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295 2 2 CAPITOLO 13 Scompenso cardiaco Gaetano A. Lanza Filippo Crea Lo scompenso cardiaco rappresenta una delle mani- festazioni cliniche più importanti e frequenti, iniziale o evolutiva, di molte patologie cardiache. Un’adegua- ta comprensione dello scompenso cardiaco non può prescindere da una conoscenza appropriata di come si esplica normalmente l’attività meccanica del cuore. Per questo motivo, prima di trattare gli aspetti siopatolo- gici e clinici dello scompenso, si ritiene utile rivedere brevemente la siologia della funzione contrattile del muscolo cardiaco, insieme ai meccanismi di regolazione della gittata cardiaca. FISIOLOGIA DELLA CONTRAZIONE CARDIACA Il muscolo cardiaco (miocardio) è costituito da cellule (o bre) muscolari striate, i miocardiociti, che vengono stimolate a contrarsi in maniera coordinata a ogni battito dalla corrente di depolarizzazione elettrica generata nor- malmente dal nodo seno-atriale (si veda il Capitolo 6). La nalità principale dell’attività contrattile cardiaca è di garantire un adeguato usso di sangue a tutti gli organi. La quantità di sangue che è espulsa dal c uore a ogni con- trazione (sistole) è detta gittata sistolica. Essa rappresenta solo una parte del volume telediastolico, vale a dire del- la quantità di sangue presente nella cavità ventricolare al termine della fase di rilasciamento del ciclo cardiaco (diastole). Il prodotto della gittata sistolica per il numero di battiti cardiaci al minuto (frequenza cardiaca) dà la portata cardiaca, che corrisponde, quindi, alla quantità di sangue che il cuore espelle in circolo in un minuto, ed è sostanzialmente identica per la parte destra e sinistra del cuore. La sistole cardiaca può essere divisa i n due fasi. Nella fase iniziale, molto breve, l’eccitazione delle bre miocardi- che ventricolari produce un aumento della pressione endocavitaria senza accorciamento delle bre muscolari (contrazione isometrica), che causa la chiusura delle val- vole atrioventricolari. Successivamente, l’aumento della pressione intraventricolare determina l’apertura delle valvole semilunari aortica e polmonare, dando inizio all’espulsione del sangue; le bre miocardiche si accor- ciano (contrazione isotonica), il volume dei ventricoli si riduce, e quindi un equivalente volume di sangue viene spinto nell’aorta e nell’arteria polmonare (fase espulsiva). Dopo aver raggiunto un massimo, la pressione intraven- tricolare comincia a ridursi, in quanto le bre muscolari si rilasciano; quando essa, nel ventricolo sinistro, diviene inferiore alla pressione aortica (e, nel ventricolo destro, inferiore a quella polmonare), le valvole semilunari si richiudono. Inizia a questo punto la diastole ventricolare, che può essere divisa anch’essa in due fasi. In una prima fase, molto breve, il rilasciamento dei ventricoli avviene sen- za variazione del volume (rilasciamento isometrico). Quando la pressione intraventricolare, che continua pro- gressivame nte a diminuire per effetto del rilasciamento muscolare, diviene più bassa di quella presente negli atri, si aprono le valvole atrioventricolari e inizia la fase protodiasto lica, di riempimento rapido dei ventricoli. L’aumento della pressione endocavitaria che consegue al riempimento ventricolare rallenta il usso di sangue dagli atri ai ventricoli nella mesodiastole. In telediasto- le (o presistole), tuttavia, un nuovo impulso elettrico ha origine nel nodo del seno e si propaga agli atri, che, contraendosi, determinano un nuovo aumento di usso verso i ventricoli. L’impulso giunge quindi ai ventricoli, dando origine a una nuova sistole. Le fasi del ciclo cardia- co, con le principali variazioni di pressione e di volume a livello cardiaco e vascolare, e la relazione con l’attività elettrica cardiaca sono schematicame nte illustrate nella Figura 13.1. Meccanica del muscolo cardiaco La meccanica della contrazione cardiaca è stata studiata a fondo dai siologi in studi sperimentali, che hanno con- sentito di individuarne i principi fondamentali e denirne i parametri quantitativi. Gli studi basilari sono stati eseguiti isolando un muscolo papillare cardiaco da un animale. In questi esperimenti, l’estremità inferiore del muscolo prelevato è ssata a uno strumento che misura la tensione, mentre quella superiore è ssata al braccio lungo di una leva; all’altro braccio della leva può essere attaccato un peso, che non grava comun- que sul muscolo a riposo, perché un fermo impedisce al braccio lungo di sollevarsi (Figura 13.2 a). Quando il muscolo viene eccitato elettricame nte, le mio- brille contenute nelle cellule miocardiche si accorciano, cioè il muscolo si contrae. Se nulla impedisce al muscolo di contrarsi liberamente (come quando nessun peso è attaccato alla leva), la velocità con cui esso si accorcia è la massima possibile (velocità massima, o V max ). Il valore numerico della V max  (in millimetri al secondo) è una mi- sura della contrattilità del muscolo, che è una proprietà intrinseca del muscolo stesso. Se si applica al braccio corto della leva un peso che agi- sce sul muscolo solo dopo che la contrazione ha avuto *Si ringrazia R. Satolli per il prezioso contributo alla precedente edizione del capitolo. *

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CAPITOLO 13

Scompensocardiaco

Gaetano A. Lanza

Filippo Crea

Lo scompenso cardiaco rappresenta una delle mani-festazioni cliniche più importanti e frequenti, inizialeo evolutiva, di molte patologie cardiache. Un’adegua-ta comprensione dello scompenso cardiaco non puòprescindere da una conoscenza appropriata di come siesplica normalmente l’attività meccanica del cuore. Perquesto motivo, prima di trattare gli aspetti fisiopatolo-gici e clinici dello scompenso, si ritiene utile rivedere

brevemente la fisiologia della funzione contrattile delmuscolo cardiaco, insieme ai meccanismi di regolazionedella gittata cardiaca.

FISIOLOGIA DELLA CONTRAZIONE CARDIACA

Il muscolo cardiaco (miocardio) è costituito da cellule(o fibre) muscolari striate, i miocardiociti, che vengonostimolate a contrarsi in maniera coordinata a ogni battitodalla corrente di depolarizzazione elettrica generata nor-malmente dal nodo seno-atriale (si veda il Capitolo 6).La finalità principale dell’attività contrattile cardiaca è digarantire un adeguato flusso di sangue a tutti gli organi.

La quantità di sangue che è espulsa dal cuore a ogni con-trazione (sistole) è detta gittata sistolica. Essa rappresentasolo una parte del volume telediastolico, vale a dire del-la quantità di sangue presente nella cavità ventricolareal termine della fase di rilasciamento del ciclo cardiaco(diastole). Il prodotto della gittata sistolica per il numerodi battiti cardiaci al minuto (frequenza cardiaca) dà laportata cardiaca, che corrisponde, quindi, alla quantitàdi sangue che il cuore espelle in circolo in un minuto, edè sostanzialmente identica per la parte destra e sinistradel cuore.La sistole cardiaca può essere divisa in due fasi. Nella faseiniziale, molto breve, l’eccitazione delle fibre miocardi-che ventricolari produce un aumento della pressioneendocavitaria senza accorciamento delle fibre muscolari(contrazione isometrica), che causa la chiusura delle val-vole atrioventricolari. Successivamente, l’aumento dellapressione intraventricolare determina l’apertura dellevalvole semilunari aortica e polmonare, dando inizioall’espulsione del sangue; le fibre miocardiche si accor-ciano (contrazione isotonica), il volume dei ventricoli siriduce, e quindi un equivalente volume di sangue vienespinto nell’aorta e nell’arteria polmonare (fase espulsiva).Dopo aver raggiunto un massimo, la pressione intraven-tricolare comincia a ridursi, in quanto le fibre muscolarisi rilasciano; quando essa, nel ventricolo sinistro, divieneinferiore alla pressione aortica (e, nel ventricolo destro,

inferiore a quella polmonare), le valvole semilunari sirichiudono.Inizia a questo punto la diastole ventricolare, che puòessere divisa anch’essa in due fasi. In una prima fase,molto breve, il rilasciamento dei ventricoli avviene sen-za variazione del volume (rilasciamento isometrico).Quando la pressione intraventricolare, che continua pro-gressivamente a diminuire per effetto del rilasciamento

muscolare, diviene più bassa di quella presente negliatri, si aprono le valvole atrioventricolari e inizia la faseprotodiastolica, di riempimento rapido dei ventricoli.L’aumento della pressione endocavitaria che consegueal riempimento ventricolare rallenta il flusso di sanguedagli atri ai ventricoli nella mesodiastole. In telediasto-le (o presistole), tuttavia, un nuovo impulso elettricoha origine nel nodo del seno e si propaga agli atri, che,contraendosi, determinano un nuovo aumento di flussoverso i ventricoli. L’impulso giunge quindi ai ventricoli,dando origine a una nuova sistole. Le fasi del ciclo cardia-co, con le principali variazioni di pressione e di volumea livello cardiaco e vascolare, e la relazione con l’attivitàelettrica cardiaca sono schematicamente illustrate nella

Figura 13.1.

Meccanica del muscolo cardiaco

La meccanica della contrazione cardiaca è stata studiata afondo dai fisiologi in studi sperimentali, che hanno con-sentito di individuarne i principi fondamentali e definirnei parametri quantitativi.Gli studi basilari sono stati eseguiti isolando un muscolopapillare cardiaco da un animale. In questi esperimenti,l’estremità inferiore del muscolo prelevato è fissata a unostrumento che misura la tensione, mentre quella superioreè fissata al braccio lungo di una leva; all’altro braccio dellaleva può essere attaccato un peso, che non grava comun-que sul muscolo a riposo, perché un fermo impedisce albraccio lungo di sollevarsi (Figura 13.2 a).Quando il muscolo viene eccitato elettricamente, le mio-fibrille contenute nelle cellule miocardiche si accorciano,cioè il muscolo si contrae. Se nulla impedisce al muscolodi contrarsi liberamente (come quando nessun peso èattaccato alla leva), la velocità con cui esso si accorcia èla massima possibile (velocità massima, o V

max). Il valore

numerico della Vmax

 (in millimetri al secondo) è una mi-sura della contrattilità del muscolo, che è una proprietàintrinseca del muscolo stesso.Se si applica al braccio corto della leva un peso che agi-sce sul muscolo solo dopo che la contrazione ha avuto

*Si ringrazia R. Satolli per il prezioso contributo alla precedente edizione del capitolo.

*

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Parte 2 - MALATTIE DEL SISTEMA CIRCOLATORIO296

inizio (e per tale motivo prende il nome di postcarico, oafterload ), per potersi accorciare il muscolo deve sollevareil peso; ne deriva che esso impiega parte della forza svi-luppata con la contrazione per sollevare il carico e parteper accorciarsi. È facile constatare che quanto maggioreè il peso applicato, tanto minore è la velocità di accor-ciamento. Se il carico è troppo pesante per poter esseresollevato, il muscolo si mette regolarmente in tensione,

ma non si accorcia per niente (la velocità di accorcia-mento è cioè zero).I risultati di questi esperimenti si possono riassumere inun grafico in cui si pone sull’asse orizzontale la forza cheil muscolo sviluppa sollevando valori crescenti di pesoe sull’asse verticale la velocità con cui avviene, di voltain volta, l’accorciamento. La curva che ne risulta è dettacurva forza-velocità (Figura 13.3).

CM AA   CA AM

CP AT

120

100

80   Aorta

60

40

20

0

 Atrio sinistro Arteria polmonare

                         V                  e                   n

                        t                    r                            i                  c

                  o                            l                  o

                  s                            i                   n

                            i                  s                        t                    r

                  o

Pressione(mmHg)

 Atrio destro

 Ventricolo destro Attività

meccanica

Movimenti valvolari

Toni

Polso giugulare

 Apicocardiogramma

ECG

Curva di volumedel ventricolo sinistro

 Ventricolo sinistro

 Atrio Ventricolo

Eiezione

Eiezione

CTAP

Destro

Sinistro

Destro

Sinistro

   V e  n  t r i c o lo de s t r  o 

 A t r io 

s i n i s t r o

 A t r io 

de s t r o

S4   CLICK S2   SAM S3

 y x

a

 A

C

S1

zE

IC

 v 

IR 

o RFW

SFW

P T

QRS

0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 Sec

a   c   xz   y

 v 

Figura 13.1Fasi del ciclo

cardiaco.Lo schema

illustra i rapportitemporali

tra i diversi eventidel ciclo cardiaco.

In alto sono riportate le curve di pressione nell e quattro camere cardiache (atrio e ventricolo sinistro, atrio e ventricolo destro) e in aorta e arteria polmonare. Le le ttere dell’alfabeto minusco-le a, z, c, x, v, y indicano le diverse onde caratteristiche della curva di pressione atriale. Sotto le curve di pressione è indicata l’attività meccanica degli atri e dei ventricoli. Le parti evidenziatein giallo delle barre di attività meccanica dei ventricoli indicano le fasi di contrazione e di rilasciamento isometrici. Successivamente sono indicati i movimenti di apertura (A) e chiusura (C)delle valvole polmonare (P), aortica (A), tricuspide (T) e mitrale (M). S1, S2, S3 e S4 indicano il I, II, III e IV tono. Viene anche indicato lo schiocco di apertura della valvola mitrale (SAM), chesi può tipicamente ascoltare in caso di stenosi di questa valvola. Seguono la curva di volume del ventricolo sinistro (che ne indica le fasi di riempimento e svuotamento), la curva del polsogiugulare (con le stesse notazioni della curva di pressione atriale) e l’apicocardiogramma (che registra i movimenti dell’apice cardiaco e che presenta: 1) un’onda A in corrispondenza della

contrazione atriale; 2) una salita isometrica [IC] con un apice E all’inizio dell’eiezione; 3) un’onda negativa durante il rilasciamento isometrico [IR] sino a un punto minimo [O] corrisponden-te all’apertura della valvola mitrale; 4) due tratti di riempimento rapido [RFW] e lento [SFW]). L’elettrocardiogramma alla base dello schema consente di valutare i rapporti tra attività mecca-nica e attività elettrica del cuore.

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Capitolo 13 - SCOMPENSO CARDIACO 297

2

Nel cuore in attività i ventricoli si contraggono semprecontro una resistenza che si oppone all’espulsione delsangue, e quindi all’accorciamento delle fibre muscolari.Questa resistenza è rappresentata per il ventricolo sinistrodalla pressione in aorta (che all’inizio della sistole è circa80 mmHg) e per il ventricolo destro dalla pressione in arte-ria polmonare (che all’inizio della sistole è circa 5 mmHg).È evidente, quindi, che nel cuore in attività la velocità diaccorciamento delle fibre è sempre inferiore alla velocitàmassima, ossia quella misurabile nella condizione spe-rimentale del muscolo libero di accorciarsi senza alcuncarico da sollevare. Un equivalente della velocità massimadi accorciamento delle cellule miocardiche può tuttaviaessere calcolato indirettamente e indica, come detto, la

contrattilità (o stato inotropo) del muscolo cardiaco.La contrattilità può essere influenzata da vari fatto-ri. Le catecolamine, per esempio, l’aumentano, mentrel’ipotiroidismo la riduce. La contrattilità miocardica èinoltre ridotta in molte condizioni di scompenso car-diaco. Com’è facile capire, l’aumento della contrattilitàsposta in alto la curva forza-velocità del miocardio(Figura 13.4), mentre la sua diminuzione la sposta in basso.Oltre alla contrattilità, un’altra proprietà del muscolocardiaco che contribuisce in modo fondamentale a re-golarne la funzione contrattile è quella responsabile delcomportamento descritto dalla legge fondamentale delcuore di Starling, dal nome del fisiologo londinese ErnestHenry Starling, che per primo la descrisse all’inizio delNovecento.Per comprendere questa legge, si riconsideri il dispositi-vo sperimentale con il muscolo papillare. Se, rispetto alprecedente esperimento, si solleva di qualche millimetroil fermo che blocca verso l’alto il braccio lungo della le-va, per effetto del peso applicato all’altro braccio le fibremuscolari saranno in parte stirate già prima della contra-zione e acquisteranno una lunghezza a riposo leggermentesuperiore alla loro lunghezza naturale (Figura 13.2 b). Untrasduttore applicato all’estremità inferiore del muscolopermette di misurare la tensione alla quale, con questoaccorgimento, il muscolo viene sottoposto a riposo. Atale valore viene dato il nome di precarico (o preload ), per

sottolineare che esso agisce sul muscolo prima della con-trazione. Nella Figura 13.2 b il precarico è indicato comeuna frazione del carico totale, il quale varia in funzionedella posizione del fermo sulla leva, che determina unostiramento più o meno elevato del muscolo.Ripetendo gli esperimenti con valori di precarico crescentie mantenendo il postcarico costante, si può constatare chela velocità di accorciamento è tanto maggiore quanto piùle fibre vengono stirate a riposo dal precarico. Dunque,se la lunghezza delle fibre miocardiche prima dell’iniziodella contrazione viene aumentata, aumenta l’efficienza

Figura 13.2

Preparatosperimentaleper lo studiodella contrazionemiocardica.

Fermo spostato in altoLevaFermo

Leva

Muscolo

papillare

MuscoloPostcarico

stirato

Postcarico

Precarico

Trasduttoredi tensione

ba

(a) Il fermo sulla leva è posto in modo che il muscolo papillare non sia stirato in condizioni di riposo. Variando il peso che il muscolo deve sollevare durante la contrazione (postcarico), siottengono i dati necessari per costruire la curva forza-velocità illustrata nella Figura 13.3. (b) Se il fermo viene spostato in alto si ottiene un certo grado di stiramento del muscolo a riposo; inpratica una parte del carico agisce sul muscolo già prima della contrazione (precarico). Variando il precarico, a parità di postcarico, si ottengono i dati necessari per costruire la famiglia dicurve illustrata nella Figura 13.5.

Figura 13.3

Curva forza-velocità.

 V max

 V o

10

50

Carico (g)

    V

   e    l   o   c    i   t    à    d    i   a   c   c   o   r   c    i   a   m   e   n   t   o    (   m   m    /   s   e   c    )

10

Il grafico mostra come, aumentando il carico cui il muscolo cardiaco è sottoposto durantela contrazione, ossia il peso (espresso in grammi) che il muscolo deve sollevare durantela contrazione (postcarico nella Figura 13.2), riportato sull’asse delle ascisse, la velocità diaccorciamento del muscolo (espressa in mm/sec), riportata sull’asse delle ordinate, si ri-duce progressivamente. La velocità massima (Vmax) si ha con un carico zero, mentrequando il carico raggiunge un valore tale per cui il muscolo non si accorcia per nulla,la velocità è pari a zero (V0).

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Parte 2 - MALATTIE DEL SISTEMA CIRCOLATORIO298

della contrazione. Si ottiene cioè una curva forza-velocitàspostata in alto, anche se in questo caso lo spostamento

della curva non è parallelo, come avviene per variazionidella contrattilità, in quanto la V

max non si modifica

(Figura 13.5). Tuttavia, l’aumento della contrazione determi-nato da un aumento del precarico si verifica fino a un certolivello di stiramento (detto massimale), oltre il quale non siverifica alcun ulteriore aumento della contrazione. In vivo,l’effetto fisiologico principale della relazione tra lunghezzainiziale della fibra ed efficienza della contrazione è quellodi regolare con immediatezza eventuali variazioni del ri-empimento diastolico dei ventricoli. Maggiore, infatti, èil riempimento diastolico, maggiore sarà lo stiramentodelle cellule miocardiche (in particolare subendocardiche)e maggiore sarà, entro certi limiti, la velocità di contra-zione. Ciò consente, in ultima analisi, di armonizzare lafunzione dei due ventricoli evitando oscillazioni eccessivedel volume di sangue intravascolare contenuto nel circolopolmonare e nel circolo sistemico.

Meccanismi intracellularidella contrazione miocardica

Le proprietà delle fibre cardiache descritte nel paragrafoprecedente hanno ovviamente delle basi a livello cellularee molecolare.Le cellule miocardiche contengono fasci di miofibrille,disposte lungo l’asse maggiore della cellula. Le miofibrillesono costituite da una serie di sarcomeri, minuscoli ci-

lindri che rappresentano la più piccola unità contrattiledel miocardio.Il sarcomero, a sua volta, è costituito essenzialmente dadue proteine filamentose, l’actina e la miosina, disposteparallelamente al suo asse maggiore. La relazione tra ifilamenti di actina e di miosina nel sarcomero conferiscea questo il classico aspetto a bande visibile al microscopio

elettronico (Figura 13.6). I filamenti di miosina occupanoil centro del sarcomero. I filamenti di actina sono invecesaldamente fissati alle due estremità del sarcomero stesso,formando le bande Z. In condizioni di riposo, actina emiosina si sovrappongono in parte, costituendo la ban-da scura A del sarcomero. Le bande chiare I sono invececostituite soltanto da filamenti di actina.Tra le due proteine si formano ponti, visibili al microsco-pio elettronico, costituiti da siti che contengono un enzi-ma capace di scindere l’adenosin-trifosfato (ATP). Durantela contrazione, grazie all’energia liberata dall’ATP, questiponti si saldano e si sciolgono ciclicamente, facendo scor-rere con forza i filamenti di actina su quelli di miosina. Intal modo le bande Z si avvicinano, il sarcomero si accorcia

e così pure si accorciano in toto le fibre miocardiche. La ve-locità e la forza dello scivolamento dipendono dal numerodi ponti che si possono attivare contemporaneamente. Ilnumero di ponti dipende a sua volta dalla sovrapposizionereciproca di actina e miosina all’inizio della contrazione equindi dalla lunghezza iniziale del sarcomero.La lunghezza ottimale del sarcomero per la contrazione ècompresa tra 2,0 e 2,2µm. Al di sotto di tale lunghezza ifilamenti di actina tendono a sovrapporsi tra loro al centrodel sarcomero, riducendo così la possibilità di ponti con lamiosina. Al di sopra di 2,2µm i filamenti di actina si allon-tanano dal centro del sarcomero e anche in questo casosi riduce la sovrapposizione con la miosina (Figura 13.7).In condizioni di rilasciamento (diastole) la formazione dei

ponti è inibita da due proteine associate ai filamenti diactina: la tropomiosina e la troponina. Quando la cellulamiocardica viene eccitata, questa inibizione viene rimossagrazie all’azione degli ioni calcio, che si legano alla tropo-nina e ne modificano la struttura.Più in dettaglio, durante la fase di plateau del potenzialed’azione elettrico (fase 2), una piccola quantità di Ca2+ attraversa la membrana cellulare e raggiunge il reticolosarcoplasmatico (si veda Figura 13.6). Eccitato dal mo-desto flusso di Ca2+ proveniente dall’esterno, il reticololibera massicciamente gli ioni calcio che contiene, la-sciandoli diffondere verso le miofibrille, dove appuntosi legano alla troponina e consentono la formazione diponti. L’accoppiamento tra eccitazione elettrica della cel-lula e contrazione meccanica dipende dunque dal flussodi Ca2+ verso le miofibrille.Successivamente il reticolo sarcoplasmatico, grazie a unapompa ionica che utilizza energia generata dall’idrolisidell’ATP, riprende ad accumulare attivamente Ca2+, ridu-cendone la concentrazione nelle miofibrille, sino a cheprevale nuovamente sulle proteine contrattili l’inibizioneda parte del complesso troponina-tropomiosina, che dàinizio al rilasciamento. Contemporaneamente, ancheattraverso la membrana cellulare viene espulsa la piccolaquota di Ca2+ entrata in precedenza, sempre con processiattivi che consumano energia, cosicché la cellula diventapronta per una nuova contrazione.

15

10

5

0

Carico (g)

Con noradrenalina

Basale

    V   e    l   o   c    i   t    à    d    i   a   c   c   o   r   c    i   a   m   e   n   t   o    (   m   m    /   s   e   c    )

321

Figura 13.4

Curva forza-velocità ed effetti

di variazionidell’inotropismo.

La curva inferiore (basale) è ottenuta come nell’esperimento relativo alla Figura 13.3. Lacurva superiore è ottenuta ripetendo lo stesso esperimento in presenza di noradrenalina.Come si vede, l’effetto inotropo del farmaco sposta la curva forza-velocità verso l’alto; perogni determinato carico, cioè, si osserva una velocità di accorciamento maggiore rispettoalle condizioni basali.

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Capitolo 13 - SCOMPENSO CARDIACO 299

2

10

5

0105

Carico (g)

    V   e    l   o   c    i   t    à    d    i   a   c   c   o   r   c    i   a   m   e   n   t   o    (   m   m    /   s   e   c    )

Precarico(g)

Lunghezza inizialedel muscolo

(mm)

1 basale 11,7

12,42

13,04

6 13,3

8 13,4

Figura 13.5

Curva forza-velocità ed effettidi variazionidel precarico.

Il grafico riporta cinque curve di forza-velocità ottenute in condizioni basali ( ∆) e dopo aver stirato il muscolo cardiaco a riposo (prima di stimolare la contrazione) con un piccolo peso,di entità progressivamente crescente (precarico), in modo che la lunghezza iniziale del muscolo aumenti progressivamente. Per ogni determinato carico cui il muscolo è sottoposto durante

la contrazione, la velocità di accorciamento risulta tanto maggiore quanto maggiore è la sua lunghezza iniziale. È questa la base della legge di Starling. Come si può vedere dal grafico,lo stiramento iniziale del muscolo non causa alcuna modifica della contrattilità intrinseca del muscolo. Infatti, non vi è alcun aumento della velocità massima in nessuna delle condizionidi aumento del precarico. Ciò è diverso da quello che si può osservare nella Figura 13.4, in cui la stimolazione inotropa provoca anche un aumento della velocità massima di contrazione.

Dischiintercalari

Nucleo

Cellulao fibra

Fibrille

Sarcolemma

Reticolo sarcoplasmatico

Sistema longitudinale

Sistema a T

Disco intercalare

Cisterne terminali

Z

M

Z

Capillare

FIBRILLA

dcba

SARCOMERO

Banda I

    B   a   n    d   a   a   1 ,   5     µ   m

Filamentidi actina

Filamentidi actinae miosina

Filamentidi miosina

SEZIONITRASVERSE

Figura 13.6

Disegnoschematicodel sarcomero.Il disegno illustrala strutturadella cellulamiocardica, dellemiofibrille in essacontenute e deisarcomeri, cherappresentanole unitàelementaricontrattili dellemiofibrille.

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Parte 2 - MALATTIE DEL SISTEMA CIRCOLATORIO300

Si deve sottolineare che quanto maggiore è il flusso diCa2+ verso le miofibrille, tanto maggiore è la velocità con

cui si formano e si sciolgono ciclicamente i ponti traactina e miosina e quindi, a parità di altri fattori, tantomaggiori sono la velocità di contrazione e, pertanto, lacontrattilità.

Contrazione ventricolare

Nel considerare i principi che regolano l’attività contrat-tile dei ventricoli del cuore in situ, si possono assumere ilvolume e la pressione delle cavità ventricolari come ana-loghi, rispettivamente, alla lunghezza e alla tensione dellefibre del muscolo papillare isolato negli studi sperimenta-li. Anche se considerazioni analoghe possono essere fatteovviamente per il ventricolo destro, nella trattazione chesegue ci si riferirà principalmente al ventricolo sinistro,che, per semplicità, si assumerà abbia le caratteristichegeometriche di una sfera.In un ventricolo, la lunghezza delle fibre a riposo dipendedal volume di riempimento ventricolare in telediastole,che assume perciò il significato fisiologico di precarico. Inbase alla legge di Starling, quanto più aumenta il riempi-mento in diastole, tanto maggiori sono l’accorciamentosuccessivo delle fibre e l’espulsione di sangue. Il volume diriempimento, a sua volta, è in relazione con la pressioneventricolare in telediastole (pressione di riempimento),che è più facile da misurare e perciò è di solito utilizzatacome stima del precarico. La relazione tra pressione e vo-

lume di riempimento dipende anche dalle caratteristichedi distensibilità del ventricolo in diastole.

Il postcarico, d’altro canto, è costituito dall’insieme delleresistenze che il ventricolo deve superare per espellere ilsangue. In termini più rigorosi, esso rappresenta lo sforzo(stress) di parete (forza per unità di superficie della parete)cui il ventricolo è soggetto durante la sistole. Secondo unalegge fisica, che porta il nome del fisico francese Pierre Si-mon de Laplace, lo sforzo di parete (S) è uguale al prodottodella pressione endocavitaria (P) per il raggio della cavità(r) diviso 2 volte lo spessore (h) della parete (S = Pr/2h).In base a questa legge, quindi, il ventricolo si trova asopportare un aumento del postcarico sia in caso di unaumento della pressione, sia in caso di un aumento delraggio, e quindi del volume ventricolare. L’aumento dispessore della parete, viceversa, comporta una riduzionedel postcarico.Lo stato inotropo, o contrattilità, del ventricolo, infine,corrisponde al valore medio dello stato inotropo dellesingole fibre e dipende essenzialmente dalle condizionimetaboliche delle cellule, in particolare, come visto, dallaconcentrazione intracellulare di calcio.

Relazioni fra pressione, volumee funzione ventricolare

Tenendo conto di quanto detto nei paragrafi precedenti,anche per il ventricolo è possibile costruire sperimental-mente dei grafici che mettono in relazione le condizioni

c

 Actinaza

b   Miosina

100

80

60

40

200

4,03,53,02,52,01,51

BC

6 5 4 3 12

    F   o   r   z

   a    (   %

     d   e    l   m   a   s   s    i   m   o    )

Lunghezza del sarcomero (µm)

 Actina

(a+b)

Miosina

1(b+c)

2(b)

(b-c)3

4

5

(a)

(1/2 b)

6

ba

c

Figura 13.7

Lunghezzaottimale delsarcomero.

La velocità e la forza di accorciamento del sarcomero (a) dipendono dal numero di ponti tra actina e miosina che si possono attivare contemporaneamente. Questo numero dipende, a suavolta, dalla sovrapposizione reciproca tra actina e miosina prima della contrazione, e quindi dalla lunghezza iniziale del sarcomero. Come si vede in (b), la lunghezza ottimale del sarcomeroè compresa tra 2 e 2,2 µm, cui corrisponde una sovrapposizione ottimale tra actina e miosina (esempio 3 in c) e, quindi, la massima forza sviluppata dal sarcomero.Al di sopra di 2,2µm (esempi 1-2 in c) i filamenti di actina si allontanano dal centro del sarcomero, per cui si riduce la sovrapposizione con la miosina e, quindi, viene meno il legame otti-male tra le due proteine contrattili del sarcomero. Al di sotto di tale lunghezza (esempi 4-5-6 in c), d’altro canto, i filamenti di actina tendono a sovrapporsi tra loro al centro del sarcomero,riducendo così, anche in questo caso, la possibilità di stringere ponti con la miosina.

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Capitolo 13 - SCOMPENSO CARDIACO 301

2

del muscolo prima della contrazione (telediastole) con leprestazioni in sistole (Figura 13.8).Si immagini un dispositivo sperimentale che consenta dimodificare il riempimento (precarico) di un ventricolo man-tenendo costanti gli altri fattori (inotropismo e postcarico).Per ogni aumento del precarico si osserverà un aumentodella gittata sistolica, sino a quando non si arriva a disten-

dere le fibre alla loro lunghezza ottimale. Oltre questo puntoogni ulteriore distensione produce una riduzione della gitta-ta sistolica. In condizioni fisiologiche, tuttavia, questa con-dizione non è mai raggiunta perché la lunghezza ottimaledelle fibre è quasi coincidente con la massima distensibilitàelastica della parete ventricolare. In condizioni patologiche,invece, la distensibilità delle cellule può andare oltre quellamassima ottimale, per cui un’ulteriore distensione dellecellule finisce con il determinare una diminuzione dellaforza di contrazione e, quindi, della gittata.La relazione precarico-gittata può essere espressa in ungrafico in cui si ponga sull’asse orizzontale il precaricoe su quello verticale la gittata sistolica. La curva che nerisulta è detta curva di funzione ventricolare o di Starling

(in quanto rispecchia i principi della legge di Starling).Normalmente la curva presenta una parte ascendente (dovela gittata aumenta con il precarico) e un plateau (la gittatarimane costante pur aumentando ulteriormente il precari-co). In condizioni patologiche, come notato in precedenza,la curva presenta, dopo il plateau, una parte discendente,la quale indica che, aumentando il precarico oltre un certolivello, la gittata diminuisce (si veda Figura 13.8).Si immagini ora di ripetere le misurazioni dopo aver fattovariare lo stato inotropo del ventricolo, per esempio conuna stimolazione adrenergica. Per ogni valore di precaricosi osserva allora una gittata sistolica maggiore rispettoa quanto osservato in assenza di stimolo inotropo. Nelgrafico (Figura 13.8) la porzione ascendente di questa

curva è più ripida e il plateau di gittata massima più ele-

vato. La stimolazione inotropa, quindi, sposta la curvadi funzione ventricolare in alto. Ovviamente si osserveràl’inverso in caso di depressione dell’inotropismo cardiaco.Esiste, dunque, per ogni ventricolo un’intera famiglia dicurve di funzione ventricolare, ciascuna in relazione a unparticolare stato inotropo.Restano da considerare gli effetti del postcarico sulle curve

di funzione ventricolare. Come precisato in precedenza, ilpostcarico, in base alla legge di Laplace, può aumentare perdue ragioni: per un incremento della pressione nel ventri-colo in sistole o per un aumento del raggio del ventricolo.Se si aumenta la pressione aortica e si ripetono le misura-zioni per disegnare una curva di funzione ventricolare, siosserverà, per ogni valore di precarico, una gittata sistolicaminore rispetto alle misurazioni basali. Un aumento delcarico di pressione, quindi, sposta la curva di funzioneventricolare in basso. Lo stesso avviene per un aumentodel carico di volume, ma in grado assai minore. La ragionedi ciò risiede ancora una volta nella legge di Laplace, nellacui formula entra il raggio e non il volume ventricolare.Se il volume del ventricolo, per esempio, raddoppia, il

raggio (e quindi il postcarico), per evidenti ragioni geo-metriche, varia solo in proporzione alla radice cubica di2 (1,26 circa), cioè in pratica aumenta del 26%. Inoltre, lospostamento in basso della curva di funzione ventricolareè parzialmente attenuato dall’aumento del precarico cheopera attraverso il meccanismo di Starling.È da osservare che, oltre alle curve di funzione del ventri-colo in sistole, è possibile costruire anche curve che de-scrivono le proprietà elastiche del ventricolo in diastole.Infatti, se si aumenta progressivamente il volume di riem-pimento diastolico e si misurano i corrispondenti valori dipressione che si vengono a ottenere in ventricolo, si puòosservare che, sino a quando il volume di riempimentoventricolare è limitato, il suo aumento determina solo

un modesto aumento della pressione intraventricolareFigura 13.8

(a) Curvedi funzioneventricolarein condizioninormali, di ridottacontrattilità(insufficienzaventricolare)o di aumentatacontrattilità(stimolazioneinotropa).(b) Curve dipressione-volumein diastolein condizioninormali, di ridottadistensibilitàventricolare(ipertrofia)e di aumentatadistensibilitàventricolare(dilatazionesenza ipertrofia).

Gittata

o lavoro

sistolico

 Volume telediastolicoa

Curve di funzione ventricolare

     A    u   m

    e    n     t    a     t    a

 c  o   n    t   r   a   t

   t     i     l     i    t    à

    N  o   r   m

   a    l  e

  R  i d o  t  t a

 c o n t r a t t i li tà

Pressione

 telediastolica

 Volume telediastolicob

Curve di pressione-volume

    R    i   d  o    t   t   a

 d      i    s     t    e    n    s     i      b

      i      l         i        t        à

  N  o  r  m

  a    l  e

 A u m e n  t a

  t a d  i s  t e  n  s

   i   b   i    l    i    t    à

Le curve di funzione ventricolare si costruiscono mettendo in relazione in un grafico il precarico (volume telediastolico del ventricolo) con la prestazione contrattile (gittata o lavoro sistolico).Queste curve sono spiegate dalla legge di Starling, in base alla quale un aumento del precarico determina un aumento della gittata sistolica. Da notare che in presenza di insufficienza mio-cardica, oltre un certo limite di volume telediastolico, la gittata si riduce. Le curve di pressione-volume si costruiscono mettendo in relazione in un grafico il volume telediastolico con lapressione telediastolica del ventricolo.

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Parte 2 - MALATTIE DEL SISTEMA CIRCOLATORIO302

(in quanto il ventricolo è distensibile). Quando il ventricoloè vicino ai valori massimi di riempimento, invece, ancheun piccolo aumento del volume di riempimento determinaun aumento rilevante della pressione intraventricolare.La relazione tra volume e pressione in diastole può essereespressa da un grafico in cui si pone sull’asse orizzontaleil volume telediastolico e su quello verticale la pressione

telediastolica. Ne risulta una curva, detta di pressione-volume, che presenta un andamento quasi orizzontaleall’inizio e si impenna poi progressivamente per valori piùelevati di volume (si veda Figura 13.8). La curva riflette ladistensibilità (o compliance) ventricolare. Quando il ven-tricolo diviene più rigido la curva si sposta verso l’alto ea sinistra; cioè, per uno stesso volume di riempimento ilventricolo presenta una pressione diastolica più elevata.È da osservare che la distensibilità ventricolare è determi-nata in parte dal rapporto fra fibre elastiche e collagenenell’interstizio e dallo spessore della parete ventricolare.Pertanto un aumento del collagene interstiziale rendeil ventricolo più rigido. Tuttavia, la distensibilità non èuna proprietà del ventricolo puramente passiva. Durante

le prime fasi della diastole, infatti, essa dipende anchedal processo di rilasciamento che avviene in questa fase.Questo processo che, come visto, comporta la rimozionedegli ioni calcio dal legame con la troponina e il loro ac-cumulo nel reticolo sarcoplasmatico, è un processo attivo,che richiede consumo di energia (la pompa del calcioconsuma ATP). Per questa ragione, in alcune circostanzepatologiche (per esempio, ipertrofia o ischemia miocardi-ca), esso può risultare incompleto o rallentato, causandocosì un’alterazione della distensibilità, e quindi del riem-pimento ventricolare. Inoltre, anche alcune condizionipatologiche del pericardio (per esempio, la pericarditecostrittiva e il tamponamento cardiaco) influiscono sulladistensibilità ventricolare.

Infine, il ventricolo si riempie anche per effetto di un’azioneattiva di risucchio del sangue. L’energia richiesta per questoeffetto di “pompa aspirante” si ritiene derivi dalla forzaelastica accumulata dal cuore durante la sistole. Tale mecca-nismo può essere compromesso in condizioni patologichecaratterizzate da una riduzione della contrattilità e dellagittata sistolica, in quanto, quando la sistole è meno ener-

gica, anche l’aspirazione diastolica risulta meno efficace.

REGOLAZIONE DELLA PORTATA CARDIACA

Il cuore adatta costantemente la propria gittata ai bisognimetabolici dell’organismo grazie al gioco combinato deitre fattori che determinano la gittata sistolica (precarico,inotropismo, postcarico) più un quarto fattore, la frequen-za cardiaca (Figura 13.9).Normalmente, a riposo, la portata cardiaca è di circa5 L/min, mentre la gittata sistolica oscilla tra 65 e 85 mL.Quando occorre, tipicamente in corso di esercizio fisico,il cuore aumenta la propria gittata, e lo fa soprattutto at-

traverso un aumento della frequenza cardiaca e della con-trattilità. Gli ambiti entro cui possono avvenire questi utiliaumenti della frequenza e della contrattilità prendono ilnome di riserva di frequenza e riserva di contrattilità. Danotare che l’aumento della frequenza cardiaca, riducendola durata della diastole, potrebbe determinare una riduzio-ne del riempimento ventricolare (precarico), e quindi del-la gittata; tuttavia, il riempimento ventricolare in diastoleviene abitualmente mantenuto a valori normali grazie aun aumento del ritorno venoso o anche, in alcune con-dizioni patologiche, a meccanismi di ridistribuzione dellamassa di sangue circolante, che contribuiscono a impedireche esso scenda al di sotto di valori che garantiscono unanormale efficienza della contrazione.

Forza/velocitàdi contrazione

Ritorno venoso

Pressionearteriosa

Gittatacardiaca

Resistenzeperiferiche

Contrattilità

Postcarico

Precarico

Frequenzacardiaca

Gittatasistolica

+ +

+

+   +

+

+

+

+

Figura 13.9

Lo schemariassume

i rapporti trai vari fattori che

entrano in gioconella regolazione

della gittata cardiaca.Il segno più (+)

indica un aumento,quello meno (−)

una riduzione.

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Capitolo 13 - SCOMPENSO CARDIACO 303

2

Inoltre, il cuore può fare fronte a una riduzione patologicadella contrattilità o a un aumento del postcarico attraver-so un aumento del precarico che consenta di mantenerecomunque a livelli adeguati l’efficacia della contrazione.Ovviamente, esiste un limite oltre il quale l’aumento diriempimento dei ventricoli è impossibile, o per lo menocontroproducente, in quanto lo stiramento eccessivo delle

fibre miocardiche porta a una contrazione meno efficiente;inoltre, l’aumento eccessivo del diametro ventricolare,come visto, fa aumentare lo sforzo di parete, ossia il postca-rico. L’ambito entro cui il riempimento ventricolare puòutilmente aumentare prende il nome di riserva di precarico.Si vedranno ora in dettaglio i singoli fattori che regolanola gittata sistolica e la portata cardiaca.

Frequenza cardiaca

La portata cardiaca è il prodotto della gittata sistolica perla frequenza cardiaca. Perciò, in condizioni fisiologiche, lafrequenza cardiaca contribuisce in misura considerevolead adeguare la portata cardiaca.

Durante un esercizio fisico moderato, per esempio, la fre-quenza cardiaca aumenta parallelamente all’entità dellosforzo, mentre la gittata sistolica resta quasi costante oaumenta di poco. L’aumento della frequenza cardiaca inquesta condizione dipende dalla stimolazione che il siste-ma nervoso simpatico, la cui attività aumenta durante losforzo, esercita sulla velocità di scarica del nodo del seno,oltre che dall’eliminazione dell’effetto inibitorio del vagosullo stesso nodo seno-atriale (l’attività vagale è infattiinibita durante sforzo).Quando la frequenza cardiaca supera i 170-180 bpm(o anche valori più bassi con l’aumentare dell’età), la duratadella diastole diviene troppo breve per consentire un buonriempimento del cuore. Di conseguenza la gittata sistolica

diminuisce e ciò impedisce ulteriori aumenti della portatacardiaca. È questo il limite della riserva di frequenza.

Precarico

Se si fa aumentare artificialmente la frequenza cardiacain un soggetto a riposo (per esempio, stimolando l’atriodestro con un catetere elettrodo introdotto da una venaperiferica), la portata cardiaca resta pressoché invariata.Poiché la portata cardiaca è data dal prodotto della fre-quenza cardiaca per la gittata sistolica, ne deriva che lagittata sistolica si riduce, e ciò dipende dal fatto che ancheil ritorno venoso per ogni singolo battito si riduce, mentrequello complessivo (per minuto) rimane costante.Durante l’esercizio fisico l’aumento della frequenza car-diaca produce un cospicuo aumento della gittata. Ciò puòavvenire perché contemporaneamente aumenta il ritornovenoso al cuore, grazie all’effetto di spremitura sul circolovenoso dei muscoli periferici e all’aumento del tono ve-noso, per cui la gittata sistolica resta invariata o aumenta.L’adeguamento della portata cardiaca alle esigenze dei tes-suti richiede in ogni caso il mantenimento di un precaricoottimale. Questo dipende da diversi fattori.

Volume totale di sangue

Riduzioni brusche della massa liquida circolante, superiorial 15% del totale (emorragie acute), determinano una

riduzione rilevante del precarico. Variazioni minori ocroniche del volume totale di sangue, d’altro canto, nonhanno effetti significativi sul riempimento ventricolare.

 Distribuzione del volume di sangue

Il sangue circola continuamente, ma, se si fotografa lasituazione in un determinato istante, si osserva che una

quota di sangue è all’interno del torace, mentre il resto sitrova distribuito alla periferia dell’organismo. Il precaricodipende dal volume di sangue intratoracico (volume cen-trale), il quale, a sua volta, è determinato da diversi fattori:• posizione del corpo: in piedi una quota maggiore di

sangue occupa le posizioni declivi, per cui il volumecentrale diminuisce;

• tono venoso: la parete delle vene è capacedi contrarsi, riducendo la quota di sangue perifericoe aumentando quella centrale; ciò avviene durantel’esercizio fisico o quando la pressione arteriosa calabruscamente;

• spremitura muscolare: la contrazione dei muscolischeletrici (con il gioco delle valvole venose)

tende a spingere una quota maggiore di sangueverso il torace, aumentando, quindi, il volumecentrale;

• pressione intratoracica: in inspirazione la pressioneintratoracica è negativa, per cui in questa fasedel respiro il volume di sangue centrale aumenta;la pressione intratoracica diviene positiva nellopneumotorace iperteso o, temporaneamente, duranteaccessi di tosse o altre situazioni di espirazione aglottide chiusa; in questi casi il volume centralediminuisce, con effetti anche cospicui sulriempimento cardiaco.

 Distensibilità cardiaca

È la capacità del cuore di aumentare di volume senza au-mento eccessivo della pressione intracavitaria e dipendesia dalla distensibilità del miocardio sia da quella del pe-ricardio. La prima si riduce in caso di ischemia, ipertrofiao fibrosi del tessuto miocardico, la seconda in caso diversamento pericardico o di pericardite cronica costrittiva.

 Effetto aspirante

Il rinculo del cuore e la forza elastica accumulata durantela sistole producono un effetto di risucchio sul sangueproveniente dalle vene nella fase iniziale della diastole;questo effetto risulta compromesso in caso di ridottacontrattilità o di un’alterazione della matrice extracellu-lare miocardica con aumento del contenuto di collagene.

Contrazione atriale

La sistole atriale contribuisce efficacemente a completareil riempimento dei ventricoli nella parte finale della dia-stole. La perdita della contrazione atriale in caso di fibril-lazione atriale può comportare una sensibile riduzione delriempimento ventricolare e, quindi, della gittata sistolica.

 Frequenza cardiaca

La riduzione del tempo a disposizione per il riempimentoventricolare (durata della diastole) comporta, a frequen-ze elevate (oltre i 150-180 bpm, a seconda dell’età), unariduzione del precarico.

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Parte 2 - MALATTIE DEL SISTEMA CIRCOLATORIO304

Contrattilità miocardica

Durante l’esercizio fisico, oltre alla frequenza cardiaca eal ritorno venoso, aumenta anche la forza contrattile delmiocardio. In questa situazione, infatti, aumenta l’atti-vità del sistema nervoso simpatico e, quindi, la quanti-tà di noradrenalina liberata dalle terminazioni nervose

simpatiche del cuore, con conseguente aumento dellastimolazione dei recettori β-adrenergici del miocardio. Ilgrado di stimolazione nervosa dei recettori β-adrenergicicardiaci rappresenta il meccanismo fisiologico più im-portante alla base della riserva di contrattilità del cuore.Altri fattori possono però influenzare, positivamente onegativamente, l’inotropismo cardiaco.

Catecolamine circolanti

La noradrenalina, liberata soprattutto dalle terminazioninervose simpatiche, e l’adrenalina, rilasciata soprattuttodal surrene, o altre catecolamine somministrate a scopoterapeutico, come la dopamina e l’isoproterenolo, stimo-lano la contrattilità miocardica.

 Farmaci inotropi positivi

I glicosidi cardioattivi (digitale e simili), gli inibitori dellafosfodiesterasi (amrinone e derivati), la caffeina, la teo-fillina, il calcio e i farmaci calcio-sensibilizzanti (come illevosimendan) sono tutte sostanze in grado di aumentarela forza contrattile del miocardio.

 Ipossia, ipercapnia, acidosi

Le gravi alterazioni del trasporto e della diffusione dei gasnel circolo e dell’equilibrio acido-base del sangue depri-mono in misura rilevante la forza contrattile del cuore.Si può quindi determinare un pericoloso circolo viziosoquando la funzione respiratoria è compromessa per motivi

cardiaci (come nell’edema polmonare acuto), in quantociò contribuisce a deprimere a sua volta la contrattilitàmiocardica.

Sostanze inotrope negative

Diversi gruppi di farmaci riducono la contrattilità miocar-dica. Tra di essi vi sono anzitutto i β-bloccanti, ma anchei calcio-antagonisti non diidropiridinici, diversi antiarit-mici, anestetici locali e generali e i barbiturici. Anche uneccesso di alcol può ridurre la contrattilità cardiaca.

Postcarico

Il postcarico ha un effetto negativo sulle prestazioni ven-tricolari ed è proporzionale alla pressione ventricolaresistolica e al raggio del ventricolo. In sistole, la pressioneventricolare sinistra è uguale a quella aortica, che a suavolta, secondo una nota legge fisica, equivale al prodottodella portata cardiaca per le resistenze vascolari (in for-mula: P = Q × R, dove Q è la portata e R la somma delleresistenze periferiche che si oppongono al flusso del san-gue). Tali resistenze sono localizzate soprattutto a livellodelle prearteriole e delle arteriole (vasi di resistenza), main parte dipendono anche dall’elasticità dei grandi vasi,soprattutto della stessa aorta.Durante l’esercizio fisico la portata cardiaca aumenta e ciòcausa, sulla base della precedente formula, un aumento

della pressione aortica e quindi del postcarico, con ri-duzione dell’efficienza contrattile. Per limitare questoeffetto negativo, si verifica per via riflessa una dilatazionedei vasi di resistenza (soprattutto nei distretti muscolari)che limita l’aumento della pressione.In altri casi la pressione, e quindi il postcarico, può au-mentare acutamente per un incremento improvviso delle

resistenze vascolari (per esempio, una vasocostrizionecutanea causata dal freddo). In questi casi il ventricolo,sottoposto a un postcarico maggiore, espelle una gitta-ta sistolica minore. Resta così in ventricolo una quotamaggiore di sangue al termine di ogni sistole. Questaquota si aggiunge al normale riempimento diastolico,aumentando il precarico. Entro pochi battiti la maggioredilatazione del ventricolo in diastole riporta la gittatasistolica ai valori di partenza. In altre parole, per adattarsia un aumento del postcarico il cuore sfrutta la riserva diprecarico, in modo da mantenere costante la gittata. Que-sto adeguamento ha però un prezzo che risulta evidente,se si considera il lavoro del cuore. Il lavoro di una pompache espelle un volume V di liquido a una pressione P è

proporzionale al prodotto di P × V. Nel caso del cuore, illavoro per ogni sistole è dato dal prodotto della pressionesistolica media per il volume della gittata sistolica. Quin-di, quando il cuore si adatta a un aumento di pressioneaumentando il suo volume, così da mantenere costantela gittata sistolica, esso finisce comunque per compiereun lavoro maggiore. Ciò comporta, per ogni contrazione,un maggiore consumo di energia e, quindi, di ossigeno.Oltre a ciò, un aumento di pressione comporta ancheun minore rendimento cardiaco, che è definito comeil rapporto tra lavoro svolto ed energia spesa, e che giàdi base nel cuore è piuttosto basso (20-25% circa dell’e-nergia consumata). Infatti, il lavoro effettivo (ossia lagittata sistolica) rimane costante, a dispetto dell’aumento

del consumo energetico conseguente all’aumento dellapressione arteriosa.Quando la contrattilità del cuore è ridotta, l’adattamentoa un aumento brusco del postcarico è più difficile. Infat-ti, il cuore insufficiente sfrutta già in condizioni di baseparte della riserva di precarico per mantenere una gittatanormale; inoltre spesso la sua distensibilità è ridotta. Essonon può quindi aumentare di molto il riempimento perfar fronte a un aumento acuto delle resistenze perife-riche. Ne consegue che, quando il cuore presenta unasignificativa insufficienza contrattile, un aumento acutodelle resistenze periferiche (e quindi della pressione e delpostcarico) può determinare una riduzione della portatacardiaca, tanto maggiore quanto più depressa è la con-trattilità miocardica.Questi concetti possono essere espressi con un grafico incui sull’asse orizzontale si pongono le resistenze vasco-lari periferiche e su quello verticale la portata cardiaca(Figura 13.10). Il comportamento del cuore normale èrappresentato da una retta orizzontale (nessuna varia-zione della gittata con l’aumentare delle resistenze),che deflette solo a valori estremi delle resistenze. Ilcomportamento di un cuore con contrattilità ridotta èrappresentato, invece, da una linea discendente (ridu-zione della gittata con l’aumento delle resistenze) tantopiù inclinata verso il basso quanto più è compromessala contrattilità miocardica.

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Capitolo 13 - SCOMPENSO CARDIACO 305

2

Scompenso cardiaco

Lo scompenso cardiaco (o insufficienza cardiaca) è una

condizione patologica caratterizzata dall’incapacità delcuore di pompare una quantità di sangue (portata car-diaca) adeguata alle necessità metaboliche dell’organismoo, comunque, di essere in grado di farlo solo a spese diun aumento delle pressioni di riempimento in una o piùcamere cardiache e nel circolo venoso a monte.Numerose malattie cardiache possono determinare o evol-vere verso una condizione preclinica o clinica di scompen-so cardiaco, e l’attuazione di alcune misure terapeutichepuò in molti casi prevenirne o ritardarne lo sviluppo.Inoltre è possibile ridurre l’incidenza dello scompensocardiaco nella popolazione anche prevenendo lo sviluppodelle malattie cardiache che ne sono potenziali cause (peresempio, cardiopatia ischemica, ipertensione ecc.), me-diante controllo dei fattori di rischio che le determinano.Sulla base di queste considerazioni e dell’idea di un ap-proccio globale al problema dello scompenso cardiaco,finalizzato non solo al trattamento ma anche alla preven-zione, è stata proposta una classificazione dello scompen-so in quattro stadi (Figura 13.11). Nei primi due (A e B)sono inclusi pazienti che, in effetti, non hanno alcunaevidenza (clinica o subclinica) di scompenso, ma nei qua-li appropriati interventi possono ridurre la probabilitàche essi possano sviluppare uno scompenso cardiaco infuturo. Gli ultimi due stadi (C e D) includono, viceversa,pazienti con evidenza di scompenso di gravità crescente,che necessitano specifici tipi di trattamento.

Epidemiologia

Lo scompenso cardiaco è una condizione patologica di fre-quente riscontro per il medico. In Europa la prevalenza oscil-la dal 2 al 3%; pertanto circa 15 milioni di persone ne sonoaffetti. Un numero simile di pazienti ha disfunzione ventri-colare sinistra in assenza di sintomi di scompenso cardiaco.L’incidenza dello scompenso nella popolazione aumentacon l’età e raddoppia (o più) per ogni decennio dai 40 agli80 anni. Essa è quindi destinata ad aumentare in futuro, acausa sia dell’allungamento della vita media della popo-lazione sia, ancor più, dell’aumento dell’attesa di vita deipazienti affetti da diverse forme di cardiopatie che possonosfociare nello scompenso. Nell’età adulta lo scompenso èpiù frequente negli uomini che nelle donne, a causa dellamaggiore prevalenza di cardiopatia ischemica; la differenzatende comunque ad annullarsi con il passare degli anni.

Eziologia

Dal punto di vista clinico è utile classificare le cause delloscompenso in due categorie: 1) cause primarie, che com-prendono molte delle malattie che colpiscono il cuore,delle quali la cardiopatia ischemica, in primo luogo, ela cardiomiopatia dilatativa idiopatica sono quelle piùfrequentemente responsabili di scompenso (Tabella 13.1);2) cause precipitanti, che rendono evidente uno scom-penso cardiaco subclinico, determinano l’aggravamento

Gittatacardiaca

Normale Ipertensione

I p e r t e n s i  o n e  c  o n  s c o m  p e n s  o  M o d e r  a t a  i  n s u f  f  i  c i  e n z  a  m i  o c  a  r  d   i   c  a  

G   r   a  v   e   i   n  s  u   f    f    i    c   i    e  n   

z   a    m   i    o  c   a   r   d    i    c   a   

Resistenze all’eiezione

Figura 13.10

Curve diresistenze-gittata.

Nel cuore normale un aumento acuto delle resistenze all’ei ezione ventricolare, causato, per esempio, da una vasocostrizione periferica, non provoca alcuna variazione della gittata, salvo cheper valori estremi di vasocostrizione. Nel cuore insufficiente, invece, ogni aumento delle resistenze si accompagna a una riduzione della gittata cardiaca. La riduzione è tanto più marcataquanto più grave è il grado di insufficienza contrattile del miocardio.

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Parte 2 - MALATTIE DEL SISTEMA CIRCOLATORIO306

di uno scompenso preesistente o precipitano uno scom-penso acuto. Per il clinico è importante identificare sia lamalattia cardiaca che è la causa di base dello scompensosia i fattori precipitanti. Infatti, il trattamento delle causesottostanti può prevenire o contenere il peggioramentodello scompenso cardiaco, o anche risolverlo del tutto,mentre il trattamento dei fattori precipitanti può consen-tire il ritorno a uno stato di stabilità clinica.

Cause primarieUna condizione di scompenso cardiaco è nella maggiorparte dei casi il risultato di un’insufficiente funzione mio-cardica. Questa può essere determinata primariamentedalla perdita di una quota rilevante di tessuto miocardico,come nell’infarto miocardico (la causa più frequente discompenso cardiaco nei Paesi occidentali), oppure daalterazioni strutturali e funzionali diffuse del miocardio,come nella cardiomiopatia dilatativa non ischemica o nel-le miocarditi, o anche in alcune forme di cardiomiopatiadilatativa su base ischemica senza apparente evidenza di

infarto (si veda il Capitolo 7).L’insufficienza miocardica può anche essere secondaria aun carico di lavoro cronico eccessivo, il quale può essere

dovuto, a sua volta, a un sovraccarico di pressione (comenell’ipertensione arteriosa sistemica o polmonare o nellestenosi valvolari aortica o polmonare), o un sovraccari-co di volume (come nelle insufficienze delle valvole siaatrioventricolari sia semilunari) (si veda il Capitolo 8).Molto raramente, l’insufficienza miocardica si può ma-nifestare per un sovraccarico di volume determinato dapatologie extracardiache che impongono al cuore unagittata persistentemente elevata (come l’anemia grave el’ipertiroidismo).Alcune malattie miocardiche, d’altro canto, possono causareuno scompenso cardiaco determinando principalmente unacompromissione della funzione diastolica del miocardio(come la cardiomiopatia ipertrofica e quella restrittiva).Lo scompenso cardiaco deve essere distinto da altre formedi insufficienza circolatoria, nelle quali la funzione ditrasporto di ossigeno ai tessuti è compromessa per un’al-terazione di una (o più di una) delle altre componenti delsistema (massa ematica, concentrazione di emoglobinaossigenata, letto vascolare). Un esempio di quadro clinicodi insufficienza circolatoria non attribuibile a un’insuf-ficienza miocardica o cardiaca è, per esempio, lo shockipovolemico da emorragia acuta.In sintesi, bisogna ricordare che insufficienza miocardica,insufficienza cardiaca e insufficienza circolatoria non sonosinonimi, ma concetti di estensione crescente, ciascunodei quali comprende i precedenti in una famiglia piùampia (Figura 13.12).

Cause precipitantiI pazienti con insufficienza cardiaca sono spesso sufficien-temente compensati (vale a dire asintomatici, almeno a ri-poso, e in condizioni cliniche stabili) grazie a meccanismi

STADIO ANessuna cardiopatia

ma alto rischiodi patologie

che danno scompenso

EsempioPazienti con:• ipertensione• cardiopatia

ischemica• diabete mellito• uso di farmaci  cardiotossici• storia familiare

  di cardiomiopatie

EsempioPazienti con:• pregresso IMA• disfunzione sistolica  nel ventricolo sinistro• valvulopatie  asintomatiche

EsempioPazienti con:• malattia cardiaca  strutturale nota• dispnea, faticabilità,  ridotta tolleranza  allo sforzo

EsempioPazienti con:• sintomi gravi  nonostante terapia  massimale (pazienti

con frequentiospedalizzazioni

  che richiedono

supporto terapeuticospeciale)

STADIO BPazienti con malattiacardiaca strutturale,ma senza sintomi

di scompenso

STADIO CPazienti con malattia

cardiacastrutturale e sintomi

di scompenso

STADIO DScompenso

refrattario che necessitadi interventispecializzati

Sviluppo di patologiacardiaca strutturale

Comparsa di sintomidi scompenso cardiaco

Sintomi di scompensocardiaco refrattari, a riposo

Figura 13.11

Classificazionedello scompensocardiaco in stadi

dell’ACC/AHA.

La classificazione serve a identificare non solo il grado di gravità dei sintomi in pazienti con evidenza di scompenso (stadi C-D), ma anche i soggetti o pazienti esenti da un quadro di scom-penso, ma a rischio per la presenza di malattie cardiache che possono evolvere verso un’insufficienza cardiaca (stadio B) o pazienti che, pur non avendo patologie cardiache in atto, sonotuttavia ad alto rischio di sviluppare cardiopatie in grado di evolvere verso uno scompenso (stadio A).

Cardiopatia ischemica 65,0%

Miocardiopatia dilatativa idiopatica 18,0%

Cardiopatia valvolare 5,0%

Cardiopatia ipertensiva 5,0%

Altro 7,0%

Tabella 13.1 Eziologia dello scompenso cardiaco

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Capitolo 13 - SCOMPENSO CARDIACO 307

2

endogeni di compenso (si veda in precedenza e oltre) e/oa un appropriato trattamento farmacologico.Tuttavia diversi fattori, che sopraggiungono in modo piùo meno improvviso, possono alterare l’equilibrio, taloraprecario, raggiunto dal paziente e causare un aggravamentodel quadro clinico, determinando un peggioramento dellafunzione cardiaca o imponendo al cuore un carico di lavorosupplementare.In questi casi è importante individuare la causa che hadeterminato l’aggravamento, perché spesso si tratta dicondizioni reversibili che possono essere risolte con unaterapia appropriata. Se il paziente supera la crisi acuta e lacausa precipitante può essere eliminata, è spesso possibile

recuperare il precedente stato di equilibrio. Nella gestionesuccessiva del paziente si dovrà avere particolare cura dievitare l’esposizione alla causa o alle cause che hanno pre-cipitato l’aggravamento dello scompenso. I fattori che piùfrequentemente sono implicati come cause precipitanti diuno scompenso cardiaco sono indicati di seguito.

Stress fisico, psichico, alimentare, ambientale

Ogni brusco cambiamento delle condizioni di vita checomporti per il cuore un sovraccarico di lavoro (caldo,freddo, eccesso di sale nella dieta, emozioni, superlavoroecc.) può rendere manifesto o peggiorare uno scompenso.

 Ipertensione

Bruschi aumenti della pressione arteriosa impongono alcuore, come visto, un significativo aumento del lavoro,che può far precipitare o aggravare uno scompenso.

 Aritmie

La comparsa di aritmie è un evento frequente nei pazienticardiopatici e può fare precipitare uno scompenso cardia-co in equilibrio precario. In caso di tachiaritmie si ha unamarcata riduzione della durata della diastole, cosicché ilriempimento ventricolare può risultare insufficiente a man-tenere un’adeguata portata cardiaca; nelle bradiaritmie,d’altro canto, se la frequenza cardiaca è molto bassa, permantenere la portata cardiaca a valori sufficienti può essere

richiesto un aumento della gittata sistolica al di sopra dellepossibilità del ventricolo insufficiente. Inoltre, spesso learitmie comportano una dissociazione tra attività atrialee attività ventricolare, con perdita dell’apporto atriale alriempimento ventricolare, che in pazienti con insufficienzacardiaca di una certa gravità può essere determinante permantenere una sufficiente portata cardiaca. La perdita dellasistole atriale è anche la causa principale, insieme all’elevatafrequenza cardiaca, dell’aggravamento dello scompensoquando si sovrappone una fibrillazione striale, che è peraltrouna delle aritmie più frequenti in presenza di uno scompen-so cardiaco. Infine, in caso di frequenti aritmie ventricolario di tachicardia ventricolare, può contribuire alla riduzione

dell’efficienza contrattile ventricolare anche la perdita dellanormale sincronizzazione della contrazione miocardicaconseguente all’attivazione anomala dei ventricoli.

 Infezioni sistemiche

Le infezioni possono precipitare uno scompenso cardiacosia in quanto determinano un aumento del lavoro cardiaco(a causa dell’abituale tachicardia secondaria all’iperpires-sia), sia per un aumento di citochine proinfiammatorie cir-colanti, che possono deprimere la contrattilità miocardica.

 Aumento della portata cardiaca

La richiesta di un aumento della portata cardiaca, permotivi fisiologici (per esempio, durante una gravidanza)o per lo sviluppo di alcune condizioni patologiche (peresempio, anemizzazione, tireotossicosi), può essere causadi aggravamento o anche del primo manifestarsi di unoscompenso cardiaco prima clinicamente latente.

 Malattie renali

L’insufficienza renale, acuta e cronica, è associata a unaridotta escrezione di sodio, che può esacerbare la riten-zione idrica tipica dello scompenso.

 Embolia polmonare

L’embolia polmonare è una patologia acuta che richiedeun pronto riconoscimento e trattamento. In alcuni casi

Primitiva:– cardiopatia ischemica– miocardiopatie– miocarditi

Secondaria:– ipertensione arteriosa– cardiopatie valvolari– cardiopatie congenite– sindrome da alta gittata

– Ipertensione acuta grave– Cardiopatie valvolari  (acute e croniche)– Cardiopatie congenite– Sindrome da alta gittata– Ostruzione AV – Ostruzione all’efflusso– Tamponamento cardiaco

– Riduzione della volemia– Anemia acuta– Vasodilatazione

Insufficienzamiocardica

Insufficienzacardiaca

Insufficienzacircolatoria

Figura 13.12

Relazione trainsufficienzamiocardica,cardiaca ecircolatoria.

Esso mostra come l’insufficienza miocardica, che è caratterizzata da un deficit funzionale meccanico del muscolo cardiaco, costituisca una parte dell’insufficienza cardiaca, la quale più gene-ralmente comprende tutti i casi in cui la presenza di malattie cardiache impedisce al cuore di garantire un’adeguata gittata cardiaca. L’insufficienza cardiaca, a sua volta, è una parte della piùgenerale condizione di insufficienza circolatoria, che comprende tutti i casi in cui non si riesce a garantire un adeguato apporto di ossigeno ai tessuti dell’organismo.

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Parte 2 - MALATTIE DEL SISTEMA CIRCOLATORIO308

 fenomeni microembolici, piuttosto che causare un qua-dro tipico di embolia polmonare, possono determinareun aumento della pressione nel circolo polmonare che simanifesta con un aggravamento di uno scompenso delventricolo destro (si veda il Capitolo 22).

 Riduzione inappropriata della terapia

La causa più frequente di peggioramento dello scompensocardiaco è probabilmente un’inappropriata autoriduzio-ne della terapia farmacologica da parte del paziente; èquindi importante spiegare bene al paziente che qualsiasivariazione del trattamento deve sempre essere concordatacon il curante.

 Assunzione di farmaci controindicati

o di sostanze tossiche

L’assunzione di farmaci che riducono la contrattilità car-diaca (come molti farmaci antiaritmici, i calcio-antagoni-sti non diidropiridinici, dosi eccessive di β-bloccanti e al-cuni farmaci antineoplastici) o di farmaci che aumentanola ritenzione idrica (come gli estrogeni e i farmaci antin-

fiammatori, sia steroidei sia non steroidei) sono un’altracausa frequente di peggioramento di uno scompensocardiaco. Inoltre, lo scompenso può essere aggravato daun’assunzione eccessiva di bevande alcoliche o sostanzetossiche come, per esempio, la cocaina.

Nuove malattie cardiache

Il sovrapporsi di una nuova malattia cardiaca (infarto mio-cardico, endocardite infettiva, miocardite) alla cardiopatiadi base può fare precipitare, spesso in maniera catastrofica,un’insufficienza cardiaca in equilibrio precario.

Fisiopatologia

In presenza di una riduzione della contrattilità miocar-dica o di un sovraccarico di lavoro cardiaco, le conse-guenze emodinamiche più immediate sono rappresentatedall’aumento della pressione venosa a monte e/o dallariduzione della gittata sistolica a valle della camera in-sufficiente. L’organismo reagisce con una serie di mecca-nismi di compenso che hanno lo scopo di mantenere laportata cardiaca su valori normali. Nei gradi più lievi discompenso questi aggiustamenti riescono a garantire unadeguato flusso ematico in qualunque condizione. Neicasi di scompenso moderato, tuttavia, essi potranno con-sentire il mantenimento di una normale portata cardiacasolo a riposo, ma non sotto sforzo (quando è richiestoun aumento rilevante della gittata stessa). Nei casi piùgravi, infine, essi saranno incapaci di garantire una gittatasufficiente anche per sforzi lievi, o addirittura a riposo.Va peraltro osservato che, sebbene i meccanismi di com-penso consentano di garantire, per un periodo più omeno lungo, un soddisfacente compenso di circolo, essi,soprattutto quando il loro grado di attivazione è elevato,possono progressivamente comportare effetti negativisulla funzione cardiocircolatoria, che finiscono con ilcontribuire a peggiorare, in un circolo vizioso, il quadroclinico dello scompenso cardiaco.I principali meccanismi di compenso che consentono alcuore di garantire una funzione di pompa soddisfacentein presenza di un’insufficienza cardiaca sono:

• meccanismo di Starling;• meccanismi neuroendocrini;• ipertrofia miocardica e rimodellamento ventricolare.

Del primo di questi meccanismi si è parlato ampiamentein precedenza e si è visto come esso consenta una re-golazione rapida della funzione cardiaca. Si vedrà ora

come si attua e cosa comporta l’attivazione degli altridue meccanismi.

 Meccanismi neuroendocriniL’attivazione di meccanismi neuroumorali consente diottenere un compenso rapido della funzione cardiaca. Lariduzione della gittata cardiaca, infatti, determina imme-diatamente una serie di reazioni neuroumorali finalizzatea ripristinare valori normali della gittata stessa e mante-nere una normale perfusione degli organi. Uno schemadei principali meccanismi di compenso e delle loro con-seguenze è illustrato nella Figura 13.13.Una delle prime e importanti conseguenze di una ridu-zione della gittata sistolica, mediata da riflessi nervosi a

partenza da strutture barocettoriali e chemocettoriali, èl’attivazione del sistema nervoso simpatico. Questa deter-mina, come già accennato nei paragrafi precedenti, un au-mento sia della frequenza sia della contrattilità cardiaca.Essa, inoltre, produce una vasocostrizione arteriolare neidistretti più sacrificabili dell’organismo (soprattutto cu-te, muscoli scheletrici e organi addominali), favorendola ridistribuzione del flusso verso organi vitali (cuore ecervello), che hanno, peraltro, una regolazione delle re-sistenze vascolari in gran parte autonoma e indipendenteda influenze neuroumorali.Un’altra fondamentale sequenza di meccanismi di adatta-mento nello scompenso consegue alla riduzione del flussoa livello del rene. La ridotta gittata cardiaca determina una

riduzione della pressione nelle arteriole glomerulari. Neconsegue una complicata sequenza di eventi che ha comerisultato una ritenzione di acqua e sodio. Nella rispostarenale all’ipoperfusione riveste un ruolo centrale l’attiva-zione del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAA),che contribuisce a mantenere la vasocostrizione arteriolare.Inoltre, tanto la stimolazione α-adrenergica quanto l’atti-vazione del sistema RAA promuovono il trasporto di sodionei tubuli prossimali e causano ritenzione idrosalina, cheè finalizzata ad aumentare il ritorno venoso di sangue alcuore, con l’intento di rispristinare un’adeguata portatacardiaca. Il sodio e l’acqua trattenuti, infatti, espandonosolo il volume del compartimento extracellulare dell’or-ganismo, in quanto il sodio è espulso attivamente dal-le cellule e l’acqua lo segue passivamente per gradienteosmotico. Il compartimento extracellulare comprendel’interstizio e il letto vascolare. Quindi, la ritenzione idro-salina aumenta il volume ematico e il volume del liquidointerstiziale. Il volume ematico totale influenza il riempi-mento ventricolare (precarico) e pertanto il suo aumentotende a migliorare la funzione cardiaca.Può contribuire a questi meccanismi di compenso ancheuna maggiore liberazione, da parte dell’ipofisi, di argini-na-vasopressina (ormone antidiuretico), che pure inducevasocostrizione e ritenzione idrica. La liberazione di argi-nina-vasopressina avviene sia per sollecitazioni osmotiche(aumento della pressione osmotica del liquido extracellulare

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Capitolo 13 - SCOMPENSO CARDIACO 309

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conseguente alla ritenzione di sodio), sia per sollecitazioninon osmotiche (la diminuzione della gittata sistolica èavvertita dai barocettori carotidei come un segnale di dimi-nuzione del volume di fluido circolante). È perciò possibileche nello scompenso cardiaco si abbia iponatriemia, cheperaltro è un indicatore prognostico negativo.Oltre ai vari fattori neuro-ormonali circolanti, possono

contribuire a determinare un aumento delle resistenzeperiferiche e ridistribuzione della portata cardiaca anchesostanze vasocostrittrici, prodotte in vari distretti vasco-lari, che agiscono come fattori locali di regolazione delcircolo. Una delle più importanti di queste è l’endotelina,che è prodotta dalle cellule endoteliali.Agli altri meccanismi neuro-ormonali si aggiunge, nellefasi finali dello scompenso cardiaco, un’elevata produzio-ne di alcune citochine, in particolare il fattore di necrositumorale (TNF, Tumor Necrosis Factor), che è probabil-mente responsabile del quadro di cachessia che si presentanello scompenso terminale.Un meccanismo puramente periferico di adattamentoall’ipoperfusione è costituito, infine, da una maggiore

estrazione di ossigeno dal sangue arterioso che perfondei tessuti da parte delle cellule; ciò determina una diminu-zione della saturazione di O

2 nel sangue venoso misto, che

può scendere dal normale 70% a meno del 55%.

 Effetti negativi dei meccanismi di compenso

Come notato in precedenza, i meccanismi neuroumoralidi adattamento circolatorio, validi ed efficaci nel breve

termine, possono finire con l’essere controproducenti enocivi a lungo termine. Per esempio, la vasocostrizione,utile inizialmente per ridistribuire il flusso ematico versogli organi vitali, alla lunga comporta un aggravio di lavoroper il cuore (aumento del postcarico) e può instaurare uncircolo vizioso che tende a far peggiorare lo scompenso.Nel caso di un cuore insufficiente, infatti, l’aumento delle

resistenze periferiche finisce con il comportare un’ulte-riore riduzione della portata cardiaca; questa, a sua volta,determina un’ulteriore vasocostrizione per ridistribuireil flusso insufficiente, e così via in una spirale negativa.La base razionale per l’uso di vasodilatatori arteriosi nellaterapia dello scompenso (in particolare dei farmaci cheinibiscono l’aumentata attività del sistema RAA) sta pro-prio nell’intento di interrompere questo circolo vizioso.Analogamente, anche la ritenzione di sodio e acqua opera-ta dal rene ipoperfuso, finalizzata, come visto, a garantireun adeguato ritorno venoso al cuore, può finire con l’es-sere inappropriata e avere alcune conseguenze negative.Essa, infatti, consente un miglioramento della gittatasistolica sino a quando la relazione precarico-gittata non

raggiunge il plateau della curva di Starling. Al di là diquesto limite l’espansione del volume ematico finisce conl’essere associata a una riduzione della gittata. Peraltro,a causa del deficit contrattile cardiaco, le curve di Star-ling sono spostate in basso e, quindi, il plateau in questecondizioni è raggiunto prima che nel cuore normale. Labase razionale per l’uso dei diuretici e dei vasodilatatorivenosi nello scompenso sta proprio nell’intento di ridurre

↑ Angiotensina II Aldosterone

 Vasocostrizioneperiferica

ReninaET-1

↑ Attività SNS

 Vasopressina(ADH)

Rimodellamento

 ventricolare

↓ Flusso renale↑ Ritenzione sodio

↑ Riassorbimento H2O↑ Secrezione di renina

↓ Sensibilità β-AR ↓ Riserve norepinefrina↓ Innervazione simpatica

↑ Aritmie

Figura 13.13

Principalimeccanismineuroendocrinidi compensonello scompensocardiaco, innescatidalla riduzionedella gittatasistolica e dallaconseguentestimolazionedi chemocettorie meccanocettorilocalizzati nelmiocardio,nell’aorta e nelbulbo carotideo.

Sono illustrati i più impor tanti effetti dell’attivazione del sistema nervoso adrenergico, del sistema renina-angiotensina-aldosterone, oltre che della vasopressina (o ormone antidiuretico, ADH)e dell’attivazione vascolare locale che determina un aumento della produzione di endotelina 1 (ET-1).

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Parte 2 - MALATTIE DEL SISTEMA CIRCOLATORIO310

il volume ematico totale, o di ridistribuirlo verso la peri-feria, nei casi in cui esso abbia superato i limiti utili per ilmiglioramento della prestazione cardiaca o rischi di pro-durre un’eccessiva trasudazione interstiziale (pericolosasoprattutto nei polmoni).

 Meccanismi di controregolazione

Indipendentemente dagli interventi farmacologici,anche l’organismo prevede meccanismi di controre-golazione che tendono a bilanciare, almeno in parte,l’eccessiva e persistente vasocostrizione e la ritenzionedi acqua e sodio promosse dai meccanismi di compen-so. Uno dei più importanti è rappresentato dai peptidinatriuretici, sostanze vasoattive prodotte dalle cellulemuscolari degli atri (peptide natriuretico atriale) e deiventricoli (peptide natriuretico di tipo B) in risposta auno stiramento delle loro pareti che, come dice il no-me, favoriscono l’escrezione urinaria di sodio. L’effettodiuretico e natriuretico e quello vasodilatatore di questipeptidi tendono a ridurre il volume ematico, e quindiil precarico. In aggiunta a ciò, i peptidi natriuretici fre-

nano l’attività del sistema simpatico, della vasopressinae del sistema RAA.Anche a livello renale vengono prodotte sostanze coneffetti vasodilatatori, le prostaglandine, che contrastanoin parte gli effetti dell’angiotensina sull’albero vascolaree contribuiscono a sostenere la filtrazione glomerularequando il flusso renale si riduce a livelli critici, nelle fasiavanzate della malattia. Per questo motivo i farmaci an-tinfiammatori che inibiscono le prostaglandine possonopeggiorare il quadro di scompenso.Un ulteriore meccanismo di protezione dagli effetti ne-gativi dei vari fattori neuroendocrini è rappresentatodalla ridotta espressione sulle membrane cellulari (down

regulation) dei loro recettori specifici. In termini generali,

qualsiasi stimolazione prolungata di recettori da partedi un ormone o di un neurotrasmettitore comporta allalunga una riduzione del numero o della sensibilità deirecettori stessi. Tipicamente, la down regulation dei recet-tori β-adrenergici cardiaci durante lo scompenso tendea preservare le cellule miocardiche dagli effetti negatividell’eccessiva stimolazione simpatica (apoptosi, aritmo-genicità). Tuttavia, quando essa è eccessiva e prolungatafinisce con il determinare una marcata riduzione dellarisposta inotropa e cronotropa del cuore alla stimolazio-ne adrenergica, con compromissione del meccanismodi compenso. In questa situazione l’uso dei β-bloccanti,limitando la down regulation causata dall’intensa stimo-lazione adrenergica, può paradossalmente ripristinareuna certa sensibilità dei β-recettori alle catecolamine,determinando così un miglioramento della funzioneventricolare.Il risultato del complesso gioco dei meccanismi neuro-ormonali di adattamento che intervengono nello scom-penso cardiaco è un equilibrio precario, che diventasempre più precario con il progredire dello scompenso.In alcune fasi lo stato di compenso è adeguato, in altre,invece, possono prevalere un’eccessiva vasocostrizionee/o un’eccessiva ritenzione idrica, che, in un cuore giàin difficoltà, finiscono con il causare un ulteriore sovrac-carico e, quindi, un ulteriore peggioramento della suaefficienza.

Ipertrofia miocardicae rimodellamento ventricolareL’ipertrofia miocardica costituisce un altro meccanismo dicompenso che il cuore mette in atto per migliorare la suaefficienza contrattile in condizioni di insufficienza cardia-ca persistenti nel tempo. Essa è pertanto un meccanismodi compenso cronico.

Non sono noti esattamente tutti i meccanismi moleco-lari attraverso cui un maggior carico di lavoro produceipertrofia. Probabilmente lo stimolo iniziale è l’aumentodello sforzo di parete che porta all’attivazione di canaliionici sensibili alle sue variazioni. Un secondo messagge-ro intracellulare agisce poi sul nucleo, attivando alcunigeni normalmente latenti. Ne risulta un doppio effetto:una crescita quantitativa della cellula, con aumento delnumero delle fibrille, dei sarcomeri e dei mitocondri, euna variazione qualitativa delle proteine che vengonosintetizzate per realizzare tale crescita.Il primo effetto è legato soprattutto all’attivazione dialcuni proto-oncogeni, come c-fos e c-myc , che fannoparte del normale meccanismo che regola la crescita e la

divisione cellulare. Il secondo effetto sembra consistere,invece, nella sintesi di varianti (isoforme) delle proteinecontrattili o di altre proteine cellulari, con riattivazione,in particolare, della sintesi di isoforme fetali. Ciò avvie-ne, per esempio, per la miosina, la cui isoforma fetale dàuna contrazione più lenta, ma caratterizzata da maggiorerendimento, cioè con minore consumo di energia a paritàdi lavoro, rispetto all’isoforma presente nell’adulto. Laproduzione di isoforme fetali nei cuori ipertrofici è statadimostrata anche per le altre proteine che costituiscono lefibre miocardiche e sembra finalizzata, complessivamente,a garantire un maggiore risparmio energetico, sebbene aprezzo di una minore funzionalità. Ciò vale anche per lapompa ATP-dipendente che accumula gli ioni calcio nel

reticolo sarcoplasmatico durante la diastole, consentendoil rilasciamento dei miocardiociti; il conseguente rallenta-mento di questo processo aiuta a spiegare la significativadisfunzione diastolica che caratterizza di solito il cuoreipertrofico. Anche le modificazioni della struttura delventricolo che conseguono all’ipertrofia contribuisconoa spiegare la disfunzione diastolica tipica di questa con-dizione. Insieme alle modificazioni dei miocardiociti,infatti, vi è nell’ipertrofia cardiaca la produzione di unamaggiore quantità di collagene interstiziale, dovuta aun’aumentata attività dei fibroblasti. L’ipertrofia miocardi-ca, quindi, è in genere accompagnata da un certo grado difibrosi, che conferisce una minore distensibilità alle pareti.Le variazioni della geometria del ventricolo che va incon-tro a ipertrofia sono diverse a seconda del tipo di sovrac-carico a cui il cuore è sottoposto, sebbene, in generale,l’ipertrofia si sviluppi in modo da mantenere lo sforzo diparete il più possibile entro limiti normali (Figura 13.14).Così, se l’ipertrofia miocardica è causata da un sovracca-rico di pressione del ventricolo, si avrà un ispessimentodelle pareti, mentre i volumi ventricolari non sarannosostanzialmente modificati (ipertrofia concentrica). Per lalegge di Laplace (S = Pr/2h), l’aumento di spessore dellaparete ventricolare limita l’aumento di sforzo causatodall’aumento di pressione. Se, viceversa, l’ipertrofia è cau-sata da un sovraccarico di volume, si avrà una dilatazionedella camera ventricolare che consente di fronteggiare

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Capitolo 13 - SCOMPENSO CARDIACO 311

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la necessità di una maggiore gittata sistolica (ipertrofiaeccentrica). Ne consegue un incremento del postcarico,ma, anche in questo caso, un aumento dello spessore dellaparete ventricolare limita l’aumento dello sforzo di parete.Le modificazioni prodotte dall’ipertrofia permettonoal cuore di sostenere, sino a un certo punto, il maggiorcarico di lavoro che viene richiesto. Se il grado di iper-

trofia (ed eventualmente della fibrosi associata) diventaeccessivo, esso finisce con il determinare una notevolealterazione dell’equilibrio energetico cellulare e con ilcompromettere sia la funzione sistolica sia quella diasto-lica. Con il persistere del sovraccarico, inoltre, l’architet-tura dei ventricoli si altera e si assiste a una progressivadilatazione della cavità, con assottigliamento e fibrosidelle pareti, che finisce per compromettere l’utilità dell’i-pertrofia stessa.Agli effetti negativi che si hanno in caso di ipertrofia ec-cessiva contribuisce anche la possibilità che si verifichinoischemia miocardica, causata dal maggior lavoro cardiacoe da un insufficiente sviluppo del microcircolo coronarico,associato ad alterazioni funzionali.

Progressione dell’insufficienza miocardicaI meccanismi responsabili del peggioramento clinico diuno scompenso cardiaco sono molteplici e non semprefacilmente identificabili.Come visto, se le cause dello scompenso persistono,i meccanismi di compenso descritti in precedenza posso-no diventare progressivamente insufficienti a mantenere

uno stato di compenso emodinamico e possono essi stes-si avere effetti nocivi sul cuore. Esempi di questi effettinegativi sono l’effetto proaritmico causato dall’eccessivaattivazione simpatica, la fibrosi causata dall’attivazionedel sistema renina-angiotensina e l’ischemia miocardicafavorita dall’ipertrofia. Ovviamente, il peggioramentodella patologia cardiaca di base o il sopravvenire di in-sulti cardiaci acuti (per esempio, un infarto, una miocar-dite, un’endocardite ecc.) costituiscono altre condizionifrequenti di aggravamento del quadro di scompenso.Indipendentemente dai meccanismi, l’incremento più omeno progressivo e graduale di un sovraccarico di lavoro(pressorio e/o di volume) del cuore si rende responsabilein diversi pazienti di un progressivo peggioramento della

Normale

Sovraccarico pressorio Sovraccarico di volume

 Aumento della pressionesistolica

 Aumento del volumediastolico

 Aumento diastolico di S

 Aggiunta in seriedi sarcomeri

Dilatazione della cavità

 Aggiunta in parallelodi miofibrille

 Aumento sistolico di S

Ispessimento della parete

Ipertrofiaconcentrica

Ipertrofiaeccentrica

– + +

–Figura 13.14Schema deimeccanismie dellecaratteristichedell’ipertrofiamiocardicada sovraccaricodi pressioneo di volume.

Nel sovraccarico di pressione le pareti ventricolari si ispessiscono grazie a una replicazione parallela dei sarcomeri. Ciò comporta un aumento più spiccato dello spessore di parete (h) rispet-to al raggio della cavità (r). Per la legge di Laplace (S = Pr/2h), l’aumento di spessore (h) compensa l’aumento di pressione (P), in modo da far crescere di poco il postcarico o stress diparete (S). Nel sovraccarico di volume, invece, la cavità si dilata grazie a una replicazione in serie dei sarcomeri e ciò consente di incrementare la gittata sistolica. L’aumento r che ne conse-gue comporterebbe un aumento di postcarico, ma anche questo viene compensato da un corrispondente modesto aumento di h.

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Parte 2 - MALATTIE DEL SISTEMA CIRCOLATORIO312

funzione contrattile miocardica e dei sintomi di scompen-so che, alla fine, può portare all’exitus.Le cause cellulari e molecolari del deterioramento con-trattile del miocardio non sono tuttora molto chiare, maesso può riflettere una perdita progressiva di miociti (inparticolare per apoptosi), una riduzione progressiva dellaloro attività contrattile, in assenza di una riduzione del

loro numero, o entrambi i meccanismi, che possono va-riamente coesistere, eventualmente con un peso diversoa seconda della causa primaria dello scompenso cardiaco.

Conseguenze fisiopatologichedell’insufficienza cardiaca conclamata

Quando i meccanismi di compenso dell’insufficienzacardiaca non sono in grado di garantire una normalefunzione circolatoria compaiono, in modo più o menoevidente, i segni dell’aumento della pressione venosa amonte e dell’ipoperfusione a valle del cuore insufficiente(stadi C e D dello scompenso cardiaco).

Congestione venosaL’aumento della pressione venosa che consegue all’insuf-ficienza cardiaca, per qualsiasi causa essa si verifichi, sitrasmette a monte sino ai capillari, dove produce altera-zioni negli scambi di acqua e ioni. Com’è noto, la paretedei capillari è impermeabile alle proteine e agli elementicorpuscolati del sangue, mentre lascia passare liberamenteacqua, ioni e piccole molecole. Semplificando, gli scambitra sangue e liquido interstiziale sono regolati dalla diffe-renza tra la pressione idrostatica nei capillari (che tende afare uscire acqua verso l’interstizio) e la pressione osmoti-ca del plasma (che tende a trattenere e richiamare acquanel letto vascolare). Man mano che la pressione idrostaticanei capillari aumenta, sino a raggiungere o superare quella

osmotica (che è in media di 25 mmHg), la fuoriuscita diacqua verso l’interstizio diviene nettamente prevalente esi assiste alla formazione di edema interstiziale. Nel casodel polmone, se la quantità di acqua nel circolo aumentae supera la possibilità di drenaggio da parte del sistemalinfatico polmonare, essa inonda gli alveoli e l’edemadiventa alveolare.

 Ipoperfusione degli organi periferici

Quando i meccanismi di compenso non sono più in gradodi garantire una portata cardiaca sufficiente a soddisfare leloro esigenze metaboliche, diversi organi danno segni disofferenza e non svolgono più adeguatamente le propriefunzioni.L’ipoperfusione dei tessuti in genere produce ipossia pe-riferica e, nei casi gravi, acidosi, a causa dell’aumento delmetabolismo anaerobico che la accompagna.L’ipoperfusione del rene, oltre un certo limite, produceinsufficienza renale che, nei gradi estremi di shock cardio-geno, arriva sino all’anuria completa. Anche in casi nonparticolarmente gravi si possono riscontrare iperazotemiae aumento della creatininemia.La congestione epatica (dovuta all’aumento della pres-sione venosa sistemica) associata all’ipoperfusione puòcondurre, nei casi gravi, alla necrosi centrolobulare, conle relative manifestazioni metaboliche dell’insufficienzaepatica.

Termini descrittivi (classificazione)dello scompenso cardiaco

Nel corso degli anni sono stati utilizzati diversi terminiper descrivere caratteristiche particolari dello scompensocardiaco, riferite, in genere, al prevalere di un particola-re meccanismo patogenetico o fisiopatologico o al tipo

di presentazione clinica. Sebbene questi termini spessonon rispecchino in modo adeguato i meccanismi e lemanifestazioni cliniche dello scompenso, possano taloragenerare confusione e siano tutto sommato spesso mal de-finiti, essi sono ancora ampiamente utilizzati nella praticaclinica per la loro capacità di sintetizzare alcuni aspettidello scompenso.

Scompenso cardiaco acuto e cronico

Mentre il termine scompenso cardiaco cronico indica unostato di insufficienza cardiaca, più o meno compensatae sintomatica, stabile nel tempo, il termine scompensocardiaco acuto indica in genere la comparsa improvvisao in breve tempo di sintomi e/o segni di insufficienzacardiaca importanti, che richiedono un trattamento piùo meno rapido o urgente.Si deve osservare come uno scompenso cardiaco acutopossa verificarsi in pazienti che presentano una funzionecontrattile del miocardio del tutto normale, a causa dipatologie che impongono improvvisamente al cuore uncarico di lavoro eccessivo, come, per esempio, una gravecrisi ipertensiva, la rottura di un lembo valvolare per en-docardite o anche un improvviso ostacolo al riempimentocardiaco (come nel tamponamento cardiaco o per un’o-struzione dell’ostio mitralico).Quadri clinici specifici, particolarmente gravi, di scom-penso cardiaco acuto sono l’edema polmonare acuto e lo

shock cardiogeno.

Scompenso cardiaco destro e sinistro

Le patologie cardiache che causano uno scompenso pos-sono compromettere esclusivamente o prevalentementeuna delle sezioni (destra e sinistra) del cuore, con ov-vie implicazioni fisiopatologiche e cliniche. Infatti, se loscompenso è dovuto alla compromissione del ventricoloe/o dell’atrio sinistro, l’aumento della pressione venosa, lacongestione e l’dema si verificano nel circolo polmonare(scompenso cardiaco sinistro); se, viceversa, esso è dovutoalla compromissione del ventricolo e/o dell’atrio destro,gli stessi processi patologici hanno luogo nella circolazio-ne venosa sistemica (scompenso cardiaco destro).

Nello scompenso cardiaco sinistro prevarranno i sintomi didispnea e i segni di stasi polmonare all’auscultazione tora-cica, mentre nello scompenso cardiaco destro prevarrannoi segni di una significativa congestione venosa periferica(turgore delle giugulari, edemi periferici, epatomegalia).Lo scompenso cardiaco sinistro è di gran lunga più fre-quente, e ciò perché le malattie cardiache che più spessosono causa di insufficienza cardiaca (la cardiopatia ische-mica, l’ipertensione arteriosa e i vizi valvolari importanti)coinvolgono esclusivamente o prevalentemente le sezionisinistre del cuore.L’interessamento esclusivo o predominante delle cavitàdestre nello scompenso è meno frequente e si verifica

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Capitolo 13 - SCOMPENSO CARDIACO 313

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in genere per condizioni patologiche che interessanoprimitivamente il circolo polmonare (cuore polmonarecronico; si veda il Capitolo 14). Più spesso, viceversa, loscompenso delle cavità destre del cuore consegue a quellodelle cavità sinistre, per la ripercussione che le alterazionidel circolo venoso polmonare hanno, a lungo termine, sulcircolo arterioso del polmone stesso. Alcune patologie,

d’altro canto, possono colpire contemporaneamente lesezioni destre e sinistre del cuore (cardiopatia ischemica,miocarditi, miocardiopatie), determinando fin dal prin-cipio uno scompenso cardiaco biventricolare o globale.

Scompenso cardiaco sistolico e diastolicoSi è già visto come la compromissione della funzionecontrattile del miocardio ventricolare sia la causa più fre-quente di scompenso cardiaco (scompenso sistolico). D’al-tro canto, in diversi casi sintomi di scompenso possonoessere presenti in pazienti con normale funzione sistolicaa causa di un’alterata funzione diastolica, dovuta a unaridotta distensibilità miocardica. Questa, se importante,può compromettere il riempimento diastolico ventrico-

lare, causando un aumento delle pressioni endocavitarietelediastoliche e, quindi, nel circolo venoso a monte e,nei casi più gravi, può compromettere anche la gittatasistolica (scompenso diastolico; Figura 13.15).Le cause di uno scompenso diastolico (detto anche scom-penso cardiaco con funzione sistolica preservata) sono so-prattutto le patologie del miocardio che causano ipertrofiae/o fibrosi delle pareti ventricolari (come l’ipertensione

arteriosa, la cardiomiopatia ipertrofica e la cardiomio-patia restrittiva). Una disfunzione diastolica, tuttavia, èanche presente in pazienti con ridotta funzione sistolica.Quest’ultima, d’altro canto, può subentrare alla lungain condizioni inizialmente caratterizzate da una puradisfunzione diastolica, per cui la separazione di questedue forme di scompenso è spesso arbitraria.

Scompenso anterogrado e retrogradoQuesti termini si riferiscono, rispettivamente, alla preva-lenza di sintomi o segni di scompenso dovuti alla ridottaperfusione periferica conseguente alla riduzione della gittatacardiaca (quindi dovuti alle ripercussioni anterograde allacamera ventricolare insufficiente) o di sintomi o segni discompenso dell’ipertensione venosa a monte della cameraventricolare insufficiente (quindi dovuti alle ripercussioniretrograde della disfunzione cardiaca). Anche in questo caso,tuttavia, la distinzione è sottile. I segni di congestione veno-sa spesso si associano a una grave compromissione sistolicae quindi della perfusione anterograda. D’altro canto unaridotta perfusione renale anterograda induce ritenzione di

liquidi e quindi favorisce i segni di scompenso retrogrado.

Scompenso a bassa gittata e ad alta gittataLo scompenso cardiaco classicamente si associa a una ridu-zione della portata cardiaca; esso quindi è, o tende a essere,a bassa portata. Tuttavia, esistono alcune condizioni, peral-tro rare, in cui lo scompenso cardiaco si manifesta perchél’organismo richiede un flusso ematico molto superiore

Disfunzionediastolica VSn

 Alteratoriempimento VSn

Riduzione del volume telediastolico VSn

 Aumento di pressione telediastolica VSn

Ridotta gittatasistolica

 Aumento di pressionein atrio sinistro

 Attivazioneneuro-ormonale

Congestione/edemapolmonare

Ingrandimentoatriale sinistro

Stasi atrialee nelle vene polmonari

Fibrillazione

atriale

Rischio

 tromboembolico

Rimodellamento

sfavorevole VSn

Ritenzione

idrosalinaEdema

Figura 13.15

Meccanismiattraverso cuila disfunzionediastolica delventricolo sinistropuò portarea segni e sintomidi scompensocardiaco.

Si sottolinea come anche lo scompenso di tipo diastolico, causando aumento della pressione atriale sinistra, favorisca lo sviluppo di fibrillazione atriale.VSn = ventricolo sinistro.

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Parte 2 - MALATTIE DEL SISTEMA CIRCOLATORIO314

al normale, che il cuore, pur non presentando di per séalterazioni patologiche, almeno inizialmente, non riescea garantire. Queste forme vengono definite di scompensoad alta gittata. In pratica, allo scopo di aumentare la por-tata in risposta alle aumentate richieste dell’organismo,il cuore è sottoposto a un sovraccarico di volume similea quello che si verifica nelle gravi insufficienze valvolari.

In alcuni casi, inoltre, la patologia primitiva, responsabiledelle aumentate richieste metaboliche dell’organismo, de-termina anche una compromissione diretta della funzionecontrattile del miocardio, facilitando così la comparsadello scompenso. In generale, le cause dello scompensoad alta gittata sono abbastanza facilmente individuabili eil loro trattamento consente di risolvere efficacemente loscompenso. Di seguito sono elencate le principali condi-zioni in grado di causare uno scompenso ad alta gittata.

 Ipertiroidismo

L’aumento della portata cardiaca in questi casi è dovutoal maggiore metabolismo tissutale causato dall’eccesso diormoni tiroidei. La tireotossicosi, inoltre, a lungo termine

può compromettere il metabolismo cardiaco. La presenzadi segni di ipertiroidismo, di tachicardia o di tachiaritmieatriali refrattarie alle terapie consuete dovrebbe far sospet-tare la diagnosi.

 Anemia

In caso di anemia importante, un aumento della gittatacardiaca è necessario per mantenere un normale traspor-to di ossigeno ai tessuti. L’ipossia miocardica e l’anemiapossono inoltre causare una compromissione dell’attivitàcontrattile del miocardio.

 Fistole arterovenose

In presenza di fistole periferiche arterovenose una quota

del sangue pompato dal cuore non attraversa i capillaritissutali, ma passa direttamente dal circolo arterioso aquello venoso; per mantenere la perfusione degli organila portata cardiaca deve di conseguenza aumentare. Unacondizione analoga si ha nella malattia di Paget, per lapresenza di un aumento del flusso ematico a livello osseo.

 Beri-beri, alcolismo

Un grave deficit di tiamina può determinare non solo idisturbi nervosi periferici tipici del beri-beri, ma ancheuna notevole vasodilatazione periferica, con aumentomarcato del ritorno venoso; questo deficit, inoltre, puòanche compromettere il metabolismo miocardico, ri-ducendo la produzione di energia per la contrazione. Ilberi-beri è ormai rarissimo in Occidente; tuttavia, unaforma di scompenso ad alta gittata da deficit vitaminicosi può verificare negli alcolisti cronici, sebbene in questocaso sia comunque più frequente uno scompenso cardiacodovuto agli effetti tossici diretti dell’alcol sul miocardio(cardiomiopatia alcolica).

Manifestazioni clinichedello scompenso cardiaco

I sintomi e i segni clinici principali che si possono riscon-trare all’anamnesi e all’esame obiettivo dei pazienti conscompenso cardiaco sono riassunti nella Tabella 13.2, in

cui vengono anche suddivisi in criteri maggiori e criteriminori per la diagnosi clinica sulla base di quanto sug-gerito dai risultati dello studio di Framingham. La loropatogenesi è sempre riconducibile in qualche modo allacongestione venosa o all’ipoperfusione periferica ed essi

possono combinarsi in vario modo nel singolo pazientea comporre diversi quadri clinici variamente determinatidalle cause di base e di quelle scatenanti dello scompenso,dalla rapidità di insorgenza e dalla gravità della disfun-zione ventricolare.

SintomatologiaI sintomi principali dello scompenso cardiaco riguardanola funzione respiratoria, l’attività muscolare, la diuresi ele funzioni cerebrali.La valutazione del livello di attività fisica che determina lacomparsa di sintomi (dispnea e fatica muscolare in primoluogo) consente di precisare il grado di capacità funzionaledel paziente, che è strettamente dipendente dalla gravità

dell’insufficienza cardiaca. Sulla relazione tra sintomi eattività fisica si basa la classificazione funzionale di gravitàdello scompenso cardiaco della New York Heart Association,che è quella più utilizzata nella pratica clinica (Tabella 13.3).

 Funzione respiratoria

La dispnea è senz’altro il sintomo più frequente e carat-teristico dello scompenso e consiste in una sensazionedi fatica a respirare associata a una sensazione di famed’aria o mancanza di respiro. Essa è conseguenza dellacongestione polmonare, che provoca edema interstizialee riduce perciò la distensibilità dei polmoni e l’ossigena-zione del sangue. Ciò fa aumentare il lavoro dei muscoli

Criteri maggiori

• Dispnea parossistica notturna

• Distensione delle vene del collo

• Rantoli

• Cardiomegalia

• Edema polmonare acuto

• Ritmo di galoppo da III tono

• Aumento della pressione venosa (> 16 cm H20)

• Reflusso epatogiugulare

Criteri minori

• Edemi periferici

• Tosse notturna

• Dispnea da sforzo

• Epatomegalia

• Versamento pleurico

• Riduzione della capacità vitale di un terzo del normale

• Tachicardia (frequenza cardiaca > 120 bpm)

Criteri maggiori o minori

• Perdita di peso > 4,5 kg in 5 giorni in risposta al trattamento

*La diagnosi è ritenuta certa in presenza di due criteri maggiori o di uncriterio maggiore e due criteri minori.

Tabella 13.2 Criteri di Framingham per la diagnosi

di scompenso cardiaco*

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Capitolo 13 - SCOMPENSO CARDIACO 315

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respiratori, che possono per di più essere male ossigenatiper effetto dell’ipoperfusione periferica, e contribuisce adeterminare la sensazione di mancanza di aria.Nei casi lievi o iniziali di scompenso la dispnea si mani-festa solo per sforzi intensi, o comunque in condizioniche richiedono un aumento del lavoro e della portatacardiaca. In alcuni pazienti, nelle fasi iniziali, il sintomodominante può essere una tosse stizzosa. Nei casi più gravila dispnea compare anche per sforzi di lieve entità e, neicasi avanzati, anche a riposo.Oltre che con gli sforzi, nei casi più gravi la dispnea puòcomparire con la semplice assunzione della posizione

supina, per cui il paziente ha la necessità di assumere omantenere la posizione eretta per poter respirare normal-mente (condizione definita ortopnea). Pertanto, quandoquesti pazienti vanno a letto sono costretti a dormirecon due o più cuscini per evitare la comparsa di dispnea,e quelli con maggiore insufficienza cardiaca sono a voltecostretti a trascorrere intere notti seduti sul letto o su unapoltrona per evitare o contenere la dispnea. Il motivo percui la posizione supina facilita la comparsa di dispnea ri-siede nel fatto che essa aumenta il ritorno venoso al cuore,facilitando così la congestione polmonare.Per motivi analoghi i pazienti con insufficienza cardiacapossono andare incontro durante la notte a episodi im-provvisi di dispnea (dispnea parossistica notturna). Oltrealla posizione supina, altri fattori possono contribuire inquesto caso a facilitare la comparsa della dispnea, comeuna depressione del centro del respiro durante il sonno,che facilita l’ipossia, e la riduzione del tono simpatico, chepriva il miocardio di uno stimolo importante per la suaefficienza contrattile. In questi casi il paziente si svegliaimprovvisamente con sensazione di difficoltà respiratoriae un respiro affannoso e sibilante, talora accompagnato datosse stizzosa. L’edema interstiziale, infatti, può compri-mere i bronchioli, provocando un aumento delle resisten-ze delle vie aeree (asma cardiaco). In genere, il pazientesi mette a sedere sul letto con i piedi penzoloni o si portaalla finestra alla ricerca di aria. Nei casi lievi i sintomi mi-

gliorano rapidamente con la posizione eretta, mentre neicasi più gravi migliorano solo lentamente o non miglio-rano affatto senza un intervento terapeutico, soprattuttoqualora si verifichi un edema polmonare conclamato,il quale si manifesta quando la congestione polmonareè tale da provocare, oltre all’edema interstiziale, ancheedema alveolare (si veda oltre, Edema polmonare acuto).

 Attività muscolare

I sintomi relativi all’attività muscolare, secondari all’i-poperfusione dei muscoli, sono piuttosto frequenti, maspesso sfumati e aspecifici, e consistono nella facile com-parsa di astenia durante attività fisica.

 Funzione renale

Nello scompenso cardiaco le alterazioni della diuresi sonospesso tipiche. La diuresi, infatti, è spesso contratta digiorno, mentre frequentemente migliora di notte (nictu-ria), costringendo il paziente ad alzarsi anche più volteper la minzione. Questo comportamento deriva dal fattoche durante le ore diurne l’ipoperfusione del rene può

essere importante (per la ridotta gittata cardiaca), per cuila diuresi è ridotta. Di notte, con la posizione clinostatica,la portata cardiaca aumenta come conseguenza dell’au-mento del ritorno venoso; ne deriva un aumento dellaperfusione renale, la quale migliora anche per la riduzionedella vasocostrizione delle arteriole renali. Nelle fasi piùavanzate dello scompenso l’ipoperfusione renale diventacostante e produce oliguria (meno di 500-600 mL nelle 24ore), con aumento dell’azotemia e della creatininemia.Quando la portata cardiaca è gravemente ridotta, si giungeall’anuria completa.

 Attività cerebrale

Sintomi di alterata funzione cerebrale compaiono solo nei

casi di grave riduzione della portata cardiaca, in particola-re quando coesistono gravi alterazioni vascolari cerebrali.Normalmente, infatti, la redistribuzione della portatacardiaca del flusso ematico cerebrale protegge l’encefalodall’ipoperfusione. Quando si manifestano, i sintomicerebrali consistono in perdita di memoria, difficoltà diconcentrazione, insonnia e ansietà nei casi cronici.Nei casi acuti (edema polmonare e shock cardiogeno), siosservano confusione mentale, agitazione, sonnolenza e,infine, stato comatoso.

SegniDiversi segni clinici indicativi di uno scompenso cardiacopossono essere variamente rilevati, a seconda delle cause edella gravità dello scompenso, mediante un attento esamefisico del paziente.

 Esame generale

L’esame della cute nel paziente scompensato permettedi evidenziare l’eventuale presenza di vasocostrizione odi edema.L’edema periferico, come la dispnea, è una manifestazio-ne frequente e tipica dello scompenso cardiaco. Comesi è detto, esso non è solo il risultato dell’aumento dipressione nelle vene e nei capillari sistemici, ma anchedella ritenzione idrosalina operata dal rene per effettodell’ipoperfusione. In pazienti con puro scompenso sini-

Classe I Pazienti senza limitazioni dell’attività fisica.

L’attività fisica abituale non causa sintomi

Classe II Lieve limitazione dell’attività fisica. Il pazienteè asintomatico a riposo, ma l’attività fisica

abituale causa sintomi

Classe III Grave limitazione dell’attività fisica. Il paziente

è asintomatico a riposo, ma un’attività fisica

anche inferiore a quella abituale causa sintomi

Classe IV Impossibilità di eseguire qualsiasi attività fisica

senza avere disturbi. Il paziente può presentare

sintomi di scompenso cardiaco anche a riposo.

I disturbi aumentano se viene intrapresa una

qualsiasi attività fisica

Tabella 13.3 Classificazione funzionale dei pazienti

cardiopatici della New York Heart

Association (NYHA)

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Parte 2 - MALATTIE DEL SISTEMA CIRCOLATORIO316

stro prolungato, infatti, vi può essere edema in assenzadi congestione venosa sistemica. D’altro canto, in casi discompenso destro insorto acutamente l’edema è inizial-mente assente, nonostante un aumento notevole dellapressione venosa sistemica. Ciò avviene perché, prima chesi manifesti un edema periferico, è necessario un marca-to aumento del liquido extracellulare, cosa che richiede

alcuni giorni per verificarsi.L’edema compare prima nelle parti declivi, e cioè ai piedie alle caviglie, dove la pressione idrostatica venosa è piùelevata, ed è tipicamente simmetrico (interessa cioè en-trambi gli arti inferiori). Nei casi meno gravi, esso comparedurante il giorno ma viene riassorbito durante la notte, inseguito all’aumento del ritorno venoso e della diuresi, edè assente al mattino. Nei pazienti costretti a letto l’edemacompare prima in regione sacrale.La presenza di edema si apprezza in genere bene alla sem-plice ispezione cutanea. Tuttavia, nelle forme più sfumatela sua presenza può essere meglio evidenziata comprimen-do la cute con un dito in aree cutanee abitualmente piùesposte allo sviluppo di edema (tipicamente la regione

pretibiale); la digitopressione, infatti, determina, in pre-senza di edema, un piccolo affossamento della cute, chescompare lentamente (segno della fovea).Nei casi più gravi di scompenso prolungato, l’edema puòdivenire generalizzato (anasarca), coinvolgendo gli arti su-periori, il torace (versamento pleurico), l’addome (ascite) ei genitali. Se l’edema non viene risolto e persiste nel tempo,esso può provocare indurimento della cute, con formazio-ne di aree discromiche (caratterizzate da macchie brune orossastre), soprattutto sul dorso del piede e alle caviglie.La costrizione dei vasi cutanei è un meccanismo compen-satorio dell’ipoperfusione periferica e mira a garantire unflusso adeguato agli organi più importanti. Essa diventaclinicamente evidente solo nei casi gravi di scompenso

cardiaco, in particolare nello shock cardiogeno. In questicasi la cute appare pallida, fredda e madida di sudore; leestremità sono cianotiche. Nei casi estremi di vasocostri-zione, aree cutanee cianotiche si aggiungono al pallore eall’ipotermia, rendendo la cute diffusamente marezzata,soprattutto agli arti.Da notare che lo scompenso cardiaco cronico grave puòportare a uno stato finale di cachessia, con perdita di pe-so e anoressia, una condizione indotta dall’aumentataproduzione di alcune citochine, soprattutto il fattore dinecrosi tumorale.

 Esame cardiovascolare

L’ispezione del paziente consente di effettuare una valuta-zione della pressione venosa centrale, che è elevata nellecondizioni di scompenso con insufficienza ventricolaredestra. La pressione venosa centrale si valuta osservandoil grado di turgore delle vene giugulari in posizione semi-seduta (a 45°). In questa posizione, quando la pressionevenosa è normale, le giugulari sono solo parzialmente di-stese. Per una valutazione migliore è opportuno svuotarele vene giugulari facendovi scorrere due dita, uno in sensocraniale e l’altro in senso caudale, e lasciando poi riempirela vena solo dal basso (mantenendo la pressione sulla venasolo con il dito craniale). Se la vena si riempie sino in cimao quasi, la pressione venosa è aumentata. In alcuni casiuna compressione sostenuta sull’addome fa comparire

una distensione delle vene giugulari prima assente, segnoche prende il nome di reflusso epatogiugulare.L’esame obiettivo cardiaco spesso rivela alcuni repertipiuttosto tipici, che sono presenti indipendentementedalla causa dello scompenso, come una frequenza cardiacatendenzialmente elevata (per effetto dell’ipertono simpa-tico), un cuore dilatato (spostamento dell’itto a sinistra

e in basso o aumento dell’aia cardiaca alla percussione) eun ritmo di galoppo all’auscultazione, dovuto in generealla presenza di un III tono cardiaco, che, in aggiunta alI e II tono, fa assumere al reperto auscultatorio cardiacocaratteristiche che ricordano, appunto, un “galoppo”(galoppo protodiastolico).A questo punto va ricordato che la presenza di un IIItono è un reperto abitualmente fisiologico nei bambinie nei giovani. Viceversa, il suo riscontro in un soggettoadulto è un segno fortemente indicativo di insufficienzamiocardica ed è comunque quasi sempre un segno dipatologia cardiaca, per cui impone un approfondimentodiagnostico.Il III tono è prodotto dalla brusca decelerazione del riem-

pimento ventricolare al termine della parte iniziale delladiastole e si rende udibile quando il flusso di sangue cheriempie il ventricolo in diastole è aumentato (per esempio,insufficienza mitralica o tricuspidale, o shunt sinistro-de-stro), oppure quando è ridotta la distensibilità delle pare-ti ventricolari, come avviene appunto nello scompenso,nell’ipertrofia miocardica o nella pericardite costrittiva. IlIII tono è un rumore di tonalità bassa, che si ascolta megliocon la campana del fondendoscopio in area apicale, conil paziente inclinato sul fianco sinistro, quando origina,come è nella maggior parte dei casi, dal ventricolo sinistro.Quando origina dal ventricolo destro, d’altro canto, essosi ascolta meglio in regione parasternale sinistra al IV o Vspazio intercostale, con il paziente in posizione supina.

In diversi pazienti può apprezzarsi, da solo o in aggiuntaal III tono, anche un IV tono, che è legato al rumore ge-nerato dalla spinta di sangue in un ventricolo con ridottadistensibilità, dalla sistole atriale (galoppo presistolico).La presenza sia di III che di IV tono conferisce ai tonicardiaci, all’auscultazione, le caratteristiche di un ritmoa quattro tempi.Altri segni auscultatori cardiaci dello scompenso possonoessere un’aumentata intensità della componente polmo-nare del II tono (per l’aumento della pressione arteriosapolmonare) e la comparsa di soffi sistolici da insufficienzadella valvola mitrale o tricuspide, che spesso conseguealla dilatazione delle rispettive camere ventricolari e allosfiancamento dei rispettivi anelli atrioventricolari secon-dario alla dilatazione ventricolare.La pressione arteriosa, nei pazienti con scompenso cro-nico, è abitualmente normale o modestamente ridotta,soprattutto la sistolica e la differenziale, a meno che nonsussista una condizione di ipertensione arteriosa di base.Quando la pressione differenziale è ridotta, il polso risultapiccolo (vale a dire con una ridotta escursione di ampiez-za apprezzabile alla palpazione). Misurando la pressionecon lo sfigmomanometro, si può rilevare talora, in casi digrave insufficienza ventricolare, la presenza di un polsoalternante, che nei casi più evidenti si può apprezzareanche con la semplice palpazione dei polsi periferici.Il polso alternante consiste nella successione regolare di

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Capitolo 13 - SCOMPENSO CARDIACO 317

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contrazioni cardiache energiche e contrazioni deboli, percui a una pulsazione forte ne segue una più debole.Nei casi di scompenso cardiaco acuto la pressione arterio-sa, d’altro canto, è talvolta inizialmente elevata in quantouna crisi ipertensiva può essere la causa precipitante delloscompenso acuto.

 Esame del toraceL’esame obiettivo toracico è in genere normale nei casi discompenso lieve. Quando l’aumento della pressione nellevene e nei capillari polmonari provoca trasudazione diliquido nel tessuto polmonare, si cominciano ad ascoltarerumori umidi in corrispondenza delle basi polmonari.Questi rumori si definiscono come rantoli crepitanti eaccompagnano l’inspirazione; tipicamente essi non simodificano dopo i colpi di tosse, a differenza dei rantolidi origine bronchiale. I rantoli possono interessare solo icampi inferiori, estendersi ai campi medi o essere diffusia tutto l’ambito auscultatorio toracico, per livelli crescentidi gravità dello scompenso sinistro.Quando l’edema interstiziale e la congestione della mu-

cosa bronchiale comprimono le vie aeree terminali, sipossono ascoltare anche ronchi e sibili. In caso di edemapolmonare acuto i rantoli divengono rapidamente gros-solani e si diffondono progressivamente a tutto l’ambitopolmonare (cosiddetta marea montante).Nello scompenso cronico, l’aumento della pressione neicapillari pleurici (che drenano sia nel sistema venoso siste-mico sia in quello polmonare) determina talvolta un versa-mento pleurico, più frequentemente a destra (idrotorace).

 Esame dell’addome

L’esame obiettivo addominale può mettere in evidenzaanzitutto un’epatomegalia, che si verifica quando l’au-mento della pressione venosa sistemica da scompenso

destro o globale provoca congestione delle vene epatiche.Se l’aumento di volume è acuto, l’organo risulta dolentealla palpazione.Se la congestione epatica si prolunga, la compressione pro-dotta dalle venule sugli epatociti produce atrofia centrolo-bulare con segni clinici e di laboratorio di danno epatico(alterazioni enzimatiche, iperbilirubinemia ecc.). Quandola congestione venosa sistemica e l’epatomegalia sonogravi e prolungate, si può apprezzare anche splenomegalia.Nei casi di scompenso grave, inoltre, può comparire ascite,che è provocata da un prolungato aumento della pres-sione nelle vene epatiche e nei capillari peritoneali. Essasi manifesta più frequentemente nei casi di scompensodestro da ostruzione al riempimento cardiaco (stenosidella tricuspide o pericardite).

Esami diagnostici

 Esami di laboratorio

Gli esami di laboratorio di routine sono importanti pervalutare la presenza di alterazioni della funzione renale oepatica o alterazioni degli elettroliti sierici spesso associateallo scompenso cardiaco.Utile per la diagnosi di un’origine cardiaca di sintomicompatibili con uno scompenso (dispnea in primo luogo)è il dosaggio del peptide natriuretico di tipo B e del suoprecursore NT-proBNP. Questi peptidi, come notato in

precedenza, sono rilasciati dal miocardio in caso di au-mento della tensione parietale e hanno elevata sensibilitànell’identificare la presenza di un sovraccarico ventricolare,per cui la loro negatività praticamente esclude la diagnosidi scompenso. Al momento, tuttavia, non è ben definitoil valore al di sopra del quale essi dovrebbero essere consi-derati diagnostici e va tenuto anche presente che diverse

condizioni che causano un aumento del lavoro cardiaco inassenza di insufficienza (per esempio, aritmie, ipossiemia,ischemia, ipertrofia) possono causare un loro aumento.Anche un lieve aumento della troponina, non necessa-riamente causato da ischemia miocardica, è spesso osser-vato in pazienti con scompenso cardiaco, soprattutto inpazienti con fibrillazione atriale e/o insufficienza renale.Infine, gli esami di laboratorio sono utili per identificarepossibili cause precipitanti di scompenso cardiaco cometireotossicosi, anemia e infezioni subcliniche.

 Elettrocardiogramma

Sebbene l’elettrocardiogramma possa fornire informazioniutili a identificare le cause primarie dello scompenso,

non esistono segni ECG specifici di scompenso. Tuttavia,l’ECG mostra spesso anomalie di vario tipo, dai segni diipertrofia ventricolare, con segni di sovraccarico, a segnidi ingrandimento atriale, ad anomalie della conduzioneintraventricolare a vari tipi di aritmie. Esso può inoltrerivelare la presenza di onde Q patologiche indicative diinfarti miocardici pregressi. Un ECG completamente nor-male nei pazienti con scompenso cardiaco è molto raro.

 Radiografia del torace

Informazioni importanti nel paziente scompensato posso-no essere ottenute da una radiografia del torace e riguarda-no principalmente le dimensioni del cuore e la presenza

e il grado della congestione polmonare (Figura 13.16).Le dimensioni del cuore si valutano calcolando il rapportocardiotoracico, cioè il rapporto tra il diametro trasverso

Figura 13.16

Radiografia deltorace di unpaziente conscompensocardiaco.

La radiografia mostra una marcata cardiomegalia, con aumentato rapporto cardio-toracico(0,78); si notano anche una congestione ilare e un piccolo versamento pleurico basalebilaterale.

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Parte 2 - MALATTIE DEL SISTEMA CIRCOLATORIO318

dell’ombra cardiaca e il diametro trasverso del torace a li-vello dei seni costo-frenici. Normalmente questo rapportoè inferiore a 0,5, vale a dire il diametro cardiaco non superala metà di quello toracico. La valutazione della conge-stione polmonare consente di avere un’indicazione dellagravità dello scompenso. Quando la pressione nei capillaripolmonari (che normalmente non supera i 10-12 mmHg)

è solo leggermente aumentata (13-18 mmHg), infatti, siosserva soltanto la cosiddetta inversione del circolo; sirendono cioè maggiormente evidenti i vasi venosi deicampi polmonari superiori, che normalmente, per ragionidi pressione idrostatica, sono meno visibili rispetto a quellidei campi inferiori. Se la pressione capillare è più alta (sinoa 23 mmHg), gli ili appaiono ingranditi e sfumati e i fascibronchiolo-vascolari presi d’infilata mostrano una super-ficie sfumata causata da edema interstiziale perivascolare.Se l’aumento di pressione è persistente compaiono le striedi Kerley, cioè strie radio-opache dello spessore di pochimillimetri, a decorso orizzontale, prevalenti nei campiinferiori (si osservano soprattutto nella stenosi mitralica).Quando, infine, la pressione capillare polmonare supera

i 25 mmHg, si osservano i segni radiografici dell’edemapolmonare franco, cioè opacità più o meno omogenea dientrambi i campi polmonari (polmone “bianco”).

 Ecocardiogramma

L’ecocardiogramma mono-bidimensionale e color Dop-pler è senz’altro l’esame che contribuisce più di ogni al-tro a identificare le cause dello scompenso cardiaco e avalutarne la gravità.Facilmente eseguibile, non invasivo e privo di rischi, que-sto esame consente di identificare rapidamente molte del-le patologie cardiache (coronariche, miocardiche, valvo-lari e del pericardio) in grado di causare uno scompenso.L’ecocardiogramma consente, in particolare, di esaminare

adeguatamente la funzione contrattile globale e regionaledel ventricolo sinistro e, sebbene con minore precisione,del ventricolo destro.A tal proposito, esso permette di calcolare facilmente lafrazione di eiezione del ventricolo sinistro (FEVSn), checostituisce il parametro più importante e più largamenteutilizzato nella pratica clinica per indicare lo stato della con-trattilità miocardica e anche uno dei parametri prognostica-mente più importanti nei pazienti cardiopatici. Essa esprimela percentuale di sangue espulsa dal ventricolo durante lasistole sul totale del volume di sangue in esso contenuto altermine della diastole ed è ottenuta con la formula:

FEVSn =(VTDS − VTS)

 

____________

× 100

VTDS

dove VTDS e VTS indicano il volume telediastolico e te-lesistolico del ventricolo sinistro, che sono facilmentemisurabili all’ecocardiogramma. Normalmente, la FEVSn ècompresa tra 60 e 75%, ed è comunque superiore al 50%.La sua riduzione è tanto maggiore quanto maggiore è lacompromissione della contrattilità globale del ventricolosinistro.La valutazione della funzione sistolica ventricolare neipazienti affetti da cardiopatia organica è estremamenteimportante, in quanto una riduzione subclinica della fun-zione ventricolare sinistra spesso precede i sintomi e i segnidi scompenso. Il suo riconoscimento può pertanto aiutare

a prevenire l’evoluzione verso lo scompenso conclamato.L’ecocardiogramma Doppler consente anche un’adegua-ta valutazione della funzione diastolica dei ventricolimediante analisi Doppler del flusso atrioventricolare (siveda il Capitolo 2).

 Altri esami diagnostici

Anche altre metodiche di imaging possono essere uti-lizzate ai fini della valutazione dei volumi ventricolarie della FEVSn, come, in particolare, l’angioscintigrafia,la tomografia computerizzata, la risonanza magneticacardiaca e, in pazienti che necessitano di cateterismocardiaco, la ventricolografia. Questi metodi, però, sonomeno pratici, più costosi, richiedono l’uso di isotopi odi mezzo di contrasto e, nel caso della ventricolografia,sono invasivi, senza offrire significativi vantaggi rispettoalla metodica ecocardiografica. Essi pertanto trovano in-dicazione per la valutazione della funzione ventricolaresolo in casi selezionati.

Prognosi e stratificazione del rischio

In media, la prognosi dei pazienti con scompenso cardiaconon è buona. Nelle statistiche del passato la probabilitàdi morte entro 4-5 anni dall’insorgenza dei sintomi eradel 50% negli uomini e del 30% nelle donne. In caso discompenso grave, la probabilità di morte saliva al 65% aun anno e superava l’80% a 3 anni. La metà circa dellemorti dei pazienti con scompenso cardiaco è improvvisa,mentre negli altri casi si assiste a un progressivo deterio-ramento cardiaco. Tuttavia, grazie ai progressi conseguiticon l’impiego di farmaci che contrastano il rimodellamen-to del miocardio, la mortalità nello scompenso cardiacoappare oggi ridotta e l’impianto di defibrillatori cardiaciautomatici (ICD, Implantable Cardioverter Defibrillators)

in pazienti ad alto rischio ha ridotto anche l’incidenza dimorte improvvisa. Restano, tuttavia, numerosi i casi cherisultano progressivamente refrattari a tutti i trattamenti.Quando uno scompenso grave non risponde a una tera-pia razionale condotta con tutti i presidi disponibili, lamortalità entro pochi mesi è elevata.La prognosi è più favorevole nei casi in cui lo scompen-so cardiaco è determinato da cause primarie rimovibili,come una valvulopatia o una cardiopatia ischemica conun’ampia area di miocardio ibernato (si vedano i Capitoli7 e 8). La risoluzione della patologia di base, infatti, puòin questi casi determinare un miglioramento anche con-sistente della funzione meccanica cardiaca.Vi sono diversi fattori (clinici e laboratoristici) che con-sentono di predire la prognosi in pazienti con scompensocardiaco cronico (Tabella 13.4). Tra questi la gravità deisintomi (classe NYHA), la frazione di eiezione, la capacitàdi esercizio, la funzione renale e i livelli ematici di BNP/NT-proBNP sono tra i marcatori prognostici più impor-tanti e utili dal punto di vista clinico.

Manifestazioni clinichedi scompenso cardiaco acuto grave

L’edema polmonare acuto e lo shock cardiogeno sonomanifestazioni gravi di scompenso cardiaco che posso-no costituire l’esordio drammatico di un’insufficienza

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Capitolo 13 - SCOMPENSO CARDIACO 319

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cardiaca, come può avvenire più tipicamente quando lacausa dello scompenso è acuta (per esempio, un infartoesteso del miocardio), oppure rappresentare un serio ag-

gravamento di uno scompenso cardiaco cronico. L’edemapolmonare è trattato qui di seguito. Lo shock cardiogenoè trattato nel Capitolo 4.

 Edema polmonare acuto

L’edema polmonare acuto si manifesta quando la pres-sione nei capillari polmonari aumenta al di sopra di25 mmHg; oltre questi livelli, infatti, l’equilibrio tra pres-sione idrostatica e pressione oncotica del sangue favoriscela trasudazione di liquido nell’interstizio e negli alveolipolmonari (Figura 13.17). Ne segue una compromissionesia degli scambi gassosi sia della funzione polmonare mec-canica (ventilazione). L’ipossia e l’acidosi che ne derivano

provocano un ulteriore peggioramento della funzionecardiaca, con riduzione della portata e ulteriore aumentodelle pressioni capillari polmonari, generando così uncircolo vizioso. Anche in senso anterogrado, la riduzionedella portata cardiaca attiva un altro circolo vizioso. Essa,infatti, stimola il sistema adrenergico che, attraverso lavasocostrizione cutanea, muscolare e splancnica, tende

a mantenere la perfusione cerebrale e cardiaca. Questospiega la tachicardia, l’ipertensione, l’aspetto cutaneocaratterizzato da pallore e profusa sudorazione e la con-trazione della diuresi. L’aumento delle resistenze vascolariperiferiche, però, comporta un ulteriore aumento del cari-co di lavoro per il cuore e, quindi, tende a peggiorare l’in-sufficienza cardiaca, con ulteriore riduzione della portata.Il paziente in edema polmonare acuto si presenta, ingenere, agitato, seduto sul letto, fortemente dispnoicoe tachipnoico, con respiro che, a seconda della gravitàdell’edema, è caratterizzato da espirazione prolungata consibili e ronchi, da inspirazione rumorosa e gorgogliante e,nei casi più gravi, dall’emissione con la tosse di un espet-torato schiumoso, talvolta rosato. La cute del paziente si

presenta fredda e sudata e le estremità e le labbra sonocianotiche. Il polso è in genere tachicardico; la pressioneè spesso, anche se non sempre, elevata, soprattutto ladiastolica, il che comporta spesso una riduzione dellapressione differenziale. La diuresi risulta ridotta. All’au-scultazione toracica si apprezzano rantoli inspiratori sututti i campi polmonari. L’analisi dei gas ematici e dell’e-quilibrio acido-base rivela ipossia, acidosi (metabolica erespiratoria) e spesso ipercapnia.

Variabili cliniche

• Età

• Eziologia ischemica

•III tono, segni di congestione

• Classe NYHA

• Disfunzione renale, diabete

• Aumentata frequenza cardiaca

• Bassa pressione arteriosa

Variabili biochimiche

• Sodiemia

• Creatinina/clearance della creatinina

• Emoglobina

Neuro-ormoni

• Fattore natriuretico tipo B (BNP)/pro-BNP

• Fattore natriuretico atriale

Variabili elettrocardiografiche

• Fibrillazione atriale

• Durata del QRS/blocco di branca sinistra

• Ipertrofia ventricolare sinistra

• Aritmie ventricolari complesse

• Ridotta variabilità della frequenza cardiaca

Variabili ecocardiografiche e radiografiche

• Frazione di eiezione ventricolare sinistra

• Indice di contrattilità regionale

• Volume telediastolico/telesistolico del ventricolo sinistro

• Funzione ventricolare destra

• Rapporto cardio-toracico alla radiografia del torace

Variabili funzionali

• Capacità di esercizio

• Consumo massimo di O2 durante test ergometrico

• Distanza percorsa al test del cammino di 6 min

Variabili emodinamiche

• Indice cardiaco

• Pressione telediastolica ventricolare sinistra

Tabella 13.4 Principali variabili prognostiche

nello scompenso cardiaco congestizio

 Versantespesso

 Vasi linfatici

 VeneSpaziperivascolaree interstiziale

H2O

Pressioneidrostatica

Pressioneosmotica

Capillari

Lamina disurfattante

Endoteliocapillare

Membranabasale

 Alveoli

Pneumocito di primo ordinePneumocito di secondo ordine

 Versantesottile

Setto interalveolare Assorbimento fisiologico

di liquido dai polmoni

 Alveoli

Capillari

Figura 13.17

Meccanismodell’edemapolmonare.

Quando, in seguito a un aumento della pressione idrostatica all’interno dei capillari, se-condario a un aumento della pressione venosa a valle, si forma un eccesso di liquidonell’interstizio polmonare, questo non può essere smaltito per via linfatica e trasuda neglialveoli.

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Parte 2 - MALATTIE DEL SISTEMA CIRCOLATORIO320

Alcuni pazienti possono riferire anche dolore retroster-nale. Ciò si può verificare quando la causa scatenantedell’edema polmonare è un infarto miocardico acutoo un’ischemia miocardica grave, oppure, al contrario,se l’ipossia causata dall’edema polmonare finisce con ilprovocare ischemia in pazienti con stenosi coronariche.Se non si interviene con un trattamento tempestivo, l’e-

dema polmonare tende a peggiorare progressivamentesino all’arresto del respiro, oppure evolve verso lo shockcardiogeno (caduta della pressione) e l’arresto cardiaco.L’obiettivo principale del trattamento è quello di ridurrein modo marcato il precarico e, in caso di elevata pressio-ne arteriosa, anche il postcarico.

Terapia

Terapia dello scompenso cardiaco cronicoGli obiettivi della terapia dello scompenso cardiacosono due, il miglioramento dei sintomi e il migliora-mento della prognosi. Infatti, non tutti i farmaci che

migliorano i sintomi dello scompenso cronico miglio-rano la prognosi. Per esempio, nello scompenso cro-nico gli ACE-inibitori e i β-bloccanti migliorano sia laprognosi sia i sintomi, mentre i diuretici migliorano isintomi ma non la prognosi e i farmaci inotropi, conl’eccezione forse della digitale, possono migliorare isintomi ma peggiorano la prognosi. I farmaci inotro-pi sono peraltro indicati solo in alcuni pazienti conscompenso refrattario o shock cardiogeno.È da sottolineare poi che il trattamento deve compren-dere gli interventi medici o chirurgici diretti a correg-gere o rimuovere, laddove possibile, la causa primariadello scompenso, come una coronaropatia, un viziovalvolare, una cardiopatia congenita ecc. Analogamen-

te, il trattamento deve comprendere misure dirette aprevenire o eliminare eventuali cause precipitanti delloscompenso (infezioni, aritmie, embolia ecc.).I principali tipi di farmaci utilizzati nella terapia delloscompenso cardiaco, insieme ai loro effetti principaliin questo contesto, sono riassunti nella Tabella 13.5.La Figura 13.18 mostra inoltre lo schema progressivodi trattamento dei pazienti dallo stadio A allo stadio Ddello scompenso.

 Misure generali

Il paziente dovrebbe seguire norme di vita che evitinodi imporre al cuore un lavoro eccessivo per le sue ca-pacità. Il riposo a letto o in poltrona è indispensabilein caso di scompenso acuto. Nei casi cronici possonoessere indicati periodi di riposo programmati.Un’eccessiva restrizione dell’attività fisica, tuttavia,può avere effetti deleteri, favorendo fenomeni ditromboembolia venosa e l’ipotonia muscolare, conulteriore riduzione della tolleranza per lo sforzo. Studicondotti in anni recenti hanno evidenziato come unacauta attività fisica, laddove possibile e calibrata sullecapacità e lo stato clinico del paziente, non solo non ècontroindicata, ma migliora i sintomi, la tollerabilitàdell’esercizio e la qualità della vita dei pazienti coninsufficienza cardiaca.

Scompenso cardiaco Principali effetti nello

scompenso cardiaco

CronicoACE-inibitori e antagonisti

recettoriali dell’angiotensina II

Inibizione degli effetti

dell’angiotensina II

β-bloccanti Riduzione del postcarico

Effetti antiadrenergici

Miglioramento della

risposta adrenergica

Effetto “antiaritmico”

Nitrati Vasodilatazione venosa

periferica

Riduzione del precarico

Idralazina Vasodilatazione arteriolare

Diuretici dell’ansa e tiazidici Aumento dell’escrezionedi Na+ e liquidi

Riduzione del precarico

Antialdosteronici Blanda azione diuretica

Risparmio di K+

Glicosidi digitalici Attività inotropa positiva

Riduzione della frequenza

cardiaca durante fibrillazione

atriale

Acuto

Diuretici dell’ansa Aumento dell’escrezione

di Na+ e liquidi

Riduzione del precarico

Nitrati Vasodilatazione venosa

periferica

Riduzione del precarico

Nitroprussiato di sodio Vasodilazione sia venosa

sia arteriosa

Riduzione di precarico

e postcarico

Glicosidi digitalici Attività inotropa positiva

Riduzione della frequenza

cardiaca durante la

fibrillazione atriale

Amine simpaticomimetiche Attività inotropa positiva

Effetto diuretico a basse dosi

Inibitori della fosfodiesterasi Attività inotropa positiva

Effetto vasodilatatore

arterioso

Morfina Vasodilatazione venosa

periferica

Riduzione del precarico

Azione antidolorifica

e sedativa

Tabella 13.5 Principali presidi farmacologici nella terapia

dello scompenso cardiaco

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Capitolo 13 - SCOMPENSO CARDIACO 321

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Oltre agli sforzi fisici intensi, il paziente con scom-penso cardiaco deve evitare anche stress emotivieccessivi, condizioni ambientali sfavorevoli (peresempio, temperatura e umidità elevate, che im-pongono al cuore un carico eccessivo di lavoro) edeccessi alimentari. La dieta deve essere leggera e il

peso deve essere mantenuto su valori quanto piùpossibile vicini a quelli ideali. L’assunzione di sale,infine, deve essere contenuta il più possibile perevitare un aumento della ritenzione idrica e, quindi,del precarico.

 ACE-inibitori

Questi farmaci svolgono un ruolo fondamentale neltrattamento dei pazienti con scompenso cardiaco cro-nico. Essi, infatti, riducono la mortalità e miglioranoi sintomi e i segni dello scompenso, migliorando diconseguenza, anche la qualità della vita. Da notareche i vantaggi prognostici degli ACE-inibitori si os-servano già nei pazienti che presentano disfunzione

ventricolare sinistra ma sono del tutto asintomatici.Essi agiscono inibendo l’enzima che converte l’an-giotensina I in angiotensina II, ovvero l’ACE (An-giotensin Converting Enzyme), da cui deriva iltermine ACE-inibitori. Riducendo la produzione diangiotensina II (che, come visto, è aumentata nelloscompenso), gli ACE-inibitori determinano anzi-tutto vasodilatazione periferica, riducendo così leresistenze vascolari e interrompendo il circolo vi-zioso che dall’accentuata vasocostrizione cutanea

e splancnica porta, per l’aumento del postcarico, aun ulteriore peggioramento della funzione e dellaportata cardiaca (si veda Figura 13.10). Inoltre, ilmigliore svuotamento ventricolare, conseguente allariduzione delle resistenze all’eiezione, determinaanche una riduzione del volume sistolico residuo, il

che porta anche a una riduzione del precarico, coneffetti benefici sulla pressione venosa polmonare(si veda oltre, Diuretici).Da notare che gli ACE-inibitori agiscono anche ri-ducendo gli effetti nocivi diretti sul cuore dell’an-giotensina II, che, in eccessive quantità, alla lungacausa ipertrofia delle cellule miocardiche, seguitada apoptosi e fibrosi, con rimodellamento negativodel miocardio ventricolare. Alcuni degli effetti favo-revoli degli ACE-inibitori, infine, sembrano mediatidall’inibizione della produzione tissutale locale diangiotensina II, che è stata dimostrata essere presentein diversi organi, compreso il cuore.Ipotensione e aumento della creatinina sono tra gli

effetti collaterali più frequenti degli ACE-inibitori.Attenzione bisogna prestare, inoltre, alla possibilitàdi iperpotassiemia, soprattutto quando essi sono som-ministrati in associazione con i diuretici risparmiatoridi K+ e in pazienti con insufficienza renale. Tra glialtri effetti collaterali importanti è da ricordare lapossibilità, per quanto molto rara, di edema angio-neurotico (dovuto a un aumento delle concentrazionidi bradichinina), mentre tra quelli più frequenti vi èla comparsa di tosse secca e spesso stizzosa.

Riduzione dei fattori di rischio, educazione del paziente e dei familiari

Trattare ipertensione, diabete, disl ipidemia

 ACE-I (o ARB) e β-bloccanti

 ACE-I (o ARB) e β-bloccanti in tutti, diuretici per la ritenzione idrica

 Aggiunta di ARB e/o antialdosteronici

Resincronizzazione cardiaca se QRS > 120 msec

ICD se FEVSn < 30-35%

Chirurgia della mitrale

Team multidisciplinare

Inotropi

 VAD

Trapianto

STADIO A

• Pazienti ad altorischio• Nessun sintomo

STADIO B• Danno cardiaco  strutturale• Nessun sintomo

STADIO C• Danno cardiaco  strutturale• Sintomi attuali  o precedenti

STADIO D• Sintomi refrattari

al trattamento• Necessità di interventi

speciali

Figura 13.18

Schema diprevenzionedello scompensocardiaco e di

trattamentoprogressivo deipazienti conscompensocardiacoconclamato,in base aglistadi dellaclassificazioneACC/AHA delloscompenso.

ACE-I = ACE inibitori; ARB = antagonisti del recettore dell’angiotensina; FEVSn = frazione di eiezione del ventricolo sinistro; ICD = defibrillatore impiantabile;VAD = assistenza ventricolare meccanica.

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Parte 2 - MALATTIE DEL SISTEMA CIRCOLATORIO322

 Antagonisti recettoriali dell’angiotensina

Questi farmaci, detti anche sartani, hanno effetticomplessivamente simili agli ACE-inibitori. Essi an-tagonizzano gli effetti dell’angiotensina II con unmeccanismo, però, di inibizione recettoriale diret-ta, per la precisione a livello dei suoi recettori AT-I,

presenti soprattutto a livello dei vasi di resistenza.Studi recenti mostrano effetti clinici comparabili aquelli degli ACE-inibitori in pazienti con scompensocardiaco, con possibilità di minori effetti collaterali,come ipotensione e tosse. Cosa importante, un trialclinico molto recente ha riportato una migliore so-pravvivenza dei pazienti con scompenso cardiaco conbassa funzione ventricolare sinistra trattati con unacombinazione di un sartano e di un inibitore della ne-prilisina, una endopeptidasi che degrada diversi pep-tidi endogeni vasoattivi, come i peptidi natriuretici,rispetto a pazienti trattati solo con un ACE-inibitore,per cui è possibile che questa combinazione, attual-mente non disponibile, diventi una terapia di prima

scelta in questi pazienti.

b -bloccanti

Mentre per lungo tempo i β-bloccanti sono stati con-siderati controindicati in pazienti con scompensocardiaco a causa del loro effetto inotropo negativo,oggi, al contrario, sono ritenuti, in assenza di con-troindicazioni assolute, farmaci indispensabili neltrattamento di questa patologia. Diversi studi, infatti,hanno dimostrato un beneficio significativo sullasopravvivenza, sulla funzione ventricolare (che pa-radossalmente, come detto, migliora) e sui sintomie segni dello scompenso. Da notare che anche con iβ-bloccanti l’effetto positivo sulla prognosi si osser-

va già in pazienti che presentano una disfunzioneventricolare sinistra ma sono del tutto asintomatici.I meccanismi attraverso cui questi farmaci determi-nano benefici nei pazienti con scompenso cardiacosono verosimilmente molteplici. Contrastando l’at-tività simpatica, i β-bloccanti riducono la frequenzacardiaca, e quindi il lavoro cardiaco, con conseguenteriduzione delle richieste energetiche e del consumodi ossigeno da parte del cuore. La riduzione della fre-quenza cardiaca, inoltre, favorisce un migliore flussocoronarico, con effetti benefici sulla funzione com-plessiva del cuore, in particolare in pazienti con car-diopatia ischemica. Infine, i β-bloccanti riducono lasuscettibilità alle aritmie ventricolari e migliorano ilbilancio autonomico simpato-vagale, effetti entrambiche possono ridurre l’incidenza di morte improvvisa.D’altro canto, nei casi di scompenso avanzato, nelquale la risposta inotropa cardiaca al sistema nervososimpatico è gravemente compromessa per lo sviluppodi down regulation recettoriale, i β-bloccanti posso-no favorire la riattivazione di una quota di recettoriβ-adrenergici sufficiente a migliorare la contrattilitàmiocardica in risposta agli stimoli simpatici.Sebbene siano efficaci, i β-bloccanti vanno comunqueutilizzati con attenzione nei pazienti con scompenso,in quanto una depressione della funzione ventrico-

lare è sempre possibile, soprattutto nelle fasi inizia-li del trattamento o in caso di aumento delle dosi.La terapia andrebbe quindi cominciata sempre inambiente ospedaliero, iniziando con dosi molto bas-se e aumentando le dosi molto gradualmente sino aquelle massime tollerate.

Le controindicazioni all’uso dei β-bloccanti com-prendono bradicardia sinusale (FC < 60 bpm) o altrebradiaritmie, ipotensione (pressione arteriosa sistolica< 90-100 mmHg) e storia di asma bronchiale.

Nitrati

Quando somministrati acutamente, soprattutto per viavenosa, i nitrati (nitroglicerina, isosorbide dinitrato)hanno un notevole effetto vasodilatatore venoso. Ciòdetermina una ridistribuzione della massa ematicadal centro verso la periferia e una marcata riduzionedel ritorno venoso. Questi farmaci hanno quindi uneffetto simile a quello dei diuretici, anche se, in que-sto caso, il volume totale di liquido nell’organismo

rimane invariato. Come per i diuretici, anche con initrati bisogna fare attenzione a evitare un’eccessivariduzione del precarico.Sebbene questi farmaci siano molto utili nelle fasiacute di uno scompenso cardiaco, come descritto inseguito, la loro utilità nella somministrazione cronica,per via transdermica o per via orale, è dubbia, sia alfine di migliorare i sintomi sia allo scopo di miglio-rare la prognosi, soprattutto in pazienti trattati inmodo ottimale con diuretici, ACE-inibitori o sartanie β-bloccanti.

Vasodilatatori arteriosi

Si fanno rientrare in questa categoria farmaci che

agiscono direttamente sui vasi arteriosi di resistenza,causando quindi vasodilatazione arteriolare e riduzio-ne marcata del postcarico. Tra di essi vi sono i calcio-antagonisti diidropiridinici e l’idralazina.Gli studi clinici non hanno dimostrato un beneficioprognostico dei calcio-antagonisti diidropiridinici inpazienti con scompenso cardiaco. Ciò è verosimil-mente da attribuire all’attivazione riflessa del sistemanervoso simpatico che consegue all’ipotensione spes-so piuttosto marcata che questi farmaci determinanoe che, come visto, può innescare effetti deleteri inpazienti con scompenso.L’associazione di idralazina e nitrati ha mostrato ri-sultati favorevoli sulla prognosi, ma i dati disponibilinon sono così solidi come quelli ottenuti per ACE-ini-bitori, sartani e β-bloccanti. Inoltre, l’uso prolungatodell’idralazina causa spesso rilevanti effetti collaterali.Pertanto, il valore attuale di questi dati rimane dub-bio, considerata l’efficacia di farmaci più tollerati econ maggiore evidenza di benefici.

 Diuretici

I diuretici sono farmaci cardine nel trattamentodei sintomi dello scompenso cardiaco, mentre nonsembrano avere effetti significativi sulla prognosi amedio-lungo termine. Essi aumentano l’eliminazione

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Capitolo 13 - SCOMPENSO CARDIACO 323

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di sodio e acqua con le urine e perciò riducono ilvolume ematico circolante e il liquido interstiziale,diminuendo così il precarico e, di conseguenza, lacongestione venosa. L’uso dei diuretici riduce la ne-cessità di una restrizione eccessiva dell’assunzionedi sale.

I diuretici più usati nello scompenso sono di due tipiprincipali: i diuretici dell’ansa e i diuretici tiazidici.I primi hanno effetti diuretici più rapidi e potenti, eagiscono principalmente inibendo il riassorbimentodi ioni Na+, K+ e Cl- nel braccio ascendente dell’ansa diHenle; il volume urinario è aumentato sia per la perditadi acqua associata all’eliminazione di questi ioni, siaper un’inibizione del riassorbimento di acqua libera.I farmaci tiazidici hanno effetti diuretici più lenti, mapiù prolungati; essi agiscono principalmente riducendoil riassorbimento di ioni Cl- nel braccio prossimale deltubulo convoluto distale e nella parte iniziale dell’ansadi Henle, con associato volume di acqua.I diuretici sono utili in tutte le forme di scompenso,

ma devono essere dosati con cura per evitare l’ipo-volemia, con conseguente eccessiva riduzione delriempimento cardiaco e della portata cardiaca. Essipossono, inoltre, causare ipokaliemia (per perditaeccessiva di K+ nelle urine) e alcalosi metabolica (perperdita di ioni H+). Evitare l’ipokaliemia è partico-larmente importante, perché essa può causare unasindrome dell’intervallo QT lungo, con comparsadi aritmie ventricolari gravi (si veda il Capitolo 6), epeggiorare un eventuale quadro di tossicità digitalicacome descritto in seguito.Altri effetti collaterali dei diuretici comprendonoastenia e, in caso di tossicità, nausea, vomito e le-targia. A livello metabolico si possono osservare ipe-

razotemia, iperuricemia, ipertrigliceridemia e ancheiperglicemia.

 Diuretici risparmiatori di potassio

Questi farmaci hanno solo una blanda azione diu-retica e sono anzitutto utilizzati in associazione aidiuretici dell’ansa e ai diuretici tiazidici allo scopodi evitare la perdita eccessiva di potassio con le uri-ne, e quindi l’ipopotassiemia, da questi causata. Es-si comprendono principalmente farmaci ad azioneantialdosteronica, che contrastano la perdita di K+ bloccando lo scambio di questo ione con gli ioni Na+ e H+, promosso nei tubuli distali e nei dotti collettoridall’aldosterone. Alcuni diuretici risparmatori di K+,come la bumetanide, agiscono tuttavia direttamente(in modo indipendente dall’aldosterone) sul tubulodistale e sul dotto collettore.In studi recenti i farmaci antialdosteronici si sonodimostrati in grado di migliorare la prognosi dei pa-zienti con scompenso cardiaco già in terapia ottimale,migliorando la funzione ventricolare sinistra e lacapacità fisica e riducendo sia la mortalità totale siala morte improvvisa. Il meccanismo di questi beneficinon è chiaro. Tuttavia, oltre a evitare gli effetti ne-gativi dell’ipopotassiemia, questi farmaci sembranocontrastare l’azione profibrotica dell’aldosterone.

L’effetto collaterale più pericoloso dei farmaci rispar-miatori di K+ è l’iperkaliemia, che può svilupparsicon una certa frequenza in pazienti con insufficien-za renale e in pazienti anziani, soprattutto quandoessi sono associati a farmaci inibitori dell’angioten-sina (ACE-inibitori e sartani), per cui devono essere

somministrati con attenzione in queste situazioni.Tra gli effetti collaterali più tipici dei farmaci antial-dosteronici vi è la ginecomastia.

Glicosidi digitalici

I glicosidi digitalici sono in pratica gli unici farmaci adazione inotropa positiva disponibili per il trattamentodello scompenso cardiaco cronico e sono stati usati lar-gamente per molti anni in questi pazienti. Essi agisco-no inibendo la pompa sodio-potassio della membranadelle fibre miocardiche, con l’effetto ultimo di au-mentare la disponibilità di calcio intracellulare per lacontrazione. Oltre a ciò, i glicosidi digitalici riduconola frequenza cardiaca e la conduzione atrioventricolare

(soprattutto per aumento del tono vagale).Sebbene la somministrazione di digitale possa sortireeffetti benefici sui sintomi e sui segni di scompen-so, la somministrazione a lungo termine non si èrivelata in grado di migliorare la prognosi e in alcu-ni studi è stata addirittura associata a un aumentodella mortalità, per cui il suo uso routinario non èpiù consigliato. La digitale può essere utile, tuttavia,nei casi di scompenso complicato da fibrillazione oflutter atriale con elevata frequenza ventricolare, inquanto questi pazienti traggono giovamento dallasua capacità di ridurre la frequenza ventricolare.L’eccessivo accumulo di glicosidi digitalici nel sanguepuò determinare un tipico quadro di intossicazione

digitalica, che comprende manifestazioni sia cardia-che sia extracardiache. Tra le prime vi è la possibilitàsia di bradiaritmie (seno-atriali o atrioventricolari) siadi tachiaritmie (giunzionali o ventricolari), dovutea un aumento dell’eccitabilità delle cellule miocar-diche. I sintomi extracardiaci di intossicazione digi-talica comprendono, nelle forme più lievi, senso dinausea e conati di vomito, mentre, nei casi più gravi,possono comparire visione gialla e sintomi di delirio.Le concentrazioni sieriche di digossina aumentanoin caso di insufficienza renale, per cui il rischio diintossicazione digitalica è maggiore in questi pazientise non si ha cura di ridurre la dose. L’ipokaliemia el’ipomagnesiemia, d’altro canto, possono favoriregli effetti tossici della digitale. Nel sospetto di intos-sicazione digitalica, il dosaggio della digossinemiaconsente di confermare o escludere la diagnosi.

Terapia non farmacologica

In pazienti con scompenso cardiaco grave (classeNYHA III-IV), che rimangono sintomatici a dispet-to di una terapia medica ottimale e che presentanoall’ECG un QRS slargato (≥ 120 msec) con morfologiaa blocco di branca sinistra, è possibile ottenere unmiglioramento del quadro clinico con l’impiantodi un pacemaker biventricolare. Il principio su cui

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Parte 2 - MALATTIE DEL SISTEMA CIRCOLATORIO324

si basa questa terapia risiede nel fatto che, a causadella turba di conduzione intraventricolare, nellamaggioranza di questi pazienti, parte dell’inefficienzacontrattile del ventricolo sinistro è dovuta alla perditadella sincronizzazione della contrazione dei due ven-tricoli e delle varie regioni del ventricolo sinistro (in

particolare del setto interventricolare e della pareteposteriore). L’applicazione di due elettrodi stimolatori(uno nel ventricolo destro e uno a livello della pareteposteriore del ventricolo sinistro), che rispondono inmodo sincrono all’attività atriale, consente di ripri-stinare in gran parte la sincronia della contrazioneventricolare, migliorando la gittata sistolica e, quindi,il quadro clinico. Questa terapia, definita di risincro-nizzazione cardiaca, si è dimostrata anche in grado dimigliorare la prognosi dei pazienti con indicazione altrattamento. Non essendo essa esente da complicanzelegate alla procedura, la sua attuazione va prospettataa pazienti che rientrano nelle indicazioni cliniche perle quali si è dimostrata efficace.

In pazienti con grave insufficienza cardiaca cronicarefrattaria a qualsiasi forma di trattamento, l’unicapossibile terapia rimane il trapianto cardiaco. L’in-tervento di trapianto cardiaco presenta ormai un’altapercentuale di successi e una buona sopravvivenza(oltre il 60% a 5 anni), grazie al miglioramento deitrattamenti immunosoppressivi, purché esso vengaeseguito in pazienti ben selezionati. Un problemadel trapianto, tuttavia, è rappresentato dalla limitatadisponibilità di donatori.Un’alternativa, ancora sperimentale e utilizzabile soloin pochissimi centri specializzati, è in questi casi l’im-pianto di un cuore artificiale meccanico che sostituisceparzialmente (o totalmente) la funzione di pompa del

cuore; ciò può essere soprattutto utile per consentire lasopravvivenza di un paziente in previsione e in attesadi un intervento di trapianto di cuore.In pazienti con grave riduzione della frazione di eie-zione ventricolare sinistra, infine, è da considerarel’impianto di un ICD, il quale riduce significativa-mente la morte improvvisa di questi pazienti in-terrompendo eventuali aritmie fatali. L’indicazioneall’ICD è categorica in pazienti sopravvissuti a unarresto cardiaco o in cui è stato documentato unevento aritmico potenzialmente fatale (prevenzionesecondaria). D’altro canto, sono tuttora discusse leindicazioni all’impianto di ICD a scopo profilatticoin pazienti che non hanno mai avuto in precedenzaeventi aritmici gravi (prevenzione primaria). Sullabase di alcuni studi clinici le linee guida sull’argo-mento tendono a indicare l’impianto di un ICD intutti i pazienti con FEVSn < 30-35%. Tuttavia, apparechiaro che la maggior parte di questi pazienti non haeventi aritmici anche a lungo termine, per cui sareb-be auspicabile, anche a causa dell’eccessivo costo diquesti dispositivi, la possibilità di individuare grup-pi di soggetti che effettivamente hanno un rischiosignificativamente alto di andare incontro a morteimprovvisa e che quindi possono trarre effettivo be-neficio dall’impianto del dispositivo.

Terapia dello scompensocon funzione sistolica preservata(scompenso diastolico)Nei pazienti nei quali lo scompenso è prevalente-mente legato a un aumento delle pressioni intraven-tricolari per un’alterazione della funzione diastolica,

l’obiettivo principale è di ridurre, con un oculato usodei diuretici, le pressioni di riempimento ventricolare,in modo da eliminare o contenere i sintomi di con-gestione venosa a monte (dispnea, edemi periferici),evitando però di causare una riduzione eccessiva delprecarico, che potrebbe determinare una riduzionesignificativa della gittata cardiaca. Sono inoltre utilii farmaci che possono migliorare il rilasciamentoventricolare, come, in particolare, gli ACE-inibitori,o che prolungano il tempo di riempimento diastolicoriducendo la frequenza cardiaca, come i β-bloccanti.Sebbene il trattamento farmacologico migliori i sin-tomi e i segni di scompenso, non vi è attualmentedimostrazione che esso comporti in questi casi anche

un miglioramento della prognosi.

Terapia dello scompenso acutoSotto il termine scompenso acuto si possono far ri-entrare tre tipi principali di condizioni che hannoin comune caratteristiche di gravità che rendononecessario un trattamento intensivo, più o menourgente, al fine di evitare un’evoluzione infaustain breve tempo. Queste condizioni comprendonofasi subacute di aggravamento dei segni e sintomidi scompenso (contrazione marcata della diuresi,aumento della dispnea e/o degli edemi periferici,riduzione della pressione arteriosa) che risultano re-frattari all’abituale trattamento cronico e quadri di

più immediata gravità quali l’edema polmonare acutoe lo shock cardiogeno.Le fasi subacute di aggravamento dello scompensoimpongono un’attenta valutazione delle possibilicause dell’aggravamento. Queste ultime possonorisiedere banalmente in una riduzione dell’aderenzadel paziente al trattamento farmacologico. In altricasi la causa è da ricercare nell’assunzione di far-maci che determinano ritenzione idrosalina comei FANS. In altri casi ancora, il peggioramento delloscompenso cardiaco è dovuto a un’infezione chepuò essere anche subclinica o al peggioramento diuna coronaropatia nota o non ancora diagnosticatao al sovrapporsi di un’aritmia come la fibrillazioneatriale. È ovvio che in questi casi è importante iden-tificare e curare la causa dell’aggravamento delloscompenso. In molti casi, tuttavia, non è possibileidentificare una causa del peggioramento, che puòinvece essere espressione di un peggioramento delloscompenso stesso, per sua natura progressivo. Inquesti casi diventa necessario intensificare la terapiafarmacologica e non farmacologica dello scompensocome illustrato nel trattamento dello scompensocronico.Il trattamento dello shock cardiogeno è trattato nelCapitolo 4.

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Capitolo 13 - SCOMPENSO CARDIACO 325

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