Breve Storia Letteratura Sarda

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  • 7/29/2019 Breve Storia Letteratura Sarda

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    Breve storia della letteratura sarda

    (estratto dawww.filologiasarda.it)

    Fino allOttocento la storia delle lettere non si configura come parte di una civilt complessivamentein movimento, ma piuttosto come un pezzo della storia dei privilegiati. Le lettere e i letterati, fino alXIX secolo, sono marginali rispetto allunica tragica dialettica che caratterizz a lungo lIsola: quellatra povert diffusa e privilegio sempre pi arroccato e esclusivo.

    Fino a questo periodo, dunque, non si pu assumere la letteratura come paradigma unitario dellastoria sarda.

    Rimane, tuttavia, la necessit di superare limmagine della Sardegna come isola inaccessibile, chespesso prevale nelle analisi e negli studi che riguardano la regione. Questa immagine tende a

    ignorare, tra le altre cose, il campo delle attivit culturali.

    Data la sua posizione decentrata e la sua peculiare storia, segnata dallincontro con diverse culture, molto difficile integrare la Sardegna in un discorso di storia letteraria rigorosamente italiana.

    Daltra parte impossibile concepire una storia dei sardi e della loro letteratura al di fuori delcontesto europeo, per lindiscutibile intreccio di atti diplomatici e di governo, di guerre e di accordidi pace, di correnti di idee, di generi letterari e di moduli stilistici che ha legato e lega la SardegnaallItalia, alla Spagna, al bacino del Mediterraneo, allintera Europa, a dispetto dei luoghi comunisullisolamento.

    Le lingue utilizzateIn Sardegna si sono sempre parlate molte lingue.

    Prima della romanizzazione:

    greco

    cartaginese

    altre lingue (berbere, mediterranee, di ceppo caucasico)

    Dal 234 a.C.:

    il latino dei romani

    il sardo

    Lutilizzo del sardo un problema da tenere presente per comprendere la complessit del discorsosulla letteratura in Sardegna. Questa lingua antichissima, infatti, in apparenza cos poco funzionalee poco presente nella tradizione scritta per sostenuta dal fecondo rapporto di scambio che inSardegna si realizzato tra oralit e scrittura e dallabitudine al confronto con lingue maggiormentediffuse ed espressione di culture dominanti.

    Le lingue utilizzateQueste le linque utilizzate nellisola:

    Volgare sardo soprattutto nelle cancellerie giudicali

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    Italiano dei pisani e dei genovesi

    Catalano seguito dal castigliano

    Italiano e francese come lingue di cultura

    Italiano importato dai piemontesi

    Latino lingua scritta

    Dal latino comune, ossia dal latino parlato e non da quello letterario, noto come latino volgare,derivano il sardo, litaliano e le altre lingue neolatine o romanze: il portoghese, il castigliano, ilcatalano, il francese, il provenzale, il franco-provenzale, il ladino e il rumeno.

    Queste lingue si formano in Europa nei regni cosiddetti romano-barbarici nel periodo di tempocompreso tra il 476 d.C., data della caduta dellImpero Romano dOccidente, e lVIII-IX secolo,quando cominciano ad apparire le prime attestazioni scritte dei volgari neolatini.

    difficile stabilire il grado di penetrazione della cultura bizantina, la diffusione del greco

    parlato e leventuale presenza e diffusione di un bilinguismo.

    certo che in Sardegna si parla il greco, che si sovrappone al latino, senza

    soppiantarlo.

    I documenti scritti dellXI secolo sono in sardo, lingua neolatina.

    Tuttavia il greco, come lingua del potere lascia le sue tracce: una carta, conservata a

    Marsiglia, scritta in sardo ma con caratteri greci.

    Eventi storici

    Divisione dellImpero Romano

    456-534: breve dominio dei Vandali

    534-815: dominio bizantino - scorrerie saracene la Sardegna una delle province

    dellImpero Bizantino nel quale si parlava il greco.

    Intorno alla fine dell'VIII secolo Bisanzio abbandon progressivamente la Sardegna.Nel periodo tra il X e lXI secolo lisola fu divisa in zone che, nel tempo, divennero autonome rispetto

    al potere centrale bizantino e si diedero istituzioni amministrative e politiche proprie: nascevanocos i quattro Giudicati di Cagliari, Torres, Arborea e Gallura, indipendenti e con una lingua propria.

    Caratteristiche dei Giudicati

    Si presentano come dei piccoli regni indipendenti, fondati su una modesta economia agraria

    e commerciale, simili a tante altre realt istituzionali diffuse nellEuropa del tempo.

    Mostrano un notevole dinamismo sia nelle relazioni interne, sia in quelle esterne.

    Sono in grado di assicurare una vita civile e ordinata alle popolazioni che crebbero di numero

    e tesero allinurbamento, convergendo verso quelle citt nelle quali si svolgevano i maggioritraffici.

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    Hanno una lingua propria.

    A partire dallXI secolo ha inizio linteresse di Genova (soprattutto a Cagliari e in Gallura) e di Pisa(nel Logudoro e nellArborea) per lisola.

    Anche la Santa Sede si interessa della Sardegna.Molteplici i contatti e le influenze esterne: famiglie liguri e toscane, viaggiatori, commercianti, ordinireligiosi.

    I primi documenti in sardoIn ambiente laico le cancellerie giudicali sono le uniche depositarie della scrittura.Anche le cancellerie, per, si avvalgono delloperato degli ecclesiastici.Risalgono allXI secolo i primi documenti scritti in sardo (o in latino) e redatti in Sardegna.Provengono dalle cancellerie dei Giudicati o dai conventi.

    Le caratteristiche dei primi documenti in sardo sono:

    la precocit e copiosit rispetto alle altre regioni italiane

    la diffusione generalizzata in tutte le zone dellisola

    la complessit e la maturit linguistica e stilistica

    lalternanza con il latino (utilizzato in particolare per lesterno)

    Molto singolare lassenza di unattivit poetica che, molto probabilmente, fu indirizzata in prevalenzaverso la trasmissione orale.

    Difficile stabilire se, e in che misura, esistesse una consapevolezza della diversit tra il latino e ilvolgare.

    Le legendae e gli officiaIl perdurare di una vitalit della tradizione latina (e della cultura medioevale scritta) in epocabizantina testimoniata dalle legendae e dagli officia (vita e tradizione liturgica) dei santi e deimartiri sardi, databili a partire dallXI secolo. I pi importanti tra questi sono:

    SantEfisio

    San Lussorio

    SantAntioco

    San Giorgio di Suelli

    Gavino, Proto e Gianuario, martiri turritani

    In Sardegna le prime testimonianze in sardo o in latino risalgono al periodo che va dallultimoquarto del secolo XII allinizio del XII e provengono o dalle cancellerie dei Giudicati o da monasteri ebasiliche.Nella lingua scritta il volgare sardo e il latino continuano ad alternarsi, mentre esistonotestimonianze di una produzione agiografica autoctona intorno ai monasteri.

    Questo repertorio documentario in lingua sarda copioso e precoce, rispetto a quello di altre regioniitaliane, e generalizzato, ossia non limitato ad una particolare area dellIsola.

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    Sono testi su cui spesso i filologi e i paleografi si sono divisi. In realt sono autentici, ma complessi.

    Le grafie sono anacronistiche rispetto alla data della redazione e sono spesso una sintesi originale,ma inconsapevole, di diversi stili di scrittura (carolina, gotica, onciale e semionciale).La lingua, invece, prevalentemente sarda, nelle sue diverse variet dialettali (logudorese,

    arborense e campidanese).

    Il problema che essi pongono laccertamento di quale consapevolezza avessero gli scrivani diprodurre in una lingua diversa dal latino e quindi di quale conoscenza avessero del latino. Lacoscienza di tale diversit sta alla base delluso consapevole del volgare rispetto al latino.

    Agiografia e cronacaUmberto Cardia ha definito la Sardegna giudicale come "il pi complesso sforzo che i sardiabbiano prodotto, nella loro storia millenaria, per organizzarsi secondo il proprio genio, secondo

    consuetudini e leggi proprie".

    Fra gli influssi culturali destinati a incidere sul mondo giudicale, particolarmente significativi sonoquelli con Pisa e Genova, le citt marinare con le quali, dal 1016, era stato avviato un rapportodestinato a durare nel tempo.Importanti anche quelli derivanti dalla presenza di ordini religiosi quali i Vittorini (di Marsiglia) o iCamaldolesi, che esercitarono non trascurabili effetti anche sulla circolazione dei libri.Le poche opere di quel tempo giunte fino a noi, a cominciare da quelle di carattere agiografico,confermano limpressione che lambiente in cui vennero composte condividesse le conoscenzeletterarie proprie del tempo.

    Una certa capacit di elaborazione narrativa traspare anche in opere di carattere cronachistico,quale il Libellus Judicum Turritanorum.

    Si tratta di una breve cronaca del XIII secolo dedicata ai Giudici di Torres che narra degli eventipolitici e familiari dei diversi regoli succedutisi sul trono turritano dal 1065 circa al 1259, anno in cuimor Adelasia, moglie di Enzo di Hohenstaufen figlio dellimperatore Federico II.Ci pervenuta attraverso una copia del XVII secolo conservata nellArchivio di Stato di Torino.

    Lautore, anonimo, era probabilmente un monaco. Sebbene risulti evidente il punto di vista filo-papale, la cronaca preziosa per la ricostruzione delle genealogie medievali sarde, per lacomprensione del clima politico del tempo e per la ricostruzione del profilo psicologico di alcunefigure rilevanti, come Gonario II de Lacon-Gunale che regn dal 1124-27 al 1154, quando si ritir aClairvaux dove mor e dove ancora venerato come beato.

    scritto in sardo logudorese, con una patina linguistica castigliana dovuta al lavoro del copista

    seicentesco. Presenta unapprezzabile regolarit sintattica.

    Eusebio e LuciferoPur non avendo scritto versi n prose, i due vescovi sardi Eusebio e Lucifero possono esserecollocati alle origini della letteratura sarda.Vissuti entrambi nel IV secolo dopo Cristo, viaggiarono a lungo, soprattutto nel vicino Oriente.Combatterono leresia ariana e patirono lesilio per questioni religiose. Morirono nello stesso anno, il371: Lucifero nella sede cagliaritana; Eusebio, a Vercelli, citt della quale era vescovo, per manodegli ariani che lo lapidarono.

    Si ricorda Eusebioper le Epistole (dargomento religioso) composte con passione evangelica.

    A lui viene attribuito anche un Trattato sulla Trinit (secondo alcuni composto da san Atanasio) e unEvangelario latino, conservato nella cattedrale di Vercelli.

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    Luciferoanchegli autore di Epistole, ha lasciato numerose opere scritte in latino, in difesadellortodossia e in forte polemica con limperatore Costanzo.Di lui disse Francesco Alziator: "La prosa di Lucifero non si fa mai arte, ma vibra di tanta passione,forza ed umanit da rappresentare nella storia letteraria, e non solo, dellIsola, il pi notevole

    esempio di fede nelle proprie idee".

    Lucifero traduce in vantaggio quello che potrebbe essere un non piccolo svantaggio: il suo esserepene barbarus lo pone nella condizione di precorrere i tempi, di antivedere ci che ancora devearrivare, di non averne paura. Egli si trova allorigine della tradizione letteraria sarda non solo perragioni cronologiche ma anche perch si fatto iniziatore di un modus scrittorio che haaccompagnato gli autori sardi fino allet contemporanea.

    I CondaghiSebbene non esista una letteratura medioevale in lingua sarda, se si esclude ilLibellus iudicumturritanorum, esiste una copiosa produzione documentaria.

    La Sardegna ha sempre mantenuto il senso pragmatico della scrittura, quello orientato alla tuteladei patrimoni. Sembrano semmai i monaci nuovi venuti ad adeguarsi alla lingua di questo sistema ditesti scritti che riusciva a disciplinare in modo efficace i rapporti di scambio e di propriet.

    In questo quadro di fortissimo valore pragmatico della scrittura vanno inseriti iCondaghi.

    I Condaghi sono registri patrimoniali originariamente (in et bizantina) costituiti da singole schedecucite le une alle altre e arrotolate intorno ad un bastone (chiamato in greco comtacion da cuiappunto il termine 'condaghe').In et medievale, alla struttura a rotolo si sostituisce quella a libro che giunta fino ai nostri giorni.

    Tra i Condaghi giunti fino a noi:

    Il Condaghe di S. Pietro di Silki

    I Condaghi di San Nicola di Trullas

    Il Condaghe di S. Maria di Bonarcado

    Il Condaghe di S. Michele di Salvennor

    Il Condaghe di S. Pietro di Sorres

    La Sardegna e i trovatori

    La Sardegna del periodo giudicale presenta uno scenario politico non dissimile da quello del restodItalia. Le famiglie pi illustri di Pisa (Donoratico, Visconti) e Genova (Doria) si erano imparentatecon le famiglie regnanti sarde, le quali a loro volta, avevano attivato unintensa politicamatrimoniale con altre casate, non solo italiane, ma anche catalane. Tutto questo contribu atrasformare il panorama geo-politico e linguistico isolano, rendendolo pi articolato, non sololimitato alle corti giudicali, ma animato anche da piccole corti signorili.I trovatori, che percorrevano la penisola italiana andando di corte in corte, registrarono la novit.

    Peire de la Cavarana indirizza il sirventese Dun sirventes faire a un sardo designato con il senhalMalgrat de toz, identificabile con il giudice Barisone dArborea (1131-1184) che venne incoronato redi Sardegna a Pavia da Federico I Barbarossa il 10 agosto 1164 dietro compenso di quattromilamarchi dargento anticipati da Genova.

    Peire Vidal dedica il sirventese Pos ubert ai mon ric tezaura un Marques de Sardenha/ Qab joi viuab sen regna (al Marchese di Sardegna/ che vive con gioia e con senno regna) che non pu cheessere Guglielmo I Salusio IV, giudice di Cagliari e Marchese di Massa (m.1214) del quale un altro

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    trovatore Elias Cairel dice, con intenti tuttaltro che laudativi, que sa valors sembla febre (che il suovalore sembra febbre).

    Albertet de Sisteron, verso il 1221, annovera Adelasia di Torres, figlia di Agnese di Massa, nipotedel marchese Guglielmo, moglie prima di Ubaldo Visconti e poi di Enzo di Hoensthaufen, tra ledonne pi celebri e belle citate in En amor trob tanz de mal seignoratges.

    Da notare che i trovatori non scrivevano per se stessi, ma affidavano i testi ai giullari perch lidivulgassero.Il sirventese era il genere proprio della propaganda politica, per cui vien difficile pensare che ilpubblico signorile sardo non apprezzasse la tradizione trobadorica, n che il pubblico italiano non sisentisse coinvolto nelle vicende isolane.

    Sotto il profilo linguistico questo il periodo in cui litaliano penetra in profondit in alcune zonedellIsola. Una buona esemplificazione di quale italiano venisse parlato alla corte dei Doria ci datada una lettera di Brancaleone Doria ai nobili siciliani in rivolta contro i catalano-aragonesi.

    I trovatori ebbero dunque rapporti con le piccole corti sarde e con i loro signori, cos come li ebberocon altre corti signorili dItalia.Di tutto questo sistema di rapporti e di relazioni non resta nulla a livello dei testi scritti dellacosiddetta cultura alta.

    La poesia popolareLa poesia popolare isolana del periodo si caratterizza per il numero, per la straordinaria complessitdei generi e per la terminologia tecnica che ne designa le forme e i metri.Dietro questo patrimonio si nota limpronta della tradizione provenzale e una discendenza dallaletteratura trobadorica.

    Infine va rilevato che, unitamente a quanto attesterebbero le forme e i nomi della poesia popolaresarda, una fonte quattro-cinquecentesca, la Memoria de las cosas que han acontecido en algunas

    partes del Reyno de Cerdea, recentemente rivisitata, attesta inequivocabilmente che nellIsola esistita una tradizione, se si vuole para-letteraria, che aveva come argomento le origini delle casategiudicali, le fondazioni di chiese e di citt nonch alcuni episodi della storia medievale isolana. Verite mito si fondono in questo testo n pi n meno di come si amalgamano in analoghi testi europei.

    . NOTA .

    La pressoch totale indisponibilit di testi ci impedisce di apprezzare come e se le diverse lingueutilizzate in Sardegna (sardo, latino, italiano, catalano) siano state utilizzate nella pratica letteraria.Questa assenza si spiega in parte con la triste regola che ogni vincitore impone ai vinti: la perditadei beni e della memoria, che comporta la marginalizzazione e la folklorizzazione di tutto ci cheprima era ufficiale.La guerra secolare non ha soltanto distrutto le strutture di una societ, ma ha anche determinato,

    col suo esito, cosa far sopravvivere del passato e cosa no, cosa affidare alla cultura alta e cosa farprecipitare nel mare magnum delloralit.

    La Carta de LoguDurante il giudicato dArborea, tanto sotto il giudice Ugone II (1321-1335) quanto sotto Mariano IV(1347-1376), documentato limpiego delle lingue che accompagnano il volgare sardo: il latino e ilcatalano, in primo luogo, ma anche litaliano e il francese.

    In questo contesto Mariano IV emana, dopo il 1353, un Codice rurale che successivamente diviene ilCodice di leggi civili e criminali (o penali) ripreso e promulgato da Eleonora, probabilmente nel1392, nella formulazione nota come Carta de Logu.

    La Carta de logu riveste unimportanza fondamentale nella storia sociale e linguistica dellaSardegna. Estesa dal 1421 allintero territorio isolano, fuorch alle citt con statuto proprio,superando secolari e non lineari vicende storiche, rimane in vigore fino al 1827, quando fu sostituita

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    dal Codice feliciano.

    La storia della Carta de logu contiene ulteriori motivi di interesse che risiedono nella lingua in cui fuscritta e nel ruolo che svolse allinterno della societ sarda.La lingua in cui redatta la carta definita da Antonio Sanna "una variet arborense". una linguadi confine che mantiene al suo interno i due tipi dialettali logudorese e campidanese.

    Accanto alla sua funzione giuridica importantissima, la Carta assolse a due compiti di granderilievo:

    ricord in ogni momentoai sardi che, pur nella miriade di distinzioni interne e nella

    subalternit politica verso un dominatore esterno, appartenevano a unethnos e che, anchesotto il profilo linguistico, potevano specchiarsi in un tratto comune, in quella "omogeneitprimitiva" sulla quale si fondava la lingua della legge

    abitu i sardi a considerare come evento normale il fatto che quel supremo documento fosse

    scritto non in una lingua aulica e distante dalluso ma nel "tipo dialettale di unarea diconfine"

    Antonio CanoAd Antonio Cano si deve il primo poemetto in volgare, Sa Vitta et sa Morte et Passione de sanctuGavinu, Prothu et Januariu.Le notizie sulla sua vita sono scarse, si sa che nato a Sassari alla fine del XIV secolo. Dopo esserestato rettore della villa di Giave, fu eletto abate di Saccargia e poi ordinato vescovo di Bisarcioprima di diventare arcivescovo di Sassari. Sa Vitta et sa Morte et Passione de sanctu Gavinu, Prothuet Januariu la pi antica opera letteraria in lingua sarda fino ad oggi conosciuta. un poemetto di argomento agiografico che ripropone, attingendo da fonti narrative medievali, ilmodello martiriale.

    Gavino, Proto e Gianuario, martiri turritani, vengono riproposti come modelli esemplari di coerenzacontro i falsi miti e i falsi valori, in una Sardegna che, a distanza di tredici secoli dal martirio,intende fondare sulla tradizione cristiana e sulla lingua e la cultura sarda, la propria identit dipopolo che prende coscienza della propria condizione in un clima di accese speranze di riformamorale.Le scelte retoriche, la spiccata tendenza alla drammatizzazione, la forza espressiva e larditezza deldettato rimandano ad una intertestualit ampia e ad una tradizione che, a partire dalle originidellEuropa cristiana, si muove nellalveo della ricca e multiforme letteratura di argomento religioso.

    Il Laudario lirico

    Altro testo di rilievo del periodo il Laudario lirico ritrovato da Damiano Filia a Borutta, chedocumenta anche per la Sardegna la presenza di tradizioni francescane paraliturgiche nutrite dimusiche e canti.

    LAlziator ritiene che nelle laudi dalle quali composto sia evidente "la derivazione dalla poesiaitaliana dei secoli precedenti". Dello stesso Laudario fanno parte anche la Laude de Nostra Signorade sa Rosa e le Laudes de sa Santa Rughe, in volgare sardo, che ricalcano lo schema e landaturadei tradizionali gosos sardi.

    . NOTA .

    I gosos sono le laudi per i santi locali, composte per lo pi da ecclesiastici.

    Letteratura e lingue significativo che nella Sardegna della fine del XV secolo, dove gi cominciava a brillare il prestigiodel castigliano, lo stesso destino della tradizione isolana colpisce la letteratura in catalano.

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    Ci rimangono infatti solo tre testi:

    il Cant de la Sibilla,

    la Vida y miracles del benaventurat santAnthiogo, entrambi di ambito paraliturgico nel quale

    si iscrive anche la tradizione popolare di goigs,

    e le Cobles de la conquista des francesos, che celebrano il fallimento dellinvasione di

    Alghero da parte del Visconte Guglielmo di Narbona, nemico del re dAragona in quantoerede del titolo e dei beni dei Giudici di Arborea.

    La stabilit politica acquisita alla fine del Quattrocento, che iscrisse definitivamente la Sardegna nelsistema iberico, non si tradusse immediatamente in unegemonia culturale e linguistica castigliana.

    La storia linguistica della Sardegna dal Trecento ai primi del Cinquecento pu essere cosschematizzata:

    il sardo, in posizione subalterna dopo la caduta dellultimo Giudicato, resistette alla riduzione

    a puro e semplice dialetto grazie alle disposizioni della Carta de Logu, che ne legittimaronoluso notarile e giuridico, e allazione di alcuni centri religiosi e culturali quali quellifrancescani;

    il catalano penetr lentamente, specie nel secolo che va dal 1450 al 1550, anche in ambiti

    sociali non elevati e nelle zone dellIsola da cui era rimasto in precedenza escluso;

    il castigliano si afferm inizialmente per il prestigio di cui godeva, poi per unazione

    autoritaria realizzata specialmente dalle strutture ecclesiastiche;

    la tradizione italiana perdura fortemente fino al XVI secolo, dopo si indebolisce fortemente.

    IL CINQUECENTONote introduttiveNel 1566 Nicol Canelles fonda a Cagliari la prima stamperia, che comincia a stampare conregolarit testi per lo pi dargomento religioso, anche se non mancano i titoli degli autori classici. Aquesta attivit, a partire dal 1571, Canelles affianca quella della diffusione di libri pubblicati altrove.Il confronto con la cultura del tempo si mantiente nonostante le gravi difficolt dellisola quali:

    pestilenze

    scorrerie barbaresche

    calo demografico

    effetti devastanti della guerra franco spagnola

    basso livello dellistruzione pubblica.

    La vivacit culturale del periodo provata anche dal numero dei libri posseduti da alcuni illustripersonaggi dellepoca.

    Permane il pluralismo linguistico:

    Il catalano prevalentemente la lingua delle attivit giuridiche e amministrative, a Cagliari

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    in particolare. Nel periodo dal 1450 al 1550 penetra anche in ambiti sociali non elevati enelle zone dellisola da cui in precedenza era escluso.

    Il sardo, pur in posizione subalterna, vivo in tutte le parti dellisola, soprattutto negli

    ambienti popolari. Il suo utilizzo in campo giuridico e notarile resistette grazie alle

    disposizioni della Carta de Logu e allazione di alcuni centri religiosi.

    Litaliano marginale e diffuso soprattutto negli ambienti del commercio genovese.

    Il castigliano comincia a diffondersi, non senza difficolt.

    IL CINQUECENTO

    La scelta della linguaIl pluralismo linguistico si riflette anche nelle scelte linguistiche degli autori sardi.

    Lalgherese Antonio Lo Frasso (seconda met del XVI secolo) scrive in castigliano e solo

    marginalmente in catalano e in sardo;

    il canonico Gerolamo Araolla (1545 - fine del sec. XVI) scrive in castigliano, italiano e

    sardo;

    il nobile bosano Pietro Delitala (1550 - 1592 circa) in italiano;

    lumanista Gian Francesco Fara scrive in latino;

    Sigismondo Arquer in latino, italiano e castigliano.

    Un cenacolo di studiosi sassaresi vive ed opera fra Sassari e le universit di Pisa e di

    Bologna, scrivendo, dato lambito accademico in cui agiscono, prevalentemente in latino.In questo quadro va intesa la caratteristica principale del Cinquecento isolano:

    o per la prima volta la Sardegna diviene oggetto di studio

    o il sardo viene utilizzato nella poesia amorosa e in quella celebrativa e encomiastica.

    da rimarcare, tuttavia, che gli autori non sono mossi da un forte sentimento di appartenenza, daunidentit sarda avvertita come culturalmente rilevante. Essi non scrivono di Sardegna o in sardoper inserirsi in un sistema isolano, ma per iscrivere la Sardegna e la sua lingua in un sistemaeuropeo, per farla conoscere, dipingendola secondo le forme e i codici della cultura europea.

    IL CINQUECENTO

    La letteratura celebrativa ed encomiasticaElevare la Sardegna ad una dignit culturale pari a quella di altri paesi europei significava ancheelevare ed integrare nel sistema europeo i sardi, e in particolare i sardi colti, che si sentivano prividi radici e di appartenenza nel sistema culturale continentale.

    Anche quando scrissero in sardo (come fece lAraolla), anzich in latino o in italiano, lo fecero s peresigenze di comunicazione interna - forse il caso di ricordare che non pochi di essi erano sacerdotie dunque con una naturale inclinazione per i generi e i toni didascalico-moraleggianti - masoprattutto per dotare la Sardegna di quella tradizione letteraria, e quindi di quel lustro e di quellanobilt che, mancando, la rendeva negletta.

    In pieno 700 neoclassico il gesuita Matteo Madao tent unanaloga operazione con una maggioredisponibilit a sostituire con linvenzione ci che la storia non forniva.

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    NellOttocento, il canonico Giovanni Spano trov che anche la lingua dovesse essere nobilitata eresa pi illustre con linserimento di tanto lessico italiano, latino e ebraico.

    , insomma, una costante di alcuni autori sardi tentare una costruzione artificiale della lingualetteraria. I processi di imitazione ingenua delle lingue letterarie affermate svelano con chiarezza ladebolezza del sistema letterario interno, dovuto a carenza di lettori, di istituzioni educative e

    culturali, alla reale natura sovrastrutturale dellattivit letteraria nel contesto di povert e diprivilegio.

    IL CINQUECENTO

    Il trilinguismoI maggiori scrittori del Cinquecento utilizzano con intenti letterari pi di una delle quattro lingueusate comunemente.Il sardo la lingua che serve per raggiungere un pubblico che parla il sardo attraversolintermediazione di un lettore che con questo pubblico ha un rapporto strettissimo, di solito il clero.Lo spagnolo e litaliano si rivolgono ad un ambito culturale pi ampio e servono per comunicare conle istituzioni e con il potere.

    Tra gli scrittori plurilingue meritano un rilievo particolare:

    Antonio Lo Frasso

    Gerolamo Araolla

    Pietro Delitala

    Antonio Lo FrassoLopera di Lo Frasso merita rilievo per il doppio e contemporaneo riferimento alle letterature italianae spagnola e il gusto per la mescolanza dei generi e delle lingue. Egli scrisse prevalentemente incastigliano e, marginalmente, in sardo e in catalano.Poeta e militare, originario di Alghero, Lo Frasso lasci l'isola per trasferirsi in Spagna, dovecompose in lingua spagnola tre operette intitolate:

    Los mil y dozientos consejios y avisos discretos, che contiene consigli e ammonimenti

    rivolti, in versi, ai figli rimasti ad Alghero;

    El verdadero discurso de la gloriosa victoria, cronaca in ottave della battaglia di

    Lepanto;

    Los diez libros de la fortuna d'amor. A questultima, pubblicata nel 1573, deve

    lattenzione di Cervantes, che lo menziona nel Don Chisciotte. Il suo successo fu dovutoproprio al giudizio di Cervantes, che conosce Lo Frasso, ne ha letto lopera e pu parlarne ailettori del Don Chisciotte con tono ironico e ammiccante. Los diez libros un romanzopastorale con spunti autobiografici, articolato in una serie di vicende ad intreccio, a metstrada tra il mitologico e l'avventuroso. Egli si rivolge qui ad un pubblico urbano, mondano eun po frivolo.

    Se da un lato citt come Alghero e Cagliari erano forse gli ambienti pi aperti dellIsola verso lacultura iberica e verso lapertura europea, da un altro per, essendo prive di una solida tradizione

    culturale locale, si autointerpretavano secondo uno spirito coloniale, nelleterno confronto con ilcentro lontano del potere, egemone, ammirato, imitato, temuto, da dover replicare per sentirsi nellastoria. Non a caso, Lo Frasso, seppure per ragioni meramente giudiziarie, si trasfer da Alghero a

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    Barcellona.

    Egli comunque inserisce ne Los diez libros due sonetti in sardo logudorese, uno di argomentoamoroso Cando si det finire custu ardente fogu e laltro dedicato a San Leonardo Supremu gloriosuexcelsadu, ed una lunga composizione in ottave intitolata Glossa sarda. Linserimento di questi testi giustificato con il lettore ora con banali motivi mimetici (San Leonardo sardo, quindi occorre

    rivolgersi a lui in sardo), ora dalla curiosit salottiera delle dame barcellonesi verso linconsueta epoco nota lingua montana della patria di origine del protagonista Frexano.

    Resta il fatto che, pur con i limiti critici di questo recupero del sardo per esotismi da salotto, Candosi det finire custu ardente fogu la prima lirica damore della letteratura sarda, e che il logudoresedi Lo Frasso , come quello di Araolla, di buona qualit e fortemente influenzato dallitaliano. Se aci si aggiunge che Lo Frasso dedica un sonetto in castigliano a Gerolamo Vidini di cui parla ancheAraolla nel suo Capidulu de una visione, non si pu non nutrire il sospetto che anche il poetaalgherese sia stato influenzato dal cenacolo dei sassaresi e dal loro programma sardo-centrico.

    Gerolamo AraollaGerolamo Araolla (1545 - fine del XVI secolo) lautore che meglio di altri illumina tanto il clima

    del Cinquecento sardo, quanto leredit ricevuta dal XV secolo.La sua prima opera Sa vida su martiru et morte dessos gloriosos martires Gavinu, Brothue Gianuari(1582), argomento (lepopea dei santi, abbastanza innocua politicamente eculturalmente) sopravvissuto alla catastrofe della guerra e gi trattato, come si visto, dal vescovodi Sassari Antonio Cano.Il suo scopo era duplice:

    dare dignit letteraria al logudorese

    affrontare e recuperare un tema nazional-religioso molto noto e diffuso, e quindi vocato ad

    assumere funzioni edificanti.

    Nel 1597 Araolla pubblica la raccolta di poesie in diversi metri intitolata Rimas diversasspirituales, nella quale include testi in sardo, in castigliano e in italiano. Il suo programma cambiato: non pi un orizzonte tutto interno di nobilitazione del sardo e della Sardegna, ma uninserimento di quellobiettivo nel contesto culturale dellItalia e della Spagna.

    Araolla conosce la grande letteratura italiana, anche quella contemporanea; ha studiato, analizzatoe riflettuto, riuscendo ed elaborare un programma acuto e moderno; a lui si deve la stesura delbando della nuova letteratura sarda.

    Come la maggior parte degli autori sardi, anche Araolla confronta le proprie esigenze espressive con

    le opere realizzate da sos eccellentes et famosos Poetas Italianos et Spagnolos.

    Sigismondo ArquerLa figura di Sigismondo Arquer (1530-1571) si presenta rispetto allintero sistema sardo comedotata di requisiti di eccellenza e di originalit. Non tanto per la tragicit della sua esistenza, maanche e soprattutto per loriginalit dei punti di vista e leleganza della lingua che caratterizzaronolunica sua opera relativa alla Sardegna, la Sardiniae brevis historia et descriptio.

    Avvocato, teologo e studioso cagliaritano, frequent ambienti religiosi legati al luteranesimo. Nel1563 venne accusato di eresia dallInquisizione, rinchiuso nel carcere di Toledo e sottoposto agiudizio. Condannato, mor sul rogo il 4 giugno 1571.Nel 1549 collabor a Basilea con Sebastian Mnster alla stesura della Cosmographia Universalis,

    realizzando una monografia sulla Sardegna, Sardiniae brevis historia et descriptio, cui era allegatauna carta dell'isola e una veduta di Cagliari (Tabula corographica insulae ac metropolis illustrata).

    Nella sua Sardiniae brevis historia et descriptio Arquer assume la sua fede come fondamento

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    dellinterpretazione della storia. Il suo rapporto diretto e personale con la Scrittura era animato dauna notevole autonomia dottrinaria.Anche il rapporto con i classici caratterizzato da pari autonomia. Questi, anzi, vengonopuntualmente smentiti attraverso argomentazioni fondate sullesperienza personale. Il giudizio sullasociet del suo tempo netto: una societ malata perch priva di sani principi, non perch mal

    governata o ribelle.Tuttavia questi giudizi che investono la sfera morale e dipingono lIsola come un covo di ignoranti, siritrovano concentrati nel capitolo intitolato De civitatibus. Il luogo dellimmoralit la citt, especialmente lunica vera citt, cio Cagliari, non a caso sede di quel potere locale che pi di ognialtro odi Arquer.Egli fu lunico intellettuale sardo a non essere ossessionato dallansia di integrazione e diriconoscimento da parte della cultura europea. Usava un latino di rara raffinatezza, chiaro, sempliceed elegante.

    Arquer conosceva bene, oltre che il latino, il sardo, il castigliano e litaliano, come dimostrano le suelettere a Gaspar Centelles e le Coplas a limagen del Crucifixo, composte durante la prigionia a cuifu sottoposto durante il lunghissimo processo per eresia.

    La qualit intrinseca dellopera, unita al prestigio della collocazione nella quale apparve, fanno dellaSardiniae brevis historia et descriptio una pietra miliare nel panorama delle lettere isolane. larchetipo di una serie di scritti del genere letterario storico-descrittivo, destinato ad affermarsi coni secoli nella cultura isolana.

    La personalit dellArquer si staglia nel panorama sardo, emblematica per la grandezza,contraddittoria col quadro generale e, nel contempo, del tutto coerente con le aspirazioni e lequalit migliori che quel contesto era in grado di produrre. La sua vicenda, poi, come un sigilloche si impresso nella coscienza di non pochi intellettuali sardi e ha determinato unimpronta, comeun mito che non ha perso vitalit nel corso del tempo. Dottrina, dirittura morale, coraggio, libert dipensiero, spirito critico, imparzialit, amore per la propria terra: tali le caratteristiche che, anche nelNovecento, vengono attribuite allautore cinquecentesco da unintellettualit colta e sardista per laquale la figura dellArquer ha rappresentato un modello ideale.

    Storici ed eruditiOltre a Sigismondo Arquer il contesto culturale isolano dellepoca pu vantare autori di operestoriche, esperti di diritto e raccoglitori di leggi, scienziati, teologi.Tra questi Giovanni Francesco Fara, Giovanni Arcae Antioco Brondo, Francesco Bellit ePietro Giovanni Arquer, Gavino Sambigucci e Gian Tommaso Porcell. Scrivono di storia, digeografia e di diritto, di filosofia, di medicina e, talora, verseggiano, utilizzando il latino e lospagnolo.

    Tratti caratteristici:

    appartengono ai pi diversi settori della vita civile: sacerdoti, giuristi, professori

    dellUniversit, studiosi non inseriti in una struttura accademica, medici e filosofi;

    mostrano un notevole dinamismo culturale (viaggiano, tengono conferenze, scambiano

    lettere, leggono opere letterarie, fanno circolare le proprie); rappresentano una notevolevariet di interessi, che si rivela nella qualit delle opere prodotte;

    mostrano una doppia attenzione verso la cultura italiana e quella spagnola, la frequenza

    delle universit italiane e di quelle iberiche la scelta delluna o dellaltra lingua, in alcuni casidi entrambe, per accompagnare le scritture in latino.

    Giovanni Francesco Fara

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    Giovanni Francesco Fara considerato il padre della storiografia sarda, lErodoto di Sardegna.

    Storico, geografo ed ecclesiastico, nacque a Sassari nel 1543 da una delle pi illustri casate dellacitt.Nel 1567 pubblic a Firenze il trattato De essentia infantis, unica opera della sua produzionegiuridica giunta fino a noi.

    La sua fama letteraria legata soprattutto a due opere del genere erudito-storiografico tardocinquecentesco:

    1. De Rebus Sardois, opera annalistica in quattro libri, di cui il primo fu pubblicato nel 1580, glialtri nel 1835. Scritta in un latino che riprende i modi degli storici classici, costituisce unimportante punto di riferimento per gli storici posteriori.

    2. De chorographia Sardiniae, rimasta inedita sino al 1835, unisce allinformazione storica ladescrizione geografica, secondo un modulo destinato a ritornare nel corso del tempo.

    Nel De corographia Sardiniae egli segue il canovaccio dellopera di Sigismondo Arquer,

    inserendone anche alcuni passi senza citare lautore, e censurando dellArquer limpostazioneideologico-religiosa.

    Fara condivise con Araolla il progetto di fondare una tradizione di studi sardi da realizzare secondouna prospettiva che ne garantisse linserimento nei pi vasti circuiti italiani e spagnoli.Si laure a Pisa nel 1567; il 6 dicembre del 1568 il vescovo di Sassari lo nomin arciprete. IlCapitolo turritano contest la nomina ed egli dovette recarsi a Roma per perorare e difendere la suacausa. Qui risiedette probabilmente dal 1570 al 1578. Fu forse in questo periodo che ebbe modo dileggere un numero consistente di documenti custoditi negli archivi e nelle biblioteche vaticane. Fu lche conobbe una Sardegna che gli era ignota e che entr in contatto con la storiografia erudita ecuriale romana che molto influ sulle sue scelte metodologiche.

    Il suo De rebus sardois - di cui riusc a pubblicare solo il primo libro, essendo morto nel 1591 pocodopo essere stato nominato vescovo di Bosa - costituisce un corpus di citazioni e di notizie chetentano di restituire ai contemporanei il senso della memoria storica della Sardegna.

    Lopera dei gesuitiFanno eccezione, rispetto a queste dinamiche di integrazione e legittimazione, i gesuiti del XVIsecolo. Con una serie di missioni nei piccoli villaggi dellinterno inaugurarono unopera dirievangelizzazione e di acculturazione che, per un brevissimo periodo - fino a quando non vennevietato dal re - prevedette anche linsegnamento in sardo, secondo la pedagogia missionariagesuitica che i padri ebbero modo di sperimentare anche in Sudamerica. Si intende cio dire che, adifferenza degli intellettuali sardi, linteresse dei Gesuiti per la Sardegna, per quanto fosse in primoluogo pastorale, era pi incardinato sullurgenza di capire i processi isolani che non sulla necessit diingentilirli o sublimarli per ottenere, attraverso questa finzione, lintegrazione non della Sardegna,ma dei suoi ceti egemoni, in un sistema pi ampio.

    Ci spiega perch si debba alla penna di un ex gesuita, il bittese Giovanni Arca (1562/63 ca -1599), il De barbaricinorum libelli, che un vero testo di fondazione di un mito e di un'ideologia.Arca ripropone per i Barbaricini appunto, le origini mitiche derivate da Iolao, compagno di Ercole,eponimo degli Ilienses, nome con cui venivano designate in diverse fonti antiche alcune popolazionidell'interno dell'Isola.

    Il mito della Barbagia - e con essa di ogni roccaforte montana della Sardegna - come luogoincontaminato di un'antichit leggendaria, sede di fiere popolazioni resistenti agli invasori, luogoinsomma della pi schietta identit isolana, nobilitata nel Cinquecento con il richiamo alle originiclassiche e nell'Ottocento romantico con i toni e i colori del primitivo, del fiero e del feroce, ha avutoun pendant ideologico non irrilevante che dura fino ai nostri giorni.

    http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a9891http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a263http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a9164http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a9891http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a263http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a9164
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    La narrazione intessuta su un fitto reticolo di fonti che l'autore non esita a piegare pur diraggiungere lobbiettivo di creare una vera e propria epopea dei Barbaricini.Lopera di Arca attesta che il localismo in Sardegna si radica, almeno nel suo riflesso letterario,contestualmente allaffermarsi di unintegrazione sovraregionale e pertanto il segno di unosquilibrio interno, non di una chiusura verso lesterno.

    Pietro DelitalaForse il pi integrato nel clima culturale italiano fu Pietro Delitala (1550 -1592 circa).

    Nato a Bosa, Delitala, durante il suo lungo esilio in Italia, entra in contatto con gli ambienti letterarie, probabilmente, anche col Tasso, la cui opera, comunque, conosce e considera qualeindispensabile punto di riferimento. autore di un canzoniere in lingua italiana, Rime diverse, di chiara ispirazione petrarchesca,pubblicato a Cagliari nel 1596.Nellopera Delitala si dimostra inserito negli sviluppi manieristici della tradizione lirica italiana, lamateria delle poesie ricca di interessanti riferimenti autobiografici e alla realt sarda.

    stata messa in dubbio la conoscenza personale del Tasso da parte del Delitala, ma il sonetto

    indirizzato allautore della Gerusalemme liberata, sembra confermare questo rapporto.Nellintroduzione alla sua raccolta si scusa per avere scelto litaliano al posto dello spagnolo o delsardo e chiede "clementia" per la sua prova poetica. La sua opera rappresenta al meglio latendenza, da parte degli intellettuali sardi, a mantenere i tre filoni della sua tradizione letteraria:quello italiano, quello spagnolo e quello sardo.

    IL SEICENTONote introduttiveDurante il Seicento, tutti i testi in castigliano sono opera di esponenti del ceto feudale o dellaburocrazia del Regno; quelli in sardo sono opera di sacerdoti di periferia, parroci di piccoli paesi oreligiosi di alcuni conventi dellinterno che praticano generi minori o si dedicano alla traduzione a finididascalici della tradizione agiografica.

    La coesistenza dei due sistemi linguistici nei testi non marca solo un confine sociale, tra istruiti ericchi da un lato, e incolti e poveri dallaltro, ma anche geografico, tra la citt e la periferia.

    emblematico in tal senso il contrasto tra il cittadino e il pastore nellAlabanas de San Georgeobispo Suelense Calaritano di Juan Francisco Carmona (giurato di Cagliari nel 1623), dove, oltrealla contrapposizione dei codici e degli stili (da una parte lelaborato castigliano del cittadino,dallaltro il sardo elementare del pastore) si ha anche il topos del mondo rurale ignorante ecredulone, esposto alla facile e compassionevole ironia del mondo della citt e della sua cultura.Nel Seicento la Sardegna passa dallintegrazione subita a quella voluta.

    IL SEICENTOEventi storiciIl secolo XVII si apre per lisola con la convocazione del Parlamento che stabilisce misure in favoredellagricoltura, del riordino delle strade e dellerezione di nuove torri per la difesa costiera.

    Su richiesta degli Stamenti sono istituite le Universit a Cagliari (1626) e a Sassari (1632).Nel corso del secolo la situazione dellisola si fa via via pi difficile con la fiscalit in progressivoaumento per contribuire alle spese militari della corona spagnola e, soprattutto, con la terribilepestilenza che dal 1652 al 1657 flagell lisola decimando la popolazione.

    Si nota un quadro strutturale molto difficile, nel quale si innestano gli avvenimenti storicicontingenti:

    gli aumenti dei donativi

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    la recrudescenza delle incursioni barbaresche

    la guerra dei Trentanni

    la travagliata vita politica, che culmina negli assassinii di don Agostino Castelv, marchese di

    Laconi, e del vicer, marchese di Camarassa.IL SEICENTO

    Romanzieri e poetiNel Seicento lo spagnolo adottato dagli intellettuali sardi come lingua letteraria, di cultura.La cultura sarda entra a far parte delluniverso della cultura barocca.Ogni scrittore sceglie i propri modelli e alla fine produce unopera originale, oppure unaricombinazione, unpastiche, destinato a rendere complesso il lavoro dei critici che voglianodescriverne le ascendenze letterarie.

    Jacinto Arnal de Bolea autore di un romanzo in stile culterano intitolato El Forastero.Il forestiero Carlo giunge a turbare la tranquilla esistenza di alcune nobili fanciulle, tra cui quella di

    Laura, moglie del suo persecutore, il duca Felisardo. Nellintricatissima vicenda non mancanomatrimoni e figli illegittimi, non ultimo quello avuto da Carlo e Laura. Il lieto fine compone ognitensione: vengono riscoperte le origini nobili del protagonista e i due amanti, dopo la morte diFelisardo, possono finalmente sposarsi. Arnal de Bolea aveva gi pubblicato nel 1627 gli Encomiosal torneo, poema in ottave in cui descrive il torneo cavalleresco che si svolgeva ogni anno a Cagliariin occasione della festa di San Saturnino ed elogia alcuni nobili sardi.

    El forastero scritto in un castigliano ricco di latinismi, italianismi, sardismi e francesismi e, mentreda un lato documenta il forte legame del de Bolea con la Sardegna e in particolare con Cagliari,"madre de forasteros", dallaltro mostra chiaramente i rapporti che legano lautore alla letteraturaspagnola.

    Nel caso dellopera del cagliaritano Giuseppe Zatrillas Vico, i pareri sono discordi sia sullavalutazione degli aspetti propriamente letterari, sia per quanto concerne il giudizio riguardantelopera posta in relazione con la societ e la cultura del suo tempo.Cagliaritano, di famiglia nobile, oltre che coltivare le lettere, Giuseppe Zatrillas svolse importantiincarichi politici. Nello svolgimento di questi fu accusato di tradimento, esiliato e imprigionato aTolone. Il suo romanzo Engaos y desengaos del profano amor(1687-1688), che ebbe moltafortuna all'epoca, incentrato sulla relazione amorosa tra il duca Don Federigo e Donna ElviraPeralta.La trama fortemente intricata e appesantita dalla magniloquenza tipica dello stile barocco, mentreabbondano le sentenze morali (las moralidades) volte a scoraggiare i peccaminosi amori adulterini,secondo un gusto controriformistico che tanto favore incontrava nella cultura spagnola del tempo.

    IL SEICENTO

    Storici ed eruditi. Vico, Vidal e AleoIl Seicento ricchissimo di storici. Il motivo di questa ricchezza si ritrova nel contesto politico. Ilconfronto tra Sassari e Cagliari, confronto di puro potere, si ammant di cultura e di letteratura conla difesa, lesaltazione e la riscoperta, per ognuna delle citt, di una legione di martiri, esibiti comeprove del primato del nord sul sud dellisola e viceversa.Spesso questo localismo sfoci in opere storiografiche di intento propagandistico, ma con dei risvoltie delle motivazioni diverse rispetto a quelle che avevano caratterizzato il secolo precendente.

    Il localismo del XVII secolo propaganda politica, assolutamente inutile rispetto allintegrazionedella Sardegna nel mondo ispanico, ma rilevante come strumento della lotta tra diverse lites

    politiche per la conquista o il rafforzamento del poco potere interno e dei suoi processi diderivazione dalla corona spagnola.

    La produzione di unestetica del localismo come supporto propagandistico dellazione di un ceto

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    politico aristocratico cittadino, o cantonale o territoriale, una costante della contiguit traintellettuali e potere che ha prodotto, fino ai nostri giorni, non poche deformazioni del sistemaculturale isolano e dei suoi rapporti con il sistema europeo.Rientra in questo quadro lHistoria general de la Isla y Reyno de Cerdeadello storico sassareseFrancisco de Vico, primo magistrato sardo eletto al Consiglio dAragona, il quale riprende la

    tradizione storiografica sarda e la usa come strumento di lotta politica.Si inseriscono in questo contesto anche le opere del grande rivale cagliaritano del De Vico, ilcappuccino Salvatore Vidal(il cui vero nome era Giovanni Andrea Contini) che scrisse di storiaprofana e religiosa, di letteratura e poesia, utilizzando il latino, lo spagnolo e il sardo. La difesa cheegli fa del sardo nella sua Urania Sulcitana (1638) va compresa allinterno di questi scontricampanilistici, e quindi non contraddice, e anzi conferma, il quadro di subordinazione del sardo.

    invece parzialmente diverso il caso di Jorge Aleo (1620 circa - 1684 ca) cappuccino, coinvoltonella lotta politica cagliaritana. La sua Historia cronolgica y verdadera de todos los sucesos y casosparticulares sucedidos en la Isla y Reyno de Serdea del ao 1637 al ao 1672 s unoperastorica, ma soprattutto unautodifesa.

    La sua opera manifesta il tentativo delle della classe intellettuale sarda di portare avanti le istanzeautonomistiche.

    IL SEICENTO

    Il teatroA differenza del carattere elitario, ideologico e artistico, del Rinascimento, il Barocco, com noto,recupera molti aspetti della cultura popolare e medievale: il gusto per il macabro, per lospettacolare, per le grandi manifestazioni collettive di dolore o di gioia e per il carpe diemcarnevalesco.

    In unarea di confine tra la liturgia e la devozione popolare si collocano le sacre rappresentazioni,spesso veicolo di evangelizzazione e di educazione del popolo - secondo la regola dellinsegnare

    dilettando - spesso, specie quando non sono opera di ecclesiastici, luoghi di un sincretismo tracultura alta e cultura popolare, tra cultura scritta e cultura orale, che lascia trasparire realt picomplesse di quelle ricavabili dalla lettera dei testi. il pubblico a cui questi testi erano destinatiche ci consente di comprendere e ben interpretare luso del sardo che vi troviamo largamenteattestato.

    Nel Seicento dunque assume unimportanza notevole il teatro, e soprattutto la rappresentazionedrammatica. Lattivit teatrale, che costituisce un elemento importante delleducazione religiosa eletteraria, impiega molteplici lingue: il catalano, che comincia ad avere una presenza menomarcata, il castigliano, che invece si espande, il sardo e, in qualche caso, il latino.

    Lispanizzazione determinava un gusto per lo spettacolo e la festa barocca che in Sardegna trovavaalimento negli aspetti drammatici della situazione sociale ed economica e nella tensione religiosa.Rientrano in questo quadro il genere drammatico delle sacre rappresentazioni e quello paralitugicodei gosos.

    Gli autori di testi teatrali vivono nel Seicento lesperienza di chi si trova in bilico fra universi culturalidiversi, percepisce il fascino della propria, tradizione, ancorch modesta, raccoglie le suggestioniprovenienti dalla grande cultura iberica e, contemporaneamente, non dimentica gli stimoli dellacultura e della letteratura italiana.

    Vanno citate a questo proposito quindi le opere di Juan Francisco Carmona,Alabanas de SanGeorge obispo Suelense Calaritano, e la Passin de Christo Nuestro Seorche descrivono le

    manifestazioni per il ritrovamento del corpo dei santi e contengono gosos in lingua catalana ecastigliana.

    Meritano di essere menzionati anche gli scritti di Antonio Maria de Esterzili, cappuccino (1644-

    http://www.filologiasarda.eu/pubblicazioni/libro.php?codice=devicohttp://www.filologiasarda.eu/pubblicazioni/libro.php?codice=devicohttp://www.filologiasarda.eu/pubblicazioni/libro.php?codice=devicohttp://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a1922http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a320403http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a6140http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a31811718http://www.filologiasarda.eu/pubblicazioni/libro.php?codice=devicohttp://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a1922http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a320403http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a6140http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a31811718
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    1727), Comedia de la passion de Nuestro Seor Jesu Christo, Conueta del nacimiento de Christo,Rapresentacion del desenclaimento de la cruz de Jesu Christo Nuestro Seor.

    Un discorso a parte meritano le opere settecentesche di Giovanni Delogu Ibba, rettore diVillanova Monteleone, Tragedia in su isclavamentu de su sacrosantu corpus de nostru Sennore IesuChristu, opera che occupa il settimo libro del suo Index libri vitae, zibaldone di versi in latino e in

    sardo di cui sono particolarmente interessanti i gosos del sesto libro; le opere del sarto di San VeroMilis Maurizio Carrus, Sa passione et morte de nostru Segnore Jesu Christu segundu sos battorevangelistas, e del bororese Gian Pietro Chessa Cappay, Historia de la vida y hechos de SanLuxorio, dove interviene anche il personaggio comico, che parla in sardo, Barrilotu, mentre sanLussorio parla in castigliano.

    Il testo drammatico pi rilevante del periodo una commedia in lingua castigliana intitolata El sacoimaginado del gesuita alghereseAntioco del Arca, rappresentata per la prima volta nel 1622,quando vennero riportati a Porto Torres i resti dei santi Gavino, Proto e Gianuario. Lautore sirivolge qui ad un pubblico non popolare e pi esigente sotto il profilo estetico.Si sviluppano in ambito sardo i gosos (goccius) che riprendono un modulo della poesia religiosa

    catalana finendo col divenire unespressione tipica di una poesia sarda fortemente legata alle formedelloralit e della recitazione pubblica.

    Lo sviluppo del teatro nel Seicento sardo nasce dallincontro di tre fattori: lintensa vita religiosa

    locale; la preesistente tradizione teatrale a livello popolare e, infine, linnesto sulle tradizioni

    indigene della cultura spagnola e italiana

    Sergio Bullegas

    Degna di rilievo, per originalit e livello culturale, la proposta per un uso letterario del sardo,presente nellIntroduzione al Legendariu de santas virgines de Jesu Christu (traduzione in sardo diuna serie di vite di sante celebri datata 1627) di Gian Matteo Garipa. Il sacerdote orgolese,parroco di Baunei e Triei, sostiene la necessit dellinsegnamento del sardo nelle scuole come

    prerequisito per il corretto apprendimento, da parte degli studenti, anche delle altre lingue.Sembrerebbe la difesa di una lingua sentita come propria, apprezzata per le sue qualit intrinsechee per il valore didattico che potrebbe assumere, eppure definita "limba latina sarda". Consapevole diaver ricevuto quella lingua in eredit dal peggiore dei dominatori, Garipa mostra la serenaconsapevolezza di chi sa di appartenere a un corpo sociale fortificato da secoli di traversie, resocapace di metabolizzare qualunque elemento estraneo e di trasformarlo in nutrimento per la propriaidentit.Egli ebbe da una parte la consapevolezza, di tipo linguistico, del carattere conservativo del sardo edunque della sua maggiore prossimit al latino; dallaltra fu convinto dellurgenza di dotare laSardegna di una tradizione letteraria nazionale, ossia, come si direbbe oggi, di una lingualetteraria uniformemente usata in tutto il territorio dellisola e sorretta da un repertorio di testi ingrado di competere con quelli dell e altre lingue europee.

    IL SETTECENTOI cambiamenti

    Nel 1720 lisola assegnata al Piemonte, che avrebbe preferito mantenere la Sicilia. Termina cos ladominazione spagnola cominciata nel 1323.La situazione dellisola grave per ragioni di diversa natura:

    calo demografico

    estrema miseria

    http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a14549http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a168320379http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a2083954453http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a14549http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a168320379http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a2083954453
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    agricoltura ridotta a un puro livello di sussistenza

    difficolt dei trasporti e commercio praticamente inesistente

    condizioni igieniche e sanitarie assolutamente deficitarie

    ignoranza diffusa

    ordine pubblico precario: banditismo e scorrerie barbaresche.

    Il Settecento dunque per i sardi un secolo di importanti mutamenti.Dopo aver gravitato per secoli nellorbita culturale del mondo ispanico, lIsola fu ricondotta nellareadella cultura italiana.La dinastia dei Savoia, per crearsi una base di consenso allargata, si preoccup di formare unaclasse dirigente che rispondesse meglio alle esigenze di una societ civile improntata a modelli, senon proprio illuministici, almeno pi moderni.

    Per contrastare luso del castigliano, che continu ancora a lungo ad essere la lingua ufficiale delRegno, i Piemontesi, nonostante si fossero impegnati col trattato di Londra a non modificare lo statodi cose esistente, e cio larretrata articolazione feudale del Regnum Sardiniae, promossero lostudio dellitaliano, istituendo nuove cattedre di grammatica e di eloquenza italiana che dovevanoitalianizzare le professioni.Daltra parte, per trovare consenso nel popolo e per decastiglianizzare la Sardegna pi in fretta,promossero anche luso della lingua sarda. Questo programma di doppio binario linguistico, rivolto arimuovere le tracce del vecchio potere feudale spagnolo e a consolidare il nuovo ordine, continuaper tutto il Settecento, e comincia a dare i suoi frutti, per quel che riguarda la comunicazioneletteraria, alla fine del secolo con una larga produzione di versi scritti in sardo che merita gi

    attenta considerazione, ma anche con buone opere di divulgazione "scientifica".IL SETTECENTO

    Le riforme sabaudeLeconomia sarda arretrata: permangono strutture feudali superate e un sistema di sfruttamentodella terra inefficace.Le riforme sabaude, inizialmente molto lente, sono dettate dalla volont di riordinare il possesso erazionalizzarne lo sfruttamento.Il processo riformistico, che coinvolger anche le universit di Sassari e Cagliari toglier gliintellettuali sardi dalla sfera di immobilismo culturale nella quale erano caduti.

    Con il passaggio dellIsola sotto casa Savoia (1720), dunque, il sistema sardo-ispanicoprogressivamente si sfalda.

    Il castigliano sopravvive per altri quarantanni come una lingua alla deriva, come una lingua ormaipriva di ci che le conferiva prestigio; laristocrazia sarda, dopo una fase di sbandamento, la piinteressata ad omologarsi rapidamente agli usi linguistici e culturali della nuova Casa regnante, madeve passare attraverso un rapido apprendistato linguistico e culturale che dar i suoi fruttiovviamente solo con le nuove generazioni.

    Senza voler fare delle valutazioni sulloperato dei Savoia, si pu comunque sostenere che la riformadelle universit e della scuola in genere (1760-65), promossa dal paternalismo illuminato del conteBogino, ebbe come esito positivo la nascita di un autentico ceto professionale di intellettuali che sifecero interpreti in Sardegna delle idee e dei metodi dellIlluminismo prima e del Romanticismo poi.

    Dal punto di vista linguistico, nonostante liniziale atteggiamento cauto dei piemontesi, il passaggioimposto da uninfluenza linguistica allaltra non indolore.

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    Lo spagnolo continua ad essere parlato come prima: il primi atti del nuovo sovrano sono in quellalingua, essendo sconosciuto ai nuovi sudditi il francese che nel Piemonte veniva impiegato nella vitapubblica e poco noto litaliano che, per altro, anche a Torino non doveva essere adoperato conmolta propriet.Con il tempo il sardo riacquista spazio e litaliano viene nuovamente impiegato dal ceto dirigente.

    La riforma sabauda ha tra i suoi principali propositi quello di sostituire la lingua spagnola con quellaitaliana.

    Nel 1726 viene commissionato al gesuita Antonio Faletti lo studio di un piano per ladozione

    della nuova lingua.

    Nel 1760 viene varato un nuovo ordinamento degli studi inferiori che precede di qualche

    anno la riforma delle universit di Cagliari e di Sassari avviata nel biennio 1764-65.

    Si determina, in tal modo, un innalzamento della qualit degli studi e la formazione di un giovaneceto intellettuale destinato a operare tanto nel campo della cultura quanto in quello della pubblica

    amministrazione e dellimprenditoria, attento allo sviluppo e alla circolazione delle idee la cuidiffusione stava trasformando il volto dellEuropa e, sia pure con qualche ritardo, anche quellodellItalia. Da queste riforme prende un percorso che porter alla riscoperta della storia sarda checondurr ad una vasta produzione di romanzi storici nella seconda met dellOttocento.

    IL SETTECENTO

    La poesiaIl pluralismo linguistico che caratterizza la produzione didascalica e quella drammaturgica si ritrovaanche nellattivit poetica del Settecento, che si orienta prevalentemente verso la scelta dellitalianoo del sardo (anche se non mancano versi in castigliano e in latino) a seconda delle scelte culturali,degli orientamenti letterari o politici, dellappartenenza a questo o a quellaltro ambito sociale, a uncontesto urbano oppure a quello del paese, alla vicinanza rispetto alla corte e, quindi, al potere

    politico, delle personali visioni del mondo e delle concezioni relative alle tematiche nazionali sarde.

    I processi di italianizzazione incentivati dal governo sabaudo raccolgono il consenso dei letteratigravitanti nellambito dellArcadia e, pi ampiamente, di coloro che partecipavano agli avvenimentidi corte, ai compleanni regali, alle nascite e alle morti, alle monacazioni e ai matrimoni, con uncommentopoetico.

    Nellambito della letteratura encomiastica sono da segnalare lopera di Luigi Soffi, autore diorazioni sacre e di versi raccolti sotto il titolo di Poesie (1784), e quella del teologo Giovanni MariaDettori che si dedic alla composizione di poesie doccasione, tradusse in italiano il poemetto Iltrionfo della Sardegna di Raimondo Congiu e il salmo 79.

    La figura di maggior spicco certamente quella di Antonio Marcello (1730-1799) che rompendola tradizione drammaturgica derivante dallinflusso ispanico, prese a modello il teatro italiano e, inparticolare, il melodramma metastasiano componendo cinque drammi per musica, tre dei quali sonogiunti fino a noi:

    Il Marcello (1784)

    La morte del giovane Marcello

    Olimpia ovvero lestinzione della stirpe di Alessandro il Grande (1785)

    La sua produzione testimonia unindipendenza di spirito che si manifesta anche nella scelta dipremettere ai drammi scritti in italiano alcuni versi castigliani che documentano il persistere del

    http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a2097http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a31555http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a31555http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a7627http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a2097http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a31555http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a31555http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a7627
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    fascino esercitato dalla cultura spagnola.

    IL SETTECENTO

    La poesia. Berlendis e CarboniCome detto, sul versante letterario, liscrizione della Sardegna nel sistema culturale italiano avvienesotto il segno iniziale dellArcadia e del Neoclassicismo. Un ruolo attivo svolgono, in questa

    operazione di costruzione di una nuova classe dirigente e di diffusione di una nuova estetica, igesuiti.Si pensi al vicentino Angelo Francesco Berlendis (1735-1794), professore di eloquenza italianaprima allUniversit di Sassari e poi di Cagliari, autore di sonetti, madrigali, epigrammi, nei quali sirifece prevalentemente al Frugoni nonch di due tragedie la Sardi liberata e il San Saturnino.

    Nel 1764 entr a far parte della Compagnia di Ges anche Francesco Carboni (1746-1817), ilmaggiore poeta didascalico sardo che scrisse anche in latino, in italiano (Poesie italiane e latine(1774), Sonetti anacreontici(1774), Carmina nunc primum (edita nel 1776) ecc.) e in sardo (Decorde Jesu. Sonetti in sardo logudorese sullEucarestia, (1842). Tra i suoi titoli tipicamentedidascalici ricordiamo il De sardoa intemperie (1772), La sanit dei letterati(1774), La coltivazione

    della rosa (1776), De corallis (1779).Carboni il capostipite di una serie di poeti che si occuparono di agricoltura, di pesca, diallevamento del baco da seta, rispondendo cos da una parte a una sincera esigenza dipartecipazione alla modernizzazione dellIsola, e dallaltra indulgendo al paternalismo dei Savoia chevoleva lIsola pi ricca ma lasciava volutamente irrisolti diversi problemi inerenti la libert dei sardi.Egli padroneggi la lingua letteraria latina e, al di l dei riecheggiamenti dei classici e degli umanisti,riusc a lasciar trasparire costantemente lamore per la bellezza ed i valori della propria terra senzaper questo farsene lodatore entusiasta, anzi guardandola con occhio critico, attento piuttosto allasoluzione dei problemi che la affliggevano. In questo seguiva i dettami di una poetica illuministicache lo induceva a vestire di favole argomenti di carattere civile che valessero ad indicare le vie delprogresso dellIsola secondo una linea di sviluppo economico basata sulle risorse naturali. Certo lascelta della lingua limitava il suo pubblico, ma lo metteva anche al riparo da censure.

    IL SETTECENTO

    Antonio PurquedduAnche Antonio Purqueddu un significativo rappresentante della intellettualit sarda aperta allacultura contemporanea.Egli ben rappresenta lorizzonte culturale e morale di questo gruppo di scrittori, prevalentementeecclesiastici che aderirono sinceramente alla cultura dei Lumi ma mai fino ad abbracciarne gliaspetti politicamente pi innovativi ed eversivi.

    Il suo Tesoro della Sardegna nel coltivo dei bachi e gelsifu pubblicato nel 1779 in una pregevoleedizione della Reale Stamperia di Cagliari.Il poema, composto da 199 ottave divise in tre canti e scritto in sardo meridionale (con traduzioneitaliana) propone anche un ampio apparato di annotazioni esplicative che contengono moltepliciinformazioni riguardanti gli usi, i costumi, le tradizioni popolari, i proverbi, la lingua, la fauna dellaSardegna.

    Significativa anche la concezione della lingua, per la quale fa una scelta che potrebbe essere definitaantipurista: ponendosi in una posizione di assoluta indipendenza, egli ricorre di volta in volta agliapporti linguistici che appaiono funzionali rispetto al suo scopo.

    dello stesso periodo lopera di Matteo Madau che introduce lipotesi di ripulimento della linguasarda.Purqueddu compie una scelta opposta a quella di Madau. Nel suo Tesoro si ritrovano sullo stessopiano lingue e dialetti diversi (sardo, prevalentemente ma non esclusivamente campidanese).Madau si propone di sviluppare una riflessione sulla lingua sarda, giungendo a unipotesi di tipopuristico. Compone versi e numerose opere, sia storiche, sia, soprattutto, linguistiche in cui la

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    questione della lingua sembra comprendere e rappresentare altre e pi celate questioni, aspirazionipolitiche, idealit riguardanti la Sardegna.

    Nel Saggio dunopera intitolata il ripulimento della lingua sarda lavorato sopra la sua analogiacolle due matrici lingue la greca e la latina (1782), la sua ipotesi di ripulimento, che dovrebbe

    portare il logudorese quanto pi possibile vicino alla matrice lingua latina, pur con tutti i suoilimiti, ha come obiettivo quello di dare al sardo maggiore dignit, come merita una lingua nazionale.

    IL SETTECENTO

    La poesia in sardoNel Settecento ebbe una notevole diffusione la poesia in sardo, soprattutto legata al mondotradizionale delle poesia orale che veniva affidata alla memoria degli ascoltatori.

    Pietro Pisurzi (1724-1799), di umili origini, compiuti fra notevoli difficolt economiche glistudi fino a divenire sacerdote e poi parroco di Tissi, elabor unampia produzione poeticaandata per lo pi perduta.Ci che giunto fino a noi per sufficiente a farci apprezzare le qualit di un autore capace di

    mettere in relazione nei suoi versi le ascendenze letterarie con la freschezza derivante dalriferimento a un mondo della realt dal quale era possibile attingere non solo tematiche maanche modalit stilistiche e linguistiche.Godono di vasta notoriet due sue canzoni, Sabe e Sanzone, favole nelle quali le massimemorali e i contenuti allegorici sono espressi con levit poetica.

    Giovan Pietro Cubeddu (1748-1829), noto come Padre Luca, sacerdote scolopio,abbandon lordine a causa di una malattia e si ritir a vivere nelle campagne fra Buddus eBitti prima, e poi, come servo pastore capraro, in quelle fra Dorgali e la spiaggia di Cala Luna.In questi anni, molto probabilmente, compose i versi migliori: canzoni di vario metro in dialettologudorese, dove rappresentato l'idilliaco mondo pastorale, secondo i gusti dominanti nella

    cultura letteraria italiana del Settecento.Tra i componimenti del Cubeddu non incentrati sulla tematica amorosa o pastorale, emerge lafavola Su leone e s'ainu. La sua poesia ricca di echi della poesia moraleggiante classica edella tradizione cristiana degli exempla.

    Anche Gavino Pes, di Tempio, apparteneva allordine degli Scolopi, ma ci non gli imped dessere,un poeta principalmente attratto dalla tematica amorosa.La sua opera manifesta una notevole abilit letteraria, peraltro riconosciuta dai suoi conterraneipresso i quali godette di chiara fama. Significativo lo stretto rapporto fra il poeta e la societgallurese: Pes considerato il capostipite della poesia colta in dialetto gallurese.La sua lingua poetica sorretta da una vasta cultura letteraria che spazia dai classici latini e greci ai

    classici della lirica italiana fino ai contemporanei Meli, Rolli, Zappi e Frugoni. Attraverso il magisterodellArcadia, la lingua poetica sarda, che allora andava rifondandosi per ci che attiene allogudorese, ma che aveva solo una tradizione autenticamente popolare per quel che riguarda ilgallurese, riusc ad acquisire profondit di analisi e di capacit evocative, sia sul versanteemozionale che su quello morale, certamente inedite.

    Cagliaritano era Efisio Pintor Sirigu,avvocato e autore di componimenti in sardo campidanese chelo presentano come poeta satirico. La sua poesia in sardo campidanese (scrisse anche versi initaliano, in latino ) un esercizio aristocratico, giocato sul versante di un umorismo caustico spessoa sfondo sessuale, svolto da un ricco professionista, quale egli era, in forme linguisticamente etematicamente popolareggianti.

    Sul valore letterario dei componimenti di Pintor Sirigu concordano praticamente tutti i critici.Meno benevolo il giudizio sulluomo, sul quale si stende unombra che riguarda il suocomportamento rispetto a Angioy, di cui fu prima seguace e poi nemico, incaricato della terribile

    http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a27799http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a2588http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a23979http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a27799http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a2588http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a23979
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    repressione di Bono.

    IL SETTECENTO

    Francesco Ignazio MannuLazione dei didascalici sardi, la loro riflessione e le opere che composero rappresentano il fecondoavvio di una prospettiva di scrittura, in italiano e in sardo, che racchiude speranze politiche e si

    alimenta nellamore per la patria sarda.

    La loro opera rappresenta lo sforzo compiuto per dare alla Sardegna lopportunit di liberarsidallarretratezza e dallisolamento culturale e commerciale.

    Linno Su patriotu sardu a sos feudatarios diFrancesco Ignazio Mannu si colloca fra quegliscritti di propaganda autonomistica e antifeudale che ebbero diffusione in Sardegna sul finire delsecolo e particolarmente nel triennio rivoluzionario 1793-96.

    Linno fu pubblicato in Corsica nel 1794 e da l si diffuse in Sardegna interpretando un sentimentoche riuniva in una comune speranza le diverse classi sociali sarde.Scritto in logudorese, linno si compone di 47 strofe formate da otto versi ottonari, e, sotto il profilo

    linguistico, si articola su due livelli, uno alto e uno popolare.Variamente giudicato per le qualit stilistiche, Su patriottu sardu, che stato chiamato laMarsigliese sarda, appartiene a quel vasto genere innografico ispirato dallamore per la giustizia e ilriscatto degli umili e degli oppressi che si nutre di ideali illuminati e umanitari.Qui linno ha il ritmo di un canto popolare efficace e coinvolgente, la forza di una poesiapopolarecapace di attraversare il tempo e di rappresentare, nellOttocento, le aspirazioni di coloro chesognavano unapatria sarda o, nel Novecento, le speranze di quanti combattevano battagliepolitiche e sociali.Linno non sardo solo nella lingua, ma anche nel repertorio concettuale e simbolico che utilizza,eppure nel contempo un esplicito veicolo di cultura democratica doltralpe, cio un primoesempio di discorso altrui divenuto autenticamente discorso proprio. Forse per il peso sociale delsuo pubblico piccoli e medi proprietari, contadini, borghesi Su patriotu sardu a sosfeudatarios rimasto un caso isolato di testo politico-propagandistico di successo. Quanto pi laclasse dirigente isolana si integrer in quella italiana, tanto pi il sardo perder la sua capacit epossibilit di essere lingua della polemica e della competizione politica.

    Particolarmente avanzata per il periodo la posizione dellopuscoloAchille della sarda liberazione,composto durante i moti del 1793-96, che mostra appieno linflusso dellesperienza francese e delleconcezioni politiche europee pi avanzate.

    IL SETTECENTO

    La letteratura didascalicaNella seconda met del Settecento, sulla scia dellilluminismo europeo, prevale tra gli intellettualisardi il sentimento della speranza e si sente forte la necessit di armarsi in nome del desiderio dirinascita.Nellisola come nel resto dEuropa prende avvio un periodo di profondo rinnovamento. La letteraturadidascalica quella che meglio ne rappresenta le idealit e cerca di trasferirle in prose e versi che simisurano con problemi stilistici e intenzionalit artistiche

    Tra i poeti didascalici spiccano in particolare due figure: quelle dellalgherese Domenico Simon(1758-1829) e del cagliaritanoGiuseppe Cossu (1739-1811). Questultimo divenne nel 1767Segretario della Giunta dei monti frumentari, e nel 1770 Censore generale.

    Nel 1783 nacquero contemporaneamente i Monti di Soccorso e lAzienda delle strade e ponti,strumenti dellinnovazione della Sardegna, nei quali Cossu ebbe un ruolo notevole.

    Domenico Simon, allievo di Francesco Gemelli (uno dei professori arrivati nellIsola per innovare

    http://www.filologiasarda.eu/pubblicazioni/libro.php?codice=mannuhttp://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a19948http://www.filologiasarda.eu/pubblicazioni/libro.php?codice=mannuhttp://www.filologiasarda.eu/pubblicazioni/libro.php?codice=mannuhttp://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a4027http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a18674http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a18674http://www.filologiasarda.eu/pubblicazioni/libro.php?codice=mannuhttp://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a19948http://www.filologiasarda.eu/pubblicazioni/libro.php?codice=mannuhttp://www.filologiasarda.eu/pubblicazioni/libro.php?codice=mannuhttp://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a4027http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a18674
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    gli studi, autore di un discusso saggio sullagricoltura sarda, il Rifiorimento della Sardegna a cuirispose il sassarese Andrea Manca dellArca (1716-1796) con la suaAgricoltura di Sardegna(1780), fu aiutante del Cossu come vice-censore generale dei Monti granatici.Cossu e Simon sono forse coloro che pi di altri aderirono anche politicamente alle nuove ideeilluministiche e allesigenza di una razionalizzazione del sistema istituzionale, economico e sociale

    della Sardegna. Furono per fortemente inibiti dallottusit e dallautoritarismo della corte sabauda.IL SETTECENTO

    La letteratura didascalicaIl tema della coltivazione della terra diviene centrale in molte opere del periodo, che vede unanotevole fioritura della letteratura didascalica.

    Tra queste le opere del Carboni, del Purqueddu, del Simon, del Valle, del Cossu e del MancadellArca.

    Caratteristica comune era il desiderio di riscattare la Sardegna dallinfelice condizione nella qualeversa, ricercando nella personale capacit progettuale la via del riscatto.

    Il fenomeno si inserisce in un contesto sociale e culturale in cui si diffonde una produzionemanualistica, vere e proprie istruzioni per luso, che costituiscono il retroterra indispensabile perspiegare lo sviluppo della pi elaborata scrittura didascalica.Il fiorente filone didascalico, in prosa e in versi, testimonia ladesione allideale illuministico dellapubblica felicit, che passa attraverso il fondamentale diritto alla conoscenza.

    Per il raggiungimento di un simile obiettivo, sono chiamati ad operare tutti gli uomini di lettere. Sicerca di elaborare uno stile nuovo, che attragga il lettore per guidarlo alla totale conoscenza dellamateria.

    Dallo studio e dalla riflessione sulla realt sarda emergono le cause dei mali e i possibili rimedi:sono compilati saggi, memorie e relazioni.Non manca il fondamentale contributo del clero, attraverso le omelie o le lettere pastorali tese adinformare la popolazione sulle nuove leggi o a spiegare come applicarle.Numerosi ecclesiastici, dal vescovo di Cagliari fino ad alcuni parroci di piccoli villaggi, ebbero unruolo fondamentale nellinformare le popolazioni sulle nuove leggi, nello spiegare come applicarle.

    IL SETTECENTO

    Andrea Manca dellArcaLagricoltura era argomento privilegiato sia dagli intellettuali sardi che dai loro governantipiemontesi.

    Il trattatoAgricoltura di Sardegna di Andrea Manca dellArca la prima opera che affronta inmaniera compiuta la problematica relativa alla pratica agricola in Sardegna.Lopera si distingue per:

    linformazione tecnica ampia e precisa

    una visione globale dei problemi isolani

    la formulazione di un progetto complessivo

    LAgricoltura di Sardegna si organizza in varie parti dedicate alle diverse specializzazioni dellattivitagraria:

    il grano

    la vite

    http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a18516http://www.filologiasarda.eu/pubblicazioni/libro.php?codice=arcahttp://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a23768http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a14760http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a4027http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a17845http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a18674http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a18516http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a18516http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a18516http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a18516http://www.filologiasarda.eu/pubblicazioni/libro.php?codice=arcahttp://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a23768http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a14760http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a4027http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a17845http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a18674http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a18516http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a18516http://www.filologiasarda.eu/catalogo/autori/autore.php?codice=a18516
  • 7/29/2019 Breve Storia Letteratura Sarda

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    gli alberi e gli arbusti

    le colture orticole

    lallevamento del bestiame

    Lintendimento dellautore quello di offrire uno strumento operativo, il frutto dellesperienza che glideriva dal lungo contatto con il mondo rurale sardo e dalla consuetudine con le teorie degli scrittoriantichi e moderni che si sono occupati dagricoltura.

    IL SETTECENTO

    Raimondo Valle e Pietro LeoI tonnidi Raimondo Valle non ha una vera finalit pedagogica, ma illustra i momenti pisuggestivi della vita dei tonni (gli amori) e della loro morte (la mattanza).Il suo inserimento fra gli autori didascalici non comunque casuale: infatti, in alcune dellenumerose note del testo poetico, il Valle identifica nella diversificazione e nella specializzazionedelle attivit economiche la via di salvezza delleconomia sarda.

    Nel quadro del rinnovamento degli studi in atto nel Settecento sardo assume una posizione ditutto rilievo la figura di Pietro Leo.La sua opera Di alcuni antichi pregiudizi sulla cos detta Sarda intemperie, e sulla malattiaconosciuta con questo nome una vera e propria lezione tenuta agli studenti delluniversit diCagliari in cui lautore utilizza tutti gli elementi professionali di cui dispone per disegnare unprogetto di futuro per la sua terra, prodigandosi contro la pi grave malattia che affligge lisolae lignoranza medica che le consente di mietere un numero sempre maggiore di vittime.Lopera sullintemperie la testimonianza del graduale affermarsi di un pensiero scientificomoderno, di un pensiero che trae sostanza dallanalisi scientifica e dalla rifl