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221 dialoghi Locarno – Anno 44 – Aprile 2012 di riflessione cristiana BIMESTRALE Gli studi sociologici documentano un’erosione continua del rapporto tra appartenenza religiosa e partecipa- zione ai culti cristiani. Nella Vecchia Europa questa tende a scendere ad- dirittura sotto il dieci per cento, so- prattutto tra i giovani. Occasioni stra- ordinarie di raduno, come le Giorna- te mondiali della gioventù, le Visite del Papa, o quelle della «Madonna pellegrina» – capaci di attirare folle di giovani o di anziani – convivono con l’abbandono delle forme «ordi- narie» di partecipazione, come la messa domenicale. Il fenomeno deve preoccupare, non tanto perché segna la fine di un certo cattolicesimo so- ciologico, quanto perché tende a svuotare di senso una modalità es- senziale del cristianesimo: la comu- nità che celebra l’Eucarestia nel «giorno del Signore». La celebrazione domenicale come la conosciamo noi discende da una tra- dizione ramificatasi nei secoli. La «messa di sempre» – vantata dai tra- dizionalisti in opposizione alla rifor- ma liturgica decisa dal Concilio Va- ticano II – non è mai esistita: tutti i riti, però, anche in quelli in apparen- za più lontani da un modello comune riconoscibile, conservano un nucleo che risale all’insegnamento di Gesù («Fate questo in memoria di me», 1Cor, 11,23-26) o alla testimonianza degli apostoli, di cui si ascoltava l’in- segnamento, poi si rendevano grazie (onde il termine: Eucarestia), si spez- zava il pane e lo si distribuiva (Atti 2, 41-47). Le prime comunità scelse- ro per queste riunioni la domenica, ricordando la Risurrezione del Si- gnore («Ci riuniamo tutti insieme nel giorno del Sole», Apologia di Giusti- no 1, 67). Se anche la tradizione mil- lenaria non bastasse a sostenere la buona abitudine della messa dome- nicale, ragioni pastorali escludereb- bero di accettarne a cuor leggero la decadenza. Perché, se è vero che ci si salva individualmente, l’appartenere a una comunità di salvati è costitui- vo dell’essere cristiani, come l’agape è la regola di vita e la fraternità il modo di governo («Uno solo è il vo- stro Maestro e voi siete tutti fratelli», Mt 23, 8). Una riflessione è dunque urgente e deve investire ogni aspetto del «precetto festivo» com’è pratica- to oggi. Paradossalmente, è la passata ric- chezza (per numero di preti) delle no- stre comunità di cattolici dell’Euro- pa continentale che ci ha giocato un brutto tiro. I Paesi di missione non co- noscono il problema della frammen- tazione, indotta dalla disponibilità di messe a tutte le ore del sabato e del- la domenica, come la conosciamo noi. Introdotta con le migliori intenzioni, questa pratica, innestandosi su una concezione «giuridica» del precetto domenicale (la messa «che vale»), ha indotto una individualizzazione del rapporto delle persone con la litur- gia. Come può essere allora conside- rata culmine e fonte della vita della Chiesa (Concilio Vaticano II, Costi- tuzione sulla liturgia, 10) una pratica che somiglia ormai moltissimo alla frequenza del negozio scelto per fare la spesa, dove le persone non si co- Il Cenacolo di Ponte Capriasca, copia da Leonardo da Vinci, XVI secolo. E:M. (Continua a pagina 2) EUCARESTIA E COMUNITÀ

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221 dialoghiLocarno – Anno 44 – Aprile 2012 di riflessione cristiana BIMESTRALE

Gli studi sociologici documentanoun’erosione continua del rapporto traappartenenza religiosa e partecipa-zione ai culti cristiani. Nella VecchiaEuropa questa tende a scendere ad-dirittura sotto il dieci per cento, so-prattutto tra i giovani. Occasioni stra-ordinarie di raduno, come le Giorna-te mondiali della gioventù, le Visitedel Papa, o quelle della «Madonnapellegrina» – capaci di attirare folledi giovani o di anziani – convivonocon l’abbandono delle forme «ordi-narie» di partecipazione, come lamessa domenicale. Il fenomeno devepreoccupare, non tanto perché segnala fine di un certo cattolicesimo so-ciologico, quanto perché tende asvuotare di senso una modalità es-senziale del cristianesimo: la comu-nità che celebra l’Eucarestia nel«giorno del Signore».La celebrazione domenicale come laconosciamo noi discende da una tra-dizione ramificatasi nei secoli. La«messa di sempre» – vantata dai tra-dizionalisti in opposizione alla rifor-ma liturgica decisa dal Concilio Va-

ticano II – non è mai esistita: tutti iriti, però, anche in quelli in apparen-za più lontani da un modello comunericonoscibile, conservano un nucleoche risale all’insegnamento di Gesù(«Fate questo in memoria di me»,1Cor, 11,23-26) o alla testimonianzadegli apostoli, di cui si ascoltava l’in-segnamento, poi si rendevano grazie(onde il termine: Eucarestia), si spez-zava il pane e lo si distribuiva (Atti2, 41-47). Le prime comunità scelse-ro per queste riunioni la domenica,ricordando la Risurrezione del Si-gnore («Ci riuniamo tutti insieme nelgiorno del Sole», Apologia di Giusti-no 1, 67). Se anche la tradizione mil-lenaria non bastasse a sostenere labuona abitudine della messa dome-nicale, ragioni pastorali escludereb-bero di accettarne a cuor leggero ladecadenza. Perché, se è vero che ci sisalva individualmente, l’appartenerea una comunità di salvati è costitui-vo dell’essere cristiani, come l’agapeè la regola di vita e la fraternità ilmodo di governo («Uno solo è il vo-stro Maestro e voi siete tutti fratelli»,

Mt 23, 8). Una riflessione è dunqueurgente e deve investire ogni aspettodel «precetto festivo» com’è pratica-to oggi.Paradossalmente, è la passata ric-chezza (per numero di preti) delle no-stre comunità di cattolici dell’Euro-pa continentale che ci ha giocato unbrutto tiro. I Paesi di missione non co-noscono il problema della frammen-tazione, indotta dalla disponibilità dimesse a tutte le ore del sabato e del-la domenica, come la conosciamo noi.Introdotta con le migliori intenzioni,questa pratica, innestandosi su unaconcezione «giuridica» del precettodomenicale (la messa «che vale»), haindotto una individualizzazione delrapporto delle persone con la litur-gia. Come può essere allora conside-rata culmine e fonte della vita dellaChiesa (Concilio Vaticano II, Costi-tuzione sulla liturgia, 10) una praticache somiglia ormai moltissimo allafrequenza del negozio scelto per farela spesa, dove le persone non si co-

Il Cenacolo di Ponte Capriasca, copia da Leonardo da Vinci, XVI secolo.

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noscono, non si stringono la mano,hanno in comune solo la valuta concui pagheranno il dovuto a un’anoni-ma cassiera?Salendo di un gradino, un problemada affrontare è l’obbligatoria unifor-mità delle celebrazioni causata daun’osservanza passivamente scrupo-losa delle norme rituali. La riformaposteriore al Concilio ha prodottonuovi messali e nuovi rituali, la cuiricchezza è fuori discussione (eccet-to qualche archeologismo fuori luo-go), ma lo spirito con cui sono statiadottati riflette una preoccupazioneche poteva essere del Concilio diTrento – l’uniformità come disciplina– ma oggi è in contrasto con le piùelementari regole dell’inculturazio-ne. Nella Chiesa cattolica ha da ces-sare la prassi di considerare vietatotutto ciò che non è obbligatorio. Nonè necessario per questo cancellareelementi tramandati dall’uso (c’è chiha in uggia l’incenso, e chi le cande-le...) che aggiungono senso e bellez-za, per esempio, alla celebrazionepresieduta dal vescovo (ma la mitraal San Gottardo il Primo Agosto pa-re davvero superflua...). La «messadel vescovo», dunque, potrebbe esse-re considerata il tipo della celebra-

zione: ma accanto occorre far spazioad adattamenti – certo, riflettuti, nonimprovvisati – come la rinuncia a unao due delle letture prescritte quandopotrebbe bastare la pagina di Vange-lo, un atto di fede che non sia il Cre-do niceno-costantinopolitano di cuiun’infima minoranza sarebbe in gra-do di spiegare quel che sta dicendo,la rinuncia pura e semplice alla Pre-ghiera dei fedeli quando non sia ema-nazione della comunità che celebra;e via esemplificando...Salendo un altro gradino, va riflettu-ta, pensando all’esigenza di formarecomunità, la presenza del presbitero.La tradizione clericale, che ha incro-stato di sacralità ogni minimo gestodel «celebrante», sta fortunatamenteperdendo forma e sostanza a causadella diminuzione delle vocazioni.Ma, se si vuole salvare il senso di unapresenza delegata dal vescovo, cioèdal «successore degli apostoli», l’af-fidamento di compiti pastorali amem-bri della comunità si pone tra i com-piti più urgenti, rinunciando all’as-surdo domenicale correre di luogo inluogo di molti presbiteri, oppure al«rinforzo» di preti che si limitano al-la celebrazione dei sacramenti manon hanno altro contatto con le per-

sone in quanto assenti tutta la setti-mana, o sono d’altra lingua. Biso-gnerà essere coerenti fino in fondo: seil prezzo da pagare per garantire unapresenza regolare del ministro nellacomunità è l’abolizione (o la restri-zione) della regola del celibato ob-bligatorio, la Chiesa non può e nondeve esitare. Forme alternative pos-sono essere suggerite dalle circo-stanzema, in questo senso, dovrà con-tare il bene delle comunità, anche seil principio della parità di diritti ditutti i battezzati (donne comprese), po-trebbe indurre a forzature non neces-sarie. Del resto, come si fanno dioce-si ad hoc per anglicani anti-femmini-sti e gerarchie parallele per cattolicitradizionalisti, perché non permette-re almeno ad experimentum il tra-pianto in Occidente di una prassi – ilclero uxorato – da sempre ammessanelle Chiese (anche cattoliche) orien-tali?Il rapporto tra Eucarestia e comuni-tà va dunque riproposto con urgenzaall’attenzione della Chiesa. «Dialo-ghi» vi contribuisce con un piccolonumero di articoli da altre riviste checi auguriamo possano guidare la ri-flessione. E.M.

Bertoli confermaIl Consiglio di Stato del Cantone Ti-cino ha risposto in data 13 marzo adue interrogazioni scritte sul tema del-le visite del Vescovo nelle scuole pub-bliche cantonali e comunali. Il testogovernativo premette che «possonoessere ovviamente organizzati dallascuola degli incontri o promosse atti-vità didattiche con persone terze, in-contri o manifestazioni che per loronatura hanno carattere di obbligato-rietà ( es. conferenze, visite a mostre,uscite di studio ecc.). In questo con-testo possono rientrare anche inviti apersonalità del mondo scientifico,economico, religioso, politico ecc.».«Nelle due interrogazioni – ammetteil Governo – gli autori condividono ilfatto che l’incontro degli allievi di unasede scolastica con il Vescovo nel qua-dro di una visita pastorale possa assu-mere un carattere diverso, di naturastraordinaria e religiosa, tanto dacondividere la partecipazione facolta-tiva degli allievi nello spirito del ri-spetto della libertà confessionale», ri-spettando cioè la volontà degli allie-

vi o dei genitori. Così «appare vero-similmente possibile immaginare che,a titolo straordinario, e in manieraconcordata con l’autorità religiosa, sipossa prevedere – nella misura in cuiciò fosse possibile dal profilo orga-nizzativo – di riunire in una sola orasettimanale gli allievi iscritti all’inse-gnamento religioso e altri allievi in-teressati, durante la quale il Vescovopossa svolgere la sua visita pastora-le». «Se l’organizzazione in tempo discuola non fosse materialmente pos-sibile occorre trovare un altro mo-mento della giornata scolastica, for-zatamente al di fuori della griglia ora-ria, durante il quale permettere agliallievi interessati di incontrare il Ve-scovo della diocesi luganese. In basea quanto avvenuto negli anni scorsiquest’ultima impostazione è general-mente attuata dalle direzioni scolasti-che, spesso dopo i necessari contatticon le autorità scolastiche». Quindi«persone terze», anche religiose (co-me i vescovi) possono essere invitateper «attività didattiche» la cui parte-cipazione è obbligatoria per tutti gliallievi; ma in occasione di una visita

pastorale la presenza è a «libera scel-ta» degli allievi o dei genitori; può es-sere «a titolo straordinario» per tuttii consenzienti in un’ora dell’orarioscolastico, ma per motivi organizza-tivi può essere «forzatamente fuori»,e cioè è generalmente avvenuto.Col titolo (su tre colonne): «Bertoliapre le porte delle scuole al Vescovo»,il «Giornale del Popolo» del 17 mar-zo scorso informava che «il Consigliodi Stato ha preso posizione positiva-mente affermando la possibilità di vi-site pastorali del Vescovo agli studentidelle scuole pubbliche durante le le-zioni scolastiche». Ma dimenticandole condizioni poste: senza obbligo dipresenza da parte degli allievi se av-viene durante la visita pastorale; e seci sono difficoltà organizzative, gene-ralmente fuori dall’orario scolastico.È quanto precedentemente aveva de-ciso il consigliere di Stato Gendotti, eil Vescovo aveva accettato. Il campa-nile resta al centro del villaggio, e nonviene posto nella scuola pubblica.

a.l.(I tratti in tondo sono sottolineaturedella redazione).

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In questo intervento vorrei toccare trequestioni che, pur non essendo cer to leuniche, mi sembra indispensabile af-frontare quando si parla di «Eucaristiaoggi»: il legame tra azione liturgica evita, quello tra celebrazione e comu-nità, la presidenza. Non dirò comun-que nulla di originale, anzi, so che esi-stono riflessioni e prassi assai più ca-paci di andare alle radici dei problemiqui posti e giustificare le soluzioni quiprospettate. Ad esse rimando.

Non perdere di vistale personeIl nodo a mio parere decisivo oggi perrestituire significato alla cele brazioneeucaristica è quello di coniugare nel-la liturgia il memoriale della morte eresurrezione di Cristo con la vita per-sonale, comunitaria e sociale di chi siriunisce nel suo nome. In sostanzaquel «voi» che Gesù chiama a «farequesto in memoria di me» (Lc 22,19;lCor 11, 24-25) deve recuperare lapropria densità vitale e alla mensa delSignore devono trovare spazio spe-ranze, preoccupazioni, sofferenze,progetti, ecc. di chi vi si siede.Il centro della celebrazione eucaristi-ca è la presenza di Cristo nella comu-nità viva. Ricordarlo può apparireun’ovvietà, ma forse non è del tuttoscontato: assistiamo, infatti, a semprepiù insistenti richiami a recuperare lo«splendore» della liturgia, rivalutan-done gli aspetti di «solennità», riesu-mando l’uso del latino, irrigidendo lafedeltà letterale alle formule rituali ecurandone gli elementi formali (il can-to ben intonato, la lettura chiaramen-te proclamata, ecc.), fino a prospetta-re il ripristino dell’obbligo di riceve-re la comunione in bocca e stando inginocchio; e a questi richiami si som-mano le sollecitazioni a rilanciarel’adorazione dell’Eucaristia, che ri-schia di corroderne l’aspetto comuni-tario, enfatizzando quello individualee devozionale, e di offuscarne il ca-rattere di pasto, la dimensione del«mangiare insieme» cui spesso ri-chiamava Mario Cuminetti, quello«stare insieme a tavola» che andreb-be semmai reso più visibile; d’altrocanto, spesso i tentativi di favori re lapartecipazione dell’assemblea appe-santiscono la celebrazione, rendendo-la sciatta e verbosa.

Il gesto dello «spezzare il pane euca-ristico» deve invece incontrare (attra -verso il linguaggio, i gesti, i segni) ilquotidiano delle persone. Il momentorituale va reinserito nella vita, dive-nendone «segno efficace» nel duplicesenso di ricapitolazione simbolica del-l’esistenza vissuta nella fede e di sti-molo alla conversione individuale ecollettiva, spingendo i credenti a re-immergersi nelle contraddizioni dellastoria con lo spirito critico e liberato-re che deriva dalla memoria trasfor-ma trice di Cristo.

Riaccostare la liturgiaalla vita realePer come viene attualmente proposta,invece, la celebrazione eucaristica, coisuoi gesti codificati e ripetuti, le sueformule uguali ovunque e che suona-no a volte «da iniziati», i suoi ruoli ri-gidamente definiti, resta separata dal-la situazione sociale e culturale dina-mica che la comunità vive, inducen-do nei partecipanti un atteggiamentopassivo, se non di estraneità, e inci-dendo assai poco nelle loro scelte diogni giorno.Si tratta, allora, di (imparare a) cele-brare la vita, interpretando con crea-ti vità il vissuto delle persone e il cam-mino della comunità, ma secondo lospecifico linguaggio liturgico e sim-bolico (con tutto il gigantesco proble-ma qui del rapporto tra il «simbolo»e una cultura impregnata dal linguag-gio tecnico-scientifico). Bi sogna ri-scoprire e/o inventare gesti, segni,simboli – a cominciare dall’Eucaristiastessa – non confinati in un’ottica disacralità separante, di ritualismo reli-gioso, né prigionieri ormai inespres-sivi di una concezione premoderna delmondo, ma capaci di «parlare a» e «si-gnificativi» per gli uomini e le donnedi oggi.Nella celebrazione dovrà, quindi, tro-vare eco ciò che in quel momento vi-ve quella porzione del popolo di Dio,risaltare in che modo il Signore si ri-vela nell’esperienza di quei credenti,emergere come il messaggio e la pras-si di Gesù possono illuminare il lorocammino personale e comunitario, es-sere richiamati gli aspetti del mistero

di Cristo che si scoprono nella storia,individuando i modi adatti ad espri-mere ciò in forma simbolica. Nella li-turgia eucaristica entreranno, con ge-sti, parole o segni, la richiesta di per-dono per l’offesa recata da un compo -nente dell’assemblea a un altro, lavicinanza verso il fratello o la sorellamalati, la petizione allo Spirito perchéaiuti la comunità a discernere come te-stimoniare la fede ai più giovani, ladecisione di ospitare la famiglia romin locali comuni disponibili, la lode aDio per il superamento di una crisiaziendale che minaccia posti di lavo-ro, la solidarietà con le lotte del po-polo tunisino per la democrazia, ecc.La celebrazione eucaristica non potràmai essere identica in due comunitàdiverse o in due momenti diversi del-la stessa comunità cristiana. Esem-plare in tal senso la descrizione cheLuigi Rosadoni faceva già nel 1970 ri-ferendosi all’espe rienza della parroc-chia de La Nave di Rovezzano: «Nac-que una liturgia nuova che ogni do-menica era diversa perché ogni do-menica esprimeva la fede comunitaria,animata e colorata sia dalla Parola diDio che dagli avvenimenti accaduti tranoi e nel mondo».Naturalmente ciò comporterà usarel’ordo e le rubriche con libertà, tantopiù tenendo conto della diversità diculture, tradizioni e condizioni socia-li proprie di una Chiesa che si vuoledavvero «cattolica».È quindi evidente che la qualità dellacelebrazione eucaristica sarà il rifles-so della qualità della vita di quella co-munità cristiana. L’Eucaristia, ricor-dava Martino Morganti 25 anni fa, è«l’angolatura privilegiata per chi vo-glia capire e misurare un qualsiasi vis-suto comunitario di fede: dimmi qua-le Eucaristia celebri e ti dirò chi sei,o, se si vuole, dimmi chi sei e ti diròche Eucaristia celebri».

Mai una messa senza popoloLa preparazione della celebrazione eu-caristica potrà, di volta in volta, es sereaffidata a un gruppo diverso per età,impegno o zona di residenza, oppurea un «servizio di animazione liturgi-ca» rappresentativo e rinnovato pe-riodicamente, ma sempre con l’atten-zione a evidenziare in tutti i momen-ti (da quello penitenziale al saluto

Per un’Eucarestia non staccata dalla vitae da celebrare senza rigidità gerarchiche

di Mauro Castagnaro

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d’impegno finale, passando per ilcommento alla Parola di Dio) il lega-me tra fede nella morte e resurrezio-ne di Gesù e vita della comunità. Tut-te le sue componenti e attività viriecheggeranno. Altrimenti sarà im-possibile andare oltre l’abitudine, l’as-solvimento di un precetto religioso ol’espressione di un costume sociale.Anche questo vincolo tra eucaristia ecomunità è di per sé un’ovvietà, marischia di essere oscurato non solo dal-la raccomandazione puntualmente ri-volta ai presbiteri di celebrare quoti-dianamente la messa, anche quandonon ci fosse partecipazione di fedeli,ma pure, di fatto, dai processi, ormaiprevalenti in Italia e all’estero, di ac-corpamento delle parrocchie per ri-spondere alla diminuzione numericadel clero, così sacrificando la visibili-tà del nesso tra comunità cristiana con-creta ed eucaristia, pur di salvaguar-dare quello tra quest’ultima e il mini-stero ordinato.Tale «disincarnazione» può forse es-sere evitata, di fronte a un amplia-mento del territorio, solo articolandola parrocchia in «comunità ecclesialidi base», la comunione tra le qualiavrebbe l’espressione più visibile pro-prio nella comune celebrazione euca-ristica domenicale. Diversamente te-mo che le «unità pastorali» siano de-stinate ad aprire la strada a quelle«parrocchie extralarge» cui si riferi -sce anche il memorandum Chiesa2011: una svolta necessaria (sotto-scritto da centinaia di teologi e teolo-ghe di tutto il mondo), riducendo i pre-ti a stressati funzionari del sacro e al-lontanando ulteriormente i laici. Sa-rebbe la conferma di fatto, al di là dellesmentite verbali, del primato «cleri-cale» sulla comunità.

La questione del ministeroordinatoNaturalmente fare davvero dell’as-semblea comunitaria il soggetto checelebra consentirebbe di affrontare conmaggiore libertà il problema della pre-sidenza dell’Eucaristia, in cui l’ele-mento del «servizio» (ministeriale)dovrebbe essere determinante e nonconfondersi più con quello «sacerdo-tale» (di mediazione necessaria tral’uomo e Dio). E senza sottrarsi, co-me ricordava Giuseppe Barbaglio, al-la duplice esigenza di «ridimensiona-re il ruolo dei prete, riconducendoloall’interno della dinamica della com-plementarietà che presiede all’azionedei numerosi e diversi servizi» e «de-sacralizzare la sua persona e la sua

azione, rimettendone in luce l’esattafunzione di guida della comunità».Tre anni fa, intervistando dom Deme-trio Valentini, vescovo di Jales e unadelle figure più lucide dell’episco patobrasiliano, gli chiesi quale conside-rasse la mag giore sfida per la Chiesauniversale oggi; egli mi rispose senzaesitazioni: «Il rinnovamento dei mi-nistero ordinato». E aggiunse: «Giu-stamente ad Aparecida (sede nel 2007della V Conferenza generale del-l’Episcopato latino americano), Be-nedetto XVI ha affermato che l’Euca-ristia domenicale è indispensabile perla vita cristiana. Ma come garantirlaquando in Brasile il 70% delle cele -brazioni non sono eucaristiche, perchémanca il presbitero? Bisogna cambia-re la struttura del ministero, anche sedirlo ci spaventa».

Per questo dom Valentini sostiene laproposta formulata di mons. Fritz Lo-binger, vescovo emerito di Aliwal inSudafrica, di ordinare équipes di viriprobati come «preti di comunità», inqualche modo ripristinando la distin-zione esistente nella Chiesa primitivatra presbiteri «paolini» (celibi, itine-ranti e fondatori di comunità) e «co-rinziani» (sposati, stanziali e respon-sabili di comunità). È in questione laconvinzione che l’essere maschi siauna condizione indispensabile per ac-cedere ai ministeri ordinati e operare«in persona Christi» (cosa che peral-tro le donne già possono fare nell’im-partire, in caso di necessità, il battesi-mo). Il magistero ecclesiastico affer-ma tuttavia che «la Chiesa non ha inalcun modo la facoltà di conferire al-le donne l’ordinazione sacerdotale»

Non possiamo non fare memoria di Gesù«La crisi della messa è, probabilmente, il simbolo più espressivo della cri-si che si sta vivendo attualmente nel cristianesimo. È sempre più evidenteche l’adempimento fedele del rito dell’Eucaristia, così come è rimasto perse coli, non sia sufficiente per alimentare il contatto vitale con Cristo di cuioggi necessita la Chiesa. L’allontanamento silenzioso di tanti cristiani cheabbandonano la messa domenicale, l’assenza generalizzata dei giovani,incapaci di capire e di gustare la celebrazione, le lamentele e le richiestedi coloro che continuano ad essere presenti con fedeltà esemplare, stannodimostrando a tutti che la Chiesa ha bisogno, nel centro stesso delle suecomunità, di una esperienza sacramentale più viva e più sentita.Tuttavia, nessuno sembra sentirsi responsabile di ciò che sta succedendo.Siamo vittime dell’inerzia, della vigliaccheria o della pigrizia. Un giorno,forse non molto lontano, una Chiesa più fragile e povera, ma con maggio-re ca pacità di rinnovamento, intraprenderà la trasformazione del rito del-l’Eucaristia, e la gerarchia si assumerà la responsabilità apostolica di pren-dere decisioni su questioni che oggi non osiamo neppure sollevare.Nel frattempo, non possiamo rimanere passivi. Affinché un giorno si pro-duca un rinnovamento liturgico della Cena del Signore, è necessario crea-re un nuovo clima all’interno delle comunità cristiane. Dobbiamo sentirein modo molto più vivo la necessità di ricordare Gesù e fare della sua me-moria l’inizio di una nuova e profonda trasformazione della nostra espe-rienza religiosa.L’Ultima Cena è il gesto privilegiato nel quale Gesù, in prossimità dellasua morte, riepiloga ciò che è stata la sua vita e quello che sarà la sua cro-ci fissione. In questa Cena concentra e rivela in modo eccezionale il conte-nuto salvifico di tutta la sua esistenza: il suo amore verso il Padre e la suapietà verso gli esseri umani, portati fino all’estremo.Per questo motivo è così importante una celebrazione viva dell’Eucaristia,nella quale rendiamo viva la presenza di Gesù attraverso di noi. Riprodurrequello che Lui visse alla fine della sua vita, piena e profondamente fedeleal progetto del Padre, è l’esperienza privilegiata di cui abbiamo bisognoper ali mentare la nostra volontà di seguire Gesù e il nostro lavoro che hacome fine quello di aprire nuovi cammini verso il suo Regno.Dobbiamo ascoltare con maggiore profondità il comandamento di Gesù:“Fate questo in memoria di me”. In mezzo alle difficoltà, agli ostacoli e al-le resistenze occorre lottare contro l’oblio. Abbiamo bisogno di fare me-moria di Gesù con più verità e autenticità. Occorre ravvivare e rinnovarela celebrazione dell’Eucaristia». José Antonio Pagola

teologo e biblista spagnolo

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Giovanni Battista Pioda nacque il 4 ottobre 1808 a Locarno. Era il primogenitodi undici fratelli. Ebbe una formazione cosmopolita e studiò a Pavia. Convintoassertore delle idee liberali radicali, libero pensatore, diede notevoli impulsiall'industria serica nel Ticino e alla Cassa risparmio cantonale. Dopo la praticadi avvocato, G.B. Pioda fu procuratore del fisco del distretto di Locarno, ma perseil posto per motivi politici. si era schierato con i liberali radicali guadagnandosimolti nemici nelle file dei conservatori. Nel 1839 la vittoria dei radicali gli offrìl'opportunità per una carriera politica: fu membro del governo ticinese, segretariodi stato e consigliere federale. Nel 1864 G.B. Pioda fu nominato Ministroplenipotenziario svizzero alla corte del Regno d'Italia. Morì a Roma nel 1882.

Ralf Heckner, GIOVANNI BATTISTA PIODAConsigliere federale e diplomatico svizzero in ItaliaA cura di Rodolfo HuberPresentazione di Moreno Bernasconi - Prefazione di Andrea GhiringhelliFormato 18x25, rilegato in tela, 362 pagine con illustrazioni, Fr. 39.–

A R M A N D O D A D Ò E D I T O R ECH-6601 Locarno - Via Orelli 29 - Tel. + 41 91 756 01 20/751 49 02Fax + 41 91 752 10 26 - www. editore.ch - e-mail: [email protected]

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(Lettera apostolica di Giovanni PaoloII Ordinatio sacerdotalìs, 22 maggio1994). Così l’aver sem plicementescritto nella lettera pastorale per l’Av-vento del 2006 che, in ragione del«primato dell’Eucaristia per l’identi-tà, continuità e vita di ogni comunitàparrocchiale, abbiamo bisogno di es-sere assai più aperti ad altre opzioniper garantire che l’Eucaristia possa es-sere celebrata», discutendo la possi-bilità di «ordinare uomini sposati, ce-libi o vedovi scelti e sostenuti dalla lo-ro comunità parrocchiale, riaccoglie-re al ministero attivo ex preti, sposatio celibi, ordinare donne sposate o nu-bili, riconoscere le ordinazioni delleChiese anglicana, luterana e unita», ècostato a mons. William Morris, ve-scovo di Toowoomba, in Australia,l’imposizione delle dimissioni da par-te del Papa, il quale, inoltre, avendoricevuto da dom Valentini documen-tazione sulla proposta di mons. Lo-binger, gli ha chiesto di non parlarnepiù in pubblico.Questa chiusura delle autorità eccle-siastiche non è senza conseguenze.L’iniziativa di 330 preti austriaci chehanno annunciato l’intenzione di«adempiere il precetto domenicale intempi di scarsità di clero» conside-rando «una liturgia della Parola condistribuzione della comunione comeuna Eucaristia senza sacerdote», hafatto scalpore perché si è proposta co-me un «appello alla disobbedienza».

Alla ricerca di alternativeTuttavia negli stessi giorni, parteci-pando a Detroit all’American Catho-lic Coun cil, un grande incontro cheha riunito duemila cattolici «riforma-

tori» da tutti gli Stati Uniti, ho verifi-cato il silenzioso diffondersi in quelpaese delle Intentional eucharisticcommunities, cioè di gruppi di catto-lici che – a volte reagendo alla sop-pressione della propria parrocchia, de-cisa dal vescovo per accorparla ad al-tre in mancanza di clero – si auto-or-ganizzano in piccole comunità, spessoospitate nelle case, celebrando l’Eu-caristia con l’accompagnamento di unpresbitero pri vato dell’esercizio delministero, perché sposatosi o di unadelle «donne prete» (un’ottantina ne-gli Stati Uniti) ordinate nell’ultimo de-cennio dal movimento Roman Catho-lic Womenpriests e scomunicate daRoma, o sotto la guida di un propriomembro laico.È un fenomeno analogo ad esperien-ze in crescita nei centro dell’Europa eportate alla luce nel 2007 dal rappor-to Chiesa e ministero. Verso una Chie-sa che abbia un futuro, elaborato daidomenicani olandesi, in cui emergecome numerose parrocchie e comuni-tà ecclesiali, da tempo prive di un pre-sbitero residente, finiscano per affi-dare a laici o laiche, incaricati di pre-siedere la celebrazione, la stessa con-sacrazione del pane e del vino. Ciòviene sentito come coerente con l’af-fermazione che l’Eucaristia sia il cen-tro della liturgia della Chiesa, «fontee apice di tutta la vita cri stiana» (Lu-men Gentium n. 11), e quindi la suacelebrazione non possa essere subor-dinata alla presenza di un prete, poi-ché ciò significherebbe rendere di fat-to l’ordinazione il sacramento più im-portante.L’insistenza sulla necessità che, affin-ché sia autentica, una celebrazione eu-ca ristica debba realizzarsi sotto la gui-

da di un individuo appositamente or-dina to con uno specifico sacramento,pare radicarsi nei residui di una con-cezione dell’Eucarestia che mette alcentro il «cambiamento della sostan-za», possibile solo grazie al «potere»di dire quelle particolari parole chehanno una speciale efficacia, cioè del«potere ontologico di fare l’Eucari-stia», per citare Armido Rizzi. Ma,paradossalmente, il tentativo di sotto-lineare la rilevanza unica e sommadell’Eucaristia, attribuendo la presi-denza della sua celebrazione e la pos-sibilità della consacrazione a una per-sona «speciale», finisce per assogget-tare l’Euca ristia stessa all’investitura(ordinazione), cioè al carattere «spe-ciale» di chi a ciò è designato. Deter-minante finisce per essere non l’Eu-caristia, ma il ministro (e più a mon-te, il celibato!).A me pare, in conclusione, non cam-pata per aria una considerazione checircolava tra i presenti a Detroit: «Nonaccettando di ridiscutere l’attuale for-ma del ministero presbiterale, Romacompie una scelta miope, perché sipreclude la possibilità di governare ilcambiamento. Di fronte, infatti, allacarenza di clero e alla conseguente im-possibilità, secondo le norme canoni-che, di celebrare l’Euca ristia, la gen-te trova da sé le proprie risposte. E al-lora non ci si può lamentare se lo fa aprescindere dall’autorità ecclesiasti-ca e in modo in po’ anarchico».L’autore di questo contributo è Mauro Ca-stagnaro, di Crema, collaboratore de «Il Re-gno» e membro di «Noi siamo Chiesa». L’in-tervento è stato pronunciato a Pistoia nelcorso del Convegno «Il Vangelo che abbia-mo ricevuto» (17-18 settembre 2011) e pub-blicato da «Koinonia».

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Per noi cristiani di città, lo sappiamo,i preti sono pochi, ma non è una evi-denza quotidiana. Molti anzi pensanoche ce ne siano addirittura troppi e chetanti si occupino di cose che potreb-bero benissimo lasciar fare ai laici, eloro dedicarsi a un compito più speci-fico, alla pastorale. Invece, è una du-ra realtà per i paesi lontani: l’Africa,il Sud America, i Paesi di missione.Ma arriva un giorno che càpita nellatua chiesa: il prete va via e non vienesostituito, almeno non subito, quasi siauna punizione per la comunità che selo è lasciato scappare, e se va bene,dopo, sarà un condominio. Si cercanosoluzioni all’ interno di un sistema cheappare rigido, immodificabile, quasiun dogma, una assoluta verità di fede,mentre invece è una legge della Chie-sa che ha… solo mille anni! E allorasi cerca di riflettere, di leggere e si tro-vano testi che hanno trattato il pro-blema.Tra quelli di ieri troviamo Una Chie-sa senza preti, testo che raccoglie i ri-sultati di una indagine fatta dalle Co-munità di base della Lombardia e pub-blicata nel 1980. Sono pagine di gran-de interesse. Erano tre le domandeposte alle «comunità di base»: Cele-brate, anche saltuariamente, una Eu-carestia senza prete consacrato? Daquanto tempo fate questo? Quali so-no le valutazioni positive o negativeche ne fate? Furono interpellati moltiteologi. Tra le risposte ottenute, quel-le di Congar, Chenu, Duquoc, Boff,Barbaglio, Dianic, Kasper, Küng,Metz, Vorgrimler e Schoonenberg. Inchiusura si leggono interventi di Amil-care Giudici e di Ermanno Genre, sul-la risposta protestante, ma in partico-lare un grande saggio di Mario Cumi-netti (40 pagine) che ripercorre tuttele facce del problema con un aggan-cio alla Chiesa primitiva.Di quattro anni dopo è Célébrer le di-manche en l’absence de prêtre, un te-sto all’epoca molto diffuso, vista l’am-piezza del problema in Francia, nelquale si cerca di analizzare i proble-mi dottrinali e pastorali che si pongo-no, dando indicazioni con l’obiettivodi limitare abusi e pericoli. Ma ce n’èuno quasi di oggi, promosso da Noisiamo chiesa, 2009, per le Edizioni «laMeridiana»: Eucarestia senza prete,che riporta il testo Chiesa e ministe-ro, un documento del 2007 dei dome-nicani olandesi e del grande dibattitoche ne è seguito.

Una prima osservazione: l’Eucaristiaè assolutamente centrale nella vita difede, nella testa e nel cuore del catto-lico. E chi lo negherebbe? Nessuno, acominciare dal Papa; solo che dopo –vista la realtà – o la si ammette, manon si vuole tirarne le conseguenze;o, ancora, si cercano rimedi rilan-ciando formule già ampiamente di-mostratesi inadeguate: l’accorpamen-to di parrocchie, l’incarico moltepli-ce di un solo parroco, l’importazionedi preti stranieri dall‘ Africa, India,Argentina...Nel 2005 la Provincia olandese deidomenicani aveva incaricato unacommissione di studiare la relazionetra Eucaristia e ministero: se cioè lasua celebrazione debba dipendereunicamente da un ministro ordinato,o se potrebbe essere celebrata ancheda pastori scelti dalla comunità. Lafotografia dell’esistente fornisce i da-ti. Del 2002 è il Servizio della Paro-la e della Comunione, dove la consa-crazione è già stata effettuata, ma nonnel luogo (la Chiesa ufficiale consi-dera questo un ripiego povero…). Al-l’epoca del sondaggio, in 550 comu-nità si celebrava il Servizio, contro2200 messe. Quattro anni dopo lemesse erano scese a 1900 e il Servi-zio si celebrava in 630 comunità. Èmolto probabile che questa tendenzasia con il tempo ulteriormente aumen -tata. Molte comunità quando perdo-no la speranza di avere prima o poiun prete ordinato, considerano lorodiritto/dovere cercare delle soluzionivicine alle persone, scegliendo uomi-ni (e donne) che saranno incaricate diguidare la celebrazione: una scelta dalbasso per la quale si chiederebbe unaconferma o una benedizione. Non sitratterebbe di dare un potere, semmaiuna responsabilità. Il fatto che l’isti-tuzione non accetti la formula e anziscoraggi anche le applicazioni più ele-mentari del Servizio, ha prodotto –detto in parole semplici – delle solu-zioni «fai da te», che è facile pensa-re produrranno incertezze e problemi:quella che è l’unica possibilità di-venta facilmente una possibile con-fusione.Perché tornare a occuparsi di questoproblema? Perché dovrebbe essereuno dei punti cardine quando si pen-sa alla pastorale oggi. Una banale os-servazione della realtà fa dire che ilprete, o comunque una persona inca-ricata, sia indispensabile alla comuni-

tà. In assenza la chiesa chiude, il grup-po, grande o piccolo che sia, si di-sperde. Il pastore è una necessità peril gregge; è una evidenza umana pri-ma che evangelica. La fedeltà a unalegge della Chiesa – di fatto più di-sattesa di quanto si voglia ammettere– è l’infedeltà a una richiesta, talvol-ta non esplicita, del popolo di Dio.Le obiezioni dell’istituzione e dei tra-dizionalisti sono deboli e superabili.Non è vero che non ci siano laici di-sponibili a occuparsi della comunità edella Chiesa. Se non sono preparati èperché la tradizione li lascia volentie-ri minorenni, ma è ovviamente rime-diabile. Molti laici hanno spesso unapreparazione superiore a tanti preti checi capita di incontrare. Non è genero-so svilire l’impegno e la santità per-sonale dei tanti uomini sposati che leChiese cristiane non cattoliche ordi-nano da sempre: non si tratta sempli-cemente di un overtime, o un post-job.Anzi sarebbe invece cosa buona perl’indipendenza e la libertà della Chie-sa che i suoi ministri, come Paolo, senecessario, si mantenessero tessendotappeti.L’ecumenismo – un’onda evangelicache non si potrà limitare – ci ha por-tati a contatto con tante persone, au-tentici uomini (e donne) di Dio, cherispettiamo e consideriamo fratelli ebuoni compagni di strada e molti, ad-dirittura, consideriamo maestri. Sen-za parlare del problema della donnanella Chiesa che, come si racconta di-cesse il cardinale Martini, era un pro-blema improponibile nel secolo scor-so, ma forse in questo...La Chiesa cattolica è vicina e lonta-na... dal sole. Quella occidentale, vi-cina al Vaticano, si ingegna e si arro-vella per trovare ai mille problemi del-le risposte nel sistema, mentre sino-dalmente sarebbe indispensabileinterrogarsi sulle riforme del sistema.La Chiesa lontana, quella diffusa nelmondo che presto sarà maggioritaria,probabilmente si arrangia come può aconciliare tradizioni occidentali conquelle locali, con le quali è costretta afare i conti. Se cosi non dovesse es-sere, dovremo rassegnarci a leggere:«Andate in tutto il mondo a predicareil Vangelo a ogni creatura» (Mc16,15), con una postilla: se accettanol’interpretazione greco-romana.

Giorgio Chiaffarinoda «Il Gallo», Genova, maggio 2011

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Eucarestia senza prete, discorso da approfondire

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No. 221 dossier 7

La domanda è: perché non adeguare (riadattare) la cele-brazione della «cena del Signore», in modo che significhiimmediatamente qualcosa, senza obbligare i fedeli «abi-tuali» all’interpretazione di gesti, simboli, parole, mentregli altri (i giovani specialmente) non comprendono quasinulla («Sarebbe questo il ricordo o la rappresentazione del-l’Ultima Cena?». Uno ha in mente il Cenacolo di Leonar-do e difficilmente riesce a fare il collegamento). Quel cheè stato realizzato con la presentazione dell’intera Bibbia«in italiano corrente», cioè in «un linguaggio accessibileall’uomo contemporaneo», «con parole e forme della lin-gua italiana di tutti i giorni: quella consueta e più familia-re, che le persone usano per comunicare tra loro» (dallaPresentazione, LDC, 1976), perché non può essere fattosenza stravolgimenti anche per la «memoria» dell’UltimaCena? Come constata mons. Claude Dagens, vescovo diAngoulême («Il Regno» n. 1109 del 15 ottobre 2011): è inatto una riscoperta della liturgia «contro la contrapposi-zione fittizia e pericolosa fra il cosiddetto culto e la mis-sione»; perché «la liturgia della Chiesa partecipa a ciò chec’è di più radicale, di più profondo nella sua missione», è«quel segno paradossale, a volte molto visibile e a voltemolto nascosto, attraverso il quale la vita e l’amore di Diosono presenti nel nostro mondo».E allora, mettiamoci all’opera, preti celebranti e cristiani«concelebranti» (non ci ha forse insegnato anche questo ilConcilio?) per rendere più attuale, e quindi più vera, la«memoria» (cioè il ricordo attualizzato) dell’unica «isti-tuzione» (come diceva padre Danielou) che ci ha lasciatoGesù. Tutto il resto: genuflessioni e incenso, paramenti ecandele, e quanto ancora viene dalla storia, quando nonancora peggio dal barocchismo di liturgisti disincarnati,può essere tralasciato. Evitando di ferire i devoti di oggi(e specialmente di ieri), ma ricordando anche le commo-venti esperienze vissute nei campi di prigionia, quando la«memoria» venne rinnovata con bucce di patate e acquasporca!Cominciamo con l’utilizzare parole che abbiano un signi-ficato per gli uomini di oggi (perché un buongiorno signi-fichi veramente buon giorno), e invece di «Eucarestia»,che esige una traduzione, diciamo: «memoria della Cenadel Signore», affinché questa «memoria» sia meglio e mag-giormente sentita come contemporanea ai cristiani e a tut-ti gli uomini che Dio ama. Scegliamo la disobbedienza dal-le rubriche (che stanno a cuore – se lo ascoltano – solo aiburocrati vaticani) e cominciamo a usare il linguaggio cor-rente anche per fare memoria della Cena. Così come è sta-to per la Parola del Signore, presentata in lingua corrente,senza alcuna volontà sacrilega: il Concilio ha insegnatoche Cristo è presente nella Cena, come lo è nella Parola,nella comunità e persino (ma certo!) nei poveri!

Segni che non significanoEsempi di disobbedienza «in lingua corrente»: (1) il salu-to della pace si dia all’inizio della cerimonia, così comeavviene quando si va a trovare un amico: il Vangelo inse-gna che il perdono si deve cercare prima di presentare l’of-ferta all’altare (gli ambrosiani e i luterani ci insegnano);(2) si aboliscano incenso e candele, che da tempo non si

usano più nelle nostre case, sono inutili e poco ecologiche;(3) si lascino perdere le genuflessioni: la riverenza si usaormai solo alla Corte d’Inghilterra quando si è presentatialla Regina (a me non capita più spesso); ma anche la po-sizione ginocchioni non è più utilizzata neppure dalle mas-saie per lavare i pavimenti, ora che dispongono di efficientiapparecchi elettrodomestici; (4) il «pane eucaristico» siapane, come il «vino» è vino, superando la ridicola e risi-bile contraddizione di assicurarsi (pena l’invalidità?) chesia veramente fatto con l’uva; e poi perché, invece del pa-ne che mangiamo tutti i giorni, ci viene messo in mano (ilPapa pretende di mettercelo addirittura in bocca, come sifa con gli infanti e i cagnolini) un surrogato insipiente?Anche le parole del «presidente» e dei compartecipanti sia-no immediatamente significative in lingua corrente: (1) lapreghiera del Padre nostro (insegnataci da Gesù!) fa dif-ficoltà agli uomini di oggi, perché non sempre né per mol-ti la parola padre richiama un atteggiamento amorevole(padre Zanotelli usa l’espressione papà) e la collocazione«nei Cieli» è poco significativa, da quando Gagarin ha ve-rificato che in cielo (oltretutto un’illusione ottica) non c’ènessuno; il «pane nostro» dovrebbe inoltre essere invoca-to (e anche da noi distribuito) per tutti gli uomini, assiemea diversi altri elementi necessari e diritti fondamentali (2)i tre brani biblici prescritti per le domeniche (scelti appa-rentemente senza né capo né coda, alcuni incomprensibi-li e astorici)) sono eccessivi per le capacità di attenzionedella maggior parte delle persone, non più abituate a unesercizio di confronto tra testi letti; meglio un brano solo,quello del Vangelo, con una breve introduzione che lo col-lochi nella vita e nell’insegnamento di Gesù; poi il com-mentatore (e perché deve sempre essere il prete celebran-te, non necessariamente il più preparato nel caso concre-to, o non piuttosto un confronto tra le diverse c compren-sioni e applicazioni dei presenti?) può richiamare anche lealtre due letture previste dal messale, che il fedele inte-ressato potrà più facilmente leggersi e confrontare sul vo-lantino messo a disposizione con i testi della domenica.

Un Credo in cui credereNon oso, nella mia incompetenza e iconoclastica imperti-nenza, indicare come dovrebbe essere tradotta «in linguacorrente», e per gli uomini di oggi, una «professione di fe-de» che risale alle dispute teologiche dei primi secoli del-la cristianità, governata dagli imperatori bizantini (appun-to, bizantini): dopo Auschwitz, il «Dio onnipotente» è piut-tosto malandato e spesso malinteso. Mi limito a offrireun’alternativa che altri cristiani, ecumenicamente, ci han-no offerto. Si tratta della Confessione di fede del Sinodoriformato svizzero (San Gallo, 1986):Crediamo in Dio creatore. È a lui che dobbiamo ogni

forma di vita.Nessuno, oltre a lui, può generare la vita, o far rinascere

una vita distrutta.Ma Dio, che ha creato la terra e la mantiene, non ritira

la sua mano dalla Creazione.Ne resta il Signore, malgrado le potenze di distruzione.Questa è la nostra speranza.

Per una liturgia «in lingua corrente»Discutiamone in termini comprensibili e con un po’ di spirito...

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8 dossier No. 221

Crediamo in Gesù Cristo, suo unico Figlio. Tramite lui,Dio si è messo al nostro fianco.

Con la sua morte, ha preso partito per coloro che sonosenza potere;

con la sua risurrezione ha vinto il potere di questo mon-do.

Egli ha preso su di sé i torti nostri e quelli del mondo in-tero.

Egli è a fianco delle vittime della violenza e dell’ingiu-stizia.

Egli rende giustizia a tutti coloro che giorno e notte glielevano grida.

La sua risurrezione dai morti ci libera dalla paura.Questa è la nostra certezza.Crediamo nello Spirito Santo. Dio crea in lui una vita

nuova;edifica il suo Regno in mezzo a noi, fino al suo compi-

mento alla fine dei tempi,quando giudicherà ogni essere umano e renderà manife-

sto quanto è ancora nascosto.Nello Spirito, Dio riunisce la sua Chiesa in una comu-

nione di fede al seguito di Cristo.Ma lui, lo Spirito Santo, più grande dei nostri cuori e

della nostra ragione.AI culmine della nostra disperazione, egli ci fa scoprire

la fedeltà di Dio.

Prigionieri del passato, egli ci apre all’avvenire.Egli prodiga la vita eterna mentre noi scaviamo gli uni

gli altri le nostre tombe.In lui Dio rinnova il suo popolo, fino al giornoin cui sorgerà il suo Regno di pace e di giustizia.Questa è la nostra vita. AMEN.

Invito ai liturgistiLascio ai liturgisti, assistiti da professori di italiano, didarci indicazioni sul testo della Preghiera eucaristica, e spe-cialmente sulle parole centrali della «consacrazione» (al-tra parola fuorviante quando è applicata al laico Gesù); ame basta qui ricordare che già San Tommaso aveva osser-vato che quel «corpo e sangue» sono di un Cristo risusci-tato e glorioso, e così deve esserne fatta «memoria-attua-lità». E per concludere, invece del «Missa est», tradottosciaguratamente ancora: «Andate in pace, la messa è fini-ta», propongo il commiato augurale e impegnativo: «An-date, la missione comincia», cioè l’impegno ad essere cri-stiani, testimoni di Cristo nel mondo.Papa Giovanni XXIII aveva promosso il Concilio per at-tuare un «aggiornamento» della Chiesa: è forse finalmen-te ora di incominciare a realizzarlo, almeno usando la «lin-gua corrente». scriba

La proposta dell’or dinazione a pre-sbiteri di leader delle comuni tà catto-liche locali, per sopperire alla scarsi-tà di ministri per le celebrazioni do-menicali e le necessità pastorali, ha ri-cevuto non solo una più completasistematizzazione nei due libri dimons. Fritz Lobinger, vescovo eme-rito di Aliwal, in Sudafrica (Équipesde mi nistros ordenados, ed. Paulus eEl altar vecio, ed. Herder, cfr. «Dia-loghi» n. 216, aprile 2011), ma ancheso stegno teologico grazie ai contribu-ti che arric chiscono le due pubblica-zioni della edizione spagnola, presen-tata a Madrid l’8 aprile 2011. Il primodei due libri si apre infatti con un te-sto del vescovo di Jales (Stato di SanPaolo, Brasile), dom De metrio Va-lentini, e con una sostanziosa intro -duzione di p. Antonio José de Almei-da, teolo go e saggista brasiliano lau-reatosi alla Grego riana, molto stima-to dalla gerarchia ecclesia stica del suoPaese. A firmare la presentazio ne del-l’Altare vuoto è invece un altro nototeologo, lo spagnolo Juan AntonioEstrada.«L’intuizione di dom Lobinger è chia-ra», so stiene dom Demetrio: «Una so-luzione per il pro blema della scarsitàdi presbiteri deve comin ciare dalla va-lorizzazione di quelli che ab biamo

ora. Essi sono chiamati ad essere i for-matori e gli animatori dei ‘ministri or-dinati nel le comunità’, in modo chela Chiesa abbia la garanzia di non pre-scindere dall’importanza e dall’attua-zione degli attuali ‘preti dioce sani’ ce-libi». Mons. Valentini ci tiene a pre-cisare che «esistono équipes di ani-matori di co munità, ben preparati,adatti ad esercitare i mi nisteri dei qua-li le comunità hanno bisogno! Perciò,potremmo dire: i ministri di comuni-tà sono già pronti. Manca solo che laChiesa de cida la loro ordinazione pre-sbiterale».Non c’è contraddizione fra i due tipidi mi nistri ordinati: quello che viene«alla comuni tà» e quello che viene«dalla comunità». L’articolazione frai due modelli di presbiteri è spie gatada Juan Antonio Estrada, quando trac-cia il profilo dei ministri comunitari:«Sarebbero uguali ai laici per formadi vita, tranne che per quanto concer-ne l’ordinazione sacerdotale»; appar-terrebbero «alle comunità locali» e of-fri rebbero un servizio «a tempo par-ziale ma com pleto. Non è questa unanovità assoluta – aggiunge – per chéattualmente ci sono preti che dedica-no al le funzioni pastorali comunitariesolo parte del loro tempo, essendoprofessori, o impegnati nelle relative

comunità monastiche o religiose, o inincarichi curiali di amministrazione».Il testo di mons. Lo binger «insistesempre sul carattere ecclesia le dellaproposta. Si offre a tutta la Chiesa ealla gerarchia di competenza, papale,episco pale e presbiterale, come un’al-ternativa pie namente inquadrabile neldiritto e nella teolo gia attuali».L’ortodossia della proposta di mons.Lobinger è corroborata dal contribu-to biblico-teologico di p. De Almeida,il quale ritrova nelle comunità paoli-ne del Nuovo Testamento l’esperien-za del la formazione, nelle comunità,dei ministri an che per la celebrazioneeucaristica, e ne indi vidua un soste-gno in documenti, conciliari e magi-steriali. «Non si richiede – puntualiz-za il teologo – la possibilità di ordi-nare qualsiasi persona, ma di ordina-re, nelle comunità og gettivamentemeritevoli di questa definizione, per-sone sposate o no, accademicamentefor mate o no, a tempo pieno o par-ziale, che ab biano le qualità necessa-rie per un buono, efficace e fruttuosoministero presbiterale». E si chiede se,in ultima analisi, sia meglio «la ce le-brazione eucaristica domenicale intutte le comunità degne di questo no-me, oppure il manteni mento integra-le di determinati requisiti non es sen-ziali al ministero ordinato», anche seciò penalizza le comunità.

Eletta CucuzzaAdista», n. 37, 14 maggio 2011

Ordinare presbiteri dalle comunità

Le proposte di un vescovo coraggioso

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L’eclissi della laicitàIl volume1 che viene presentato que-sta sera ricostruisce un pezzo di unafase della storia del cattolicesimo eu-ropeo, in particolare svizzero e tici-nese, che si inizia dopo la conclusio-ne di quella che lo storico delle dot-trine politiche Giorgio Campanini hachiamato la prolungata eclissi dellalaicità del cattolicesimo.

Scrive Campanini: «La prolungataeclissi della laicità ha dato luogo a unaprolungata sovraesposizione dellaChiesa, quale si è espressa attraversole ambigue formule dell’“Impero cri-stiano”, del “Sacro Romano Impero”,della “Res publica christiana” e infi-ne dello “Stato cattolico”: forme di-verse delle tentazioni teocratiche chea lungo hanno accompagnato la cri-stianità occidentale... sino alla Rivo-luzione francese e oltre»2. Vi è qual-cosa di impressionante nella trasfor-mazione, avvenuta nella tarda roma-nità, del cristianesimo da religioneminoritaria, addirittura perseguitata,estranea alla politica, che si ispiravaal motto secondo cui occorre «dare aCesare quel che è di Cesare e a Dioquel che è di Dio», a religione uffi-ciale dell’impero, imposta con la for-za della legge. Parte da qui la tenta-zione teocratica che percorre lungaparte della storia della cristianità.Quando una tendenza si manifesta perun così lungo tempo, vien da pensareche non possa trattarsi di un banalemalinteso, ma debba avere cause pro-fonde. D’altra parte, il tema del «tra-dimento» di Cristo da parte della Chie-sa (magistralmente espresso nella ce-leberrima «leggenda del Grande In-quisitore» narrata da Dostoevskij) èricorrente all’interno della stessa tra-dizione cristiana. Le ragioni di talemalinteso andrebbero quindi indaga-te. Il grande filosofo americano della

politica John Rawls considera natu -rale che una religione incentrata sultema della salvezza eterna postasu di un piano incomparabilmente su-periore ad ogni felicità terrena, unareligione vieppiù organizzata in mo-do gerarchico e centralizzato, con lapresenza di un ceto sacerdotale de-tentore esclusivo dell’autorità, una re-ligione che richiedeva l’adesione in-condizionata a un’ortodossia dottri-nale molto precisa, una religione conuna forte vocazione al proselitismo edunque all’espansionismo, abbia avu-to anche una forte tendenza all’an-nessione, quando possibile, della sfe-ra politica a questo disegno salvificoe missionario. Non sarebbe dunque uncaso, continua Rawls, che il proble-ma di una più chiara separazione fraCesare e Dio e della tolleranza vengaposto con serietà nell’Europa cristia-na quando questa religione viene a di-vidersi in due confessioni aventi i me-desimi caratteri e dunque costrette atrovare almeno un modus vivendi3.

La fine dell’eclissi della laicitàLa storia dell’Azione cattolica è unpezzo della storia di un cattolicesimoche, con la fine dell’Ancien régime,deve per forza, con fatica, progressi-vamente rinunciare alle tentazioni teo-cratiche e immergersi in quella nuovarealtà che chiamiamo la «società civi-le». Deve rinunciare ad essere totali-tà e farsi parte, e più avanti, in politi-ca, anche partito. Ce lo dice all’iniziodel suo contributo al volume il prof.Vecchio: «I colpi che la rivoluzioneaveva assestato alla Chiesa erano tal-mente forti da richiedere un profondorinnovamento della Chiesa stessa, chesi doveva sempre più confrontare conla modernità. Ciò voleva dire soprat-tutto fare i conti con le richieste dellalibertà di coscienza e della libertà distampa, con l’affermazione dello Sta-to laico e la rottura della tradizionale

alleanza tra trono e altare, con la cre-scente critica dello Stato temporale, epersino con la diffusa convinzione chela Chiesa stessa avesse esaurito la suafunzione storica e fosse soltanto un re-litto del passato»4. Questo faticosoconfronto della Chiesa con la moder-nità avrà una sua piena realizzazionesolo molto tempo dopo, nel ConcilioVaticano II.Questa nuova fase è quella di una rin-novata presenza dei cattolici nella so-cietà civile: in una sfera pubblica nonimmediatamente politica (nel sensoistituzionale, statale) e relativamenteautonoma dalla politica; una sferapubblica che si colloca fra la priva-tezza della coscienza e della vita fa-miliare (la vita che si svolge in quel-la che i greci chiamavano l’oikos) e lasfera pubblica politica vera e propria,quella che riguarda il potere coerciti-vo dello Stato; una sfera pubblica nongestibile solo dall’alto, non mera cas-sa di risonanza di decisioni gerarchi-che; una sfera pubblica informale chesi nutre di quelle stesse libertà di co-scienza e di espressione care alla cul-tura illuminista e che, invece, il ma-gistero della chiesa continuava a ri-fiutare e riconoscerà pienamente solocol Concilio Vaticano II.Il nuovo associazionismo cattoliconon mira più solo all’edificazione per-sonale, ma anche all’azione pubblica.L’importanza di quest’azione e dellalibertà che la rende possibile è affer-mata, ad esempio, da Angelo Taddei,primo presidente della AssociazionePio IX, in un suo discorso del 1864,di cui Fabrizio Panzera riporta un pas-saggio. Dice il Taddei: «Dobbiamo te-ner testa con piena concordia e con ze-lo perseverante a quella falsa opinio-ne pubblica che i nemici hanno fab-bricato e vanno fabbricando. E conquali mezzi, con quali armi? Collestesse, perché noi pure abbiamo il di-ritto di difendere la giustizia, e di di-fenderla in nome di quella libertà cheè garantita. Costituiscono essi socie-tà, tengono adunanze? Costituiamoneanche noi, teniamone anche noi. Sigiovano delle ricreazioni essi? Gio-viamocene noi pure, promovendo frail popolo sollievi innocenti. E più diogni altra cosa soccorriamo e appog-giamo la stampa, col denaro e coi con-tributi del nostro intelletto, ognuno aseconda delle proprie forze. Questi so-

No. 221 opinioni 9

Fede, ragione, laicità, rapporti Stato e ChiesaVecchio e nuovo confronto con la modernità

di Virginio Pedroni

Il 18 ottobre 2011, alla Biblioteca cantonale di Lugano, alla presenza del Ve-scovo Grampa, è stata dedicata una serata di dibattito al volume pubblicato acura di Luigi Maffezzoli «Il popolo e la fede. 150 di Azione cattolica nella Sviz-zera italiana e in Europa». In tale occasione, il filosofo Virginio Pedroni hapresentato una relazione sui rapporti tra Chiesa e società civile, che indaganon solo il passato ma anche il presente di un tema da sempre all’attenzionedi questa rivista. «Dialoghi» ringrazia l’Autore per avere messo a disposizio-ne questo suo ottimo contributo.

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no i mezzi per ostare alla falsa opi-nione pubblica»5.

Rifiuto della modernitàe integrazione nella modernitàLa «falsa opinione pubblica» va com-battuta con la vera, ma i mezzi sono imedesimi e la spazio che viene a co-stituirsi è uno spazio comune, condi-viso, seppure agonisticamente: quel-lo dell’azione, dell’iniziativa dal bas-so, della battaglia di idee in un conte-sto di crescente pluralismo. Nelcontempo, i contenuti di questo atti-vismo mantengono ancora un caratte-re reattivo rispetto ai valori liberali emoderni che lo rendono possibile efanno essenzialmente riferimento al-la difesa della gerarchia ecclesiasticae dei valori della tradizione.Si può leggere in un articolo del 1856della Schweizerische Kirchenzeitung,citato nel contributo di Davide Ada-moli sulla nascita del Piusverein: «Noicattolici vogliamo essere fedeli catto-lici, e stare uniti: non ciascuno nel pro-prio cantuccio, no!, vogliamo profes-sarci cattolici ad alta voce e aperta-mente e con fedeltà posizionarci at-torno ai vescovi datici dallo SpiritoSanto, e attraverso di loro stare con ilcapo comune di tutta la Chiesa catto-lica, il Santo Padre Pio IX»6. La pro-spettiva è quella di una difesa del cat-tolicesimo dalla modernità piuttostoche di un’integrazione del cattolicesi-mo nella modernità. Ma, come è no-to, l’integrazione fa comunque passiavanti, secondo un percorso tortuosoe accidentato. Di questo rapporto pa-radossale fra fini antimoderni e mez-zi moderni scrive nel suo interventoDavide De Lorenzi, riferendosi in par-ticolare al periodo del vescovo Bac-ciarini: «Tramite le associazioni cat-toliche si voleva impedire il contagiocon la società moderna e organizzarecapillarmente la vita religiosa, mante-nendo le masse sotto la guida della ge-rarchia e delle élite cattoliche. Questoprocesso antimodernista fu comunquecompiuto con mezzi sempre più mo-derni: le associazioni cattoliche mo-dernizzarono a poco a poco il cattoli-cesimo in misura imprevedibile, spin-gendo ad esempio in campo la com-ponente femminile e portando a lungoandare ad una maggior autonomia deilaici dalla Chiesa»7. In proposito, DeLorenzi cita opportunamente l’affer-mazione dello storico Urs Altermatt:«Quanto più il cattolicesimo volle es-sere società contro, tanto maggiore fuil suo contributo all’integrazione dei

cattolici nella società»8.Si è trattato di un percorso di moder-nizzazione che possiamo concepire,col filosofo Jürgen Habermas, comeun processo di apprendimento, in cuiil mondo moderno secolarizzato hacostretto le varie confessioni religio-se a confrontarsi con tre nuove realtà:la nuova scienza, lo Stato laico fon-dato su un’etica non religiosa e un plu-ralismo religioso in cui le varie con-fessioni sono su di un piede di parità.Di questa lunga vicenda l’Azione Cat-tolica, ci dicono gli autori dei vari con-tributi, rappresenta il lato più associa-zionistico, religioso prima che politi-co, e più popolare, come suggerisce iltitolo stesso del volume: «Il popolo ela fede».

Il paradosso del Concilio:la fine della modernità come«nemico»Il fatto che l’Azione Cattolica abbiavissuto una della sue fasi di più pro-fonda crisi proprio negli anni del Con-cilio Vaticano II parrebbe confermarel’idea che essa abbia espresso la suacapacità di movimento e il suo con-tributo modernizzatore soprattuttonella forma di una resistenza «mo-derna» alla modernità, come espres-sione di quella «vera opinione pub-blica» contrapposta alla «falsa opi-nione pubblica» di cui parlava Taddei,e che sia entrata in crisi nel momentoin cui il «nemico», la modernità, hadismesso esplicitamente, con il Con-cilio giovanneo, i panni del nemico, odello stato di necessità, per diventareanche in linea di principio il terrenocomune, laico, pluralista, in cui le con-fessioni religiose devono durevol-mente muoversi; e quando si è postopiù acutamente il problema della mo-dernità, ad esempio del pluralismo edel dissenso, dentro la Chiesa stessa,nel rapporto fra autorità della gerar-chia e libertà di coscienza dei cattoli-ci. Ma di ciò devono dire in primo luo-go i cattolici stessi.

Il momento attuale:post-secolarismo e religioneMi permetto ora di dire due parole sul-la fase attuale. Come noto, nella gran-de difficoltà che incontriamo a cattu-rare il presente con categorie genera-li, vi è spesso la tendenza a parlarneusando le vecchie categorie antepo-nendovi il prefisso «post». E dunquesentiamo parlare spesso della nostra

come società post-moderna e post-se-colare. Post-moderna nella misura incui l’universalismo illuminista e ra-zionalista sarebbe andato in crisi epost-secolare nella misura in cui le re-ligioni tornano ad avere un forte ruo-lo nella scena pubblica, come fonte dicriteri etici e identità collettive. Ciòche in ambedue i casi è in questione èl’autonomia di un pensiero laico qua-le fonte di criteri normativi forti a so-stegno delle nozioni di verità e di giu-stizia. Soprattutto la seconda espres-sione, quella di post-secolarismo, nondeve fare credere che si siano inter-rotti processi profondi di secolarizza-zione. Questi continuano: la pratica re-ligiosa diminuisce, i matrimoni civiliaumentano, come i divorzi, la pauradell’inferno non determina il com-portamento medio della gente. Ciò chesi intende con società post-secolare hamolto più a che fare con la presunta oreale crisi della capacità di valori lai-ci di fornire criteri in grado di orien-tare in modo riflessivo la vita collet-tiva e con il ritorno delle religioni nel-lo spazio pubblico in cui si discutonotali criteri. Alla radice di queste que-stioni possiamo individuare tre feno-meni:• l’avvento di una società multi-cul-

turale, in cui si affacciano cultureche non hanno conosciuto i proces-si di secolarizzazione della moder-nità europea e in cui la religionesvolge un ruolo pubblico essenzia-le quale fonte di identità collettiva;

• la globalizzazione, che mette in cri-si le identità nazionali, mette in di-scussione la sovranità delle demo-crazie, genera paure e favoriscechiusure;

• i nuovi orizzonti delle biotecnolo-gie, che anch’essi suscitano incer-tezze e paure, e sfidano la nostraidea di natura umana.

La tentazione identitaria:il nostro DioIn questo contesto vedo alcune tenta-zioni a cui la religione, anche cattoli-ca, è soggetta. Le prime due sfide,quella del multiculturalismo e quelladella globalizzazione, hanno rilancia-to il tema dell’identità collettiva, chesembra aver sostituito in testa al-l’agenda pubblica quello della giusti-zia. Qui vi sono alcuni pericoli: in pri-mo luogo quello dell’uso identitariodel cristianesimo, quale fonte del-l’identità europea o occidentale, o co-munque «nostra», da contrapporre adaltre religioni, in un conflitto di civil-

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tà. Detto in parole povere e grezze, ilrischio di riscoprirsi cristiani solo incontrapposizione ai musulmani, di di-fendere campane e campanili per proi-bire minareti. Il rischio di dimentica-re che anche per i cristiani dovrebbeessere meglio essere cristiani senzadirlo che dirlo senza esserlo. Mi sem-bra che la Chiesa sia consapevole diquesto pericolo di strumentalizzazio-ne della religione, ma la vigilanza nonè mai sufficiente, poiché le tentazioni«diaboliche» – è proprio il caso di dir-lo – sono forti. Io vedo qualche cedi-mento in questa direzione ad esempionella rivendicazione politica, che è co-sa diversa dal mero riconoscimentostorico, delle radici cristiane dell’Eu-ropa. Un cristianesimo che divienebandiera politica, ideologia europea.Il rischio, dal punto di vista cristiano,è nominare il nome di Dio invano, lo-dare il «nostro Dio» non perché Dio,ma perché nostro. Per tutti, cristiani enon, ne andrebbe della capacità di ar-ricchire la nostra nozione di laicità, fa-cendola sempre più inclusiva e ri-spettosa delle crescenti diversità an-che religiose che caratterizzano le no-stre società.Cedendo a questa tentazione si di-menticherebbe inoltre che certo il cri-stianesimo ha plasmato l’Europa, maanche che l’Europa ha plasmato il cri-stianesimo, se è vero che ciò che og-gi il magistero della Chiesa dice sul-la libertà di religione è più simile aciò che nel Settecento diceva in pro-posito Voltaire che non a quanto pre-dicavano i papi a lui coevi. È sulla ba-se di tutto questo che il filosofo cat-tolico Charles Taylor può asserire«che una cultura dei diritti non sareb-be potuta venire pienamente alla lucenella cristianità»9. Le religioni sonoinfatti sempre le interpretazioni stori-che delle religioni. Ciò non significa,comunque, pretendere di ridurre la re-ligione a esercizio intimo o privato,che non possa esprimersi pubblica-mente nella società civile. O dimenti-care il ruolo che la religioni possonosvolgere come fonte di intuizioni omotivazioni etiche.

La tentazione identitaria:cattolicesimo come «religionecivile»Qui si inserisce anche un’altra tenta-zione, che ha pure versioni assai dot-te: quella di fare del cristianesimo unasorta di religione civile europea. Èquanto fa, secondo me, chi sostiene leposizioni del grande giurista tedesco

Ernst-Wolfang Böckenförde, secondoil quale «lo Stato liberale secolare vi-ve di presupposti che non può garan-tire»10, e di conseguenza la tesi che so-lo una visione religiosa cristiana pos-sa dare ai diritti umani pienezza di sen-so. È chiaro che questa tesi rischia dimettere in discussione il principio dineutralità dello Stato laico, la cui pos-sibilità di giustificazione e legittima-zione ultima richiederebbe il riferi-mento a determinate concezioni reli-giose. In tal modo avremmo un diffe-renziale di legittimazione fra cittadinicristiani, ai cui occhi lo Stato di dirit-to godrebbe di piena legittimazione, ecittadini non credenti, o appartenentiad altre religioni, presso i quali sof-frirebbe di un permanente deficit di le-gittimazione.Ad esempio, Böckenförde così siesprime a proposito dei cittadini di re-ligione islamica: «Lo Stato secolariz-zato fa un’offerta a queste religioni eai loro adepti: da loro si aspetta e pre-tende lealtà nei confronti della legge ein questo senso fedeltà al diritto, maconcede in cambio l’”intima riserva”,per cui essi mantengono nei confron-ti di quest’ordinamento una distanza,un rifiuto dei suoi fondamenti»11. Böc-kenförde osserva che questa posizio-ne, fondata su «un’intima riserva», sa-rebbe analoga a quella tenuta ufficial-mente dalla Chiesa cattolica rispettoalla Stato laico e neutrale fino al Con-cilio. Sulla base di queste considera-zioni, saremmo, a mio avviso, di fron-te una assai strana situazione per cui ilcristianesimo, in particolare il cattoli-cesimo, ritenuto per lungo tempo dalmagistero della Chiesa una dottrinache determinava l’impossibilità di unapiena adesione allo Stato secolare, sirivelerebbe, invece, l’unica dottrina ingrado di garantirne una fondazionepienamente dotata di senso. Si verreb-be così a configurare una sorta di po-sizione analoga a quella di un certo lai-cismo che, con segno rovesciato,afferma che l’adesione piena alla de-mocrazia liberale comporta un atteg-giamento agnostico sul piano religio-so, se non ateo, e quindi il congedo dal-la fede religiosa, per sua natura porta-ta al dogmatismo e all’intolleranza.

La legge naturale:politica come proibizioneLe grandi sfide della biotecnologiahanno invece rilanciato un uso moltoaggressivo da parte di un pezzo delmondo cattolico delle nozioni di leg-ge naturale e di sacralità della vita. È

questo il tema delle cosiddette posi-zioni «non negoziabili» in materia dibioetica e di legislazione in questocampo, fondate su principi per nullaevidenti. Non è certamente questa lasede per entrare nel merito delle varieposizioni. Mi limito a segnalare il ri-schio che tale atteggiamento del mon-do cattolico può rappresentare: quel-lo di entrare in un gioco politico cheoggi si mostra molto attrattivo.Come ha sottolineato il politologoAlessandro Pizzorno, la competizio-ne politica, i cui soggetti sono semprealla ricerca di «distinguibilità», oggiconcede grande spazio, al di là delladifesa di interessi, diritti e aspettativelegittime, a una battaglia sui valori chenon ha come scopo l’ottenimento diqualcosa per sé (un diritto, un’oppor-tunità, una quota di risorse), ma laproibizione di qualcosa per altri. Sichiede alla politica di decidere che adaltri sia impedito di fare determinatescelte, nel nome di una certa idea dicome si debba nascere, accoppiarsi omorire. In questa prospettiva, i valorireligiosi vengono essenzialmente spe-si in battaglie proibizionistiche, in cuiil dissenso assiologico dovrebbe tra-dursi in vincolo legislativo. Che ciòpossa entrare in contrasto e ledere gra-vemente i principi di libertà e di neu-tralità dello Stato deve essere tenutopresente. Vi è infatti il rischio che loStato laico si trasformi in Stato con-fessionale atipico, tollerante, a diffe-renza degli stati confessionali del pas-sato, nei confronti di non credenti ediversamente credenti per quanto con-cerne il loro atteggiamento verso la re-ligione dominante, ma intollerantenell’ambito di altri temi in cui sono ingioco valori etico-religiosi ritenutisbrigativamente non negoziabili. I li-miti fra ciò che si può e ciò che non sipuò tollerare sarebbero definiti, anco-ra una volta, da un’autorità spiritualeche è sì esterna alla politica, ma nonper ancorarsi alla coscienza indivi-duale, ultimo giudice, ma alla presen-za pubblica di un’istituzione religiosafortemente gerarchizzata. In tal modosi rischia di dimenticare che al centrodella attività politica e legislatrice nonvi è la ricerca di una verità, ma il ri-spetto della libertà della persona, chetrova in quella delle altre, egualmen-te libere, i suoi limiti invalicabili.

Fede e ragioneVorrei infine toccare brevemente il te-ma della verità. Sappiamo che sia lafede sia la ragione vogliono essere

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fonti di verità. Benedetto XVI ha so-stenuto nel suo discorso di Ratisbonache il cristianesimo, per il suo rapportostorico con la filosofia greca, è unaconfessione in cui la fede non è con-tro la ragione. Nel contempo egli de-nuncia i pericoli, per la ragione stes-sa, quando quest’ultima non accetta diessere illuminata dalla fede. Una ra-gione non illuminata dalla fede si ri-durrebbe a ragione strumentale, tec-nica, dispotica.Vorrei qui limitarmi a due considera-zioni che sottopongo alla vostra ri-flessione.La critica, anche radicale, ai limiti del-la ragione e alla pretesa che sulla ra-gione si possa fondare un discorso to-talizzante sull’uomo, il suo destino ele sue finalità ultime, è avvenuta nel-la filosofia occidentale anche senza fa-re ricorso alla fede (si pensi, nel No-vecento, a Heidegger o alla Scuola diFrancoforte) e non sembra quindi im-plicare un’istanza superiore da cuimuovere la critica. In particolare lastessa tradizione moderna e illumini-stica comprende come la ragione deb-ba essere critica e autocritica, consa-pevole delle proprie possibilità e deipropri limiti. È il dubbio la nozionefondamentale che la caratterizza. Lastessa critica alla metafisica è sia unacritica alla tradizione metafisica pre-moderna (che il teologo Ratzingervuole invece recuperare), sia una cri-tica alle possibilità conoscitive dellaragione umana in quanto tale. La por-tata della conoscenza scientifica comemodello per ogni tipo di conoscenza,o il rapporto fra conoscenza esplica-tivo-descrittivo e sapere etico-valo-riale, o ancora la riducibilità naturali-stica della riflessione sul soggettoumano ai canoni delle scienze natura-li, in particolare biologiche, sono pro-blematiche costantemente presentinella discussione filosofica, a pre-scindere dalla fede. Insomma, non misembra che si possa dire che solo unaragione illuminata dalla fede possa es-sere critica e autocritica.In secondo luogo, la fede non è ne-cessariamente contro la ragione (an-che se occorre pur sempre rifletteresull’affermazione di Tertulliano «cre-do quia absurdum» che denota un rap-porto meno pacificato fra fede e ra-gione), ma certo è oltre la ragione. Èun salto oltre la ragione che certa-mente trova nell’esperienza persona-le e collettiva motivazioni profonde –come ad esempio la difficoltà di ac-cettare il carattere contingente anchedella condizione umana, così comeemerge ad esempio dalla ricostruzio-

ne scientifica della sua genesi – e nonè dunque il mero effetto di un obnu-bilamento della mente, confusa a cau-sa dei suoi limiti o per l’azione di ma-nipolatori esterni. Ma salto rimane.Per questo, credo, quando entriamonella sfera dell’argomentazione ra-zionale e a maggior ragione in quelladella ragione pubblica, alla base del-la discussione e decisione politica, ta-li motivazioni trascendenti o si tradu-cono in ragioni argomentabili agli oc-chi di credenti, diversamente creden-ti e non credenti, o devono tacere,anche se possono sempre rivendicarel’inalienabile diritto alla loro testimo-nianza e espressione pubblica, nonchéalla loro diffusione e dunque al pro-selitismo nel nome dello spirito mis-sionario di una religione.D’altra parte anche chi non è creden-te può riconoscere che l’esperienza re-ligiosa può rappresentare una fontericchissima di intuizioni e motivazio-ni morali, in grado di esprimere unaforza di resistenza in un mondo do-minato dai valori «assoluti» del dena-ro, del consumo, della crescita, di unadebole assunzione di responsabilità edella narcisistica esposizione dellapropria persona.

NOTE1. L. Maffezzoli (a cura di), Il popolo e la fe-de. 150 anni di Azione Cattolica nella Svizze-ra italiana e in Europa, Editrice AVE-RitterEdizioni, Roma-Lugano 2011.2. G. Campanini, Testimoni nel mondo. Peruna spiritualità della politica, Edizioni Stu-dium, Roma 2010, p 137.3. Cfr. J. Rawls, Liberalismo politico, tr. it.Edizioni di comunità, Milano 1994, p. 11.4. G. Vecchio, L’azione Cattolica: una storiaeuropea. Dalle origini al Concilio Vaticano II,in L. Maffezzoli (a cura di), cit., pp. 13-14.5. Cfr. F. Panzera, L’Associazione di Pio IXnel Ticino, in Luigi Maffezzoli (a cura di), cit.,pp. 153-154.6. Cfr. D. Adamoli, Le origini dell’Azione Cat-tolica in Svizzera e la nascita del «Piusve-rein», in L. Maffezzoli (a cura di), cit., p.98.7. D. De Lorenzi, L’azione Cattolica durantel’episcopato di Aurelio Bacciarini (1917-1935), in L. Maffezzoli (a cura di), cit., p. 205.8. U. Altermatt, Cattolicesimo e mondo mo-derno, tr. it. A. Dadò, Locarno 1996, p. 421.9. Ch. Taylor, La modernità della religione,tr. it. di P. Costa, Meltemi 2004, p. 86.10. E.-B. Böckenförde, La formazione delloStato come processo di secolarizzazione, tr.it. a cura di M. Nicoletti, Morcelliana, Bre-scia 2006.11. E.B. Böckenförde, Lo Stato secolarizza-to, la sua giustificazione e i suoi problemi nelsecolo XXI, tr. it. di F. Stelzer in G.E. Rusco-ni (a cura di), Lo Stato scolarizzato nell’etàpost-secolare, Il Mulino, Bologna 2008, p. 50.

Islam belga. A Bruxelles, l’insegna-mento della religione musulmana hasuperato per numero di studenti quellodella religione cattolica: nelle primarieun 43% studia l’Islam, il 41,4% nei li-cei. Il 27,9% (37,2% nelle secondarie)segue corsi di morale laica, e solo il23,3% (15,2% nelle secondarie) ha op-tato per l’approfondimento della fedecattolica. Queste cifre sono il risultatodei flussi migratori che hanno profon-damente modificato le caratteristichesocio-religiose della città. Da oltre unatrentina d’anni l’Islam è materia facol-tativa di studio durante l’ora di religio-ne in Belgio, senza che si siano maicreati problemi né polemiche. Bruxel-les è notoriamente una delle «capitalimusulmane» d’Europa, insieme conLondra e con la svedese Malmö: un cit-tadino su tre è musulmano e il nome piùfrequente all’anagrafe risulta essereMohammed. Si prevede che nel 2035la città sarà a maggioranza mussulma-na: già oggi sono 23 le moschee o i luo-ghi di preghiera ufficialmente censiti(spesso però si tratta autorimesse),mentre molte chiese cattoliche, per lascarsa frequentazione, vengono chiusee persino vendute. Secondo il sociolo-go Felice Dassetto, che ha classificatoin sette tipi i musulmani di Bruxelles,la maggioranza è dei «disinibiti», gio-vani che rispettano il Corano e magariconoscono anche gli scritti di Tariq Ra-madan, ma sono pienamente «bruxel-lesi» e pienamente musulmani, senzafanatismo. I musulmani in Belgio era-no circa duecentomila nel 1995, oggisono circa trecentomila; secondo alcu-ne stime, il 60% sono praticanti, com-presi varie migliaia di giovani belgiconvertiti negli ultimi trent’anni, ciòche può aver cambiato, almeno in al-cuni, la percezione dei problemi. La si-tuazione dell’insegnamento religioso-morale nel resto del Paese ribalta poi leproporzioni. Nelle Fiandre di lingua ecultura fiamminga, l’81,8% dei licealisegue corsi di religione cattolica, il13,1% corsi di morale e solo il 3,8%studia l’Islam.

CRONACA INTERNAZIONALE

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«Proteggi il popol tuo / dal male edall’error». La Diocesi ha organiz-zato nei Vicariati una serie di setti-mane religiose alla presenza dell’effi-gie della Madonna del Sasso. Il «po-polo fedele», come lo descrive l’innoufficiale, ha pregato, ascoltato e (spe-riamo) generosamente offerto – gra-zie alle buste disponibili con l’effigiedella Vergine, in concorrenza (?) conla colletta nazionale del «Sacrificioquaresimale». Rimanendo però zitto,come la grande Taciturna, unica laicapresente sull’altare. Grandi folle ecommozione religiosa come a Med-jugorie, ma con la Madonna che c’eradavvero, seppur di legno. Un’iniziati-va di «rievangelizzazione» poco com-patibile però con la mentalità di don-ne e uomini occidentali del XXI se-colo: «Maria santissima, vergine e ma-dre», ma non moglie e sorella. In«Voce evangelica», marzo 2012, unaintervista a Michela Murgia, autrice di«Ave Mary», esprime le riserve di unadonna moderna verso la figura di Ma-ria veicolata dalla devozione cattoli-ca. Don Italo Molinaro («laRegione»,24 marzo 2012) critica «una Chiesatroppo maschile» e descrive donne«caparbie, formate, intraprendenti,unite [che] in questi ultimi decennihanno cambiato la loro condizionenella nostra società». E conclude: «La-sciar libera la Madonna per 42 giornideve contribuire a liberare tutte le don-ne!». Ma si è cercato? Lo si voleva?Un nuovo beato poco opportuno.Afine anno sarà dichiarato «beato» Ni-colò Rusca, nato a Bedano il 20 apri-le 1563, arciprete di Sondrio e mortosotto tortura a Thusis, il 4 settembre1618, prigioniero di protestanti gri-gionesi. Si considerava malleus he-raeticorum, cioè «martello degli ere-tici» in un periodo storico oscuro, incui si riteneva giusto imporre «la ve-rità» degli uni e degli altri con la for-za. Osserva giustamente il pastoreErik Wenneker (in «Voce evangelica»,marzo 2012): «Da una prospettivaecumenica ritengo la decisione di bea-tificare ora Nicolò Rusca quantome-no discutibile. Un beato, nella conce-zione della Chiesa cattolica romana,deve essere un modello di fede»; e ag-giunge: «Abbiamo bisogno, tanto nel-la Chiesa riformata quanto in quellacattolica romana, di altri modelli […]ritengo dunque questa beatificazione

addirittura dannosa […]: la Chiesacattolica non aveva nessun altro mo-dello di fedele che oggi potesse co-municare meglio che cos’è il cristia-nesimo?». Intanto, e mentre Papa Rat-zinger va a insegnare ai cubani comesuperare il marxismo, la pratica del ve-scovo Romero (un martire del XX se-colo!) pare essersi persa tra le scar-toffie vaticane.Più uguali degli altri… Secondo larisposta data a due interrogazioni il 18gennaio 2012, «consentendo di espor-re il crocifisso in un atrio o in un cor-ridoio adibito ad uso comune, il Con-siglio di Stato ticinese attribuisce allareligione maggioritaria del Cantoneuna visibilità preponderante che nonviola il principio della parità di tratta-mento per rapporto ad altre religioniminoritarie». Anche nella «Fattoriadegli animali» di George Orwell(1945), «tutti gli animali sono egualima alcuni sono più eguali degli altri».La «filosofia» pare la stessa. Il Con-cilio Vaticano II aveva insegnato chela Chiesa «non pone la sua speranzanei privilegi offertile dall’autorità ci-vile. Anzi essa rinunzierà all’eserciziodi certi diritti legittimamente acquisi-ti, ove constatasse che il loro uso po-tesse far dubitare della sincerità dellasua testimonianza o nuove circostan-ze esigessero altre disposizioni. (Co-stituzione pastorale sulla Chiesa nelmondo contemporaneo Gaudium etspes, 7 dicembre 1965, EV. EDB, n.1583). Ma il Concilio insegna da ap-pena cinquant’anni fa, l’imperatoreCostantino invece dal 312 e Teodosiodal 380.Laicità variabile. Il Consiglio nazio-nale, con una maggioranza risicata, haaccolto un’iniziativa che vuole inseri-re nella Costituzione svizzera un arti-colo che permetta i segni religiosi cri-stiani negli spazi pubblici. La propo-sta passa ora all’esame del Consigliodegli Stati, la cui Commissione (co-me già quella del Nazionale) si è det-ta contraria alla proposta, ritenuta su-perflua. In caso di accettazione finaleda parte del «popolo sovrano» (di chisi scomoderà a votare!), l’articolo re-lativo ai segni cristiani troverà proba-bilmente «adeguata» collocazione pri-ma di quello che vieta la costruzionedi nuovi minareti. Intanto il parla-mento ha deciso che, circa la coper-

tura del volto (permesso in tempo dicarnevale, ma non per il burka mus-sulmano), restano competenti i Can-toni. E il Governo ticinese «sdogana»gli inviti rivolti al vescovo a visitarele scuole, ma pone limiti se durante la«visita pastorale»: compito giuridicoprevisto dal Codice canonico (canoni396 e ss.). Laicità a variabile geogra-fica, insomma, con buona pace di tut-ti: laici, laicisti e clericali (sull’argo-mento, cfr. «Dialoghi» nn. 216 e 218,con la distinzione tra «spazi pubbliciistituzionali» e «spazi pubblici infor-mali», in relazione alla laicità delloStato).

Sperimentazione scolatica. Secondoi dati forniti dal Consiglio di Stato (26ottobre 2011), nel corrente anno sco-lastico, nelle tre sedi (Riva s.Vitale,Tesserete, Bellinzona 2) in totale 295allievi frequentano il corso obbligato-rio «storia delle religioni» in III me-dia, e 256 in IV media; nelle tre sedicol «modello misto», a Biasca 36 al-lievi di III media frequentano il corsodi religione cattolica e 27 quello di sto-ria delle religioni, mentre in IV mediasono rispettivamente 46 e 16; a Luga-no Besso in III media 41 frequentanoil corso cattolico, 32 in IV media,mentre «storia delle religione » è fre-quentata da 18 allievi in III e da 33 inIV; nella sede di Minusio, 55 fre-quentano il corso cattolico in III me-dia e 51 in IV, mentre 26 frequentanoil corso di storia delle religioni in IIIe 31 in IV, e 8, rispettivamente 6, fre-quentano il corso di religione evan-gelica. In totale, nelle tre sedi, fre-quentano il corso di religione cattoli-ca complessivamente 132 allievi di IIImedia e 139 di IV media; il corso distoria delle religioni è frequentatocomplessivamente da 71 allievi di IIIe 80 di IV. Un primo rapporto sullasperimentazione è stato redatto nel lu-glio 2011, e il rapporto finale è previ-sto per il luglio 2013; dopo di che po-trà essere elaborata una proposta cir-ca il futuro dell’insegnamento scola-stico sulle religioni (cfr. Risveglio,6-2011 e Dialoghi n. 220).Rompiscatole. Il vescovo di Coiramons. Vitus Huonder ha pubblicatouna lettera pastorale (con obbligo dileggerla ai presenti alla messa, ovvia-mente in gran parte non divorziati nétantomeno risposati) per ricordare co-me i divorziati risposati siano esclusidai sacramenti, in particolare dal ri-cevere la comunione. In mancanza diun esplicito precetto di Gesù (che si èforse limitato a insegnare come idea-

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CRONACA SVIZZERAa cura di Alberto Lepori

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le il matrimonio indissolubile, ma al-l’Ultima Cena ha offerto pane e vinoanche a Giuda), ci pensa la Chiesa cat-tolica a stabilire il divieto, calcandospesso (come ha fatto il vescovo diCoira) sulla condanna piuttosto chesulla comprensione e la misericordia.Insomma, indietro non si torna (comeai tempi dei patriarchi dalle molte mo-gli), mentre indietro si torna in mate-ria di liturgia, mons. Huonder ha co-stituito due parrocchie «personali»(per qualche decina di «vecchi catto-lici»: sarà previsto un esame di latinoper i partecipanti?), dove si celebreràla Santa messa preconciliare. PapaBenedetto XVI lo permette (con mo-tu proprio, cioè deciso di testa sua,senza chiedere ai vescovi che da 50anni insegnano a fare altrimenti…), ecosì anche mons. Hounder fa di testasua, senza chiedere il parere dei pretie laici dei quali sarebbe «ministro»(ovvero servitore!). C’è chi si sforzadi creare unità tra i cristiani, come vo-leva il Fondatore (persino Roma cer-ca di convincere i seguaci di Lefeb-vre…) e chi divide i cattolici in pre-e post-conciliari, con parrocchie di-stinte.Ipocrisia. Il «Corriere del Ticino» del24 febbraio informa che «il Gran Con-siglio (vodese) approva a larga mag-gioranza una mozione che chiede divietare negli spazi pubblici manifestieccessivamente provocatori che deni-grano la donna». E completa l’infor-mazione con un provocante nudo didonna. Ma anche «Dialoghi», obiettachi ha in mente la copertina del n. 220!D’accordo, ma almeno «Dialoghi» ri-spetta il principio delle pari opportu-nità, dando spazio uguale ad Adamoe a Eva nei due dipinti paralleli di Al-brecht Dürer.Meno uguali. L’Ufficio federale distatistica ha censito, a fine 2011, 105mila maschi con funzioni dirigenti,contro solo 32 mila donne. Di frontea 409 mila maschi con professioni in-tellettuali o dirigenziali, ci sono inSvizzera 295 mila donne. Nei consi-gli d’amministrazione delle ventimaggiori società quotate in Borsa, nel2012 c’erano 25 donne contro 194 uo-mini. Nel 2010, un uomo guadagnavain media mensilmente fr. 6937, unadonna fr. 5221; all’università di Gi-nevra le studentesse sono il 61%, male docenti donne solo il 17%; le stu-dentesse ticinesi sono il 49,7% dei4529 universitari del Cantone, nel1990 erano il 37,1%. Nel 2010 le don-ne erano il 19,6% del Consiglio degli

Stati, il 29% del Consiglio nazionale,e 4 su 7 nel Consiglio federale! La su-premazia maschile in Governo è sta-ta ristabilita con il 2012.Laici per gli immigrati. La «Rivistadella diocesi di Lugano», nel nume-ro di dicembre 2011, pubblica unadichiarazione congiunta delle Confe-renze episcopali italiana e svizzeracirca l’assistenza pastorale futura del-le cosiddette «Missioni italiane»,per le quali, a causa della diminuzio-ne dei preti disponibili, si prospettail rischio di rimanere senza assisten-za. Si osserva pertanto che «occorreapprofondire il ruolo dei laici impe-gnati e dei teologi formati nelle mis-sioni» e vengono formulate sugge-stioni ovvie e più che necessarie (co-me buone conoscenze linguistiche,la collaborazione tra parrocchie terri-toriali e le missioni, preventivi sog-giorni informativi, corsi di teologia,ecc.). Avanti, allora! Perché, in man-canza di cavalli, trottano anche i lai-ci!Aiuti umanitari. Il Governo ticinese,con la consulenza della FOSIT (Fe-derazione delle Ong della Svizzera ita-liana), ha destinato nel 2011 l’impor-to totale di fr. 170 mila a sostegno diundici progetti presentati da enti diaiuto umanitari e allo sviluppo esi-stenti in Ticino. Gli interventi sussi-diati con fondi pubblici riguardanoprevalentemente i Paesi del Sud delmondo (Africa e America latina). IlConsiglio federale propone di desti-nare 11,35 miliardi a progetti e aiutialla cooperazione internazionale neglianni 2013-2016: 6,92 miliardi per lacooperazione tecnica e finanziaria,2,03 miliardi per l’aiuto umanitario ur-gente e la ricostruzione; 70 milioni al-la Croce Rossa Internazionale, la Sviz-zera essendo il terzo maggior contri-buente dell’organizzazione umanita-ria. Il Parlamento ha respinto laproposta pelosa di concedere aiuti so-lo agli Stati disposti a riprendersi pro-pri cittadini espatriati in cerca di unamigliore vita e... sgraditi alla umani-taria Svizzera.Appello alla solidarietà. La Com-missione di pianificazione e di finan-ziamento, istituita tra coloro che assi-curano il finanziamento dei compiti alivello nazionale e regionale nellaChiesa cattolica svizzera, ha rivolto unappello alle organizzazioni locali ecantonali a mettere a disposizione al-meno il 2% dell’eventuale loro mag-giore entrata finanziaria del 2011 per

le necessità nazionali, non più suffi-cientemente assicurate dalle entratenormali (tramite la Commissione cen-trale cattolica e il Sacrificio quaresi-male). Si sa che, almeno fin qui, pa-recchie Chiese cantonali e parrocchie,grazie al sistema delle «imposte ec-clesiastiche» presentano risultati fi-nanziari positivi.Petizione a favore dei poveri. Un col-lettivo di associazioni e di partiti po-litici ginevrini – tra cui il Centro so-ciale protestante, il centro ecumenicoAGORA, la Commissione Terzo mon-do della Chiesa cattolica e Caritas –ha lanciato la petizione «No alla cri-minalizzazione dell’accattonaggio!».La petizione mira ad abolire la legge,entrata in vigore all’inizio del 2008,che punisce con una multa «chi avràmendicato». Le Chiese non sostengo-no ufficialmente la petizione ma sisono impegnate a diffonderla nei luo-ghi di culto, così come le argomenta-zioni a sostegno. L’obiettivo è di rac-cogliere un numero significativo difirme per mostrare che la popolazio-ne ginevrina non è d’accordo con ledisposizioni anti-accattonaggio. «Lanostra speranza è di suscitare il dibat-tito», sostengono i promotori. Perché«la legge è disumana, discriminatoria,stigmatizzante, inefficace e costosa».La sottoscrizione terminava l’8 apri-le, data della Giornata internazionaledei rom. «Speriamo di raccogliere die-cimila firme affinché la petizione ab-bia un certo peso», conclude il porta-voce del collettivo. Perché «la leggecolpisce una popolazione che dà fa-stidio e rende visibile la povertà a Gi-nevra. Ma domani potrebbe colpire al-tri poveri».Per i 500 anni di Zwingli. Nel 2019cadrà a Zurigo il cinquecentesimo an-niversario della Riforma e la Chiesaevangelica riformata si prepara a ce-lebrare la ricorrenza. Nel gennaio del1519 Ulrich Zwingli assunse l’incari-co di predicatore del Grossmünster,segnando l’avvio di un vasto movi-mento di riforma religiosa che neglianni successivi scosse fino alle fon-damenta l’intera Confederazione el-vetica e si saldò con la Riforma eu- ropea. Mancano ancora sette anniall’appuntamento, ma a Zurigo ladiscussione sul modo migliore dicommemorare l’evento è avviata. Nel2017 anche la Germania festeggerà icinquecento anni dell’inizio della Ri-forma, iniziata con l’affissione delle«95 Tesi» da parte del monaco Mar-tin Lutero.

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No. 221 opinioni 15

Con la morte di Giulio Girardi, teolo-go dell’inclusione e filosofo della li-berazione, si può considerare simbo-licamente conclusa l’età del dialogo.Essa ha attraversato una larga parte delNovecento e ha interessato politiche,ideologie e religioni; si può dire chequanto più erano visibili i patimenti ele minacce arrecate dalle contrappo-sizioni in atto (c’era violenza per i po-poli e al mondo era annunciata la mor-te nucleare), tanto più si cercavanopunti d’intesa, si lavorava al negozia-to, si cercavano terreni di comuneumanità.A partire dal Concilio questo dialogoha avuto il suo centro e il suo motorenella Chiesa cattolica. Papa Giovannine aveva provato l’efficacia arginan-do la crisi di Cuba, e nella Pacem interris l’aveva fondato sulla fiducia,prendendo in parola gli Stati che di-cevano di non voler usare le armi perdistruggersi; egli sostenne che gli uo-mini potessero incontrarsi tra loro no-nostante e attraverso i loro errori, e diun dialogo fatto per amore offrì unastruggente icona ricevendo la figlia eil genero di Krusciov. Al Concilio ar-rivarono i testimoni delle altre Chie-se cristiane, non più considerate co-me sette di eretici e scismatici; PaoloVI nella sua prima enciclica fece deldialogo la missione stessa della Chie-sa, la sua «parola»: dialogo con gli al-tri cristiani, dialogo con le religioninon cristiane, dialogo con i non cre-denti, dialogo col mondo. Dossetti os-servò che a questo livello di estensio-ne e di profondità, per la Chiesa, piùche di dialogo, si dovesse parlare dicomunione. E al di là delle sedi isti-tuzionali ci fu tutto un fervore di ri-cerche, di incontri, di prove di lavorocomune, culturale e politico, pur inmezzo a feroci polemiche degli ze-lanti. In ogni caso c’era vita, perché sicomunicava nelle idee, non nel dena-ro.Un capitolo importante di questo dia-logo fu quello tra cristianesimo e mar-xismo. Erano due antropologie che simettevano a confronto, l’una fondatasulla fede, l’altra sulla dialettica e sul-l’utopia. E si sfidavano, ciascuna nelproprio campo costretta a interrogar-si su «quale marxismo», su «quale cri-stianesimo». E c’erano ricerche sunuovi marxismi e su un «nuovo» cri-stianesimo. Innamorata e curiosa del

mondo appena scoperto, la Chiesa ad-dirittura istituì un Segretariato per inon credenti, e mandava i suoi cardi-nali a discutere con gli «atei» negliincontri internazionali di dialogo,mentre sul versante laico facevano no-tizia, e cultura, i convegni della tede-sca Paulusgesellschaft.Di questo dialogo Giulio Girardi fu unpioniere; ne pose le basi filosofiche,teologiche e spirituali; il primo libro:Marxismo e cristianesimo, poi sempreristampato, fu pubblicato dalla Citta-della di Assisi nel 1965 con una pre-fazione del cardinale Koenig, e moltialtri la Cittadella ne pubblicò sullostesso tema fino al 1975. Poi ci furo-no altri libri, altri Editori, Giulio Gi-rardi si coinvolse nella teologia dellaliberazione, nelle lotte e nelle speran-ze dell’America Latina, il Nicaragua,Cuba, la dignità degli indios, dei «vin-ti». Ci fu una parabola, perché all’ini-zio Girardi partì nell’ufficialità, quan-do tutta la Chiesa era partecipe di quel-la straordinaria apertura. Poi le uni-versità cattoliche, i salesiani, i vescovinon furono più d’accordo. Comincia-rono le rimozioni, le esclusioni dal-l’insegnamento, dai salesiani, dagli or-dini sacri (è stato bello che il rettoredell’Ateneo salesiano sia venuto aisuoi funerali). Ma non è per il dialo-go che Girardi ha pagato questo prez-zo. A lui interessava la verità: nel cri-stianesimo, nel marxismo, nella sto-ria; era la verità che lo metteva in re-lazione, in dialogo con gli altri. Mapuò la verità meritare che si paghi peressa un prezzo così alto, di sofferen-ze morali e fisiche? No, se la verità èl’oggetto inerte di una speculazioneintellettuale. Ma se la verità è la vita,se è cercata per amore del mondo e delprossimo, se è uno dei fondamenti del-la pace, se è coetanea della libertà, seconsiste nel proclamare la dignità el’eguaglianza per natura degli uominie dei popoli, come è scritto nel magi-stero del Concilio e dei Papi concilia-ri, allora vale la pena che per essa siperda la vita.Questo del resto è il divino nell’uomo.Ci si può chiedere allora che senso ab-bia che Girardi sia stato sospeso a di-vinis.Nel gergo canonico vuol dire es-sere staccati dalle cose sacre, che se-condo l’ideologia veterotestamentariasono le cose separate dagli uomini,messe da parte per Dio e maneggiatein modo esclusivo dagli appartenenti

alla tribù dei leviti. Ma nel lessico cri-stiano la sospensione a divinis è la sot-trazione all’uomo della sua vera uma-nità, l’estrapolazione di Dio fuori del-le cose a tutti comuni, la sospensionedell’incarnazione per la quale, comedice il Concilio, «il Figlio di Dio si èunito in certo modo ad ogni uomo».No, nessuno può essere sospeso daldivino. Raniero La Valle

Fümm in ca’… La stampa italiana daqualche mese pubblica notizie, più omeno documentate, su conflitti e re-pressioni e lotte di potere che si dicecoinvolgano istituzioni e prelati del-l’amministrazione vaticana, dove ilbersaglio sarebbe specialmente il card.Bertone, segretario di Stato. Non ba-stano le indiscrezioni per capire quan-to veramente accade nei cosiddetti Sa-cri Palazzi (il popolino romano datempo interpreta la sigla automobili-stica SCV «se Cristo vedesse….»). Lasituazione non è certamente tranquil-la se l’ufficiale «Osservatore Roma-no» ha abbandonato il linguaggio cu-riale per scrivere di «un pastore chenon indietreggia davanti ai lupi» e diun «pontificato che passerà alla sto-ria, dissolvendo come fumo stereoti-pi duri a morire e contrastando com-portamenti irresponsabili e indegni»(OR, 15 febbraio 2012).Rinuncia ai cappellani militari. Al-cuni gruppi di cattolici romani (la Co-munità di San Paolo, CIPAX, PaxChristi), ricordando l’invito del Con-cilio a rinunciare ai privilegi e consi-derando la difficile situazione finan-ziaria dell’Italia, hanno pubblicato unappello chiedendo la soppressione deicappellani militari a tempo pieno (congrado di ufficiale e stipendio, costanodieci milioni di euro l’anno), propo-nendo che l’assistenza pastorale ai mi-litari sia affidata alle parrocchie terri-toriali. I preti così «sollevati» potreb-bero rivestire posti vacanti e verrebbefinalmente soppresso l’equivoco diuna Chiesa «militarizzata» e privile-giata di fronte alle altre comunità re-ligiose. Una critica è rivolta pure allaproposta di acquisto di cacciabom-bardieri: una spesa ingentissima chepotrebbe meglio essere destinata adiniziative sociali o all’aiuto umanita-rio, visto che l’Italia è vergognosa-mente agli ultimi posti della classifi-ca internazionale.

Girardi e l’età del dialogo simbolicamente conclusa

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16 notizie belle e buone No. 221

Notizie belle e buoneTicinesi generosi. Il bollettino «Planète» di Caritas sviz-zera (n.1, marzo 2012) segnala la generosità dimostra-ta dai lettori del «Giornale del Popolo», che hanno of-ferto fr. 303.886 per il soccorso urgente nel Cornod’Africa. Lodate anche le ripetute informazioni sull’in-tervento umanitario: un servizio degno di un quotidia-no cattolico.Crisi benefica. Le cinque comunità cattoliche della cit-tà di Lugano, che già costituivano una sola parrocchia,hanno ora un unico bollettino comune, «espressione diunità» che permette ai parrocchiani «di informasi confacilità sulle proposte ecclesiali dell’intera comunità».Ma «si spera anche di ottenere un vantaggio economiconon indifferente, riducendo le spese di stampa». La par-rocchia della più ricca città del Cantone presenta un pre-ventivo 2012 con un disavanzo di oltre centomila fran-chi. Insomma, almeno per questo aspetto (in verità, mol-ti lavori urgenti alle chiese hanno dovuto essere riman-dati…), la crisi finanziaria diventa pedagogica,costringendo alla cooperazione e alla sobrietà.Per un salario minimo. Accompagnata da 112.301 fir-me è stata presentata alla Cancelleria federale un’inizia-tiva popolare per inserire nella Costituzione svizzera ildiritto ad un salario minimo. Secondo i promotori, quat-trocentomila lavoratori guadagnano troppo poco per vi-vere decentemente. La retribuzione minima da garanti-re sarebbe di fr. 22.- all’ora, ovvero di quattromila fran-chi per un lavoro settimanale di 42 ore. Se son rose…Catechismo tramviario. Il pastore emerito della catte-drale Franz Christ (nomen omen?) ha redatto un nuovoCatechismo per la Chiesa protestante di Basilea, che rias-sume la fede cristiana dal punto di vista riformato e trat-ta diverse posizioni religiose e questioni critiche. La pri-ma edizione, 1300 copie, è stata presto esaurita e si è fat-ta una ristampa per altre 1200 copie. Trecento sono sta-te poi distribuite sui tram e i bus della città.Presidente pastore. Il pastore luterano Christian Wulff,nato nel 1940, noto difensore dei diritti umani già nellaGermania comunista, è stato eletto con voto plebiscita-rio dal Parlamento a presidente della Repubblica fede-rale tedesca. Ha promesso, accettando la carica, di nonessere un superman: basta (e ne avanza) che resti pasto-re non di pecore.La «Rosa bianca» ha un beato. La Chiesa ortodossatedesca ha proclamato beato lo studente AlexanderSchmorell, ghigliottinato il 13 luglio 1943 perché mem-bro attivo della «Rosa bianca», il gruppo di giovani stu-denti di Monaco oppositori al regime nazista. Alexan-der, nato nel 1917 a Orenburg negli Urali, era figlio diun medico tedesco e di una russa, figlia di un pope, e fuperciò battezzato secondo il rito ortodosso. Il canone dibeatificazione recita: «Tu hai professato il Salvatore, Dioe Signore nato dalla Vergine, Alexander fedele a Dio;nel giudizio hai sconfitto, con la tua pazienza, la traco-tanza degli sgherri. La tua pazienza ha stupito gli ange-li» (da «Il margine», Trento, febbraio 2012).

Piange la ministra… A Elsa Fornero, ministro per gliaffari sociali del governo italiano di Mario Monti, du-rante una conferenza stampa è mancata la voce per pro-nunciare la parola «sacrifici», in relazione alla sua pro-posta di ridurre le pensioni di anzianità ai meno fortu-nati. Una testimonianza di sensibilità e di solidarietà: cene fossero molti di ministri che si commuovono (si «muo-vono assieme») quando chiedono sacrifici ai propri con-cittadini.Cittadini onorari. La Provincia di Pesaro ha concessola cittadinanza onoraria a 14.536 bambini nati negli ul-timi anni nel suo territorio e figli di immigrati: un gestosimbolico che ricorda a tutti (anche agli svizzeri, difen-sori dello ius sanguinis) che chi nasce e cresce in un pae-se (e lo serve) ha diritto di essere cittadino con tutti i di-ritti: lo esigerebbe anche l’articolo 7 della Costituzionefederale: «La dignità della persona va rispettata e pro-tetta».Islam e libertà. L’università islamica egiziana al-Azharha diffuso l’8 gennaio 2012 un testo dal titolo: Docu-mento sulle libertà fondamentali, che espone i principiche dovrebbero guidare le politiche dei governi nati dal-la «primavera araba». La libertà di religione, di opinio-ne, di ricerca scientifica e di creatività artistica sono atal punto affermate (nonché supportate da passi del Co-rano e della tradizione islamica) da riscuotere l’appro-vazione delle Chiese cristiane d’Egitto.La povertà è illegale. Nell’ambito dei lavori della Scuo-la del Vivere Insieme, promossa dall’Università del Be-ne Comune e dall’Associazione Monastero del Bene Co-mune, si è costituito nella sede della Comunità degli Stim-matini di Sezano (Verona) un gruppo che vuol fare ap-provare dall’ONU, entro il 2018, un testo che dichiari«illegale» la povertà. A Ginevra le Chiese cristiane ap-poggiano una petizione popolare che vuole annullare laproibizione di chiedere l’elemosina in luoghi pubblici el’arcivescovo di Berlino, mons. Rainer Maria Wölki, pre-sidente della Caritas tedesca, ha voluto festeggiare la no-mina a cardinale pranzando con un centinaio di poveri.Vittoria episcopale. Alla Camera inglese dei Lords, ivescovi anglicani hanno sconfitto il Governo del primoministro Cameron su una proposta che voleva fissare unmassimo di 26.000 sterline per tutti gli aiuti sociali: im-porto vicino al reddito medio, tuttavia penalizzante percirca 67 mila economie domestiche. I vescovi hanno fat-to approvare a maggioranza (252 voti contro 237) unemendamento per il quale, nel calcolo dell’importo, nonsi tengono in considerazione le allocazioni famigliari, eciò a vantaggio di circa ventimila famiglie numerose.Sminare la Terrasanta. Una vasta azione di sminamentosarà condotta in Terrasanta, dove l’incoscienza umana hadisseminato, tra Israele e Palestina, oltre 1,5 milioni diordigni esplosivi. Il progetto è finanziato con doni pro-venienti dagli Stati Uniti (che sono, oggi ancora, tra iprincipali produttori di mine, comprese quelle «a grap-polo», che la Svizzera ha finalmente accettato di elimi-nare dai propri arsenali). Non basterà ovviamente toglierele mine per avere la pace, ma lo sminamento favoriràagricoltura e turismo.

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Notiziario SAE. La tradizionale Set-timana di formazione ecumenica sisvolgerà dal 22 al 28 luglio a Pader-no del Grappa, presso l’Istituto Filip-pin. Vi si tratteranno alcuni fonda-mentali comparti del tema etico, co-me legalità e giustizia, economia elavoro, cittadinanza e solidarietà, svi-luppando i principi esposti nella Set-timana del 2011, della quale sono giàa disposizione gli atti: Camminare innovità di vita. In dialogo sull’etica,ed. Ancora, Milano (SAE, piazza S.Eufemia 2, 20122 Milano).Lascia in pace il Papa. L’avvocatostatunitense che, a nome di centinaiadi vittime di abusi sessuali da parte delclero, aveva chiamato in giudizio nelWisconsin Papa Ratzinger, per il man-cato intervento contro un anziano pre-te, ha rinunciato a continuare il pro-cedimento, mentre prosegue la causada lui sostenuta contro l’arcidiocesi diMilwaukee, per non aver informato iparrocchiani sui preti abusatori. È an-cora pendente una causa nell’Oregon,dove la Santa Sede chiede sia ricono-sciuta la sua immunità in casi analo-ghi. Secondo l’avvocato che rappre-senta la Santa Sede, questa e il Papanon possono essere responsabili dellasupervisione degli oltre quattrocento-mila sacerdoti sparsi per il mondo; ta-le vigilanza spetta ai vescovi e ai su-periori religiosi (da «Adista», 3 mar-zo 2012).Divorziati risposati. L’Associazionedelle donne cattoliche tedesche (sei-centomila aderenti) ha lanciato un ap-pello, già sottoscritto da oltre cento-mila cattolici, per invitare la Chiesa(ma sarebbe da precisare: la gerarchia,vescovi tedeschi e Curia romana) a ri-considerare la situazione ecclesiale deidivorziati risposati, sempre più nu-merosi (il 25 % dei matrimoni in Ger-mania sono seconde nozze). L’esclu-sione dall’Eucarestia, con l’invito tut-tavia a partecipare alla messa, è di-scriminante: uno è invitato a pranzo,ma tenuto lontano dalla tavola im-bandita, perché («Giornale del Popo-lo» del 5 marzo 2012) «queste nuoveunioni nella loro realtà oggettiva nonpossono esprimere il segno del-l’Amore unico, fedele, indiviso diGesù per la Chiesa». Mentre per le cat-toliche tedesche «i sacramenti sonosegni efficaci dell’amore di Dio per

gli uomini, non sono una ricompensaper un certo modo di vivere ma unaforza e un irrobustimento nella fede,in tutte le situazioni problematichee le contraddizioni della vita, soprat-tutto nei momenti difficili». Lo sape-vano bene il criminale Pinochet e ilpluridivorziato Berlusconi, nonchécoloro che li accettavano alla mensa:come insegna l’evangelizzatore Fisi-chella, occorre «contestualizzare»!Fattura salata. La Chiesa cattolicadi Germania ha indennizzato 950 vit-time di abusi sessuali da parte di per-sonale ecclesiastico, sia diocesano siadi congregazioni religiose. Un comi-tato ha esaminato le domande presen-tate dalle vittime, accogliendone cir-ca il 95 %. In media, l’indennità rico-nosciuta, a titolo di aiuto alle vittime,danni o terapie, è di cinquemila euro.Si stimano a 4,75 milioni di euro le in-dennità pagate dalle 27 diocesi e dal-le congregazioni religiose. Per quan-to possibile, si è evitato di utilizzaremezzi provenienti dalle imposte ec-clesiastiche, per non far pagare ai «fe-deli laici» le colpe dei pastori diven-tati «lupi»…Si convertono... In Germania, le«conversioni» dal cattolicesimo alprotestantesimo sono aumentate diquasi il 25% nel corso del 2010, se-condo dati resi noti dalla Chiesa evan-gelica tedesca (EKD) e pubblicati dal-la «Frankfurter Allgemeine Zeitung».Il numero di cattolici passati al prote-stantesimo è cresciuto da 9.612 del2009 a 12.530 del 2010 e il fenome-no, secondo il quotidiano tedesco, an-drebbe soprattutto cercato nello scan-dalo dei preti pedofili. Le «conver-sioni» in senso contrario, cioè dal pro-testantesimo al cattolicesimo, che nel2009 erano state 4.009, sono scese a3.576 nel 2010. Aumentano di un ter-zo i cattolici che hanno definitiva-mente voltato le spalle alla propriaChiesa, con 181.193 uscite nel 2010,rispetto alle 123.681 del 2009. Oggi icattolici sono circa 24 milioni, controi 23 milioni di protestanti, su oltre 81milioni di tedeschi.Cattolici all’italiana. Il sociologoFranco Garelli, autore della ricercaReligione all’italiana (Il Mulino, Bo-logna 2011), spiega che nonostante ilPaese sia attraversato, oltre che da fe-

nomeni di secolarizzazione, anchedall’incontro con nuove confessionireligiose, come la ortodossa e la mu-sulmana, «la maggior parte degli ita-liani continua a mantenere un qual-che legame con il cattolicesimo, conla religione del proprio ambiente».Anche se molti non si riconoscononelle indicazioni della gerarchia incampo etico, questa discordanza nonprovoca rotture con la Chiesa o ab-bandoni, come succede in altre nazio-ni. Si guarda alla Chiesa in termini be-nevoli e selettivi, valo rizzandola peralcuni aspetti e sorvolando su altri. Uncomportamento che non sembra fer-marsi a Chiasso!Lobbismo ecclesiastico. Le organiz-zazioni religiose statunitensi spendo-no ogni anno 390 milioni di dollari perinfluenzare le scelte del Congresso se-condo i propri interessi. In testa, con87 milioni di dollari spesi nel 2008,l’American Israel Public Affairs Com-mittee, gruppo di pressione noto peril forte supporto a Israele. Seguono laConferenza episcopale cattolica, con26 milioni spesi nel 2009, e il Fami-ly Research Council (organizzazionecristiana che promuove l’unità della«famiglia tradizionale» e il «sistemadi valori giudaico-cristiano») con 14milioni nel 2008. I gruppi di pressio-ne confessionali sono cresciuti note-volmente negli ultimi decenni. Nel1970 erano 40 le organizzazioni diquesto tipo, oggi sono più di 200, conun migliaio di dipendenti. Circa unquinto di queste organizzazioni simuove da una «prospettiva cattolica»(19%), una proporzione simile è evan-gelica-protestante (18%), mentre il12% è di stampo ebraico e 1’8% so-lo protestante. Ma ci sono anche bud-disti, induisti, musulmani e sikh cheinsieme costituiscono, con 34 gruppi,il 16% del totale. Il restante quarto (54gruppi) è interreligioso, poiché rap-presenta più religioni o in quanto fapressione su questioni religiose sen-za fare riferimento ad una specificatradizione (da «Adista», 10 dicembre2011).

No. 221 cronaca internazionale 17

CRONACA INTERNAZIONALEa cura di Alberto Lepori

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L’incontro annuale Kek-CceeIl comitato congiunto della Conferenza delle Chiese euro-pee (Kek) e del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Eu-ropa (Ccee) ha tenuto dal 26 al 28 gennaio a Ginevra la suariunione annuale, con la partecipazione di una quindicinadi rappresentanti dei due organismi: il Ccee che rappresen-ta 37 diversi episcopati cattolici d’Europa, e la Kek che riu-nisce 120 tra Chiese ortodosse, protestanti, anglicane e ve-tero-cattoliche del continente. Nel comunicato finale si leg-ge che l’impegno per l’ecumenismo in Europa riveste unruolo fondamentale davanti alle «nuove sfide spirituali, de-mografiche, politiche ed economiche che il continente sitrova ad affrontare». Sfide che tutte le Chiese cristiane eu-ropee si sono dichiarate pronte ad affrontare insieme, es-sendo emersa l’urgenza di «una testimonianza comune deicristiani» davanti alle principali questioni che investono lavita pubblica in Europa. Nodi che in questo momento tro-vano una radice comune nella crisi economica, la quale ri-chiede la realizzazione di una politica sostenibile per l’Unio-ne Europea, in grado di rispettare al tempo stesso la digni-tà umana, l’ambiente e la diversità culturale. Il presidentedella Ccee, card. Peter Erdö, ha espresso la necessità chel’impegno ecumenico coinvolga tutti i cristiani e non solopochi esperti: «Lavorare per l’ecumenismo non è solo unosforzo umano, ma anche un compilo spirituale che ha ri-chiesto le preghiere di tutti i cristiani, nella certezza chel’unità visibile è un dono di Dio». La nuova evangelizza-zione non sarebbe possibile se non immersa in una dimen-sione ecumenica. Il Comitato congiunto ha inoltre affron-tato questioni come il lavoro con i rom e la cooperazionein materia di dialogo con I’Islam in Europa. Non è manca-to uno sguardo sulle situazioni difficili che i cristiani vivo-no in diversi Paesi del mondo. Durante l’incontro si è purecelebrato il quarantesimo anniversario dalla nascita del Co-mitato congiunto Kek-Ccee.

Ecumenismo ed Eucarestia«La divisione tra le Chiese è uno scandalo». L’ha detto inoccasione di un Forum ecumenico internazionale svoltosia Treviri (Germania) dal 30 gennaio al 3 febbraio il pasto-re Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio ecu-menico delle Chiese (CEC) e lo ha ribadito anche il card.Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’unitàdei cristiani. Entrambi sono d’accordo nel dire che ai cri-stiani spetta il compito di ricongiungere quanto è diviso.Nel corso dell’incontro – promosso dalla diocesi di Trevi-ri in collaborazione con la Chiesa evangelica della Rena-nia, la Conferenza dei vescovi ortodossi della Germania ealtre organizzazioni ecclesiastiche – il card. Koch, davantia duecento teologi ed esponenti ecclesiastici, ha propostodi mettere allo studio una dichiarazione congiunta su «Chie-sa, Eucarestia e ministero». Uno sforzo che potrebbe rap-presentare «una pietra miliare sul cammino ecumenico delfuturo», analoga a quella sulla giustificazione per fede del1999. La proposta è stata salutata favorevolmente dal pa-store Nikolaus Schneider, presidente della Chiesa evange-lica tedesca (EKD), che lo scorso settembre, in occasionedella visita di papa Benedetto XVI a Erfurt, aveva auspi-cato ulteriori passi concreti verso una maggiore comunio-ne. Per Schneider, le differenze tra le diverse tradizioni con-

fessionali vanno intese non come «mancanze», bensì come«doni comuni» attraverso i quali arricchirsi vicendevol-mente. Di qui la proposta di un’«ecumene dei doni», e nonpiù «dei profili» (da NEV, Notizie evangeliche, Roma, feb-braio 2012)

Bibbie in esposizioneFino al 15 aprile è stato possibile visitare presso il «Brac-cio di Carlo Magno» in piazza San Pietro a Roma la mo-stra «Verbum Domini», patrocinata dal Pontificio Consi-glio per la cultura, che presentava rari documenti e repertigiudaici, cattolico-romani, protestanti ed ortodossi dellaBibbia. I due terzi dei reperti esposti sono dovuti all’inte-resse verso la Bibbia della famiglia Green, che in passatoebbe pastori battisti e pentecostali. La Green Collection èla più grande collezione privata al mondo di testi e docu-menti biblici rari, dal valore complessivo di 500 milioni didollari.

Un’accademia di studi luterani in ItaliaIl 16 maggio 2011 si è costituita a Roma l’Accademia diStudi Luterani in Italia (ASLI) con sede legale presso la Co-munità luterana di Venezia, ma operante su tutto il territo-rio italiano. Si tratta di un’associazione laica e indipenden-te che vuole contribuire alla conoscenza di Lutero e dellasua teologia in Italia e mettere in contatto coloro che si in-teressano della tematica. L’esistenza di una tale associazioneè molto importante, non solo perché il pensiero di Lutero èpoco conosciuto in Italia, ma anche perché le poche perso-ne che si occupano del Riformatore provengono da ambientitanto diversi (la Facoltà Valdese, le università cattoliche, leuniversità statali, le Chiese, la casa editrice Claudiana, ecc.)che le loro ricerche sono di difficile reperimento e condi-visione. L’ASLI potrà metterle in contatto e dar loro la do-vuta visibilità. Oltre a raccogliere informazioni e mettere incontatto esperti e «cultori» di Lutero, l’ASLI vuole contri-buire attivamente allo studio e alla divulgazione del pen-siero luterano. Per quanto riguarda la ricerca, si è pensatodi realizzare, a partire dal 2012, convegni teologici con ca-denza annuale. A tale scopo si farà una selezione di testiparticolarmente significativi nella ricerca inter nazionale at-torno a un tema scelto. I testi verranno poi tradotti in ita-liano e pubblicati insieme alle relazioni del convegno (pri-ma pubblicazione prevista per il 2013).

Prossimi raduni ecclesiali in GermaniaIl prossimo e terzo «Kirchentag ecumenico» si svolgerà nel2019, e non nel 2017, per non coincidere con le celebra-zioni del Cinquecentesimo della Riforma protestante. Cosìhanno deciso i responsabili del Kirchentag evangelico te-desco (DEKT) e del Comitato centrale dei cattolici tede-schi (ZdK). In Germania il Kirchentag evangelico e il Ka-tholikentag (suo omologo cattolico) tradizionalmente si al-ternano ogni due anni. Il primo Kirchentag ecumenico sisvolse a Berlino nel 2003, mentre la seconda edizione delraduno cristiano a livello nazionale si tenne nel 2010 a Mo-naco di Baviera. Quest’anno si svolgerà nella città di Man-nheim il Katholikentag, mentre il prossimo Kirchentag pro-testante sarà ad Amburgo nel 2013. Nell’anno del Giubileodella Riforma – cui dette avvio nel 1517 il monaco agosti-niano Martin Lutero con la mitica affissione delle 95 Tesisul portone della Schlosskirche di Wittenberg – verrà orga-nizzato un grande evento ecumenico.

OSSERVATORIO ECUMENICO

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No. 221 notiziario (in)sostenibile 19

Buon compleanno Fukushima! Enoi? Due sociologhi zurighesi, HansPeter Meier-Dallach e Rolf Nef, han-no utilizzato uno studio commissio-nato nel 1990 a due ricercatori del-l’Ökoinstitut di Darmstadt dall’asso-ciazione «Mühleberg unter der Lupe»per descrivere lo scenario di quelloche succede (o succederebbe...) quan-do nella centrale atomica di Mühle-berg non avvenisse la disattivazioneimmediata del processo controllato difusione nucleare: il nucleo fonde e ilcontenitore d’acciaio del reattore nonresiste alla pressione creatasi al suo in-terno, lasciando libero sfogo al suocontenuto. (Lo studio aveva eviden-ziato che in caso di problemi al siste-ma di raffreddamento non si potràcontare su un impianto di riserva e cheil contenitore di acciaio di forma ova-le, detto containment, pensato per con-tenere il vapore in caso di incidente fi-no a una pressione di 4 bar, è insuffi-ciente). Dunque. Se piove e soffia ven-to dal settore Ovest – il che chesuccede frequentemente – la nube ra-dioattiva si muove a poche decine dimetri dal suolo verso Est-Nordest. In113 minuti raggiunge Burgdorf, in 286Olten, in 493 Zurigo, in 646 Frauen-feld e in 779 minuti Güttigen sul lagoBodamico. La popolazione di questazona deve essere evacuata con urgen-za perché altrimenti è esposta a dositroppo elevate di elementi molto ra-dioattivi. Nel giro di trenta giorni unapopolazione di 900 mila persone de-ve trasferirsi senza la speranza di po-ter mai far ritorno a casa propria. Im-portanti assi di circolazione, comel’autostrada Berna – Zurigo, sono in-terrotti. Più a lungo termine, sono cir-ca tre milioni le persone che devonotrasferirsi in altre regioni. Già alcunimesi dopo l’incidente la Svizzera è ir-riconoscibile, non solo dal punto di vi-sta economico ed ecologico, ma an-che da quello politico e culturale.Ma chi pagherebbe? Come sarebbe-ro risarciti tutti i danni subiti dalla po-polazione e dall’economia? La leggesvizzera sull’energia nucleare preve-de sì per ogni centrale la copertura didanni fino a un importo di 1,8 miliar-di di franchi: i proprietari sono assi-curati però solo fino a 1,1 miliardi, peril resto è la Confederazione che ri-sponde. Per far fronte a questo com-pito ha allestito un fondo per i danni

causati dal nucleare. «Greenpeace» hacercato di calcolare quanto dovrebbe-ro pagare i proprietari di centrali nu-cleari se fossero tenuti a rispondere deirischi legati alla loro attività nella stes-sa misura dei proprietari di un’auto-mobile: le 3,9 milioni di polizze per iveicoli coprono danni per un totale di20'000 miliardi di franchi e ogni au-tomobilista si assume costi assicura-tivi attorno ai 700 franchi l’anno perdanni che potrebbe causare. Le cinquecentrali svizzere invece rispondonoper soli 9 miliardi. In caso di una con-taminazione del suolo, poi, i proprie-tari dovrebbero essere indennizzati peril mancato utilizzo dei propri terreni.Per una zona contaminata che si esten-de su un’area di diecimila chilometriquadrati, calcolando un prezzo mini-mo di 80 franchi al metro quadrato,risulta un indennizzo di 80 miliardi.Ma poiché né lo Stato né l’industriadell’atomo sono in grado di risarcirele perdite, i costi dovrebbero essere as-sunti da ogni singola persona, perchénessuna assicurazione copre i costi didanni causati da incidenti nucleari.Tutte le assicurazioni concordano: ilrischio nucleare non è assicurabile.Il deserto fiorisce. Quest’anno nel de-serto d’Atacam, nel nord del Cile, ècaduta un’eccezionale quantità dipioggia. La regione è considerata unadelle più aride del pianeta, ma acco-glie duecento specie di fiori che noncrescono da nessuna altra parte. Bul-bi e rizomi possono «dormire» per an-ni sottoterra in attesa delle magrepiogge che porta loro El Niño. Questavolta, tutte le specie sono uscite dallostato di latenza e sono fiorite: comeper miracolo sulla regione si è diste-so un meraviglioso tappeto floreale ditutti i colori.Buon esempio. Il nuovo centro par-rocchiale cattolico di Aadorf, nel Can-ton Turgovia. è ancora in fase di co-struzione, ma i moduli fotovoltaici in-stallati sul suo tetto stanno già for-nendo energia che viene immessanella rete comunale. Si tratta di ele-menti integrati nella copertura e rim-piazzano le tegole. Con il risanamen-to energetico della parte esistente delcentro e le tecnologie innovative uti-lizzate nella costruzione del nuovoedificio, il progetto assume un carat-tere esemplare

Patate in eccesso. Il 2011 è stato unanno record per la produzione di pa-tate in Svizzera – anche per la tagliadei tuberi – ma l’eccedenza andrà aforaggiare gli animali. Le mucche ap-prezzano l’ortaggio crudo, mentre imaiali lo «gustano» cotto al vapore.Gli umani stanno invece diventandopiuttosto selettivi, preferendo patatedi taglia piccola e solo produttori dichips e patate fritte sembrano oramaiapprezzare… le taglie forti. «Sono gliagricoltori più stupidi quelli che han-no le patate più grosse», dice un pro-verbio. Non è però una questione d’in-telligenza se le patate nel 2011 sonocresciute molto, ma della meteo, conle alte temperature verificatesi alla fi-ne dell’estate. Ma gli agricoltori nonhanno visto premiata questa produ-zione eccezionale, perché il mercatoalimentare non ha voluto e potuto ri-tirare tutta la produzione, e poi per-ché da due anni la Confederazionenon compensa più la sovrapprodu-zione.Va fuori stranier! Non si preoccupila Lega, non stiamo parlando di esse-ri umani, ma di insetti. Nel canton Ti-cino il «cinipide del castagno» è or-mai arrivato ovunque; forse solo levalli del Sopraceneri ne sono rimasterisparmiate, ma è una questione di me-si. Il suo nome scientifico è Dryoco-smus Kuriphilus Yasumatsu, è un ime-nottero originario della Cina, intro-dotto accidentalmente in Giappone nel1941, che ha raggiunto gli USA nel1974 – dove ha provocato perdite delraccolto fino al 70%. Nel 2002 ha pro-seguito la sua strada fino a Cuneo, do-ve è arrivato su alcune marze; i primiavvistamenti nel Mendrisiotto risal-gono al 2009. La popolazione di que-sto insetto è composta da sole femmi-ne che sono in grado di procreare sen-za che le uova siano fecondate. Sfar-fallano fra giugno e luglio, depongonoda 100 a 150 uova (per fortuna una so-la volta) su gemme o foglie. Dopoquaranta giorni, ecco la larva, che en-tra in fase di svernamento e a questostadio è molto difficile riconoscere lapresenza dell’insetto. Nella primave-ra successiva il suo sviluppo porteràla gemma o la foglia a diventare unagalla che causa l’arresto dello svilup-po vegetativo, la mancata produzionedi fiori e la deformazione dei frutti.Difficile arginare la piaga: si può in-tervenire tramite la selezione di pian-te capaci di resistere oppure iniziareuna lotta biologica, introducendo unconcorrente, di cui si stanno analiz-zando i rischi.

NOTIZIARIO (IN)SOSTENIBILEa cura di Daria Lepori

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20 opinioni No. 221

Vent’anni fa, alla distanza di pochi me-si, ci siamo trovati orfani di due mae-stri che, per una frequentazione quasitrentennale, ci erano diventati ancheamici: David Maria Turoldo (2 feb-braio 1992), morto dopo una lunga lot-ta contro «il drago», poi, improvvisa-mente, padre Ernesto Balducci (25aprile 1992), vittima di un incidentestradale.Con padre Balducci e i redattori di«Testimonianze», la conoscenza risa-liva, per i più anziani dell’amicizia di«Dialoghi», agli inizi degli anni Ses-santa, in pieno clima conciliare. Ungruppo di ticinesi si era recato a in-contrarlo a Firenze, ai primi di mag-gio del 1964; vi si ritornò nel marzodell’anno dopo, incontrando anche LaPira, Mario Gozzini e i fratelli Gior-gio e Gianni Giovannoni; nel 1966 enel 1967 partecipammo ai convegniorganizzati da «Testimonianze» a Fi-renze e a Bologna; nel febbraio 1968padre Balducci venne a Lugano, perdue giorni, e tenne una conferenza al-l’aula magna del liceo di Lugano; nuo-vo incontro a Firenze a fine marzo nel1969, e poi padre Balducci tenne nel1971 il corso estivo di «Dialoghi», dal9 all’11 luglio a Seriate (tema: «L’an-nuncio di fede all’uomo moderno») enel 1972 il corso a Firenze, dal 30 lu-glio al 1.agosto (tema: «Chi è vera-mente Gesù Cristo»). Negli anni suc-cessivi, numerose furono ancora le oc-casioni di incontro, regolari a Verba-nia, sporadiche a Milano e in altrelocalità lombarde, dove padre Bal-ducci veniva per conferenze o incon-tri, o a Fiesole, presso la Badia doverisiedeva, in occasione di passaggi aFirenze. Egli fu l’ultima volta nel Ti-cino a Mendrisio, invitato dall’Incon-tro, il 1. dicembre 1988, per celebrareil 40.mo della Carta dei diritti umani.Il Padre provinciale degli Scolopi –congregazione cui Balducci apparte-neva – ai funerali, ricordò «che nonera solo il teologo, l’uomo pubblico,colui che poteva trascinare intere pla-tee con la sua parola fascinosa: era unuomo che sapeva tradurre nel quoti-diano, nel vissuto di tutti i giorni, unaprofonda umanità e una risposta ri-gorosa al Vangelo».

Meno regolari furono gli incontri conpadre David Maria Turoldo, iniziaticon la frequentazione della LibreriaCorsia dei Servi, presso San Carlo a

Milano, all’inizio degli anni 60; se-guirono le conferenze sui temi conci-liari, durante e dopo il Vaticano II nel-l’auditorio di San Carlo, e poi… in gi-ro per Milano, poiché la libreria erastata «sfrattata» e si era trasferita in viaTadino, come «Nuova Corsia». Poi gliincontri a S. Egidio di Fontanellata aSotto il Monte, i convegni per il de-cennio della morte di Papa Giovanni,le conferenze a Milano, a Verbania eanche nel Ticino (dove dagli anni cin-quanta padre David aveva consolida-te amicizie, partecipò alla prima edi-zione dei Vesperali nel 1964 e fu ripe-tutamente presente alla radio e alla te-levisione). La sua ultima apparizionein pubblico fu il 22 settembre 1991 aVerona, al convegno «Beati i costrut-tori di pace».Così lo ricordò il card. Carlo MariaMartini, durante la celebrazione del fu-nerale nella chiesa di San Carlo al Cor-so a Milano: «È difficile definirti, purse qualcuno l’ha tentato: poeta, pro-feta, disturbatore delle coscienze, uo-mo di fede, uomo di Dio, amico di tut-ti gli uomini».

La nostra rivista ha pubblicato nume-rose testimonianze di Balducci e di Tu-roldo, sia loro scritti sia espressioni disolidarietà per le vicende di cui furo-no protagonisti… e vittime. Nei nu-meri 121 (aprile 1992) e 122 (giugno-luglio 1992) li abbiamo ampiamentericordati in morte, e poi ancora nel nu-mero 171 (aprile 2002), ricorrendo ildecennio della scomparsa, accomu-nando Turoldo e Balducci nel ricordodel loro insegnamento, oggi ancora va-lido e necessario, mentre si sono ad-densate nebbie e tenebre nella Chiesache speravamo definitivamente scon-fitte dalla primavera giovannea e con-ciliare.Padre Turoldo aveva invocato:Manda, Signore, ancora profeti, / uo-mini certi di Dio, / uomini dal cuorein fiamme.E tu a parlare dai loro roveti/ sulle ma-cerie delle nostre parole,/ dentro il de-serto dei templi: / e dire ai poveri/ disperare ancora. (….)Vogliamo ancora profeti/ a rompere lenuove catene/ in questo infinito Egit-to del mondo:/oceano di gemiti e pianto di schiavi/sotto imperiosi terrori.(da «Il grande male», pp.147-148).

In questo numeroI corsivi di «dialoghi»� BERTOLI CONFERMA (a.l.) 2Dossier� EUCARESTIA E COMUNITÀ (E.M.) 1� PER UN’EUCARESTIA NON

STACCATA DALLA VITA E DACELEBRARE SENZA RIGIDITÀGERARCHICHE (Mauro Castagnaro) 3

� NON POSSIAMO NON FAREMEMORIA DI GESÙ (J.A. Pagola) 4

� EUCARESTIA SENZA PRETE,DISCORSO DA APPROFONDIRE(Giorgio Chiaffarino) 6

� PER UNA LITURGIA «IN LINGUACORRENTE» (Scriba) 7

� LE PROPOSTE DI UN VESCOVOCORAGGIOSO (Elena Cucuzza) 8

Articoli� FEDE, RAGIONE, LAICITÀ,

RAPPORTI STATO E CHIESA(Virginio Pedroni) 9

� GIRARDI E L’ETÀ DEL DIALOGOSIMBOLICAMENTE CONCLUSA(Raniero La Valle) 15

� A VENT’ANNI DALLA MORTEDI DUE MAESTRI E AMICI 20

� CRONACA INTERNAZIONALE 12, 17� CRONACA SVIZZERA 13, 14� NOTIZIE BELLE E BUONE 16� OSSERVATORIO ECUMENICO 18� NOTIZIARIO (IN)SOSTENIBILE 19

dialoghi di riflessione cristiana

Comitato: Alberto Bondolfi, ErnestoBorghi, don Emilio Conrad, Serse Forni,Aldo Lafranchi, Alberto Lepori, DariaLepori, Enrico Morresi, MargheritaNoseda Snider, Marina Sartorio, CarloSilini.

Redattore responsabile: Enrico Morresi,via Madonna della Salute 6, CH-6900Massagno, telefono +41 91 - 966 00 73,e-mail: [email protected]

Amministratore: Pietro Lepori,6760 Faido Tengia, tel. 091 866 03 16,email: [email protected].

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A vent’anni dalla mortedi due maestri e amici