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Il controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e il loro smaltimento secondo il diritto internazionale ed europeo

Corso resp 20 lezione - rifiuti transfrontalieri

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Il controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti

pericolosi e il loro smaltimento secondo il diritto

internazionale ed europeo

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Il problema della produzione e del trasporto dei rifiuti pericolosi, con il quale si confrontano i Governi di numerosi Stati,

ha assunto nel tempo delle proporzioni preoccupanti. Almeno il 10% è stato trasportato attraverso le frontiere. In

genere i carichi partono dai paesi industrializzati del nord del mondo per raggiungere i paesi in via di sviluppo e

dell’Europa dell’Est ed i paesi sottosviluppati dell’Africa e dell’Asia

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• La Convenzione di Basilea dopo quindici anni dalla sua entrata in vigore (1989) è fino ai nostri giorni generalmente riconosciuta come la chiave di volta del cosiddetto regime di Basilea, che regolamenta i movimenti transfrontalieri e la gestione ecologicamente compatibile dei rifiuti pericolosi e di altre sostanze nocive per la salute umana e per l’ambiente.

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IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO TRANSFRONTALIERO

• Con l’avvento della produzione di massa, sia nell’industria che nell’agricoltura, l’accumulo dei rifiuti ha cominciato a costituire un problema via via acutizzatosi fino ad arrivare ai giorni nostri, per il fatto che l’attuale sistema economico è basato sull’obsolescenza e sulla cultura del throw-away (letteralmente del buttare via).

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• Le normative vigenti fino a qualche anno fa non consideravano il rifiuto come un materiale da riutilizzare o riciclare nei limiti del possibile.

• Queste piuttosto applicavano al rifiuto la nozione di res delicta, ossia di oggetto abbandonato.

IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO TRANSFRONTALIERO

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IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO TRANSFRONTALIERO

• 1) Vi è la base della generazione dei rifiuti nello Stato di origine come sottoprodotti dell’attività industriale.

• 2) Segue la fase del trasporto verso o attraverso uno o più Stati o a livello globale. È possibile un trattamento e/o un temporaneo stoccaggio in qualche punto durante lo stesso viaggio.

• 3) A conclusione vi è la fase del trattamento e/o dello smaltimento nel luogo della destinazione finale, ossia nel Paese che accoglie il carico

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IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO TRANSFRONTALIERO

• Un ulteriore aspetto del problema è costituito dal fatto che manca una definizione esatta ed universalmente accettata di rifiuto pericoloso, il primo passo verso una reale comprensione ed un efficace controllo di questo problema. L’elaborazione di una definizione utile, tentata da vari organismi internazionali, come l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD), l’Unione Europea (UE), il programma delle NU per l’ambiente (UNEP), è resa difficile a vari elementi, tra cui l’esistenza di differenti regimi relativi ai vari tipi di rifiuti.

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IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO TRANSFRONTALIERO

• Ad esempio, dei rifiuti radioattivi si occupa l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA), mentre dei rifiuti esportati per l’eliminazione tramite scarico o incenerimento in mare si occupa la Convenzione di Londra del 1972.

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IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO TRANSFRONTALIERO

• Il ciclo dei rifiuti pericolosi costituisce quindi un problema multisettoriale che richiede norme specifiche per la protezione di ogni sfera dell’ambiente ad ogni stadio del ciclo stesso. È evidente che l’insieme delle attività collegate al ciclo dei rifiuti possono costituire una forma di inquinamento transfrontaliero: generalmente questo viene definito come l’inquinamento originato in un’area sotto giurisdizione di uno Stato che interessa anche altri Stati o l’intero pianeta

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IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO TRANSFRONTALIERO

• L’inquinamento transfrontaliero è stato disciplinato da una serie di norme di diritto internazionale, sia pattizie che generali, da più tempo rispetto al problema del movimento transfrontaliero di rifiuti pericolosi. Tali norme sarebbero potenzialmente applicabili anche al ciclo dei rifiuti pericolosi

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IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO TRANSFRONTALIERO

• Nel caso del ciclo dei rifiuti pericolosi, le attività che costituiscono la fonte d’inquinamento hanno luogo al di fuori del territorio dello Stato che li genera, spesso a distanze notevoli. I rifiuti possono essere trasportati nel territorio di un altro Stato, ed in tal caso saranno sottoposti al suo controllo, oppure possono essere trasportati in aree fuori dalla giurisdizione dello Stato. Così, la fonte d’inquinamento viene collocata in un territorio diverso da quello di origine

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IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO TRANSFRONTALIERO

• I metodi a bassi costi, come la discarica, l’accumulo in superfici recintate, l’iniezione dei rifiuti in profondità, sono ora preclusi, restringendo la capacità di smaltimento delle aziende incaricate.  Per esempio il trattamento dei rifiuti pericolosi negli USA può costare più di 3,000 dollari per tonnellata, quando lo smaltimento in un Paese africano può essere contrattato anche a meno di 2,50 dollari per tonnellata.

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IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO TRANSFRONTALIERO

• Altrettanto grave è la denuncia di progetti di alcune multinazionali che intendono stabilire direttamente nei paesi meno industrializzati discariche, aziende di incenerimento ma anche impianti che generano rifiuti pericolosi. In questo modo si aggirano le regole sul trasporto di rifiuti pericolosi, con le aziende occidentali che minimizzano i rischi e massimizzano gli utili. Emblematica è la sciagura accaduta di Bhopal, in India, dove nel 1984 il guasto ad un impianto di un’azienda chimica indiana ma posseduta da una compagnia americana, ha provocato la fuoriuscita di un gas che ha coinvolto più di 200,000 persone causandone l’intossicazione ed in molti casi la morte.

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IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO TRANSFRONTALIERO

• Le proposte per risolvere il problema del trasporto e smaltimento rifiuti pericolosi sono raggruppabili fondamentalmente in due categorie: da una parte vi sono quelle sostenute dai paesi sviluppati appoggiati dalle ONG ecologiste e da parte dell’opinione pubblica internazionale che propendono per una messa al bando totale dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi. Dall’altra parte si pongono le proposte di tutti quei paesi che hanno sostenuto l’attuale regime di regolamentazione del settore instaurato dalla Convenzione di Basilea del 1989 che, in pratica, reputano impossibile allo stato attuale bloccare tutti traffici di rifiuti pericolosi, ma sono favorevoli ad un loro stretto controllo

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IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO TRANSFRONTALIERO

• Nonostante le precise richieste degli Stati africani, non furono introdotte le necessarie modifiche al regime globale che la Convenzione avrebbe fondato. Infatti i paesi africani non vedevano in essa una soluzione globale del problema e per questo, determinati a porre fine al cosiddetto «garbage imperialism», siglarono nel 1991 la Convenzione di Bamako

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IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO TRANSFRONTALIERO

• Nel 1989 è scoppiato lo scandalo che coinvolse la CE la cui legislazione permetteva il traffico di metalli non ferrosi da riciclare, che invece risultavano essere altamente contaminanti dopo i riscontri in Brasile dove erano stati trasportati illegalmente.

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CONSENSO PRIORITARIO

• Perciò si è sostenuto che gli strumenti giuridici ed i meccanismi di controllo proposti dalla Convenzione di Basilea, supportati dagli Stati membri dell’OECD e dalla CE non siano efficaci. La cosiddetta: «PIC Procedure», cioè il regime di notificazione e consenso prioritario

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CONSENSO PRIORITARIO

• Introdotto dalla Convenzione non risolve i problemi politici, ecologici e sociali creati dal traffico di rifiuti. Secondo alcune richieste, infatti, esistono vari paesi caraibici che hanno deciso di costruire inceneritori per rifiuti tossici per produrre energia elettrica o di usare le ceneri di scarto per costruire strade (con i loro metalli pesanti e la diossina)

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CONSENSO PRIORITARIO

• La soluzione prospettata dalle potenze economiche (cioè i paesi membri dell’OECD e l’allora CEE) che hanno sostenuto dall’inizio il regime nato a Basilea, si basa invece su argomentazioni essenzialmente di opportunità economica e politica. Innanzitutto, si afferma che un divieto totale dei movimenti di rifiuti non può essere proposto in quanto alcuni paesi devono esportare i loro rifiuti pericolosi perché hanno una limitata capacità di gestione e smaltimento oppure, con l’Olanda, hanno una speciale condizione idrogeologica.

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CONSENSO PRIORITARIO

• Si deve incoraggiare in particolar modo l’esportazione di rifiuti a livello regionale: infatti, alcuni paesi con piccole quantità di rifiuti pericolosi trovano più economico esportarli in quanto possono beneficiare delle economie di scala, magari creando stabilimenti comuni per lo smaltimento piuttosto che effettuare tali operazioni separatamente

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CONSENSO PRIORITARIO

• I rifiuti pericolosi con un valore economico, per esempio i metalli pesanti, sono trattati come beni commerciabili internazionalmente e sono esportati per essere sottoposti a operazioni di reintegro di risorse, riciclaggio, recupero, riuso, uso alternativo.

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CONSENSO PRIORITARIO

• Tuttavia non sempre il riciclaggio viene svolto secondo criteri ambientali accettabili inoltre norme meno stringenti applicate all’esportazione di rifiuti da riciclare possono non solo disincentivare la promozione della loro riduzione quantitativa nel Paese di origine ma anche incoraggiare, per esempio, false etichettature per far passare operazioni di smaltimento proibite come semplici operazioni di riciclaggio.

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CONSENSO PRIORITARIO

• Dopo l’approvazione, nel giugno del 1987, delle linee-guida del Cairo, il Consiglio dei governatori dell’UNEP dà mandato al direttore esecutivo di convocare un gruppo di lavoro con il compito di elaborare una Convenzione globale sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi.

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CONSENSO PRIORITARIO

• I rappresentanti di 116 Stati hanno esaminato il progetto finale della Convenzione di Basilea presentata dal gruppo di lavoro, adottato all’unanimità dalla Conferenza il 22 marzo (mentre 105 stati e l’UE firmano l’Atto finale)[25]. La Convenzione è entrata in vigore il 5 maggio del 1992 con il deposito del 20° strumento di ratifica (secondo l’art. 25)[26].

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CONSENSO PRIORITARIO

• Sono rimaste comunque aperte molte questioni dopo l’approvazione definitiva della Convenzione. Il potere negoziale delle grandi potenze aveva inizialmente evitato di introdurre disposizioni eccessivamente restrittive al traffico dei rifiuti pericolosi.

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CONSENSO PRIORITARIO

• Alla quarta Conferenza delle parti del 1998 è stata decisa l’inclusione nella Convenzione di due annessi elaborati dal gruppo di lavoro tecnico costituiti dalla lista A, che elenca i rifiuti inclusi nella messa al bando delle esportazioni, e la lista B, con quelli non inclusi

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CONSENSO PRIORITARIO

• Sono stati istituiti nel mondo dei centri regionali e sub-regionali grazie ai contributi volontari di alcuni paesi. I più avanzati sono quelli di Bratislava nella Repubblica Ceca per servire la zona centro-orientale dell’Europa, quello di Mosca per gli Stati della CSI, in Cina per la zona asiatica e pacifica, in Uruguay per le regioni caraibiche e dell’America Latina. Sono inoltre presenti dei centri in Argentina, Egitto, El Salvador, India, Indonesia, Nigeria , ecc.

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ART. 11 DELLA CONVENZIONE

• L’art. 2, par. 1 definisce i rifiuti come sostanze o oggetti che sono stati smaltiti o che si intende smaltire o che devono essere smaltiti secondo le prescrizioni delle leggi nazionali.

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ART. 11 DELLA CONVENZIONE

• Il par. 4 invece definisce la nozione di smaltimento rimandando all’annesso IV A nel quale si elencano le operazioni di smaltimento coperte dalla Convenzione (come il deposito in/sulla terra, incenerimento sulla terra e in mare, rilascio in mare comprese le iniezioni in profondità (…)), ma si includono anche le operazioni di recupero, riciclaggio e di uso alternativo elencate nell’annesso IV B.

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ART. 11 DELLA CONVENZIONE

• I rifiuti considerati nell’ambito della Convenzione, secondo l’art. 1 è necessario che siano definiti pericolosi. Sono definiti tali se appartengono ad una categoria contenuta nell’annesso I, a meno che non possiedono una delle caratteristiche contenute nell’annesso III (art. 1, par. 1, lett. a), inoltre possono essere definiti pericolosi dalla legislazione nazionale di uno o più paesi coinvolti nel movimento transfrontaliero in questione (art. 1, par. 1, lett. b).

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ART. 11 DELLA CONVENZIONE

• A tal proposito l’art. 3 prevede che ogni Stato, entro sei mesi dalla ratifica della Convenzione, dovrebbe informare le altre parti sui rifiuti definiti pericolosi dalla propria legislazione.

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ART. 11 DELLA CONVENZIONE

• L’annesso II, inoltre, contiene una lista di altri rifiuti (rifiuti domestici e residui derivanti dal loro incenerimento) non definiti pericolosi ma che rientrano nell’ambito della Convenzione (art. 1, par. 2). È indispensabile infine che i rifiuti suddetti siano oggetti ad un movimento transfrontaliero (art. 1, par. 1)[31], che secondo la definizione dell’art. 2, par. 3, consiste nel movimento dall’area di giurisdizione di uno Stato verso o attraverso quella di un altro, oppure verso o attraverso un’area che non sia sotto la giurisdizione di alcuno Stato, posto che almeno due Paesi siano coinvolti nella transazione.

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Esclusioni

• Sono esclusi dalla portata della Convenzione due categorie di rifiuti: a) i rifiuti radioattivi che, secondo l’art. 1, par. 2, sono soggetti ad altri sistemi di controllo internazionale, includendo gli strumenti internazionali, con riferimento specificamente ai materiali radioattivi.

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Esclusione

• b) i rifiuti che derivano dalle normali operazioni di una nave, il cui scarico è coperto da un altro strumento internazionale (art. 1, par. 4).

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Esclusione

• Per definire la portata territoriale della Convenzione si fa riferimento all’art. 2, par. 9 nel quale il territorio è inteso come l’area sotto la giurisdizione di uno Stato, cioè terra, superficie marina o spazio aereo su cui uno Stato esercita la propria sovranità.

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Esclusione

• La Convenzione contempla per lo più degli obblighi di risultato. Nell’ambito di un quadro generale, infatti, sono indicati degli obiettivi da raggiungere, ma la natura e la portata delle misure da intraprendere è lasciata alla libera valutazione di ogni Stato.

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PRINCIPI

• Tra i principi fondanti della Convenzione, ricordiamo, innanzitutto, il principio della minimizzazione della generazione e del movimento transfrontaliero dei rifiuti pericolosi.

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PRINCIPI

• Le parti devono adottare le misure appropriate per assicurare la riduzione della generazione di rifiuti pericolosi, tenendo però nel giusto conto i possibili aspetti sociologici, tecnologici ed economici (art. 4, par. 2, lett. a).

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PRINCIPI

• È previsto inoltre che ogni Stato parte deve cercare di assicurare la disponibilità di stabilimenti di smaltimento collocati sul proprio territorio (art. 4, par. 2, lett. b).

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PRINCIPI

• Le persone coinvolte nella gestione dei rifiuti pericolosi devono adottare le misure idonee a prevenire ogni forma di inquinamento ad essa collegata. Nel caso che si verifichi un evento inquinante devono tentare di minimizzare i danni alla salute umana e all’ambiente (art. 4, par. 2, lett. c).

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PRINCIPI

• I movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e di altri rifiuti devono essere ridotti (art. 4, par. 2, lett. d). Questi sono permessi solo nel caso in cui il Paese di esportazione non abbia capacità tecniche e stabilimenti per smaltirli in maniera efficiente ed eco-compatibile, oppure se tali rifiuti sono richiesti come materiale pesante dalle industrie dello stato di importazione che svolgono le operazioni di riciclaggio

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PRINCIPI

• L’art. 4, par. 13 introdotto per puntualizzare le concessioni fatte dal par. 9, perde parte del suo significato: obbliga le parti a rivedere periodicamente la possibilità di ridurre la quantità e/o il potenziale dannoso dei rifiuti pericolosi che sono esportati, specialmente verso i PVS.

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PRINCIPI

• Di notevole importanza è anche il principio della gestione eco-compatibile dei rifiuti pericolosi. Ogni Stato parte deve esigere che i rifiuti pericolosi soggetti al movimento transfrontaliero siano gestiti in maniera eco-compatibile nel Paese di importazione o dovunque si trovino (art. 4, par. 8).

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PRINCIPI

• Devono essere convenientemente rispettati gli stessi standards di gestione e applicate le stesse norme sia che i rifiuti pericolosi abbiano lasciato lo Stato di generazione, sia che vengano smaltiti all’interno dello Stato stesso (il cosiddetto principio di non discriminazione).

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PRINCIPI

• Alcune aziende hanno dimostrato che i metodi di produzione pulita che eliminano o riducono le emissioni di materiale pericoloso sono ecologicamente ma anche economicamente più convenienti. La divisione sulla tecnologia, industria e scienze economiche dell’UNEP lavora per identificare e diffondere le «pratiche migliori».

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PRINCIPI

• Risulta invece più grave la mancanza di una definizione, se non generica, della nozione di gestione eco-compatibile dei rifiuti pericolosi. Solo rifacendosi agli obiettivi principali della Convenzione e all’art. 2, par. 8 si può individuare in essa la priorità di uno svolgimento delle operazioni che tenga conto della protezione della salute umana e del rispetto dell’ambiente.

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PRINCIPI

• Le Parti devono inoltre stabilire un proprio sistema autorizzato per controllare le persone che svolgono operazioni di trasporto o smaltimento di rifiuti pericolosi (art. 4, par. 7, lett. a). Come stabilito dall’art. 4, par. 9, lett. c, poi ripreso dall’art. 6, par. 9, ogni trasporto di rifiuti pericolosi deve essere accompagnato, dal punto di partenza fino alla conclusione nel luogo di smaltimento, da un documento di movimento che deve contenere le informazioni specificate nell’annesso V B ed essere firmato da ogni persona che sorveglia il carico.

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IL PREVIO CONSENSO INFORMATO

• The PIC procedure (Previo consenso informato) è disciplinato agli articoli 6 e 7 dall’annesso V A in modo da definire la posizione, i diritti e gli obblighi dello Stato di esportazione, di importazione e di transito.

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IL PREVIO CONSENSO INFORMATO

• Lo Stato di esportazione (art. 6, par. 1) ha l’obbligo di notificare ai probabili paesi di importazione e di transito del programmato movimento transfrontaliero di rifiuti pericolosi per il tramite della competente autorità responsabile della gestione della PIC procedure.

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IL PREVIO CONSENSO INFORMATO

• Secondo l’art. 6, par. 6 lo Stato esportatore potrebbe, con il consenso scritto dei paesi interessati, permettere al generatore o all’esportatore l’uso di una notificazione generale per carichi di rifiuti che abbiano le stesse caratteristiche fisiche e chimiche e lo stesso itinerario di trasporto attraverso i medesimi uffici clienti negli stati di uscita, di transito, di entrata dei rifiuti.

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IL PREVIO CONSENSO INFORMATO

• La notificazione generale e il consenso scritto possono coprire molteplici carichi di rifiuti pericolosi, ma per un periodo massimo di 12 mesi (art. 6, par. 8).

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IL PREVIO CONSENSO INFORMATO

• Lo stato di importazione: «deve rispondere alla notificazione per iscritto, consentendo al movimento con o senza condizioni, rifiutando il permesso al movimento, o richiedendo informazioni aggiuntive. Una copia del responso finale del Paese di importazione dovrebbe essere inviata alle autorità competenti degli Stati coinvolti che sono parti» (art. 6, par. 2).

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IL PREVIO CONSENSO INFORMATO

• Il Paese di importazione deve anche dare conferma dell’esistenza di un contratto tra l’esportatore e lo smaltitore, specificando a quale tipo di gestione eco-compatibile saranno sottoposti i rifiuti in questione (art. 6, par. 3, lett. b).

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IL PREVIO CONSENSO INFORMATO

• L’art. 6, par. 3, riprendendo quanto affermato nell’art. 4, par. 1, lett. c, stabilisce che lo Stato di esportazione non può consentire che il movimento comincia fino a quando non riceve il consenso scritto del Paese di importazione, insieme alla conferma dell’esistenza del contratto. Lo smaltitore, appena ricevuto il carico di rifiuti pericolosi e in seguito al completamento delle operazioni di smaltimento, deve informare l’autorità competente dei paesi di esportazione e l’esportatore (art. 6, par. 9).

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IL PREVIO CONSENSO INFORMATO

• Per quanto riguarda il Paese di transito deve conseguentemente rispondere alla notificazione per iscritto, entro 60 giorni, consentendo il movimento con o senza condizioni, rifiutando il permesso, oppure richiedendo ulteriori informazioni.

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IL PREVIO CONSENSO INFORMATO

• Lo Stato di esportazione non deve comunque permettere che il movimento transfrontaliero abbia inizio fino a quando non abbia ricevuto il consenso del Paese di transito (art. 6, par. 4). Allo stato di transito che sia parte è consentito, in qualsiasi momento, di rinunciare alla richiesta del previo consenso scritto, in modo assoluto o sotto specifiche condizioni, oppure modificare le condizioni richieste in questo ambito.

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IL PREVIO CONSENSO INFORMATO

• Quindi se una parte ha formalizzato la sua rinuncia, lo Stato di esportazione può consentire che il movimento proceda attraverso il Paese di transito se non ha ricevuto risposta entro 60 giorni dopo il ricevimento della notificazione da parte di quest’ultimo (art. 6, par. 4).

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IL PREVIO CONSENSO INFORMATO

• Nel caso in cui non tutte le legislazioni nazionali dei paesi coinvolti nel movimento di rifiuti concordino nel definirli pericolosi (come previsto dall’art. 1, par. 1, lett. b) la Convenzione prevede delle modifiche alla PIC procedure.

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IL PREVIO CONSENSO INFORMATO

• In questi casi, ad ogni Stato (di esportazione, di transito o di importazione) che considera i rifiuti in questione pericolosi si riconoscono diritti e doveri pertinenti alla loro posizione nella transazione, sempre che agli altri paesi sconvolti non definiscano pericolosi tali rifiuti (art. 6, par. 5, lett. a-b-c). Ai movimenti transfrontalieri proveniente da un Paese parte attraverso uno Stato di transito non parte si applica mutatis mutandis il par. 1, dell’art. 6 della Convenzione (art. 7). In pratica si rimanda alle regole sulla notificazione

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IL PREVIO CONSENSO INFORMATO

• La Convenzione tuttavia è lacunosa nel definire la posizione di quest’ultimo rispetto alla transazione. Se ci rifacciamo agli obiettivi fondamentali perseguiti dal sistema di Basilea possiamo affermare che i movimenti transfrontalieri di cui all’art. 7 devono avvenire sostenendo standards ambientali non più bassi di quelli applicati dalle norme della Convenzione.

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L’ART 11 DELLA CONVENZIONE DI BASILEA

• La Convenzione di Basilea rappresenta attualmente la base su cui costruire un regime globale. Gli altri sistemi esistenti, che affrontano particolari aspetti del ciclo dei rifiuti pericolosi, sono invece utili come completamento e rafforzamento della Convenzione stessa.

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L’ART 11 DELLA CONVENZIONE DI BASILEA

• L’art. 11 della Convenzione di Basilea, intitolato «accordi bilaterali, multilaterali e regionali», nel primo paragrafo stabilisce: «Nonostante le previsioni dell’art. 4, par. 5[36], le parti possono entrare in accordi o intese bilaterali, multilaterali o regionali riguardanti il movimento transfrontaliero di rifiuti pericolosi o di altri rifiuti con parti o non parti purchè questi accordi o intese non deroghino dalla gestione eco-compatibile

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L’ART 11 DELLA CONVENZIONE DI BASILEA

• Altrettanto problematica è stata la scelta di contemplare nell’articolo due tipi di strumenti giuridici che nel testo in inglese sono definiti rispettivamente agreement e arrangement. Il primo termine, che in italiano indica l’accordo, si riferisce evidentemente sia ai trattati che alle convenzioni conclusi tra due o più Stati[37], mentre il secondo termine fa riferimento a strumenti che in italiano potremmo definire intese.

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L’ART 11 DELLA CONVENZIONE DI BASILEA

• Nell’art. 11 è chiaro che gli accordi o le intese a livello bilaterale multilaterale o regionale diventano rilevanti nel suo ambito solo se si occupano specificamente del trasporto transfrontaliero e della gestione dei rifiuti pericolosi come definiti dalla Convenzione di Basilea.

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L’ART 11 DELLA CONVENZIONE DI BASILEA

• Come si vede il risultato finale è stato quindi deludente, per quanto riguarda l’art. 11 della Convenzione. Se si considera che i termini usati nell’art. 11 sono così vaghi da non dare una soluzione al problema sollevato.

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L’ART 11 DELLA CONVENZIONE DI BASILEA

• In particolare ci si è chiesti in che modo (in termini qualitativi e quantitativi) si deve manifestare la conformità alla Convenzione degli strumenti giuridici previsti da tale disposizione.

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L’ART 11 DELLA CONVENZIONE DI BASILEA

• Dalla lettura dell’art. 11 rileva invece l’esigenza di conformità soltanto con le disposizioni convenzionali relative alla gestione eco-compatibile dei rifiuti pericolosi. Come abbiamo già avuto modo di constatare lo stesso art. 2, par. 8 della Convenzione di Basilea non riesce a dare una definizione soddisfacente dell’espressione gestione eco-compatibile di rifiuti pericolosi e di altri rifiuti.

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L’ART 11 DELLA CONVENZIONE DI BASILEA

• Dobbiamo anche rendere conto che gli accordi in oggetto devono inoltre incorporare il principio della minimizzazione della generazione dei rifiuti pericolosi promovendo tecniche di produzione a bassa o nulla generazione di rifiuti.

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L’ART 11 DELLA CONVENZIONE DI BASILEA

• A questo è poi collegato il principio della prossimità, che impone lo smaltimento quanto più vicino possibile alla sorgente di generazione dei rifiuti. Ferma restando la prospettiva di una completa eliminazione dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi, questi devono comunque svolgersi nell’ambito di un sistema di controllo e di informazione che coinvolge tutti gli Stati interessati dal movimento e le rispettive autorità preposte.

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IL SISTEMA DI GESTIONE DEI RIFIUTI PERICOLOSI

DELL’UNIONE EUROPEA • Nello specifico settore che prendiamo in

considerazione le istituzioni europee hanno approvato una serie di atti normativi che hanno indubbiamente influenzato il lavoro di elaborazione della successiva Convenzione di Basilea.

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IL SISTEMA DI GESTIONE DELL’UNIONE EUROPEA

• L’ultimo aggiornamento in ordine di tempo ha riguardato il regolamento del consiglio sulle spedizioni transfrontaliere di rifiuti pericolosi del 1993.

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IL SISTEMA DI GESTIONE DELL’UNIONE EUROPEA

• Recentemente, inoltre, con la decisione n. 532 del 3 maggio 2000, che sostituisce la decisione n.94/3 e la decisione n.94/904 e le decisioni n. 118 del 16 gennaio 2001 e n. 119 del 22 gennaio del 2001, la commissione ha modificato l’elenco dei rifiuti istituito dalla decisione n. 2000/532[49], introducendo l’elenco unico dei rifiuti, che sostituisce il catalogo europeo dei rifiuti-CER e l’Elenco dei rifiuti pericolosi.

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• Nei nostri giorni il sistema di regolamentazione dell’UE in materia è considerato uno dei più avanzati del mondo in quanto sviluppa ulteriormente i principi stabiliti dalla Convenzione di Basilea.

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• L’unica differenza sostanziale introdotta in ambito europeo, frutto di una differente impostazione politica nell’affrontare il problema dei rifiuti pericolosi rispetto a quanto stabilito dal sistema di Basilea, riguarda la diversa considerazione accordata ai rifiuti destinati al recupero ed al riciclaggio.

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• Per questo motivo l’UE ha sostenuto, anche durante i lavori preparatori della Convenzione di Basilea, la necessità di introdurre dei regimi di regolamentazione differenti per incoraggiare il riciclaggio e il recupero dei rifiuti, compresi quelli pericolosi.

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• Questa linea però, non è stata seguita nell’ambito della Convenzione globale, anche a causa delle pressioni esercitate dai paesi in via di sviluppo e dalle organizzazioni ambientaliste che vedevano queste disposizioni come possibili scappatoie rispetto al regime di controllo predisposto dalla Convenzione

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• Per definire lo status dell’UE nel contesto della Convenzione di Basilea innanzitutto rifarsi all’art. 21 della stessa che prevede la possibilità per le organizzazioni di integrazione politica e/o economica di firmare la Convenzione.

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• È condivisibile, quindi, la posizione che definisce la speciale legislazione dell’UE in materia come una intesa regionale che rientra nelle previsioni dell’art. 11. Infatti il termine «intesa» dovrebbe riferirsi ad uno strumento giuridico che impone degli obblighi sugli Stati parte: questo non può essere paragonato all’accordo ma si colloca in una posizione superiore rispetto alle legislazioni nazionali degli Stati membri dell’UE.

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• Lo stesso art. 11 precisa che gli accordi e le intese bilaterali, multilaterali o regionali hanno la precedenza sulla Convenzione di Basilea se sono conformi alla gestione eco-compatibile dei rifiuti pericolosi prevista dalla Convenzione. Implicitamente quindi si accorda sia all’una che all’altra categoria di strumenti giuridici previsti, senza distinzione, la qualità di strumento che pone degli obblighi agli Stati parte.

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• Nel settore in questione, il Consiglio dell’OECD ha adottato una serie di decisioni e raccomandazioni, ma anche atti in forma mista che si definiscono decisioni/raccomandazioni. Le prime sono obbligatorie nei confronti degli Stati membri, mentre le seconde non sono vincolante in quanto forniscono soltanto delle linee guida

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• Tale atto prevede l’obbligo per gli Stati parte di controllare i movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi. Introduce il principio del preventivo scambio di informazioni tra i paesi esportatori e quelli importatori, ma si è ancora lontani dalla procedura di consenso informato come definita dalla successiva Convenzione di Basilea.

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• La decisione/raccomandazione adottata l’anno successivo dal Consiglio dell’OECD estende il regime della previa notificazione degli Stati che importano anche ai carichi di rifiuti esportati agli Stati OECD verso quelli terzi.

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• Viene inoltre definita la posizione del Paese di transito: la previa notificazione, nei casi di traffici all’interno dell’area OECD, si applica a quei movimenti che avvengono sia attraverso il territorio che attraverso le aree marittime sotto giurisdizione dello Stato di transito.

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• La linea politica dopo l’adozione della Convenzione di Basilea nel 1989 ha cambiato le sue coordinate. Da una parte il Consiglio dell’OECD adotta due risoluzioni nelle quali chiede ai suoi Stati membri di applicare le disposizioni della Convenzione, dall’altra sembra proporre una diversa soluzione riguardo al problema dei rifiuti pericolosi riciclabili rispetto a quella prospettata dalla Convenzione di Basilea.

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• Con la decisione del Consiglio dell’OECD del 1991 si differenzia la disciplina dei rifiuti destinati allo smaltimento finale, per i quali è previsto il principio della autosufficienza a livello nazionale, da quelli che devono essere sottoposti alle operazioni di riciclaggio o di recupero, per i quali la decisione prevede un controllo dei loro movimenti transfrontalieri nel quadro della Convenzione di Basilea laddove assicura la promozione del recupero delle risorse e dei materiali.

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• Nel 1992 il consiglio dell’OECD adotta una decisione che incorpora i lavori del comitato per l’ambiente dell’OECD che aveva il compito di vigilare sull’armonizzazione delle liti dei rifiuti pericolosi degli Stati membri.

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• La decisione ha creato un vasto sistema di controllo sui movimenti dei rifiuti destinati al recupero nell’area OECD.

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• Perché la decisione del 1992 possa considerarsi una intesa regionale nell’ambito della Convenzione di Basilea è necessario innanzitutto che uno o più Stati membri dell’OECD siano anche Stati parte della Convenzione.

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RESPONSABILITÀ E INDENIZZO

• La regolamentazione globale e regionale ponga maggiore enfasi sulle misure preventive e in un numero crescente di casi, anche sulle misure precauzionali, un adeguato regime sulla responsabilità e l’indennizzo per danni causato dal trasporto transfrontaliero di rifiuti pericolosi deve promuovere simultaneamente più obiettivi

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RESPONSABILITÀ E INDENIZZO

• Il primo obiettivo da perseguire dovrebbe riguardare il rispetto degli obblighi previsti dall’emergente regime globale di gestione dei rifiuti pericolosi. È convinzione comune ormai che, nel contesto dal danno ambientale, la prevenzione è solitamente più efficace e meno costosa degli atti di riparazione.

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RESPONSABILITÀ E INDENIZZO

• Nel caso di un incidente causato durante il trasporto transfrontaliero e la gestione di rifiuti pericolosi si applica, inoltre, il principio “chi inquina paga”. I costi per la minimizzazione del danno, le misure di emergenza e di pronto intervento, i costi per il recupero delle zone dell’ambiente naturale danneggiate e il risarcimento per le eventuali persone che hanno subito delle ripercussioni economiche dirette dall’incidente devono essere sostenuti dalla persona o da più persone che controlla direttamente l’attività pericolosa e che da questa ne deriva dei benefici economici.

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RESPONSABILITÀ E INDENIZZO

• Il Segretariato della Convenzione di Basilea non ha sostanzialmente nessun potere di controllo sull’applicazione del Protocollo da parte degli Stati contraenti.

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RESPONSABILITÀ E INDENIZZO

• Rientrano nelle previsioni del Protocollo i movimenti di rifiuti destinati ad una delle operazioni specificate nell’annesso IV alla Convenzione di Basilea diverse da quelle indicate nei punti D13, d14, D15, R12, R13 dello stesso, fino al momento in cui sia avvenuta la notificazione del completamento dello smaltimento, in accordo all’art. 6, par. 9 della Convenzione, oppure laddove questa notificazione non sia stata fatta, fino al momento del completamento dello smaltimento.

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RESPONSABILITÀ E INDENIZZO

• . Le disposizioni del Protocollo si applicano comunque solo ai danni arrecati in un’area sotto la giurisdizione nazionale di una Parte contraente derivanti da incidenti che rientrino nelle previsioni dell’art. 3, par. 1 (art. 3, par. 3).

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RESPONSABILITÀ E INDENIZZO

• Esistono tuttavia delle eccezioni di applicabilità del Protocollo. Innanzitutto, l’estensione temporale delle sue disposizioni materiali comprende solo i danni derivanti a movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi che siano cominciati dopo la data di entrata in vigore del Protocollo per la parte contraente interessata (art. 3, par. 6, lett. A). Soltanto lo Stato di importazione, ma non lo Stato di esportazione, sia parte contraente, il Protocollo si applicherà solo rispetto al danno derivante da un incidente che abbia avuto luogo successivamente al momento in cui lo smaltitore abbia preso possesso dei rifiuti pericolosi

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RESPONSABILITÀ E INDENIZZO

• Il Protocollo si applicherà solo rispetto al danno derivante da un incidente che abbia luogo precedentemente al momento in cui lo smaltitore prenda possesso dei rifiuti pericolosi (art. 3, par. 3, lett. b). In questi due casi, quindi, il ciclo dei rifiuti pericolosi ricade solo in parte nella disciplina del Protocollo, così come in quella della stessa Convenzione di Basilea.

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RESPONSABILITÀ E INDENIZZO

• È evidente la scelta dei redattori del Protocollo di servirsi degli strumenti della responsabilità oggettiva (strict liability) (art. 4) e della responsabilità per colpa (art. 5), che canalizza la responsabilità su soggetti diversi con lo svolgersi delle fasi del ciclo di trasporto transfrontaliero e dello smaltimento dei rifiuti pericolosi

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RESPONSABILITÀ E INDENIZZO

• Una persona può essere responsabile anche per un danno causato o al quale ha contribuito la sua mancata conformità alle disposizioni della Convenzione, le sue cattive intenzioni, gli atti di negligenza e le omissioni. Il par. 5, infine, stabilisce che sulla persona coinvolta non ricade la responsabilità per colpa, laddove questo sia il risultato dell’atto di un conflitto armato, di ostilità, di una guerra civile o di una insurrezione.

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RESPONSABILITÀ E INDENIZZO

• Inoltre, può derivare a fenomeni naturali di carattere eccezionale, inevitabile, imprevedibile ed irresistibile. Il danno potrebbe anche essere stato il risultato di un’azione importa con la forza da parte dell’autorità pubblica dello Stato dove è occorso o ancora interamente il risultato della condotta illegale ed intenzionale di una parte terza, inclusa la persona che ha offerto il danno stesso

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RESPONSABILITÀ E INDENIZZO

• A conclusione di questa parte dispositiva, l’art. 10 richiama le Parti contraenti di adottare le misure legislative, regolamentari e amministrative idonee all’adempimento più efficace del Protocollo.

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RESPONSABILITÀ E INDENIZZO

• Il regime configurato da questo Protocollo si basa infatti sulle norme in materia di risarcimento previste nei sistemi di diritto interno degli Stati contraenti. La seconda parte del Protocollo è dedicata alla definizione del limiti finanziari della responsabilità.

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RESPONSABILITÀ E INDENIZZO

• L’art. 12 dispone, infatti, che per quanto riguarda i casi di responsabilità previsti dall’art. 4, tali limiti debbano essere definiti secondo quanto stabilito dall’annesso B. In particolare, tale annesso prevede che il notificatore, l’esportatore o l’importatore, per un incidente paghino da un minimo di 1 milione di unità speciali di prelievo (del Fondo Monetario Internazionale) per carichi fino a 5 tonnellate, ad un massimo di 10 milioni di unità speciali di prelievo per carichi che raggiungono le 10,000 tonnellate, più 1000 unità di acconto per ogni tonnellata addizionale, fino ad un massimo di 30 milioni di unità speciali di prelievo da pagare in totale.

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RESPONSABILITÀ E INDENIZZO

• Qualora l’ammontare dell’indennizzo proposto non dovesse coprire interamente i costi del danno dovranno essere adottate delle misure addizionali e supplementari con l’obiettivo di assicurare un adeguato e pronto risarcimento, utilizzando gli esistenti meccanismi finanziari

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RESPONSABILITÀ E INDENIZZO

• A questo proposito la Conferenza delle Parti deve prendere in considerazione la necessità e la possibilità di potenziare gli attuali meccanismi finanziari oppure di stabilirne dei nuovi (art. 15). La causa per ottenere l’indennizzo può essere intentata nei tribunali delle parti contraenti soltanto laddove il danno è stato subito, oppure dove è occorso l’incidente o ancora dove che si difende ha la sua residenza abituale o la sede principale dei suoi affari

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RESPONSABILITÀ E INDENIZZO

• Le parti contraenti devono assicurare che i propri tribunali siano competenti nell’assicurare lo svolgimento di tali cause (art. 17, par. 2). È tuttavia possibile che delle azioni giudiziarie correlate siano portate nei tribunali di Stati parte differenti: in questo caso il tribunale interpellato per ultimo, mentre le azioni sono ancora pendenti in prima istanza, deve sospendere i suoi procedimenti (art. 18, par. 1).

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CONSIDERAZIONI

• La Convenzione di Basilea del 1989, come risulta evidente dalla nostra analisi, rappresenta un compromesso tra i cosiddetti trattati quadro, che dovrebbero stabilire soltanto i principi fondamentali e lasciare la regolamentazione dettagliata ad accordi regionali e un regime globale particolareggiato che non conceda spazio a regole diverse a livello locale.

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CONSIDERAZIONI

• Nella prassi degli Stati, sono emerse tuttavia due differenti modalità per porre in essere un sistema di regolamentazione regionale nell’ambito della Convenzione di Basilea.

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CONSIDERAZIONI

• Il primo approccio si basa sulle convenzioni regionali o gli altri sistemi regolamentari adottati dalle parti della Convenzione, che stabiliscono regimi indipendenti e dettagliati conformi a questa e costituiscono proprie strutture istituzionali.

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CONSIDERAZIONI

• Il secondo approccio limita la regolamentazione regionale a quelle aree nelle quali gli Stati intendono differenziarla dal trattato globale. Se poi sono anche Parti contraenti della Convenzione di Basilea, questi Stati devono rispettare le norme e collaborare con le strutture istituzionali del regime globale per tutti gli altri aspetti del ciclo dei rifiuti pericolosi. Questo modello, che richiede meno costi e impegno da parte degli Stati che aderiscono al sistema regionale è alla base per esempio dell’art. 39 della IV Convenzione di Lomè del 1989

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CONSIDERAZIONI

• Si può affermare, infatti, che le norme e i principi stabiliti negli strumenti giuridici internazionali citati, supportati dalla legislazione nazionale e dalla prassi degli Stati, possono ora considerarsi incorporati nel diritto consuetudinario nell’ambito della gestione e trasporto transfrontaliero dei rifiuti pericolosi.

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CONSIDERAZIONI

• Tra i principi fondamentali che rilevano nell’ambito del regime di Basilea sono stati individuati il principio della minimizzazione della produzione dei rifiuti e della prossimità del luogo di smaltimento, la restrizione o il divieto di esportazione dei rifiuti pericolosi verso determinati paesi o zone geografiche, la gestione ecologicamente compatibile dei rifiuti e la non discriminazione nelle condizioni adottate. Il principio del previo consenso informato, l’obbligo di reimpostare i rifiuti pericolosi illegalmente esportati.

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CONSIDERAZIONI

• Resta ancora irrisolto, invece, il problema dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi che hanno un potenziale valore economico e che, quindi, potrebbero essere sottopoti ad operazioni di riciclo o recupero.

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CONSIDERAZIONI• Già in occasione della 4a Conferenza delle

parti del 1998 si è avuto un acceso dibattito riguardo la compilazione della lista di Stati compresi nell’annesso VII alla Convenzione di Basilea. I paesi elencati, infatti, in virtù dei loro elevati standards ambientali di gestione, sono autorizzati a commerciare in rifiuti riciclabili. Una possibile soluzione, allo studio di un gruppo di lavoro tecnico, prevede la definizione di criteri oggettivi per determinare lo sviluppo dei livelli tecnici, giuridici, istituzionali ed economici dei paesi candidati.

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CONSIDERAZIONI

• Nel 1999 meno di un terzo delle Parti contraenti ha inviato il proprio rapporto al Segretariato relativo al 1997, come previsto dagli accordi 13 e 16 della Convenzione. Questo dimostra il problema della scarsa collaborazione degli Stati.

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CONSIDERAZIONI

• La Convenzione di Basilea, quindi, in stretta correlazione con degli strumenti giuridici internazionali adottati sotto il suo «ombrello», rappresenta attualmente il più vasto e sviluppato sistema di gestione dei rifiuti, costituito da una serie di norme e principi di carattere generale che trovano il loro necessario completamento nelle diverse regolamentazioni a carattere regionale.

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NORMATIVA VIGENTE

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AUTORITA’ COMPETENTE DI SPEDIZIONE

AUTORITA’ COMPETENTE DI TRANSITO

AUTORITA’ COMPETENTE DI DESTINAZIONE

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RIFIUTI

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A. C. SPEDIZIONE

A.C. TRANSITOA.C.

DESTINAZIONE

NOTIFICATORE

RICHIEDE MODELLO NOTIFICA AD AUTORITA’

SPEDIZIONE (54A) AUTORIZZAACCETTA POLIZZA

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SONO VIETATE

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