D'Achille, La Lingua Di Oggi, Appunti del Corso di Storia della Lingua Italiana 2010-2011

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    Appunti

    Storia della lingua italiana

    Tema: Lingua doggi

    Contenuto delle lezioni: Il quadro generale,Problemi di analisi, Fonetica e fonologia,Grafia, Morfologia flessiva, Morfologialessicale, Sintassi e testualit, Altri fenomeni.

    Docente: Paolo DAchille

    Anno accademico 2010-2011

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    Premessa

    Lespressione lingua (o italiano) doggi, cos come quella,

    equivalente, di italiano contemporaneo (entrambe usate negli studi: per

    luna Cortelazzo 2000, LIdO 2004, Dardano & Frenguelli 2008; per laltra

    Lorenzetti 2002, DAchille 2003, Cardinaletti & Frasnedi 2004), contieneun riferimento temporale che potrebbe risultare poco perspicuo. Tuttavia,

    non sono state finora adottate etichette alternative modellate su quelle

    gi in uso per altre periodizzazioni, come lingua del Duemilao del primo

    decennio del secolo XXI e sim. Infatti, la scelta come terminus a quo

    dellanno di passaggio al nuovo secolo (anzi al nuovo millennio), al di l

    delle suggestioni e dei significati di cui stato rivestito (anche sul piano

    linguistico: Maraschio & Poggi Salani 2003), rischierebbe di introdurre un

    ingiustificato elemento di frattura rispetto al periodo precedente.

    Nella storia (sia interna che esterna, sia strutturale che

    variazionale) di una lingua tradizionalmente stabile come litaliano (per

    secoli, fuori della Toscana, duso prevalentemente letterario e comunquescritto) restano fondamentali lepoca postunitaria (De Mauro 1963) e il

    Novecento (Migliorini 1990; Mengaldo 1994); inoltre, gi negli anni

    Settanta del Novecento e poi soprattutto nel corso degli anni Ottanta, i

    linguisti pi avvertiti avevano colto, almeno dal punto di vista normativo,

    un movimento in atto (Accademia della Crusca 1982; cfr. anche gli

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    interventi in Jacobelli 1987), individuando, accanto e spesso in

    alternativa allo standard tradizionale, la nascita di nuove variet di

    riferimento (litaliano delluso medio: Sabatini 1985; il neostandard:

    Berruto 1987; anche la lingua selvaggia: Beccaria 1985).

    Rispetto alla situazione di fine Novecento momento in cui,

    inoltre, litaliano contemporaneo trovava descrizione in alcune

    fondamentali opere di riferimento (fra queste: Serianni 1988; Renzi, Salvi

    & Cardinaletti 1988-1995; Holtus, Metzeltin & Schmitt 1988; Sobrero

    1993; LIP 1993; Serianni & Trifone 1993-1994) possibile oggi

    individuare ulteriori sviluppi, legati soprattutto a fattori esterni (il diverso

    quadro storico-politico, nazionale e internazionale; alcune importanti

    trasformazioni sociali, tra cui limmigrazione inizialmente detta

    extracomunitaria; la crescita di peso di vecchi e nuovi media e la nascita

    di nuove forme di comunicazione, in partic. quelle legate al computer,

    alla rete e alla telefonia cellulare: cfr. Bonomi, Masini & Morgana 2003;

    Pistolesi 2004; Antonelli 2007), che hanno avuto importanti effetti anche

    sul piano sociolinguistico. Meno facile (ma cfr. Renzi 2000; 2003; 2007;

    DAchille in Marcato 2003: 23-35) individuare le effettive novit sul

    piano strutturale (a parte lafflusso di neologismi), anche perch il

    mutamento linguistico si coglie solo o soprattutto sul medio e lungo

    periodo.

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    riconoscimento pubblico del dialetto e del suo inserimento nella

    formazione scolastica. Altra questione quella delle minoranze

    alloglotte. Per quanto riguarda quelle storiche, il Novecento si chiuso

    con la legge di tutela n. 482 del 15 dicembre 1999 (pubblicata sullaGazzetta Ufficiale n. 297 del 20 dicembre 1999), che pure presenta

    aspetti discutibili, specie per linclusione (o lesclusione) di questo o

    quellidioma tra le lingue minoritarie (Bonamore 2004); mancano invece,

    al momento, indicazioni legislative sulle nuove minoranze, prodotte dalle

    immigrazioni degli ultimi decenni, che peraltro sembrano

    prevalentemente orientate allapprendimento e alluso dellitaliano(Giacalone Ramat 2003; DAgostino in Lo Piparo & Ruffino 2005: 70-92).

    Caratterizza linizio del terzo millennio il tentativo, peraltro abortito,

    di politica linguistica, rappresentato dal progetto di istituire un Consiglio

    superiore della lingua italiana, con intenti normativi di tutela dellitaliano,

    culminanti nella discutibile proposta di compilare una grammatica di

    Stato (sullargomento si vedano gli interventi dei proponenti, Andrea

    Pastore e Lucio DArcangelo, e quelli, diversamente orientati, dei linguisti

    Arcangeli, Savoia e Serianni in LIdO 2004 e 2005, nonch Sgroi 2002,

    Orioles e Vallini in Lo Piparo & Ruffino 2005: 155-164 e 273-297). Non si

    pu non rilevare comea questo progetto, e ad altre prese di posizione di

    analogo tenore contro lo scadimento e limbarbarimento dellitaliano,abbia corrisposto, da parte della politica, una scarsa attenzione nei

    confronti sia dellinsegnamento dellitaliano, sia della sua posizione,

    spesso subalterna rispetto al francese e al tedesco, allinterno

    dellUnione Europea. stata piuttosto unistituzione prestigiosa, ma non

    politica, come lAccademia della Crusca a lanciare proposte in merito

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    (cfr. Sabatini 2005a; 2005b), dalladesione alle Raccomandazioni di Bad

    Homburg per la promozione delle lingue europee di uso colto (su cui cfr.

    anche Stammerjohann 2003) alla richiesta di inserimento nella nostra

    Costituzione della frase La lingua ufficiale della Repubblica litaliano,con cui si apre la citata legge sulle minoranze (Sabatini, Coletti &

    Maraschio 2006).

    Infine, mentre lapprendimento dellitaliano allestero appare in

    crescita, grazie a campi di eccellenza vecchi e nuovi (musica, arte,

    moda, cucina), alcuni dei quali assumono, anche allinterno del paese,

    un forte valore identitario (Trifone 20092), linglese, ormai divenuto lingua

    veicolare internazionale, insidia litaliano nella comunicazione scientifica

    anche a livello intranazionale, e non solo nelle scienze dure.

    Lattenzione della scuola per lapprendimento dellinglese (la terza i,

    accanto a quelle di informatica e imprese, della riforma Moratti del 2003)

    dunque legittima; ma a questa ha corrisposto, come si detto, un

    sostanziale disinteresse (non solo dei politici, invero) per linsegnamento

    dellitaliano: i periodici rapporti nazionali (come quello della commissione

    INVALSI sui risultati delle prime prove degli esami di maturit del 2009) e

    internazionali (il progetto PISA 2006 sulle competenze linguistiche dei

    quindicenni), che denunciano la scarsa dimestichezza degli studenti

    italiani anche nella comprensione, e non solo nella produzione, dellalingua scritta (lacuna avvertita anche alluniversit, dove a partire dagli

    anni Novanta furono istituiti numerosi laboratori e corsi di scrittura)

    trovano sempre una certa eco nella stampa e negli altri media, ma non

    destano alcun serio allarme.

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    Problemi di analisi

    Tracciare un profilo complessivo della lingua di oggi, ai vari livelli

    di analisi, non si presenta facile, data la complessit degli assi di

    variazione in gioco (dalla diatopia alla diamesia, dalla diafasia alla

    diastratia) che determinano la coesistenza, in sincronia, di tratti anche

    molto diversi (come risulta, per es., dalle analisi raccolte in Frasnedi etal. 2003; Della Corte et al. 2004), valutabili solo in una prospettiva

    sociolinguistica. Da questo punto di vista, c da rilevare che al quadro

    delle variet del repertorio tracciato da Berruto (1987; 1993) sono state

    apportate negli ultimi anni alcune precisazioni (Cortelazzo 2001;

    Wunderli 2005; vari interventi in Lo Piparo & Ruffino 2005), ma non

    modifiche sostanziali, e la sua tenuta nel tempo ne dimostra la validit.

    Lattenzione per la variet degli usi non deve portare a negare

    lesistenza (soprattutto, ma non solo, nello scritto) di uno standard

    (Giovanardi 2010), sia pure meno rigido e monolitico rispetto al modello

    tradizionale in conseguenza di certi indubbi spostamenti che si sono

    registrati sul piano della norma linguistica, che venuta accettando varitratti in passato giudicati scorretti. Di certo la norma non ha pi come

    modello di riferimento la lingua letteraria che ha perso la sua

    tradizionale centralit gi nella seconda met del Novecento e che

    compie scelte linguistiche anche molto diverse, a seconda degli

    orientamenti dei vari autori (cfr. Antonelli 2006 per la prosa e lantologia

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    di Afribo 2007 per la poesia) ma una serie di altre fonti, dalla lingua

    della divulgazione scientifica a quella burocratico-amministrativa, a

    quella dei media (i travasi tra linguaggi settoriali e lingua comune si

    fanno del resto sempre pi frequenti).

    In ogni caso, anche allinterno di quello che pu considerarsi

    come lo standard attuale possibile registrare, ai vari livelli di analisi,

    alcuni fatti innovativi che consentono di cogliere certe linee di tendenza

    del sistema. Renzi (2000; 2003; 2007) ha tentato di distinguere non solo

    le trasformazioni autentiche dai passeggeri fenomeni di moda, ma anche

    le innovazioni interne del sistema da quelle esterne, non limitate al

    lessico; e ancora: tra le prime, le novit che provengono dal basso,

    dalluso spontaneo, popolare o comunque parlato, e quelle che muovono

    dallalto, da usi colti e testi scritti; tra le seconde, gli apporti delle diverse

    variet regionali (in primo luogo quella romana) rispetto a quelli che si

    possono attribuire ai contatti con linglese. Linglese, infatti, determina

    (anche attraverso il doppiaggio di film e telefilm americani) calchi a vari

    livelli di analisi, dalla fraseologia (si pensi al successo dellespressione

    avere uno scheletro nellarmadio) alla formazione delle parole, a certe

    scelte sintattiche e testuali. A spiccare per soprattutto la massiccia

    introduzione di anglicismi (e pseudo-anglicismi) non adattati, la cui

    ondata ben lungi dallesaurirsi e che si insinuano anche in campitradizionalmente impermeabili ai forestierismi come la lingua del diritto

    (che di recente ha accolto mobbing e stalking) e lo stesso parlato (okay!

    sulla bocca di tutti); le proposte di adattamento delle parole inglesi,

    anche quando sono ragionevoli (Giovanardi, Gualdo & Coco 2008), non

    sembrano trovare accoglimento, contrariamente alle iniziative in tal

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    senso messe in atto da tempo in Francia e in Spagna, paesi che hanno

    una tradizione di politica linguistica e un mercato internazionale ben pi

    solidi di quelli italiani.

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    Fonetica e fonologia

    Si tratta di livelli di analisi che, per secoli, hanno mantenuto una

    grande stabilit, grazie alladozione, con pochi adattamenti, del sistema

    fonologico del fiorentino e alla sostanziale corrispondenza tra grafia e

    pronuncia, che caratterizza litaliano anche rispetto alle altre lingue

    romanze, che oggi peraltro registra una certa attenuazione, dovuta al

    mancato adattamento dei prestiti e, soprattutto, al formarsi di derivati

    ibridi (da newyorkese a sbudgettare a inputare, distinto solo

    graficamente da imputare). A livello fonetico, come noto, non tutti i tratti

    del fiorentino sono passati nello standard tradizionale (il cosiddetto

    fiorentino emendato), che ha per es. rifiutato la gorgia toscana e la resa

    come fricative delle affricate sia in bacio e pigione (dove le fricative

    rappresentavano lesito originario), sia inpace e cugino.

    Il modello tradizionale, insegnato nelle scuole di dizione e adottato

    a teatro, nel doppiaggio (dove vige tuttora) e, almeno fino al 1976, anche

    dalla RAI, ha trovato la sua consacrazione nel DOP (1969), la cui terza

    edizione apparve nel 2008, promossa ancora dalla RAI. Ma ormai nel

    variegato panorama radiotelevisivo attuale, pubblico e privato, neppure

    nei notiziari e nelle trasmissioni culturali si segue costantemente la

    fonetica (e la fonologia) toscana nellapertura delle vocali medie toniche

    o nella sonorizzazione delle /s/ intervocaliche e delle /z/ iniziali e

    intervocaliche; emergono piuttosto tratti propri della variet romana e

    anche di quella settentrionale, in particolare milanese, variet che, del

    resto, gi nella met degli anni Ottanta del Novecento sembrava aver

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    conquistato il primato sul piano del prestigio e poteva essere considerata

    come quella pi prossima allo standard (Galli de Paratesi 1984).

    Si stenta a trovare un modello di riferimento radiotelevisivo anche

    per quanto riguarda la posizione dellaccento in parole di pi di due

    sillabe: qui alla tendenza tradizionale a collocarlo sulla penultima (che

    pu tuttora determinare errori come isotpi o arsta) si contrapposta

    quellaforse ipercorrettistica o forse di matrice settentrionalea ritrarlo

    sulla terzultima, in nomi e aggettivi come amaca, cosmopolita, edile,

    perone (osso della gamba), rubrica, zaffiro, in forme verbali come

    persuadere,constato evaluto (almeno in questultima laccento ritratto

    ormai da considerarsi standard), in toponimi come Friuli e Belice, in

    cognomi come Salgari, in latinismi come libertas, persino nellanglicismo

    performance, spesso pronunciato [prformans]. La tendenza a ritrarre

    laccento si rileva anche in parole ossitone dove non segnato

    graficamente, come cognomi di base dialettale come Benetton, toponimi

    stranieri come Bagdad, tedeschismi come diktat, francesismi come

    cognac, dpliant, ecc.

    Il massiccio ingresso di parole straniere non integrate, che

    coinvolge anche i toponimi e i nomi di persona (tra i quali le

    italianizzazioni riguardano ormai solo i nomi di membri di famiglie reali,

    come Carlo dInghilterra), non ha comportato lintroduzione di nuovi

    fonemi n foni (la pronuncia dei forestierismi comunque almeno

    parzialmente adattata), bens una serie di particolarit che riguardano la

    loro posizione nella struttura sillabica. Le parole con finale consonantica

    (si tratti di forestierismi o di acronimi, come GIP o TAC) sono ormai

    accettate (e quasi tutte le consonanti possono comparire in tale

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    anche in area centromeridionale, dove il sostrato dialettale farebbe

    optare per la sorda (tuttora frequente); in questarea la sonorizzazione

    pu verificarsi anche in presenza di un confine morfologico e in

    fonosintassi, come in [bunazera], pronuncia non registrata al Nord (main /rizaltare/ la sonorizzazione ormai generalizzata). In prospettiva, si

    potrebbe arrivare a unopposizione fonologica tra /z/ sonora tenue e /s/

    sorda intensa (con nuove coppie minime come /kaza/ ~ /kasa/,

    /spezo/ ~ /speso/). Quanto allaffricata dentale, per lo pi sonora in

    posizione iniziale (anche in voci dove lo standard tradizionale avrebbe

    prescritto la sorda: zio, zucchero) e per lo pi sorda allinterno di parola(almeno quando scritta con la doppia, o prima di /i/ o /j/), sebbene si

    sentano anche pronunce, forse reattive, di razzismo e nazista come

    [radzizmo] e [naista], nonostante levidente derivazione delle voci da

    razza etnia e nazione, pronunciate normalmente con la sorda.

    Sempre allinterno di parola, la resa come intensa (che nello

    standard di base tosco-romana sarebbe generalizzata, a prescindere

    dalla grafia) tende a limitarsi ai casi di grafie con la doppia, sicch si

    hanno realizzazioni con la tenue, sorda o pi spesso sonora, in polizia,

    azoto, ozono, ecc., col possibile sviluppo di una nuova opposizione

    fonologica in casi come vizi opposto a vizzi (Mioni 1993).

    A proposito delle consonanti intense, c anche da segnalare che

    il raddoppiamento sintattico ha subito un certo declino (ormai perfino nei

    modelli forniti dalle scuole di dizione), per es. dopo ma, se, che, e si

    caratterizza come tratto regionale toscano dopo da, dove, come

    interrogativo. Il venir meno del fenomeno spiega la sua assenza in grafie

    come intravedere,tiv, senonch, sopratitoli.

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    Grafia

    Anche questo settore, stabilizzatosi con linsegnamento scolastico

    postunitario, non fa registrare grossi mutamenti, anche perch il

    correttore automatico dei computer (Palermo 1997; Renzi in Lo Piparo &

    Ruffino 2005: 199-208) contribuisce alla diffusione dello standard, tanto

    che sono tuttora soggetti a forte censura gli errori ortografici, che pure si

    direbbero tuttaltro che rari e, accanto ai refusi, compaiono, almeno

    saltuariamente, anche in forme di scrittura che sono o dovrebbero

    essere pi sorvegliate. Questo pu dipendere dalla rapidit della

    redazione dei testi, dalla frequente assenza di rilettura, che ha ricadute

    anche ad altri livelli di analisi (DAchille 2001), e dalle nuove modalit di

    stampa, in cui la correzione delle bozze ha perso limportanza che aveva

    in passato.

    Resta qualche incertezza ortografica, come quella che riguarda la

    i di valore puramente diacritico nei plurali di nomi (e aggettivi) femminili

    uscenti in -ciae -gia: la regola scolastica che la richiede solo se c una

    vocale prima della terminazione (camicie e grigie ma lance e frange) si largamente diffusa, ma, per influsso del latino, capita ancora di

    incontrare la grafia provincie e camicie, e il libro postumo di Oriana

    Fallaci (2008) intitolato Un cappello pieno di ciliege. In estensione e

    ormai abbastanza accettate sono grafie fonetiche come spegnamo,

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    accompagnamo invece di spegniamo, accompagniamo, che

    mantengono la desinenza -iamo.

    Incertezze perdurano anche nelluso dellaccento grafico sui

    monosillabi, specie su do (a volte accentato per distinguerlo dal nome

    della nota), nonch sul riflessivo s, generalmente non accentato prima

    di stesso o medesimo; grafie aberranti come st e f sono sanzionate,

    ma non rarissime. Si rileva invece frequentemente la trasgressione della

    regola che prescrive laccento sulle parole ossitone nel caso dei

    composti con monosillabi che, da soli, non lo richiedono: grafie come

    doposci,rossoblu, ventitre (e anche Raitre, come Raiuno e Raidue) sono

    tuttaltro che rare e anzi vengono spesso considerate quelle corrette.

    Luso dellaccento circonflesso sulla i dei plurali dei nomi

    maschili uscenti in -o limitato a testi particolarmente accurati o di tono

    desueto, con la stessa funzione disambiguante che ha la possibile

    segnalazione dellaccento grafico sulla terzultima sillaba in caso di

    omografie (princip contrapposto a prncipi, come mbito rispetto ad

    ambto).

    Non pi di un cenno merita il recupero (certamente favorito

    dallintroduzione di grecismi e forestierismi non adattati, come xenofobo

    o whisky) dei grafemi stranieri j (Jovanotti, junior, pronunciatoallinglese, cos come inglese ormai lo stesso nome della lettera, detta

    jay e non pi i lunga), k (usato per es. nella sigla di Crotone, KR, e

    soprattutto nel trasmesso giovanile invece di ch davanti alle vocali

    palatali, anche per risparmiare uno spazio), w (la sigla WWF), x

    (extra,mix) e y (molto usata anche in ipocoristici come Geppy eTony).

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    Per il resto, come tratti grafici di diffusione generale si pu

    segnalare la riduzione (nello scritto pi estesa che non nel parlato)

    dellelisione e dellapocope; lelisione, a parte i numerosi casi in cui si

    cristallizzata, come in daccordo, pare obbligatoria quasi solo prima di (c, ce n, dov, com, queste ultime due sequenze frequentissime

    nelle domande) e con gli articoli determinativi lo e la (e le corrispondenti

    preposizioni articolate) e i dimostrativi quello e quella; ma mentre nelle

    forme maschili costante prima di vocale e /w/ ( lutile, delluomo,

    quellindividuo), in quelle femminili pu restringersi ai casi di parola

    iniziante ancora con a (lattesa; quellamica; invece ammessa lasequenza della Enciclopedia), restrizione che vale anche nel caso

    dellarticolo indeterminativo una (unazienda, ma una Universit accanto

    a unUniversit).

    Questo quadro pu contribuire a spiegare, per analogia, lindebita

    estensione dellapostrofo sia dopo qualin qual , sia dopo il maschile un,

    dove relativamente estesa, come pure la sua saltuaria assenza nel

    caso del femminile, probabilmente per ipercorrettismo.

    Un punto in cui la grafia tuttaltro che stabilizzata quello della

    composizione: se nelle locuzioni avverbiali e congiunzionali la tendenza

    verso luniverbazione (invece prevale da molto tempo su in vece,

    pressoch supresso che, nonostante su non ostante, ecc.), nei composti

    nominali e aggettivali si ha una variet di soluzioni: grafia separata ( italo

    americano, auto bomba), trattino di congiunzione (italo-americano, auto-

    bomba), univerbazione (italoamericano, autobomba). Normalmente si

    arriva alluniverbazione man mano che le forme si lessicalizzano, ma

    capita non di rado di trovare separati non solo primi elementi di

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    composti, ma anche prefissi e prefissoidi che normalmente non

    compaiono isolati (settori scientifico disciplinari, semi nascosto, pseudo

    scientifico). Ancor meno stabilizzate sono le univerbazioni di

    polirematiche (pan di Spagna prevale tuttora supandispagna).

    Infine, appaiono in declino anche nello scritto, oltre che nel

    parlato, la d eufonica (limitata quasi solo a casi con due vocali identiche:

    stato il primo ad arrivare; ed ecco che ) e la i prostetica, che resiste

    solo nella formulaper iscritto. Nelluso delle maiuscole iniziali, se sono in

    decrescita grafie come Santo, Papa, Paese, Stato, Repubblica, ecc., si

    ha viceversa un loro indebito intensificarsi, per probabile influsso inglese,

    nei nomi dei mesi nelle date (15 Aprile 2010), negli etnici aggettivali e nei

    glottonimi (uno studente Inglese, in Italiano).

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    Morfologia flessiva

    Anche in questo settore litaliano si caratterizzato a lungo per la

    sua stabilit, che stata ulteriormente rafforzata, nel corso del

    Novecento, dalla progressiva riduzione della polimorfia. La

    sovrabbondanza di forme, soprattutto allinterno del sistema verbale, che

    caratterizzava ancora la lingua dellOttocento (Migliorini 1960), andatavia via scemando: attualmente, forme come debbo, segga, offerse,

    potette, dette, veduto, pur non essendo affatto uscite dalluso, appaiono

    senza dubbio in forte regresso rispetto a devo, sieda, offr, pot, diede,

    visto. Ancora maggiore la riduzione della polimorfia (sia essa morfologica

    o esclusivamente fonetica) nel caso dei nomi (uffizio, giovine hanno

    ceduto da tempo il campo a ufficio, giovane), a meno che non si tratti di

    allotropi (prezzo e pregio); anche nei plurali dei nomi in -co e -go le

    alternanze tra forme concorrenti (chirurghi/ chirurgi) si vanno riducendo.

    Nella morfologia nominale si pu registrare la crescita di peso

    della classe degli invariabili, originariamente marginale (DAchille &

    Thornton 2003), in cui vengono inseriti non solo i forestierismi uscenti inconsonante, ma anche nuovi nomi maschili in -a (numerosi, a dispetto

    delle regole fonologiche dellassegnazione di genere, che prevedono per

    luscita in -a la scelta del femminile; Thornton 2003) e persino in -o

    (DAchille 2005), e soprattutto nomi femminili in -o(DAchille & Thornton

    2008). In questo quadro laccoglimento di euro al plurale, secondo la

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    generale, a perdere il loro valore propriamente pronominale (Berretta

    1985; 1993).

    Per quanto riguarda i verbi, non si individuano, dal punto di vista

    propriamente morfologico, effettive novit, a parte la tendenza verso una

    possibile accettabilit di alcune forme analogiche tuttora substandard,

    come lestensione di -isc-a verbi in -ireche non appartengono a questa

    sottoclasse o la regolarizzazione dei composti degli irregolari dire,faree

    venire.

    Invece, sul piano funzionale si nota, specie nel parlato, la

    tendenza alla semplificazione del sistema tradizionale, anche in questo

    caso particolarmente complesso: molte forme, infatti, risultano oggi di

    uso piuttosto raro e sembrano avviate a un lento declino o comunque

    sono esclusive di registri molto formali e accurati, mentre altre tendono

    ad allargare la loro sfera duso e ad assumere nuovi valori (temporali,

    modali, aspettuali) che si aggiungono a quelli tradizionali e che, in

    prospettiva, potrebbero arrivare talvolta a soppiantarli.

    Cos, per es., tra i tempi dellindicativo, il presente sostituisce non

    solo il passato nei testi narrativi (al presente storico si lega luso, nello

    scritto, del futuro storico, in alternativa al condizionale passato, per

    indicare eventi posteriori), ma spesso anche il futuro (vengo domani),

    che ha a sua volta sviluppato un valore epistemico di dubbio (sar anche

    giusto, ma non mi convince); il presente indicativo pu avere anche

    valore iussivo prendendo il posto dellimperativo (adesso ti siedi e mi stai

    a sentire invece di adesso siediti e stammi a sentire; si noti, comunque,

    la preferenza per la perifrasi stare a + infinito) o rimpiazzare il presente

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    congiuntivo in certe dipendenti, in particolare (a volte in alternativa al

    futuro) nelle completive rette da verbi di opinione (non penso che vero;

    credo che verr; analogamente si ha limperfetto indicativo invece del

    congiuntivo in non sapevo chi era). Il passato prossimo largamentepreferito al passato remoto (morfologicamente spesso irregolare e

    assente nei dialetti settentrionali), anche per eventi cronologicamente

    lontani, mentre limperfetto, che in certi testi scritti pu assumere anche il

    valore puntuale e perfettivo proprio del passato remoto, ha vari usi

    modali: in partic., sostituisce spesso il congiuntivo e/o il condizionale in

    periodi ipotetici (se venivi ti divertivi) e pu avere valore attenuativo, dicortesia o di modestia (volevamo due caff; ti cercavo per chiederti una

    cosa).

    Il congiuntivo, di cui gi alla met del Novecento si lamentava la

    prossima morte, cede spesso il campo allindicativo nelle completive,

    nelle interrogative indirette e nelle relative restrittive, ma tuttora usato,

    sia nel parlato sorvegliato, sia soprattutto nello scritto, in molte

    subordinate; nelle principali va segnalata lespansione dellimperfetto,

    invece del presente esortativo (lo facessero, una buona volta!), di

    matrice romana e meridionale (Renzi 2007). Il condizionale si

    caratterizza soprattutto come modo del discorso riportato. Tra i modi

    indefiniti, linfinito presente si usa spesso al posto dellimperativo, speciein cartelli e in manuali di istruzione (introdurre la carta; agitare prima

    delluso); il participio presente mantiene valore verbale solo in testi

    burocratici (si ricorda ai docenti componenti la commissione); il participio

    passato pu essere usato al superlativo anche quando ha valore verbale

    e non aggettivale (il concerto stato applauditissimo), mentre il gerundio

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    (che non ha sempre un legame diretto con il verbo della principale,

    assumendo cos valore testuale: riassumendo, la situazione appare

    complessa) ha molto successo in titoli (Ballando con le stelle), tanto che

    la terminazione -ando (anche per calco dellinglese) si estende, in nomidi aziende commerciali o di manifestazioni, a nomi non convertiti in verbi

    (pizzando, chitarrando).

    Nei tempi composti, la scelta degli ausiliari appare

    sostanzialmente stabilizzata (tranne che nei verbi cosiddetti atmosferici,

    dove si alternano ha nevicato ed nevicato; in altri casi il verbo assume

    caratteri diversi a seconda dellausiliare; cos in ha fiorito ~ fiorito, ho

    scivolato ~ sono scivolato, ecc.); resta invece instabile laccordo del

    participio passato alloggetto nelle forme composte con lausiliare avere

    e con i verbi pronominali (ma ho fatto la spesa, mi sono bevuto una

    bibita e grazie per averci seguito sembrano prevalere rispetto a ho fatta

    la spesa, mi sono bevuta una bibita e grazie per averci seguiti). Molto in

    espansione sono le strutture perifrastiche: anzitutto stare + gerundio,

    probabilmente favorito, anche attraverso il doppiaggio, dal modello

    inglese (Degano 2005), ma anche (come si detto prima) stare a +

    infinito (alternativo al precedente con i verbi di percezione, in frasi

    negative, con gli imperativi), andare a + infinito, avere da + infinito, ecc.

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    Morfologia lessicale

    Nella lingua di oggi le neoformazioni sono prodotte grazie ai

    tradizionali meccanismi di derivazione e composizione, ma vi sono alcuni

    fatti degni di nota (cfr. Terreni in Cardinaletti & Frasnedi 2004: 163-85, e

    soprattutto Grossmann & Rainer 2004; Dardano 2009).

    Non tutti i prefissi e i suffissi tradizionali risultano tuttora produttivi,

    n, tra quelli produttivi, tutti hanno la stessa numerosit e frequenza; tra i

    prefissi pi usati si possono citare anti- (misure anticrisi; come si vede

    dallesempio questo forse il solo prefisso che consente un cambio di

    categoria rispetto alla base),post- (governi post-comunisti; ma forte la

    concorrenza dei composti con dopo, come dopo-elezioni), trans-(transavanguardia), iper- (iperattivo), super- (supereroi). Tra i suffissi

    produttivi, si possono citare -istada basi nominali e -tore da basi verbali

    per i nomi dagente (il tradizionale -aio scarsamente produttivo, mentre

    il romanesco -aro d luogo soprattutto a neoformazioni espressive); -

    zione, -mento, -tura e -aggio per i nomi dazione; -it e -ismo

    rispettivamente per i nomi astratti e per nomi di movimenti e tendenze; -izzare(da cui -izzazione) per i verbi (cannibalizzare e cannibalizzazione);

    -ale, in espansione anche per influsso inglese (opzionale, decisionale),

    ma anche -(i)ano, -ista e -istico, -ato per gli aggettivi, ecc. Resta

    produttiva lalterazione, tipica dellitaliano, e si ha spesso la

    lessicalizzazione degli alterati, che assumono un significato autonomo

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    rispetto alle basi (messaggino,calcetto, telefonino). Da registrare anche

    la diffusione del cosiddetto suffisso zero nella conversione di nomi in

    verbi e viceversa (cos da fax si avuto faxare inviare per fax, da

    allacciare si tratto allaccio invece di allacciamento; nel caso di qualificainvece di qualificazione si pu parlare invece di sottrazione di suffisso);

    resta ancora praticabile il meccanismo della parasintesi, che tiene in vita

    la classe dei verbi in -ire(svelenire).

    Pi rilevanti, forse, le novit nella composizione, in particolare nei

    vari sottotipi delle formazioni nome + nome, alcuni dei quali scarsamente

    rappresentati in passato, come i composti formati per ellissi della

    preposizione che esprime la subordinazione del secondo elemento al

    primo, derivati dunque da polirematiche (come banca dati o

    bagnoschiuma), oppure le combinazioni asindetiche come partito-

    azienda o lista civetta da un lato ed effetto serraoallarme inquinamento

    dallaltro, nonch i composti ibridi, formati con un elemento italiano e uno

    straniero (per lo pi inglese), tra loro coordinati o subordinati e in cui non

    sempre la testa costituita dal primo componente (si pensi a incentivi

    boom). Tra i composti verbo + nome alcuni sono usati come aggettivi

    (film mozzafiato, farmaco salvavita); in crescita anche i composti

    aggettivo + aggettivo (in particolare gli etnici) che, almeno

    occasionalmente, possono essere formati da pi di due elementi (anglo-franco-tedesco). La composizione neoclassica, realizzata con prefissoidi

    e suffissoidi latini e soprattutto greci, continua ad essere in espansione e

    vari elementi assumono progressivamente nuovi valori (si pensi a euro-,

    prima usato nel senso di relativo allEuropa, poi anche come proprio

    dellUnione Europea, infine pure nel senso di relativo alla moneta

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    dellUnione Europea, o a -poli, che dal valore di citt ha sviluppato, a

    partire da tangentopoli, quello di fenomeno di corruzione). Notevole

    peso, infine, hanno fenomeni di riduzione, dalluso di sigle (spesso

    modellate sullinglese, come AIDS), agli accorciamenti (come le recentiinfo informazioni, demo dimostrazione), che coinvolgono i nomi di

    persona (dove si pu avere la perdita della marca di genere, come in

    Simo Simone o Simona, Fede Federico o Federica, ecc.), dalle

    parole macedonia (glocalizzazione; lo scherzoso Veltrusconi) ad alcune

    retroformazioni (come spaghi spaghetti, cappuccio cappuccino).

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    Sintassi e testualit

    Secondo Beninc (1993), difficile parlare, per litaliano

    contemporaneo, di vere novit sintattiche: anche i calchi dallinglese,

    come linterrogativa detta bifocale, diretta o indiretta (il tipo chi ha visto

    chi?) restano circoscritti a dati tipi testuali e sostanzialmente estranei al

    sistema. Altri calchi sintattici dallinglese, come si detto, sembrano peravere maggior diffusione. Da segnalare, inoltre, certi spostamenti nella

    reggenza del verbo, con intransitivi usati transitivamente ( il caso di

    operare,viaggiare e vivere) o al posto delle forme pronominali (alternare

    per alternarsi, dirigere per dirigersi, ecc.).

    Nellordine delle parole nellitaliano di oggi si rileva lagrammaticalizzazione di alcune strutture originariamente marcate,

    documentate da secoli ma a lungo considerate scorrette: il mancato

    accordo del verbo (al singolare) con il soggetto nuovo posposto (alla

    cerimonia ha partecipato il sindaco e il presidente della provincia); la

    dislocazione a sinistra delloggetto diretto, ormai largamente accolta

    nello scritto e del tutto normale, in alternativa al passivo, nel parlato,dove inoltre gli oggetti caratterizzati dal tratto [+ umano], almeno in

    dipendenza di verbi psicologici come convincere, invitare, ecc., possono

    essere preceduti dalla preposizione a (a me la spiegazione non(mi) ha

    convinto, a Maria nessuno lha invitata); la dislocazione a destra, in cui

    lelemento anticipato dal pronome non si caratterizza come dato ma

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    come nuovo, e che particolarmente frequente nelle interrogative polari

    (lhai letto larticolo su Panorama?); la frase scissa, che nel parlato

    usatissima nelle interrogative restrittive (dov che hai messo le chiavi

    della macchina?) e si trova anche nei tipi che e non che ,mentre nello scritto serve spesso a marcare un cambiamento di tema e

    va dunque letta in chiave testuale; la frase presentativa, che nel parlato

    introduce pi elementi nuovi (c qualcuno che ti vuole parlare), ecc.

    Nella sintassi del periodo si pu citare la riduzione, sul piano sia

    quantitativo sia qualitativo, delle congiunzioni subordinanti tipiche dello

    scritto tradizionale: questo tratto caratterizza, ovviamente, soprattutto il

    parlato, dove, per es., siccome sostituiscepoich e ha largo spazio il che

    subordinatore generico; diffuso anche, per introdurre una relativa, il che

    polivalente (seguito o no da ripresa pronominale), che per resta pi

    marcatamente substandard. Anche lo scritto sembra spesso puntare a

    una semplificazione sintattica, quale si coglie, oltre che nella frequente

    adozione dello stile nominale, nellalleggerimento delle strutture

    ipotattiche che hanno caratterizzato per secoli litaliano. La riduzione

    della profondit della subordinazione non va per sempre attribuita alla

    pressione del parlato: cresce infatti anche linserzione di frasi incidentali,

    sintatticamente autonome, che, unitamente alla estrazione interpuntiva

    di materiale linguistico, va nella direzione di una maggiore complessit.Pertanto, la lingua scritta di oggi sembra soprattutto attenta a

    controllare, anche localmente, larchitettura semantico-pragmatica dei

    testi (Ferrari 2007: 79).

    In chiave testuale vanno interpretate anche alcune innovazioni sul

    piano della punteggiatura (Ferrari 2003; Francesca Gatta in Cardinaletti

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    & Frasnedi 2004: 267-79), come lestensione, nella narrativa ma spesso

    anche nel giornalismo, del punto fermo, posto prima di sequenze

    subordinanti e coordinanti, di sintagmi nominali e preposizionali: le

    spezzature ottenute consentono di non esplicitare i nessi logici esintattici tra i vari sintagmi, che vengono cos tutti in certo modo

    focalizzati. Ma se il punto prende a volte il posto della virgola, in altri casi

    questa a sostituire il punto, ponendosi tra frasi del tutto indipendenti.

    Nella narrativa contemporanea non mancano neppure casi di

    totale assenza di punteggiatura, che possono di volta in volta arieggiare

    il parlato, rendere il flusso dei pensieri (secondo il modello del monologo

    interiore), ottenere particolari effetti ritmici. In declino, infine, almeno in

    molti tipi di testo (e soprattutto nella scrittura in rete) il punto e virgola.

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    Altri fenomeni

    Prima di concludere si segnalano vari fatti, forse meno rilevanti

    dal punto di vista strutturale, ma utili per caratterizzare la lingua di oggi, o

    perch rivelano aspetti sociolinguistici interessanti, oppure perch

    documentano mode e tendenze spesso considerate con avversione:

    alcuni rientrano infatti in quella che stata definita come lingua diplastica (Castellani Pollidori 1995; 2004), che trova largo spazio nei

    media.

    Anzitutto, un problema sociolinguisticamente significativo quello

    della mozione (Thornton in Grossmann & Rainer 2004: 218-27), specie

    per quanto riguarda lindicazione del genere per nomi di professioni eattivit un tempo riservate alluomo: la ricerca del politically correct ha

    determinato una certa riduzione dei suffissi -essa e -trice (forme di

    matrice femminista come la studente, la professora, la direttora non si

    sono per di fatto mai imposte), ma si oscilla tuttora tra il ministro (con il

    mantenimento del maschile anche quando si tratta di una donna, che

    crea problemi di accordo in frasi come il sindaco stata moltoimpegnata), la ministra (spesso ironico) e la ministro (ma al plurale le

    ministro di fatto non usato, al contrario di le soprano, diffuso accanto a

    i soprani); da notare che a volte anche in conseguenza di mutamenti

    nel costume il nome maschile il derivato e il femminile la base (divo

    attore di successo posteriore a diva; mammo padre che fa le veci

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    della madre e nuoro compagno del figlio omosessuale sono stati

    tratti da mamma e nuora). Legato alle tematiche femministe anche il

    relativo declino dellarticolo determinativo prima del cognome di donne

    (Bonino e non la Bonino), che peraltro ancora diffuso; con i cognomi diuomini, e con i nomi di persona maschili e femminili, la presenza

    dellarticolo invece marcata diatopicamente come toscana e

    settentrionale (ma anche, per quanto riguarda i nomi, meridionale: vedi

    salentino lu Carlu). La ricerca del politicamente corretto ha determinato

    anche la diffusione di alternative eufemistiche per nomi di mestieri

    considerati umili (operatore ecologico invece di mondezzaio o spazzino),

    o per particolari categorie di malati (non udenti invece di ciechi).

    A mutamenti nei rapporti sociali si legano le recenti trasformazioni

    nelluso degli allocutivi: al singolare si ha la crescita del tu confidenziale

    (che in origine caratterizzava dialettalmente luso popolare di Roma e di

    altre zone dellItalia centrale e in grande estensione a partire dal

    Sessantotto) e la limitazione del voi di cortesia allarea meridionale; al

    plurale la restrizione del loro corrispondente al lei solo a testi e contesti

    molto formali. Anche nelle formule di saluto, oltre allespansione del ciao

    (come saluto anche collettivo, sia di esordio sia di congedo, che

    presuppone il tu), si pu registrare la ripresa di salve come saluto di

    media formalit, usato anche dai giovani (Canobbio, in Marcato 2003:147-154). Dal linguaggio giovanile sono risaliti allitaliano comune vari

    tratti, dal troppo con valore relativo (troppo forte! bellissimo), alle

    interiezioni inglesi (o)ops!, diffusasi grazie ai fumetti e usata sempre pi

    spesso come segnale di scusa, o wow (anche uau!), allintroduttore della

    serie, ricavato dagli annunci televisivi. Ormai da tempo detabuizzati

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    sono vari termini disfemici (Giovanni Nencioni in Accademia della Crusca

    1982: 5-33), da casino, usato con valore avverbiale, a cazzo, quasi

    grammaticalizzato nel parlato in domande come (che) cazzo dici?,

    peraltro fortemente marcate in diafasia.

    Tra le grammaticalizzazioni primarie e secondarie diffuse

    soprattutto nel parlato si possono citare (Renzi 2000) tipo con valore

    avverbiale (lui pensa tipo che ), che ha precedenti milanesi gi negli

    anni Cinquanta, (e) quantaltro come conclusione di enumerazioni di

    qualunque natura, e piuttosto che, che nello standard tradizionale

    istituisce una comparazione di preferenza, mentre nelluso

    contemporaneo (ma anche qui c una matrice milanese o comunque

    nordoccidentale) ha assunto anche il valore di semplice alternativa,

    perfetto equivalente di oppure. In continuo movimento, infine, il settore

    dei segnali discorsivi.

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    Conclusioni

    Nella lingua di oggi si registrano indubbiamente tendenze

    evolutive, dovute in parte alla sua stessa espansione in una gamma di

    usi assai diversificata; alcune sembrano di carattere strutturale, altre si

    direbbero legate piuttosto a spostamenti di carattere normativo; alcune si

    possono definire endogene, interne al sistema (e spesso hanno un

    retroterra storico consistente), altre sono esogene, legate cio agli

    apporti delle variet regionali diverse da quella toscana e ai contatti con

    le lingue straniere e soprattutto con linglese. Il quadro appare mosso e,

    in certi aspetti, persino contraddittorio. La registrazione di fenomeni

    nuovi non deve per far trascurare gli elementi di continuit con la lingua

    della tradizione, che appaiono tuttora saldi. Lo stesso contesto sociale

    sembra, al di l di certe apparenze, favorire la stabilit piuttosto che la

    deriva a volte pronosticata.

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