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flesoconti Parlamentari 589 — Assemblea Regionale Siciliana Vili Legislatura CCCIX SEDUTA 27 Marzo 1979 CCCIX SEDUTA (Antimeridiana) martedì 27 MARZO 1979 Presidenza del Presidente DE PASQUALE indi del Vice Presidente D’ALIA indi del Vice Presidente PINO INDICE Commemorasdone dell’onorevole Domenico Cuf- faro: PRESIDENTE ........................................................... Discussione sulle dichiarazioni del Presidente regionale (Seguito) : Pag. 589, 590 PRESIDENTE PULLARA . CAGNES fede amata ^ ................................................. 590, 615 . 590, 591, 592, 593, 594 594, 595,596, 597. 598, 599, 600, 601, 602 . 602, 603, 604, 605, 606, 607 607, 608,609, 610, 611, 612, 613, 614, 615 (*) Intervento corretto dall’oratore. La seduta è aperta alle ore 10,20. ' messana , segretario ff., dà lettura del Pi'ocesso verbale della seduta precedente, che, sorgendo osservazioni, s’intende appro- :.vato. ri ! *'”*®Kiemorazione dell’onorevole Domenico Cuf» taro. ; Onorevoli colleghi, il gior- 'ti questo ■ rhese è morto a Trieste I ^ enico Cuffaro. ® stato deputato regionale nelle prime due legislature della Assemblea regionale ed aveva legato il suo nome ad una tra le piu provvide e lungimiranti leggi della no- stra Regione. Cuffaro era nato a Cianciana da famiglia di lavoratori ed alla causa dell’ emancipazione civile e sociale di questi egli ha dedicato tutta la sua esistenza, fin dalla giovinezza. A quasi venticinque anni subisce una con- danna a sette anni di reclusione per avere svolto propaganda antimilitarista contro l’in- tervento deiritalia nella prima guerra mon- diale. Cuffaro era andato esponendo allora, con la passione con la quale ha vissuto tutto il suo impegno di militante e di dirigente del movimento popolare, le ragioni antioperaie ed antimeridionaliste delTentrata in guerra del nostro Paese. Venne posto in libertà due armi dopo a seguito di una amnistia ma il periodo di tempo trascorso in carcere fu vissuto da lui per approfondire le ragioni ideali della sua scelta di militante e per verificare inte- riormente la sua tensione rispetto ai sacri- fici che questa scelta comportava. La sua coscienza ne fu irrobustita e subito egli si gettò freneticamente nella organizzazione at- tiva del movimento operaio. A Cianciana fonda la sezione socialista e dirige iniziative sindacali che portarono gli zolfatari aH’occnpazione delle miniere. La sua generosità nell’impegno politico e sinda- cale lo espone a pericoli gravi per la sua vita tant’è che, ripetutamente minacciato dalla mafia che difendeva gli interessi di latifondisti locali, deve riparare prima a Pa- ne, ’soconti, f. 84 (500)

CCCIX SEDUTA

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flesoconti P arlam entari 589 — A ssem blea R egionale Siciliana

Vili Legislatura CCCIX SEDUTA 27 Marzo 1979

C C C I X S E D U T A(Antimeridiana)

m a r t e d ì 27 M A R Z O 1979

Presidenza del Presidente DE PASQUALE indi

del Vice Presidente D’ALIA indi

del Vice Presidente PINO

I N D I C E

Commemorasdone dell’onorevole Dom enico Cuf- faro:

P R E S ID E N T E ...........................................................

Discussione sulle d ichiarazion i del Presiden te regionale (Seguito) :

Pag.

589, 590

PRESIDENTE PULLARA . CAGNES fede amata ^

................................................. 590, 615. 590, 591, 592, 593, 594

594, 595, 596, 597. 598, 599, 600, 601, 602. 602, 603, 604, 605, 606, 607

607, 608, 609, 610, 611, 612, 613, 614, 615

(*) Intervento corretto d all’oratore.

La seduta è aperta alle ore 10,20.

' m essa n a , segretario ff., dà lettura delPi'ocesso verbale della seduta precedente, che,

sorgendo osservazioni, s ’intende appro- :.vato. ri

! *'”*®Kiemorazione dell’onorevole Domenico Cuf» taro.

; Onorevoli colleghi, il gior-'ti questo ■ rhese è morto a Trieste

I enico Cuffaro.® stato deputato regionale nelle prime

due legislature della Assemblea regionale ed aveva legato il suo nome ad una tra le piu provvide e lungimiranti leggi della no­stra Regione. Cuffaro era nato a Cianciana da famiglia di lavoratori ed alla causa dell’ emancipazione civile e sociale di questi egli ha dedicato tutta la sua esistenza, fin dalla giovinezza.

A quasi venticinque anni subisce una con­danna a sette anni di reclusione per avere svolto propaganda antimilitarista contro l ’in­tervento deiritalia nella prima guerra mon­diale. Cuffaro era andato esponendo allora, con la passione con la quale ha vissuto tutto il suo impegno di militante e di dirigente del movimento popolare, le ragioni antioperaie ed antimeridionaliste delTentrata in guerra del nostro Paese.

Venne posto in libertà due armi dopo a seguito di una amnistia ma il periodo di tempo trascorso in carcere fu vissuto da lui per approfondire le ragioni ideali della sua scelta di militante e per verificare inte­riormente la sua tensione rispetto ai sacri­fici che questa scelta comportava. La sua coscienza ne fu irrobustita e subito egli si gettò freneticamente nella organizzazione at­tiva del movimento operaio.

A Cianciana fonda la sezione socialista e dirige iniziative sindacali che portarono gli zolfatari aH’occnpazione delle miniere. La sua generosità nell’impegno politico e sinda­cale lo espone a pericoli gravi per la sua vita tant’è che, ripetutamente minacciato dalla mafia che difendeva gli interessi di latifondisti locali, deve riparare prima a Pa­

ne,’soconti, f. 84 (500)

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V ili L egislatura CCCIX SEDUTA 27 Marzo 1979

lermo e poi a Torino dove partecipa, negli anni tristi della terribile crisi economica che il conflitto aveva determinato, all’occupazio­ne delle fabbriche.

Nel 1921, dopo il Congresso di Livorno, aderisce al Partito comunista e ritorna in Sicilia dove ha avuto parte decisiva nella fondazione del partito e del sindacato ad Agrigento ed in provincia fino all’awento del fascismo quando, per sfuggire alTarresto, è costretto alla latitanza.

E tuttavia, malgrado ciò, il suo impegno non si affievolisce, anzi è moltiplicato dalla consapevolezza che, nelle condizioni di clan­destinità nelle quali il partito è ormai co­stretto ad operare, ogni militante dev’essere allo stesso tempo individuo ed organizza­zione; deve, cioè, farsi carico quanto più possibile di problemi che in tempi ordinari investono la responsabilità e la capacità di risposta di un intero apparato.

Per Cuffaro, eletto segretario della fede­razione del Partito comunista italiano di Agrigento poco prima della sua chiusura ad opera del fascismo, iniziano lunghi anni di sacrifici. La commovente dedizione alla sua scelta di vita lo conduce a girovagare di città in città, di paese in paese, tra i con­tadini e gli artigiani nei quali teneva desti gli ideali che animavano la sua fede di mi­litante del movimento operaio. Per vivere raccoglieva commissioni per conto di rap­presentanti di fabbriche di tessuti tra le botteghe dei sarti.

Caduto il fascismo e finita la guerra, è prima segretario della Camera del lavoro di Agrigento, poi, subentrando all’onorevole Ce­sare Sessa, è deputato della nostra Assem­blea. Viene rieletto nella seconda legisla­tura, durante la quale svolge un’intensa atti­vità in favore dei vecchi lavoratori privi di assistenza di qualsiasi tipo.

Egli condusse una memorabile battaglia perché l ’Assemblea approvasse una legge ca­pace di assicurare ai vecchi lavoratori un sussidio per vivere. Fu quella un’occasione di riprova delle capacità di intuizione poli­tica e di lungimiranza che contraddistinsero l ’intensa attività di Domenico Cuffaro. Seb­bene sostenuto dal suo gruppo, egli si ritrovò solo a fare la sua battaglia.

Oltre venti anni dopo, sulla base di una corretta lettura della Carta costituzionale, che sancisce l’assistenza come diritto del

cittadino, anche lo Stato ha introdotto nel suo ordinamento giuridico un provvedimento analogo a quello che era stato adottato in Sicilia sulla scorta della lucida intuizione di Domenico Cuffaro.

A Trieste, dove egli si era trasferito, ha proseguito, quasi fino alla morte, nella sua infaticabile attività, con la stessa tensione degli anni giovanili, con accresciuta carica di energie morali e civili e con un costante attaccamento alla nostra Assemblea. Ricordo agii onorevoli colleghi che fu presente anche in quest’Aula in occasione della celebrazione del trentennale dell’Autonomia siciliana.

La Presidenza, certa di interpretare i sen­timenti dell’intera Assemblea regionale sici­liana, esprime al figlio di Domenico Cuffaro, deputato al Parlamento e segretario regio­nale del Partito comunista italiano del Friuli - Venezia Giulia, ai parenti, al Partito comu­nista, il più profondo cordoglio per la morte di un tale nobile e generoso dirigente del movimento popolare siciliano.

Seguito della discussione sulle dichiarazioni del Presidente regionale.

PRESIDENTE. Si passa al punto secondo delTordine del giorno: Seguito della discus­sione sulle dichiarazioni del Presidente re­gionale.

PULLARA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PULLARA. Onorevole Presidente, onore­voli colleglli, la crisi politica apertasi a' cuni giorni fa per iniziativa del comunista italiano, la quale ha interro quel processo autonomo di rapporti portato avanti in questi ultimi anni classe politica dirigente siciliana, non sen , fatica ed anche con costi pagati da tuw partiti, ivi compreso il Partito comunis ; processo che ha raggiunto, in forma anticipatrice rispetto ad altri modelli, ris ^ tati significativi sul piano politico' e su lo dei contenuti, si è risolta in una^co nuazione dell’attività di governo che, V avendo come caposaldo il programma yes dato a suo tempo da tutti i partiti deldella solidarietà democratica, prosegue il suo

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iter per evitare brusche interruzioni del cammino avviato da alcuni mesi e che deve continuare neH’interesse precipuo dell’eco- nomia delle nostre popolazioni.

Ieri sera abbiamo ascoltato le dichiarazioni programmatiche del Presidente della Regione che ha voluto, come era giusto, celebrare un rito ripetendo in sostanza, con aggiorna­menti, i concetti di una dichiarazione pro­grammatica di grande valore politico e tec­nico resa in quest’Aula alcuni mesi fa.

Le dichiarazioni programmatiche di ieri sera contengono, aggiornati, alcuni dati che evidenziano maggiormente la drammatica si­tuazione in cui si trova reconomia siciliana; in esse si fa inoltre un consuntivo dell’opera svolta da questo Governo e per buona parte da questa maggioranza, in cui è stato deter­minante l ’apporto del Partito comunista ita­liano, e ci si ripromette di continuare 1’ azione governativa iniziata alcuni mesi fa con una « politica » dallo stesso Presidente Mattarella definita « del confronto e della continuità », evitando in cjuesto modo « la politica dello scontro ».

I problemi che ci stanno innanzi sono È grande rilevanza politica ed un’interru- àone od un vuoto di potere avrebbe creato in Sicilia danni incalcolabili. In relazione a ciò non ■ si possono mettere sullo stesso piano, per esempio, la pubblicazione delle norme per la sanatoria dell’abusivismo, im­pugnate purtroppo dal Commissario dello tato, e la legge di riforma amministrativa olla Regione che il Presidente della Re­

sone si è ripromesso (ribadendo il concetto ondamentale della prosecuzione dell’azione politica e governativa) di portare avanti al

presto, prevedendo cosi Papplicazione di ino dei dettati costituzionali del nostro Sta-

fissa l ’abolizione delle province in

1 repubblicani rilevano, inoltre, come in osto momento particolarmente travagliato

fisi Paese e della Regione assu- particolare significato politico la ricon-

Polh' if ''volontà del Governo e delle forze , iche di volere procedere aH’attuazione

® riforma amministrativa.Noi

altr repubblicani non ci nascondiamo d’Iti alcune preoccupazioni, soprattutto

liti y^lutazione della tenuta del quadro rapporto agli avvenimenti politici

aali che condurranno fatalmente allo

scioglimento delle Camere; in tal senso uno scontro delle posizioni politiche potrebbe acuire anziché avvicinare i rapporti politici fino ad oggi maturati in quest’Aula.

La classe dirigente siciliana ha dimostrato in questi anni di avere saputo costruire au­tonomamente rapporti politici nuovi nell’am­bito della Regione siciliana, che hanno por­tato successivamente a soluzioni politiche che non trovavano riscontro, né nei tempi né nei modi, in altre portate avanti nel resto del Paese.

L orgoglio per queste autonome soluzioni politiche, non certamente prive di resisten­ze, ostacoli e prezzi politici già pagati, ha prodotto tali effetti positivi, per la Sicilia, nel quadro generale di un rinnovato clima di collaborazione, da porre, a nostro avviso, in secondo piano obiettive carenze e oppo­sizioni (qui denunciate anche dal documento del Partito comunista nei famosi sei punti) frapposte dalle irriducibili forze della con­servazione. Tanto era ed è storicamente im­portante l ’obiettivo politico raggiunto grazie alla convinta collaborazione fra le forze po­litiche dell’arco della solidarietà democra­tica, le quali, sebbene diverse per imposta­zioni ideologiche, sono state accomunate dal­l ’unico intendimento di trarre la Sicilia fuori dalle secche del sottosviluppo e dalla pro­fonda crisi socio-economica che la travaglia da anni.

Questo era il dato politico importante che noi repubblicani abbiamo evidenziato in que­st’Assemblea; tutto il resto lo abbiamo rite­nuto di secondaria importanza, anche se fon­damentale, per il corretto funzionamento di una democrazia parlamentare.

La rottura degli equilibri nella Regione, oggi, volenti o nolenti, non può portare, a giudizio dei repubblicani, a nessuna positiva ed autonoma evoluzione della situazione po­litica siciliana, che potrebbe, qualunque sia la nostra volontà, essere influenzata da quel­la nazionale, provocando, quindi, presumibil­mente, più che un avanzamento un forte arretramento politico in Sicilia.

Il Presidente della Regione nelle sue di­chiarazioni programmatiche ha sottolineato l’apertura di una fase politica nuova nella vita della Regione, la quale, secondo le sue affermazioni, è stata il frutto di un difficile e travagliato, ma comunque positivo, mo-

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mento del confronto tra le forze politiche isolane.

Tale risultato, anche secondo il giudizio espresso dalTonorevole Mattarella a nome di tutto il Governo e dell’intera maggioranza, non va disperso e per questo motivo le linee programmatiche del Governo, secondo le di­chiarazioni rese in quest’Aula, si fondano sulle analisi, le intuizioni e gli impegni che avevano già registrato un largo consenso di forze politiche, sociali, culturali e sindacali. Siffatto patrimonio, a parere del Presidente della Regione, non solo non va delapidato ma bisogna strenuamente e attivamente in­crementarlo.

Sulla base di queste considerazioni tutti i partiti dell’arco della solidarietà democra­tica convenivano sulla necessità di sostenere una coerente e chiara linea politica, che consentisse di affrontare l ’emergenza guar­dando ad una prospettiva di globale ed ar­monico sviluppo della Regione.

Qual è stato il risultato? Le priorità fissate negli incontri e nel programma concordato in materia di mobilitazione di risorse intorno ad un piano di emergenza furono poi effet­tivamente concretizzate nella legge 10 ago­sto 1978, numero 34. Altra tappa impor­tante per la vita socio-economica della Sici­lia fu quella deH’intervento integrativo della Regione nei confronti dei provvedimenti sta­tali sull’occupazione giovanile (la legge 18 agosto 1978, numero 37).

Altro traguardo conseguito è stato quello deU’adozione dei metodo della prograimna- zione economifca, che mai si era potuto ot­tenere non soltanto nell’ambito dell’Assem­blea regionale siciliana, ma, consentitemi di dire, anche a livello nazionale, in quanto si era trascurato il postulato fondamentale che una economia va legata certamente a mo­delli di carattere europeo e non di diversa ispirazione. Ebbene la Regione siciliana, gra­zie ad un accordo politico di ampie dimen­sioni, ha varato il Comitato per la program­mazione economica con la legge del 10 lu­glio 1978, numero 16.

Un largo decentramento di funzioni ai co­muni, anche questo postulato fondamentale della Costituzione italiana, che si ispira ai principi filosofici di don Luigi Sturzo, di La Malfa e di altri grandi padri della Re­pubblica italiana, ha trovato, con la legge numero 1 del 2 gennaio 1979, pratica attua­

zione. Sono state in questo modo esaltate le autonomie degli enti locali con una nor­mativa che dà ai comuni la effettiva potestà di controllo sul proprio territorio.

L’esigenza, avvertita da tempo, di una le­gislazione urbanistica che si adeguasse alla legge nazionale numero 10 si è trasrusa nella legge numero 71 del 27 dicembre 1978, e non è certo da ascriversi a colpe del Go- , verso o dell’Assemblea regionale se il Com- ; missario dello Stato, in analogia a quanto fatto su tutto il territorio nazionale, ha im­pugnato parte degli articoli e precisamente quelli riguardanti la sanatoria.

Credo che la legge urbanistica numero 71 del 27 dicembre 1978 contenga già in sé tali di quegli aspetti innovativi e positivi da po­tere, anche nella stesura attuale, nonostante sia « claudicante » per la mancanza di uno dei capitoli più importanti che rispondeva ad una grande esigenza di carattere sociale, rappresentare un successo di carattere am­ministrativo, tecnico e legislativo.

Tutte le indicazioni programmatiche, sen­za eccezione, si sono quindi rapidamente tra­sformate in legge e sono divenute realtà per ;

l la vita della Regione mediante la loro eoe- | rente e precisa attuazione. D’altronde non va dimenticato l ’attivismo del Governo regio­nale, che, con hausilio deH’Assemblea e, vo­glio aggiungere, con un apporto diverso, piu costruttivo, efficiente ed intelligente delle Commissioni, le quali in maniera oscura e buia, ma comunque importante, hanno dato un’impronta a tutta l ’attività armninistrativa regionale, ha adottato una serie di deliuO' razioni collegiali quantificate ieri sera da Presidente della Regione nelle sue dicnia razioni programmatiche in 400, numero c e non ha precedenti nella vita e nella aL' vità del Governo.

Questo, è frutto, certamente, del cllin nuovo istauratosi ah’Assemblea regionale chiana, clima che si è voluto, in un |_ senso, interrompere, anche se la volontà la maggioranza che sostiene l’attuale no ritiene di dovere conservare, non tanto secondo i postulati programmatici^

le medesime intese e collaboraziom n'la precedente Giunta, ma anche ricefeand

3ÌlÌ|convergenza sui singoli problemi, jgiando, come noi repubblicani sostenia contenuti sulle formule. Per il nostro

nell®sforzo di trovare sempre una possibili

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tito hanno maggiore importanza, rispetto agli accordi fra le forze politiche, d problemi da risolvere.

E’ certamente necessario in questa dire­zione, quindi, l ’impegno del Governo. Per esempio è opportuno che esso ponga atten­zione al settore degli enti economici regio­nali, su cui noi repubblicani in quest’Aula più volte ci siamo soffermati perché costi­tuisce una vera « piaga » per tutta la co­munità siciliana, una « idrovora » che « pom­pa » decine e decine di miliardi senza co­stituire un sol posto di lavoro in più, of­fendendo in certo qual senso i centoventi­mila giovani siciliani iscritti nelle liste spe­ciali di collocamento. E’ un problema che il Governo, le forze politiche, tutti i gruppi politici devono porsi con serietà, con corag­gio, per esaminare le soluzioni da adottare; infatti non si possono stanziare soltanto 120 miliardi per la riforma amministrativa, con tutte quelle competenze che la Regione ha decentrato ai comuni, e dall’altro lato dare 110 miliardi per pagare il salario di sei mesi ai dipendenti dei cosiddetti enti economici che occupano soltanto circa 5.000 lavora­tori. Noi difendiamo la occupazione dei la­voratori, noi siamo strenui difensori del man­tenimento del posto di lavoro, ma non a costo dell’intera comunità siciliana.

E’ un tema importante che il Presidente della Regione si è impegnato ad analizzare con maggiore attenzione. Unitamente a c[uel­io del settore zolhfero, prossimamente sarà trattato dalle commissioni e dal Governo per trovare una giusta prospettiva di soluzione.

Il Governo si è impegnato a procedere ulteriormente nella ricerca di rapporti « in positivo » con la società, evitando ripiega­menti. E ’ certamente necessario continuare in direzione di un movimento che, andando Verso le componenti produttive e le realtà che più consapevolmente esprimono l’ansia di realizzare una società più giusta, hnisca pnn l’accrescere la partecipazione di tutti i cittadini alla vita delle istituzioni.

Questo ha detto il Presidente della Re­gione nelle sue dichiarazioni programmati- che che noi ci sentiamo di sottoscrivere in­tegralmente. La realtà politica deU’Assem- dlea deve trovare ogni giorno momenti di saldatura con la società reale, con la base operaia, con i sindacati, con i giovani, con ia classe dirigente e produttiva di questo

mondo siciliano, in modo che la nostra le­gislazione sia il momento di sintesi dei reali interessi della Sicilia e non soltanto di pro­blemi calati dal vertice che impediscono alla normativa approvata di trovare facile appli­cazione. Il Governo promette in questo senso un suo maggiore impegno e quindi ribadi­sce il rapporto preferenziale con i sinda­cati dei lavoratori purché in essi ritrovi, come è ragionevole dovere e poter preten­dere, il momento di coesione di battaglie che non siano corporative, che lasciano il segno nella vita economica di un paese, come quella cui stiamo assistendo in questi giorni con lo sciopero degli assistenti di volo che ha paralizzato non soltanto l ’attività aviatoria in Italia, ma soprattutto l ’econo­mia delle Isole che sono state più duramente colpite da questa barbara azione di rappre­saglia sindacale.

Quindi, noi chiediamo ai sindacati colla­borazione, la fine della corsa agli aumenti sa­lariali indiscriminati, ma specialmente il raggiungimento di una pace sociale che rea­lizzi un equilibrio fra tutte le classi lavora­trici anche a costo di duri sacrihci da parte degli stessi lavoratori in modo da ricreare un processo di accumulazione che è la base per effettuare investimenti soprattutto nel sud, ed in Sicilia in particolare, e di con­seguenza per creare nuovi posti di lavoro.

Onorevole Presidente e onorevoli colleghi, la via della più ampia unità possibile su questi temi, della continuità che discende coerente dalla conferma delle analisi e della piattaforma programmatica a suo tempo ap­provata è stata una scelta del Governo che noi condividiamo integralmente. Non possia­mo ritornare in Sicilia alla politica dello scontro, ma dobbiamo ricercare coesione e collaborazione tra tutte le forze politiche in modo che alcuni partiti che hanno operato delle discriminazioni, allo stato attuale, nei confronti dell’ingresso nel governo del Par­tito comunista italiano (discriminazione che non ci riguarda e non ci appartiene) pos­sano nel frattempo maturare, senza spinte di diverso tipo, ma democraticamente sia dal punto di vista politico che culturale, 1’ eventuale inunissione del Partito comunista anche neh’ambito dell’esecutivo.

Potevamo e dovevamo quindi evitare pro­lungate interruzioni ed è soltanto questo lo scopo che si ripromette il secondo Governo

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Mattarella che conta senz’altro suH’appoggio incondizionato delle forze politiche che gli hanno espresso i propri consensi affinché possa rappresentare, come ha affermato lo stesso Presidente Mattarella, un momento non contraddittorio con il processo unitario sviluppatosi in questi amii in Sicilia, tale da consentire di mantenere le condizioni di con­vergenza più ampie fra i partiti presenti nella Giunta di Governo nei confronti dei partiti democratici ed autonomistici ed in particolare del Partito comunista.

Ciò è stato affermato ieri sera dal Pre­sidente della Regione e lo riconfermiamo noi repubblicani con la sincera convinzione che una forza popolare come il Partito comuni­sta non può passare aH’« opposizione per 1’ opposizione ».

Di fronte alla scelta dei partiti che hamio dato vita a questo Governo, che definirei di transizione politica non temporale, come prosecuzione della linea di unità, che ha costituito e costituisce un patrimonio di tutti — appartiene al Governo, come a tutti i partiti, nonché al popolo siciliano, ed è una esperienza che non intendiamo buttare alle ortiche — è questo Timpegno del Partito re- pubblicano che sento di esprimere a conclu­sione del mio intervento sulle dichiarazioni programmatiche del Presidente della Regio­ne, onorevole Mattarella.

Allo stesso Presidente della Regione au­guro d’altronde un caimnino spedito all’in­segna della massima efficienza, che lo con­traddistingue, in modo da ottenere l ’imme­diata utilizzazione delle risorse disponibili dando cosi una risposta all’emergenza che ha coinvolto tutta la comunità isolana in un momento eccezionale per la vita del Paese.

Anche se nella diversa valutazione di al­cuni problemi il Partito repubblicano distin­guerà la propria posizione da quella delle al­tre forze politiche, e lo farà con spirito co­struttivo, al contempo assicurerà al Governo il leale ed incondizionato appoggio per la realizzazione del programma concordato.

E ’ questo, ripeto, l ’augurio che noi re- pubblicani esprimiamo e nello stesso tempo il senso della nostra battaglia che rinnova, nell’impegno di oggi, una lotta che viene da molto lontano, dagli anni della Resistenza e della lunga lotta di liberazione, per fare del nostro un Paese di sicura e salda democra­

zia civile e politica, cosi come lo ha sognato sempre l ’onorevole Ugo La Malfa.

Presidenza del Vice Presidente D’ALIA

CAGNES. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAGNES. Signor Presidente e onorevoli colleghi, credo che si possa essere d’accordo sulle premesse di carattere generale della relazione programmatica resa ieri dal Pre­sidente della Regione sia per quanto attiene il giudizio di estrema gravità sulla situa­zione complessiva della nostra Regione sia per quanto riguarda le preoccupazioni avan­zate sui pericoli cui le regioni meridionali vanno incontro ove le scelte nazionali, at­traverso una reale modifica della ratio del piano triennale e le scelte europee, non terranno conto dei punti di partenza diversi e lontani del meridione d’Italia e quindi della nostra Regione, rispetto alle altre re­gioni d’Italia.

Forse l ’analisi fatta dal Presidente della Regione poteva essere più approfondita esa­minando anche le cause politiche e sociali delle disfunzioni economiche denunciate ed in questo caso la relazione sarebbe stata certamente più interessante, più viva, piu « graffiante ». In questo modo si sarebbe evi­tata l ’impressione che le dichiarazioni fa­cessero parte del doveroso cliché di una relazione programmatica.

Per quanto riguarda la mia parte poli­tica, non mi pare che si possa essere d’ac­cordo sulle conclusioni concrete della rela­zione e ciò è derivato non solo da quello che è stato detto ma soprattutto da quello che non è stato detto. Si tratta di conclu­sioni chiaramente contraddittorie con le pro­messe. In sostanza, se ho capito bene, sche­matizzando al massimo, per motivi ovvii, il Presidente ha detto: « La situazione eco­nomica della nostra Regione neH’ultimo amie non è mutata, resta grave nonostante qual­che sintomo di contraddittorietà. La stessa cosa è da dire per c|uanto riguarda la zione politica che ha tutte le caratteristich® della estrema gravità, drammatizzata d a ' tronfie dall’attività ”a ventaglio” delle

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della sovversione destabilizzante e terrori­stica. Vi è quindi la necessità di un’ampia politica unitaria di tutte le forze autonomi- ste e democratiche e l ’accettazione, di fatto, delle antiche scelte politiche portate avanti dai comunisti ».

Le prospettive, secondo il Presidente della Regione, sussisterebbero in quanto respe­rimento di una maggioranza unitaria realiz­zato l’anno scorso si sarebbe rivelato posi­tivo e può continuare. Se oggi, quindi, quel quadro politico si è rotto, ciò sarebbe do­vuto ad una decisione unilaterale del Par­tito comunista il quale, pur essendo stato sostenitore ed estimatóre della scelta uni­taria che si concretò nel 1978 con la for­mazione di un Governo di maggioranza com­prendente gli stessi comunisti, avrebbe mo­dificato quel risultato avanzando la richiesta di una sua partecipazione al Governo no­nostante sapesse che era astratta, velleita­ria e inaccettabile da parte della Democra­zia cristiana. Quindi la scelta del Partito comunista italiano sarebbe stata, di fatto, pretestuosa.

Naturalmente, i motivi di tale richiesta e della conseguente inaccettabilità non sono stati espressi dal Presidente della Regione, né poteva farlo perché avrebbe dovuto met­tere in discussione persino lo stesso con­cetto di democrazia costituzionale.

Il nuovo Governo, comunque — sostiene il Presidente della Regione — , non sarebbe una riedizione del centro-sinistra, anche se le apparenze sono tali; vorrebbe essere un Governo aperto che intende muoversi in di­rezione della strategia del confronto e delle convergenze, già concordata nel primo Go­verno di unità autonomistica, nella speranza ' lie i comunisti si ravvedano e che possa, quindi, in ogni momento, effettuarsi la ri­presa di una unità più completa.

A riprova della buona volontà dell’attuale Governo, viene portato il fatto che il pro- §ranuna presentato per il voto di fiducia alla Assemblea regionale siciliana è il medesimo

quello definito l’anno scorso in occasionedelsto

primo Governo Mattar ella. Tutto que- viene affermato, naturalmente, con il

pieno e responsabile consenso del Partito socialista italiano, il quale in Sicilia con- Jariamente a quanto avviene sul piano na- lonale, accetta a chiare lettere la immoti-

discriminazione dal Governo del Parti­

to comunista italiano e si rende cogarante degli impegni democristiani, ove arrivasse l’atto di pentimento da parte del Partito co­munista italiano.

Il programma riproposto anche per il Par­tito socialista italiano rappresenterebbe la prova della continuità della politica di unità e della autenticità di un impegno politico della nuova maggioranza senza i comunisti, se non proprio contro i comunisti.

Il discorso del Presidente della Regione è, a mio parere, sillogistico: se la premessa è sbagliata tutto il resto è sbagliato. In que­sto sillogismo è sbagliata la premessa: la rottura unilaterale ed artificiosa da parte del Partito comunista italiano dalla mag­gioranza; di conseguenza è sbagliato lo spi­rito con cui si interpretano il concetto di unità autonomistica e i rapporti tra i partiti della maggioranza e. sono sbagliate le con­clusioni politiche a cui la nuova maggioran­za è pervenuta, a cominciare dal « feticcio » del programma, inteso come carta stampata e come elencazione di formali atti legisla­tivi da approvare.

E ’ ovvio, almeno mi pare, che una dichia­razione programmatica non può essere una semplice o composita elencazione di « cose » da fare o di questioni da risolvere. Né si può prescindere da ehi, da come e dal per­ché si debbono operare quelle realizzazioni. Un programma non è mai un fatto tecnico a sé stante e quindi un qualsiasi Governo può espletarlo, un qualsiasi blocco di forze politiche può farlo proprio; ogni atto ammi­nistrativo è un atto politico ed è, quindi, una scelta politica che, appunto perché tale si differenzia da altre, contrasta con altre, lede interessi di altri, comporta uno sforzo con­seguente e una lotta politica ben determi­nata, mai facile, mai indolore.

Il Presidente della Regione pare che que­sta verità (confortata dalla esperienza di tutta la storia politica di tutti i tempi) l ’ab­bia dimenticata o si illude di poterla elu­dere; comunque, è certo che non tiene conto degli avvenimenti di questi ultimi due anni e, soprattutto, del perché gli sia venuta meno una maggioranza politica. Non tiene soprat­tutto in considerazione i motivi delle gravi inadempienze rispetto a quel programma, che avrebbero dovuto unire, in un comune intento, le forze della maggioranza che lo aveva eletto.

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La dichiarazione programmatica resa ieri dall’onorevole Mattarella — lo ha detto lui stesso — si presenta come la edizione rive­duta, aggiornata e corretta di quella di un anno fa. Permangono alcune ambiguità che possono preoccupare, delle zone d’ombra che riflettono riserve politiche, delle mancanze significative, tuttavia nel complesso si muo­ve nella direzione indicata nel 1978.

Per quanto riguarda i rapporti con noi comunisti, sembra che voglia dire su per giù questo: il fatto che il gruppo parlamen­tare comunista non faccia parte della mag­gioranza è da considerarlo un incidente oc­corso sulla strada, determinato da fatti ester­ni e transitori, per certi aspetti un errore politico dei comunisti, dovuto ad astrattezza di visione o ad esigenze di adeguamenti mec­canicistici della situazione siciliana alla situa­zione nazionale e a tante altre « cose » le quali fanno parte del sottofondo della dichia­razione programmatica dell’onorevole Matta­rella e che sono state abbondantemente spie­gate dall’onorevole Nicoletti nel dibattito apertosi a seguito delle dimissioni del primo Governo Mattarella.

Per altri aspetti, questa nostra presa di posizione sarebbe un colpo grave inferto alla politica di unità autonomistica in un mo­mento cosi pesante e delicato della situazione complessiva del nostro Paese, della nostra Regione e delle nostre istituzioni allorché alcune prime modifiche si stavano realizzan­do sulla via delle riforme e della program­mazione proprio nell’ambito siciliano.

Identica impostazione, sostanzialmente, ha seguito poco fa l ’onorevole Pullara.

La tesi sostenuta dalla Democrazia cri­stiana ci sembra paradossale: una sorta di « sceneggiata da teatro dell’assurdo »; infatti tutta la storia della Regione siciliana è con­trassegnata dallo scontro permanente fra la volontà antiunitaria, discriminatoria e anti­comunista della Democrazia cristiana e dei suoi occasionali alleati e lo sforzo certa­mente unitario dei comunisti per una poli­tica di reale autonomia della Regione volta al superamento, in senso avanzato e pro­gressista, di una realtà politica, economica, sociale, culturale fortemente arretrata e de­gradata. Da questa situazione sono partite le grandi lotte contadine, i grandi movimenti unitari contro la mafia, contro le sudditanze politiche ed economiche, contro i ritardi col­

pevoli nell’attuazione dello Statuto, contro il centralismo statale, contro i potentati regio­nali, il malcostume e anche il malaffare.

Tutto ciò per una Regione diversa, capace di costruire il suo avvenire democratico con il consenso di tutte le forze autonomistiche in un rapporto corretto ma fermo con lo Stato e sulla base di una programmazione democratica delle sue risorse e di una orga­nizzazione amministrativa decentrata e mas­simamente partecipativa. I segni di questa linea politica, di questa tensione ideale sono « consegnati » alla storia antica e recente.

Gli effetti si sono avuti e sono stati vari e numerosi; uno di essi è rappresentato dalla nascita dello stesso primo Governo Mat­tarella di unità autonomistica, che ebbe vita l ’anno scorso. Allora noi comunisti decidem­mo di far parte della maggioranza sulla base di un programma concordato con tutte le forze democratiche, programma che re­stava la nostra unica garanzia mancando una nostra partecipazione al Governo.

Il programma concordato non era ambi­zioso ma realistico, teneva conto del grado di compatibilità delle varie forze politiche, si muoveva verso precise direzioni, sia per quanto riguardava i rapporti con lo Stato, sia in relazione alla necessità di un’ade­guata programmazione, di una democratica riforma della Regione, di una inequivoca moralizzazione della vita pubblica nel quadro di un diverso modo di governare.

Se siamo usciti dalla maggioranza ciò è avvenuto perché le inadempienze sono state quantitativamente e qualitativamente (e di­remo quali) tali da trasformare quel pro­gramma in « pagine di carta scritta » e « 1’ anima » di quel programma giorno per gior­no, nella pratica di Governo, veniva « inti­Sichita » per dare corso alla vecchia « ani­ma » del centro-sinistra, fatta delle solite lunghe promesse di mediazione lottizzatiice, di rinvii, di svuotamenti ideali e legislativi, di inadempienze clamorose, di riflussi mo­derati, di discriminazioni ottuse ed ingiusti­ficate nei confronti dei comunisti (la stridente è quella della Democrazia cristiana sulla impossibilità per i comunisti di assu­mere presidenze nelTambito delle commis­sioni provinciali di controllo).

La nostra richiesta di partecipazione f Governo regionale non è stata la trasposi' zione meccanica in Sicilia di una richiesi

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del nostro partito su scala nazionale. E ’ stata ed è considerata una necessità per garantire la corrispondenza tra la politica ed i suoi contenuti di unità autonomistica e la sua concreta realizzazione nell’ amministrazione attiva ed inoltre per dare sostegno a quelle forze, che ci sono, che hanno creduto e credono nella necessità del cambiamento; se fosse stato diversamente, onorevole Matta- rella, se cioè la nostra richiesta fosse stata collegata a quella avanzata dal nostro par­tito sul piano nazionale, non avremmo avuto preoccupazione a motivarle in tal senso; in­fatti siamo un partito nazionale, una grande forza democratica, una potenza culturale del nostro Paese che combatte anche per abbat­tere una discriminazione politica inaccetta­bile sul piano costituzionale e politico quale quella portata avanti da un partito come la Democrazia cristiana che a Roma, a Pa­lermo, a Cagliari, a Reggio Calabria ha la stessa posizione discriminatoria. Ma nel fatto specifico non è cosi.

Siamo usciti dalla maggioranza perché cre­diamo nella politica di unità autonomistica, perché vogliamo tener fede al programma concordato, perché non potevamo accettare responsabilmente la pratica di una politica che si discostava ogni giorno di più da quella concordata. Per queste considerazioni ci sem­bra non credibile la riproposizione di un programma, il quale non è stato attuato in hrtte le sue parti quando noi eravamo pre­senti nella maggioranza mentre dovrebbe essere realizzato adesso senza di noi e, di fatto, contro di noi.

Marx ci ha insegnato che la verità è nei fatti. Quali i fatti? L ’elenco delle inadem­pienze potrebbe essere lungo e circostanziato ® ciò a dimostrare che non tutte le sca­denze e gli impegni sono stati mantenuti; tuttavia ne indichiamo le più significative.

Naturalmente noi non sottovalutiamo c[uel- che è stato fatto, anzi lo consideriamo

H portante , e sommamente positivo; diciamo 'b più: alcune delle leggi esitate dall’As­semblea hi questo anno, o negli ultimi due

dalla maggioranza, era impensabile che ossero approvate alcmii anni addietro. Mi ! crisco alle leggi sul decentramento, sul lordino urbanistico, sui beni culturali, sul omitato di programmazione, sull’occupazione

siovanile, sulla tutela dell’ambiente, sull’ Siicoltura ed anche ad alcune altre leggi.

cosiddette minori, che rappresentano però delle novità dal punto di vista politico e legislativo in direzione di una democrazia partecipativa.

Ma anche per queste normative si è co­stretti a sottolineare una costante: sono ap­plicate solo ed in quanto costituiscono leggi di finanziamento, ma non decollano o tro­vano forti ostacoli quando intendono modi­ficare una struttura esistente o una politica antica. Nel momento in cui è necessaria una decisa volontà politica in senso riformatore risaltano gli esempi più clamorosi; l ’appli­cazione della legge statale e della legge re­gionale sull’occupazione giovanile.

La prima è stata applicata male, parzial­mente, in maniera scopertamente assisten­ziale (i colleghi lo sanno, avendo tutti pro­testato in quest’Aula in tal senso); tale at­tuazione ha creato malcontenti, proteste, di­scriminazioni, favoritismi, trattamenti diffe­renziati fra i giovani. L’immobilismo del Go­verno, giustificato con la teorizzazione della incompetenza istituzionale, è stato, a mio parere, anche interessato.

La normativa regionale è stata totalmente e dolorosamente inapplicata; decine e decine di cooperative di giovani sono lasciate allo « sbando »; onorevole Sciangula, come lei sa, migliaia di giovani, i quali potrebbero tro­vare l ’occasione per qualificarsi, vengono fru­strati nelle loro attese.

Nonostante ciò, il problema della disoccu­pazione rimane gravissimo se è vero che nel marzo del 1979 i disoccupati iscritti nel­le liste di collocamento hanno raggiunto il numero di 215 mila, contro i 203 mila del 1978 e i 180 mila del 1977. Sono questi i dati forniti dall’ufficio regionale del lavoro, che risultano più reali e credibili di quelli deiristat.

Se è vero che i giovani disoccupati sono in numero maggiore rispetto al 1977 (120 mila), è altrettanto vero che fino al settem­bre 1978 quelli avviati al lavoro sono solo :3.632, quasi tutti con una cattiva utilizza­zione, negli enti locali e nelle amministra­zioni statali. Inoltre è a tutti noto che gli iscritti nelle liste di collocamento ordinarie e speciali sono soltanto una parte dei gio­vani disoccupati.

Eppure il Presidente della Regione, nelle sue dichiarazioni programmatiche del 3 apri­le 1978, aveva scritto e affermato che quello

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deU’occupazione era da considerarsi « il pro­blema dei problemi », che in particolare l ’oc­cupazione giovanile costituiva un impegno prioritario del Governo, che un rilievo par­ticolare e un’adeguata azione di sostegno dovevano essere svolti verso le cooperative dei giovani e che bisognava disporre i finan­ziamenti integrativi per la piena attuazione dei programmi specifici previsti dal titolo IV della legge.

Di tutto questo non si è realizzato molto: per insensibilità politica o per inettitudine? Non mi azzardo a dare giudizi, comunque forse per l ’una e per l ’altra. Tuttavia veni­vano fuori responsabilità politiche che noi comunisti non potevamo continuare ad assu­merci, perché non erano nostre, perché non eravamo al Governo e perché per quella parte per cui potevamo contribuire, lo ab­biamo fatto.

Per quanto riguarda il Piano di emergenza, nei fatti, è in itinere, sia per le parti per le quali i programmi sono stati redatti ed approvati dalle competenti commissioni, sia per le parti per le quali i programmi 0 non sono stati formulati o sono in corso di ela­borazione. Tuttavia l ’approvazione rapida e la esecuzione del Piano erano state consi­derate fondamentali per affrontare l’emer­genza, la piena utilizzazione delle risorse, eccetera.

Perché tanto ritardo? Per motivi obiettivi? Non credo, o comunque hanno potuto inci­dere solo in minima percentuale. Anche in questo caso è evidente l’assenza di quella necessaria tensione politica che permettesse di considerare il problema incandescente, impedendo di impigliarsi in complicati inte­ressi particolari da dosare e da far preva­lere.

La stessa legge sul decentramento — per cui noi comunisti (è bene ricordarlo nel mo­mento in cui si afferma che le scadenze sono state rispettate) siamo stati costretti nell’ot­tobre del 1978 a porre ufficialmente Vaut-aut fra la sua approvazione ed il nostro voto contrario sul bilancio 1979 — parte male, essendo già stata sabotata, se si tiene conto che i finanziamenti del fondo dei comuni sono stati assegnati in parte, in modo incre­dibilmente ridotto, la qualcosa creerà, oltre alle difficoltà obiettive della prima applica­zione della legge, certamente caos nella vita amministrativa degli enti locali, sfiducia ne­

gli amministratori, fenomeni di rigetto i quali saranno estremizzati da chi ha interessi con­trastanti col processo di riforma.

Questi esempi riguardano le leggi già ap­provate di cui conosco maggiormente le vi­cende; la situazione non è diversa, anzi piu grave, negli altri settori deU’agricoltura, del­la sanità, del turismo, dei lavori pubblici, dove il vecchio modo di amministrare « spa­droneggia ed impazza » alcune volte disgu­stosamente; in tal senso non faccio afferma­zioni misteriose ma soltanto mi adeguo a quelle correnti.

Tuttavia soffermiamoci sulle inadempienze totali del programma, a cominciare dalla ri­forma amministrativa: era uno dei puntiqualificanti, articolato in scadenze precise e con contenuti ben definiti.

Entro il 1978 avrebbe dovuto essere defi­nito il disegno di legge sui comprensori, in modo che venissero costituiti entro il 1980, evitando il rinnovo degli attuali consigli pro­vinciali. Il comprensorio avrebbe dovuto so­stituire l’attuale ente intermedio ed era stato concordato che fosse prevalentemente un de­cisivo strumento di programmazione terri­toriale.

L’impegno non è stato mantenuto e non certo per difficoltà di ordine tecnico quanto piuttosto per problemi di ordine politico, es­sendo evidenti le resistenze antiriformatrici, la qualcosa, d’altronde, è naturale.

Una riforma amministrativa che configun una regione diversa, senza gli antichi con­notati di organo erogatore di « mance », di discrezionalità e trasformata in decisivo orga­nismo di promozione, di programmazione e, se necessario, di controllo, era nella stessa realtà delle cose che avrebbe provocato ac­canite resistenze; tuttavia rappresentava una delle occasioni che avrebbe dovuto mettere alla prova la buona fede della volontà pou' tica del Governo di unità. Infatti ha costi­tuito una inadempienza politicamente sig®' ficativa ed un banco di prova per « partite* di uomini abituati a concepire il potere n in termini di strumento per la costruzio di un certo modello di società, pinttos come occasione per costruire reti elettor ed eserciti di clientes.

Il problema dell’emigrazione nella regione è da considerarsi tra i più gravi, _ per Tentità numerica degli emigranti in P ,tenza e in rientro, sia per il costo soloialc

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ed umano che esso rappresenta. Il Presi­dente della Regione lo considerò emblema­tico della preoccupante e drammatica situa­zione economica della nostra Isola; s’impo­neva di conseguenza una legislazione nuova che sostituisse 1’esistente, ormai superata, e per alcune parti di difficile applicazione. Invece non è successo niente nonostante le richieste della consulta, le proteste degli emigranti, il lavoro delle altre regioni.

Il motivo di questo comportamento ci sem­bra evidente: le migliaia di lavoratori emi­grati 0 di quelli in rientro, con la loro ansia di reinserimento nella produzione, cosi come le migliaia di giovani disoccupati o i 250 mila lavoratori adulti disoccupati, non eccitano troppo la sensibilità politica del Go­verno.

Nel 1977 l ’Assemblea regionale ha appro­vato una legge concernente la tutela dell’ ambiente e la lotta contro l ’inquinamento: fu considerata positiva, utile, sia per il modo come affrontava il gravissimo problema della degradazione ambientale e deH’inquinamento marino, atmosferico, delle acque, sia per la scelta di partecipazione e di controllo demo­cratico che essa conhgurava.

Anche per cjuesto problema gli impegni programmatici furono chiari e definiti. In quella sede si affermò che la legge doveva essere prontamente attuata, addirittura in via prioritaria, essendo già stata approvata. Fino ed oggi, a distanza di due anni, non ha tro­vato applicazione e intanto l’ambiente de­grada, i casi clamorosi di Augusta, di Gela, dei fiumi trasformati in collettori di fogne a cielo aperto, dei mari sempre più sporchi, occupano le pagine dei giornali e le denunce costanti dei cittadini democratici trovano in­gresso nelle aule giudiziarie.

La notizia che alcuni docenti universitaiù dell’Università di Venezia si siano sentiti in dovere di presentare denunzia all’autorità giudiziaria per quanto si constatava ad Augu­sta e nel siracusano è clamorosa ma è anche ' 11 gesto doloroso per noi.

SCIANGULA. Se i veneziani pensassero ® lo loro acque luride del Canale sarebbe

LAGNES. Insieme ed in collegamento con qmp ° problema si sarebbe dovuto affrontare

® lo della realizzazione del piano delle ac­

que al fine della ricerca, individuazione e sfruttamento delle risorse idriche che nella nostra Regione esistono, in modo da elevare la qualità della vita civile delle nostre po­polazioni e dello sviluppo agricolo ed indu­striale della nostra economia.

Non sono parole mie queste, ma del Pre­sidente della Regione pronunziate nel 1978. Anche quest’impegno, onorevole Presidente della Regione, venne considerato uno degli obiettivi di maggiore rilievo politico; non si poteva risolvere in un anno ma è stato eluso anche a livello d’iniziativa.

Il problema della cultura, inteso come lotta all’analfabetismo (la Regione siciliana ha il 10 per cento degli analfabeti di tutta la popolazione scolastica italiana) ed all’evasione scolastica, come educazione permanente, co­me diritto allo studio, come diffusione della cultura, come tutela, valorizzazione, fruizione dei beni culturali, come formazione profes­sionale, come elevazione delle capacità scien­tifiche e tecnologiche isolane nel quadro del potenziamento dell’Università, era stato giu­dicato momento qualificante e riferimento di fondo di tutta l ’azione regionale.

Parole suggestive, ma rimaste soltanto pa­role. Nessuno può dire che questa sia l ’ini­ziale linea di fondo che ispira l ’azione del Governo in questo settore, nonostante l’au­silio di buone leggi regionali che, se utiliz­zate bene, potrebbero di per sé dare un notevole contributo.

I problemi del diritto allo studio, dell’edi- lizia scolastica e della formazione professio­nale, dei beni culturali restano aperti insie­me a quelli della liquidazione di un clien­telismo esasperato che alcune volte ha punte di ridicolo.

Emblematica è la sorte della legge sui beni culturali. Approvata nel 1977, prevede un modo nuovo ed originale di tutela e di va­lorizzazione del bene culturale, ampliato nel­la sua accezione a tutto ciò che rappresenta testimonianza della civiltà umana. Da qui la nuova ristrutturazione delle Sovraintenden- ze, l ’istituzione di Centri regionali strumen­tali, la costituzione di consigli locali, l ’ob­bligo di un piano regionale e di alcune leggi conseguenti sulle biblioteche, sulle attività teatrali e musicali, sugli archivi comunali nonché di programmazione dei contributi da destinare ad enti ed istituzioni pubblici.

Nonostante lo stato di « sfascio » dei beni

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culturali, le difficoltà di vita e di attività delle istituzioni collegate (vedi le Sovrain- tendenze), l ’appassionata richiesta di un’atti­vità regolatrice in tale direzione, la legge resta per i nove decimi inapplicata, soprat­tutto nelle parti più significative e riforma­trici.

Un impegno di fondo era stato concordato per i livelli socio-assistenziali-sanitari; assi­stenza e sanità avrebbero dovuto essere co­raggiosamente riformate per dare luogo ad un modo diverso, più moderno, più « garan­tista », più efficiente, di erogare l’assistenza e la sanità.

Da questa situazione è scaturito l ’impe­gno della riforma dell’assistenza, dell’elabo­razione di un piano socio-sanitario, la cui stesura « si trascina » dall’altra legislatura, il quale si dovrebbe ricollegare alle linee della riforma sanitaria, diventata ormai legge del­lo Stato.

Nessuno può giurare che sia cambiata qual­cosa in questa direzione e soprattutto nel « modo di essere » dell’Assessorato della sa­nità.

Si è parlato del grosso problema della sanatoria edilizia. Credo che in questo caso la questione diventi molto più delicata. L’ina­dempienza (perché cosi noi la definiamo) va al di là del fatto formale; diventa una grave violazione degli impegni assunti, non solo a livello dei partiti facenti parte della maggio­ranza, ma anche nei confronti di tutta la popolazione siciliana.

Le possibilità sono due: o la Democrazia cristiana e, purtroppo, anche i compagni socialisti non erano d’accordo a dare una soluzione al problema dell’abusivismo ed in tal caso avrebbero dovuto sostenere questa loro posizione, tirandone le conseguenze del caso ed assumendosi tutte le responsabilità politiche, 0 la Democrazia cristiana era com­pletamente d’accordo con la soluzione legi­slativa adottata ed in tal caso era suo do­vere reagire ad una decisione che tutti con­sideriamo sbagliata sia nelle motivazioni di fatto che di diritto, del Commissario dello Stato o pubblicando gli articoli impugnati o apprestando strumenti legislativi tali da dare una soluzione immediata e corrispondente, sempre nello spirito della legge sul riordino urbanistico, alle esigenze dei cittadini inte­ressati.

Il rifiuto unilaterale della Democrazia cri­

stiana di discutere le nostre proposte non poteva essere considerato un fatto di ordi­naria amministrazione in una maggioranza di eguali. Le conseguenze sono quelle che oggi conosciamo. Una nuova ondata di abu­sivismo, un nuovo colpo al prestigio delle istituzioni, un vuoto normativo pericolosis­simo.

Le dichiarazioni programmatiche del Pre­sidente ieri ancora una volta sono state di chiusura su questo problema, riconferman­do le scelte politiche assunte e stemperan­dole con la possibilità di un vago, ipotetico, eventuale disegno di legge suU’argomento.

Noi non comprendiamo come i compagni socialisti abbiano potuto accettare una sif­fatta decisione della Democrazia cristiana. Loro, come noi, sanno quanto vasta e viva è l ’esigenza di una normalizzazione urbani­stica presso i lavoratori, gli emigrati, la po­vera gente; loro che da sempre hanno con­dotto una battaglia senza alcuna limitazione contro la legge Bucalossi, esprimendosi a favore della sanatoria, non riusciamo a ca­pire, ripeto, come abloiano potuto accettare una decisione del genere. « Potenza del po­tere » direbbe uno scrittore umorista!

L ’elenco delle inadempienze rispetto al programma potrebbe continuare. L ’onorevole Amata concentrerà la sua attenzione sul fon­damentale problema dell’agricoltura e sulle inadempienze scandalose in questo settore non solo per quello che non si è voluto realizzare di quanto era stato concordato ma anche per il modo con il quale si è operato nei casi in cui si è, in qualche modo, realiz­zato quanto stabilito.

E qui sorge il problema del modo di go­vernare. La legge numero 2 del 1978, A" guardante nuove norme per l ’ordinamento del Governo e cleirAmministrazione delb Regione, §i pose il problema, in attesa della riforma amministrativa, di una pratica di­versa di governo, meno personalizzata e p'O collegiale; meno discrezionale e con un mag' giore senso della cosa pubblica; meno assi­stenziale e con una maggiore partecipazion®-

Da questo punto di , vista, credo, sig”® Presidente, che Lei non può non convenm con noi che il fallimento degli accordi e tale. L’attività di tutti gli Assessori, chi P’chi meno, tranne rarissime eccezioni, è P® manentemente informata al raggiungine® di obiettivi clamorosamente clientelari, ®

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toralistici e, qualche volta, anche personali­stici, tanto maggiori, quanto minori sono i limiti in cui gli Assessori sono costretti ad operare.

Questi i motivi e non altri per cui siamo usciti dalla maggioranza di governo; una diversa filosofìa del concetto politico di unità autonomistica ci divide. Noi eravamo nella maggioranza per razionalizzare 1’esistente e per cambiare il modo di essere della Re­gione e per costruire un nuovo modello eco­nomico, sociale e culturale e questo resta il nostro assunto.

In questa direzione sarà caratterizzata la nostra opposizione che non sarà, onorevole Pullara, l ’opposizione per l’opposizione, per­ché mai abbiamo operato in tal senso, ma piuttosto servirà a muoversi in direzione di quanto abbiamo concordato.

Per voi il governo di unità autonomistica, abbiamo l’impressione che abbia significato, invece, un mezzo che dovesse servire a cam­biare qualche cosa per non mutare niente e forse con la riserva mentale, non espressa, di considerarci forza di copertura e di farci perdere credibilità nei confronti dei lavora­tori e dei democratici.

In fondo la storia mutatìs mutandis sì ripete. Cosi avvenne per il centro-sinistra sul piano nazionale. Dopo i primi due anni di claudicante attività riformatrice si pose il problema per i compagni socialisti di sce­gliere tra il cosiddetto mantenimento del quadro politico, svuotato di ogni carica ri­formatrice, ed il loro passaggio all’opposi- zione. I compagni socialisti scelsero la pri­ora alternativa con le conseguenze che co­nosciamo per tutta la società italiana e an­che per il Partito socialista italiano.

Ci dispiace, sinceramente, che i compagni socialisti della Regione siciliana non si ren­dano conto che anche in questa contingenza 1 accettazione della rottura di fatto della nnità a sinistra non aiuta processi di unità autonomistica, non limita l ’arroganza della Democrazia cristiana, non rafforza il loro ''Uolo ed il loro prestigio politico di partito popolare di sinistra.

fu una settimana si è passati da un go- ' erno di maggioranza con i comunisti ad

governo, con tutte le caratteristiche del centro-sinistra, senza i comunisti, quasi come osse un fatto di ordinaria amministrazione.Io credo che questo sia Tavvenimento più

grave che si è verificato. Ciò è grave, signor Presidente, più per voi che per noi. Per noi è il chiarimento di un equivoco ed è uno stimolo, per certi aspetti entusiasmante, a continuare in modo diverso, ma con gli stessi obiettivi, quella battaglia di unità auto­nomistica e di riforme che abbiamo combat­tuto in passato; per voi è il manifestarsi di una antica vocazione integralista, mai sopita, a cui bisogna aggiungere l ’affermazione vit­toriosa, anche se temporanea, della controf­fensiva delle forze moderate che esistono nella Democrazia cristiana.

Questo significato hanno i voti di Demo­crazia Nazionale, siano o no stati contrat­tati; comunque il Presidente della Regione ieri sera non li ha né respinti né denegati. In teoria potrebbero essere stati contrattati; alcune agenzie di stampa lo affermano, ma noi non ci crediamo, anche perché ciò non avrebbe significato politico. Resta il fatto che il voto di Democrazia Nazionale costi­tuisce la spia di uno spostamento a destra di questo governo; non si capirebbe altri­menti la spregiudicatezza di un Presidente che, nel giro di otto giorni, può passare, senza apparente perplessità, da una maggio­ranza con i comunisti ad una senza i co­munisti.

La scelta che i partiti della maggioranza hanno operato crediamo che sia un errore politico molto grave e non tanto perché si apre un periodo difficile della nostra Assem­blea, quanto piuttosto perché viene ad in­crinarsi un processo democratico che aveva già fatto la sua strada, che aveva già co­minciato a far superare lo storico distacco delle istituzioni dalla società, oltre a far na­scere, elemento egualmente importante, un rapporto più vivo, più democratico, più ci­vile, più pluralistico nel tessuto sociale delle nostre popolazioni.

In questo quadro le dichiarazioni del Pre­sidente diventano per lo meno poco credi­bili, anche se possiamo pensare che siano sincere; sanno di liturgia e l ’onorevole Pul­lara ha sostenuto che ciò che sta avve­nendo in quest’Aula è, appunto, un rituale. Costituiscono un rito, un atto formalmente dovuto il cui valore, certo, sarà dimostrato dagli avvenimenti successivi.

Per quanto ci riguarda noi continueremo nella nostra politica di unità, non modifi­cheremo la nostra linea, anche se la no­

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stra posizione è diversa ed anzi, la porte­remo avanti con la serietà, il rigore e la puntigliosità necessaria nell’interesse degli istituti autonomistici e del progresso com­plessivo del popolo siciliano.

FEDE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FEDE. Signor Presidente, onorevoli col­leghi, premettiamo una nota tranquillizzante per il Partito comunista e per l ’onorevole Cagnes. Pare che i rappresentanti del Go­verno si siano allontanati momentaneamen­te dall’Aula e ciò, anche figurativamente, può dare l ’idea di che cosa sia diventato il secondo governo Mattarella. Alle consulta­zioni non è stato invitato a partecipare sol­tanto il Movimento sociale italiano, sia come partito e sia anche come gruppo parlamen­tare, la qual cosa è veramente grave.

Proprio in questo momento sono ritornati in Aula i rappresentanti del Governo e quin­di mi esimo dal dare anche un significato politico alla diserzione dai banchi, dal mo­mento che siamo in fase non di discrimina­zione ma di « onorata esclusione dalla vostra compagnia », che, con accenti preoccupanti, è stata definita dal Partito comunista addi­rittura spostata a destra. Di destra ne esi­ste una sola ed è quella rappresentata dal Movimento sociale italiano; quindi do atto che il Governo non si è spostato a destra in base ad altre presunte consultazioni ed in questo modo tranquillizziamo il Partito comunista su questa presunta virata.

In tal senso, semmai, potrebbe essere in­terpretata Tadesione o il voto favorevole del Partito liberale, ma è quest’ultima forma­zione politica che si rifiuta di definirsi di destra, preferendo la denominazione di grup­po politico del centro, legato alle tradizioni cavouriane del centro-destra e del centro- sinistra e da ciò, evidentemente, ne discende che non c’è alcuno spostamento a destra. Tuttavia c’è, sul piano delle formule di go­verno e di programma, da stabilire che cosa è la Democrazia cristiana, quando dice di scegliere la continuità, termine dominante nelle dichiarazioni programmatiche del Pre­sidente della Regione, anche se non parla a proposito di questa compagine di centro- sinistra e nega che si tratti di una riedi­

zione di quella famosa formula politica. Al contempo la stessa Democrazia cristiana non si definisce di centro, né però ha il coraggio di qualificarsi come un partito di sinistra; d’altronde non vedo come sì possa definire partito di centro dal momento che rifiuta ogni dialogo alla sua destra; essa potrebbe, caso mai, configurarsi, in senso classico, come partito di destra. Altrimenti, se crede in questo schematismo, il partito di maggio­ranza relativa dovrebbe cercare di porsi nell’ambito del secondo Governo Mattarella alla destra di tutti gli altri gruppi che lo compongono.

Tuttavia noi rifiutiamo di riconoscere la Democrazia cristiana come partito di destra, teso quindi ad occupare lo spazio politico che è stato lasciato al Movhnento sociale italiano, e neghiamo che la Democrazia cri­stiana possa, con questi programmi e con queste dichiarazioni rese daH’onorevole Mat­tarella, presentarsi all’opinione pubblica si­ciliana, e fra non molto italiana, come un movimento politico che ha riacquistato la sua verginità anti-comunista.

Per queste considerazioni cjuando si svol­gerà, se si svolgerà, il dibattito sulla vio­lenza, ascriveremo tra gli episodi, ben più importanti a volte di quelli di vera e pro­pria violenza fisica, questa violenza usata dal Presidente della Regione, onorevole Mattarella, nei confronti di se stesso, delle sue idee, delle tradizioni presunte della de­mocrazia e del pluralismo, che ha compor­tato l ’esclusione dalle consultazioni del Mo­vimento sociale italiano non soltanto come partito, ma anche come gruppo parlameli tare, che rappresenta, oltre ai 305 mila sici­liani che hanno votato per questa forma­zione politica, anche il punto di riferimento di un’area anti-comunista che va ben al di là dei consensi conseguiti dal Movimento sociale italiano nel 1976.

Non voglio con ciò affermare che nel Pr®' sidente della Regione si sia agitata la « bile », « la secrezione della sua cistifellea anti-fù' scista » per discriminare il Movimento so­ciale italiano; è stata una tattica apriori­stica studiata a tavolino, che stamattina non ha dato però i suoi frutti. In sostanza na voluto presentarsi al Partito comunista com® il Presidente di un Governo che non lo cetta nel suo ambito ma che al contempi è capace di fare la faccia feroce al

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mento sociale italiano per rimarcare il suo carattere antifascista. Si tratta della solita « politica del bilancino » (mal copiata alla Regione siciliana), che tenta in ogni caso di far considerare il nuovo Governo come in­terlocutorio, dal momento che nessuno po­trà sostenere che esso sia definitivo.

Tuttavia la differenza tra la discrimina­zione (presunta) nei confronti del Partito comunista e quella (velleitaria) operata nei confronti del Movimento sociale italiano sta nel fatto che il Partito comunista si è la­gnato in quesfAula di tale differenzia­zione, ritenendo che per le sue prospettive costituisce una posizione politicamente « r i- . voluzionaria » la partecipazione al governo con gli altri partiti, mentre il Movimento sociale italiano, onorevole Mattarella, non si lagna ed, anzi, la ringrazia di questa di­scriminazione. Noi siamo veramente con­tenti e le raccomandiamo di comportarsi sempre cosi. Quando una classe dirigente ar­riva a tale stato di degradazione e ad un simile livello di violazione della concezione democratica e pluralistica non deve mai consultare il Movimento sociale italiano, perché quest’ultimo si onora di essere di­stinto da tutto il vostro panorama politico, essendo sicuro che il rimanere isolato nei banchi di quest’Aula significa essere mag­giormente collegato con la opinione pub­blica che di questi « giochi » di potere non ne può più e non vi ritiene uomini poli­tici all’altezza di risolvere la crisi che atta­naglia tutta la società italiana e siciliana in particolare.

Pertanto, l’esame del vostro programma sarebbe, veramente, in quest’Aula una re­cita dal momento che le dichiarazioni rese dal Presidente Mattarella non sono altro che in ripetizione di quelle pronunziate in oc­casione del varo del governo del compro- niesso storico che sanziona l’alleanza fra la Democrazia cristiana ed il Partito comuni­sta. Certamente la logica congressuale spin­ge il Partito comunista a fingere di essere Passato aU’opposizione e quella elettoralisti­ca sollecita la Democrazia cristiana, che vor­rebbe ancora una volta carpire i voti dell’ slettorato anti-comunista, a far credere di aver rotto la sua alleanza con il Partito co­munista, ma i contenuti cui si appellava 1’ onorevole Pullara, stamattina, sono gli stes­si del governo del compromesso storico. Non

c’è nulla nei punti fondamentali che sia stato trascurato e non sia stato ribadito, tranne le inadempienze che costituiscono un dato oggettivo e non certamente intenzio­nale del secondo governo dell’onorevole Mat­tarella.

D’altra parte, noi non possiamo che pro­mettere (e prendiamo un impegno in tal senso valido certamente non soltanto in Aula ma soprattutto davanti alla pubblica opinione, che sarà chiamata, fra poco, a giudicare il vostro operato) che faremo cir­colare le sue dichiarazioni programmatiche tra gli elettori, ai quali dimostreremo che la Democrazia cristiana non afferma; ora basta con il Partito comunista; non possia­mo più accettare compromessi che colletti­vizzano la vita politica nazionale e che dan­no soluzioni ai problemi economici e sociali in base a concezioni cooperativistiche le qua­li non valorizzano la personalità umana; noi non possiamo più continuare sulla strada di un compromesso che inesorabilmente porte­rebbe, anche se nell’ambito del pluralismo democratico, la società italiana ad essere una società massificata, ma al contrario di­chiara: « noi ci separiamo momentanea­mente dal Partito comunista e ci impegnia­mo a realizzare quanto avevamo contrattato con quest’ultimo ».

Questa continuità dovete sottolinearla du­rante la campagna elettorale sulle piazze; dovete essere coerenti con quello che avete detto in quest’Aula, anche perché avete in­serito, e potevate anche farne a meno, nelle dichiarazioni programmatiche persino i pun­ti squalificanti, i quali dimostrano la incon­cludenza, specialmente sul piano operativo, del programma del governo del compro­messo storico e di conseguenza del secondo governo Mattarella che ne riprende i con­tenuti.

Non vi siete vergognati, dopo due anni e mezzo, di riparlare del « problema Sicilia », che, dopo il fallimento della « vertenza Si­cilia », avete trasformato in problema (d’al­tronde non si poteva parlare più di vertenza dal momento che, secondo voi, non esisteva più l’opposizione). Allo stato attuale il pro­blema, dopo tanto tempo è rimasto inal­terato sicché si potrebbe definire una sorta di problematica senza vie di uscita.

Questo annoso « problema Sicilia » non è

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stato neppure rettificato in quei punti qua­lificanti di cui sono emerse le contraddizioni in questi ultimi due mesi e precisamente quando alcune leggi, in modo particolare quella sul decentramento recentemente ap­provata, hanno dimostrato tutta la loro im­possibilità ad essere attuate almeno per de­terminati aspetti. Per ovviare a queste de­ficienze si sono dovute approvare anche nor­mative di rettifica, mentre non si è tenuto conto che la legge sul decentramento per­segue un’impostazione di fondo sbagliata in quanto il decentramento e la riforma ammi­nistrativa sono fatti con gli stessi mezzi, stru­menti, criteri e mentalità con cui si è pro­ceduto all’accentramento.

Una legge che voglia trasformare le strut­ture, e non soltanto i contenuti ideologici, deve sempre prevedere la partecipazione di nuove forze, rendendosi conto che nella real­tà siciliana queste ultime non sono più sol­tanto i partiti politici e le organizzazioni sin­dacali confederali, ma sono anche le grandi categorie professionali e dei produttori che vengono invitate a discutere i problemi sem­plicemente in assemblee pletoriche, dove ov­viamente non si conclude nulla.

Ad esempio, nelle dichiarazioni program­matiche per quanto riguarda l ’agricoltura, settore in cui si sarebbero dovuti verificare elementi di novità se questo secondo Governo non fosse una riedizione della Giunta del compromesso storico e del centro-sinistra, si ha il coraggio addirittura di accennare che si rimane ancorati alla linea della conferenza dell’agricoltura, mentre proprio quest’assise non ha espresso alcuna linea e non avete potuto approvare neppure un documento fi­nale per l ’impossibilità di raggiungere un compromesso con il Partito comunista.

Certo la nostra non è, come ha detto l ’onorevole Nicoletti, un’opposizione precon­cetta, ma al contrario è il vostro un go­verno cosi preconcetto nei confronti dell' unica opposizione, ancora una volta rappre­sentata dal Movimento sociale italiano, da non voler dialogare formalmente con essa nel momento in cui procedete alle consul­tazioni di tutti i gruppi parlamentari.

Partendo da tale considerazione sul vostro governo, se le dichiarazioni programmatiche avessero comportato (cosi come voi inten­dete far credere agli elettori), almeno in al­cuni punti, una novità, un cambiamento.

una svolta, avrebbero dovuto riconsiderare il tema del rapporto associativo in agricol­tura che né in quest’Aula né alla conferenza dell’agricoltura è riemerso.

Tuttavia in quella sede non vi siete nep­pure messi d’accordo sul problema del col­lettivismo dal momento che l ’argomento, in­vestendo dei principi, rendeva impossibile qualsiasi compromesso; in questi casi biso­gna scegliere, però nel momento della scelta è necessario il coraggio che voi non avete. Certo questa sarebbe stata un’occasione uti­le per esprimere il proprio coraggio e la nostra, a quel punto, non sarebbe stata un’ opposizione preconcetta, come voi la definite.

E’ il vostro immobilismo che ci rende im­possibile persino un esame effettivamente serio dei contenuti programmatici delle di­chiarazioni dell’onorevole Mattarella.

L’onorevole Cagnes ha parlato di inadem­pienze, ma non si tratta tanto di inadem­pienze quanto piuttosto di impossibilità og­gettiva a predisporre validi disegni di legge che, ad eccezione di qualcuno, sono il frutto di tendenze opposte, una positiva ed una negativa, che si escludono a vicenda rag­giungendo, per riprendere termini fisici, il punto di neutralizzazione. Se una forza po­litica « tira » per la proprietà privata ed un’altra per la sua disgregazione, su tutta la problematica è impossibile arrivare ad una soluzione chiara e si ottiene l ’indifferenza tra le due spinte contrastanti.

Voi siete arrivati proprio all’immobilismo generato dall’indifferenza per cui queste di­chiarazioni, ad esempio, non dicono assolu­tamente nulla su una delle strutture princi­pali del programma concordato con il Partito comunista: il Comitato della programmazio­ne. Che cosa sta realizzando? Avete, per caso, nelle dichiarazioni programmatiche accen­nato alle* prospettive di questo organismo burocratico, e non più di partecipazione, elio avete creato? E ’ stato semplicemente il frutto di un compromesso con il Partito comunista e quindi il Comitato di programmazione (e in tal senso le sue dichiarazioni non avevauo necessità di ribadirlo), con la sua struttura burocratizzata, resta immobile senza alcuna possibilità di funzionamento. , ^

Doveva invece emergere dalle sue dicluo razioni programmatiche, onorevole Mattar la, a prescindere dalla fase interlocutore che questo Governo esprime l ’attenzione

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SO alcuni problemi che « esplodono » nella realtà, malgrado i vostri programmi a lunga scadenza e le prospettive aprioristiche che avete abbracciato.

Sulla questione primordiale della casa do­vreste fare un esame di coscienza perché l’Italia è l ’unico paese dove non esiste una seria ed effettiva politica della casa; infatti stiamo assistendo allo « spiazzamento » dei piccoli proprietari e dei risparmiatori ed alla contemporanea impossibilità per gli affittuari di diventare proprietari di un’abitazione.

Qual è la politica della casa del secondo Governo Mattarella, sia che lo si definisca 0 no di centro-sinistra? Da dove si evince nelle dichiarazioni programmatiche resisten­za di un discorso complessivo che possa con­sentire a chi non possiede un’abitazione di acquistarla ed ai proprietari che l ’hanno com­perata con i frutti del proprio risparmio di mantenerla con la discrezionalità tipica del principio di proprietà? Non esiste nessuna strategia in tal senso. Infatti, da un lato vi sono i pianificatori che intendono l ’equo canone come « coabitazione » e non pren­dono nessuna posizione nei confronti di que­sta situazione che ogni giorno diventa sem­pre più esplosiva e dall’altro vi è chi vuole giungere ad un libero mercato delle abita­zioni. Quando manca sulla piazza il prodotto non possiamo impostare una libera politica di mercato, facendo determinare il prezzo degli alloggi unicamente dal gioco della do­manda e dell’offerta.

Data questa situazione che cosa può fare immediatamente la Regione siciliana? Sono problemi urgenti la cui soluzione non può essere rinviata al comportamento del suo fecondo Governo, ma deve essere espressa nelle sue dichiarazioni programmatiche so­prattutto in presenza delle iniziative dei pre­gni d’assalto che però, a volte, sollevano problemi reali. Infatti, davanti agli specu- atori che trasformano le strutture abitative ® studi professionali, per far salire alle . i fitti mentre si sa benissimo che ®Véee sono adibite a case per le famiglie, guai è la programmazione portata avanti dal overno regionale? Ricorrerete, come sem-

P alle cooperative indivise oppure, come nrebbe giusto, mettete nelle condizioni chi

alloi possiede il denaro per racquisto di un’Sgio di ottenere le somme mediante un

■Putuo agevolato in modo da permettere que­

nesoconti, f. 86

sta trasformazione da affittuari in proprie­tari?

Per fare tutto ciò ci vuole una program­mazione. Non possiamo attendere il ritorno dei comunisti al potere o addirittura al Go­verno in modo che questi ultimi vi impon­gano una pianificazione di questo settore. Non vi rendete conto che questo è un pro­blema essenziale che deve essere assoluta- mente evidenziato a prescindere da qualsiasi posizione sulla nostra vita sociale?

Il problema dell’occupazione è arrivato a punte di esasperazione davvero aberranti e tuttavia nelle sue dichiarazioni programma­tiche, onorevole Presidente ed onorevoli col­leghi, non vedo che cosa si preveda per risolvere questa situazione. Possiamo ricor­rere a giochi statistici (in questo caso ritorna il discorso di Petrolini sulla statistica) come quello da lei fatto sull’occupazione giovanile che è pregevole, intelligente, furbo, anzi mol­to furbo, dal momento che si è riportato addirittura ai quindicimila occupati in tutto il sud in base alla normativa sull’occupa­zione giovanile per dimostrare che in Sicilia si è raggiunto il 27 per cento deH’intera cifra, cioè 4.000 giovani occupati, mentre ha dimenticato (si fa per dire) di rappor­tarsi al numero dei disoccupati meridionali. Questo significa volere nascondere il sole con la rete!

Si tratta di una dichiarazione che non fa onore a tutta l’impostazione, sia pure non da condividere, della sua relazione. Infatti non significa nulla considerare in quest’Aula come risultato positivo il fatto che 4.000 gio­vani sui 15.000 occupati in tutto il Sud sono stati avviati al lavoro dalla Regione siciliana; questa può costituire una soddisfazione all’ interno delle forze della sua maggioranza, e quindi del potere, ma dinanzi aH’opinione pubblica lei deve ammettere che sui 125 mila disoccupati siciliani ce ne sono soltanto 4.000 occupati in lavori a tempo determi­nato (che bel successo è da considerare questo!).

Non avrei neppure citato un simile dato, perché a questo punto non ci possiamo asso­lutamente accontentare di simili dichiarazio­ni, in mancanza tra l’altro di prospettive occupazionali per i giovani, se si esclude la legge numero 37 sull’occupazione giovanile. In Sicilia il problema è veramente dram­matico, onorevole Presidente, anche perché

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l ’applicazione della legge sulla cooperazione giovanile, in modo particolare quella parte riguardante il settore cooperativistico, mal­grado le intenzioni (anche in questo caso abbiamo dimostrato che la nostra non è un’ opposizione preconcetta tanto che stiamo ap­prontando anche noi qualche cooperativa gio­vanile), si impantana in determinate farragi­nose pastoie burocratiche.

Onorevole Nicita, io so perfettamente che lei cerca di evitare tutto questo, sciogliendo i grovigli creatisi; ma tutto questo può essere una spiegazione data all’opposizione neU’am- bito di quest’Aula, ma dinanzi alle aspetta­tive della grande opinione pubblica giova­nile la legge numero 385 è fallita; però la numero 37, che certamente è migliore della numero 385, pur nei limiti delle sue possibilità di integrazione, non deve avere la stessa sorte. Dalle dichiarazioni program­matiche non si evince un piano operativo che possa effettivamente dare una speranza ai 120 mila giovani disoccupati, a cui vanno aggiunti coloro i quali sono in cassa inte­grazione.

In queste provvisorie e ripetute dichia­razioni programmatiche era necessario indi­care un piano globale che stabilisse, una volta per tutte, se in Sicilia gli insedia­menti industriali petrolchimici devono esse­re considerati un successo o al contrario un fatto negativo; se le acciaierie del Tirreno, trasformatesi in semplici laminatoi, possono rappresentare delle soluzioni alternative ri­spetto allo sviluppo turistico che in quella zona si doveva favorire; se la centrale elet­tronucleare che si vuole installare in Sicilia è un fatto positivo tale da originare un di­battito politico oppure una semplice enun­ciazione. Non si trova nelle sue parole, ono­revole Mattarella, qualche cosa che possa delineare la posizione del Governo.

Quindi quello da noi pronunziato è l ’uni­co discorso di opposizione, perché il Partito comunista ha si avanzato delle critiche, ma che rimangono tuttavia ancora all’interno di una maggioranza, come conferma d’altra par­te il fatto che questa forza politica è stata da lei consultata; l ’essere stati esclusi da questi incontri preliminari ribadisce che noi siamo l’unica vera opposizione rimasta in quest’Aula e fuori di quest’Aula. Le rappre­saglie, cui eventualmente si ricorrerà, non possono certamente fermare la nostra co­

sciente presa di posizione su tutti questi problemi che non sono per niente sfiorati anche per dare qualche elemento di novità| dalle dichiarazioni programmatiche. La no­stra, ripeto, non è una opposizione precon- cetta, lo sono semmai il vostro Governo e la vostra maggioranza.

Per quanto riguarda la seconda espres­sione adoperata dall’onorevole Nicoletti pri­ma delle dimissioni del Goveimo Mattarella, il quale aveva parlato di opposizione pre­concetta e senza contenuti, siamo andati a cercare i contenuti, che non esistono, nella relazione programmatica del Presidente del­la Regione. Noi invece abbiamo proposto le nostre soluzioni alternative. Ad esempio, sen­za tema di smentite, siamo in condizioni di affermare che possono non essere accettate, anzi è possibile condannarle e sostenere che la nostra interpretazione di programmazione corporativa e integrata è dettata da una visione distorta e da una concezione sba­gliata del concetto di corporativismo, ma non si può dichiarare che nei confronti degli enti economici e della spesa pubblica che doveva essere ridotta non abbiamo prospet­tato soluzioni alternative.

A nostro avviso, anche in questo caso il problema è vostro; se, infatti, vi chiedessi­mo qual è la vostra politica nei confronti degli enti economici (dimenticando anche per qualche minuto, con un certo sacrifìcio, d> ricordarvi gli scandali e di rinfacciarvi che erogate continuamente miliardi a questi enfi parassitari per pagare i salari ai dipendenti che non lavorano) voi, che invece siete ric­chi di contenuti, non sapreste quale solu­zione indicarci per risolvere il problema.

Noi ve ne potremmo proporre una: la pr>' vatizzazione degli enti e delle aziende re­gionali e la loro contemporanea socializ®' zione mediante la partecipazione alla gestio­ne e al profitto da parte dei lavoratori.

In questo modo si attuerebbe un coraggio ® invito alla corresponsabilità per tutti i pendenti; infatti, se li si fa protestare senr plicemente per il varo di ulteriori leggi ® rifinanziamento mediante delle manifestaZJO' ni di piazza in cui si ricorre pure al suono dei tamburi, questi lavoratori non si r®®' deranno mai responsabili e consapevoli on il processo produttivo attualmente non ste più nelle aziende collegate.

Quindi discutiamo almeno su una proP®

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sta chiara, precisa, che può anche non es­sere accettata, in modo da bloccare l ’ecces­siva spesa pubblica che ha completamente depauperato le finanze della Regione sici­liana. Non capisco come non consideriate questi dei contenuti, mentre voi, invece, sie­te soltanto fautori della ordinaria ammini­strazione, della continua politica del giorno per giorno. Forse considerate questi ultimi dei contenuti?

Come potremmo definire l ’attuale formula dal momento che non è né di compro­messo storico, né di centro-sinistra, né di sinistra, né di destra? Potremmo dire che il secondo governo dell’onorevole Mattarella è un governo qualunquista.

Tuttavia vi dico che il qualunquismo ha maggiori contenuti dei vostri perché coglie un aspetto non superficiale, forse fuori dagli schemi ideologici, presente in certe parti del popolo italiano sia di destra che di sinistra. Come substrato politico ed ideologico siete inferiori allo stesso qualunquismo.

Siete semplicemente il potere! Tuttavia il potere di per sé non costituisce un conte­nuto ma ha bisogno di una sua filosofia, magari deteriore, e, se volete, di una vera e propria arte che voi neppure avete quan­do, molto apertamente e a volte sfacciata­mente, per restare al vostro posto cercate senza fantasia di ripetere le vecchie for­mule del 1948, riprese nelle altre campagne elettorali e che verranno riesumate anche in questa, nel tentativo di far capire ai « gonzi », che per fortuna sono sempre meno Ilei nostro Paese, che avete riacquistato una vostra verginità ideologica per poter meri- tare ancora una volta i loro voti.

Quindi, onorevole Mattarella, il suo se­sondo Governo non è il frutto di una fase interlocutoria proiettata verso un periodo di Maggiore sviluppo, ma è un Governo che non esprime niente, che nei suoi contenuti nipote il precedente e che dunque non può apportare alcuna novità che sia degna di èssere sottoposta alla nostra riflessione.

Pertanto non siamo noi con i paraocchi n® intendiamo rimanere cristallizzati nelle nostre posizioni, ma piuttosto siete voi che non vi muovete, che non riacquistate la nntra identità sul piano ideologico e sul pia- ° politico, tanto che, quando volete cam­

biarisfrutti

qualcosa, avete bisogno persino di'ire, nei momenti drammatici, episodi

dolorosi, come sta avvenendo con la morte dell’onorevole La Malfa.

Non possono essere confuse le situazioni; voi dovete prendere una chiara posizione po­litica indipendentemente dalla emozione det­tata dagli affetti, dichiarando esplicitamente ai siciliani in quale contesto il vostro Go­verno, che è un centro-sinistra sia dal punto di vista formale che dei contenuti, intende muoversi e quale significato assume la par­tecipazione in Sicilia del Partito socialista, fenomeno che non si verifica nel resto dell’ Italia. Dovete spiegare questa situazione, per­ché la incomprensione del linguaggio crea sempre di più una frattura tra la classe dirigente e la pubblica opinione. Tutte le discriminazioni non possono che rafforzare questo iato, oltre il quale però si colloca il Movimento sociale italiano. Per queste considerazioni ancora una volta, come ab­biamo già fatto in apertura del nostro inter­vento, la ringraziamo, onorevole Mattarella, e le raccomandiamo di non consultare mai il Movimento sociale italiano tutte le volte che Ella presiederà un governo di questo tipo.

AMATA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AMATA. Signor Presidente, onorevoli col­leglli, la crisi di governo che sta per chiu­dersi è la più breve che la Sicilia ha vis­suto negli anni della sua autonomia.

Il modo fulmineo con cui i quattro partiti, che componevano il precedente governo, si sono accordati per ricostituirne uno nuovo, che poi nuovo non è, ma che è la copia esatta del precedente, non costituisce una prova di solidità e di compattezza dei partiti che formano la maggioranza di governo: è invece esattamente il suo contrario, è cioè una prova evidente di fragilità politica e di debolezza.

Se questo Governo si è potuto formare cosi rapidamente (e paradossalmente non è stato impallinato già al momento della sua elezione da un fuoco di sbarramento dei franchi tiratori assai più intenso di quello che, pur notevole, c’è realmente stato, essendo stati alcuni dei suoi componenti sal­vati dal voto della pattuglia di « compie-

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mento » di Democrazia nazionale) ciò è av­venuto perché è considerato e definito ge­neralmente, e all’interno della stessa mag­gioranza, come un Governo transitorio, di parcheggio che dovrebbe vivacchiare in atte­sa degli sviluppi della situazione.

Presidenza del Vice Presidente PINO

Da un governo che nasce sulla base di tali presupposti non sarà molto verosimil­mente possibile aspettarsi grandi svolte nel modo di operare, ma una gestione sciatta e ancora più di corto respiro. Congelato il governo, anche in alcuni dei suoi membri più chiacchierati, congelato il programma con qualche piccolo aggiornamento e qualche dichiarazione di buona volontà, come abbia­mo sentito dalle parole del Presidente della Regione, sembra di poter vedere già nascere da questi fatti il leit-motiv che sentiremo riecheggiare spesso in quest’Aula e fuori di qui.

Insomma, ci si dice, e qualcuno lo ha già detto: stesso programma (e per di più ag­giornato) della maggioranza politica demo­cratica che comprendeva anche il Partito co­munista, stesso Governo, rispetto a quello eletto con i voti comunisti, ma allora che coerenza è mai quella del Partito comunista che ha votato contro il secondo governo Mat- tarella in tutto e per tutto identico al pri­mo e che voterà contro le dichiarazioni pro­grammatiche?

E’ questo un ragionamento che potrà sod­disfare solo chi è rimasto arenato sulle secche della logica formale, non chi, come noi, ritiene che la storia si muova lungo vie non cosi lineari e più precisamente lungo le vie del materialismo storico e dialettico.

Relativamente all’obiezione che si tratti dello stesso governo, appunto, signor Presi­dente, onorevoli colleghi, proprio quel go­verno, sulla cui composizione, pur votandolo, esprimemmo serie riserve, ha pesanti respon­sabilità nello svuotamento che si è andato verificando delle scelte che l ’Assemblea re­gionale andava compiendo, ora appiattendole in una gestione distorta e dispersiva (le cir­colari assessoriali), ora immiserendole in ac­canite faide di potere, ora guardando, più che alla grande prospettiva autonomista, ai

più corposi e concreti problemi di una logica mercantile.

Proprio perché questo Governo aveva dato in molti suoi componenti una simile prova, bisognava avere il pudore di non ripresen­tarlo senza avervi operato prima quelle ope­razioni di bonifica che erano necessarie. Non si è avuto il coraggio di cambiare ed è questo uno dei tanti motivi che ci hanno indotto a passare all’opposizione.

Relativamente aU’obiezione che si tratti dello stesso programma, che senso politico ha riproporre, con qualche « imbellettamen- to », un programma che è di un anno fa, che in alcuni suoi aspetti è stato tradotto già in norme legislative importanti e ancora in parte inattuate, che in altri è reso obso­leto dall’incalzare dei fatti economici, che in molti dei suoi passaggi più importanti non si è realizzato per resistenze ostinate e accanite di ampie zone degli stessi partiti che formano il Governo?

Si può realisticamente pensare che un programma, che avrebbe dovuto reggersi f attuarsi sulla volontà politica dei partiti de­mocristiano, socialista, socialdemocratico, re- pubblicano e comunista, che richiedeva un grande sforzo e una decisa determinazione, al contempo nella concordia e nella dialet­tica, per attuarlo integralmente, che avrebbe potuto realizzarsi a condizione che si otte­nesse un saldo fronte unitario di forze poli­tiche e di masse sociali, deciso a procedere sulla stessa strada della più completa unita autonomistica, avrete la forza e ancora pi> la volontà politica di attuarlo, basandovi, co­me fate, su un quadro di riferimento poli­tico che è certamente assai più debole, con­traddittorio e arretrato rispetto a quello pr ' cedente?

Usciamo dunque dal facile nominalismi’; i punti chiave di questo programma, che , una copia sfocata del precedente, sono i nòdi veri della crisi sui quali abbm® dovuto registrare la vostra totale chiusum Altro che ridurre tutto a banali esempli"^, zioni della nostra linea politica del comunisti chiedevano di entrare nel goyet | la Democrazia cristiana ha risposto di d®- comunisti hanno messo in crisi gover'co maggioranza. Ben altra sostanza, ben respiro autonomistico c’è stato nella decisione di uscire dalla maggioranza; et . oggi e si noterà ancora nei nostri coOP ,

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tamenti di intransigenza e di costruttività verso gli atti del governo e dei partiti che lo sostengono.

La rottura della maggioranza autonomi­sta, quindi, si è determinata in primo luogo proprio su alcuni dei punti programmatici, che ora, genericamente, si ritrovano nelle dichiarazioni del Presidente Mattarella, i quali, introducendo i primi decisi elementi di una programmazione democratica dell’ economia, restringendo l ’area dell’accentra­mento e della discrezionalità, allargando l’area dei poteri democratici, del controllo e della partecipazione democratica e popolare, avrebbero potuto portare, se realizzati, colpi possenti al sistema ed al blocco di poteri esi­stenti, responsabili in primo luogo di gran parte dei problemi che travagliano il popolo siciliano.

11 programma quindi non è lo stesso: nella sostanza, almeno, se non addirittura nella forma, non è il progranuna della mag­gioranza autonomistica. Il Governo, questo si, è identico: sembra proprio che in que­sto caso si possa dire che è un abito buono per tutte le stagioni. E’ fin troppo evidente che con questo governo, con questo program­ma, con questo quadro politico, non vi sarà possibile affrontare e combattere efficace­mente l ’emergenza che nella realtà sici­liana ha ancora aspetti di eccezionale gra­vità.

Dicevo in precedenza che la fase di gra­ve arresto del processo autonomistico si è prodotta, ancora prima del rifiuto democri­stiano al governo dell’autonomia, sui con­tenuti del programma concordato, sulla mai sopita volontà del partito della Democrazia cristiana in primo luogo, ma anche degli al­tri partiti di governo, di non applicare e, in alcuni casi, di sabotare quanto di positivo, e on era poco né di poco rilievo, si veniva

realizzando. La crisi si è prodotta fondamen­talmente sulla pratica dilatoria e, nei fatti, ®al rifiuto di volere dare risposte positive,

equivoche né tanto meno elusive sui aodi programmatici e politici che noi chie­devamo venissero sciolti.. questi problemi che non si sono voluti

‘’jsolvere, quello riguardante la politica agra- ha della Regione e la definizione di altri li- dtli istituzionali di gestione è uno dei più ecisivi. E ’ stato questo uno dei punti più cuti dello scontro politico anche durante la

fase della maggioranza autonomistica. E ’ sta­to questo uno dei punti di più acuto contra­sto nelle discussioni e nel dibattito che han­no preceduto la crisi. E ’ questo uno dei pun­ti sui quali vi inviteremo a dare, innanzi­tutto ai lavoratori delle campagne ed alla so­cietà siciliana nel suo complesso, risposte che non abbiano più i tratti del clientelismo, del parassitismo, dello spreco, della corruzione.

La questione agraria è certo un problema centrale nel futuro economico e sociale della Sicilia e dell’intero Paese. Ma anche in que­sto caso, onorevole Mattarella, guardiamo alla sostanza del problema fuori da ogni no­minalismo verbale su cui l ’accordo non è dif­ficile mentre l ’equivoco e l ’ambiguità sono invece certi. Sulla centralità deH’agricoltura siamo d’accordo. Ma come si realizza qui in Sicilia e ora, nei prossimi mesi, nei prossimi anni questa centralità? Attraverso quali atti politici concreti? Su quali forze sociali ope­ranti in agricoltura si intende prevalente­mente puntare? Su quale struttura agraria? Su quale architettura istituzionale? A quale modello di sviluppo economico dovrà richia­marsi? Con quali priorità? Chi dovrebbe ge­stirla cjuesta centralità? Ancora l ’Assessorato deH’agricoltura, nella sua attuale struttura, e questo Assessore, del quale il meno che si possa dire è che non sembra essere in gra­do di potere gestire nemmeno una minuscola azienda agricola? Ancora con gli Ispettorati provinciali per l ’agricoltura cosi come sono e con i Consorzi di bonifica?

Di tutto questo non c’è traccia nelle di­chiarazioni dell’onorevole Mattarella e quan­do vi è si tratta di risposte che lasciano intuire la volontà di difendere tenacemente Desistente, allorché si sa fin troppo bene che quello che esiste, quando non è fallimen­tare, è certamente inadeguato a far fronte ai nuovi compiti.

Si è detto che è necessaria una rigorosa programmazione ed un’altrettanto rigorosa finalizzazione delle risorse. Ma anche in que­sta ipotesi, onorevole Mattarella, bisogna an­dare fuori dal nominalismo e dalle astratte petizioni di principio. Noi siamo d’accordo con quanto da lei dichiarato nella relazione introduttiva della recente Conferenza dell’ agricoltura; è vero, infatti, come lei dice che: « La Sicilia è una regione che ha scel­to il metodo della programmazione in via definitiva e ove siede un apposito comitato

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in atto impegnato nella stesura del docu­mento di linee, principi ed obiettivi, che do­vrà divenire la base del piano di sviluppo e il punto di riferimento del bilancio polien­nale della Regione, di cui alla legge numero 47. Tutte queste sono le sedi nelle quali le scelte dell’agricoltura, come quelle degli al­tri settori, dovranno trovare collocazione e insieme opportuno coordinamento fra loro ». Siamo d’accordo con l ’altra sua affermazio­ne fatta nel corso delle sue conclusioni della conferenza che è necessario « che una pro­grammazione di sviluppo agricolo sia salda­mente connessa con la programmazione di uno sviluppo complessivo della nostra Re­gione ». Tuttavia affermare questi intenti non basta; ci vogliono indicazioni assai più concrete, meno sfuggenti e soprattutto atti politici e comportamenti amministrativi con­seguenti e coerenti con quelle affermazioni di principi.

A tal proposito, le chiedo, onorevole Pre­sidente: ritiene che vada nel senso della programmazione quella delibera portata dall’ Assessore Aleppo al Comitato per la pro­grammazione, che tenta di sottrarre a qual­siasi controllo democratico un monte di stan­ziamenti pari ad oltre un quinto deU’intero bilancio della Regione? Delibera talmente impresentabile da essere da lei stesso riti­rata in un primo tempo, ma che poi, per evidenti e facilmente intuibili ripensamenti, che costituiscono di per sé un fatto politico assai grave, è stata riproposta tale e quale.

Oppure sono nel senso della programma­zione i programmi della legge numero 23 del 1978 o quelli relativi agli articoli 4, 34 e 35 della cosiddetta legge di emergenza, che, con un ritardo enorme, sono stati pre­disposti dall’Assessore all’agricoltura ed ap­provati dal suo Governo?

Non le sembra, invece, che tali program­mi, che è bene ricordare mobilitano la som­ma non indifferente di oltre 111 miliardi, costituiscano un esempio palmare di disper­sione in mille rivoli della spesa pubblica in agricoltura, la prova concreta che non si vuole affatto cambiare il modo di gover­nare e quindi non le pare che le sue affer­mazioni di muoversi nel senso della pro­grammazione sono solo pure e semplici af­fermazioni verbali che i fatti si incaricano di smentire ampiamente?

Certo, sappiamo bene che questi, anche

se in negativo, sono aspetti rilevanti, ma certo non decisivi rispetto alle esigenze di una programmazione generale dell’economia e in particolare dell’agricoltura. Sappiamo bene che molto non dipende da noi; che la nostra agricoltura vive in un sistema duali­stico e squilibrato tra aree forti ed aree de­boli, tra industria e agricoltura, tra agricol­tura forte e protetta e agricoltura debole e svantaggiata.

Sappiamo pure che il quadro di riferi­mento europeo e nazionale non ci è favore­vole; mi riferisco alla politica della Comunità economica europea, al sistema monetario eu­ropeo ed ai suoi effetti perversi nei con­fronti dei sistemi agrari più deboli; mi ri­ferisco in campo nazionale alle scelte anti­meridionaliste compiute nel piano triennale, che penalizzano il Mezzogiorno e l ’agricol­tura, limitandosi alle vecchie ricette dell’in­tervento straordinario e dell’assistenzialismo, a causa delle quali le popolazioni meridio­nali hanno pagato cosi grandi tributi in ter­mini umani e materiali.

Tutto ciò è acquisito per chi come noi, qui, aH’Assemblea regionale, ha votato di recente quel documento cosi critico sul Pia­no triennale ed è acquisito, sembra, anche dal Governo della Regione, se è vero che il Presidente della Regione lo ha ribadito, e in termini che abbiamo apprezzato, alla Conferenza deU’agricoltura e anche ieri sera nel corso delle sue dichiarazioni program­matiche.

Tutto ciò è vero, signor Presidente, ono­revoli colleghi, ma per quello che dipende dalla Regione, quale può essere il giudizio che si può dare sul concreto operare non certo programmato ma disarticolato, prag­matistico e dispersivo con cui si è proce­duto e si intende procedere? L’onorevole Mattarella ha ragione quando sostiene, come ha fatto alla Conferenza dell’agricoltura, che si impongono « scelte rigorose in fatto di programmazione agricola, ma allo stes­so tempo uno stretto collegamento fra que­sta e gli obiettivi della programmazione re­gionale, la cui adozione definitiva come me­todo è stata consacrata dalla legge numero 16 del 1978 ». Ma quali e quante sono state queste scelte rigorose, onorevole Mattarella’ Qual è il disegno di programmazione agri­cola che propongono i partiti della maggio' ranza?

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Pare a noi evidente che questo disegno non ci sia, che non si proponga alcuna pro­grammazione e finalizzazione degli inter­venti, che non ci sia la volontà di convo­gliare le risorse e gli interventi della Re­gione in direzione di investimenti produt­tivi, che emerga invece con chiarezza la volontà di limitarsi a gestire resistente e a gestirlo con le distorsioni e le incapacità di sempre. Non esiste alcun disegno di riforma istituzionale dell’intervento pubblico nell’ agricoltura e della sua gestione democratica e non poteva esserci, se è vero che alla Conferenza per l’agricoltura lo scontro più acuto si è manifestato proprio sui temi del decentramento.

Non esiste alcun progetto di programma­zione strutturale e infrastrutturale in agri­coltura; in primo luogo per quanto riguarda la realizzazione delle grandi infrastrutture a servizio dello sviluppo agricolo; mi rife­risco alle dighe e ai piani per l ’irrigazio­ne, a quel settore, cioè, in cui l’intreccio e10 scontro di interessi mafiosi e clientelari, differendo continuamente negli anni la pos­sibilità di irrigare molte decine di migliaia di ettari di terreno, ha avuto ed ha effetti assai pesanti per lo sviluppo della nostra agricoltura, con un prezzo altissimo per i contadini.

In questo caso, valga per tutti un esem­pio, quello della diga Nicoletti, che conosco meglio perché si è verificato nella mia pro­vincia: conquistata dalle lotte dei contadini e dalle popolazioni di una vasta area della provincia, è ancora assolutamente inutiliz­zata, perché la rete irrigua, costata vari mi­liardi, all’atto del collaudo è saltata inte­gralmente per vizi di progettazione o di realizzazione, su cui la Magistratura sta indagando e ci auguriamo possa accertare definitivamente e in modo inequivocabile le responsabilità da colpire in modo esemplare.11 primo grave effetto di tutto ciò è che 1 invaso è pericolosamente stracolmo d’acqua lie i contadini non possono utilizzare.Per quanto riguarda la riforma del cre­

dito agrario, che è uno dei nodi centrali, una delle condizioni di base per un diverso ® realistico sviluppo dell’agricoltura sici- duna, anche in questo caso noi condividiamo, 'Unite delle affermazioni del Presidente Mat- urella alla Conferenza per l ’agricoltura, ma ®li affermazioni sono rimaste fino ad ora

lettera morta. Dov’è, onorevole Mattarella, il disegno di legge governativo sul credito agrario? E quanto dovremo ancora atten­derlo?

Altrettanto grave è la situazione per quan­to riguarda l ’iniziativa della Regione nei confronti dello Stato per una ben maggiore incentivazione della ricerca scientifica in agri­coltura; per quanto riguarda iniziative con­crete da adottare in Sicilia per la diffusione nel mondo contadino delle conoscenze cul­turali e delle acquisizioni tecnologiche che pur si vanno avendo; per quanto riguarda un serio progetto di assistenza tecnica ai contadini, latitanza maggiormente significa­tiva in quanto l’Assemblea regionale già da tempo ha approvato una legge importante sull’argomento, che l ’Assessore si dà ampia­mente da fare per non applicare.

In questo quadro di assenza di un dise­gno organico e unitario di intervento in agri­coltura si inserisce e sostanzia il nostro giudizio negativo causato dalle inadem­pienze e dai seri ritardi che hanno carat­terizzato l ’azione del Governo. Abbiamo ascoltato nelle dichiarazioni del Presidente della Regione affermazioni che avevamo più volte sentito: all’atto della costituzione del suo primo governo, nella relazione e nelle conclusioni della Conferenza dell’agricoltura. Quegli impegni, ripetutamente assunti, non sono stati mai mantenuti.

Qui l ’elenco delle cose non fatte è lungo. Proverò per grandi linee a ricordare le inadempienze più gravi.

1) Per quanto riguarda le direttive Cee, la Regione siciliana ha ormai accumulato in questo campo un ritardo assai lungo, quan­tificabile in termini di anni, non di mesi. Il Parlamento nazionale ha già provveduto a recepire le quattro note direttive comuni­tarie che mobilitano varie decine di miliar­di, già nel 1975 con la legge numero 153 e nel 1976 con la legge numero 352. Molte altre regioni hanno approvato leggi di rece- pimento; la Sicilia ha varato solo la legge numero 73 del 1977 sulla assistenza tecnica, peraltro, come detto, assolutamente inappli­cata. Il danno che questo ritardo comporta per l’agricoltura di montagna, per le zone depresse, per l ’agricoltura in genere è enor­me e non è più ulteriormente tollerabile.

2) Per quanto riguarda la legge Quadrilo-

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glio, anche in questo caso il ritardo del Go­verno è assai grave ed ha l’effetto di tenere congelati oltre 50 miliardi, che, se investiti rapidamente e proficuamente, avrebbero di certo effetti benefici su molti e importanti comparti produttivi. Il Presidente Mattarella non ha fatto cenno, se non di sfuggita, a tutto ciò.

Non ha fatto nemmeno cenno a quello che è lo stato attuale dell’applicazione delle leggi agrarie; la numero 24, la numero 36 e la numero 88. In questo campo sembra a noi di potere affermare che non è ipotizzabile solo un puro e semplice rifinanziamento di queste leggi, che sono certo leggi assai im­portanti, che hanno avuto vaste rifluenze positive sull’agricoltura siciliana, ma che alla luce deH’esperienza di questi anni ne­cessitano di sostanziaii revisioni in assenza delle quali rischiano di vedere nel futuro vanificati gli effetti che si intendono pro­durre.

3) Per quanto riguarda le terre incolte, anche in questo caso siamo in presenza di una latitanza grave del Governo che, dopo vari mesi dall’approvazione della legge na­zionale numero 440 dell’agosto del 1978 sulle terre incolte, abbandonate o insufficiente­mente coltivate, non ha predisposto nessun disegno di legge. Ed è questo un settore nel quale, al di là di facili illusioni e di am­plificazioni che noi non abbiamo mai né coltivato, né contribuito a diffondere, esi­stono tuttavia consistenti aree agrarie della Sicilia, soprattutto nelle zone della Sici­lia interna, che possono essere rimesse a col­tura e ricondotte a produttività.

C’è in questo campo, oltre all’evidente volontà politica di non intervenire con una legge della Regione per non turbare la quie­te di certa proprietà fondiaria assenteista, un tentativo altrettanto evidente da parte del Governo e del suo Presidente di minimizzare l ’ampiezza del fenomeno. Quest’assenza le­gislativa costituisce per molti aspetti una grossa remora all’attuazione della nostra leg­ge numero 37 sull’occupazione giovanile, che sulla cooperazione agricola e sul recupero produttivo di certe zone della Sicilia ripo­neva molte delle sue possibilità di risposte positive alla domanda di lavoro che ci vie­ne dalle nuove generazioni.

Ritengo a questo proposito di dire, an­che se sommariamente e per inciso, che la

gestione grigia e burocratica che il Governo ha fatto di questa legge importante e po­sitiva, cosi come della legge nazionale, e il modo impacciato, contraddittorio e non con­vinto che ha caratterizzato l ’azione del Go­verno costituiscono un fatto politico assai gra­ve e una risposta miope e autolesionista for­nita ai giovani che chiedono lavoro e che si organizzano per costituire strutture pro­duttive. Di queste inadempienze assai gravi vi chiameremo a rispondere non solo a noi qui nell’ambito dell’Assemblea regionale, ma nei confronti delle masse giovanili della no­stra Isola.

4) Per cjuanto riguarda la riforma degli incentivi e l ’unificazione della legislazione, si trattava di impegni già assunti daH’ono- revole Mattarella all’atto della costituzióne del suo primo Governo: non sono stati man­tenuti. Erano impegni ribaditi dall’onorevole Mattarella alla Conferenza per l ’agricoltura: sono passati quasi due mesi e non si è visto nulla.

Per quanto concerne il nostro Partito noi condividiamo — ed è stata, del resto, sem­pre una nostra posizione — l’impostazione che l ’onorevole Mattarella ha dato a questo problema alla Conferenza per l’agricoltura. Diceva il Presidente Mattarella testualmen­te; « La riforma degli incentivi è cosa che possiamo realizzare subito». Ma ancora oggi perfino lo stesso disegno di legge governa­tivo in materia è di là da venire. -

Diceva ancora l ’onorevolé Mattarella: « Riordino della legislazione non vuol dire ovviamente unificazione in termine lette­rale...; riordino significa semplificazione della legislazione, significa revisione della stessa in direzione della classificazione dei benefi­ciari della legislazione agricola, significa ren­derla più accessibile, renderla più attuabile, renderla ‘più semplice nella sua esecuzione perché gli effetti voluti e le scelte realizzate a livello legislativo possano rapidamente per­venire a quella che è la realtà viva ed ope­rante dell’agricoltura ed anche perché qrie- sto dia certezza a chi opera in agricoltura *■

Si imponeva, quindi, come indispensabile un’urgente iniziativa (sto riportando aiicfie in questo caso le sue parole); ebbene, è avvenuto nulla nemmeno in questo cainpe’ Il silenzio del Governo è assoluto.

5) Per quanto riguarda rassociazionisi®® dei produttori agricoli, è dell’ottobre scoi

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yill Legislatura CCCIX SEDUTA 27 Marzo 1979

la legge nazionale numero 647 che detta norme ed eroga provvidenze e contributi a favore delle associazioni dei produttori. Il Governo della Regione non ha ancora pre­disposto il disegno di legge di recepimento e di attuazione.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, non credo sia possibile, occupandoci dello stato dell’agricoltura in Sicilia e delle sue prospet­tive, non rilevare la lentezza esasperante dei flussi di spesa e della dispersione clien­telare delle ingenti risorse che la Regione mobilita nel settore. Gravano sulla nostra agricoltura e sulle sue prospettive il peso e le remore di una gestione dell’Assessorato dell’agricoltura che già molte altre volte, ul­timamente anche nelle dichiarazioni del no­stro capogruppo compagno Russo sulle di­missioni del precedente Governo, abbiamo definito in termini assai duri di denuncia politica e di denuncia del molto di torbido che vi si svolge.

Ribadiamo che non è più tollerabile che l’organo che dovrebbe presiedere al Governo dell’agricoltura siciliana non abbia le carat­teristiche di un centro rigoroso di program­mazione di spesa ed abbia invece assunto i tratti di un « foro boario », in cui vengono combinati affari, in cui le pratiche non ven­gono istruite se non per una sorta di pre­destinazione, ih cui alcuni e pochi progetti­sti hanno la singolare fortuna, che dovrebbe esserci. davyafb’ spiegata, di trovare sempre per i loro progetti tutti i semafori verdi nei ''ari passaggi che vanno dalla progettazione al finanziamento.

E' noto a tutti e lo è soprattutto ai piccoli coltivatori che le provvidenze previste dalle ''arie leggi agrarie hanno già binari prefe- fifi su cui corrono e che portano sempre '’erso alcuni gruppi privilegiati, frequente- ®'ente e abbondantemente beneficiati.

Cito ancora il Presidente Mattarella: « Il Problema è cfuello di far si che le ingenti risorse raggiungano il fruitore finale ». A

parere, non è esattamente questo, ono­revole Mattarella, il problema vero, per- pé non mi pare ci sia dubbio sul fatto che e ingenti risorse arrivino al « fruitore fì- ale », ma spesso anche al «fruitore me­lano ». p problema politico vero è quello

far si che cambi o che almeno, si allar- g |1 campo di coloro che sono i « fruitori ®riali » in modo che le somme non solo ar-

Hesoconti, f. 87

rivino anche ai piccoli coltivatori, ai conta­dini, alla piccola e media imprenditoria agra­ria, ma che vi giungano senza intermedia­zioni e con altrettanta celerità di quella che per ora esiste nei confronti delle grandi aziende agrarie e dei grossi proprietari ter­rieri.

L ’agricoltura siciliana ha bisogno di tante cose: di diventare davvero problema poli­tico centrale del nostro sviluppo economico, di una seria programmazione delle risorse e degli interventi, di riforme del sistema de­gli incentivi, di semplificazioni legislative e procedurali, di riforma del sistema burocra­tico e amministrativo, di decentramento in direzione dei comuni e del nuovo ente in­termedio.

Ma ha bisogno anche di competenza e di correttezza, di trasparenza amministrativa, di liberarsi di un sistema clientelare e di­spersivo, che costituisce fertile terreno su cui può attecchire e svilupparsi la pianta della corruzione. La risposta che a tutto ciò ci viene riproposta è ben lontana dall’essere accettabile e rivela l’ostinata volontà di pro­cedere sulla strada fallimentare e dagli ef­fetti perversi che è stata fin qui seguita. Contro questa logica e questo modo di go­vernare noi ci batteremo con grande energia e con il necessario rigore.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, il quadro fin qui tracciato, in genere negativo e preoccupante, costituisce una prima chia­ra smentita all’accusa rivoltaci di avere ri­cercato forzature evidenti ed adeguamenti meccanici alla situazione nazionale e di ave­re provocato la crisi sollevando solo que­stioni di formule. E ’ di tutta evidenza, al­meno per chi è immune da tentazioni pro­pagandistiche, che non è cosi e che la crisi si è determinata anche ed in larga misura per le chiusure vostre ai problemi di con­tenuto profondo e riimovatore che noi po­nevamo.

Questa chiusura al nuovo, questa vostra ostilità a fornire risposte serie, rigorose, pro­gressive ai problemi che ci vengono dalla realtà siciliana sono, state ribadite ancora ieri sera dal Presidente della Regione. E la chiusura è netta, inequivocabile, al di là di qualche buona intenzione e di qualche petizione di principio che non modificano la sostanza delle cose. ,

E ’ questa la ragione vera della crisi e della

(SOO)

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V i l i L^igislatura CCCIX SEDUTA 27 Mahzo 1979

nostra uscita dalla maggioranza. E’ questa vostra paura del nuovo, è questa vostra te' nace difesa di tutto resistente, anche quam do è palesemente indifendibile, che ha pro­vocato questa attuale grave battuta d’arre­sto del processo autonomistico, che è vivo e radicato nella società siciliana e di cui noi non abbiamo smarrito né l’ispirazione, né le direttrici, né lo spirito unitario. Abbiamo la preoccupazione che tale ispirazione e tale spirito unitario abbiano subito un brusco of­fuscamento negli altri partiti autonomistici.

Il nostro modo di stare all’opposizione, lo spirito costruttivo che ci animerà, lo stesso rigore che avremo sempre nei confronti di ogni vostro atto politico e amministrativo, la stessa intransigenza che manifesteremonel combattere ogni eventuale tendenza alledegenerazioni che hanno sempre caratteriz­zato maggioranze politiche che escludevano pregiudizialmente il nostro Partito, saranno animati da una profonda ispirazione auto­nomistica, tesa a cancellare questa fase ne­gativa, che ci auguriamo breve, del proces­so unitario ed a recuperare un quadro di rap­porti realmente unitari fra i partiti autono­misti, nel quale siano sconfitte tutte le di­scriminazioni e si affermi realmente la pari dignità di tutti.

L’onorevole Nicoletti, nel corso del suo in­tervento, durante il dibattito sulle dimissioni del precedente governo, sosteneva che il no­stro Partito, ponendo la richiesta di una sua partecipazione diretta al Governo, avesse anticipato troppo i tempi della maturazione di una tale prospettiva e nel porre questo problema il nostro partito avrebbe dimo­strato, secondo Nicoletti, di avere smarrito il respiro storico del disegno autonomistico.

Ora, a parte la considerazione che i tem­pi storici dell’onorevole Nicoletti e della De­mocrazia cristiana sono cosi lontani e inde­finiti e proiettati in un futuro che appare assai remoto, sembra a noi evidente che i tempi storici della Democrazia cristiana si­ciliana non possono pretendere di coincidere sempre e comunque con i tempi della realtà siciliana, delle sue esigenze, dei suoi proble­mi, del suo stato di emergenza, oggi e, for­se, nei prossimi anni.

Queste esigenze del presente e dell’im- mediato futuro, oltre che delle prospettive di più lungo periodo, noi abbiamo avuto ed abbiamo presente e ad esse bisogna dare oggi.

e non proiettandole nei « tempi epocali » dell’onorevole Nicoletti, risposte complessive ed adeguate. Mi sembra che, proprio perché noi vi crediamo fermamente e anzi ci bat­teremo per non disperdere le motivazioni originali che hanno caratterizzato il nostro processo politico, proprio perché difendia­mo e valorizziamo tutto quello che di posi­tivo, nel clima politico e nelle realizzazioni, si è ottenuto in Sicilia in questi anni di sviluppo del processo unitario al quale ab­biamo dato il nostro contributo costante, co­struttivo ed appassionato, non può esserci rimproverato di avere smarrito la prospet­tiva autonomista. Noi non l ’abbiamo smar­rita. E ’ la nostra prospettiva anche oggi, al­lorché ne registriamo una grave battuta diarresto.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Presidente della Regione ieri sera, parlando della caratterizzazione politica del suo go­verno ha evitato, con una certa abilità, di pronunziare quella definizione che, avendo ormai assunto pregnanza unanimemente ne­gativa, sembra quasi sconveniente: centro- sinistra. Ci ha assicurato che il suo governo non ha i tratti di un governo di centro- sinistra, perché non si può dare — ha detto nella sostanza — la medesima connotazione a fatti che, pur presentandosi apparente­mente simili, in effetti hanno sostanza poli­tica ben diversa, perché diverse ne sono le condizioni storiche e politiche in cui si sono prodotti.

Anche noi pensiamo che ciò non sia cor­retto, anche perché rifuggiamo da facili iden­tificazioni che, appunto, in quanto facili, P°' irebbero rivelarsi superficiali ed errate. Cer to, questo governo non può essere sbrigati' vamente catalogato come un governo di cen­tro - sinistra, in consideraziione del solo che è formato dai medesimi quattro partiti; Ma l’onorevole Mattarella ci consentirà rilevare che nel governo che Lei presieda e nello schieramento politico che lo sostieni sono presenti tutte le condizioni, pregiudj' ziali anticomuniste comprese, perché tal® identificazione, che per ora è solo formalfi’ possa diventarlo anche nei fatti.

Sappiamo bene che varie tentazioni questa direzione sono ben presenti airintei”®® della maggioranza, ed anche corposamefltS’ ma siamo altrettanto consapevoli che in sta maggioranza e nella Democrazia cristia

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Vili L egislatura CCCIX SEDUTA 27 Marzo 1979

ci sono forze che non intendono smarrire il filo del rapporto unitario con il nostro partito e con quella parte del popolo sici­liano che si riconosce in noi, che non sono disponibili ad affossare per molti anni la grande prospettiva della rinascita autonomi­stica, che sanno bene che per realizzarla non si può prescindere dal contributo deci­sivo, pieno e paritario del Partito comunista. A loro noi guardiamo con attenzione e fa­remo di tutto perché riescano a prevalere sulle forze della divisione e della controp­posizione.

Guarderemo con grande attenzione al Par­tito socialista italiano che in questa maggio­ranza ha un ruolo decisivo come d’altronde nello sviluppo e nel processo politico uni­tario in Sicilia. Dai suoi concreti atteggia­menti, dalle sue posizioni politiche, noi pen­siamo possa venire un grande contributo a riprendere nella sinistra la strada di un rap­porto unitario non formale airinterno del quale, se non si può certo prescindere dalle diversità che caratterizzano i nostri due par­titi, tuttavia si può e si deve ricercare ed esaltare tutti i momenti unitari, tutte le convergenze, tutto ciò che può unirci, pro­prio per affei'mare pienamente la validità della prospettiva autonomista.

Nuovi rapporti nella sinistra, al di là delle divergenze e delle difficoltà ed anche dei

passaggi contraddittori come l’attuale, sono le condizioni essenziali per dislocare in avanti e fare avanzare il quadro di riferimento politico in Sicilia, per spostare a favore degli interessi delle masse popolari le scelte poli­tiche ed economiche che si adotteranno, per segnare altri momenti positivi, dopo quelli fin c]ui raggiunti, nella nostra lotta di rinno­vamento, di progresso e di rinascita autono­mistica della Sicilia.

PRESIDENTE. La seduta è rinviata al po­meriggio di oggi, martedi 27 marzo 1979, alle ore 16,30, con il seguente ordine del giorno:

I — Comunicazioni.

II — Seguito della discussione sulle dichia­razioni del Presidente regionale.

La seduta è tolta alle ore 12,55.

D A L S E R V IZ IO R E S O C O N T I

Il Consigliere parlamentare

Don. Loredana Cortese

A rt i G ra fic h e A. R E N N A - P a le r in o