Capaldo, Lello - Federico II Di Svevia e Castel Del Monte

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FEDERICO II DI SVEVIAFrontone della sede centrale dellUniversit Federico II di Napoli. Scritti federiciani di Lello Capaldo

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SOMMARIOPremessa - Apulia porta dOriente ..................................... pag. 3 Breve storia di una scoperta ............................................... pag. 5 Nuove Tessere .................................................................... pag. 23 Federico II tra Oriente ed Occidente .................................. pag. 25 Federico II e Castel del Monte: un binomio inseparabile... pag. 30 Il Baphomet ....................................................................... pag. 33 Il Baphomet, nuove prove ................................................. pag. 37 Il colore a Castel Del Monte ............................................. pag. 40 Gli occhi di Federico ........................................................ pag. 42 Federico II e gli ordini religioso-militari .......................... pag. 44 Il trono di Federico II ........................................................ pag. 48 Il punto sullaffresco di S. Margherita .............................. pag. 52 Bibliografia ....................................................................... pag. 59

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Premessa

Apulia porta dOrienteNel tredicesimo secolo lApulia, porta dellItalia da e per lOriente attraverso la quale passavano crociati e mercanti, fu intensamente frequentata da flussi di viaggiatori e da un conseguente scambio di prodotti delle rispettive culture. A incrementare ulteriormente il fenomeno si aggiunse laperta mentalit dei regnanti svevi e, in particolare, lammirazione che Federico II nutr per lIslam, ammirazione che si risolse, appunto, nellaccogliere alla sua corte non poche manifestazioni degli usi e costumi arabi. Correva allepoca la moda, nelle figurazioni importate dallOriente, di illustrare una nota e diffusa parabola moraleggiante intitolata il trionfo della morte, che intendeva ricordare come questa, rappresentata da verminosi scheletri, finisse inevitabilmente con lavere il sopravvento sui vivi anche se questi fossero stati rispettati e potenti signori. Il tema fu ampiamente utilizzato dai predicatori dellepoca, sia perch vagamente consolatorio, sia perch il macabro ha sempre attirato lattenzione, la curiosit della fantasia collettiva. E questi furono i motivi per cui con una scena del genere lammonimento venne presentato al popolo di Melfi raffigurandolo in un gran dipinto che ancora oggi (dopo oltre ottocento anni) orna una parete della cappella rupestre di S. Margherita alle porte di quella citt, che fu prediletta dalla corte imperiale sveva. La scena, impressionante, rappresenta due ripugnanti scheletri che si avvicinano fin quasi a toccare un gruppo di tre vivi formato da un uomo maturo, paludato di porpora e dermellino (e recante sul braccio uno sparviero dalle tipiche iridi chiare), che si frappone tra i morti (gli scheletri) e gli altri che sono: una bellissima dama, bionda e con gli occhi cerulei, ed un fanciullo, biondo anchesso. Il dipinto fu scoperto dagli studiosi darte allinizio del 1900, ma non bastato un secolo perch gli esperti si accorgessero della vera identit dei tre personaggi, anzi un noto studioso orient erroneamente le ricerche giudicandolo di matrice angioina. E cos gli studi sullo straordina3

rio affresco rimasero paralizzati fino al 1993 quando un ricercatore napoletano, il dott. Lello Capaldo, sviluppando una originalissima tesi riusc a provare che, ad essere rappresentati nellaffresco, sono proprio i componenti della famiglia imperiale: Federico II, la moglie Elisabetta dInghilterra e il figlio del primo, Corrado. Entrare nella penombra della cappella rupestre e guardare in viso a cos straordinari e famosi personaggi, mai ritratti altrove, sembra un miracolo e produce unintensa emozione che non pu assolutamente dimenticarsi.

Figura 1 - Il dipinto detto Il trionfo della morte in una foto degli anni 60 (cortesia Soprint. BAAS, Matera). Si notino le borse da caccia portate dai vivi e, su di esse, il ricamo del giglio araldico e quello di un fiore con otto petali.

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Breve storia di una scopertaAllinizio del 900 la rivista Napoli Nobilissima, per un quarto di secolo diretta da Benedetto Croce, pubblic la notizia del ritrovamento di un insolito dipinto nella chiesa di S. Margherita in Melfi, riportandone anche un disegno (fig. 2). Dopo quasi un secolo, tuttavia, malgrado non pochi studi teorici sul soggetto, mancava qualsiasi notizia sullo stato del monumento. Si avvertiva quindi lesigenza di un controllo, anche in relazione al fascino legato alle chiese rupestri sempre pi abbandonate, tanto pi che la cappella era stata, per lunghi anni, incredibilmente degradata a stalla. Il sopralluogo venne effettuato nella primavera del 1993 e, pur nellangoscia suggerita dal vergognoso abbandono dello straordinario sito, si poterono riscontrare ancora non pochi importanti particolari dellarchitettura e delle pitture che avrebbero, poi, portato a conclusioni originali e sorprendenti. Si vide che quasi tutte le figure degli affreschi, anime sante, apparivano nimbate, mentre poche erano quelle che ritraevano persone vive, quindi prive di aureola. Tra queste spiccavano un uomo maturo dalla barba rossiccia, una donna, con capigliatura bionda, il volto allungato e gli occhi azzurri che cinge in un abbraccio un giovanetto, biondo anchesso, quasi a difenderlo dai due scheletri che su di loro incombono simboleggiando la morte e meritando alla scena il titolo di Trionfo della Morte. Paludate in modo tra loro uniforme e sontuoso, in questa cappella dallarchitettura inequivocabilmente moresca (fig. 3), cosa raccontavano quelle figure dai volti nordici in una terra di brune etnie mediterranee? A risolvere il quesito soccorse la nozione che il tema del dipinto fu caro ai predicatori del tempo perch rappresentava efficacemente la caducit delle umane vanit di fronte al trapasso: sorte comune, questa, che toccava a chiunque, anche ai soggetti pi nobili e potenti. Un tema, dunque, che era, s, un ammonimento, ma risultava anche in un certo senso consolatorio per la gran massa di diseredati che vivevano in quelle desolate campagne e frequentavano lumile chiesetta di S. Margherita. Dunque, perch il messaggio rag5

giungesse il suo scopo, i tre vivi dovevano essere scelti tra i grandi signori del posto e dovevano essere anche ben riconoscibili. E fu a questo punto che il pittorello dovette avere la folgorazione e pens, allo scopo di rappresentare il massimo del potere, della ricchezza e della notoriet, di ricorrere allimmagine della famiglia imperiale. Naturalmente fu questa, per lo scrivente, una prima intuizione che nacque im- Figura 2 - Disegno del duecentesco dipinto della capprovvisamente pella di S. Margherita in Melfi, realizzato dallo mentre, ancora in scopritore Giambattista Guarini, in Napoli Nobilissima, vol. VIII, fascicolo 1, gennaio 1889, pag. 113. preda allo stupore, si aggirava nella buia cappella. Solo pi tardi essa divenne unipotesi di lavoro alla quale sono stati dedicati anni di studio e di approfondimenti col risultato di raccogliere numerosissimi indizi, a favore della identificazione, che, infine, si sarebbero rivelati tutti tra loro concordanti cos da assumere valore di prova.

Figura 3 - Larco carenato, struttura tipicamente moresca, allinterno della cappella di S. Margherita in Melfi (PZ).

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Figura 4 - Dettaglio dellaffresco Il trionfo della morte. I ricami sulle borse raffigurano gigli e fiori con otto petali (Loto). Visibili anche i tre coltelli da caccia.

E stato, dunque, il dipinto del gruppo di famiglia (lunico che si conosca) databile al XIII sec. e tuttora visibile anche se molto rovinato a causa di ritardati interventi di manutenzione e restauro (non sollecitati dagli ambienti istituzionalmente pi qualificati), ad essere oggetto dellattenzione dellautore che, dopo accurata indagine , ha raggiunto la ragionevole certezza che in essi potessero ravvisarsi, appunto, Federico II di Svevia, la moglie Isabella (o Elisabetta) dInghilterra ed il figlio Corrado (IV) (fig. 1). La discussione, le immagini e i documenti relativi alla identificazione sono stati pubblicati, per la prima volta, nel marzo 1994 nel breve saggio Federico II a Melf, ritrovato il vero volto dellImperatore 1. Per i lettori di oggi viene qui parzialmente riassunto, emendato in qualche passaggio ed integrato, il testo di cui sopra precisando che la favorevole accoglienza ad esso riservata anche in ambienti specialistici, ha incoraggiato un costante approfondimento della ricerca e dello studio degli elementi obiettivi che avallano lidentificazione dei personaggi. Tra gli elementi-guida vi sono stati certamente il giglio ed il fiore a otto petali ricamati, con evidenza e ripetitivit, sulle borse da caccia, tutte uguali tra loro, esibite dai tre personaggi. Del primo motivo-simbolo si gi accennato nella pubblicazione del 94, ma se ne parler ancora in questo scritto, mentre per il secondo sono stati trovati nuovi accostamenti che ne dimostrano la coerenza col mondo federiciano, che si colloca tra Oriente e Occidente 2. Ben visibili sono anche i tre coltelli da caccia portati alla cintura (fig. 4). 7

I primi indizi.Allorch, nel 1782, fu riesumata a Palermo la salma, perfettamente conservata, di Federico II (fig. 5) si trov che era vestita con tre tuniche: la prima, la pi intima, di colore bianco detta alba, la stessa che per propria scelta limperatore indossava normalmente sotto i panni regali. Ebbene, sulle maniche, essa mostrava ampi arabeschi ricamati, tramandatici da un disegno coevo della ricognizione, formati da una elegante scritta cufica e da un fiore ad otto petali, stilizzato e racchiuso in un cerchio 3 che, in questo caso, sarebbe riduttivo ritenere un semplice motivo ornamentale (fig. 6). Infatti le ragioni per le quali piacque allimperatore di adottare questo segno, questa forma quasi come un sigillo (fig. 7), sono, molto probabilmente, legate ai profondi significati del fiore di loto - per convenzione rappresentato con otto o sedici petali e simbolicamente apparentato col giglio - e forse anche per la sua appartenenza alla raffinata cultura ismailita sicuramente nota a Federico II. Nato, questo motivo, in Oriente ed in epoca remota come decorazione di ispirazione solare (fig. 8), esso andato col tempo caricandosi di significati mistici ed quindi entrato a far parte di quei diagrammi circolari, propri dellesoterismo islamico, la cui parentela coi pi complicati mandala indiani, per concezione e significato, sorprendente 4. E dunque, se trovare accostamenti tra chiunque altro e quei motivi ottagonali pu ritenersi frutto del caso, altrettanto non pu assolutamente pensarsi trattandosi di Federico II. Per questi infatti vi erano motivazioni precise ed evidenti che lo portavano a prediligere questa figura, che palesemente richiama quelle geometrie che ispirarono monumenti da lui ammirati - ad es. la moschea di Omar a Gerusalemme - o che avevano segnato momenti salienti della sua esistenza. Egli, infatti, fu incoronato re dei Romani, con una corona ottagonale, nella cappella palatina di Aquisgrana, che vanta un impianto centrale con otto lati, racchiuso in un ambulacro che ne ha sedici, ed era illuminata da un grande e famoso lampadario ottagonale, con otto torri angolari, donato alla chiesa dal Barbarossa. E, sempre questo numero, sugger a lui, che lo concep, lo schema del misterioso Castel del Monte: uno straordinario monumento, che materializza un alto messaggio spirituale che limperatore ha voluto lasciare alle generazioni future 5. 8

I dubbi dei lettori.In una corretta disamina delle reazioni suscitate dal citato nostro saggio del 1994, nel suo primo anno di vita, tuttavia doveroso rilevare che, oltre ad un incoraggiante apprezzamento, esso ha alimentato anche alcune perplessit, che qui di seguito si riportano unitamente alle controdeduzioni dellautore. Premesso che le notizie biografiche su Federico Il di Svevia sono spesso venate di incertezza, e da questo dipende la difficolt di redigere una cronologia dettagliata e sicura, opinione dei maggiori biografi dello Svevo che il giovane figlio Corrado (IV) non si sia mai trattenuto in Apulia insieme con la matrigna Isabella dInghilterra. Di conseguenza qualche lettore ha ritenuto poco credibile che potesse esistere un ritratto di famiglia, come quello della chiesa rupestre di S. Margherita in Melfi, che presenti, uniti, Federico, Isabella e Corrado; ma, in ogni caso, lobiezione non inficia lipotesi della identificazione dellimperatore, effettuata in base a numerosi elementi obiettivi quali i simboli da lui adottati e che vistosamente figurano nel citato dipinto rupestre. Si deve comunque tenere presente che, se vero che Isabella fu presentata alla corte di Melfi solo dopo la partenza di Corrado per la Germania - e si sa che molto impression per la sua bellezza - e se altrettanto vero che rimase esclusa dalle manifestazioni ufficiali per espressa volont dellImperatore, in compenso ben noto che questi la volle sempre con s nella quotidianit e nelle cacce, durante le quali amava accompagnarsi

Figura 5 - La mummia di Federico II cos come fu trovata nella ricognizione del 1782. Da un disegno di F. Danieli in I regali sepolcri del Duomo di Palermo riconosciuti e illustrati, Napoli 1784.

Figura 6 - Il ricamo con arabeschi visibile sulle maniche della tunica che veste la mummia di Federico II. Si notino: il fiore ottopetalo, stilizzato e racchiuso in un cerchio, nonch le scritte cufiche. Dal Danieli op. cit.

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anche coi figli ed in particolare col prediletto Corrado. Per tali motivi il popolo ben conosceva i singoli componenti della famiglia imperiale ed , quindi, del tutto probabile che il pittore dellaffresco di S. Margherita, volendo rappresentare il gruppo di famiglia, abbia riunito nel suo dipinto i tre personaggi, anche se da lui osservati in momenti diversi e comunque tra loro non lonta- Figura 7 - Lanello: sorta di sigillo ni. Solo cos sarebbe stato pos- ottopetalo di Federico II. (Dal Danieli op. sibile affidare allaffresco il messaggio di cui doveva esse- Cit.) Un segno questo che sempre rivere portatore, cio la vulnera- la, a chi in grado di intendere, la partebilit alla morte della pur po- cipazione, la presenza di Lui, della sua tente famiglia imperiale presa, fede, della sua anima. nel suo insieme, come emblema del massimo umano potere. A facilitare questo proposito del pittore vi fu la circostanza - la stessa che ha fatto prevalere la tesi che il ragazzo ritratto fosse appunto Corrado e non Enrico (VII), come, pur teoricamente, pareva possibile che la pi intensa frequentazione dellApulia, da parte dellImperatore, si ebbe tra il 1228 (anno di nascita di Figura 8 - Fiore di loto che, in relazione al Corrado) e il 1235 (allorch suo originario areale di diffusione, viene questi part per la Germania) detto east indian lotus e corrisponde alla e anche dal 1240 fino alla specie scientificamente nota col nome di scomparsa della terza moglie, Nelumbo nucifera (nel tempo associato al Isabella appunto, nel dicembre del 1241 6. Da tale contesto si Buddha). pu anche ricavare la data di realizzazione del Trionfo della Morte: esso infatti potrebbe essere il pi tardo tra quelli che ornano S. Margherita, da porsi appunto tra gli anni 1235 (avvento di Isabella), quando Corrado aveva sei anni cio 10

pressappoco let dimostrata dal ragazzo che compare nel dipinto, e il 1241 anno in cui questa regina esce di scena. Questa datazione in pieno accordo col fatto che il soggetto dellaffresco giunse dallOriente e fu realizzato per la prima volta in Italia a Melfi 7, da dove si irradi in altre citt, innanzi tutto ad Atri ove lanaloga scena stata datata con sicurezza tra il 1240 e il 1250 8. E se, dunque, esso giunse in Abruzzo dopo aver fatto tappa a Melfi anche evidente che la realizzazione melfitana pu essere, al massimo, contemporanea alla seconda, anzi pi probabilmente precedente ad essa, cos confermandosi di et coerente con la cronologia delineata pi Figura 9 - Federico Barbarossa: si noti sopra. Ma altri dubbi sono stati limponente scettro a forma di giglio. Dalla manifestati. Cronaca dei guelfi, Monastero benedetPerch Federico II non indossa, nel dipinto, il suo paludamento imperiale?tino di Weingarten, Germania).

La risposta semplice: egli doveva essere riconosciuto ictu oculi da coloro che frequentavano la umile chiesetta di S. Margherita, cio da quei popolani, da quei contadini che erano abituati a vederlo in tenuta venatoria, durante le sue cacce nelle campagne e nei favolosi boschi del Vlture. Solo grazie a questo realismo laffresco avrebbe parlato al popolo ed il suo messaggio sarebbe stato compreso. Le insegne del potere, certamente inadatte alla pratica venatoria, venivano esibite dallimperatore solo a corte, nel chiuso del palazzo, o in poche altre solenni occasioni, ma quanta parte dei contadini poteva vederle e quindi riconoscerle? Comunque, da quel semplice abbigliamento, non risulta esclusa una componente regale: il mantello di porpora guarnito con un bordo che richiama lermellino. 11

I personaggi del dipinto sono solo tre anonimi cacciatori. Questa obiezione non regge in alcun modo perch, se tanto fosse vero, non si comprende perch il pittore sia ricorso a rappresentarli come un uomo, una donna e un ragazzo e non, semplicemente, sotto laspetto di tre uomini, come ad Atri. Daltra parte chiaro che i dettagli di questo soggetto, frequente nel Medioevo, furono di volta in volta adattati alle diverse situazioni locali. In realt, qualora semplificato a imitazione di altri, il dipinto avrebbe avuto, per la popolazione melfitana, minore efficacia nellesprimere il messaggio che ragionevolmente si ritiene dovesse comunicare, cio il trionfo della morte sui potenti anche quelli del pi elevato rango. Si tratta, dunque, proprio della famiglia del Puer Apuliae e lipotesi trova conferma nella ovvia considerazione che nessun cacciatore del contado, anche se nobile, avrebbe mai osato fregiarsi dei segni prediletti dallimperatore - il giglio (legato alla regalit e testimone di essa: vedi figg. da 9 a 14) e il fiore a otto petali cos vistosamente presenti sulle borse da caccia, visibili nellaffresco, e portate da tutti i tre membri del nucleo familiare. Daltra parte lipotesi, avanzata temerariamente da qualcuno, ma che qui fermamente si respinge, cio che i tre personaggi possano essere altrettanti cavalieri, implicherebbe che la figura centrale dellaffresco non sia limmagine di una donna, ma di un uomo. questa uninaccettabile forzatura poich in questa figura sono invece evidenti i caratteri di una fragile femminilit: i capelli trattenuti da una rete (non visibile) e da un (evidente) cercine sulla fronte, ma , a pro-

Figura 10 - Arrigo VI, genitore di Federico II. Anche per lui c lo scettro a forma di giglio araldico (= iris). Si noti anche, nello stemma, laquila con la coda a forma di giglio stilizzato. Per avere una conferma della equivalenza e della intercambiabilit tra la coda dellaquila e liris, che orna la corona regale, cfr. la figura 16. Dal Codice Manesse.

Figura 11 - Federico II. Codice Biblioteca Apostolica

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varlo e a dissipare ogni dubbio, soprattutto il suo atteggiamento materno nei confronti del fanciullo che le sta a fianco, al quale ella si stringe per proteggerlo dai due scheletri incombenti, simbolo di morte. E dovettero essere proprio questi elementi ad orientare lo scopritore del dipinto, Giambattista Guarini, allorch, su Napoli Nobilissima vol. VIII, fasc.1 del gennaio 1899, dichiar senza esitazione di essersi trovato di fronte ad un nucleo familiare. Col tempo, diffusasi la notizia del ritrovamento del dipinto, furono in tanti a interessarsene, cos giungendo alla scoperta delle sue radici che si riconoscono ne Il racconto dei tre morti e dei tre vivi: un tema orientale giunto per la prima volta tra noi, appunto, attraverso laffresco di S. Margherita. In seguito i numerosi studiosi che se ne occuparono, e che di esso probabilmente avevano solo notizie libresche, ritennero che pedissequamente esso dovesse rappresentare loriginario racconto, che parlava di tre cavalieri. Non si resero conto che laffresco melfitano era, in questo senso, atipico in quanto era stato adattato alla realt storica di Melfi e dellApulia. Infine, i sullodati studiosi, senza neppure essere sfiorati d al l a supposizione che il dipinto po-

Figura 12 - Davide, Re dIsraele, da sempre idealmente considerato predecessore degli imperatori del Sacro Romano Impero in quanto stimola in questi lambizione di regnare su Gerusalemme. Si notino: lo scettro a forma di giglio araldico, stilizzato rendendo i petali simili a cladodi, cos come quelli scolpiti sullo schienale del trono di Federico II (v.) e, sulla spalla destra la fibbia avente laspetto di un fiore ottopetalo. Vetrata della cattedrale Haugsburg (Augusta), capitale della Svevia.

Figura 13 - Pergamo di Bitonto: il giglio stilizzato passa di mano tra i membri della stirpe sveva.

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tesse rappresentare la famiglia imperiale, vollero vedere, oltre che i tre cavalieri, anche i tre scheletri del racconto originario, mentre qui sono solo due, n sembra che esistano tracce del terzo scheletro, che il tempo avrebbe cancellato, e neppure lo spazio stesso necessario ad accoglierlo. Ma i teorici, avulsi dalla realt, continuano, e molto probabilmente continueranno, a parlare di tre cavalieri e di tre scheletri! Unulteriore, breve considerazione deve essere fatta nel merito del coltello da caccia che i tre vivi portano alla cintura e che a qualcuno potrebbe apparire disdicevole per una donna. Ma la storia della moda in Europa Figura 14 - Dettaglio del pergamo, a dirci che sin dal XIII sec. si anda- il simbolo del giglio. rono diffondendo, per le donne, fogge di vestire mascolino, cos che: ... in Inghilterra (esse) si recavano ai tornei a cavallo (in questo caso essa partecipa ad una partita di caccia n.d.r.) portando tuniche bicolori e pugnale alla cintola, pi simili a partecipanti che a semplici spettatrici. (Da AA.VV. a cura di Duby G. e Perrot M.: Storia delle donne in occidente. Il Medioevo. Laterza Ed. Milano 1990, pag. 168). Un motivo in pi dunque per avere conferma della nazionalit della donna. Laffresco di epoca angioina questa la obiezione pi ricorrente, che viene ripetuta in modo acritico allo scopo di sostenere, con questa unica osservazione, lestraneit del dipinto al mondo federiciano. Essa deriva da unopinione di Ferdinando Bologna, categoricamente enunciata negli anni sessanta 9, con cui questi affermava che, comparendo un giglio nella pittura (sulle borse da caccia), si certi che si tratta di opera posteriore al 1266, cio di epoca angioina in quanto sarebbe stato questo casato francese a elevare il fiore ad emblema reale! Fermo restando che gli angioini adottarono uno stemma Figura 15 - Stemma adottato dagliStaufen. Dal Codice Manesse

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con pi gigli, il fatto non esclude che altre case regnanti lo avessero adottato. Pertanto resta personalistica la conclusione che questo emblema fosse esclusivo della casa francese. Ma laffermazione del Prof. Bologna, malgrado inappropriata, divenne ben presto un ipse dixit per almeno due generazioni di esperti (da giudicare quanto meno acritici se non disponibili a squalificanti sudditanze, e tra questi coloro che immotivatamente rifiutano il presente studio), mentre essa era stata solo unaffrettata deduzione. Il giglio simbolo antichissimo, appartiene alla cultura egizia, alla mitologia classica e finanche alla Bibbia e, sempre, per il suo splendore e maest, viene accostato alla regalit; inoltre esso promessa di immortalit, salvezza e gloria e, in questo senso, si pu stabilire unequivalenza tra esso e il fiore di loto (ChevalierGheerbrant, op.cit.). In tempi da noi meno lontani esso cantato dai poeti bizantini come fiore assolutamente meraviglioso 10. Non furono dunque solo gli Angioini a comprendere ed esaltarne i significati ma essi, come tanti altri prima e dopo di loro, lo accolsero, da antiche e note tradizioni, tra i simboli beneauguranti per il proprio casato. Ma, nel nostro caso, c qualcosa di pi: il giglio risulta generazionalmente legato anche agli Hohenstaufen. Federico I, il Barbarossa (nonno di Federico II) raffigurato in una miniatura del XII sec. assiso sul trono e munito di uno scettro a forma di giglio (fig. 9); stessa composizione, questa volta con Enrico VI (padre di Federico II) troviamo nel Codice Manesse (fig. 10); ancora e sempre un giglio compare nel sigillo di Costanza dAltavilla (madre di Federico II) 11. In particolare, poi, per quanto riguarda personalmente Federico II, rileviamo che una sua corona ornata con almeno quattro gigli ed inoltre la sua effige, nelle miniature e nei sigilli, quasi sempre accompagnata da questo fiore: v. ad es. il folio 1 del Codice di Manfredi (fig. 11), v. la ruota della fortuna nei Carmina Burana del Figura 16 - DetXIII sec., v. lemblema dellUniversit Federico taglio: aquila la II di Napoli, gi sigillo cui coda si idenimperiale, nonch nume- tifica, anche rose altre raffigurazioni nella conceziocome ad es. quella della ne del tempo, statua in metallo esisten- con liris stilizte ad Aquisgrana zato della (Karlschrein) in cui Fede- sottostante corico II impugna le insegne rona. Dal Codidel potere che sono, ap- ce Manesse 15

punto, lo scettro terminante col fiore di giglio e il globo crucigero. Riteniamo, con questi elementi, di aver dato una risposta definitiva a chi riteneva che potesse bastare la presenza di un giglio per accreditare una matrice angioina. Dunque anche la saga sveva accompagnata dalla presenza di questo fiore e se, in qualche caso, manca il giglio tuttavia presente laquila gigliata (v. figg. da 15 a 20), che con buon fondamento (v. infra) si ipotizza possa svolgere lo stesso ruolo. Si tenga presente che nel Medioevo stato concepito un numero maggiore di simboli di quanti non ne siano nati dalla fine di quellepoca sino ai nostri giorni 12. Ch se poi non si volesse riconoscere questo fiore nella coda delluccello imperiale - ed escluso che possa trattarsi di un dipinto realistico - si dica, per favore, cosa mai rappresenterebbe quella sorta di bulbo, che unisce e divide il corpo del rapace, avente una terminazione tricuspide, che sintetizza il giglio e che lo conclude in basso, fornendo per anche una spiegazione di questultimo non trascurabile particolare 13. Linsieme pu osservarsi in numerose miniature riguardanti il casato svevo (v. ad es. figg. 15 e 16) Ma torniamo alla scena del Trionfo della Morte e rileviamo che, in ogni caso, anche ammettendo che il dipinto possa essere stato realizzato in epoca pi tarda di quella da noi indicata, non certamente questo un buon motivo per sostenere che il falconiere col raffigurato non sia Federico II. E noto infatti che lautorit, il fascino, la grandezza di questi sopravvissero lungamente, nella memoria collettiva, finanche dopo la sua scomparsa, anzi furono in molti a ritenere che egli non fosse morto. Rimase dunque lo Svevo come modello irraggiungibile del massimo potere e ascendente cui un uomo potesse giungere e quindi, anche in epoca angioina, egli continuava a rappresentare un ideale ed un simbolo. In conclusione appare chiaro che non con le cronologie note, e meno che mai con certe affermazioni apodittiche, deve confrontarsi la ricerca di tipo analitico esposta nei nostri precedenti saggi e nel presente aggiornamento (nessuno di coloro che si dimostrano dissenzienti dalle nostre conclusioni ha mai argomentato alcunch sulla non pertinenza del fiore ottopetalo col mondo federiciano, n ha potuto sostenere che il giglio non competesse anche agli Svevi come simbolo regale) e pertanto, per accreditare opinioni diverse da quelle fin qui esposte, si dovranno innanzitutto demolire, punto per punto, tutte le tesi brevemente riassunte nel presente lavoro, altrimenti non si potr non tenerne conto. Anche se, in forza di quanto esposto, sar forse necessario riformulare una pi analitica e dettagliata ricostruzione degli avvenimenti del periodo intorno al 1235, cio quando Corrado raggiunse quellet prepuberale dimostrata dal ragazzo ritratto nel dipinto di Melfi. I dati obiettivi che si rilevano dallo studio del monumento - quale la sua architettura con larco carenato che si restringe alla base 14 (v. fig. 2) - e 16

il necessario approfondimento di ciascun dettaglio del dipinto, quali i simboli regali esibiti dai personaggi, alcuni caratteri fisiognomici e cio la insolita capigliatura bionda del ragazzo, gli altrettanto rari occhi cerulei della donna, alta e bionda anche lei, la statura di lui, inferiore a quella della moglie, la presenza del falcone e soprattutto la barba rossiccia, costituiscono elementi di giudizio primari, sia se vengono considerati singolarmente, sia, soprattutto, nel loro insieme. In ogni caso non possono essere valutati come semplici e fortuite coincidenze, specie se si tiene conto che le ipotesi qui formulate sono assai verosimili e che, se a favore di questa identificazione mancano prove certe esse mancano anche per dimostrarne linfondatezza! Si noti, infatti, la raffrontabile tipologia fisica tra il Federico II del dipinto e la sua mummia e si noti, soprattutto, limpressionante somiglianza tra il primo e un ritratto di epoca a lui coeva contenuto nella Chronica Regia Coloniensis 15 . Il dipinto in oggetto, paragonato alle pitture bizantineggianti che lo circondano, si mostra pi sofisticato di queste ultime cos venendosi ad inquadrare nella scienza e nel pensiero federiciani e manfrediani. Di fatto il tema del Trionfo della Morte, lo ripetiamo, si diffuse in Occidente nel XIII sec. e trov a Melfi la sua prima realizzazione (Baltrusaitis op. cit.) proprio grazie alle posizioni storiche assunte dagli Svevi nellItalia meridionale e certamente non dagli Angioini) nonch alle loro aperture artistiche. Inoltre le sue stilizzazioni, il disegno guizzante e sottile, i caratteri di una moda arabeggiante ci riportano anchessi al ciclo miniatorio degli Svevi (Vivarelli op. cit.). In proposito si tenga presente che di questa irradiazione, dallApulia verso occidente, non pu dubitarsi perch notoriamente, sia il tema del dipinto in questione, sia il modo di rappresentare il fiore di loto con otto petali (ripetiamo: una sorta di mandala), e sia, ancora, larco carenato che si restringe alla base (a ferro di cavallo) trovano tutti e tre, origine, unica e unificante, nella cultura buddisticopersiano-araba mediata nel Mezzogiorno dItalia dagli Svevi (e non certamente dalla successiva dinastia francese!). Fu infatti la corte sveva che, da un lato, si mostr sensibile alla mistica sufita e, dallaltro, aliment quel senso realistico e positivo delle cose, congeniale a Federico II, primo uomo nuovo dei suoi tempi e che chiaramente si distacca dal Medioevo 16. Limpegno posto dallautore nella ricerca, brevemente riassunta nel presente articolo, ha meritato apprezzamenti che hanno determiato la pubblicazione dei risultati nellambito di convegni internazionali (Bonn 1955), la pubblicazione da parte dellAccademia Pontaniana (Atti del 1999) nonch lapprezzamento espresso dal Preside della Facolt di Lettere dellUnivesit di Napoli. Tali studi oltre ad arricchire la biografia federiciana, svelano il senso di misteriosi simboli (ivi compreso il Baphomet) facenti parte del mondo segreto dellimperatore. 17

La Famiglia imperialeDallaffresco del Trionfo della morte fotografato prima dei recenti restauri: Con la collaborazione del Centro ProduzioneApplicazioni Multimediali della IBM Semea sud S.R.L., alla quale si porge vivo ringraziamento, stato realizzato il restauro elettronico dellimmagine presunta di Federico II esistente nella chiesa rupestre di S. Margheritain Melfi. In questa restituzione virtuale nulla stato lasciato al caso, alla invenzione o alla fantasia delloperatore e il risultato stato ottenuto ricorrendo esclusivamente alle foto in bianco e in nero - vecchie di alcuni decenni, una risalendo ai primi anni di questo secolo, e nelle quali i lineamenti dei personaggi sono ancora leggibili - e alla loro campitura elettronica coi colori originalice si conservano nellaffresco sebbene, ormai, su superfici ridotte. Lintervento dellI.B.M., purtroppo limitato alla sola figura dellimperatore, ha dato un risultato sorprendente e ben presto sar la sola testimonianza che rimarr del dipinto, votato ad una rovina totale entro pochissimi anni poich il Ministero, forse in assenza di adeguate sollecitazioni, non interviene a fermarne il degrado.

La glaucopide Isabella dInghilterra Il biondo Corrado (IV)

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NOTE. 1) Chi fosse interessato pu richiederlo all Editore G. Procaccini, via S. Maria di Costantinopoli 30, CAP 80138 Napoli. 2) Vedi Federico tra Oriente ed Occidente 3) Daniele F. I regali sepolcri del Duomo di Palermo riconosciuti ed illustrati, Napoli 1784 4) Per un primo approccio alla materia cfr. Chevalier, Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Rizzoli Ed. Milano 1989, nonch Stutley M. e Stutley J. Dizionario dellinduismo, Ubaldini Ed., Roma 1980. Per quanto concerne Castel del Monte si premette che esso da considerarsi un Mandala di pietra (Mandala Figura 17 - Federico II e parte in sanscrito significa cerchio) e sempre del suo seguito durante il main relazione a questo straordinario mo- trimonio con Jolanda di numento si segnalano i contributi e la Brienne: si noti larme esibita bibliografia riportati in Federico II im- dal portainsegne. Da Chronica magine e potere, pagg. 285/317, Figurata di G. Villani Marsilio Ed. Venezia 1995. 5) Vedi sempre nel presente lavoro Contributo per una lettura simbolica di Castel del Monte. Per liniziazione a Castel del Monte vedi Il Baphomet e ancora Il Baphomet, nuove prove. 6) Cfr. la cronologia redatta nel suo libro da A. Haseloff: Architettura sveva nellItalia meridionale, Adda Ed., Bari 1992, pag. 45. 7) Baltrusaitis J. Medioevo fantastico, Adelphi Ed., Milano 1973, pag. 252 8) Vivarelli P. Pittura rupestre nellAlta Basilicata, la chiesa di Santa Margherita a Melfi in: Melanges de lEcole Francaise de Rome, Moyen Age - Temps Modernes. Tome 85/1973, 2. pag. 577 e segg. 9) Cfr. Bologna F. I pittori alla corte angioina di Napoli, Bozzi Ed., Roma 1969. 10) Cfr. La poesia di Leone Imperatore, che regn dall 886 al 912, intitolata Il simbolo del giglio, in Cantarella R. Poeti bizantini, BUR Milano 1992. 11) Esistente presso lArchivio di Stato in Palermo e riportato in Horst 19

E. Federico II di Svevia, Ed. Rizzoli, Milano 1994, pag. 50. 12) Vedi Il trono di Federico II. 13) Una nuova ipotesi: nel primo saggio del 94 (v. nota 1) si avanzava lipotesi che laquila gigliata, che in un secondo momento appare nello stemma degli Staufen, stesse ad indicare la dignit regale e quella imperiale ambedue appartenute alla potente famiglia sveva e successivamente rappresentate con laquila bicipite. Lo dimostrerebbe la semplice osservazione del simbolo: infatti laquila si collega allimpero, mentre la sua coda altro non che liris gigliato capovolto, ovvero il giglio Figura 18 - Arrigo VI assiso in trono con araldico che si addice alla larme imperiale e laquila sovrastante la dignit reale (figg. 9 - 14). Nel merito della precedente corona. Dal Codice Manesse. ipotesi si cita, di seguito, un brano della lettera indirizzata allautore dal Dott. Angelandrea Casale, membro della Societ Italiana di Studi Araldici e dellIstituto Genealogico Italiano: La vostra ipotesi sulla coda dellaquila rappresentante realisticamente un iris (giglio) impostata in modo ottimo e la ricerca effettuata sulla presenza del giglio in molte miniature riguardanti il casato svevo testimonia la profondit della ricerca stessa. Certamente la vostra unipotesi, ma formulata in modo assai verosimile. La ricerca effettuata nel saggio Federico II a Melfi non ha niente da invidiare a tante altre ricerche che, pur mancando di prove certe, vanno per la maggiore. 14) Cfr. il capitolo Larte dellislamismo in Springer, Ricci: Manuale di storia dellarte, Ist. It. dArti Grafiche, Bergamo 1930, vol.II pag. 93 e segg. e volume VI pag. 439 e segg. questultimo nelledizione del 1943. 15) vedi R. Russo: Federico II Barletta Rotas Ed. Barletta 1994, pag.138. - Inoltre, che Federico avesse una corta barba, almeno da una certa et 20

in poi, confermato in questo ritratto nonch nelle miniature della Chronica del Villani (Biblioteca Apostolica Vaticana). In due di queste ultime egli raffigurato nel momento del suo matrimonio con Iolanda di Brienne, nel 1225, quindi poco pi che trentenne, e al suo ingresso in Gerusalemme. Secondo le tesi esposte nel presente saggio limmagine di Federico, nellaffresco di S. Margherita, lo ritrarrebbe allet di oltre 40 anni. Vedi larticolo Nuove tessere. 16) Cfr. Enciclopedia dellArte Medioevale, Ist. Enc. Italiana, Roma 1991, vol. 11, pag. 705.

Attenzione! larticolo Breve storia di una scoperta riassume i due saggi a stampa, indicati qui di seguito, ricchi di un maggior numero di argomenti e di prove; Federico II a Melfi, di L. Capaldo e A. Ciarallo, pubblicato in Oltre, Gennaio-Marzo 1995, n1; Castel del Monte e Federico II di Svevia, un binomio inseparabile, di L. Capaldo pubblicato in Oltre, Gennaio-Giugno 1996, n1/2. I saggi possono essere richiesti, fino ad esaurimento delle scorte, a [email protected]

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Figura 20 - Lo stemma imperiale degli Staufen sullabbazia di Figura 19 - Un disegno bota- Westminster. Limmagine canico di Iris variegata povolta per agevolare il confronto con liris.

Bibliografia: L. Capaldo e A. Ciarallo, Federico II a Melfi: ritrovato il vero volto dellImperatore. Napoli 1994, Procaccini Editore. L. Capaldo e A. Ciarallo, Federico II a Melfi. Pubblicato dalla rivista Oltre n 1/95 (redazione di via Riviera di Chiaia, 207, Napoli). L. Capaldo, Federico II di Svevia e Castel del Monte: un binomio inseparabile. Pubblicato dalla rivista Oltre n1_2/96. (redazione di via Riviera di Chiaia, 207, Napoli). L. Capaldo, Il trono di Federico II, Pubblicato negli Atti dellaccademia Pontaniana, vol. XLVII, Napoli 1999. 22

Nuove tessereLo studio e gli approfondimenti, che riguardano Federico II e il suo mondo, continuano e rendono possibile laggiunta di nuove tessere al grande mosaico gi composto fino ad oggi per dare una sempre maggiore certezza alla identificazione della famiglia imperiale ritratta nel dipinto della cappella di S. Margherita in Melfi (PZ). Loccasione, in questo caso, ci stata offerta dallaccurato esame di un importante documento scritto in epoca coeva alla vita dellImperatore: parliamo della Chronica Regia Coloniensis conservata nella Biblioteca Reale di Bruxelles (v. R. Russo, Federico II, Barletta 1994, pag.138). In questa opera compare un ritratto di Federico II che innanzitutto, daccordo con le rappresentazioni riportate nella Chronica Figurata di G. Villani (1276-1348), documenta che lImperatore aveva la barba (v. le nostre precedenti pubblicazioni e la bibliografia in esse riportata), e consente inoltre significative considerazioni che possono leggersi qui di seguito. Il confronto (v. fig. 21) tra limmagine dellaffresco di Melfi e quella riportata dalla Chronica Regia Coloniensis sorprende per una incredibile somiglianza dei soggetti ritratti (vedi la figura 22): sopracciglie marcate, naso dritto, baffi divisi in due parti, labbro superiore avvallato al centro, barba corta, volto ovale; e quando due artisti, sicuramente appartenenti a mondi tra loro lontani e diversi, convergono a tal punto nel ritrarre un comune soggetto, questo vuol dire, senza dubbio, che il soggetto stesso a possedere proprio quei caratteri. Basterebbe, dunque, questa sola considerazione e un attento esame delle immagini Fig. 21 23

poste a confronto per dire che, con quello di Melfi e quello della Chronica Regia Coloniensis, ci troviamo di fronte ad un unico volto: quello vero di Federico II.

Figura 22 - Federico II nellaffresco di Melfi; dettaglio della barba (rossiccia) e della bocca

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Federico II tra Oriente ed OccidenteLa civilt araba fu frutto di una complessa elaborazione delle culture di occidente e doriente raggiunte dallespansionismo arabo. Filosofia greca, scienza ellenistica, astronomia persiana e matematica indiana nutrirono questa civilt dinamica e originale, che coltiv tutti i rami del sapere e influenz il mondo occidentale con i suoi pensatori (Averro, commentatore di Aristotele), matematici (Al Khuwarizmi, astronomo), medici (Avicenna, autore del Canone di medicina), fisici (Alhazen, famoso per il suo trattato di ottica). Inoltre la civilt araba concep autonomamente, e diffuse nel suo vasto impero, originali e fortunati modelli letterari e artistici. Ma, al di sopra di qualsiasi esperienza particolare, fu la storia stessa del popolo arabo che, nella sua globalit, dovette giocare un ruolo determinante nella considerazione che di essa ebbe Federico II di Svevia, che ne sub il fascino e i condizionamenti. Infatti lArabia si presentava, allinizio della sua storia, con una popolazione formata in gran parte da nuclei nomadi, per giunta dispersi su vasti e bruciati territori, e che solo con lavvento dellIslam, nei primi decenni del VII sec. d.C., trovarono unione e scopi comuni. Rappresenta uno degli eventi storici pi straordinari la capacit che essi dimostrarono nel conquistare e saper gestire un impero esteso dalla Spagna allIndia, nel saper assorbire le varie culture, magari elaborandole e restituendole come patrimonio unificato ed aggregante. Una vicenda storica di questa portata non poteva non essere considerata come un insegnamento, una sorta di modello da colui che si riteneva destinatario dello scettro del mondo. E fu cos che lo Svevo, apprezzando quella cultura che sottendeva le affermazioni del popolo arabo nel mondo, ne volle non pochi rappresentanti presso la sua corte col risultato, tra laltro, di facilitare ulteriormente un qualificato accesso di quella civilt allEuropa. Uno dei primi frutti fu laffermazione della lirica damore della scuola siciliana, nella quale limperatore stesso si ciment, che pur riecheggiando composizioni dei poeti-musici della Provenza e della 25

Germania, trovava riscontro nella mistica amorosa arabo-persiana. Ma molti altri furono gli episodi storici che dovettero far presa sullanimo dello Staufen: ne citiamo uno di quelli che pi ci ha fatto Fig. 23 - Fiore di loto che, in relazione al suo originario riflettere: solo areale di diffusione, viene detto east indian lotus e qualche secolo corrisponde alla specie scientificamente nota col nome prima dellavven- di Nelumbo nucifera (nel tempo associato al Buddha). to di questi, sorsero in Arabia centri di ascesi dove un maestro unico e totale insegnava una religione segreta capace - era fama - di dare unit al mondo. Si trattava di forme di proselitismo iniziatico e per coltivarlo adeguatamente fu realizzato il Palazzo rotondo, collegato alla reggia del califfo Harun Al-Rashid (766-809), esistente a Baghdad, il quale avvi relazioni con Carlo Magno e ne cerc lamicizia. Lintera citt di Baghdad venne costruita nel 762 secondo certe proporzioni geometriche basate sulla ruota ed i gruppi tradizionali sufi associarono la loro consacrazione con questo edificio rotondo. Non pochi, dunque, sono gli spunti che potrebbero costituire motivi di riflessione relativi alla santa cavalleria dellEuropa medievale nonch allo stesso Federico II e al suo prediletto Castel del Monte. Questi raccolse nelle sue residenze anche testimonianze archeologiche, gioielli, preziosi strumenti astronomici, alcuni dei quali donatigli dal sultano dEgitto, e persino numerosi animali esotici, che arricchirono i giardini delle sue varie dimore cos rendendole ben diverse da molte corti occidentali. Nellambito della falconeria, poi, che era sport elitario diffuso anche in Europa, limperatore ricorse spesso a maestri arabi notoriamente assai abili e ne trasse materia che, arricchita 26

da acute esperienze personali degne di un moderno cultore di scienze naturali, formarono la materia per un trattato di ornitologia e di pratica venatoria. A lui, dotto tra i dotti, i colti ospiti della sua corte strutturata sui sontuosi e vivaci modelli adottati da regnanti orientali, davano occasione di acquisire nuove conoscenze, che poi venivano approfondi- Fig. 24 - Ecco, schematizzata (con ottote ponendo quesiti e discuten- sedici petali), limmagine del fiore di loto done soprattutto con espo- originario dellAfrica, detto white lotus nenti della cultura araba, col of Egypt (Nymphaea lotus), di valore risultato quindi di una loro sacrale non inferiore a quello orientale. sempre pi ampia divulgazione in occidente. Fu specialmente il settore dellarchitettura quello che pi colp limpeFig. 25 - Dioniso nella grotta delle ninfe. Intorno al 300-275 a. C. -Dallagor di Atene. Argilla, Atene, museo dellagor. Il sogno di fondere la spiritualit dellOriente con quella occidentale stato coltivato da sempre. Tra le numerose testimonianze in questo senso abbiamo scelto questa immagine poco nota ma di grande chiarezza ed efficacia: Dioniso, divinit di origine orientale venuta a suo tempo a far parte dellolimpo greco-romano ed in questa scultura riconoscibile per essere presentato tra luva ed i pampini, contemporaneamente portatore del sacro fiore di loto, emblematico della spiritualit dellOriente.

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ratore, a cominciare dal Tempio della Roccia che egli vide a Gerusalemme in occasione della sua incruenta crociata, e che sicuramente gli sugger lo schema delle sue pi personali edificazioni. Di questo travaso ecumenico, coerentemente col modo di pensare dei tempi, non poteva non rimanerci anche un simbolo e fu quello adottato da Federico, in unione al giglio, per sancire a prima vista lavviata fusione, per suo merito, tra il pensiero dOriente con quello dellOccidente. Esisteva gi, questo segnacolo, da sempre e in tutto il mondo. Nato in Oriente, in epoca remota, esso fu di ispirazione solare ma presto si and caricando di significati mistici entrando cos a far parte di quei diagrammi circolari condivisi dallesoterismo islamico e finendo con lidentificarsi col fiore di loto (convenzionalmente rappresentato con 8 o 16 petali assecondo che si tenga conto di uno o due ordini di petali) emblematico di una tendenza mistica presente in ogni momento ed in ogni luogo dove attecchisse la spiritualit delluomo alla ricerca di dio. Del loto infatti era universalmente noto che nascesse nel fango per tendere verso il cielo e la luce. Lo troviamo come elemento ispiratore della struttura della Cappella Palatina di Aquisgrana (dove Federico, nel 1213, fu incoronato re dei Romani con una corona ottagonale) e del lampadario che a questa chiesa don il Barbarossa, lo troviamo nella pianta del Tempio della Roccia e di molti altri edifici sacri (in area cristiana soprattutto nei battisteri, ove i fedeli rinascevano in Cristo), nei grandi rosoni delle cattedrali di Puglia e dEuropa, nellornamentazione bizantina e della stessa Svevia, nella pianta di numerosi monumenti edificati dallo Staufen, lo riconosciamo nelle simmetrie ottagonali cos frequenti nellarte araba, presente nei sacri mandala orientali ed islamici ed ancora, emblematico del mondo spirituale dellImperatore, lo troviamo, abbinato alle insegne regali, ricamato sulle borse da caccia vistosamente esibite da Lui e dai membri della sua famiglia nellaffresco melfitano ed infine nella forma dellanello che lo ha accompagnato nella tomba, quasi un sigillo idoneo a svelare, a chi poteva comprendere, la sua fede nonch la presenza del suo spirito.

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Letture consigliate: E. Akurgal, Oriente e Occidente, Mondadori Ed., Milano 1969 Cattabiani, Florario, Mondadori Ed. Milano, 1996 A. M. Di Nola, LIslm, Newton & Compton Ed. Roma,1989 L. Frederic, Il loto, Ed. Mediterranee, Roma, 1988

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Federico II e Castel del Monte: un binomio inseparabile.Contributo per una lettura simbolica di Castel del Monte Numerosi gli scritti che ci dicono quello che Castel del Monte non , pochi quelli che alla soluzione si avvicinano, nessuno che provi lasserto. Le incertezze sussistono perch si tenta di capire cosa sia questa straordinaria costruzione, e non cosa essa significhi. Da sempre, tra tutti i simboli, il cerchio che rappresenta la perfezione, ma esso un punto di arrivo. Se guardiamo agli edifici sacri vediamo che molti di essi sorgono su base quadrata, poi il loro perimetro si trasforma in ottagonale ed infine sono chiusi da una semisfera ispirata dalla volta celeste. Lottagono, dunque, dinamicamente inteso, il passaggio dalla terra al cielo, la via per avvicinarsi alla divinit.Uno straordinario esempio di questa teoria lo troviamo nel faro di Alessandria. Dedicato a Zeus Soter che, nella sua parte pi bassa era quadrangolare, poi continuava con un secondo piano ottagonale ed infine terminava con una cupola sormontata dalla divinit. Federico conosceva la magia dellotto perch fu incoronato re dei romani nella cappella palatina di Aquisgrana, che era un tempio a pianta ottagonale (attorno al quale corre un ambulacro di sedici lati), illuminato da un lampadario (legato alle tradizioni di famiglia) formato da otto lati e recante una torricella su ciascuno spigolo. Inoltre la corona che gli venne imposta era anchessa ottagonale. Viveva, inoltre, questa forma anche nellarte e nella simbologia islamica e per questo dovette apparire a Federico come il segnacolo pi adatto a rappresentare la vagheggiata unione tra Oriente e Occidente. Infatti egli la celebr in molte costruzioni da lui volute fino a consolidarne il trionfo con Castel del Monte. Ma c di pi: quando, nel 1782, si procedette alla ricognizione del sepolcro di Federico, fu presente un diligente testimone, F. Daniele, che pubblic unaccurata relazione dellavvenimento, tra laltro, accompagnandola con calligrafici disegni della mummia, perfettamente conservata. Da essi chiaramente appare che lImperatore portava un 30

anello il cui castone era formato da uno smeraldo centrale completato da otto petali sulla circonferenza. Una sorta di sigillo personale, dunque, che invano cercheremmo nella cancelleria imperiale (in realt mai nulla del genere stato ritrovato), un simbolo segreto, come vogliono le regole esoteriche, utilizzato e fatto rivivere da Federico, che sicuramente era un iniziato, ogni volta che voleva far riconoscere, a chi poteva intendere, il segno della sua presenza, della sua anima, della sua fede. A saldare tra loro le varie parti di questo discorso e a collegarle biunivocamente a Federico, si vedano i fiori ottopetali che appaiono sulle borse da caccia della famiglia imperiale raffigurata nella cappella rupestre di S. Margherita in Melfi. Alla luce di queste sintetiche note (oggetto delle pubblicazioni di L. Capaldo citate in bibliografia) anche Castel del Monte appare come un simbolo, ovvero un Mandala di pietra. In esso, pertanto, deve vedersi un edificio sacro (senza uno scopo pratico), un tempio laico che riassume il credo e lanima stessa del grande Federico.

Fig. 27 - Qui di lato un particolare del disegno di F. Daniele che ci permette di vedere, il particolare del sigillo ottopetalo al dito anulare della mummia di Federico II.

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Fig. 26 Mandala in sanscrito vuol dire cerchio e questo il s i mb o l o che indica sempre - nel culto solare dei primitivi o nelle religioni moderne, nei miti o nei sogni, nei motivi mandala dei mon a c i tibetani o dei mistici islamici, nei rosoni delle cattedrali - laspetto essenziale, la sua complessiva e definitiva globalit. Nel mondo della civilt orientale i mandala servono alla meditazione e al raggiungimento della pace interiore, essi stimolano senso dellordine che d significato e valore alla vita delluomo. Nel caso di Federico essi sembrano, inoltre, alludere alla condizione di equilibrio necessaria per governare un regno con giustizia. La figura qui di lato riproduce alcuni mandala, tra i tanti esistenti, rispettivamente: la Ruota della Legge (A); un motivo di stella, arte micenea, XVI sec. a. C. (B); un mandala ispirato al fiore di loto(C); il ricamo che compare sulla tunica pi intima che veste la mummia di Federico II come dal disegno del Danieli 1781 (D), alla (E) corrisponde unimmagine che compare spesso nelle insegne regali dellImperatore e che compare anche sulle borse da caccia portate da lui e dai i suoi famigliari nellaffresco di S. Margherita a Melfi (vedi unimmagine dellimperatore), in (F) la pianta di Castel del Monte.

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Il Baphomet: lidolo dei TemplariSe Castel del Monte, con la sua singolarissima forma ed i suoi contenuti (leggi significati nelle altre pagine dedicate a quaesto monumento), costituisce una strada sicura per comprendere lanimo poliedrico dellImperatore, allo stesso modo il Baphomet ci porta a capire quale fosse la vera funzione del Castello, tempio iniziatico, e quindi anche il mondo spirituale di Federico e quello dei Templari ai quali Federico, almeno inizialmente, fu vicino. Una concatenazione, questa, che tra laltro prova liniziazione dello Svevo. Ma procediamo con ordine. Allinizio del XII sec, in Europa, assursero a fama e potere la cavalleria e il monachesimo con le loro corporazioni. Nacque cos quella dei Templari che si propose di liberare i Luoghi Santi dagli infedeli. I cavalieri costituivano i capitoli, nei quali si discutevano le questioni pi Fig. 28 - Cavalieri Templari importanti che riguardavano lOrdine, e le riunioni avvenivano nei loro castelli costruiti numerosi sia per queste esigenze, sia per presidiare le Terre dOltremare nonch le strade per raggiungerle. Chiese ed ospedali si moltiplicarono, per assistere non solo i cavalieri feriti, di ritorno dalle crociate, ma anche i semplici pellegrini. Ancora oggi troviamo testimonianze di queste loro costruzioni che spesso possono riconoscersi per uniformit di stile: i castelli, infatti, erano normalmente costituiti da un corpo centrale quadrato con quattro torri agli spigoli, le chiese, invece, rispettavano frequentemente la pianta 33

rotonda del S. Sepolcro in Gerusalemme e si chiamavano ovunque Il Tempio. Anche lo stile architettonico era sui generis in quanto segna il passaggio dalle poderose strutture portanti romaniche a quelle in cui predominano gli archi acuti, che consentono eleganti slanci verticali. E insomma larchitettura cistercense di Castel del Monte!! Ma i Templari, che riuscirono ad accumulare grandi ricchezze, si resero famosi anche per le loro Fig. 29 - Mos capacit nel campo delleconomia e della finanza (avviando persino traffici internazionali di tipo bancario) tanto che Federico si avvalse ampiamente di loro, sia per prestazioni in questo settore, sia per la loro riconosciuta abilit di costruttori. Ed stato proprio per questo che la edificazione di Castel del Monte stata, di volta in volta, attribuita direttamente allImperatore o ai Templari. Ma a noi la questione sembra irrilevante perch quello che conta che esso fu concepito grazie ad una ideologia condivisa da Federico (anche se non ufficialmente) e dallOrdine, al quale (secondo certe versioni) il castello sarebbe stato confiscato allorch liniziale trasporto di Federico verso i Cavalieri si trasform in irriducibile odio per aver essi osato ordire un agguato in Terra Santa allo scopo di ucciderlo. Indiscutibile ma segreto idolo sacro allordine dei Templari fu il Baphomet, che si vuole traesse questo nome da Mahomet. La derivazione non regge alla critica, comunque dimostra un collegamento con il mondo islamico, che sicuramente influenz il pensiero di molte migliaia di Crociati e, come noto, dello stesso Federico tanto che di lui si ritenne di poter dire che fosse un sultano battezzato. La vera etimologia della misteriosa divinit, dunque, diversa ma, per comprenderla, necessaria una breve premessa. Nei primi secoli dopo Cristo numerosi filosofi tentarono la fusione di varie dottrine religiose avviando una corrente di pensiero detto 34

sincretistico. A questo movimento presero parte anche pensatori arabi e a tanto dovuta linfluenza che ne sub la cabbala, dottrina in parte segreta, che si diffuse nella cultura propria dei paesi circumediterranei e, successivamente, in tutto il mondo islamizzato. In particolare si tent la fusione (gnostica) tra il cristianesimo e le filosofie pagane ma, a causa di superficialit e per la sua occasionalit storica, essa non pervenne a risultati durevoli e a sviluppi originali. Tuttavia possiamo ancora oggi trovarne le tracce, e a darci questa possibilit proprio laccennato demone. Esso ci guarda dalla chiave di volta della settima sala del primo piano di Castel del Monte, da dove domina un tratto di quellitinerario mistico che gli iniziandi percorrevano nel castello. Un volto terribile, con chioma e barba fiammate dalle quali sporgono due strane orecchie spesso scambiate per corna. Presentato ai visitatori come un fauno invece proprio lui, il Baphomet, ovvero la divinit dei templari dalle fattezze tenute sempre rigorosamente segrete. In realt esse risultano formate dal volto di Mos, presente in altra chiave di volta del castello, cio di colui che port le Tavole divine al popolo ebraico cos divenendo lemblema della cristianit, col quale si fonde, in una sorta di sacro connubio, limmagine di Hator dalle orecchie di vacca - massima divinit egizia, simbolo della remota Grande Madre e Nutrice - presa come emblema della paganit. E questa nostra originale intuizione trova conferma semantica nel nome stesso del demone: infatti in greco bafus colui che tinge, che impregna, mentre met abbreviazione di meter: la madre. Il primo, dunque, il Grande Inseminatore e la seconda rappresenta il

Fig. 30 - Hathor

Fig. 31 Il Baphomet, i m m a g i n e sincretica delle prime due.

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principio femminile, formanti, assieme, lautosufficiente binomio generatore di tutto e, appunto in una visione sincretistica, lunico grande Dio di tutte le religioni. Senza trascurare che questa singolare figura costituisce una vera e propria firma autografa dei Templari apposta sul Castello !

Nota bibliografica: Per Castel del Monte v. H. Gtze Castel del Monte Ed. Hoepli, Milano 1984. Per i Templari v. E. Kantorowicz Federico II imperatore Ed Garzanti Milano 1976, 1981, specialmente i capitoli III e IV. F. Bramato: Storia dellOrdine dei Templari, Ed. Atanr, Roma 1991. Per il Baphomet v. Fulcanelli Le dimore filosofali Ed. Mediterranee, Roma 1973, Volume primo, specialmente pagg.163 sgg. e tavola XII. L. Capaldo: Castel del Monte e Federico II: Un binomio inseparabile. Vedi la rivista OLTRE - gennaio - giugno 1996 n 1/ 2

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Il Baphomet: nuove proveLoccasione offerta dalla nota integrativa sul vero volto di Federico (vedi supra Nuove tessere) ci consente di tornare anche su altri aspetti, fino ad oggi poco considerati, relativi al mondo federiciano e alle straordinarie aspirazioni concepite dallImperatore, o comunque da lui condivise. In un nostro precedente lavoro abbiamo, in parte originalmente sostenuto e in parte confermato nei dettagli, che Castel del Monte, coi suoi simboli spesso ignorati o solo parzialmente interpretati, ci rivela i pi segreti ideali di Federico II. Tra questi la fusione del pensiero islamico con quello occidentale al fine di individuare un unico Dio, per ununica religione, per un unico grande impero, per un unico Papa-Re. Sul piano filosofico questa aspirazione traspariva anche da quelle correnti di pensiero che, in un ideale gnostico, tendevano a fondere il cristianesimo con le filosofie pagane. Ma pi che realizzare una conciliazione armoniosa e profonda, questo velleitario sincretismo aliment un intreccio di riti pagani con dottrine religiose orientali e superstizioni disparate, spesso solo appiccicandole assieme nellambito di una distorta spiritualit cristiana. Fu in questo confuso momento della storia del pensiero che venne concepita la figura dellunico e indiscusso, seppure segreto, dio del potente ordine dei Cavalieri del Tempio: il Baphomet. Ce lo suggerisce loFig. 32

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stesso Castel del Monte, libro di pietra ovvero sorta di bibbia del mondo federiciano, dove, quindi, non potevano mancare suggerimenti per lunificazione (certamente auspicata dallimperatore anche se mai apertamente perseguita) tra le religioni doriente e doccidente. Era divenuta questa, nella societ del tempo, unistanza non del tutto rara, anche se spesso inconfessata: in realt nel periodo delle crociate non pochi furono cavalieri e i mercanti che si convertirono alla religione Fig. 33 - Il Mos di Michelangelo islamica. Tra le sculture che il Castello contiene (si tenga conto che lOrdine dei Templari non fu estraneo alla costruzione di questo Tempio laico), limmagine di questunico dio prende forma dalla giustapposizione di Hathor, cio la eterna Grande Madre di sempre, fonte di vita e di nutrimento (cos come veniva rappresentata nel Pantheon egizio cio nellambito di una religione ritenuta origine di tutte quelle mediterranee), con il volto barbuto di Mos, simbolo a sua volta unificante del credo monoteista delle popolazioni ebraiche, islamiche e cristiane (v. figura 32). In realt questi il grande genio religioso che, dal colloquio diretto con Dio, ha ricevuto le Tavole coi comandamenti ed un complesso di leggi che costituiscono il codice dellalleanza. Altre regole egli ha dettato, sempre traendole da dirette rivelazioni divine, specialmente quelle riguardanti il monoteismo. Cos si esprime una lunghissima tradizione ebraico-cristiana che ha dominato il pensiero religioso dellantico testamento ed fondamentale, seppur modificata, nella teologia paolina e cristiana. Abramo aveva lasciato ai discendenti una fede monoteista, Mos consegna loro la legge che tuteler tale fede. Ebbene: la testa nella chiave di volta della prima sala di Castel del Monte, pur senza riportarne la motivazione, fu identificata per quella di Mos. In seguito a una lunga e costante tradizione ha 38

consacrato questa attribuzione. Ma gli scettici di professione (per vocazione o per comodit), non potevano mancare, e cos, attratti dal risultato di poter smantellare, grazie a questunico dubbio, tutte le conclusioni fin qui raggiunte, ignorarono questa importante identificazione. Ma le prove che rafforzino la tradizione non mancano, di fatto la testa in questione dotata di una sorta di protuberanza frontale che, per la prima volta in questa sede, viene da noi evidenziata e alla quale, aderendo alla tradizione, riconosciamo il valore di simbolo di una superiore sapienza direttamente inculcata da Dio: essa infatti presente anche nel pi tardo Mos michelangiolesco secondo modelli di antica ispirazione cristiana che con questi corni intendevano rappresentare, appunto, i raggi di un luce divina. Ultimo, ma non ultimo, laspetto del Baphomet ci viene confermato dai motivi che formano la cinquecentesca facciata moresca del Maniero della Salamandra a Lisieux (Normandia) v. fig 33, descritta da Fulcanelli (Le dimore filosofali, Ed. Mediterranee), l dove esso appare, coi suoi orecchi bovini e la grande barba, al di sopra della figura biblica di Sansone che sganascia un leone. Nei suoi significati profondi, poi, il Baphomet Fig. 34 - La facciata moresca del Maniero vede confermato il suo va- della Salamandra a Lisieux in Normandia. lore di unico Dio Totipotente grazie alla indagine linguistica che definitivamente ne riconosce gli elementi che lo costituiscono: infatti in greco bafeus indica colui che tinge, che impregna ovvero il Grande Inseminatore, il principio maschile (in italiano la lingua d ancora un maggior aiuto in quanto impregnare suggerisce lidea di rendere pregna) e meter richiama la madre, cio in esso sono presenti ambedue i principi dellarcaica divinit totale ed autosufficiente. 39

NOTASulla fronte del Baphomet si nota chiaramente un incasso ormai svuotato che qualcuno, senza motivi particolari, ritiene possa aver contenuto una gemma: noi, invece tenuto conto delle componenti egizie che concorrono nella composizione di questo volto, ipotizziamo, con maggiore attendibilit, che esso testimoni la presenza di un ureo successivamente rimosso. Era questo un simbolo raffigurante un cobra in collera, col collo rigonfio, atto a rappresentare il sommo potere in quanto capace, come il sole, di vivificare ma anche di uccidere. Lo si trova a coronamento delle facciate di numerosi templi, sulla fronte dei faraoni, come ornamento emblematico delle divinit solari, a significare il doppio aspetto del potere originario dipendente solo da Dio.

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Il colore a Castel Del MonteTra i visitatori di Castel del Monte non sono molti coloro che notano una diffusa componente simbolica che investe e coinvolge tutta la fabbrica. Questo protagonista il colore rosso che, nelle sue sfumature pi tenui, fa apparire rosato, carnicino, il calcare delle mura, ma poi si impone con gli imprevedibili arabeschi della vistosa breccia corallina, utilizzata un po dovunque (e non a caso per il portone dingresso e per altre porte), fino a sorprendere definitivamente grazie alle insolite e sanguigne chiazzature (prodotte da infiltrazione di ossidi ferrosoferrici nelloriginaria forma- Fig. 35 - Una colonna tristile di una sala zione sedimentaria) del mar- di Castel del Monte: notare il colore rosso mo cipollino di cui son fatte (che in questo caso risulta accentuato nelle colonne che sostengono le la riproduzione fotografica) del marmo volte, simbolicamente la cupo- cipollino. la celeste. Strutture trine, queste, con riferimento alle tre religioni monoteiste (lebraica, la cristiana e lislamica) che sorreggono il Cielo e Dio stesso. In unepoca nella quale molto veniva affidato ai simboli, specie i messaggi pi segreti e riservati, quelli che avrebbero potuto scatenare le reazioni della Chiesa, non ci sembra che questa nostra osservazione possa rimanere ignorata, soprattutto ricadendo essa allinterno di una struttura avente sicuri 41

significati iniziatici. Ed ecco cosa pu leggersi in varie fonti(spec. in Biedermann, cit.) relativamente al rosso. Sotto la forma dellossido di ferro questo colore ha accompagnato il cammino dellumanit a partire dalla preistoria. A parte le testimonianze rupestri dellera glaciale, gi i Neandertaliani tingevano di rosso i loro morti per restituire il caldo colorito del sangue e della vita. Per millenni, poi, questo colore stato legato al fuoco, al sole, allamore, ma anche alla lotta per la vita. Nellarte cristiana esso proprio della fiamma pentecostale dello Spirito Santo, ma anche dellinferno e del demonio. Infine nellambito della psicologia del profondo, il rosso accompagna sempre il mondo delle emozioni e, con riferimento alla iniziazione dei Cavalieri dellOrdine religioso-militare dei Templari, possiamo aggiungere: L dove il rosso diffonde la sua luce, lanima pronta allazione, alla conquista, alla sofferenza, alla dedizione totale.. (Aeppli, E., Der Traum und seine Deutung, Zuerich 1943, Muenchen 1980).

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Gli occhi di FedericoAlcuni cronisti contemporanei di Federico II ci hanno tramandato la curiosa notizia che questi avrebbe avuto occhi di serpente ed ecco, in proposito, cosa ci riferisce il pi informato e il pi attento dei suoi biografi: Ernst Kantorowicz (in Federico II imperatore, ed. Garzanti, Milano 1988, pag.379) Limmobilit dello sguardo mi piace dedurla dallosservazione che Federico avrebbe avuto occhi di serpente (Amari M., Biblioteca arabo-sicula. Versione italiana, 2 vol., Torino-Roma 1880, p. 24) poich per lappunto caratteristico del serpente il fissare immobilmente gli oggetti. Vi era, forse, negli occhi di Federico qualcosa di simile a ci che si trovava stupendo in quelli del Barbarossa; cfr. Ricard Londin., in MGSS., XXVII, p. 204: In illo itaque, quod de Socrate legitur, insigne quiddam ac stupendum enituit. Nam constantiam animi exprimebat vultus, semper idem et immobilis permanens. Cos si spiega anche la descrizione di parte araba dellaspetto dellimperatore (Amari M., Bibliot., p. 515, vers. ital., vol. II, p. 210), secondo

Fig. 36 - Vediamo affiancati: locchio di Federico II, cos come appare nel dipinto di S. Margherita in Melfi, e locchio di un colubro comune in Italia (C.hippocrepis).

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la quale egli avrebbe avuto occhi loschi, vale a dire unespressione immobile che caratteristica di tutte le figurazioni del pantocratore, cio di colui che rappresenta la massima, immutabile entit. Ed ora, in questo ambito, scendiamo un po nei dettagli: chi ha osservato un serpente nella sua attivit predatoria avr certamente notato limmobilit del rettile subito prima dello scatto finale, quello che si conclude con la fatale zannata inflitta alla preda. E parimenti evidente lapparente paralisi che blocca la vittima, che sembra quasi ipnotizzata da uno sguardo fermo e vitreo, che cos si manifesta grazie ai lucidi e immobili occhi del serpente, privi di palpebre, e dotati di una grande e nera pupilla. Questa appare cerchiata da uniride bruna, che esalta lidea dimmobilit, che quasi dirige, incanala lo sguardo che non deve essere distolto dalloggetto del desiderio prima che questo non sia stato soddisfatto. E, quasi ad illustrare tutto questo, ecco un curioso dettaglio del grande ritratto dellimperatore, che realisticamente lo raffigura nel dipinto della Cappella di S. Margherita in Melfi: egli qui rappresentato con un iride bicolore che, pur realizzando uno stilema del pittore (infatti laspetto stratificato dellocchio comune a quello di Isabella), contribuisce a dargli laspetto di quello di una serpe, come si pu rilevare osservando limmagine in figura.

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Federico II e gli ordini religioso-militariNel XII sec, le vie del mondo erano, soprattutto nellEuropa centrale, quasi esclusivamente battute da due forme di nobilt: i Cavalieri laici e gli esponenti del monachesimo cio da quei gruppi, pi o meno organizzati, appartenenti alle due maggiori consociazioni del mondo occidentale facenti rispettivamente capo allimperatore ed al papa. In realt fu questo una sorta di patriziato, che contrassegn quei tempi e quei luoghi, universalmente noto e rispettato come emanazione, appunto, del potere temporale e di quello ecclesiale. Negli anni che trascorse in Germania Federico si diede da fare per guadagnarsi le simpatie delle due grandi potenze: quella di portata temporale ovvero della cavalleria legata alla feudalit e quella religiosa, mediata da vari ordini monastici formati da consorterie di monaci guerrieri costituitesi per lassistenza ai pellegrini, per il riscatto e la difesa dei luoghi santi doutre-mer (dOutremar) nonch per la lotta agli infedeli. Le pi importanti, tra quelle aventi ramificazioni nellEuropa centrale, Francia ed Italia (altre ne sorsero in Spagna per contrastare linvasione musulmana) furono: quella gerosolimitana (=di Gerusalemme), poi detta dei Cavalieri di Rodi (oggi di Malta), quella cisterciense e quella dei Cavalieri Teutonici o del S. Sepolcro. Gi dopo poche settimane dalla sua Fig. 37 - San incoronazione in Aquisgrana, Federico prese con- Bernardo Clairvaux. tatto con queste ultime due. Lordine di S. Bernardo, era stato da questi poco prima rafforzato in quelle premesse di ascesi e disciplina sulle quali listituzione si fondava. Di fatto, fin dalle sue origini, la regola esigeva massima semplicit, una liturgia ridotta e senza pompa, la casa spoglia. Il monastero vive coi proventi della colonizzazione dei terreni, spesso 45

deserti e lontani dalle citt, bonificati dai monaci che col svolgono lattivit di veri e propri tenaci pionieri. Era dunque valorizzato il lavoro manuale, la capacit di abnegazione alle dure scelte imposte dalla regola senza, tuttavia, che venisse a soffrire la ricchezza di spirito legata ad una vita interiore come ben lascia intendere il motto ora et labora. Ed da queste premesse e da questi fermenti che nacque anche lordine dei templari, i cui rapporti coi Cisterciensi risultano ampiamente riscontrati. Fu infatti da uniniziativa di Bernardo di Clairvaux, fondatore dellomonima abbazia che, nellautunno del 1127, scatur la regola dei Pauperes Milites Christi Templique Salomonis, in seguito alla quale i componenti della nuova istituzione religioso-militare si sparsero per la Francia e per il mondo effettuando ovunque reclutamenti e raccogliendo privilegi e donazioni. Si comprende facilmente come una milizia di questo tipo potesse aver presa sullanimo di Federico che, oltre ad apprezzarne le qualit gi dette e la rigorosa organizzazione verticistica (congeniale al suo carattere), di essa ammirava la coraggiosa dichiarazione di dovere al Papa lobbedienza solo nelle cose di religione. Essa cos implicitamente ammetteva lesistenza di una volont ed un potere che sfuggivano a questultimo ed appartenevano invece allimperatore cos risolvendo con apparente semplicit uno dei pi forti contrasti che la storia di quei tempi ci ha tramandato. Tuttavia gli scontri tra le due curie (imperiale e papale) spesso non ammettevano soluzioni semplici e quindi lo schieramento a favore delluna o dellaltra non risultava facile ed immediato; fu cos che Cisterciensi e Templari, in alcune circostanze, a causa di una cieca obbedienza al Papa si alienarono la benevolenza dellImperatore e venne meno quella funzione di mediatori che pur avrebbero potuto svolgere tra le parti. La conseguenza fu il succedersi di rapporti favorevoli, tra Federico e gli ordini monastici, alternati a momenti di grave scontro, come crudamente apparve allorch i Fig. 38 - Templari in combattimenTemplari ordirono una congiura per to, da una miniatura medievale. 46

uccidere Federico e, in risposta, questi ordin la confisca dei loro beni. In ogni caso risult evidente come, soprattutto inizialmente, il rapporto preferenziale creatosi tra Federico II ed i Teutonici danneggi gli altri ordini tra i quali i Templari. Sebbene questi costituissero, con lOspedale di S. Giovanni di Gerusalemme, listituzione crociata pi prestigiosa dOccidente, lOrdine del Tempio, dopo il 1220, venne quasi del tutto ignorato da Federico mentre i Teutonici vennero favoriti con privilegi che talvolta contrastavano con i diritti dello stato e sottraevano al sovrano stesso entrate rilevanti. Per giunta tali interventi furono cos numerosi che i notai della cancelleria papale non riuscivano, per giorni e giorni, a redigere altri documenti se non quelli in favore dellOrdine Teutonico, sino a quel momento pi che trascurato dalla curia (cfr. [2] della bibliografia, pagg. 119 e sgg.). Ben presto la scarsa considerazione di Federico nei confronti dei Templari si trasform in aperta ostilit e, a partire dal 1227, vi fu linizio di restrizioni ed espropriazioni a danno dellOrdine. Daltra parte, grazie allesperienza maturata da elementi cisterciensi nellambito della gestione del loro formidabile patrimonio, di alcuni di essi si serv lImperatore per lamministrazione dei suoi beni, per operazioni finanziarie e, in tuttaltro settore, per conferire prestigio e innovazione al patrimonio castellare del regno che, grazie ad essi, si arricch di eleganti strutture architettoniche di transizione tra il romanico e il gotico. A questo proposito vi chi ipotizza che Castel del Monte sia stato, appunto, costruito dai Cisterciensi e poi a questi sottratto tramite esproprio. Ma negli ultimi anni della sua vita Federico II volle ricomporre il dissidio con i Templari; e nel suo testamento dispose iniziative a loro favore, che tuttavia rimasero sulla carta. La cosa pu comunque deporre per un suo riavvicinamento alla Chiesa, giustificando anche il desiderio di indossare, in punto di morte, il saio dei Cisterciensi. Malgrado le numerose ricerche, questultima importante richiesta non sembra storicamente documentata e resta a livello di tradizione. Nonostante ci, alcuni illustri biografi, fra i quali il Kantorowicz, lhanno ripresa e commentata, ritenendola del tutto aderente allo spirito del personaggio. Per giustificarla, certo necessario immedesimarsi in un uomo dalla personalit eccezionale, ricco di intu47

iti innovativi e di una cultura vastissima, ma pur sempre vissuto in ambiente medievale, ancor vittima di tradizioni dinastiche e di mille condizionamenti morali che la nostra mentalit difficilmente pu comprendere senza un elevato sforzo di immedesimazione. N.B. Si precisa che il presente articolo riassume o riporta stralci da Federico II Imperatore di [3] E. Kantorowicz (Garzanti, Milano 1988), che dellampia materia tratta fornendone anche una bibliografia ragionata. Altre letture consigliate: [1] AA.VV. XIII Convegno di ricerche templari. Ed. Penne & Papiri, Latina 1995. [2] F. Bramato, Storia dellordine dei Templari in Italia. Atanor, Roma 1993 [4] L. Pressouyre, I Cistercensi e laspirazione allassoluto. ElectaGallimard, Trieste 1999. Esistono anche alcuni siti in rete, dedicati ai Cisterciensi.

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Il trono di Federico IIChe uno dei troni di Federico fosse in un piccolo museo campano, nei pressi di Napoli, erano in pochi a poterlo immaginare. Unipotesi in questo senso fu formulata alcuni decenni orsono da studiosi tedeschi, esperti di storia sveva, e verbalmente comunicata allAbate pro tempore del convento di Montevergine. Ma essi non consegnarono mai una copia del loro studio, se mai lo conclusero, cos lasciandone il risultato nelle nebbie del dubbio e del vago.

Fig. 39 - Il seggio abbaziale di Montevergine che, tra i due scranni aggiunti lateralmente in tempi successivi, accoglie, al centro, il trono di Federico.

La notizia, riportata su un cartello esposto nel museo e oggi rimosso, era comunque stimolante e cos, qualche anno fa, volli compiere un pellegrinaggio allAbbazia, che sorge a m 1500 di altitudine, sul monte Partenio (AV), immersa in uno scenario di sogno, tra aeree cime di candide rocce, spesso ricoperte da un virginale manto nevoso e pi in basso ombreggiate da dense foreste. Entrai nel piccolo museo e mi trovai innanzi ad uno splendido seggio 49

Fig. 40 - Lo schienale del Trono coi dodici cerchi e i sei gigli intercalati. Esso sormontato dalla cuspide con le due colombe ed il simbolo solare della massima divinit.

Fig. 41 - Re David sulle vetrate della cattedrale di Augusta. Si noti, oltre al giglio stilizzato, la borchia a fiore ottopetalo che ne affibia il mantello.

Fig. 42 - Uno dei due montanti del trono. Anticipiamo leventuale obiezione, secondo la quale Federico non avrebbe avuto la barba, precisando che vi sono validi motivi, esplicitati in altra sede, che dimostrano il contrario.

abazziale, policromo, in legno scolpito, formato da tre scranni perch tanti erano i giudici nei processi ecclesiastici, ai quali esso venne destinato dopo lacquisizione da parte del convento. Quello centrale dotato di un ricco schienale e si rivela come il vero e proprio trono imperiale e, per provarne lappartenenza in mancanza di una qualsiasi documentazione, non rimaneva altro che indagare attentamente sui segni che lo ricoprono. Vi si trova una serie di dodici cerchi (v. fig. 40) nei quali la tradizione abazziale vorrebbe vedere i segni zodiacali, ma di questo non si tratta. Intanto una non difficile indagine stilistica dimostra che ci troviamo di fronte ad una realizzazione arabo-normanna nata nel regno di Sicilia tra il XII e il XIII sec.: in un luogo, dunque, e in un tempo in cui la cultura islamica era egemone. Per conseguenza di segni zodiacali non pu trattarsi poich gli arabi assorbirono le conoscenze classiche occi50

dentali che sono ben diverse da quelle che riscontriamo sul trono. Piuttosto in esse dobbiamo vedere motivi appartenenti alla complessa tradizione magico-astrologica medievale alla quale hanno contribuito congiuntamente componenti orientali e del gotico europeo. Cominciamo con lo stilizzato giglio araldico che per ben sei volte compare tra i simboli cerchiati: esso ricopia fedelmente quello esibito da Re Davide, sulle vetrate dipinte dellundecimo secolo esistenti nel duomo di Augusta, capitale della Svevia, mentre noto che sempre questo re venne ritenuto, nel medioevo, il predecessore degli imperatori del Sacro Romano Impero (v. fig. 41). Basterebbe dunque lepoca della costruzione del trono e le considerazioni test svolte per condurci in tempi ed in area sveva, ma c di pi. Trascurando le analisi, peraltro sempre concordanti, degli altri segni scolpiti sul seggio, osserviamo i due montanti del trono. Essi ci mostrano, lecito supporlo, colui che lo commission, colto nellatto di benedire cio nello stesso atteggiamento di Federico, cos come ritratto sulla prima pagina del De arte venandi cum avibus conservato nella biblioteca vaticana. Al di sotto di lui ecco un gatto con una sola testa, ma con due corpi, che compie con la zampa un misurato gesto (v. fig. 42). Ora, da sempre, a cominciare dalla religione egizia non del tutto estranea alla cultura araba, limmagine del felino stata costantemente associata a colui che deteneva il massimo potere (Sakhmet), a chi era assolutamente indipendente, a chi non si lasciava comandare. E quindi ancora tutto questo ci porta allimperatore che consider inscindibili i due poteri, quello secolare e quello ecclesiale, uniti sotto un unico Capo. Numerose le analisi di altri dettagli che, tutte, ci portano agli stessi risultati, ma la lettura di altra parte del trono che, in pratica, ci d la certezza di trovarci di fronte al trono di Federico. La cuspide dello schienale ipostasi del massimo simbolo dedicato alla divinit: la stella a otto punte che richiama il solare fiore ottopetalo; accanto ad esso due colombe, da sempre simbolo del tramite tra Dio e gli uomini, che sembrano poggiare sulle spalle di colui che sul trono assiso, cio di chi ambiva, in contrasto col Papa, sommare in se il doppio potere, dando cos vita ad una ecclesia imperialis, come veniva discussa negli ambienti al seguito di Pier delle Vigne. 51

Letture consigliate: L. Capaldo, Il trono di Federico II, in Atti dellAccademia Pontaniana, vol. XLVII, Napoli 1998. Gli articoli del medesimo autore pubblicati in questo stesso sito internet. A. Putaturo Murano, Arredi lignei, in AA.VV. Insediamenti verginiani in Irpinia, Di Mauro Ed. Cava dei Tirreni (SA) 1988.

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Laffresco di S. Margherita: i recenti restauriE in corso (ottobre 2002) di definizione il primo ciclo di interventi della Soprintendenza di Matera rivolto alla conservazione e al restauro della cappella di S. Margherita in Melfi, dove si trova il noto dipinto della Famiglia di Federico II. Per ora, infatti, si provveduto alla parziale chiusura dellambiente, alla sua illuminazione, alla sua bonifica (grazie ad un potente impianto di deumidificazione) nonch a piccoli saggi di restauro che, osiamo sperare, possano presto estendersi a tutto il dipinto. Dobbiamo tuttavia constatare che, nellultimo periodo, prima dei detti interventi e precisamente quando le condizioni di abbandono della duecentesca chiesetta avevano raggiunto un livello intollerabile, le incontrastate infiltrazioni di acqua, provenienti dai suoli e dalla strada sovrastante e aventi effetti dilavanti sulle pitture che coprono le pareti, hanno provocato un loro sicuro deterioramento. A noi oggi sembra che, in questa fase, almeno un 20 % di esse sia andato ulteriormente perduto, cosa che un confronto tra vecchie e nuove immagini del dipinto potrebbe facilmente dimostrare. Ma quello che preoccupa di pi il passaggio dellinterno del monumento da una condizione di umidit al 100 % a quella attuale, assai pi asciutta, essendo ormai esso assoggettato a una ininterrotta, intensa deumidificazione. Sar, riteniamo, dobbligo un serio monitoraggio, da parte dellIstituto Centrale per il Restauro, per evitare che la nuova situazione aggiunga, probabilmente, danno a danno. Anche limpianto degli apparecchi illuminanti (fortunatamente provvisori) da perfezionare perch, cos come oggi dislocati, essi ricadono nel campo visivo del visitatore, offendendone la vista e inoltre impedendo limmediata lettura di alcune caratteristiche architettoniche della cappella che, grazie ad esse, rivela la sua matrice moresca e quindi linequivocabile epoca della sua edificazione, sicuramente sveva. Un sentito ringraziamento merita il giornalista Sig. Franco Cacciatore, Presidente della Pro Loco, per la sua ininterrotta opera di stimolo delle 53

istituzioni, stimolo costantemente e fermamente rivolto alla valorizzazione del ricco patrimonio di storia e di arte della bella citt lucana. Sensi di particolare apprezzamento vanno anche allUniversit Popolare di Roma che, in considerazione degli straordinari valori culturali della cappella rupestre, ha voluto contribuire, con una donazione di 10 milioni, alla costruzione di una portone in legno da porre a protezione della stessa. Al suo interno, dopo i primi interventi della soprintendenza, sono state eseguite alcune foto e, tra queste, una di Federico II particolarmente ben riuscita per la resa dei tratti e per la (emozionante!) fedelt cromatica della sua corta barba rossiccia. Si riportano anche altri documenti fotografici che evidenziano che cosa abbiamo perduto, e cosa andiamo perdendo, in termini di importanti dettagli tra quelli che, fino a ieri, erano presenti nellaffresco melfitano. Nella fig. 43, riproducente una fotografia in b/n degli anni 60, si notino: i ricami sulle borse da caccia: fiore ottopetalo e giglio i tre coltelli da caccia alla cintura di Federico, Elisabetta e Corrado

Le foto recenti rivelano purtroppo la scomparsa dei ricami, simbolicamente importantissimi, del fiore ottopetalo e del giglio che ornavano le 54

borse da caccia di tutti e tre i vivi ed erano emblematici della Famiglia. Visibile, ma ormai solo confusamente, il coltello alla cintura della donna, che ne identifica il Paese di origine (Inghilterra). Nella vecchia foto b/n possono, invece, ancora notarsi (specialmente nellimmagine dedicata a Corrado) alcuni dettagli come le fascette dargento (con punte rivolte in basso) che ornavano, eguali, i foderi dei tre pugnali. Quello di Federico con qualche orpello in pi, di gusto arabo, sullimpugnatura.

Vedi i dettagli nelle foto che seguono.

Figura 44 - Dettaglio del dipinto ripreso il 23 aprile 2001. Nel riquadro bianco il coltello di Federico con impugnatura arabeggiante

Figura 45 - Quello che rimane dellimmagine del coltello di Elisabetta

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Figura 46 - Il coltello e la borsa da caccia di Corrado

Per concludere inseriamo un significativo dettaglio delle foto a colori dellaprile 2001.

Figura 47 - Si noti il colore ed il trattamento della barba imperiale e, purtroppo, lodierno riapparire delle alghe verdi sul collo dellimperatore, riprodottesi dopo il restauro, per eccesso di umidit ambientale.

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I danni del restauro:Al fine di ufficializzare lamarezza e la disillusione provocata dai recenti restauri, che non si esita a definire scandalosi, si riporta qui di seguito la protesta dello scrivente alla quale ha aderito il Prof. Giulio Pane, titolare della Cattedra di Storia dellArte dellUniversit Federico II.

PROF. ARCH. GIULIO PANE On. Prof. GIULIANO URBANI Ministro per i Beni e le Attivita Cultural! Via del Collegio Romano, 27 00186 ROMA Spett. Direzione ISTITUTO CENTRALE PER IL RESTAURO Piazza S. Francesco di Paola 9 00186 ROMA Napoli, l5.11.02 Si sono appena conclusi i lavori di conservazione e restauro della Chiesa di S. Margherita in Melfi, ma bisogna amaramente rilevare la leggerezza con la quale essi sono stati intrapresi e gestiti. Infatti, per quanto riguarda glinterventi di conservazione, essi non realizzano la difesa del manufatto dalle vibrazioni trasmesse dalla strada sovrastante, n quella dei dipinti dalle infiltrazioni idriche, sempre presenti, che in breve tempo definitivamente cancelleranno, dilavandole, le gi evanescenti pitture che ancora miracolosamente resistono. Ma se questo quanto doveva essere fatto - e non lo e stato, n sembra che sia previsto neppure come progetto tracciamo ora un consuntivo delle opere eseguite, poich e possibile confrontare le immagini precedenti e successive al restauro. Senza voler prendere a paragone quelle degli anni 60, che pure dovevano essere preservate, le immagini attuali vengono poste a raffronto con le foto scattate subito prima del restauro.

(continua...) 57

Nel dipinto del cosiddetto Trionfo della Morte, certamente il pi originale e prezioso fra quelli esistenti nella chiesetta, le figure attualmente visibili sono solo 1ombra senza vita di quelle originali: scomparsa unatmosfera e le immagini sono simili a quelle di un insignificante ex voto ottocentesco... In particolare, poi, la comparazione dettagliata e letteralmente sconcertante, tanto da far venire il dubbio che si tratti addirittura di figure diverse! Ad esempio (v. limmagine che segue), la capigliatura della donna appare diradata, gli occhi sono spiritati e di colore diverso, le sopracciglia sinarcano, il naso e pi affilato, mentre la pelle del volto e segnata da vistose linee concorrenti verso il mento e sul collo (rughe?). che sembrano ulteriormente testimoniare la evanescenza dei pigmenti sopravvissuti al restauro. Che dire ? E veramente un risultato vergognoso e sciagurato, ed immaginabile il giudizio che ne daranno i numerosissimi turisti, in special modo tedeschi, che continuamente vengono a visitare la cappella. Ci si chiede: quali mai siano i meriti accertati dellimpresa fiduciaria prescelta dalla Soprintendenza di Matera e quali e quanti i controlli effettuati da questo Ufficio? E quali quelli dellIstituto Centrale del Restauro che, data la unicit e