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Aldo Cherini LA CALEGARIA DI CAPODISTRIA NOTE DI TOPONOMASTICA Autoedizione 1992

Calegaria

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Aldo Cherini

LA CALEGARIA DI CAPODISTRIANOTE DI TOPONOMASTICA

Autoedizione1992

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© Aldo Cherini, maggio 1992ristampa aprile 2011 — www.cherini.eu

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La Calegaria di Capodistria

La toponomastica non è un’ opinione o tale non dovrebbe essere, nonva presa orecchiando significati quali vengono suggeriti da terminologied’ uso corrente.

È questo il caso della nostra Calegaria, la via a tutti nota che dallacentrica Platea Comunis, la Piazza per antonomasia, menava (e tutt’ oramena) nel Piazzale di Porta Maggiore (o Biagio Giuliani) da una parte, edall’ altra in Piazza da Ponte. Stretta, ma di percorso abbastanza regolare,era il cuore pulsante del piccolo commercio in un’ interrotta fila, parte perparte, di negozietti e bottegucce dove facevano i loro acquisti quasi esclu-sivamente i cittadini mentre la Piazza da Ponte era aperta in molta parte allacontadinanza e ai forestieri.

Nome assai antico, che si trova attestato in un istrumento legale del 6febbraio 1356 (more veneto, cioè 1357) riguardante una casa di GeremiaGrisi: “quondam suam possessionem positam in ruga vocata calegaria”cioè “una certa sua proprietà situata nella via chiamata Calegaria”.

Cosa suggerisce il termine? Calle dei Calegheri, cioè dei calzolai. Edecco farne eco Domenico Venturini nella sua “Guida” del 1906: ..... «èchiaro che s’ intitolò così fin dall’ epoca delle confraternite d’ arti emestieri, in cui a ciascuna professione dalle patrie leggi veniva fissato unquartiere stabile. Calegaria dunque significa contrada dei calzolai (cale-ghèri). I Veneziani, che, amanti com’ erano della satira, non avrannocertamente risparmiato la nostra città, la chiamavano Ruga. Comunque,ruga o non ruga, è un fatto che dessa fu, è e sarà sempre la prima via dellanostra città.» ....Francesco Semi accetta la versione (1983) e così pure ilromanziere Fulvio Tomizza (1984) e perfino il glottologo Mario Doria(1987), per tacer degli slavi, attuali padroni del campo, che, nel rifare latoponomastica, hanno tradotto Via dei Calzolai, tale e quale, nella lorolingua (1969).

Più attento è stato invece Andrea Tomasich (Gedeone Pusterla), chequalcuno ha considerato umile compulsatore di carte d’ archivio, liquidatodal Venturini con un cenno di dissenso. Nelle “Famiglie capodistrianeesistenti nel sec. XVI” studio pubblicato a puntate ne “La Provincia del-l’ Istria” (1885), uscito in opuscolo l’ anno successivo, il Tomasich scrive

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infatti: “Il suo nome deriva da Galligaria, ch’ era la principale porta dellacittà, situata alla seconda cinta delle mura, tra le case Marsich fu Carli eMarinaz. La prima porta di Costantinopoli intitolavasi pure Galligaria, laquale è stata distrutta dal sultano Maometto II”. (1453)

Il nome viene dunque dall’ Oriente, come non pochi altri termini dimestiere, di funzione e di cose. Ne ha fatto oggetto di approfondita indagineLauro Decarli, che seguiamo nella presente esposizione. Giovan BattistaPellegrini, ne “Gli arabismi nelle lingue neolatine con speciale riguardoall’ Italia” (1972) riporta un documento del 1234 con la citazione “et omniaque vendunt in caliga” vale a dire “tutte quelle cose che si vendono incaliga”, termine che si trova usato in Sicilia, a Genova e a Venezia, quindid’ uso corrente, per indicare la vendita all’ incanto, derivante dall’ arabohal(i)qah: l’ anello e per estensione il cerchio dei discepoli attorno almaestro (scuola), ma anche cerchio di compratori attorno all’ ufficialedeputato alle vendite all’ incanto, e recinto o più genericamente mercato.

Salvatore Battaglia, nel “Grande Dizionario della Lingua Italiana”(1970) riporta i termini gàlica e varianti gàllica, gàlega, càlega, callega pervendita di beni al pubblico, incanto, appalto pubblico di gabelle e la gabellastessa appaltata (Sicilia, Genova, Pisa).

Nel trattato di pace tra i Pisani e l’ emiro di Tunisi del 1264 leggesi“che elli possano e debbiano avere galica secondo che usato este di fare”.Dal vendere fraudolentemente alla frode ai danni di un creditore il passo èbreve (Battaglia): “Niuno anziano sia uzuriere nè abbia facto gallica elli osuo padre” e la Chiesa considera la gallica un peccato grave come l’ usura.

In queste varie dilatazioni del significato del termine, conclude LauroDecarli, la nostra Callegaria (spesso abbiamo sentito usare e noi stessiabbiamo usato Caligaria) è il luogo dove si fanno le vendite, cioè centrocommerciale.

Cosa questa ben più coerente che “luogo di attività dei calzolai”, i qualierano popolarmente ritenuti poco degni di considerazione, non certo tali daconferire il nome addirittura alla più frequentata delle vie pubbliche. Nè viè traccia, tra le tante confraternite o scole di storica memoria, di unaconfraternita dei “calegheri”.

Si può tentare, ora, una verifica topografica anche se in sede disemplice speculazione dato che non esistono prove archeologiche, o almenonon ancora.

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La cerchia muraria più antica, risalente all’ epoca bizantina, correvasulla parte alta dello scoglio caprense. La porta principale si trovava allafine dell’ attuale Calegaria e nulla vieta che le fosse stato dato il nome diPorta Calegaria – passato presto alla via che ad essa menava – mutuandoloda quello più celebre della porta di Costantinopoli anche per il fatto che aridosso o in corrispondenza dell’ una e dell’ altra si trovava il posto deputatoalle attività commerciali (è noto, ad esempio, per altri versi, che ogniippodromo deriva il nome comune dall’Ippodromo di Costantinopoli).Fuori di questa porta, dopo una breve discesa, esisteva infatti un’ ampia ecomoda spianata (ai giorni nostri i Piazzali Felice Bennati e Biagio Giuliani)e il porto, del quale esiste traccia in antiche carte, solo successivamentespostato a nord-ovest, tra due bastioni fortificati.

Spostata la cinta muraria al limite della spiaggia marina, la Porta, forsein ricordo dell’antica importanza, riceve il nome di Maggiore che conserva,pur essendo relegata a funzione del tutto secondaria, anche quando passa inprima linea la Porta della Muda.

Cosa che certamente non sarebbe avvenuto se si fosse trattato deipoveri anche se benemeriti calegheri.

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Elenco delle attività economiche e professionalinella Calegaria fino al 1945

Mambelli, caldarroste, frutta secca, dolciumiArturo Venier, mercerie, chincaglierie, giocattoliPietro Zanella, mercerieAntonio Fornasaro, oreficeriaFilippo Depangher, drogheriaBeneto Lonzar, editore libraio, cartoleria, rivendita giornaliAntonio Predonzani (Toni Isolàn), rivendita bombole gas liquefattoMario Malusà, caffè, gelateriaRomeo Scher, calzatureAldi, rammendi calzeGiovanni Scher, calzoleriaElio Parovel, manifattureCaffè GiustinopoliRomeo Divo, calzolaioRinaldo Decarli, orificeriaFratelli Bullo, macchine da cucireZaccarino D’ Egidio, poi Scomersich, panetteria e pasticceriaGiuseppe Pugliese, prima Pittìa, fotografo e occhialeriaLibero Pizzarello, apparecchi radio, foto (mostra)Spangher, pasticceria, liquoreriaNicolò Deponte (Scureta), falegnamePietro Alvise, sarto militare e civileAntonio Signoretto, orologeriaDomenico Predonzani, oreficeriaBan, alimentariEmilio Minca (Fuci) calzoleriaPino Dobrilla, parrucchiereEdoardo Galli, notaioFarmacia “Al Gallo” de FaventoCooperative Operaie di Trieste Istria e Fruli, rivendita

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Libero Vattovani, elettricistaCaterina Bullo, cappelleriaNino Tommasi, cartoleria e tabaccheriaGiacomo Biscontini, notaioCarlo Bertetti, orologiaio, poi Gino TartaiònGiuseppe Parovel (Betalè), chincaglierie, bicicletteRita Favento (Manoli), buffetCassa di Risparmio dell’ Istria, filialeMarino Scala, calzoleria

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