se-gnato la quotidianità di un certo periodo ad Avigliano.È un lavoro di cui andiamo molto fieri.

Stand by me, presentato a Matera il 16 Marzo scorso, è tra le 5nomination per aggiudicarsi il prestigioso David di Donatellonella sezione miglior cortometraggio.

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Tenebra densa, rasoterra, nella notte tedesca che l'estate in ri-tardo trasforma in un'incompren-sibile aggressione d'autunno.Mille coltelli tagliano il buio, ma il sangue che fanno scorrere non avrà clamore.Non ci sono assassini, non ci sono vittime: vuole il momento che l'impugnatura di un mitra divida soltanto tra eroi e sacrifi-cati.È il 30 Giugno 1934.Nella cittadina bavarese di Bad Wiesse, settantuno uomini sono trucidati a sangue freddo per or-dine di Adolf Hitler.Appartengono alle Stumabtei-lungen-SA, le "Squadre d'assal-to", originario braccio armato del Partito Nazista.Sembrerebbe l'epurazione di un gruppo di ufficiali congiurati, ma non lo è. La loro fedeltà è fuo-ri questione, ma sono colpevoli di riporla nell'uomo sbagliato, Ernst Röhm. Soldato per voca-zione, nazista della prima ora e personalità di rilievo assoluto nella gerarchia del partito, Röhm detiene un pericoloso potere. Gli

obbediscono tre milioni di SA in tutta la Germania, una cifra che rendendo precaria la posizione di Hitler al centro della scena lo identifica come un rivale, un ne-mico da eliminare.Occorre una soluzione astuta, rapida, neutralizzante: un proiet-tile a bruciapelo, esploso notte-tempo, alle spalle. È quello che viene fatto. In nome del Furher, vi provvede con scrupolo un oscuro personaggio.Calvo, di piccola statura, un ac-cenno di pinguedine che fa ca-polino sopra la cintola, la giacca di pelle che non si abbottona a dovere. Appena sotto gli occhi, due sottilissime lenti circolari ne filtrano lo sguardo. Sbatte le pal-pebre di rado e lentamente.Da la sensazione di essere im-mobile, placido, di scuotersi quanto una fiamma di candela in una stanza senza finestre. Non esattamente il prototipo di ariano incendiato dal furore del pangermanesimo. A prima vista si direbbe un maestro di scuola elementare. Un medico, al mas-simo. Invece è il secondo uomo

più potente del Terzo Reich.Il suo nome è Heinrich Himm-ler, capo delle neonate Schutz-staffel-SS, i "Reparti di Difesa", un'organizzazione paramilitare violenta e fanatica che un san-guigno giuramento di fedeltà lega direttamente alla persona del Fhurer. I suoi uomini sono gli "eroi" che eseguono la liquida-zione di Röhm e delle SA nella notte di Bad Wiesse.Himmler li seleziona con cura se-condo fede politica e "purezza di sangue". Esamina le fotogra-fie di ogni candidato: esclude chi ha gli zigomi troppo pronun-ciati, gli occhi troppo infossati, la carnagione troppo scura e chiunque non dimostri di avere sangue "ariano".Dev'essere un esercito di "per-fetti", di servitori freddi e rigoro-si, l'avanguardia mondiale della "razza superiore". Attingendo i propri doveri dalla Furherprin-

zip, sono liberi da vincoli gerar-chici, liberi dalle pastoie della pomposa burocrazia militare tedesca e dalla minima censu-ra morale. È la loro ombra che nasconde al mondo gli eccidi indiscriminati di civili, le epura-zioni politiche, gli orrori degli esperimenti medici condotti sui deportati e la fitta rete di binari su cui viaggiano i treni "speciali" diretti ad Auschwitz, Bergen Bel-sen, Dachau, Treblinka e gli altri Konzentrationslager.Preservati dalla prima linea, strisciano nelle retrovie come la coda spinata di un predatore che non voglia guardare il san-gue versato, come la scia vele-nosa di un serpente che abbia già consumato il suo pasto.Se c'è qualcosa di eroico, nel-la guerra, qualcosa che lasci pensare ad un irriducibile per quanto infinitesimale bastione di umanità, al loro passaggio si annulla contraendosi in un illimi-tato abisso di orrore.Del resto è il loro vessillo che per primo si occupa di non farne mi-stero: un teschio che poggia su due ossa incrociate affiancato dalla doppia esse runica.È una bandiera e insieme una lugubre dichiarazione d'intenti: non si fanno prigionieri, non si fanno concessioni, nessun pre-sidio di pietà. Denunciati dai comandi ufficiali dell'esercito re-golare, restano impuniti, assolti dall'emergenza della causa e dal vorticoso approssimarsi della so-luzione finale, l'obiettivo che alla fine del conflitto mancheranno soltanto per qualche milione di morti.Mano a mano che le ultime di-visioni della Whermacht sono risucchiate ad oriente, nello spaventoso teatro della guerra contro l'Unione Sovietica, le SS restano l'unica forza in grado di garantire la protezione del Vallo Atlantico, la gigantesca linea di-fensiva occidentale allestita dai tedeschi dalla Norvegia ai Pire-nei. Le prime truppe alleate che il 6 Giugno 1944 mettono piede

sulle spiagge della Bassa Nor-mandia non hanno contezza del nemico che stanno per affronta-re. I rapporti delle spie e le rico-gnizioni aeree confermano che a protezione del Vallo la Germania non può schierare ormai che di-visioni raccogliticce, inesperte e male organizzate.Le indicazioni si rivelano corrette per tutti i settori, fatta eccezio-ne per quello di Omaha Beach, dove la prima ondata di sbarco americana deve affrontare la 1ª Divisione Panzer SS Leibstandar-te Adolf Hitler, l'unità più famo-sa e crudele delle SS.Sono soldati imbevuti di fanati-smo e idolatria, che hanno servi-to il Reich su tutti i fronti militari. Combattono con freddezza ed efficienza, trasformando il ba-gnasciuga in una piazza lastrica-ta di sangue e cadaveri nemici.Resistono fino all'esaurimento delle munizioni, quando si lan-ciano in folli attacchi corpo a corpo. Si ritireranno solo alla fine della giornata per partecipare alle residue operazioni di difesa nella sacca di Falaise, dove la di-visione sarà completamente an-nientata. Il bilancio delle perdite sofferte dagli alleati ad Omaha Beach è straordinario: circa 4000 uomini su un totale di diecimila.È un massacro che ridimensiona piani e aspettative dell'offensiva sul fronte occidentale.Durante l'intero anno succesivo le Schutzstaffel-SS combatteran-no per ogni centimetro di ter-reno che separa gli alleati dalla Germania, lasciandosi alle spalle una scia di morte e terrore che culmina nella battaglia di Ber-lino, un fronte senza speranza nella cui difesa non esiteranno ad impiegare gli invalidi, i feriti e i tredicenni coscritti della Gio-ventù Hitleriana.La loro fine non è una resa ma un'estrema appendice di follia: ritenendo di non poter sopravvi-vere al Fhurer, suicida nel bunker della Cancelleria, le ultime SS provvedono a seguirne la sorte con una raffica di mitra all'altez-

za del gozzo o una capsula di cianuro schiacciata tra i denti.È il sigillo finale al giuramento prestato, l'estremo atto di fede verso la Furherprinzip, il nazio-nalsocialismo ed il Terzo Reich.Per tutti i loro crimini, il mondo li condannerà, in contumacia, all'esito del Processo di No-rimberga. Colpevoli per legge e giustizia, i loro cuori e le loro menti continueranno a trattene-re tutte le insondate ragioni di come sia stato possibile che non uno solo tra migliaia di essi abbia coltivato il seme della ribellione, della critica o della semplice di-sobbedienza, preferendo restare schiavo negli abissi di una fede paranoica e assassina.È questa firma, più del sangue versato, che li rese pretoriani senza congiurati, apostoli senza traditori, soldati senza disertori.E uomini senz'anima.

Fabio Salvatore

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Pubblico numeroso e standing ovation finale, ieri sera ad Avi-gliano, per il chitarrista potenti-no Luca Fabrizio – nell’ambito di una manifestazione musicale molto particolare e dal titolo as-sai evocativo: Antonio, la musi-ca e i musicisti.L’appuntamento concertistico annuale, giunto alla sua quinta edizione, si può ben definire una tradizione ormai consolidata.È il lascito simbolico e prezioso, in suoni ed emozioni, di Anto-nio Carriero – giovane aviglia-nese che fece della passione per la musica la sua arma prin-cipale contro la sclerosi laterale amiotrofica. Passione al cospet-to della quale, suo malgrado, la malattia nulla ha potuto. Così piace pensare agli organizzatori dell’evento: che Antonio – ogni 30 di marzo – nel giorno del suo compleanno voglia offrire, a quanti amano ricordarlo, una serata un po’ speciale. E allora, per l’occasione, sul sagrato di una chiesa di Santa Maria degli Angeli acusticamente perfetta,

ecco apparire la chitarra di Luca Fabrizio – talentuoso musicista nostrano che torna ad esibirsi in Basilicata dopo numerose parte-cipazioni ad importanti rassegne chitarristiche italiane e interna-zionali.Chitarristi-compositori del XX secolo: un recital monografico concepito col preciso intento di ridurre il più possibile la fisiolo-gica distanza tra l’ascoltatore e l’opera musicale, tra pubblico in sala e composizione chitarristi-ca. Brani d’impatto immediato ma non solo; brani scritti per la chitarra da chi della chitarra è esperto conoscitore, da chi la chitarra l’ha suonata o ancora la suona – più d’uno gli autori vi-venti in programma.Il modo più naturale per cono-

scere da vicino ed apprezzare a pieno tutta una letteratura mu-sicale forse non popolarissima, ma senza dubbio di altissimo livello artistico.Luca Fabrizio preme le dita su alcuni punti fermi indiscussi e indiscutibili della composizione novecentesca per le sei corde. Heitor Villa-Lobos, il grande in-novatore; Augustin Barrios Man-goré, che seppe sublimare la musica popolare sudamericana e donarle linfa colta; Antonio Lauro – notevole l’interpretazio-ne che Fabrizio dà della sua “Su-ite Venezolana”. E ancora l’estro ritmico di Paulo Bellinati, le con-taminazioni pop e jazzistiche del funambolico Roland Dyens e il meraviglioso “Decameron Ne-gro” di Leo Brower – ecceziona-le Maestro e sperimentatore.Ne vien fuori un’esperienza diffi-cile da dimenticare.E la piacevole scoperta di una maniera originale di vivere la memoria di una persona cara che non c’è più.Quando il ricordo si fa aggrega-zione, passione condivisa, cultu-ra vera – e rara.

Yuri Carriero

MuSIca iEmuSIciSTi

LaaNToNiO

Il chitarrista Luca Fabrizio durante l'esibizione (foto: Massimo De Carlo)

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È dall’alba dei tempi che si di-scute dell’ostico rapporto scien-za/chiesa, ragione/fede o alme-no da quando l’uomo ha iniziato a porsi domande sulla sua esi-stenza.Nei secoli lo sviluppo tecnolo-gico e le scoperte scientifiche hanno viaggiato di pari passo con le credenze popolari, talvol-ta smentendole in virtù di nuove intuizioni.È possibile, dunque, porsi do-mande diverse, quali: la scienza è sempre esatta?La chiesa è sempre trasparente

con i credenti oppure qualcosa è stato volutamente occultato?Siamo frutto della scintilla divina o del big bang?Sono questi, infatti, i temi trattati dal regista statunitense Ron Ho-ward, che ha portato al cinema due dei più discussi romanzi di Dan Brown, Il Codice da Vin-ci (2006) e Angeli e Demoni (2009).Entrambe le pellicole sono state aspramente criticate, soprattutto dalla Chiesa cattolica, per aver messo in discussione alcuni pun-ti cardine della fede cristiana.Il Codice da Vinci mette al centro la figura di Leonardo da Vinci e la presunta eredità simbolica che egli avrebbe lasciato ai posteri.Il museo parigino del Louvre fa da sfondo al ritrovamento del

cadavere nudo del suo curatore, posizionato a terra come l’uomo vitruviano dello stesso da Vinci, sulla sua schiena sono stati incisi dei simboli con il suo stesso san-gue. Inizia così per Robert Lang-don, interpretato da Tom Hanks, un viaggio nell’ignoto alla ricer-ca del famoso Santo Graal.Ad accompagnarlo sarà Sophie Neveu, nipote del curatore.Langdon si ritroverà a decifrare numerosi simboli nascosti nelle più famose opere d’arte dell’ar-tista italiano, dalla Gioconda all’Ultima Cena.Ed è proprio in questa tela che sembra celarsi la figura di una donna tra i discepoli, e cioè un dettaglio che potrebbe mettere per sempre in discussione uno dei principi fondamentali della

fede cristiana: la castità di Gesù Cristo, il quale, invece, secondo questa nuova teoria, avrebbe messo al mondo degli eredi.È facile immaginare come una notizia del genere potesse de-stabilizzare le fondamenta catto-liche, e quindi mettere in discus-sione una delle fedi più seguite al mondo.Nel 2009, Howard diresse il se-quel Angeli e Demoni.Stessa atmosfera mistica, stessi dubbi e segreti da svelare, que-sta volta intorno alla figura del Papa, in un’accesa lotta tra ra-gione e fede.Questa volta a fare da sfondo

è Roma nella sua monumentale bellezza, frutto delle opere del Bernini, e la città del Vaticano, sapientemente ricostruita ad Hollywood.La trama si snoda in una cor-sa contro il tempo per salvare quattro cardinali, ed evitare una terribile catastrofe: chi ha rapito i cardinali, infatti, ha anche trafu-gato dal CERN (Centro Europeo Ricerca Nucleare) un cilindro di antimateria, la cosiddetta parti-cella di Dio.Si minaccia di uccidere un cardi-nale ogni ora, e di distruggere la città del Vaticano a mezzanotte. La colpa ricade sugli Illuminati, un antica setta di scienziati per-

seguitata nei secoli dalla Chiesa cattolica; i componenti venivano torturati e marchiati a fuoco pri-ma di essere uccisi.Stessa sorte toccherà ai quattro dei cardinali che formano il Con-clave per l’elezione del nuovo Papa.Robert Langdon, decifrando una serie di indizi, capisce che la chiave del mistero è in alcune opere del Bernini.In entrambi i film è magistrale l’interpretazione di Tom Hanks, poiché un altro attore nei panni di Robert Langdon non avrebbe prodotto lo stesso risultato.Hanks ha saputo ben ricopri-re questo ruolo importante, ha dato vita al personaggio più complicato, rendendolo tremen-damente interessante.Le polemiche scaturite dai due romanzi e successivamente dai due film mettono in risalto quan-to il rapporto tra fede e scienza sia difficile, e di quanto le due posizioni siano per certi versi diametralmente opposte.Nonostante la tematica propo-sta, sia i romanzi sia i film, hanno avuto grande successo.Forse non sono riusciti a destabi-lizzare appieno la fede cattolica, ma hanno certamente innestato qualche dubbio soprattutto in chi, nonostante la fede, si pone delle domande.

Mari DonadioAngelo Caiazzo

Thomas Jeffrey Hanks (Concord, 9 luglio 1956)attore, regista, sceneggiatore, doppiatore e

produttore cinematografico statunitense.Qui nei panni di Robert Langdon, brillante professore

di simbologia, protagonista del capolavorocinematografico "Angeli & Demoni" di Ron Howard.

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L’ingresso è sorvegliato da un grande albero di mimose.La fine del percorso invece è si-mile ad uno strascico ovattato, pari alla somma confusa delle cose che ti dicono di fare.E che hai accettato, non si sa perché.Arrivo a destinazione nell’istante esatto in cui la pioggia cessa di cadere, e non si capisce bene quale evento provochi l’altro.Quello che segue è una chia-ra successione seria e logica di perfetti avvenimenti che non promettono mica la luna; ma la-voro, costanza.Veloce e bella trasfusione di in-genua dedizione, accampata dietro il freddo ottuso e igno-rante delle larghe sale dove si svolgono le prove, le prove di teatro.L’idiozia convinta delle minusco-le affermazioni permanenti di certi, troppi luoghi, è una mina pericolosa per quelli come me e la sua scarna efficacia tutta-via riesce a rosicchiare tempo e menti.L’unica difesa sembra essere la-sciata al caso, ma si tratta di un destino forte, che se “ci credi”, non è che ti abbandona, non ab-bandona nessuno.Sul palco di un teatro si sale per fare stronzate, in pratica succe-de che gli attori -degli uomini- salgano e comincino a fingere una situazione. Non essendo per questo, pazzi. È difficile, all’inizio.Perché riuscire a fare stronzate in un modo ottimo, esagerato e re-ale, implica combattere la paura naturale di dar vita ad una semi-pazzia davanti ad altre persone, il pubblico.La prima cosa che si apprende in

questa lotta è il rendersi consci di un’audacia che ogni uomo può avere; basta sopravvalutar-si, pensando che infondo siamo sempre migliori di quello che crediamo di essere e inoltre, in quanto esseri umani, contenia-mo quella vita che al corpo per-mette molto più di quello che pensiamo.Appunto, crediamo.Passo primo, questo, per ini-ziare a decifrare un linguaggio, per conoscerne l’esistenza; un linguaggio, un’energia che è la base e il motore primario per chi recita.Un flusso attivabile che ogni volta è miracolo, usa il corpo, si genera e si staglia ad avvolgere l’altro, gli altri, il pubblico. Penetra i corpi, l’impregna, ri-empie gli spazi, raggiunge gli

anfratti.Un tipo di comunicazione che “non si sente e non si vede” ma che detiene il monopolio delle energie che muovono le persone e le cose, quelle cose che a volte ti sembra trasmetta-no un’anima; la risposta è si, lo fanno! Lo fanno di certo quando racchiudono una storia, quando sono, una storia. Parla per loro l’odore tattile del-la verità, quello stesso odore che tra le persone avvertiamo ma che pochi sanno tradurre o riconoscere.Molte persone hanno difficoltà con ciò che non è concreto...; mi chiedo: concreto di che...? Ma un attore che crede in quello che all’inizio non vede, alla fine riceve la ricompensa: sul palco arriva a provocarla consapevol-

mente questa vibrazione, quella che altrimenti non sarebbe “re-citare” e che lo rende capace di riempire il silenzio, perforante nell’acustica della platea. Vibrazione stupenda, pericolo-sa, al cui cospetto le parole sono briciole.È questo, che un attore scopre sul suo palco, sul suo percorso, con pazienza e con fiducia. E allora può esistere il rischio, deve esistere! Quello fuori dalle convenzioni e dai binari certi, il rischio in cui puoi e devi credere per produrre arte, cultura, ed ar-rivare alla gente.L’azzardo che diventa “dovere”, sostenuto dall’impegno, dallo studio e dal talento: “l’azzardo professionale”.

Antonio Coppola

L’azzardo è creatività pura, non sperimentata.Rischio d’immaginazione che incrocia la voglia di fare.La differenza fra progetto strampalato e prodotto, fra ridicolo e divertente, passa però per la base su cui si co-struisce.Quella base professionale che incanala energie creative e le gestisce in modo razionale, sicuro, collaudato; che trasforma un’idea gettata al vento in qualcosa di vero. Così una gag pensata per il teatro, si può trasporre in format televisivo, ideale per l’intrattenimento via web.Ciò che è scherzo diventa qualcosa di possibile e tan-gibile.Il contenitore ideale per questo approccio è Floptv, la webtv di Fox Channels Italy, attiva ormai da due anni nel

campo della comicità surreale e d’avanguardia. La grande professionalità dello staff (Michele Ferrarese direttore creativo, Daniele Borgia direttore esecutivo, Rita Patti producer) e presenze di peso come Remo Re-motti, Elio e le Storie Tese, Maccio Capatonda, hanno garantito un grande successo al canale, nei due anni di attività appena compiuti.

“Azzardare strade nuove, partendo da basi razionali” sembra la chiave di lettura di Floptv che continua a in-vestire su nuove proposte, dimostrando che una base professionale di lungo corso, unita alla “follia” creativa e all’inevitabile dose di rischio che essa contiene, può dar vita a prodotti egregi.

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Christo Javašev non è nato in una grotta, ma a Gabrovo, in Bulgaria, il 13 giugno 1935, non ha discepoli, non dispensa para-bole, ma un paio di miracoli li ha fatti anche lui, e ai moderni San Tommaso direbbe: “Vedere per credere.”

Nel 1969, Christo imballa, con l'aiuto di vari studenti (bhè sì, in fin dei conti qualche discepolo fa pur sempre comodo) il Museo D'arte Contemporanea di Chica-go (Packed Museum of Contem-porary Art).A Little Bay, Sydney (Australia) realizza circa 1,5 Km di impac-caggio di una costa rocciosa con

304.000 metri quadri di tessuto legato con 58 Km di corde di nylon (The Wrapped Coast).Nel 1983 in Florida, a Biscayne Bay, Miami, realizza l’opera “Sur-rounded Islands”, istallazione che dura 15 giorni in cui undici isole sono circondate con 60 et-tari di tessuto di polypropilene galleggiante sull’oceano, va da sé che per farlo bisogna saper camminare sulle acque.Nel 1985 esegue il progetto “The Umbrellas, project for Ja-pan and Western U.S.A.”, che intende collegare tra di loro Giappone ed ovest degli Stati Uniti in una linea ideale formata da 3000 ombrelli di forma otta-gonale, talora raggruppati, ta-lora distanziati gli uni dagli altri e che seguono l’andamento del terreno attraversando i territori di due continenti.Dello stesso anno (ma il proget-to era del 1974) è l’impacchetta-mento del “Pont Neuf” a Parigi, con l'utilizzazione di 40000 metri quadri di tela e di 13000 metri di

corda, che Christo ha personal-mente moltiplicato.Tuttavia, umorismo a parte, Chri-sto è uno dei progenitori del nuovo realismo, un Land Arstist, un impacchettatore di meravi-glie, e c’è da scommettere che se una stella cometa si fosse posata su di lui non avrebbe esi-tato un minuto ad avvolgerci un fiocco.A questo punto, ci si può chie-dere quale sia il messaggio di questo moderno messia, e la risposta, senza bisogno di in-cidere pesantissime tavole di pietra, si rivela, in realtà, molto semplice.Christo lavora, come avviene molto spesso nell'arte contem-poranea, sulla modificazione percettiva dei luoghi, che grazie al bislacco rivestimento con cui li addobba, cambiano natura, ma a cambiare è soprattutto il modo in cui vengono osservati.In realtà, Christo ribalta il concet-

to di “readymade” di Duchamp: se in partenza si ha un'opera d'arte (come le Mura Aureliane) questa è reinventata come un bizzarro oggetto d'uso comune. Se è un elemento naturale o un manufatto, si trasforma in opera artistica.L’effetto di risulta sarà comunque indimenticabile, e le monumen-tali Mura Aureliane ad esempio, ritornano (a mo’ di Lazzaro) in vita come protagoniste di una nuova estetica.“L’impacchettamento” valoriz-za e, allo stesso tempo, rende il contenuto misterioso.Come si sa, però, ogni C(h)risto ha i suoi farisei, infatti spesso molti si sono scandalizzati alla vista delle sue coperture vissute come un insulto ai luoghi pre-scelti anziché, come nelle inten-zioni dell'artista, un omaggio. Ad ogni buon conto Christo ha sicuramente perdonato i propri detrattori ed oggi è un’artista unico che attraverso le sue ope-re ha sviluppato la capacità di “svelare nascondendo”.Difatti, nel periodo di durata dell’istallazione, siti geografici, paesaggi, oggetti ed edifici di-ventano totalmente altro da sé, assumono l'aspetto della scultu-ra e diventano, anche in caso dei più noti monumenti, un germo-glio di estetica nuova.L’occhio di un cittadino qualsia-si di Milano, abituato alla vista della statua di Vittorio Emanuele in Piazza Duomo, ne percepisce un’immagine svilita in termini di bellezza e impatto visivo, ma se la statua viene celata dai drappi di Christo (non si parla chiara-mente della Sacra Sindone), la si evidenzia proponendone una diversa percezione mai avuta prima, questa è in sintesi l’arte di Christo, salvatore dell’anima dell’opera dalle ombre dell’abi-tudine.

Francesco Tripaldi

nelle foto: alcune opere di Christo Vladimirov Javašev.

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Sono anime abbandonate, nes-suno dice più un rosario per loro, nessuno più accende lumi, così una donna si riferisce allo stato di abbandono in cui versa il ci-mitero delle Fontanelle, l’antico ossario posto al margine estre-mo del quartiere Sanità.Il popolare rione, area cimiteria-le della Napoli antica, ha con-servato anche in tempi recenti la sua aurea di luogo da sempre votato alla comunicazione con la dimensione sotterranea e con le presenze che la popolano.Nei suoi ipogei si tramanda una tradizione plurisecolare relativa al culto dei morti. È il caso delle catacombe di San Gaudioso, po-ste sotto l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria della Sani-tà dove si vedono ancora oggi le cantarelle, seggiolini di pietra

dove i defunti venivano posti a sedere e lasciati a disseccarsi.È il caso della caverna delle Fon-tanelle popolate da migliaia di crani che la fede popolare da sempre identifica con le anime del Purgatorio.Le anime pezzentelle, dimenti-cate, bisognose di cure e di suf-fragi, schiera anonima di spiriti dolenti, sventurati senza conge-do e senza conforto.Da sempre antropologi, studio-si, fotografi hanno dato voce ad uno degli scenari religiosi più consolidati nel Mezzogiorno in cui ancora oggi si tramanda la fede o la superstizione di tanti. Era il 2005 quando l’artista tede-sca Rebecca Horn provava ad interpretare non senza il dissen-

so dei più devoti, tra polemiche e contrarietà, il culto più sentito dal popolo napoletano.Nella scenografica cornice di Piazza del Plebiscito “Spiriti di madreperla” fu il tentativo di mostrare a tutti il mistero di un culto antico rielaborato attraver-so una personalissima visione di fede. Ad un’altezza di quattordi-ci metri oscillavano settantasette aureole di madreperla brillante sospese su trecentotrentatrè teschi in ghisa che sembravano sbucare dal selciato della piazza. La disposizione delle capuzzelle, come i napoletani usano defini-re i teschi dei propri morti, uno dei quali è stato utilizzato come stampo per la colata in ghisa, non era casuale.Le teste erano infatti disposte in modo da tratteggiare una spira-le una sorta di danza circolare in cui veniva definita l’energia dello

spazio. Il lavoro della Horn può essere considerato la terza ed ultima stazione di un ciclo più grande che ha come tema la morte. Nelle sue composizio-ni, che sfruttano quasi sempre luce e movimento cinetico, la morte viene mutata in energia diven-tando non più punto di arrivo ma di partenza.L’opera realizzata a Napoli ebbe luogo dall’altra parte del mondo, a Samarcanda.Dopo un viaggio nel 2001, la grande scoperta fu-rono non tanto templi e moschee, quanto piutto-sto le tombe, “l’altra città” che ispirò il primo ciclo dedicato al tema della morte.Il viaggio di rientro dell’artista coincise con il dram-ma dell’11 settembre.“Quando le torri del World Trade Center esplo-sero e in fiamme crearono l’immenso createre, si formò una cupola rovesciata, dalla cui osservazio-ne nacque a New York la seconda composizione, Heartshadows (Ombre del cuore), la prima grande composizione dal punto di vista spaziale.Un ago enorme pendente dal soffitto scriveva sul suolo smuovendo da destra verso sinistra immensi strati di cenere. Il ciclo di lavori si concludeva a Na-poli facendo declinare la morte nello spiritualismo di corpi permanenti di luce.

Daniela Rosa

nelle foto: alcune istallazionidi Rebecca Horn.

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BIMBIMBICI 2011La giornata nazionale della “Piccola Mobilità” che si tiene ogni anno in tutta Italia, la prima domenica di maggio, torna a Potenza. Bimbimbici si concretizza in una pedalata che coinvolge bambini e ragazzi con le loro famiglie. È un’occasione di festa per tutti quei cittadini che sono costretti a vivere la città come luogo riservato agli automobilisti. Attraverso questo evento s’intende continuare a studiare un percor-so a lungo termine sulla mobilità sostenibile, per far sì che la manife-stazione non sia solo una semplice pedalata ma educhi i nostri figli all’uso della bicicletta. Info su bimbimbici.it

potenza8 maggio

PALIO DI SASSO DI CASTALDAIl recupero delle tradizioni diventa gioco e intrattenimento. Questo il cuore del Palio di Sasso. Una manifestazione inedita che si svolgerà con il Gioco di Sassolino, costruito sulla struttura a spirale del gioco dell’oca, in cui le squadre dei quattro rioni di Sasso si sfideranno a suon di giochi tradizionali. Il “campo” è un pannello in ceramica arti-stica di 30 mq composto da 64 lastre che raccontano la storia e la cul-tura del luogo, in cui l’oca è sostituita dal Suino Nero Lucano. Nella seconda giornata si terrà il “Palio di Sassolino”, in cui i protagonisti saranno i bambini delle scuole primarie di quattro paesi della Comu-nità del Parco dell’Appennino Lucano. Info su ilpaliodisasso.it.

sasso di castalda 4/5 giugno

TEATRO RAGAZZI - LA GRAMMATICA DELLA FANTASIAGiocare con le parole, divertirsi a immaginare senza limiti, rivoluzio-nare le favole tradizionali e ridere di ogni possibile errore, perché sbagliando s’inventa. È questo l’invito rivolto a tutti i bambini che assisteranno allo spettacolo “La Grammatica della Fantasia” mes-so in scena dalla compagnia Gommalacca Teatro. Lo spettacolo è una favola tratta dall’omonimo libro di Gianni Rodari che ha sempre invitato gli operatori a stimolare i bambini con diverse formule che accendano la loro immaginazione, per esempio il binomio fantasti-co, l’accostamento cioè di due parole abbastanza differenti o antite-tiche tra loro, da cui può scaturire una storia piena di fantasia.

sant’arcangelo6 maggio

SFILATA DEI TURCHIIn questo giorno di festa, tutto sembra fermarsi per prender parte alla manifestazione che, tra storia e leggenda, rappresenta la prin-cipale espressione della cultura popolare di Potenza. La tradizione vuole che un gruppo di Turchi approdi sulle sponde del mar Ionio per poi inoltrarsi nei boschi della Basilicata e giungere a Potenza. Il provvidenziale intervento di S. Gerardo che invia una schiera di an-geli ad illuminare la città permette ai soldati potentini di difendersi e mette in fuga gli stranieri spaventati dalla soprannaturale appari-zione. Il leggendario evento viene rievocato ogni anno, in una rituale manifestazione caratterizzata da un corteo di figuranti.

potenza29 maggio

6 ORE DEI TEMPLARIParte la terza edizione dell’ultramaratona/maratona “6 Ore dei Tem-plari - Memorial Vito Frangione”. Dopo il trepidante ed appassionato anno del debutto, seguito da una seconda edizione che ha puntato sui numeri e sulle sorprese (tra le quali la partecipazione dell’atleta inglese Richard Whitehead), il terzo appuntamento punterà a con-solidare la qualità di due ingredienti principali: lo sport e l’identità. Quest’ultima, in particolare, sarà valorizzata attraverso il folklore e l’enogastronomia, ma soprattutto attraverso una cura degli atleti ospiti che gli organizzatori intendono mettere in pratica a partire dai piccoli dettagli. Per info http://6oredeitemplari.blogspot.com

banzi7 maggio

INTERNAZIONALI DI TENNIS Gli Internazionali d’Italia sono il più importante torneo tennistico ita-liano in campo maschile e femminile, e sono considerati da molti, il più importante appuntamento tennistico mondiale sulla terra rossa dopo gli Open di Francia. Fanno parte del circuito ATP World Tour Masters, che raggruppa i 9 tornei più prestigiosi dopo i 4 del Grande Slam, e vedono impegnati i migliori giocatori e le migliori giocatrici del mondo. Vengono disputati sui campi romani del Foro Italico.A partire dall’edizione del 2002 il nome ufficiale del torneo è Interna-zionali BNL d’Italia. Per abbonamenti e biglietti rivolgersi al numero verde 800.62.26.62 oppure a [email protected]

MOSTRA MERCATO DEL FUMETTOOrganizzato dall’Associazione Nazionale Amici del Fumetto e dell’Il-lustrazione con il supporto dell’Arci di Reggio Emilia, la Mostra Mer-cato del Fumetto prende vita ancora una volta presso i padiglioni della Fiera di Reggio Emilia, per incontrare il numeroso pubblico di appassionati del genere. Come ogni anno, la mostra si popola di giovani e meno giovani, affezionati e neofiti, con un comune scopo, quello di tuffarsi tra le pagine di fumetti rari e da collezione.La mostra soddisfa i gusti di tutti, proponendo ogni anno una sezio-ne riservata al fumetto d’autore, con percorsi dedicati agli autori più meritevoli del panorama fumettistico. Info su amicidelfumetto.it

reggio emilia21 maggio

roma7/15 maggio

ARTE ITALIANA NELLE COLLEZIONI GUGGENHEIML’Arca di Vercelli ospita la mostra:”1900-1961: Arte Italiana nelle Col-lezioni Guggenheim”. L’allestimento consentirà di ammirare oltre 40 opere di artisti italiani amati e collezionati dai mecenati americani.La mostra permetterà di osservare come l’arte italiana sia stata rece-pita, nel corso di questi sessant’anni, dalla critica e dal gusto del col-lezionismo americano e arricchita da importanti collezioni private.Attraverso le opere di artisti italiani riconosciuti a livello internazio-nale, la mostra ripercorre a ritroso la storia dell’arte italiana del XX secolo. Per maggiori informazioni guggenheimvercelli.it oppure chiama il call center al numero 199 75 7516.

vercellifino al 5 giugno

jOvANOTTI IN TOURPassa anche per il Mediolanum Forum di Assago il nuovo tour di Jovanotti. Il percorso di Lorenzo Cherubini segna la vita di un artista che ha faticato per imporsi al pubblico e sottrarsi alla sua stessa im-magine, quella di ragazzotto rapper creata per lui da Claudio Cec-chetto vent’anni fa. Jovanotti ha attraversato la scena musicale italiana ritagliandosi uno spazio sempre maggiore, scendendo sempre meno a compromessi con le mode, le case discografiche e i media. Un nuovo album e un film che racconta la “sua” California fanno da introduzione a un tour che farà registrare il tutto esaurito.

milano 10/11

maggio

HAPPY DAYSDebutto nazionale per il Teatro della Luna con la Compagnia della Rancia, che propone al pubblico italiano Happy Days, il musical ispi-rato al celebre telefilm cult degli anni ’80. Happy Days è un’opera di Garry Marshall, autore di molti show televisivi statunitensi, creatore di serie tv di successo e regista del film Pretty Woman. Risultato il telefilm più amato dagli spettatori italiani, ha accompa-gnato generazioni di spettatori per 11 stagioni e 255 episodi com-plessivi con i suoi personaggi entrati nella storia della tv: Richie Cun-nigham, sua sorella Joanie ‘’sottiletta’’, i genitori Marion e Howard, gli amici Ralph e Potsie, Alfred e, naturalmente, il mitico Fonzie.

torino10/15 maggio

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100%creative - i microluoghi dell’arteConcorso fotografico - Un’analisi inusuale che svela il retroscena dell’opera d’arte. Dietro la realizzazione di un’opera si cela un mon-do a volte caotico, a volte ordinato, piccolissimo o infinito che rac-conta un lato inedito di ciascun artista. Un’iniziativa che svela la complessità del creare, che va oltre la singo-la opera e che materializza il processo creativo. Si tratta di stampare l’immagine disponibile al link (http://www.microbo.net/100creative/ita.pdf), ritagliarla e posizionarla nel luogo deputato alla creatività e fotografare l’ambiente in cui ogni artista opera e da luogo al proces-so creativo. Tutte le info su microbo.net

corti aNd cigaretteS 2011Concorso di cortometraggi - Parte la quarta edizione di Corti and Cigarettes, ricca di novità e sorprese per pubblico e partecipanti. Il concorso, quest’anno, sarà arricchito da una nuova sezione com-petitiva, Corti Sperimentali, che vedrà in gara tutte quelle opere di carattere non narrativo che la fervente produzione digitale immette nel submercato con un piglio sempre più deciso. Proprio per non voltare le spalle a quella grande schiera di videoma-ker nascenti, verrà dedicata un’intera sezione del festival alle nuove immagini del cinema internazionale. Per maggiori info cortiandcigarettes.com

l’altro… claSSico a FumettiConcorso di fumetto - L’associazione “L’Altra P…Arte” che da sem-pre ha a cuore la letteratura ed il fumetto, organizza “L’Altro… Clas-sico a Fumetti” concorso a fumetti con il quale vuole dare la pos-sibilità a tutti di riscoprire, divertendosi, l’immenso tesoro di valori nascosti nei grandi classici della letteratura affidando alla fantasia dei fumettisti esordienti la possibilità di far rivivere in modo del tutto nuovo quelle avventure che abbiamo tanto amato. Se sei un autore di fumetti esordiente non ti rimane che scaricare il bando del concorso su fumettodautore.com e realizzare il tuo per-sonale classico a fumetti!

scadenza 30 giugno

scadenza15 maggio

premio giuSeppe malattia della vallataConcorso letterario - Il premio letterario “Giuseppe Malattia del-la Vallata” è stato istituito nel 1988, a quarant’anni dalla morte del ‘cantore della Valcellina’. L’idea di dar vita al Premio nacque dal de-siderio della famiglia Malattia di tenere vivo il ricordo attraverso la voce della poesia, coniugando continuità con il passato e presente creativo. Al premio, nel corso di questi primi venti anni, hanno parte-cipato poeti residenti in Friuli, in Italia ed all’estero, di una certa età e giovani o giovanissimi di mestiere raffinato da lunga frequentazione della scrittura poetica o alle prime prove. Info su premiogiuseppemalattia.it

scadenza 5 maggio

muSica coNtrocorreNteConcorso musicale - L’associazione Musica Contro Corrente indice la 7^ Edizione del Concorso “Musica ControCorrente” dedicato alla Canzone d’Autore. Il Concorso ha come obiettivo la valorizzazione delle capacità di artisti, singoli o gruppi, che siano meritevoli per le loro qualità artistiche, musicali, letterarie e interpretative.L’Associazione “Musica ControCorrente” s’impegna in maniera fat-tiva a creare le condizioni ideali affinché i progetti più interessanti siano divulgati, promossi e presentati negli ambiti relativi al settore musicale e artistico creando un “ponte” tra artisti e operatori del settore. Info su musicacontrocorrente.it

scadenza 30 aprile

scadenza 30 maggio

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nelle foto: il pane di Materae un esempio di "timbro".

Quando si doveva preparare il pane a Matera, le massaie di buon mattino prendevano l’im-pasto fatto con lievito, acqua e farina che la sera prima avevano messo a fermentare in un reci-piente di argilla, e lo lavoravano per un’ora con acqua e sale.Una volta pronto, lo disponeva-no per la lievitazione e in quel momento si svolgeva il gesto più simbolico del “rito” della panificazione: l’incisione con una spatola o con un coltello di un segno di croce sopra la forma e la recitazione di queste parole: Cresci pane come crebbe Gesù nella fasce, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.Poi lo posavano nel letto matri-moniale ancora caldo del tepore della notte, sotto le coperte di lana, e particolarmente dal lato in cui dormiva il marito.Nasceva così il Pane di Matera,

quello che oggi si fregia del mar-chio a Igp, Indicazione geogra-fica protetta, ed è conosciuto in tutta Italia per la sua caratteristi-ca forma a cornetto.Oggi come ieri, le particolarità sono nel lievito madre, preparato con la frutta fresca di stagione, e nella composizione della farina, fatta con grano duro di varietà locali. Il pane è l’alimento che più si è connotato di simbologia e di fede. Per il carattere socia-le dello scambio del lievito, che passava da comare in comare.Per l’uso comune dei forni, dove arrivavano le forme di tutte le fa-miglie della comunità.Per il richiamo alla tradizione cristiana e per le tante metafore che legano Gesù al pane: Bet-lemme significa casa del pane, Gesù è pane di vita eterna (Gv 6,41-51), etc... Dal pane sono de-rivate anche alcune parole d’uso comune, come “compagni”, che dividono il pane, “allievo” che ha la stessa radice di lievito, in quanto il maestro “fa crescere” il discepolo come il lievito il pane.Ma oltre a questa simbologia che accomuna il pane in tutta la tradizione mediterranea, nel sa-

pore del Pane di Matera c’è una storia tutta lucana.Ci sono i campi sterminati di grano duro della collina mate-rana. Ci sono i mulini, i forni, i pastifici che nei rioni dei Sassi a Matera negli anni ’50 - ’60 era-no numerosi. E infine ci sono i timbri, quelle statuette di legno intagliate dai pastori con cui si incidevano le iniziali del capofa-miglia sulle forme di pane prima di portarle al forno. Oggi rap-presentano oggetti preziosi di collezionismo, per le loro forme più strane: quelle umane del ca-pofamiglia, della donna, del ca-rabiniere; o di campanili, pozzi; o di simboli religiosi come il ca-lice, la croce; o di animali, come il gallo, il cane o la gallina.Tutti simboli di autorevolezza, fecondità e fede di cui il pane si

è fatto portatore nel tempo tra gli uomini.

Angela Laguardia

Non puoi costruire alcun sogno se non decidi di vivere nell’oriz-zonte. Il cielo e la terra saranno legati come le gemme di una collana, una collana di chicchi speciali; profumati, intensi, de-licati. Farò convivere forza e leggerez-za come passione e sensualità.Mi muoverò come un equilibri-sta tra i paesaggi di questa corte fatta di dolci colline immaginan-do il mio destino come un bri-vido sospeso tra la vertigine del desiderio e il suo piacere.Le mie mani affonderanno nella terra bruna che porta con se la saggezza dei secoli e l’armonia del tempo, con coraggio alleve-rò il seme e poi il frutto che sarà generoso. Le mie mani poteran-no, raccoglieranno e lentamente culleranno il mosto che sarà net-

tare; come una farfalla sboccerà meravigliosamente.Le mie mani e quel vino saranno per sempre legati.Immaginerò il cammino del suo splendido corpo, leggero, cal-do, fine. Esplosione di femminilità e di in-corruttibile longevità. Suadente, elegante; di rotondi-tà armoniose e voluttuose che ti costringeranno al lussurioso peccato. Sicura e mai compro-messa dal dubbio, matura da conquistare il mondo e leggera per attraversare i sensi, ti resterà nella memoria come la musica di territori sconosciuti e dai suo-ni complessi dell’ avanguardia.Non sarai orizzonte se non avrai immaginazione e non potrai cre-are se non avrai fede.“Seduto sulla poltrona di pelle

che ha il tono di questo terroir la grande vetrata di fronte mi pro-ietta giù per le silenziose colline che a tratti riflettono luci dora-te”; Ligeti (Clocks and Clouds) con la sua genialità musicale ri-suona negli spazi di questa stan-za vestita di penombra. La bottiglia sfilata al ghiaccio lascia scorrere sul suo ventre gocce di sudore che ammiccano al piacere nascosto, finché nel-la mia bocca desiderosa eccola finalmente la trama setosa ed infinitamente generosa del Bel-lavista.Vi invito al Franciacorta brin-dando alla meravigliosa follia di Vittorio e al paziente talento di Mattia. Prosit e Serenità!

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LA TRAMA SETOSA ED INFINITAMENTE GENEROSA DEL BELLAVISTA.

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Meglio una giovane sgualdrina o mille vecchie incanutite nella virtù?Se potessimo rispondere a que-sta domanda potremmo risolve-re le sorti del mondo.Peccato che questa non sia una domanda ma un’affermazione ben precisa, che sfocia nel con-trario di se stessa.La scrive Max Stirner, pseudoni-mo di Johan Gaspar Smith, nel suo testo più famoso, quello che gli ha procurato tutti i guai della sua vita, un libro nato maledetto: L’unico e la sua proprietà.Un unico che è proprietario?Di cosa?Qual è la sua proprietà?Trattasi delle idee, come tante di quelle che circolano in giro, non so, patria, umanità, una qualun-que ideologia, valori fondamen-tali, fedi, insomma tutto quello che per Stirner, molto più sco-stumato di Nietzsche, è ciò che fa diventare l’individuo proprie-tà di un’idea e non proprietario di essa, facendone così solo il membro indistinto di un gregge di ciechi.Ma come vivere senza un’idea, facendosene proprietario invece che dedicarsi, forse farsi condi-zionare, o per meglio dire alie-nare ad essa?È complicato, difficile, forse uto-pistico, ma Stirner ce lo dice: basta basare la propria vita sul nulla. Molto più superuomo di quanto si possa pensare, forse troppo più superuomo di quan-to si possa sopportare per l’uo-

mo medio di ieri e di oggi.Non è da tutti infatti essere in grado di dire “si” ad un nulla, quel nulla che è al fondamento dell’esistenza di ognuno di noi, ma che rappresenta al tempo stesso l’unica via verso una li-bertà che solo un “non senso” fondativo può concedere.Il nulla su cui Stirner basa la sua esistenza infatti, come detto, è un nulla di senso, da riempire ovviamente, ma non da impri-gionare nel simulacro di qual-cosa che alieni l’individuo da se stesso, come un’idea che ne condiziona le scelte di vita e la direzione della sua esistenza.Ce l’ha con Hegel ovviamente il buon Gaspar, non può sop-portare un assoluto che guidi le sorti del mondo facendo dell’in-dividuo un burattino, ma com’è attuale quest’argomento!Come non pensare a tutte quel-le sporche idee che ci hanno in-segnato e indotto a seguire che condizionano le nostre goffe esistenze!Come non pensare che di queste idee spesso neanche ne conosciamo l’eziologia e lo sviluppo ma le seguia-mo! Come ci prendereb-be ancora in giro con la sua maligna e malinconica

ironia il nostro autore se potesse vedere noi uomini del nuovo mil-lennio pensare solo al profitto, la carriera, la celebrità, una pa-tria stanca e forzata che compie centocinquant’anni, o tutte le paure che ci fanno credere che la Padania esista, o che quella borsa ormai è irrinunciabile per il nostro look!

Andrea Samela

Per entrare meglio nella mentalità dell’autore, scoprire il suo tempo, e verificarne le influenze, consiglio di leggere: - Nietzsche: Crepuscolo degli idoli- Heidegger: Essere e tempo- Leopardi: Operette morali

si scontrano, in essa si incontrano ma infondo mai ci si ritrovano.Poche cose li accomunano, le loro vite potrebbero scorrere separate senza che l’odio che involonta-riamente li unisce gli faccia vivere una disgrazia se-miinvolontaria, che ne condizionerà l’esistenza nel bene, anzi no, nel male.Ecco un accenno di trama dovuto, ma non ne-cessario, anzi inutile, in quanto la trama di questo libro è solo un leggero filo che cuce un vestito destinato ad essere stracciato nel momento dello spogliarello, costante, che il libro dona al lettore: spogliarello di convinzioni, che cadono come l’in-timo di una simpatica donnina dalla dolce compa-gnia, svestizione di valori, che stramazzano al suo-lo con le loro stanche parole pseudoammalianti, sputtanamento di un modello di vita e di pensiero che cede nelle sue basi mostrate con l’indice inno-cente di un bambino impertinente che indica un macro re nudo.Lasciate perdere la trama, è il resto che è da sco-prire, soffermativi su ogni pagina, nulla è scritto a caso, tra le righe c’è una canzone muta che aspet-ta di essere ascoltata!Buona lettura.

Maddalena D’Andrea

Adesso si, potete aprire Ragioni Seminali, roman-zo d’esordio di Andrea Samela.Romanzo d’interiorità, non autobiografico ma in-timistico, ci sono da seguire pensieri e ragiona-menti, pippe mentali se volete, di quattro ragazzi che sembrano inciampati nella vita, che con essa

Come ordinare Ragioni seminali,il nuovo romanzo di Andrea Samela:

• Visita il sito www.ilovebooks.it;• Scrivi Ragioni Seminali nel motore di ricerca;• Segui la semplice procedura d'acquisto.

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La parola "fede", in senso lato, significa “credere in qualcosa o qualcuno basandosi sull’altrui autorità o su una personale con-vinzione”.La fede umana consiste nel credere, nell’affidarsi a chi giu-dichiamo saperne più di noi e basandoci su atti concreti che ci portino ad essere “fedeli” a ciò che più ci ha convinti o coinvol-ti.La Fede Divina, invece, è sce-gliere di affidarsi a verità assolu-te che non sono evidenti o pro-vate scientificamente; perciò la Fede con la F maiuscola, supera l’intelligenza e ricorre alla volon-tà che le ordina di studiare le ra-gioni del credere e le comanda di darvi l’assenso.E mentre la religione è un in-sieme di dottrine e di regole da seguire, ma viene da fuori,

la fede parte da dentro, perciò non può esistere religione senza fede ma può esistere fede sen-za religione, perché anche chi si dichiara ateo può essere un “fedele”, fedele a se stesso par-tendo dall’amore e rispetto per la propria persona e per gli altri, attuando inconsapevolmente il massimo dei Comandamenti.Se mettiamo a confronto un pra-ticante che va tutte le domeniche a Messa, recita il rosario tutte le sere e, nella forma, segue tutte le regole imposte dalla religione senza applicarle nella vita quoti-diana e senza trasformare la sua fede in opere e un ateo che si dedica al suo prossimo, ricono-scendo e rispettando il valore della vita e dei doni ricevuti sen-za superbia e lussuria, in quale dei due è più viva la fede?Oppure un “grande religioso”

che con arroganza ed abuso del proprio potere, compie gli atti più osceni, rivestendo il suo ruolo di facciata, predicando l’amore per il prossimo, l’umiltà e il perdono ed un modesto in-dividuo che vive la propria vita con dignità e integrità ma non riesce a pregare tutte le sere ed a seguire alla lettera ciò che da credente sa di essere giusto : chi dei due è più fedele a Dio e alle Sacre Scritture?Hanno fede più limpida i picco-li, i rozzi e gl’ignoranti che ac-cettano con semplicità e senza discutetere le verità divine, an-ziché tanti studiosi e filosofi che vorrebbero andare a fondo nei misteri di Dio e si perdono nella loro superbia.(Don Giuseppe Tomaselli).

Anna D'Andrea

Cos’è che ci spinge ad acqui-stare sempre una determinata marca di jeans, il nuovo model-lo della marca di scarpe che ci piace di più, e quindi ad essere affezionati ad un determinato brand?Il fatto è che noi ci identifichia-mo con quel marchio specifico.La parola “fede” deriva dal lati-no fides, il cui significato è fedel-tà, fiducia, proprio la stessa fidu-cia che noi modaioli riponiamo in quello stile inconfondibile che facciamo proprio.La fedeltà è una, un impegno morale, con la quale una perso-na o una collettività di persone, si vincola ad un impegno, ad un legame o ad un obbligo verso un'altra persona, collettività di persone o verso un concetto, status. Esso si basa sulla fiducia, ovvero sul credito e sulla stima che una persona infonda in que-sto caso sulla griffe preferita.La fedeltà del cliente è tra le mission più importanti delle

Aziende.È infatti realmente uno dei prin-cipali fattori che consente un re-ale ritorno di investimento, sia a breve che a lungo termine. L’acquirente può aver deciso di effettuare l’acquisto per un'im-pellente necessità, ma il pro-spetto dell’azienda, il prospect, per dirla in inglese deve essere quello di conquistare e far pro-prio l’eventuale cliente.Tutto questo però deve prescin-dere dal fidelizzare un vecchio cliente, coccolandolo e facendo operazioni mirate volte a cono-scerlo, capire e prevederne i bi-sogni, capirne i tempi e rispon-dere alle sue segnalazioni. A questo punto il cliente avrà forte motivazioni per restare fe-dele, se ravvisa nel fornitore una significativa attenzione alla sua identità. La Customer Satisfaction, la sod-disfazione del cliente appunto ri-entra nei progetti del marketing aziendale, e la si può vagliare

attraverso la gestione della rela-zione con il cliente, CRM (Custo-mer Relationship Management) appunto.Le rilevazioni della gradimento della clientela si effettuano at-traverso il raccoglimento e la mi-surazione dei dati con precisio-ne attraverso diverse soluzioni software come il web, quindi la direct mailing, newsletter, forum, faq, preventivi online, chat etc…Il vocabolario definisce cliente colui che acquista in un deter-minato negozio o chi frequenta abitualmente un determinato luogo, dunque si devono indiriz-zare gli sforzi verso la compren-sione dei meccanismi che deter-minano la volontà di rivisitare un determinato luogo e di farlo con una frequenza, la più alta possi-bile. La fede in questo caso, di-venta necessità nell’era del busi-ness, e si traduce in una parola magica “Customer loyalty”.

Veronica D'Andrea

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Viaggiare di notte. Essere lì, sul pontile della nave e assaporare una lieve brezza marina che fre-sca si posa sulla pelle.All around distese d’acqua, mare aperto, mare “nostro”.È il Mediterraneo il protagonista di questo viaggio. Svegliata dal suono mattutino di un porto in movimento, non è un porto ita-liano, non è ordinato, lussureg-giante e placido ma povero e malconcio.“Cosa ti aspettavi?”, mi dico rassegnata.Lontana dalla opulenta Europa, Tunisi si presenta da subito ma-gra e sdentata. Bambini, folle di piccoli già adulti pronti a ven-dere i loro gioielli, cimeli di non prosperità. Incontro la mia guida.È un uomo abbastanza giovane, alto, magro. La sua barba è folta, ma non troppo. I suoi occhi scu-ri infondono un lieve luccichio, la luce di chi ha vissuto, la luce dell’esperienza e dell’intelligen-za.Il suo italiano è quasi perfetto, anche lui, come tanti altri, ha vis-suto in Italia per 10 anni. Sono in molti a conoscere l’italiano a Tu-nisi, sento espressioni dialettali

e inizio a ridere, ma forse non dovrei. La guida si presenta ed esordisce con una frase di incre-dibile veridicità. “Noi conoscia-mo bene l’Italia: voi esportate macchine, noi esportiamo clan-destini”, ancora rido, ma, ancora una volta, non dovrei.Mi ritrovo di fronte ad una mo-schea. Sono immersa da colori, arazzi, ed un silenzio tombale. Osservo deliziata le meraviglie della moschea.La guida sussurra e ci indica un angolo della moschea, “le donne devono pregare qui, di schiena al muro”. Domando cu-riosa: “Scusi, perché?”. “Perché la vista del loro corpo piegarsi avanti ed indietro per pregare distrae gli uomini inducendoli al peccato”. Penso io “relegate in una posizione marginale anche quando pregano”. Ho solo po-chi minuti e i miei occhi colgono un particolare bellissimo.È un muretto, si, proprio vici-no ai piedi della ragazza con le Converse. È costeggiato di mat-tonelle blu, blu lucido, blu iride. Scatto una foto. Ne segue una certa delusione, i colori sono di gran lunga più opachi dell’origi-

nale.Mi chiamano. Devo andare.La strada del ritorno al porto è assai irregolare, ma continuo a camminare. Io e M., la mia com-pagna di viaggio, siamo le uni-che donne per strada.La nostra pelle lattea, i colori chiari che ci contraddistinguo-no attirano gli sguardi maliziosi degli uomini.Per la prima volta capisco che il mio corpo e i miei vestiti all’occidentale sono un fardello. Capisco quelle donne, accetto la loro condizione. In spiaggia, con 40˚, vedo, final-mente, donne. “Miracolo!” Im-perterrite e pazienti fanno il ba-gno, vestite. A loro “è proibito mostrare il corpo, possono fare il bagno purché abbigliate”. Mi sento male, voglio andare via da questa città . “È la loro cultura, non devo giudicare” mi dico. “È la loro religione” mi ripeto. “È la loro fede”. Chi sono io per giu-dicare? Nessuno.Eppure, una riflessione alla luce delle ultime vicende, una consi-derazione sul legame stretto tra fede e politica in queste terre sembrerebbe doverosa.

Manuela Grieco

Scrivere mi scarica. Mi aiuta a fo-calizzare, a capire me stessa, ad analizzare le persone.A portare avanti le mie personali battaglie contro quello che mi fa veramente arrabbiare.Scrivo quando qualcuno non ri-sponde alle mie aspettative.Scrivo se non vengo rispettata e si pensa di potermi ferire colpen-domi laddove sono più debole.Scrivo sempre, ogni volta che mi innamoro, e che un’emozione mi cattura nel silenzio dell’abi-tudine.Scrivo se per caso, distrattamen-te, mi lambisce una di quelle percezioni di calore che normal-mente derivano da un calorifero

acceso o, più romanticamente da un camino scoppiettante. Scrivo mentre mangio, o cerco lavoro.O perché scrivere mi ricorda che in fondo la distanza è solo fisica.Scrivo perché credo nel potere della scrittura, nella sua capaci-tà di cambiare le sorti di un pa-ese, o anche solo la giornata ad un amico.Scrivo perché credo nella bel-lezza di un buono scritto, nella licenza dello scrittore, nella virtù della verità.Scrivo perché sarebbe meglio, prima di parlare, a volte, rileg-gere quello che si ha in mente

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di dire.E decidere, in seguito, di non proferire verbo.Scrivo spesso la sera, perché per me la penna e la tastiera del mio netbook, mi donano la stessa sensazione di comodità e di ac-coglienza del cuscino.Scrivo se mi sento oppressa, re-pressa, depressa.Perché scrivere mi fa sentire libe-ra, vera, serena.Scrivo per rispondere a un’offe-sa, e per rafforzare una mia tesi. Scrivo non solo perché sento di avere ragione, ma perché ho ra-gione e so di averne. Scrivo perché dovendo scrivere un articolo sulla fede, ho iniziato a scrivere sulla forza della scrit-tura, alla quale, evidentemente, mi affido.

Giovanna Caivano

• "La lettura rende un uomo completo, la conversazione lo rende agile di spirito e la scrittura lo rende esatto" (Francis Bacon);•"Scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli" (Emilio Salgari);•"Nulla dies sine linea""Non lasciar passare neanche un giorno senza scrivere una riga" (Plinio il Vecchio);•"Lo scrittore è essenzialmente un uomo che non si rassegna alla solitudine" (François Mauriac);•"Meglio scrivere per se stessi e non avere pubblico, che scrivere per il pubblico e non avere se stessi" (Marc Connelly);•"Scrivere è un modo di parlare senza essere interrotti" (Jules Renard);•"Una persona che sa scrivere una lunga lettera con facilità non può scrivere male" (Jane Austen);•"Scrivere è per me il bisogno di rivelarmi, il bisogno di risonare, non dissimile dal bisogno di respirare, di palpitare, di camminare incontro all'ignoto nelle vie della terra" (Gabriele D'Annunzio, Notturno).

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Mac? Windows? Linux?...o Android? Dimmi il tuo sistema e ti dirò chi sei…Qual è il tuo mezzo di trasporto preferito… Internet Explore? Firefox? Chrome? Safari?... Ad ognuno la sua scelta, ad ognuno il suo prefe-rito.Per essere sempre più accattivanti i nostri siste-mi operativi, browser e quanto altro si rifanno il

look, si aggiornano e tirano fuori funzionalità che altri non hanno per diventare i numeri 1. Vediamo cosa ci aspetta…

Mimmo Claps

FIREFOX 4www.mozilla.com/it/firefox/RC/

Dal 22 marzo è finalmente presente la nuova release di

Firefox, la versione 4! Pronta a competere con il suo rivale di

sempre Internet Explorer.

INTERNET EXPLORER 9http://windows.microsoft.com/

it-IT/internet-explorer/products/ie/home

Già disponibile da alcuni giorni è la release 9 del noto browser

di casa Microsoft. In un solo giorno è stato scari-

cato 2,35 milioni di volte. Piccola precisazione: è installa-bile solo su Vista e Windows7.

CHROME 10www.google.com/chrome/

È appena uscito dalla beta test anche il nuovo browser di Big Google con tantissime novità.

Velocità e sicurezza sono alcune delle sue armi vincenti nella

“browser war”.

FACEBOOK SUL DESKTOP

WWDC

Chi è alla ricerca di un valido sistema mediante cui monitorare tutto quanto concerne Facebook direttamente dal proprio desktop non può lasciarsi sfuggire un applicativo quale Facebook Desktop (www.facebookdesktop.com), a patto però che il sistema operativo in uso sia Windows, Mac o Linux. Tra le altre interessanti funzionalità offerte da questo semplice ma valido applicativo vi è poi da considerare la possibilità di effettuare eventuali aggiornamenti di stato.

Sono state rese ufficiali le date del WWDC (World Wide Develo-pers Conference) di quest’anno; l’evento si terrà a San Francisco dal 6 al 10 Giugno 2011, presso il Moscone West Center. Verrà presentata la nuova ver-sione di iOS 5 e tutti i dettagli relativi all’imminente rilascio del nuovo sistema operativo Mac OS X 10.7..

2.1, 2.2. Consente di proteggere il telefono da furti e da utilizzi non autorizzati.• Sim Checker (http://www.cyrket.com/p/android/org.ajeje.simchecker15/) Programma molto semplice e intelligente che ri-conosce la sim presente all’interno del cellulare e, nel caso in cui la sim non sia quella autorizzata, l’applicazione invierà immediatamente una mail o un messaggio (sms) riguardante la posizione in cui si trova il terminale.

Per iOS (direttamente sull’AppStore):• Antifurto Permette di emettere un vero e proprio allarme non appena il dispositivo viene mosso.• Gotcha! Pro Alarm System Si tratta di un sistema antifurto, uno dei migliori, per iPhone.• Thief Buster Consente di inserire una password, all’apertura dell’applicazione, di 3 cifre.

In breve alcuni tra i migliori software antifurto per cellulari differenziati in base alla vostra piattaforma Symbian (Nokia), iOS (iPhone), Android e telefoni Sony Ericsson.Per Symbian: • Guardian (www.guardian-mobile.com) Si tratta di un antifurto avanzato che notifica il cambio sim tramite un sms invisibile, protegge con password i messaggi, la galleria, rubrica ecc…, lo-calizza il telefono smarrito (servendosi di Google Maps e GPS).• XpressAlarm (www.soft.mobile-master.org) Applicazione per Nokia 5800 e N97 che permette di proteggere il telefono in caso di furti.• nAlertMe (www.nalertme.softonic.it/symbian)Permette, nei telefoni equipaggiati con Symbian OS, di avere un allarme installato nel telefonino.

Per Android:• F-Secure Anti-Theft Free (www.store.ovi.com)Applicazione adatta agli smartphone Android 1.6,

SOFTWARE ANTIFURTO PER CELLULARI

Amazon AppStore per Android. Nel momento in cui

vi scrivo apre le porte al mondo l’Amazon Android appstore. La novità è che sarà possibile, tutti i giorni, scaricare gratuitamente

un gioco/applicazione. Inoltre, attraverso lo stesso negozio

online, abbiamo la possibilità di provare un’app per 30 minuti prima di decidere se acquistarla

oppure no!

Flash 10.2 arriva su Android.Adobe ha finalmente rilasciato il

Flash Player 10.2 per Android. Questa release contrassegna

l’attivazione del Flash per 3.0.1 HoneyComb, il sistema operati-

vo di Google per i tablet. È ancora in versione Beta,

per cui è possibile riscontrare qualche piccolo problemino di

malfunzionamento. Almeno è un passo avanti!

Linux e la patch miracolosa.È stata ufficialmente rilasciata la patch per il kernel linux che

dovrebbe essere integrata nativamente nella prossima

major release di Ubuntu. L’hack del kernel incluso in Linux 2.6.38 sfrutta i task group e lo schedu-ler per diminuire di un decimo i tempi di latenza e quindi velo-

cizzare al massimo le prestazioni del sistema.

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