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Dispense di INGEGNERIA SANITARIA redatte dal prof. Ing. Ignazio Mantica 17-10-1946 † 04-08-1995 il materiale presente in questo file viene riportato cosi come lasciato da Ignazio Mantica alla data della sua scomparsa, pertanto può risultare incompleto. Questo materiale viene pubblicato nella speranza che il frutto di anni di lavoro svolto con passione ed impegno non vada perso e possa essere ancora utile a quanti lo vorranno. Siete liberi di usare i testi e le immagini presenti in questo documento come meglio credete, vi chiediamo soltanto di citarne la fonte. - GRAZIE - © Antonio ed Amedeo Mantica - www.costruzioniidrauliche.it - [email protected]

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Dispense di INGEGNERIA SANITARIA

redatte dal

prof. Ing. Ignazio Mantica17-10-1946 † 04-08-1995

il materiale presente in questo file viene riportato cosi come lasciato da Ignazio Mantica alla data della sua

scomparsa, pertanto può risultare incompleto.

Questo materiale viene pubblicato nella speranza che il frutto di anni di lavoro svolto con passione ed impegno non vada perso e possa essere ancora utile a quanti lo

vorranno.

Siete liberi di usare i testi e le immagini presenti in questo documento come meglio credete, vi chiediamo

soltanto di citarne la fonte.

- GRAZIE -

© Antonio ed Amedeo Mantica - www.costruzioniidrauliche.it - [email protected]

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1

Università degli Studi di Ancona

Istituto di Idraulica

prof.ing. Ignazio MANTICA

I N G E G N E R I A I N G E G N E R I A D E L L 'D E L L ' A M B I E N T E A M B I E N T E

trattamento e smaltimento R.S.U.

metodologie per la valutazione dell' impatto ambientale

argomenti tratti dalle lezioni di Ingegneria Sanitaria tenute nella A.A. 1987/88 e dalla tesi di laurea dell' ing. Gianni Lozzi

1

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CAPITOLO QUARTO

PROGETTAZIONE DI UNA DISCARICA

4.1 ELEMENTI PER LA SCELTA DELL'AREA

Si dovrebbero scegliere preferibilmente aree che, attraverso la

discarica, potrebbero essere recuperate con i riempimenti e i

rimodellamenti; ad esempio:

- i terreni incolti senza valore; - i terreni al limite della redditività; - le cave di ghiaia e di argilla non allagate; - gli avvallamenti conseguenti a sfruttamento minerario; - i terreni a ridosso di pendii; - i terreni da colmare o innalzare.

Ovviamente, si deve tener presente che non tutte queste aree

sono sempre disponibili per essere destinate a discariche controllate

ma la loro scelta dipende da precise esigenze geologiche e da altri

parametri quali distanza dal baricentro di produzione dei rifiuti,

capacità, disponibilità del materiale di copertura, distanza

dall'abitato, ecc.

Per quanto riguarda la normativa tecnica vigente (sottoparagrafo

4.2.2. lettere a) e b) ), le discariche controllate con rifiuti solidi

urbani devono:

- essere posti a distanza di sicurezza, in relazione alle caratteristiche geologiche e idrogeologiche del sito:

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- dai punti di approvvigionamento di acque destinate ad uso potabile;

- dall'alveo di piena dei laghi, fiumi, torrenti;

- essere posti a distanza di sicurezza dai centri abitati e dai sistemi di aree di grandi comunicazioni;

- essere ubicati in suoli la cui stabilità sia tale, o resa tale, da evitare rischi di frane o cedimenti delle pareti e del fondo di discarica nonchè rischi di spostamenti e deformazioni delle opere idrauliche per il drenaggio delle acque meteoriche.

A titolo di esempio si riporta l'elenco delle aree vietate dalla

normativa USA (RCRA) per l'installazione di una discarica:

- in zone di faglia; - in un"area costiera ad alto rischio (sono previste eccezioni); - entro paludi; - in habitat critici; - in zona di ricarica dell'acquifero (sono previste eccezioni); - entro 60 m dalla linea di proprietà (sono previste eccezioni); - entro 150 m da ogni riserva di acqua utilizzata per uso

pubblico o privato o per il bestiame (sono previste eccezioni);

- in diretto contatto con le acque navigabili; - entro 1,5 m dal livello massimo storico delle acque alte.

Più avanti sono riportati i più indicativi elementi da studiare per la

scelta del sito che dovrà soddisfare non solo dal punto di vista

igienico ed ambientale ma anche dal punto di vista economico. Una

indagine poco accurata nella scelta dell'area può essere causa di

dispendiose tecniche di adattamento: potrebbe essere a volte

conveniente sopportare maggiori spese per l'acquisto di un terreno o

per il trasporto in aree più lontane , che sostenere i costi relativi al

miglioramento di un sito poco adatto.

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Nella scelta del sito si deve tener presente che i costi di

ammortamento e di gestione dei piccoli impianti rispetto a quelli

maggiori, sono, in proporzione, sono decisamente svantaggiosi. E'

quindi necessario che l'area possa soddisfare una aggregazione di

produttori di rifiuti e quindi anche di comuni minori.

Come dato orientativo in base a considerazioni economiche

andrebbe considerato un bacino di utenza di almeno 30.000÷50.000

abitanti.

L'aggregazione sarà definita in funzione della quantità e qualità

dei rifiuti prodotti, delle caratteristiche geomorfologiche del

territorio, delle infrastrutture varie, della distanza dei luoghi di

produzione dei rifiuti dal sito da scegliere: queste circostanze

dovranno essere valutate con metodi di ottimizzazione, al fine di

individuare la soluzione più conveniente che risponde ai criteri di

economicità e nello stesso tempo di maggiore efficacia. Infatti, per

garantire una corretta condizione degli impianti si deve ricorrere a

organizzazioni tecnico-gestionali che graverebbero eccessivamente

le singole amministrazioni locali; potrebbero, invece, essere

sostenute da una idonea aggregazione di comuni perchè si

arriverebbe a disporre di quella sufficiente concentrazione di rifiuti da

trattare in modo economicamente rispettoso dei costi di

realizzazione e gestione degli impianti e dei costi di trasporto dei

rifiuti. Nell'ambienti di alcune aggregazioni, si potrebbe anche

considerare l'opportunità di localizzare impianti intermedi di raccolta.

Per finire, si ritiene opportuno precisare che la scelta del sito oltre

ad avere il consenso delle amministrazioni locali e sanitarie, dovrebbe

soddisfare anche le associazioni naturalistiche.

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4.2 Fabbisogno di spazio

La superficie richiesta per la realizzazione di uno scarico

controllato dipende dalla quantità e dalla qualità dei rifiuti da

smaltire, dal tipo di sistema scelto per l'interramento, dall'altezza del

deposito e dai tempi di esercizio richiesti.

Sulla base di questi parametri il calcolo del volume necessario per

lo smaltimento deve essere fatto secondo la seguente relazione:

V = d . 365 .Errore.+ vc

dove:

V = Volume totale del deposito (m3)

d = Produzione media giornaliera di rifiuti pro-capite,(kg/ab x giorno)

N = Numero degli abitanti serviti, (ab)

P = Peso specifico dei rifiuti disposti in strato, (Kg/m3)

vc = Volume del materiale di copertura (m3)

I tempi di esercizio dovrebbero essere preferibilmente, di circa 15

anni, cioè confrontabili con quelli fissati per diversi impianti di

smaltimento, al fine di garantire un buon ammortamento,

soprattutto in presenza di elevati costi di impianto quali potrebbero

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derivare da opere di impermeabilizzazione del fondo e di smaltimento

del percolato.

In ogni caso per un impianto di interramento sanitario dotato di

tutti gli accorgimenti tecnici necessari per una corretta conduzione,

occorre prevedere tempi di esercizio non inferiore a 5 anni,

realizzazioni con opere e manufatti eventualmente riutilizzabili e

programmazione di nuovi siti per l'interramento così da estendere il

periodo globale di funzionamento ai 15 anni prima fissati.

Il peso specifico dei rifiuti disposti in strato dipende dal tipo di

sistema di interramento scelto, con valori che variano, come si è

visto, tra 500 Kg/m3 e 1000÷1200 Kg/m3, e dal peso specifico dei

rifiuti grezzi conferiti all'impianto. Così, ad esempio, rifiuti come

scatole di cartone, recipienti di vetro e casse di legno possono

essere facilmente ridotti di volume, mentre rifiuti come materassi,

pneumatici, elettrodomestici ed altri materiali ingombranti non

subiscono sostanziali variazioni di volume.

Il volume del materiale di copertura dipende, anch'esso, dal tipo di

sistema scelto ed, inoltre, dal numero degli strati (funzione

dell'altezza del deposito e del tipo di sistema), dal numero degli

abitanti serviti (frequenza della copertura del fronte rispetto alla

quantità di rifiuti scaricata) ed infine, relativamente allo strato di

copertura finale, dal tipo di uso del terreno recuperato (agricolo,

ricreativo, per servizi, ecc.) e dalla superficie dell'area.

Per il calcolo del volume del materiale di copertura può valere

indicativamente la seguente relazione:

vc = ( hcg . ( n - 1 ) + hcf ) . a . S

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dove: hcg = spessore dello strato di copertura giornaliero (m) n = numero degli strati hcf = spessore dello strato di copertura finale (m) a = coefficiente correttivo sperimentale che tiene conto

dei volumi di materiale impiegati per lacopertura del fronte di avanzamento; dipende sostanzialmente dal numero degli abitanti serviti

S = superficie media dell'area = V/hD; hD = l'altezza del deposito

Il numero degli strati può essere così calcolato:

n = hD/ h s

dove:

hD = altezza del deposito (m)

h s = spessore dello strato di rifiuti previsto in base al

sistema di interramento scelto (m)

Individuato in questo modo il valore di n si calcola lo spessore

effettivo degli strati con la seguente espressione:

hs = Errore.- hcg

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dove i simboli hanno lo stesso significato visto nelle relazioni

precedenti.

4.3 Distanza

Il sito deve essere ubicato il più vicino possibile alle zone di

produzione dei rifiuti al fine di minimizzare le spese di raccolta e

trasporto.

Nella pratica si ammette una distanza non superiore a 15 Km e

solo se il sistema di circolazione è bene organizzato e efficiente si

può aumentare a 5O Km. In ogni caso il sito deve trovarsi in

posizione baricentrica rispetto alla zona da servire e nel caso di più

zone deve essere spostato verso quella da cui proviene la maggior

parte dei rifiuti.

D'altra parte gli impianti devono essere a distanza di sicurezza dai

centri abitati o dai centri viari di grande comunicazione per i noti

inconvenienti che essi comportano: aspetto estetico poco

accettabile, dispersione del materiale leggero per effetto del vento,

sollevamento della polvere, transito degli automezzi di raccolta,

rumore dei mezzi di lavoro, cattivi odori legati particolarmente agli

automezzi di raccolta.

Poichè la discarica può comportare rumori e odori molesti, la

distanza dell'impianto dal perimetro dei centri abitati non deve

essere, di norma inferiore a 1000 metri in linea d'aria (secondo l'art.

24 della legge 2O marzo 1941 n. 366); questa misura è valida nel

caso che la discarica sia a vista; può essere ridotta se esiste fra

impianto e centro abitato una collina o qualsiasi rilievo di terreno tali

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che fabbricati e discarica non siano a vista. Occorre inoltre tener

conto della direzione dei venti dominanti.

In ogni caso la distanza non può essere inferiore a 1OO metri in

quanto la discarica è una lavorazione insalubre (D.M. 23 dicembre

1976 «Elenco delle industrie insalubri di cui all'art. 216 del testo

unico delle leggi sanitarie»).

Nel caso si voglia migliorare un ambiente degradato (presenza di

cave abbandonate, ad esempio) si può prendere in considerazione la

possibilità di operare anche a 200 m dal confine della più vicina zona

residenziale purchè si prendano le necessarie precauzioni al fine di

minimizzare ogni molestia e si installino cortine arboree di

separazione.

A proposito degli aeroporti, si ritiene necessaria che la discarica si

distante almeno tre chilometri, perchè i numerosi uccelli che sono at-

tratti potrebbero costituire un pericolo per gli aerei.

4.4 Accessibil ità

Il sito deve essere posto a distanza di sicurezza dai sistemi viari di

grande comunicazione.

L'area dovrebbe avere un buon collegamento stradale con il

bacino di raccolta; la viabilità deve consentire il transito dei veicoli in

ogni condizione di tempo e essere adeguata al numero di automezzi

che vi dovranno circolare.

Sarà opportuno prendere in considerazione anche:

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- la vicinanza alle principali strade di comunicazione; - le limitazioni di carico sulle strade pubbliche; - la capacità dei ponti; - il numero dei semafori e incroci principali che dovranno

essere attraversati; - i passaggi a livello e attraversamenti ferroviarii; - il traffico locale; - la tortuosità del percorso; - gli eventi particolari delle vicinanze (fiere, manifestazioni

sportive o folkloristiche, ecc.); - i percorsi alternativi.

4.5 Geologia

Le discariche non vanno realizzate in aree in frana,

potenzialmente franose e soggette ad intensa erosione, e, più in

generale, in zone di rischio geologico e/o idraulico, come quelle

soggette ad alluvioni, inondazioni marine e onde di maremoto.

Accurate geologiche-tecniche vanno eseguite nel caso di possibile

localizzazione degli impianti in corrispondenza di faglie attive, o in

zone di alto rischio vulcanico, o su conoidi alluvionali ancora

suscettibili di sviluppo, o in zone ad alta sismicità; in quest'ultimo

caso le discariche potranno essere ubicate solo se realizzate con

criteri costruttivi tali da poter garantire la stabilità anche in caso di

forti scosse. Il Decreto Ministeriale 21 gennaio 1981 (cui è seguita la

circolare del Ministro dei Lavori Pubblici 1981/21597) alla lettera I,

rende obbligatorio uno studio geologico, geotermico e idraulico per

le aree da destinare a discarica controllata.

L'impianto può essere realizzato in rilievo oppure in scavo,

pertanto vi sarà sempre un fondo della discarica ed i fianchi, i quali

potranno essere pareti di scavo oppure scarpate del rilevato. La

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scelta della pendenza di sicurezza da assegnare ai fronti di scavo e in

generale ai pendii artificiali o naturali dipende dall'«attrito interno» e

dalla «coesione» del terreno, dall'altezza della scarpata e dalle

condizioni di circolazione delle acque sotterranee. Il calcolo della

pendenza di sicurezza, quando si renda necessario, è preceduto

dall'esecuzione di una serie di indagine geologiche, geotecniche e

idrogeotecniche sul terreno e di prove di laboratorio, tramite le quali

si ottengono quei parametri necessari alla «verifica di stabilità», la

quale consiste appunto nell'individuare con il calcolo e con

procedimenti grafici il profilo delle scarpate che, con quel terreno e in

quelle condizioni ambientali, dà la garanzia dell'equilibrio.

Va da sé che tali profili vanno calcolati caso per caso, ma in

questa sede si vuol fare un discorso di in quadramento generale del

problema, basato sull'esperienza acquisita sul comportamento dei

pendii in vari tipi del terreno.

Per le terre dotate di sola coesione, le quali però impregnate

d'acqua si plasticizzano (come le argille azzurre marine del Pliocene e

del Pleistocene) e per le terre incoerenti (come ad esempio, i

sedimenti alluvionali sabbiosi e ghiaiosi dotati solo di attrito interno),

i valori delle grandezza di sicurezza vanno da un minimo di 18° (con

valori ancora più bassi nella formazione delle «argille vari colori

scagliose» dell'Appennino) fino ad un massimo di 45°; vi sono valori

intermedi attribuibili, secondo i casi, ai limi (dotati di coesione e di

attrito interno), ad argille più consolidate (ad esempio certe argille

plioceniche, beninteso non raggiunte dai fattori di alterazione), a

depositi sabbiosi ben addensati, a morene argillose, a «terra rossa», a

depositi piroclastici sciolti, ecc.. Al di fuori del campo dei terreni

sciolti, cioè quando ci si riferisce alle rocce lapidee, come le arenarie,

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i calcari (sia duri e compatti come quelli del mesozoico che quelli

teneri e porosi), i tufi vulcanici litoidi, le rocce magmatiche come i

graniti, le rocce metamorfiche come gli gneiss, il valore di 45° deve

considerarsi nella maggior parte dei casi ampiamente cautelativo, a

meno di situazioni idrogeologiche e geostrutturali particolarmente

sfavorevoli.

Allo scopo di aumentare la stabilità meccanica e limitare

l'erosione del fondo e soprattutto delle pareti della discarica, nei casi

in cui la natura del terreno e la pendenza lo richiedano, si può

ricoprirli con feltro 1 eventualmente integrato con gunite2 o altri

materiali aventi fini stabilizzanti.

In conclusione, le caratteristiche di un'area idonea dal punto di

vista geologico a ospitare una discarica sono sinteticamente i

seguenti i:

- morfologia del terreno idonea;

- vantaggi geologici presentati dal sito;

- natura favorevole del substrato geologico;

- assenza di risorse minerarie utilizzabili;

- assenza di giacimenti geologici vincolati o interessanti;

- presenza di materiali idonei per la copertura della discarica;

- stabilità del suolo tale, o resa tale, da evitare rischi di frane o cedimenti delle pareti e del fondo della discarica nonché rischi di spostamenti e deformazioni delle opere idrauliche per il drenaggio delle acque meteoriche.

1il feltro il linguaggio tecnico é anche detto, con un francesismo«tessuto non

tessuto, o con neologismo geotessile 2vedasi capitolo Materiali del testo di Costruzioni Idrauliche

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176

4.6 Caratteristiche del suolo.

Di notevole importanza è il fattore permeabilità perchè da questo

dipende la capacità di una roccia (sciolta o lapidea) di lasciarsi

attraversare dall'acqua. La permeabilità può essere per porosità e

per fessurazione. Il moto delle acque nei mezzi filtranti nei mezzi

porosi (e ed in quelli fratturati assimilabili strutturalmente ai porosi)

è regolato dalla legge di Darcy:

V = k i

secondo la quale la velocità di filtrazione V è direttamente proporzio-

nale alla pendenza piezometrica i, a meno di un coefficiente indicato

con K e detto di permeabilità, il cui valore dipende essenzialmente

dal numero e dimensioni dei vuoti attraverso cui passa l'acqua. In

termini di prima approssimazione il coefficiente di permeabilità, poò

definirsi come il volume di acqua che passa attraverso l'unità di

superficie di una sezione retta di roccia nell'unità di tempo, sotto un

gradiente idraulico unitario (100%), a 20°C.

Esso viene espresso in cm/sec., cioè ha le dimensioni di una velocità.

Dove non è possibile determinare k mediante prove di permeabilità

in sito o in laboratorio, si può ricorrere alla formula di Hazen, che

esprime, per le sabbie a granulometria continua, la permeabilità in

funzione del «diametro efficace» delle sabbie. Una classificazione

delle rocce secondo il grado di permeabilità è quella della tabella 48.

Tab.48 Gradi di permeabilità delle rocce

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Nella tabella 49 viene presentata la permeabilità delle principali

rocce sciolte, e nella tabella 50 il grado e il tipo di permeabilità di vari

gruppi di rocce.

Tab.49 Valori medi del coefficiente di permeabilità K (in cm/sec) di alcune rocce sciolte.

Da quanto esposto si rileva che in realtà non esistono rocce

assolutamente impermeabili, poichè al limite saranno dotate di

permeabilità molto bassa, e vengono considerate impermeabili solo ai

fini pratici. Una dimostrazione della diversa permeabilità e quindi

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velocità del moto delle acque sotterranee e nei vari mezzi filtranti,

sta nel fatto che tale velocità può variare, per falde idriche con

pendenza del 3 per mille (i=0,003), da 0,04 m/giorno per le sabbie

fini, a 4,4 m/giorno per le ghiaie fini, e superiore ai 25 m/giorno nei

depositi alluvionali grossolani.

Tab.50 Grado e tipo di permeabilità di vari gruppi di rocce.

La situazione ottimale è quella della discarica realizzata in una

depressione naturale o artificiale (es. cava esaurita), dove le

permeabilità dei terreni costituenti il fondo e le pareti dell'impianto

sia molto bassa,

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cioè tali terreni siano dotati di un coefficiente di permeabilità k

minore o uguale a 10-6÷10-7 cm/s, in modo che sia praticamente

impossibile che il percolato, infiltrandosi nel sottosuolo, raggiunga

acque superficiali o sotterranee. Affinchè ciò avvenga è necessario

che la depressione sia chiusa, cioè idraulicamente isolata.

Per raggiungere questa situazione, nel caso non sia possibile

rinvenire le condizioni morfologiche suddette, si può far ricorso a

serbatoi fuoriterra, realizzati con terre impermeabili e poggianti su

terreni impermeabili.

Altro parametro da valutare è lo spessore del terreno

interposto tra la massa dei rifiuti e le acque superficiali e di falda.

Infatti non verificandosi mai la impermeabilità assoluta dei

terreni, esiste la possibilità che il percolato, seppur propagandosi

molto lentamente nel mezzo filtrante naturale (terreno), raggiunga

dopo un certo tempo le acque superficiali o sotterranee.

Semplificando al massimo, ammettendo che il terreno interposto tra

la massa dei rifiuti e le acque da preservare abbia spessore di 1

metro e coefficiente di permeabilità k=10-6 cm/sec (sia dotato cioè

di permeabilità bassa), e che la pendenza piezometrica sia unitaria

(i=1, ossia 100%), l'acqua inquinata proveniente dalla discarica si

propagherà nel mezzo filtrante con una velocità di 10-6 cm/sec e per

superare quello spessore impiegherà 108 sec, ossia poco più di 3

anni.

In realtà la corretta determinazione della velocità di infiltrazione

(qui intesa come penetrazione dell'acqua nel mezzo filtrante, con

spostamento prevalentemente verticale nella zona di aerazione) e

quindi del tempo necessario al percolato perchè dalla superficie

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topografica raggiunga la falda acquifera sottostante, si deve far

ricorso ad equazioni fisiche o empiriche, che tengono conto non solo

dello spessore ma anche dei parametri idraulici e chimico-fisici del

mezzo filtrante; inoltre sono da valutare le caratteristiche chimico-

fisiche del percolato per le sue eventuali interazioni col materiale

filtrante.

A questo punto entra in gioco la capacità autodepurativa del

terreno attraversato dalle acque percolanti inquinate, poichè a

seconda di come e quanto i terreni siano dotati di questa proprietà,

varierà la quantità e la qualità dell'inquinante in grado di raggiungere

le acque da preservare. Si conta infatti sulla capacità autodepurativa

dei terreni i quali hanno la capacità di trattenere e degradare

chimicamente e biologicamente molti contaminanti. In relazione al

tipo di ambiente (atmosfera, acque, suolo e sottosuolo) e alla natura

della sostanza immessa, variano i meccanismi di azione ed i principi

chimico-fisici operanti.

Per quanto riguarda la roccia (sciolta o litoide) come sistema

depuratore, i più importanti processi fisici che avvengono in essa

sono: filtrazione propriamente detta (separazione di particelle solide

dal liquido dove sono contenute, che avviene con passaggio del

liquido attraverso il mezzo poroso, dal quale sono trattenute),

sedimentazione (le particelle trasportate dal liquido si depositano,

per gravità, negli interstizi o vuoti della roccia); i principali processi

chimici sono invece: adsorbimento (per cui le particelle colloidali della

roccia trattengono sulla loro superficie le molecole delle sostanze

inquinanti), reazioni chimiche fra sostanze inquinanti (ad esempio

alluminio, metalli pesanti, ecc.) e i minerali della roccia, precipitazione

chimica.

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Così, il materiale organico in sospensione nel percolato, tra cui i

batteri patogeni, viene prevalentemente trattenuto per filtrazione o

per adsorbimento; il materiale organico in soluzione, i virus e gli ioni ammonio (NH+4 ) vengono trattenuti per adsorbimento; in ambiente

acido lo ione fosfato forma sali poco solubili che precipitano.

Le rocce che svolgono azione autodepurante più efficace sono

quelle dotate di più elevata porosità, quali le argille e limi, i tufi

vulcanici e in generale i depositi piroclastici. Invece le rocce che

presentano la minore efficacia autodepurante sono quelle ricche di

fessure e fratture e quelle classificate, in particolare la maggior parte

delle colate laviche e i calcari, nelle quali le dimensioni degli interstizi

sono così grandi da impedire o rendere trascurabili i fenomeni quali

filtrazione, sedimentazione, adsorbimento.

Nel caso sia presente anche nel suolo come fattore depurativo,

oltre a permettere i processi già descritti, svolti dalla porzione

minerale nonchè dalla sostanza organica e cioè l'humus (anzi da

quest'ultimo in maniera superiore rispetto a quella fornita dalle rocce

a causa dell'elevatissima porosità), esso svolge, in quanto

ecosistema, l'importantissima funzione di «biodegradazione»

mediante l'azione della microflora batterica in esso contenuta: il

materiale organico presente nel percolato viene decomposto dalla

flora batterica, specialmente quella aerobica.

Inoltre possono avveniere altri processi a carico delle sostanze

estranee presenti allo stato di ioni nella «soluzione circolante» del

suolo: lo scambio ionico con i colloidi del suolo («complesso di

scambio») in ragione della capacità di scambio cationico (CSC) del

suolo, e l'assorbimento da parte delle radici delle piante.

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Tutti questi processi vengono facilitati nei suoli dotati di elevata

capacità di ritenzione (o capacità idrica ritenuta), e che la quantità di

acqua che un suolo riesce a trattenere vincendo la forza di gravità e

che è funzione della porosità: i suoli argillosi, ad esempio, hanno

capacità di ritenuta molto superiore a quella dei suoli sabbiosi.

Il suolo, malgrado il suo modesto spessore può svolgere una

azione autodepurante considerevole in virtù dei processi biologici e

chimici che vi hanno sede.

Affinchè suolo e sottosuolo abbiano capacità autodepurativa,

devono coesistere due condizioni:

-la prima e che essi siano dotati di caratteristiche e si trovino in condizioni tali da permettere i naturali processi di depurazione;

-la seconda è collegata alla qualità e alla quantità di sostanze estranee e nocive scaricate sopra e entro di essi, per cui tali sostanze non devono superare una certa soglia, sia come massa assoluta che come dose (quantitativo smaltito in un certo tempo o su una determinata superficie di terreno).

Una volta superata tale soglia, l'effetto «filtro» cessa e gli

inquinanti vengono rilasciati liberamente nel sottosuolo fino alla

falda.

Un sito sarà idoneo dal punto di vista idrogeologico ad ospitare

una discarica in caso di:

-buona protezione naturale degli acquiferi contro i rischi di inquinamento;

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-distanza sufficiente e posizione favorevole rispetto alle sorgenti captate (ubicazione lontana dalle zone di protezione delle sorgenti);

-facilità di controllo (prelievi, analisi) della qualità delle acque.

4.7 Morfologia

In base alla configurazione del terreno si possono fare le seguenti

valutazioni sommarie per la scelta del sito della discarica:

I terreni pianeggianti sono al sicuro dall'afflusso delle acque

chiare e danno una certa garanzia riguardo alla protezione delle

acque; sono però, particolarmente esposti alla vista e al vento.

Le zone vallive creano problemi nei riguardi dell'afflusso delle

acque chiare; se in forte pendenza possono favorire i fenomeni di

scivolamento; spesso le valli sono elementi paesaggistici meritevoli di

protezione.

Le aree collinari e montane possono presentare i seguenti

elementi idrogeologici che devono essere tutelati:

- falde freatiche o fronti freatici, trabocchi di sorgente, site

sui versanti; - falda freatica, falda in pressione, sorgenti, lungo le valli; - falda freatica, fronte di sorgenti, site sui terrazzi; - circolazione d'acqua, tavola d'acqua, nelle aree carsiche.

Gli scavi rappresentanti dalle cave di pietra, ghiaia, sabbia, argilla,

costituiscono l'ubicazione ideale per una discarica dal punto di vista

della pianificazione del territorio e generalmente non presentano

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184

problemi per il ripristinamento dal punto di vista della meccanica

delle terre, ad eccezione del ripristinamento delle fosse in pendenza.

Solo nel caso in cui le cave di ghiaia e sabbia e, qualche volta quelle

di pietra (ad es. nelle zone carsiche) si trovano al di sopra di falde

freatiche, si possono avere problemi per la loro utilizzazione come

sito delle discariche.

Gli scavi di materiali offrono una relativa facilità al fine della

impermeabilizzazione per le loro forme nette e geometriche.

Particolarmente idonee sono le cave di argilla per il loro sottofondo

stagno che impedisce al percolato di raggiungere le acque

sotterranee. Deve però esistere uno scolo, naturale o si deve avere

la possibilità di installarne uno nel punto più basso per non rischiare

di determinare un ristagno del percolato con progressiva

instaurazione di sgradevoli condizioni anaerobiche.

L'analisi morfologica consente di rilevare tutti gli elementi

necessari alla conoscenza della stabilità per le aree collinari o

montane; per quanto riguarda le aree di pianura, invece contribuisce

alla conoscenza della esondabilità delle pendenze e della

compressibilità del terreno.

4.8 Acque superficiali e acque per l'approvvigionamento

I punti di approvvigionamento di acque destinate ad uso potabile

sono generalmente le sorgenti captate ed i pozzi in attività:

indipendentemente da tutte le misure di sicurezza che si porranno in

atto per la discarica, è chiaro che, per evitare un possibile

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inquinamento delle acque sotterranee, la discarica si deve trovare a

una distanza minima dai suddetti punti di approvvigionamento, che si

stabilisce in generale pari a 150 metri. In realtà questo parametro si

dovrà valutare caso per caso, in relazione alle caratteristiche

geomorfologiche e idrogeologiche della zona, compresa la

configurazione del «bacino idrogeologico» (mentre il bacino

idrografico è delimitato da spartiacque superficiali, il bacino

idrogeologico è delimitato da spartiacque sotterranee, che

dipendono dalla distribuzione degli strati permeabili e impermeabili e

dalla struttura geologica alla quale è legato l'andamento di tali strati:

spesso i due bacini coincidono, ma quando non coincidono può

accadere che le acque di competenza di un bacino idrografico

passino per via sotterranea in bacini attigui).

Per sorgenti o pozzi situati a valle della discarica, la distanza di

sicurezza dovrà essere superiore a quella suddetta, e ciò

specialmente laddove i terreni situati tra l'impianto e il punto di

approvvigionamento siano dotati di elevata permeabilità: pertanto

sarà indispensabile effettuare indagini sui caratteri idrogeologici della

falda acquifera che alimenta i pozzi e le sorgenti (geometria, porosità

e permeabilità dell'acquifero, direzione e velocità del moto della

falda, andamento della superficie piezometrica, ecc.) e sulla

conformazione del bacino idrogeologico interessato; solo sulla base

dei risultati di tali accertamenti si potrà fornire il valore della sud-

detta distanza di sicurezza. Viceversa, la distanza di 150 metri potrà

essere ridotta qualora il punto di approvvigionamento si trovi a

monte dell'impianto. In generale sono ammesse distanze inferiori a

150 metri qualora si dimostri sperimentalmente che non vi sia

possibilità di alterazione della qualità delle acque superficiali e

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186

sotterranee. Va da per sé che è vietato realizzare discariche

all'interno delle «zone di rispetto» e delle «zone di protezione» dei

punti di prelievo di acqua destinata prevalentemente ad uso potabile

(zone vincolate dalle Regioni, visto l'art. 94 del T.U. delle leggi sulle

acque 11.12.1933 n. 1775 e successivi decreti di applicazione).

Per quanto riguarda la distanza dell'alveo di piena di corsi d'acqua

e laghi, se sono presenti arginature efficaci che delimitano l'alveo di

piena, tale distanza tra l'impianto e l'argine può essere ridotta a

qualche decina di metri; se però sono assenti tali arginature, si dovrà

valutare caso per caso la distanza di sicurezza, secondo la

morfologia del terreno ed i parametri idrologici locali, in modo da

evitare che le inondazioni colpiscano la discarica e che gli effluenti di

lisciviazione («percolato») della discarica, non depurati, raggiungano

l'alveo in piena.

Un sito sarà idoneo dal punto di vista idrografico e idrologico in

caso di:

- ubicazione, topografia e forma dei luoghi che offrono buone garanzie contro l'inquinamento delle acque superficiali (ruscellamento scarso, drenaggio facile);

- rispetto delle distanze regolamentari in rapporto a corsi d'acqua, stagni, fiumi, ecc.;

- assenza di attività ittica o balneare;

- facilità di messa in opera di mezzi di prevenzione e di con-trollo dell'eventuale inquinamento.

4.9 Clima

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187

Il sito non dovrebbe essere ubicato in zone molto esposte alle

precipitazioni perchè le acque, penetrando in abbondanza nella

discarica, contribuiscono a occludere i vuoti esistenti nell'ammasso

diminuendo la capacità di aerazione, possono causare gravi problemi

di stabilità e aumentare la quantità del percolato.

Il sito deve essere ubicato tenendo conto dell'orientamento e

della forza dei venti dominanti che sono causa di involo e

sparpagliamento degli elementi leggeri e della propagazione degli

odori sgradevoli.

4.10 Natura e paesaggio

Per realizzare un'opera come la discarica in aree soggette a

vincoli giuridici sul territorio, bisogna ottenere la preventiva

autorizzazione delle autorità competenti: si tratta del «vincolo

idrogeologico» (R.D. 30 dicembre 1923, n.3267) e del «vincolo

paesaggistico» (legge 29 giugno

1939 n. 1497). Inoltre, altre zone soggette a vincoli sono le

«aree protette» (parchi nazionali, parchi naturali regionali e riserve

naturali), i terreni agricoli di elevata produttività tutelati da alcune

normative regionali, le servitù militari, le zone inserite negli strumenti

urbanistici.

Il sito non dovrebbe essere ubicato in zone caratterizzate da

manifestazioni di origine antropica con elevato valore estetico,

storico ed educativo: giacimenti preistorici, costruzioni tipiche

(casolari, chiese, ponti in muratura, castelli), musei campi di

battaglia, cimiteri.

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188

Il sito non dovrebbe essere ubicato neppure in biotopi

significativi, ossia in quegli ambienti con manifestazioni vegetali di

piante rare, fauna e flora minacciate da estinzione, associazioni

vegetali tipiche, tappe di rotte migratorie.

A tale proposito si riportano le aree sottoposte a vincolo

paesaggistico ai sensi della su citata legge 29 giugno 1939, n. 1497:

a) I territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sul mare;

b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;

c) i fiumi, i torrenti ed i corsi d'acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;

d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;

e) i ghiacciai e i circhi glaciali;

f) i parchi e le riserve nazionale o regionali, nonchè i territori di protezione esterna dei parchi;

g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorchè percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento;

h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici:

i) le zone umide incluse nell'elenco di cui al decreto del Presidente della repubblica 13 marzo 1976, n.488;

l) i vulcani;

m) le zone di interesse archeologico.

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189

Il vincolo di cui al precedente comma non si applica alle zone A,

B e, limitatamente alle parti ricomprese nei piani plurizonali di

attuazione, alle altre zone, come delimitate negli strumenti

urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, e,

nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ai centri edificati perimetrali ai

sensi dell'articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

Sono peraltro sottoposti a vincolo paesaggistico, anche nelle

zone di cui al comma precedente, i beni di cui al n.2) dell'articolo 1

della legge 29 giugno 1939, n. 1497 («le ville, i giardini e i parchi

che, non contemplati dalle leggi per la tutela delle cose di interesse

artistico o storico, si distinguono per la loro non comune bellezza»).

Per quanto riguarda il paesaggio si deve comunque tener

presente che la discarica costituisce in effetti un intervento

passeggero: inserendola sapientemente al momento di scegliere

l'ubicazione, programmandone convenientemente la struttura e

predisponendola in modo da essere facilmente rinverdita, la discarica

può diventare un elemento integrante del paesaggio stesso dopo il

suo esaurimento. Durante i lavori gli aspetti sgradevoli della discarica

possono essere totalmente o parzialmente celati mediante banchi di

terra pulita o mediante piantamenti opportuni.

4.11 STUDI, INDAGINI, RILEVAMENTI, PROGETTAIONI

Uno scarico controllato è in effetti un'opera di ingegneria

ambientale che, come ogni altra del genere, richiede uno specifico

progetto basato su tutta una serie di indagini preliminari conoscitive

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190

che consentano caso per caso una scelta della soluzione appropriata

alla situazione locale.

La normativa delle Regione Lombardia richiede, ai fini

dell'autorizzazione:

a) relazione tecnica comprendente:

-inquadramento territoriale e comprensorio servito;

-ubicazione della discarica e connessione con la viabilità; effetti sui costi di trasporto;

-regime di piovosità;

-direzione e intensità dei venti predominanti;

-popolazione residente, fluttuante e variazioni stagionali;

-quantitativi di RSU e di quelli assimilabili;

-aspetti urbanistici connessi alla localizzazione dello scarico; strumenti urbanistici coinvolti;

-modalità di approntamento e di gestione dello scarico;

-eventuale impermeabilizzazione;

-sistemi di raccolta, accumulo, depurazione, smaltimento del percolato;

-sistemi per lo sfogo e/o il recupero del gas biologico;

-attrezzature fisse e mobili;

-sistemi e metodi di controllo del percolato e dell'ambiente;

- modalità di sistemazione finale e riutilizzo dell'area;

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b) studio geologico, idrogeologico, geotecnico

comprendente:

-relazione sull'area dello scarico e connessa fascia perimetrale della profondità di 2 Km con precisate opere di captazione esistenti e sorgenti, zone di inondazione ed esondazione, stabilità del fondo, ripe, scarpate, litologia, posizione falde e livello max;

-relazione sull'area dello scarico con permeabilità da misure in sito, andamento livelli a carattere idrologici diversi, risultati esecuzione sondaggi (profondità minima 20 m dal fondo e penetrare 5 m nell'acquifero), caratteristiche eventuali di permeabilizzazioni anche artificiali, localizzazione e caratteristiche di controllo; eventuali pozzi di spurgo;

- rappresentazione grafica completa degli elementi di cui sopra;

c) stralcio degli strumenti urbanistici dei Comuni

interessati e Comuni limitrofi (considerati tali se

distanti < 2 Km dal confine) con localizzazione

dell'area;

d) piano quotato (> 1: 25.0000) dell'area della

situazione originaria; corografia (1:25.000);

e) progetto generale comprendente:

-planimetrie (1:500);

-sezioni ;

-viabilità interna;

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-sistema di drenaggio, raccolta, depurazione acque;

-sistema impermeabilizzazione fondo, ponti e superficie;

f) piano di conduzione comprendente settori e disposizioni strati;

g) particolari costruttivi (>1: 200) sistema di drenaggio, pozzetti di intercettazione, serbatoio accumulo, impianto depurazione;

h) progetto sistemi di controllo percolato e ambiente;

f) disegni di massima impianto e opere complementari;

l) progetto generale sistemazione finale dell'area;

m) stima sommaria;

n) studio sulle caratteristiche naturalistiche dell'area interessata con misure per protezione ambientale ed calcolo del VIA

A tale documentazione, prevista ai fini della autorizzazione, farà

seguito il completamento della progettazione esecutiva con il piano

operativo di dettaglio, le specifiche tecniche, il computo metrico

estimativo, la documentazione di appalto, il piano economico di

gestione.

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193

CAPITOLO QUINTO 1

2

IMPERMEABILIZZAZIONE 3

4

5.1 Principali interventi di impermeabil izzazione 5

In questo studio vengono proposti alcuni indirizzi tecnici volti 6

alla tutela delle falde freatiche contro l'inquinamento derivante dai 7

rifiuti, ottenibile con la realizzazione di adeguati schermi 8

impermeabili; si sono presi in considerazione i principali interventi di 9

impermeabilizzazione maggiormente impiegati. 10

Al fine di evitare la suddetta contaminazione delle acque di 11

falda, nella generalità dei casi, l'isolamento dei rifiuti dall'ambiente 12

circostante si realizza creando una sorta di contenitore interrato per 13

questi ultimo, attraverso il quale non ci sia possibilità di «scambio 14

idrologico». 15

Per quanto concerne il problema dell'impermeabilizzazione, la 16

normativa italiana, con la deliberazione del 27 luglio 1984 del 17

Comitato Interministeriale, circa «disposizione per la prima 18

applicazione dell'art.4 del D.P.R. 10 settembre 1982 n. 915 19

concernente lo smaltimento dei rifiuti», prevede anche la possibilità 20

di non effettuare opere di impermeabilizzazione né naturali, né 21

artificiali (escludendo naturalmente le discariche di tipo C per i rifiuti 22

speciali e per quelli tossici e nocivi ove l'impermeabilizzazione è 23

necessaria ma che in questo studio non vengono considerate) previo 24

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accertamento di natura idraulica , geologica e idrogeologica, che lo 1

spessore, la permeabilità e la capacità di ritenzione e assorbimento 2

degli strati del suolo interposti tra la massa dei rifiuti e le acque 3

superficiali e di falde siano tali da preservare le acque medesime 4

dall'inquinamento. Il problema dell'isolamento così va affrontato in 5

modo diverso a seconda che il terreno, che si trova sotto il deposito 6

di rifiuti, sia impermeabile o permeabile. 7

Nel primo caso sarà sufficiente realizzare uno schermo verticale, 8

che penetri nel substrato di base in modo da creare una 9

«cinturazione» della trincea senza soluzioni di discontinuità. 10

Nel secondo caso invece la situazione è più complessa in quanto 11

una eventuale cinturazione del deposito non evita la percolazione in 12

profondità negli strati permeabili del fondo con possibilità di 13

inquinamento delle falde più profonde. 14

Occorrerà pertanto intervenire in due direzioni 15

impermeabilizzando sia il fondo che la superficie laterale della trincea. 16

Le barriere impermeabili hanno il duplice scopo di impedire che i 17

percolati del deposito possono uscire dalla loro area inquinando la 18

falda e di evitare il processo inverso, cioè che acque esterne di falda 19

o di filtrazione a circolazione sotterranea possano penetrare nel 20

deposito e uscirne inquinate. 21

22

23

5.2 Il sistema dei «diaframmi plastici» 24

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Uno dei sistemi analizzati è quello dei «diaframmi plastici» 1

impermeabili eseguiti con l'ausilio di miscele autoindurenti a base 2

cementizia, che ditte specializzate in tecnologia geotecnica hanno 3

avuto modo, in questi ultimi anni di mettere a punto. Dal punto di 4

vista esecutivo nei diaframmi plastici vengono tratto per tratto 5

realizzati in due fasi distinte: 6

- dapprima vengono realizzati gli elementi dispari 7 (pannelli primari) 8

- successivamente gli elementi pari (setti di incastro) 9 che vanno ad esportare una porzione, delle estremità 10 dei dispari, in modo da ottenere un perfetto «collage» 11

fin tal modo si da luogo ad un diaframma senza soluzione di 12

discontinuità. 13

Per profondità oltre i 20 metri è consigliabile usare altri sistemi 14

di collegamento dei pannelli, per ovviare agli inconvenienti che 15

potrebbero derivare dalle non perfette complanarità dei singoli 16

elementi, ma nelle generalità dei casi, una tale profondità 17

difficilmente viene raggiunta. 18

Una delle componenti delle miscele, insostituibile, è sempre data 19

dalla «bentonite» sotto forma di sospensione in acqua che da luogo 20

al fango atto a permettere lo scavo del terreno senza innescare 21

franamenti delle pareti di scavo. 22

Al fango bentonitico vengono aggiunti generalmente cemento e 23

degli additivi chimici con funzione fluidificante e ritardante dei 24

fenomeni di presa e di indurimento. Il fatto saliente è che il fango 25

bentonitico così addizionato riesce a garantire la stabilità delle pareti 26

di scavo. Tali diaframmi realizzati con miscele autoindurenti 27

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costituiscono un progresso per molti casi di impiego,per i seguenti 1

motivi: 2

- lo scavo del terreno avviene con la miscela stessa 3 destinata a costituire il diaframma plastico; si è quindi 4 abolita la fase di getto del materiale costituitivo del 5 diaframma abolendo una fase di lavoro ed il recupero dei 6 fanghi bentonitici; 7

- i giunti di tenuta fra pannello e pannello del diaframma 8 vengono aboliti in quanto essi si realizzano 9 automaticamente tra pannello e pannello mediante 10 compenetrazione parziale degli stessi; la miscela usata 11 per lo scavo di un setto va in altri termini ad aderire alla 12 miscela compositivamente identica dei setti vicini, 13 realizzando un giunto ideale; 14

- i diaframmi plastici sono privi di armatura in acciaio. 15

A questi vantaggi che si traducono in risultati circa la 16

funzionalità idraulica dei diaframmi plastici e in una spiccata rapidità 17

esecutiva, fa riscontro una penalizzazione circa i consumi delle 18

miscele rispetto ai volumi teorici degli scavi eseguiti. Infatti le 19

miscele usate generalmente, additivate con fluidificante, penetrano 20

maggiormente nel terreno prima di autobloccarsi per gelificazione, 21

per cui i consumi possono aumentare sensibilmente rispetto ad un 22

puro fango bentonitico non additivato, in taluni casi anche del 23

60÷8O%. Le miscele restano fluide per un certo tempo, durante il 24

quale penetrano lentamente nel terreno, intasandone i vuoti; essendo 25

il grado di penetrazione proporzionale alla permeabilità del mezzo si 26

realizza in modo naturale in intasamento maggiore dove questo è 27

piùrichiesto. 28

Altra penalità , che riguarda ancora la miscela impiegata è quella 29

dovuta a fenomeni di sedimentazione per cui sono necessarie 30

operazioni di «rabbocco» con nuova miscela nella parte superiore del 31

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diaframma per rispettare le quote di sommità previste nella 1

progettazione. 2

Questa operazione costituisce la terza fase della realizzazione 3

dei detti diaframmi. Si veda a tal proposito la fig.25. 4

In fase di completamento della trincea ospitante i RSU si potrà 5

opporre come stato finale di ricoprimento un tappeto di ghiaia e 6

sabbia, frammista a una piccola quantità di bentonite e cemento 7

notevole compositivamente simile a quello per la realizzazione dei 8

diaframmi plastici, in modo che le acque meteoriche che cadranno in 9

seguito sulla zona in oggetto non vadino ad alimentare più la 10

formazione del percolato nel corpo dei rifiuti disposto in strato. 11

In definitiva i diaframmi plastici richiedono modalità esecutive 12

che portano ad un'ottima continuità quindi all'impermeabilità 13

dell'ordine di quella delle argille naturali, con K = 10-7 ÷ 10-9 14

cm/sec. 15

Altra caratteristica dei diaframmi plastici è quella di avere 16

un'alta deformabilità consentendo all'opera di sopportare senza 17

fessurazioni e quindi senza perdere la originaria impermeabilità, 18

cedimenti e assestamenti del terreno garantendo la sicurezza 19

dell'opera nel tempo. 20

21

Fig.25 Le 3 fasi esecutive per l'approntamento di un diaframma 22

plastico. 23

24

25

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1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

5.3 Il sistema dei «diaframmi in calcestruzzo» 13

Meno usati per impermeabilizzare la superficie laterale della 14

trincea sono i diaframmi in C.A. i quali supponendo una corretta 15

realizzazione fra i giunti collegante i pannelli, (potrebbero essere 16

realizzati da una miscela autoindurente simile a quella per i 17

diaframmi plastici ) garantiscono una permeabilità dell'ordine di K = 18

10-6 ÷ 10-8 cm/s. Anche in questo caso il fango bentonitico, 19

penetrato nel terreno attiguo allo scavo per l'esecuzione del 20

diaframma, costituisce una prima barriera protettiva. 21

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Con l'aumentato spessore dei diaframmi in c.a., rispetto agli inizi 1

del loro impiego, e con l'uso di calcestruzzi speciali di cui si ha una 2

vasta gamma a disposizione, e, soprattutto con giunti correttamente 3

realizzati, si può fare affidamento sulla loro impermeabilità specie 4

laddove sono richiesti al calcestruzzo particolari requisiti contro 5

l'aggressione chimica del percolato. 6

7

5.4 Sistema «Jet-Grouting» 8

Per l'impermeabilizzazione del fondo discarica, ove richiesta, 9

cioè nella maggioranza dei casi, si può utilizzare il sistema JET-10

GROUTING con il quale si opera dapprima un intervento di rottura e di 11

rimescolamento del terreno sul fondo seguito immediatamente da 12

una iniezione di miscele cementanti additivate, in generale con 13

sostanze chimiche, ottenendo le più svariate combinazioni di diametri 14

e di intensità di trattamento. 15

Una delle caratteristiche più importanti del metodo è che si può 16

operare lungo direttrici comunque inclinate dei fori anche con 17

andamento sub-orizzontale, ciò grazie a speciali macchine operatrici 18

dotate di tutti quei dispositivi di rotazione intestata e di piazzamento 19

macchina che consentono la multidirezionalità dei fori. 20

Simili trattamenti su terreni sabbioso-limosi fanno raggiungere 21

resistenze a rottura dell'ordine di 100.150 Kg/cm2 che aumentano 22

anche oltre i 200 Kg/cm2 in ghiaie e sabbie pulite. Importante è 23

garantire, una volta noto il diametro d'azione e la profondità 24

desiderata, una frequenza del trattamento per unità di superficie che 25

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200

assicura l'impermeabilità estesa a tutta la superficie del fondo 1

discarica. 2

3

5.5 Controlli di qualità delle opere di impermeabilizzazione. 4

I controlli che si possono effettuare sono quelli qui di 5

seguitocosì elencati1 6

- controlli all'origine sulle materie prime (acqua-cemento-7 bentonite-additivi); 8

- controlli sui dosaggi delle sostanze impiegate, oggi 9 praticamente continui ed automatici con coclee 10 temporizzate, bilance ad arresti automatici ai carichi 11 prefissati, contatori di precisione sulle acque di 12 confezionamento delle miscele, misuratori delle 13 temperature di impiego; 14

- controlli sui fanghi autoindurenti ottenuti, con particolare 15 attenzione al fenomeno di «rigidificazione» del fango, 16 che precluderebbe il proseguimento dello scavo; 17

- carotaggi del diaframma in corrispondenza del giunto, per 18 verificare la continuità del diaframma stesso; 19

- controlli delle sostanze a compressione e della 20 deformabilità peso e volume, viscosità, prove di 21 decantazione; 22

- prove in situ dell'aggressività del percolato eseguendo un 23 pannello di diaframma a contatto con gli stessi, 24 osservando l'effetto e la velocità di penetrazione degli 25 agenti chimici nella massa del diaframma; 26

- prove di laboratorio di resistenza sui provini delle miscele 27 prima di essere impiegate e su quelle prelevate dal 28 diaframma associando anche prove di resistenza 29 all'attacco dei vari percolati; 30

- prove di rottura, prove di punzonatura, anche in situ, e 31 prove di permeabilità; 32

1l'ordine di esposizioni lo é anche ordine di importanza:

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201

- prove piezometriche in situ. 1

Oltre alle prove descritte vi sono una serie di controlli da 2

effettuarsi anche sugli impianti e soprattutto sulle macchine 3

operanti, valga, ad esempio, per tutte la prova di verticalità del 4

diaframma che, oggi, si fa con metodi elettronici. 5

6

5.6 Ricerche sulla permeabil ità dei sistemi combinati 7 di impermeabil izzazione 8

9

5.6.1 Introduzione 10

Presso la BAM (Bundesonstatt für Materialprufüng) di Berlino il 11

prof. Hans August con l'intento di determinare l'effettiva 12

permeabilità dei sistema di impermeabilizzazione normalmente 13

utilizzati per il fondo degli scarichi controllati, ha segnalato due 14

diverse soluzioni di impermeabilizzazione combinate che garantiscano 15

lo sbarramento quasi assoluto al passaggio di tutte le sostanze 16

tossiche che provengono dai rifiuti smaltiti. 17

Per determinare l'efficacia di una impermeabilizzazione in modo 18

da evitare con certezza la contaminazione delle riserve di acqua 19

potabile bisogna essere a conoscenza dei possibili processi di 20

trasporto delle sostanze tossiche attraverso i materiali usati per 21

l'impermeabilizzazione e delle proprietà chimiche di cui questi sono 22

dotati per opporsi alla filtrazione di tutti i possibili componenti del 23

percolato. Le esigenze meccaniche dovrebbero essere conformate al 24

tipo di impermeabilizzazione progettato, per non renderlo inefficace 25

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a seguito di assestamenti diversi da quelli previsti per il fondo 1

scarico. 2

E' da tener presente che il prof. August quando si accinse allo 3

studio in parola, si trovava di fronte ad una normativa, del 1977, 4

molto aleatoria e poco precisa che si può sintetizzare come segue: 5

- Per i teli di materiale plastico si richiedeva una non meglio precisata 6 «idoneità» mentre 7

- Per le impermeabilizzazioni naturali si impone una posatura 8 stratificata con spessore non inferiore a 6O cm per singolo strato, 9 questo dovrebbe assicurare che le barriere fossero «abbastanza 10 impermeabili» cioè che la permeabilità dell'acqua , descritta dal 11 coefficiente K, fosse inferiore a 10-8 m/sec. 12

D'altra parte questo valore significa poco, perchè non era precisato 13 quale metodo di misurazione dovesse essere utilizzato, e manca una 14 qualsiasi considerazione sul tipo e sullo stato del campione su sui si 15 effettuare le misure. 16

Se si suppone che in condizioni favorevoli si abbia K = 10-9 m/sec. 17 e un gradiente idraulico i=2 , tramite la legge di Darcy: 18

v = K*i 19

si avrebbe ogni giorno il passaggio di circa 1,7 m3 d'acqua per 20 ettaro! 21

Purtroppo mancano indicazioni sia qualitative che quantitative sulla 22 riduzione del passaggio delle sostanze tossiche. 23

Il prof. August lamentava inoltre una scarsa utilizzazione, nella prassi 24

della gestione degli scarichi controllati, dei risultati derivanti da alcuni 25

metodi esatti di misura della permeabilità nei confronti degli idrocarburi e 26

degli idrocarburi clorurati relativa ai manti di copertura sintetici, noti almeno 27

dal 1981. 28

Queste conoscenze non hanno fatto a tutt'oggi il loro ingresso nella 29

normale gestione degli scarichi e ciò è allarmante se si pensa che: 30

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- nel passato non si è sempre riusciti ad evitare che le 1 impermeabilizzazioni del fondo scarico si trovassero nelle 2 immediate vicinanze della falda; 3

- i siti adatti ad ospitare scarichi controllati in futuro diventassero 4 sempre più rari e bisogna tener conto, nella pianificazione, del 5 fatto che si avrà a che fare con siti sepre più problematici; 6

- le pendenze previste per il fondo scarico intorno all'1 ÷ 2% spesso, 7 dopo poco tempo, vengono pregiudicate dai notevoli 8 assestamenti e si crea così un ristagno del percolato; 9

- spesso anche nelle discariche per rifiuti domestici vengono trovate 10 quantità di idrocarburi ed idrocarburi clorurati (più o meno 11 concentrati) maggiori di quanto si prevedesse. 12

Da quanto sopra possiamo renderci conto delle problematiche 13

che il prof. August si è posto nonché del loro carattere generale, così 14

come pure le difficoltà incontrate nell'operare. 15

La BAM ha incominciato nel 1983 alcune ricerche 16

sull'impermeabilizzazione combinata con polimeri e terreni 17

impermeabili sovrapposti. 18

Per scegliere il liquido più adatto la BSAM ha fatto iniziale 19

riferimento ad una miscela di idrocarburi e idrocarburi clorurati, alcuni 20

ben solubili in acqua, altri meno, in concentrazioni relativamente alte, 21

in modo tale da considerare anche eventuali effetti sinergistici. 22

Tecnicamente sembrava possibile ottenere una 23

impermeabilizzazione quasi perfetta.e difatto i più recenti risultati 24

delle ricerche sembrano dimostrarlo. Tali soluzioni sono accettabili 25

anche economicamente, perlomeno quando si tengono in conto non 26

solo i costi a breve termine per la costruzione 27

dell'impermeabilizzazione, ma anche i costi che sopraggiungerebbero 28

in caso si rendesse, poi, necessario il risanamento. 29

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204

1

5.6.2 Proprietà impermeabilizzanti delle soluzioni naturali 2

Oggi per l'impermeabilizzazioni con soluzioni naturali si usano 3

prevalentemente terreni naturali costituiti da miscele di suoli diversi 4

con sostanze che si rigonfiano (bentonite) o leganti (cementazione) 5

per migliorarne le proprietà. A causa della consistenza granulosa delle 6

impermeabilizzazioni minerali, attraverso di esse sono possibili i 7

processi di flusso che possono sovrapporsi ai processi di diffusione. 8

La PERMEABILITA' RESIDUA per impermeabilizzazione naturale, 9

risulta quindi dalla somma di questi due processi di trasporto. 10

Con l'ottimizzazione del contenuto d'acqua e della 11

compattazione del terreno i processi di flusso possono essere 12

minimizzati, fissando determinati valori della pressione idrostatica. 13

Quanto minore è l'incidenza dei processi di flusso (K e/o i molto 14

piccolo) tanto più si deve considerare il contributo che i processi di 15

FILTRAZIONE apportano alla permeabilità nei confronti delle sostanze 16

tossiche. Bisogna dunque impedire i processi di flusso attraverso il 17

terreno impermeabile, se possibile completamente, (per esempio 18

aggiungendo sopra di essi un materiale plastico) raggiungendo così il 19

valore i = 0. 20

A questo punto poichè il processo di flusso è stato eliminato nel 21

terreno impermeabile che costituisce lo strato inferiore di una 22

impermeabilizzazione combinate, rimane possibile, per il trasporto 23

delle sostanze tossiche, la sola permeazione molto più lenta del 24

flusso anzidetto. 25

26

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205

5.6.3 Proprietà impermeabilizzanti dei manti di materiale 1

plastico 2

I processi di flusso presuppongono l'esistenza di pori e di 3

fessure e non si verificano quindi nei manti che vengono prodotti in 4

condizioni perfette e posati adeguatamente, così il processo che si 5

instaurerà sarà un processo di diffusione. 6

Da un esperimento della BAM che andremo ad illustrare si è 7

visto che, per i componenti organici tossici contenuti nei rifiuti, e 8

così disciolti nel percolato, il possibile passaggio attraverso 9

impermeabilizzazione artificiali è ristretto agli idrocarburi e 10

idrocarburi clorurati presenti nella miscela presa in esame, mentre 11

per i componenti inorganici tossici (per esempio sali di metalli 12

pesanti) un manto di 2 mm di materiale plastico costituisce una 13

barriera praticamente assoluta. 14

15

SOSTANZE INORGANICHE 16

Per le sostanze tossiche inorganiche la BAM ha preparato una 17

soluzione acquosa di Cd2+ allo 0,5% in peso (come Cd(NO3)2 . 4H20) 18

e tetraidrofurano al 5% in peso si trova in una metà di una cella, 19

separata dall'altra metà da un manto spesso 1 mm di PEAD; nella 20

seconda metà c'è acqua pura. 21

Dopo un anno e dopo due anni sono stati estratti i campioni 22

della seconda metà e il risultato è stato negativo in entrambi i casi. 23

24

SOSTANZE TOSSICHE ORGANICHE 25

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206

Per le sostanze tossiche organiche, nel 1979 la stessa BAM per 1

determinare la permeabilità dei manti di impermeabilizzazione in 2

commercio nei confronti degli idrocarburi e degli idrocarburi clorurati 3

hanno mostrato che a seconda del tipo di materiale, del suo spessore 4

e della concentrazione di idrocarburi e idrocarburi clorurati presenti 5

nella discarica, quantità più o meno rilevanti di queste sostanze 6

possono filtrare attraverso processi di diffusione. Nel giudicare il 7

comportamento di una impermeabilizzazione sintetica bisogna tener 8

conto del fatto che la permeazione di una sostanza polare pura (per 9

esempio 100% di acetone e metanolo) attraverso un materiale non 10

polare come il PEAD può essere molto ridotta; la permeazione della 11

stessa sostanza in concentrazioni inferiori e in presenza di altri 12

idrocarburi o idrocarburi clorurati può invece essere più spinta perchè 13

le altre sostanze possono produrre un certo rigonfiamento 14

reversibile, del manto impermeabile. Alla luce di tali considerazioni la 15

BAM ha pensato di preparare tre diverse miscele contenti metanolo 16

ed acetone come: 17

- fluido concentrato; 18

- soluzione acquosa al 5%; 19

- componenti di una miscela di idrocarburi e idrocarburi clorurati 20 (Tab. 55); 21

e di osservare così la permeazione di queste attraverso un manto di 22

PEAD spesso 1 mm. 23

Tab.55 Miscela dei 9 componenti. 24

25

26

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207

1

2

3

4

5

Usando la stessa cella doppia di cui si è parlato 6

precedentemente sono state riprodotte le stesse condizioni di una 7

discarica nella quale l'impermeabilizzazione del fondo si trovasse a 8

diretto contatto con la falda sotterranea. 9

I risultati delle misure, condotte con le sostanze pure 10

concentrate e con soluzioni acquose al 5% sono riportate in Tab. 56 11

mentre per le «miscele di 9 componenti» i risultati sono visibili per le 12

Fig. 26 e Fig. 27. 13

Nella Fig. 26 si può notare la quantità di permeato dell'intera 14

miscela in base al tempo di permeazione e in Fig. 27 si è evidenziata 15

la singola quantità di permeato per ogni singolo componente della 16

miscela. 17

Il manto di impermeabilizzazione usatto per la prova è stato 18

sempre un PEAD di 1 mm. 19

20

Tab.56 Velocità di permeazione delle sostanze pure (solubili in 21

acqua). 22

23

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208

1

2

3

4

Fig.26 Permeazione di una miscela dei 9 componenti. 5

6

7

8

9

10

11

Paragonando le velocità di filtrazioni del metanolo e dell'acetone 12

puri o come miscela, si nota, nel secondo caso, un sensibile aumento, 13

imputabile alla presenza di uno o più degli altri componenti che 14

causano questi effetti sinergici di rigonfiamento del manto di cui si è 15

detto. 16

17

Fig.27 Quantità di sostanze singole passate attraverso lo strato di PEAD 18 spesso 1 mm. 19

20

21

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209

1

2

3

4

5

6

Nel valutare questi risultati bisogna tener conto che essi 7

valgono per un manto di PEAD spesso 1 mm e che usando manti più 8

spessi i valori trovati si ridurrebbero almeno del 25%. 9

Va tuttavia rilevato che le condizioni di cui sopra, vale a dire la 10

presenza contemporanea di idrocarburi e di idrocarburi clorurati (che 11

sono i componenti con maggior quantità di permeato nella miscela) 12

nelle proporzioni previste e per un tempo sufficientemente lungo, si 13

realizzano, di fatto solo in campi ristretti della discarica,pertantp 14

trasttasi di una condizione estrremamente severa ma, comunque,non 15

da escludere a priori. 16

Per proteggere anche localmente le acque sotterranee dalle 17

infiltrazioni di sostanze tossiche è necessario un ulteriore sviluppo 18

nella produzione di manti sintetici. 19

Per ci si deve attenere ai tipi di materiale plastico esistenti e 20

già a lungo collaudati, promovendo la combinazione di questi con 21

opportune impermeabilizzazioni minerali; questo permette di 22

sfruttare i vantaggi di entrambe le soluzioni, compensandone gli 23

svantaggi. Con l'auspicato sviluppo innovativo per le materie 24

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plastiche l'impermeabilizzazione combinata garantirà in pratica una 1

barriera totalmente impermeabile per le sostanze tossiche. 2

3

5.6.4 Proprietà impermeabilizzanti dei sistemi combinati 4

In questi ultimi due anni la BAM sta svolgendo misure di 5

permeabilità residua di impermeabilizzazioni combinate in apposite 6

celle come in fig. 28. 7

Nella tabella 57 vengono riportati insieme i risultati di misure 8

svolte con due impermeabilizzazioni combinate, costituite 9

rispettivamente da 1 mm PEAD con 85 mm o 160 mm di argilla e da 10

1 mm di PEAD da solo, e con 160 mm di ghiaia satura d'acqua. Il 11

liquido usato per l'esperimento è sempre la «miscela di 9 12

componenti» descritta in tab. 55. 13

E' interessante il risultato ottenuto in corrispondenza 14

dell'impermeabilizzazione combinata con solo 85 mm di argilla. A 15

causa della scarsa solubilità degli idrocarburi clorurati, 16

dell'ISOOTTANO, del TOLUOLO e dello XILOLO, nello strato che 17

separa il PEAD dell'argilla, queste sostanze si accumulano ed è 18

impedita una loro ulteriore diffusione. 19

Fig.28 Cella doppia per la determinazione della permeabilità. 20

21

22

23

24

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211

1

2

3

4

5

6

Tab.57 Velocità di permeazione con impermeabilizzazione 7

semplice/comb. 8

9

10

11

12

13

14

Questo sistema costituisce una barriera quasi ideale per gli 15

idrocarburi e gli idrocarburi clorurati poco solubili. Le sostanze 16

solubili in acqua possono attraversare la impermeabilizzazione 17

combinata più facilmente, e questo è spiegabile solo sulla base di 18

effetti sinergici all'interno del PEAD. Un raddoppio dello strato di 19

argilla fino a 160 mm causa già miglioramento notevole. 20

Accanto all'aumento ulteriore dello spessore 21

dell'impermeabilizzazione minerale (fino a 0,6÷1m), sono disponibili, 22

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sulla base dei risultati sperimentali, altre due soluzioni, che riducono 1

anche la diffusione dei componenti solubili in acqua al di sotto dei 2

limiti previsti: 3

- al posto dello strato d'argilla si possono utilizzare dei terreni 4 come la betonite, che, a causa del notevole contenuto 5 solido, presenta cammini di possibile diffusione più lunghi 6 ed il più basso contenuto d'acqua alla saturazione; 7

- gli effetti sinergici causati dalla presenza di uno o più degli 8 idrocarburi ed idrocarburi clorurati poco solubili in acqua 9 non possono verificarsi in un eventuale secondo manto di 10 PEAD posto al di sotto dello strato d'argilla: dunque si 11 raggiunge una barriera praticamente assoluta se si 12 sovrappongono quattro strati rispettivamente costituiti da 13 manto di PEAD, argilla, manto di PEAD ed ancora argilla 14 dall'alto verso il basso. 15

5.6.5 Conclusioni e prospettive 16

Partendo dalla considerazione che nella pratica i siti scelti per gli 17

scarichi controllati si trovano spesso a contatto con le acque 18

sotterranee e che soluzioni di sostanze organiche più o meno con-19

entrate possono raggiungere, almeno localmente il fondo dello 20

scarico, si sono svolte ricerche sulle proprietà impermeabilizzanti di 21

un manto di PEAD spesso 1 mm e posto a contatto con uno strato di 22

argilla. 23

I risultati sperimentali mostrano che, utilizzando i vantaggi di 24

entrambi i metodi di impermeabilizzazione (sintetica e minerale) si 25

raggiunge una protezione quasi assoluta delle acque di falda. Per 26

questo la BAM consiglia le due seguenti soluzioni (partendo dalla 27

base dello scarico e procedendo verso il sottosuolo) : 28

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1° caso : Buon comportamento del terreno, nessun contatto 1

diretto con le acque sotterranee, assenza di 2

idrocarburi e idrocarburi clorurati pericolosi; 3

1° strato - impermeabilizzazione sintetica; 4

2° strato - impermeabilizzazione minerale. 5

2° caso : Contatto diretto con le acque sotterranee, 6

presenza di idrocarburi ed idrocarburi clorurati non 7

escludibile a priori: 8

1° strato - impermeabilizzazione sintetica; 9

2° strato - impermeabilizzazione minerale; 10

3° strato - impermeabilizzazione sintetica; 11

4° strato - impermeabilizzazione minerale. 12

Questo presuppone una scelta ottimale dei materiali impiegati e 13

del loro dimensionamento e degli esaurienti controlli di qualità. 14

Naturalmente anche così si richiedono sistemi di drenaggio 15

primari e di controllo del percolato che corre sul fondo della 16

discarica. 17

Infine si possono evidenziare notevoli vantaggi dell' 18

impermeabilizzazione minerale o sintetica che sia, come: 19

- che i composti minerali vengono protetti dal contatto con 20 soluzioni chimiche concentrate; 21

- che eventuali piccole perforazioni del manto sintetico 22 causate da una imperfetta posatura non portano 23 necessariamente alla perdita dell'impermeabilità, dato lo 24 stretto contatto con l'argilla; 25

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- che, se anche si hanno perdite del primo manto, nel 1 secondo caso l'impermeabilizzazione rimane efficace 2 anche contro i processi di flusso che si instaurano nel 2° 3 strato dell'impermeabilizzazione minerale partendo 4 dall'alto verso il sottosuolo; 5

- che, eventuali problemi di stabilità 6 dell'impermeabilizzazione combinata, nel secondo caso 7 possono essere evitati scegliendo un valore ottimale di 8 coefficiente di aderenza tra PEAD ed argilla. 9

Sono attualmente allo studio di un gruppo interdisciplinare 10

formato da esperti in mineralogia, geologia, produttori di manti 11

impermeabili e gestori di discariche controllate, costituitosi sotto la 12

guida del BAM con la partecipazione del Dipartimento per l'Ambiente 13

tedesco le questioni ancora aperte in materia come: 14

- la possibilità di posare il manto direttamente sull'argilla. 15

- la possibilità di ottenere l'asciugamento dell'argilla,in 16

condizioni idrologiche sfavorevoli, posta sotto il manto 17

sintetico; 18

19

5.7 Prove di laboratorio e indicazioni sull'impiego della 20 betonite come impermeabil izzante delle discariche 21 controllate 22

23

5.7.1 Introduzione 24

Altra tendenza seguita da alcuni ricercatori in campo italiano 25

(Cancelli - Cossu - Malpei) [6] è quella di utilizzare una miscela 26

compattata di sabbia e bentonite per risolvere il problema in esame 27

dell'inquinamento delle acque di falda. 28

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215

I criteri prioposti riguardo il contenimento del percolato. 1

ESsi variano sia a seconda del tipo di inquinanti presenti nel 2

percolato eed in funzione della normativa, infatti in molti casi è 3

permessa la diluizione del percolato fino a livelli accettabili; in altri 4

casi viene richiesto un contenimento totale per un certo intervallo di 5

tempo. 6

5.7.2 Materiali per barriere impermeabilizzanti 7

Materiali misti, quali miscele cemento-terreno, asfalto-terreno e 8

cemento-asfalto idraulico non sono indicati per l'impiego in scarichi 9

controllati in quanto sono relativamente rigidi e ciò può provocare il 10

loro ritiro o la loro rottura, se sottoposti a tensione. 11

Per quel che riguarda le membrane polimeriche o 12

«geomembrane» i ricercatori sopra citati nutrono perplessità sulla 13

tenuta di esso, sulla loro durabilità e sulla caratteristica a lungo 14

termine e soprattutto, evidenziano il fatto che si possono avere 15

perdite da fori, buchi, tagli, saldature difettose verificabili all'atto 16

della messa in opera. In realtà i fluidi possono attraversare le 17

membrane in esame per diffusione, se soggetti a gradienti di 18

pressione di vapore, per osmosi, se soggette a gradienti di 19

concentrazioni chimiche, e per assorbimento, grazie alla solubilità del 20

polimero per cui la permeabilità delle geomembrane non può essere 21

trascurata e, per questo, molte legislazioni richiedono una ulteriore 22

barriera protettiva composta da altri materiali (vedi 23

impermeabilizzazione combinata esaminata precedentemente). 24

Le barriere in argilla compattata risultano generalmente più 25

economiche di qualsiasi altro materiale, fatto salvo che siano 26

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216

disponibili in luogo dei terreni adatti. Esse sono più permeabili delle 1

membrane polimeriche, ma presentano una capacità di attenuazione 2

degli inquinanti decisamente maggiore. La permeabilità delle argille 3

dipende da molti fattori e particolarmente dalla loro struttura, la 4

quale dipende a sua volta dalle caratteristiche fisico-chimiche 5

dell'argilla stessa. 6

Se l'argilla viene così a trovarsi a contatto con fluidi che sono in 7

grado di cambiarne le proprietà fisico-chimiche, possono risultarne 8

alterate anche nella struttura e, di conseguenza, nella permeabilità. 9

In ogni caso, per ottenere la migliore omogeneità degli strati 10

argillosi e il minor valore di permeabilità, l'argilla dovrebbe essere 11

preferibilmente impastata e compattata ad un contenuto d'acqua 12

maggiore dell'ottimo. Questo è il risultato di noti studi sulla struttura 13

e comportamento dell'argilla. 14

Nelle zone in pendio gli strati compattati di argilla, sono 15

soggetti ad alterazione fisica, dovuta a cicli di 16

idratazione/essiccamento o di gelo/disgelo oppure ad erosione e 17

dovrebbero quindi essere adeguatamente protetti. Molte legislazioni 18

richiedono per questi strati, uno spessore totale minimo di 1 m. 19

Fra le miscele di terreni contenenti argilla, quelle costituite da 20

sabbia e bentonite (4 ÷10% in peso di bentonite) rappresentano il 21

solo materiale misto che fornisca buone prestazioni in opera, anche 22

quando viene impiegato per il rivestimento degli scarichi controllati. 23

Per la messa in opera, viene raccomandata la miscelazione a secco 24

della bentonite in polvere al terreno; l'applicazione di un'altro strato 25

costituito da ghiaia sabbiosa (O,5 m) prima dell'aggiunta di acqua, 26

insieme alla presenza della forza di filtrazione verso il basso, vengono 27

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217

considerati fattori sufficienti ad impedire il prematuro rigonfiamento 1

delle particelle di bentonite. Per ridurre il rischio di interruzioni nella 2

continuità dello strato di sabbia-bentonite, dovrebbero essere 3

utilizzati spessori minimi di 0,3 m. 4

Nella pratica ingegneristica i terreni argillosi sono considerati 5

generalmente «impermeabili». Al contrario, quando si prevede che la 6

filtrazione di acqua o dei percolati possa verificarsi per periodi di 7

centinaia di anni, non si può semplicemente ritenere che le argille, e 8

in generale i terreni a grana fine, siano impermeabili. Si rende 9

necessario così la misura della conducibilità idraulica delle argille 10

compattate e delle miscele di sabbia-bentonite anche in presenza di 11

fluidi inquinanti, e di indagare come questa, e altre caratteristiche dei 12

terreni siano influenzate da una esposizione a lungo termine ai 13

percolati. 14

15

5.7.3 Programma della ricerca 16

I dati della recente letteratura sugli effetti di diversi permeanti 17

(acidi, basi, composti polari e non polari, organici ed inorganici, 18

percolati derivanti da scarichi controllati reali) sulla conducibilità 19

idraulica del terreno mostrano risultati discordanti, anche in 20

riferimento allo stesso fluido. E' opinione dei tre ricercatori 21

precedentemente nominati che le ragioni di questa discordanza 22

possano risiedere nelle seguenti cause: 23

- prove effettuate su provini di terreni diversi; 24

- impiego di fluidi puri o diluiti; 25

- diverse procedure per le prove di laboratorio. 26

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218

Essi hanno quindi eseguito prove di permeabilità su provini di 1

sabbia-bentonite programmando una ricerca caratterizzata dai 2

seguenti punti: 3

- confronto tra prove di permeabilità all'acqua e ai percolati 4 prodotto da scarichi controllati di RSU e di rifiuti tossici e 5 nocivi; 6

- utilizzo dello stesso terreno per tutte le prove (miscela di 7 sabbia-bentonite), in proporzione costante per tutte le 8 prove; stessa procedura di preparazione di tutti i provini 9 (compattazione secondo il Proctor Standard); 10

- uso dello stesso apparato e della stessa modalità di prova 11 (apparecchio triassiale; saturazione preliminare dei 12 provini con acqua, seguita dall'emissione del percolato in 13 prova; utilizzo per tutte le prove degli stessi valori di 14 pressione di cella e di back-pressure e di gradiente 15 idraulico; prove di lunga durata fino al raggiungimento di 16 valori costanti della conducibilità idraulica); 17

- analisi chimiche, mineralogiche e geotecniche del terreno, 18 prima e dopo le prove di permeabilità ai percolati e ai 19 permeanti; 20

- analisi chimiche e fisiche sui percolati prima e dopo le 21 prove di permeabilità. 22

Le prove di permeabilità sono state condotte su provini cilindrici 23

delle miscele di sabbia-bentonite compattata. 24

25

5.7.4 Caratteristiche materiali impiegati 26

Le prove di permeabilità furono su provini cilindrici della miscela 27

di sabbia e bentonite compattata. utilizzando una sabbia silicea 28

proveniente dalla valle del fiume Ticino, aventi le seguenti 29

caratteristiche: 30

- peso di volume dei singoli granuli 2,68 g/cm3 31

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219

- parametri granulometrici (Fig. 29, curva B): frazione passante a 2 mm. 100% frazione passante a 0,074mm. 1,5% 1

Per la bentonite i parametri granulometrici sono i seguenti: 2

(Fig.29, curva A) 3

- frazione passante a 0,074 mm. 100% 4

- frazione argillosa CF 77%. 5

La miscela sabbia-bentonite, ha la seguente composizione (in 6

peso secco): 7

- sabbia 100% 8

- bentonite % 9

Considerando la curva granulometrica di ognuno dei due 10

componenti, si è ricavata la curva granulometrica C di Fig.29 i cui 11

parametri significativi risultano: 12

13 - frazione passante a 2 mm. 100% 14 - frazione passante a 0,074 mm. 6,2% 15 - frazione argillosa 3,8% 16

17

Fig.29 Analisi granulometrica della bentonite (A), della sabbia (B), e della 18 miscela sabbia-bentonite. 19

20

21

22

23

24

25

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220

1

2

5.7.5 Caratteristiche dei fluidi utilizzati per le prove di permeabilità 3

ACQUA 4

Acqua: per impostare e compattare tutti i provini è stata scelta 5

acqua di rete e non acqua distillata per rimanere più aderenti a quelle 6

che sono le effettive condizioni di compattazione in situ del terreno 7

sabbia-bentonite. 8

9

PERCOLATI 10

I permeanti impiegati da furono impiegati in [6] sono di due 11

tipi: 12

13 PERCOLATO I, proveniente da uno scarico tipico di RSU 14 PERCOLATO II, proveniente da un impianto di smaltimento 15

di rifiuti tossici e nocivi. 16

Le analisi chimiche dei due percolati sono riportati nelle Tabb. 17

58 e 59 e nelle tabelle sono riportati, per confronto, i valori ottenuti 18

dalle analisi dei percolati appena prodotti e quelli ottenuti dalle analisi 19

dei fluidi uscenti dai provini alla fine delle prove di permeabilità. 20

21

22

23

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221

Tab.58 Risultati delle analisi chimiche del percolato I prima e dopo le 1 prove di permeabilità sulla miscela di sabbia e bentonite. 2

3

4

5

6

7

8

9

10

Tab.59 Risultati delle analisi chimiche del percolato II prima e dopo le 11

prove. 12

13

14

15

16

17

18

19

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222

Poichè il PERCOLATO I contiene una significativa quantità di 1

materiale sospeso sono state seguite due diverse procedure per lo 2

svolgimento delle prove di permeabilità con il PERCOLATO I: 3

- prove di permeabilità con l'impiego di percolato I non filtrato; 4

- prove di permeabilità con l'impiego del percolato I 5 preventivamente filtrato con una carta da filtro qualitativa, 6 in modo da eliminare tutte le particelle di granulometria 7 maggiore di 0,005 ÷ 0,010 mm. 8

Convenzionalmente, vengono definiti solidi sospesi tutte le 9

particelle maggiori di 0,00045 mm, perciò il PERCOLATO I filtrato 10

conteneva ancora del materiale solido sospeso ma in piccole quantità 11

che filtrato è risultato circa 1 g/l. 12

Il PERCOLATO II non conteneva invece una rilevante quantità di 13

solidi sospesi e perciò non è stato filtrato. 14

15

5.7.6 Svolgimento delle prove di permeabilità 16

Per le prove venne scelto un PERMEAMETRO A PARETI 17

FLESSIBILI adattato da un apparecchio TRIASSIALE di cui 18

rappresentiamo in fig. 30 uno SCHEMA IDRAULICO. 19

20

21

22

23

Fig.30 Schema del sistema idraulico esaminato per le prove di permeabilità 24 con l'apparecchio triassiale. 25

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223

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

Il flusso in uscita viene misurato in una speciale buretta e i valori 12

della conducibilità idraulica vengono calcolati mediante la seguente 13

formula, risultante dall'applicazione della legge di Darcy alle prove a 14

carico idraulico costante: 15

v = Ki Errore.V = A . z 16

dove z = v . t Errore. 17

dove: V = vol. fluido nell'intervallo di tempo t [L3] 18

A = Area della sezione del provino [L2] 19

t = Intervallo di tempo trascorso tra le due letture [T] 20

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224

I percolati sono sempre stati introdotti nel circuito idraulico 1

dopo la completa saturazione preliminare con acqua deareata del 2

provino, per riprodurre la condizione in cui il fondo della discarica 3

fosse a diretto contatto con l'acqua di falda, e dopo che, sempre 4

sullo stesso provino, erano state condotte alcune prove di 5

permeabilità dell'acqua, per notare le differenze di quantità di 6

permeazione con i due diversi permeanti. 7

In tutte le prove, perciò, il percolato è stato introdotto 7 giorni 8

dall'inizio delle stesse. 9

La durata per ogni prova era variabile da 25 a 30 giorni, in 10

modo che raggiungessero valori della permeabilità discretamente 11

costante. 12

13

5.7.7 Risultati prove di permeabilità 14

La Fig.31 mostra i risultati di tutte le prove che sono state 15

svolte e permette un confronto tra i diversi fluidi utilizzati per le 16

prove. 17

Durante ogni giorno venivano svolte almeno 3 determinazioni; il 18

valore giornaliero medio calcolato della conducibilità idraulica è 19

riportato in Fig. 31 in funzione del tempo trascorso dall'inizio della 20

prova. 21

22 Fig.31 Risultati delle prove di permeabilità sulla miscela di sabbia e 23

bentonite compattata A) acqua di rete deareata B) percolato I 24 filtrato C) percolato I non filtrato D) percolato II. 25

26

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225

1

2

3

4

5

6

7

8

PROVE DI PERMEABILITA' DELL'ACQUA 9

Nella prima prova è stata impiegata acqua di rete deareata . I 10

risultati sono rappresentati dalla curva «A» nel grafico di Fig. 31. 11

L'andamento della curva mostra, anche se in maniera discontinua, a 12

causa forse della non completa saturazione iniziale del provino e a 13

procedure di prova non ancora collaudate, una diminuzione della 14

permeabilità idraulica nel tempo; il valore finale, raggiunto dopo 23 15

giorni è di circa 23 * 10-5 cm/sec. 16

La tendenza della conducibilità idraulica a decrescere con il 17

tempo è probabilmente imputabile al progressivo rigonfiamento della 18

bentonite 19

all'interno dei vuoti del provino. 20

PROVE DI PERMEABILITA' AL PERCOLATO I, FILTRATO 21

Nella seconda prova, rappresentata dalla curva «B» di Fig. 31, è 22

stato utilizzato il percolato I filtrato. La conducibilità idraulica che era 23

di circa 4,2 x 10-5 cm/sec dopo la saturazione preliminare con acqua, 24

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è ammontata gravemente per circa due settimane fino a raggiungere 1

valori di 6,3 x 10-5 cm/sec ed è poi rimasta circa costante per le due 2

settimane seguenti; la durata totale della prova è stata di 33 giorni. 3

In termini generali, sembra quindi che la presenza di sostanze 4

chimiche disciolte nel percolato possa portare ad un incremento della 5

permeabilità. 6

PROVE DI PERMEABILITA' AL PERCOLATO I NON FILTRATO 7

La sostituzione, sullo stesso provino, sul percolato I filtrato con 8

lo stesso percolato non filtrato ha provocato una netta diminuzione 9

della conducibilità idraulica, come può essere osservato nella curva 10

«C» del grafico. La prova è stata interrotta dopo 15 giorni, quando il 11

valore della conducibilità idraulica era di circa 5,6 x 10-6 cm/sec. Una 12

spiegazione evidente di questo fenomeno può essere trovata nella 13

presenza di particelle sospese nel percolato, le quali hanno 14

probabilmente causato un intasamento meccanico all'interno del 15

provino con conseguente diminuzione della permeabilità. Non è 16

probabile infatti che esso sia correlato alle crescite di microrganismi, 17

e che in questo caso si sarebbe verificato anche con il percolato II 18

che ora esaminiamo. 19

20

PROVE DI PERMEABILITA' AL PERCOLATO II 21

L' andamento generale della prova condotta utilizzando il per-22

colato II (proveniente da una discarica di rifiuti industriali tossici e 23

nocivi) è molto simile a quello evidenziatosi nella prova con l'acqua. 24

La conducibilità idraulica mostra una tendenza a diminuire con il 25

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227

tempo, raggiungendo valori finali di circa 2,1 x 10-5 cm/sec (si veda 1

la curva «D»). La prova è stata interrotta dopo 24 giorni. 2

3

5.7.8 Conclusioni 4

La permeabilità di una miscela compattata di sabbia e bentonite 5

ad un percolato proveniente da uno scarico controllato di RSU è 6

risultata di circa 3 volte superiore alla permeabilità dello stesso 7

materiale all'acqua e ciò dimostra che le caratteristiche e i com-8

portamenti in situ della bentonite possono essere influenzate dalla 9

presenza di fluidi diversi dall'acqua. 10

Questo fenomeno può essere spiegato dalla parziale perdita 11

delle proprietà colloidali e di rigonfiamento della bentonite dovuta a 12

processi di scambio cationico e variazioni del potenziale del doppio 13

strato, a loro volta innescati dalla composizione chimica del 14

percolato. 15

Potendo ritenere, con buona approssimazione che i percolati 16

provenienti da scarichi controllati di RSU contengono una rilevante 17

quantità di solidi sospesi (percolato I non filtrato) e che la 18

riproducibilità della buo- 19

na compattazione sabbia-bentonite e saturazione preliminare 20

d'acqua, come nelle prove viste sia possibile nella messa in opera 21

nella realtà, i risultati delle prove fanno ben sperare per questa 22

soluzione naturale alla lotta all'inquinamento delle acque di falda. 23

Va comunque precisato che, per raggiungere dei valori di 24

permeabilità bassi per quanto richiesto dalle normative (per esempio 25

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K<10-7 cm/sec come indica la legge italiana) la percentuale della 1

bentonite dovrebbe essere maggiore; è possibile quindi, che in 2

corrispondenza di più elevate percentuali di bentonite, le differenze 3

tra i valori di permeabilità all'acqua e ai percolati diventino più 4

significative. 5

La permeabilità dello stesso materiale ad un percolato prove-6

niente da uno scarico di rifiuti industriali tossici e nocivi è risultato 7

molto simile a quella determinata per l'acqua. Un minor contenuto di 8

sostanze disciolte rispetto ai percolati da RSU potrebbe giustificare 9

questo risultato. Comunque i percolati provenienti da rifiuti industriali 10

possono essere molto diversi tra loro, sia come composizione 11

chimica che come caratteristiche e di conseguenza i risultati della 12

prova condotta non possono avere validità generale. 13

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CAPITOLO SESTO 1

2

COSTRUZIONE DI UNA DISCARICA 3

4

6.1 LAVORI PREPARATORI 5

Comprendono tutti lavori per allestire l'area e renderla idonea al 6

progetto. 7

Se da una parte si deve cercare di ridurre la minimo le operazioni e 8

le spese dell'impianto, dall'altra è necessario prendere fin dall'inizio 9

tutti quegli opportuni provvedimenti preparatori indispensabili per 10

gestire correttamente una discarica controllata e senza dei quali si 11

rischia di trasformarla in un pericoloso scarico incontrollato di rifiuti 12

con gravi danni per l'ambiente. 13

Sarà utile completare una mappa dettagliata durante i lavori di 14

costruzione e indicarne i seguenti elementi fondamentali: 15

16

- Delimitazione; 17

- servitù (linee elettriche, linee ferroviarie, condutture, ecc.); 18

- strade di accesso e strade interne; 19

- attrezzatura per la pesa; 20

- impianti esistenti o proposti (sopra e sottoterra); 21

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230

- punti di emergenza delle acque sotterranee; 1

- direzione della falda; 2

- pozzi; 3

- sorgenti; 4

- paludi; 5

- serbatoi di drenaggio; 6

- approvvigionamento di acquedotti; 7

- bacini antincendio; 8

- cumuli di riserva di terra e di materiale di copertura; 9

- cave; 10

- cave di sabbia o di ghiaia; 11

- aree con tane di animali; 12

- punti antincendio; 13

- miniere di superficie o sotterranee; 14

- accumuli di detriti di miniere; 15

- pozzi di gas o di idrocarburi; 16

- cisterne per l'acqua; 17

- fabbricati; 18

- recinti; 19

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231

- fossati; 1

- rete di drenaggio e sistemi di depurazione; 2

- punti di minotoraggio delle acque sotterranee (pozzi spia). 3

4

Si possono presentare tre casi principali: 5

1) Il sito è in piano. Sono da preferire i sistemi a trincea e a 6

diga. 7

2) Il sito di trova in depressione rispetto all'area circostante . 8

E' preferibile il sistema della discarica in depressione con gli 9

strati successivi leggermente inclinati. In questo caso il 10

bilancio idrico sarà largamente eccedente per cui sarà 11

necessario installare un sistema drenante delle acque in 12

eccesso. 13

3) Il sito è in pendio . E' preferibile la discarica in pendio. Potrà 14

essere utile anche prevedere di utilizzare il rilievo esistente 15

come riserva di materiale di copertura. (Fig. 32) 16

Al fine di poter preparare il terreno in modo idoneo, occorre 17

inoltre valutare il rischio di instabilità dell'impianto scelto, prendendo 18

in esame i fattori seguenti: 19

20

Fig.32 Esempio di discarica effettuata in pendio con utilizzazione della 21 terra del rilievo. 22

23

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232

1

2

3

4

5

6

a) Proprietà geotecniche dei rif iuti posti a discarica . 7

Tra queste assume grande importanza il grado di 8

addensamento che, peraltro, è assai variabile perchè i rifiuti 9

sono in buona parte chimicamente e biologicamente attivi 10

con conseguente cambiamento, in tempi brevi, delle qualità 11

e proprietà fisiche. 12

b) Fenomeni di assestamento successivi alla posa dei 13

rif iuti. Possono essere di tipo fisico per l'azione meccanica 14

di consolidamento e l'azione di percolazione, erosione e 15

trascinamento delle particelle fini nei vuoti; possono essere 16

anche di tipo biologico , per via delle reazioni di 17

degradazione che tendono a ridurre le dimensioni delle 18

sostanze organiche biodegradabili. Ricerche sperimentali 19

hanno rilevato che approssimativamente il 90% 20

dell'assestamento definitivo ha luogo nei primi 5 anni, 21

mentre il 10% ha luogo in un periodo di tempo molto più 22

lungo. 23

c) Pendenza delle scarpate durante e dopo i lavori. 24

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233

d) Spessore degli strati e modalità di compattazione 1

. La tecnica del deposito che consente di avere i più elevati 2

valori di densità è quella detta a «buccia di cipolla»: i rifiuti 3

vengono disposti in strati sottili (O,15 - O,5 m) e 4

compattati più volte da compattatori-livellatori; raggiunto 5

un spessore di 3 m circa, lo strato finale viene sottoposto 6

a copertura. 7

e) Caratteristiche del materiale di copertura 8

intermedio e finale . Occorre trovare un giusto equilibrio 9

tra le caratteristiche che devono avere i materiali di 10

copertura sia per assolvere la funzione principale di 11

separazione idraulica tra i diversi strati di rifiuti sia per 12

assicurare una idonea resistenza meccanica dello strato 13

posto in opera, pena il rischio di scivolamento con 14

carattere prevalentemente rotazionale. 15

f) Sviluppo di biogas dopo la posa in opera dei rif iuti 16

. Se prodotto in modo incontrollabile, può provocare gravi 17

rischi di instabilità soprattutto nelle discariche in rilevato e 18

su pendio. 19

g) Circolazione idrica nell'accumulo che si traduce 20

nell'aumento della pressione interstiziale e 21

conseguentemente nella diminuzione degli sforzi efficaci e 22

delle resistenza per attrito. Inoltre nei terreni di copertura 23

intermedia (prevalentemente argillosi) si può avere 24

rigonfiamento, rammollimento e perdita di coesione. 25

h) Condizioni morfologiche, l itologiche, strutturali 26

idrogeologiche e geotecniche del terreno di 27

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fondazione ossia di quelle parti di terreno destinate ad 1

integrare idraulicamente e meccanicamente con l'impianto 2

(fondo e pareti). 3

4

6.2 Drenaggio e captazione del percolato 5

I sistemi di drenaggio e captazione del percolato si realizzano 6

quando le caratteristiche geomorfologiche e idrogeologiche del sito 7

in cui va inserita la discarica non offrono sufficiente protezione per le 8

acque superficiali e sotterranee: così occorre usare tecniche 9

appropriate per controllare la produzione di percolato e impedire la 10

migrazione dello stesso dalla discarica verso le acque adiacenti (Fig. 11

33). 12

Non basta prevedere le opere attinenti strettamente il 13

percolato, ma sono da prevedere anche quelle opere idrauliche che 14

servono a regolare il deflusso delle acque ruscellanti intorno e 15

nell'area della discarica, allo scopo di impedire il loro ingresso nella 16

discarica ed in particolare evitare che raggiungano i rifiuti, 17

contribuendo alla formazione del percolato; per queste opere si 18

rimanda al «Drenaggio delle acque superficiali». 19

20

Fig.33 Pianta di una discarica controllata con indicata la rete di drenaggio 21 e raccolta percolato. 22

23

24

25

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235

1

2

3

4

5

Torniamo ai sistemi di drenaggio a captazione del percolato. 6

Anzitutto il fondo della discarica deve avere una pendenza tra l'1 e il 7

3%, allo scopo di permettere il deflusso dei liquidi, ma senza causare 8

erosione del fondo; su tale fondo va situato uno strato materiale 9

molto permeabile (sabbia grossa e/o ghiaia), con spessore di almeno 10

30 cm. 11

Annegati in questo materasso di materiale drenante vanno posti 12

i tubi collettori del percolato, in dimensione, numero e disposizione 13

dipendenti alla estensione della discarica, dalla quantità di percolato 14

da drenare e dall'andamento del fondo dell'impianto. Laddove la 15

conformazione della discarica non permetta la raccolta del percolato 16

mediante i collettori (ad esempio una discarica che occupi una ex-17

cava << a fossa>>), nei punti più depressi del fondo dell'impianto 18

(dove i liquidi si raccolgono per gravità), vengono realizzati pozzetti 19

di raccolta del percolato, sempre disposti nello strato di materiale 20

permeabile. 21

Il percolato, captato mediante i collettori oppure attraverso il 22

pompaggio dai suddetti pozzi, viene inviato in una vasca di raccolta, 23

e da qui mandato, tramite tubazioni oppure autobotti, all'impianto di 24

trattamento o in fognatura o in un copro idrico superficiale solo se 25

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236

rispetta i limiti di accettabilità di cui alla legge n.319/1976 e 1

successive modifiche e integrazioni (Tab. 6O). 2

Altra soluzione può essere quella di ridistribuire le acque 3

percolate sulla superficie stessa della discarica durante i periodi non 4

piovosi, prevenendo così l'effetto del vento (trasporto di polveri e 5

materiali leggeri) e favorendo la loro evaporazione. 6

7

8

9

10

11

12

13

Tab.60 Limiti previsti dalle tabelle A e C allegate alla legge 10/5/76 14

n.319. 15

16

17

18

19

20

21

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237

1

2

3

4

5

6

7

8

Nella direttiva austriaca del 1977 sono indicate le modalità di 9

drenaggio delle acque di percolazione 10

- le acque devono defluire il più rapidamente possibile dalla 11 discarica. Il loro ristagno va assolutamente evitato e a tale 12 scopo sono particolarmente idonei strati orizzontali di 13 materiale molto permeabile, da tenere in un deposito 14 intermedio separato. Lo scarico può essere accelerato con 15 l'esecuzione di drenaggi. la messa in opera di strati filtranti 16 è opportuna, specie se non si possono escludere con 17 certezza strati intermedi di minore impermeabilità. 18

- Per le tubazioni di drenaggio possono essere impiegati tubi 19 lapidei o di plastica con diametro interno uguale o maggiore 20 di 100 mm. Gli ultimi 50 m., prima dello sbocco nei pozzetti 21 di raccolta vanno eseguiti con tubi forati di gres senza 22 gomiti. 23

- La distanza fra i tubi di drenaggio non deve essere 24 maggiore di 20 m., con una pendenza minima dello 0,3%, 25 per i drenaggi e dello 0,5 per i collettori. I drenaggi vanno 26 protetti con adeguate misure contro i depositi di fango (per 27 esempio mediante copertura con idoneo materiale filtrante) 28 e contro eccessive incrostazioni (per esempio testa di 29 spurgo). 30

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238

- Il corpo filtrante e le tubazioni di drenaggio non devono 1 essere disturbati nella loro funzionalità dall'esercizio della 2 discarica. 3

- Le acque di percolazione raccolte vanno fatte scolare con 4 pendenza naturale. 5

- Le tubazioni che conducono all'esterno della discarica vanno 6 dotate di pozzetti d'ispezione, sempre all'esterno della 7 discarica. Prima del primo pozzetto d'ispezione va disposto 8 un sifone che deve essere sempre pieno d'acqua. Tutti i 9 pozzetti d'ispezione sono da allacciare ad un pozzo 10 collettore comune, ben accessibile. Questo pozzo collettore 11 va eseguito in modo da poter prelevare da esso campioni di 12 acqua e da poter misurare il volume totale delle acque di 13 percolazione. Occorre far attenzione alla presenza di gas 14 metano. 15

- Per tutte le opere destinate alla raccolta ed allo scolo di 16 acque di percolazione, occorre tener presente che esse 17 possono essere molto aggressive. 18

La normativa tecnica nel sottoparagrafo 4.2.2. lettera d) 19

prevede che i sistemi di drenaggio e captazione del percolato, 20

nonchè l'eventuale impianto di trattamento del medesimo, dovranno 21

essere mantenuti in esercizio anche dopo la chiusura della discarica 22

stessa, ed a carico del gestore di questa ultima, per il periodo di 23

tempo che sarà stabilito dalla autorità competente. 24

25

6.3 Drenaggio delle acque superficiali 26

Le opere di «sistemazione idraulica» aventi lo scopo di 27

allontanare le acque ruscellanti e/o incanalate dall'impianto, servono 28

non solo ad impedire che tali acque raggiungano la massa di rifiuti, 29

ma anche a migliorare la stabilità meccanica dei terreni costituenti il 30

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239

fondo e i fianchi della discarica , nonchè la stabilità della stessa 1

massa di rifiuti. 2

Tenuto conto delle caratteristiche climatiche del nostro Paese 3

(alta 4

concentrazione stagionale e periodicità delle piogge, forti 5

scostamenti delle precipitazioni dai loro valori medi) il sistema di 6

contenimento, raccolta e smaltimento delle acque meteoriche potrà 7

essere dimensionato in funzione della massima precipitazione 8

registrata in 24 ore negli ultimi 10 anni. Secondo la normativa 9

tecnica (sottoparagrafo 4.2.2. lettera g), in tutto il periodo di 10

conduzione della discarica le acque meteoriche devono essere 11

allontanate dal perimetro dell'impianto a mezzo di idonee 12

canalizzazioni, dimensionate sulla base delle piogge più intense con 13

tempo di ritorno di 10 anni. 14

Pertanto vanno previste e realizzate a monte della discarica 15

canalizzazioni superficiali che raccolgono tutte le acque che dai 16

pendii circostanti tenderebbero a invadere l'impianto ed i suoi fianchi, 17

e nell'area della discarica canalizzazioni atte alla raccolta e allo 18

smaltimento delle acque meteoriche. Con tali opere, progettate 19

adottando i criteri delle sistemazioni idrauliche, si farà in modo che le 20

acque così raccolte vadano a scaricarsi in «recipienti» quali corsi 21

d'acqua, maghi, mare. 22

23

6.4 Impermeabil izzazione 24

Per quanto riguarda la impermeabilizzazione del fondo e delle 25

scarpate dell'impianto, si possono usare materiali naturali o artificiali, 26

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240

oppure si possono utilizzare gli uni e gli altri opportunamente 1

integrati nel caso si tratti di rifiuti che richiedono un elevato grado di 2

impermeabilizzazione, come anche laddove le condizioni locali non 3

assicurino una sufficiente 4

tenuta. In ogni caso il fondo della discarica deve trovarsi al di 5

sopra del livello di massima escursione della falda idrica, con un 6

franco di almeno 150 cm. 7

I materiali naturali a permeabilità bassa o molto bassa sono 8

quelli il cui k abbia valore minore di 10-3 cm/sec; in pratica, dal 9

punto di vista granulometrico, sono i limi, le argille sabbiose o limose, 10

le argille. Inoltre devono possedere una sufficiente «plasticità», avere 11

una permeabilità non alterabile ad opera dei rifiuti smaltiti e costante 12

nel tempo, ed essere «compatibili» con i rifiuti smaltiti (cioè la loro 13

composizione chimica non deve essere tale che possano reagire con i 14

rifiuti o il percolato, producendo nuove sostanze nocive o 15

pericolose). I rivestimenti in terra, per migliorare le loro 16

caratteristiche di impermeabilità, possono essere additivati con 17

bentonite, calcare, bitume o cemento. Queste terre si possono 18

trovare anche nelle immediate vicinanze dell'impianto da realizzare e, 19

dal punto di vista delle formazioni geologiche, si può trattare di 20

sedimenti alluvionali (fluviali o lacustri), di depositi norenici, delle 21

formazioni marine del Pliocene e del Pleistocene, ecc. 22

I materiali artificiali consistono nei manti o membrane sintetiche 23

(o geomembrane ) che quando vengono usati per realizzare il fondo 24

e le pareti delle discariche, devono presentare le seguenti 25

caratteristiche generali, allo scopo di impedire la fuoriuscita del 26

percolato: 27

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241

a) elevata resistenza meccanica (spessore minimo 0,5 cm); 1

b) compatibilità con il rifiuto smaltito; 2

c) resistenza ai batteri e ai funghi (che tendono a provocare 3 la biodegradazione del manto); 4

d) resistenza agli agenti atmosferici (calore, gelo, ecc.); 5

e) spessore e struttura uniformi in ogni punto della mem-6 brana; 7

f) permeabilità inferiore o uguale a 10-12 cm/sec; 8

g) elevato grado di elasticità; 9

h) resistenza all'invecchiamento; 10

i) facilità di posa in opera. 11

Le membrane più diffuse sono a base di materiali plastici, quali 12

PVC (cloruro di polivinile), polietilene, gomma butilica, neoprene, 13

poliuretani, gomme poliolefiniche. 14

Particolare cura sarà necessaria per il sottofondo, che dovrà 15

risultare liscio, compatto, privo di asperità che possano danneggiare 16

le geomembrane, per cui dovrà essere in precedenza accuratamente 17

costipato e rullato. In caso di sottofondo scabro si rende necessaria 18

la stesura di uno strato di terreno a granulometria fine o di un feltro, 19

prima della posa in opera della membrana sintetica. 20

Nel caso di impianti impermeabilizzanti medianti l'impiego di 21

materiali artificiali, la normativa tecnica al sottoparagrafo 4.2.2. 22

lettera c) prescrive: 23

- lo spessore e le caratteristiche di resistenza dei materiali 24 impermeabilizzanti artificiali devono essere tali da impedire 25 la fuoriuscita del percolato dal fondo e dalle pareti della 26 discarica; 27

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242

- il fondo della discarica deve trovarsi al di sopra del livello di 1 massima escursione della falda idrica, con un franco di 2 almeno 150 cm; 3

- il manto impermeabilizzante composto da materiale 4 artificiale deve essere adeguatamente protetto dagli agenti 5 atmosferici e da pericoli di danneggiamento in fase di 6 realizzazione e di esercizio della discarica ed in ogni caso 7

posato su uno strato di terreno con permeabilità ≤ 10-10 8 cm/s e spesso e di almeno 100 cm; 9

- devono essere adottati sistemi di drenaggio e captazione 10 del percolato i cui eventuali scarichi devono rispettare i 11 limiti di accettabilità di cui alla legge n. 319/1976 e 12 successive modifiche e integrazioni. 13

La scelta del tipo di materiale più idoneo allo specifico uso può 14

essere fatta con prove di laboratorio, ove manchino esperienze 15

specifiche. 16

Per poter garantire una protezione affidabile alla falda idrica 17

occorre, oltre ad una buona progettazione, una accurata posa in 18

opera e un sistema di monitoraggio adeguato all'importanza 19

dell'opera e al tipo di uso che si fa della falda. 20

La posa in opera è un'operazione delicata per due motivi: 21

- necessità di saldare tra di loro teli con appropriate 22 tecnologie di saldatura; 23

- pericolo che durante la posa in opera il telo sia lacerato 24 da corpi estranei. 25

Per le caratteristiche specifiche dei singoli manti sintetici 26

impermeabilizzanti si rimanda alla Tab.61 27

. 28

Tab.61 Manti sintetici per impermeabilizzazione (caratteristiche meccaniche 29 e fisiche). 30

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243

1

2

3

4

5

6

7

Nella Tab.61 si riporta in forma schematica un elenco dei più 8

comuni maeriali impermeabilizzanti con alcune relative 9

caratteristiche positive e negative: 10

11

Terreno argilloso 12

- Assicura una adeguata protezione delle acque 13 sotterranee per la caratteristica bassa impermeabilità. 14

- Non è ovunque reperibile. 15

- Suscettibile di fratture se esposto a certi acidi e so-16 stanze chimiche; 17

18

Bentonite argillosa 19

- Assicura la protezione delle acque sotterranee per la 20 permeabilità molto bassa. 21

- Suscettibile di fratture se esposto a acidi e a certe 22 sostanze chimiche. 23

24

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244

Strato di 1, 2 metri di argilla comune 1

- Assicura la protezione delle acque sotterranee per la 2 caratteristica bassa permeabilità. 3

- Suscettibile di fratture a seguito di non adeguata umidità 4 o se esposto a certi acidi. 5

- Non è ovunque reperibile. 6

Geomembrane sintetiche a basso costo 7

- Impermeabilità elevata. 8

- Generalmente resistenti allo strappo, flessibili alle basse 9 temperature e resistenti a parecchi materiali chimici. 10

- Vulnerabilità nei confronti di idrocarburi e solventi vari. 11

- Si hanno pochi dati relativi alla stabilità a lungo termine. 12

13

Geomembrane sintetiche ad altro costo 14

- Assicurano una eccellente resistenza a un certo numero 15 di materiali chimici, specie se adeguatamente spesse. 16

- Impermeabilità elevata. 17

- Vulnerabilità nei confronti di idrocarburi e solventi vari. 18

- Si hanno pochi dati relativi alla stabilità a lungo termine. 19

- Costo elevato. 20

21

Barriere di argilla con geomembrane sintetiche 22

- Assicura un elevato grado di garanzia nei confronti delle 23 acque sotterranee per l'omogeneità strutturale delle 24 geomembrane sintetiche e per le proprietà 25 impermeabilizzanti colloidali dell'argilla. 26

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245

- Suscettibile di fratture a seguito di esposizione a certe 1 sostanze chimiche. 2

- Elevato costo dovuto all'argilla che non è ovunque 3 reperibile e alla scelta della qualità dei manti sintetici. 4

5

Pavimentazione asfaltica con copertura cementizia 6

- Assicura un solido supporto strutturale. 7

- Vulnerabilità nei confronti di certi solventi idrocarburici. 8

- Mancanza di flessibilità agli assestamenti strutturali. 9

10

Pavimentazione asfaltica con protezione di geomembrane 11

sintetiche 12

- Assicura integrità alla struttura. 13

- Resistenza agli attacchi chimici. 14

- Vulnerabilità nei confronti di certi solventi idrocarburici. 15

- Costo maggiore dovuto alla scelta del tipo di membrana 16

sintetica. 17

18

6.5 Predisposizione dello smaltimento dei gas 19

Nelle discariche controllate i rifiuti sono soggetti a una serie di 20

trasformazioni chimiche, fisiche, biologiche, la cui velocità e natura 21

dipendono dalla tipologia stessa dei rifiuti, dalle modalità di 22

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realizzazione della discarica e quindi dalla permeabilità all'aria e 1

all'acqua della massa dei rifiuti. Queste trasformazioni consistono 2

essenzialmente nel processo di fermentazione ad opera di batteri e 3

funghi, che si sviluppa a spese dei materiali organici presenti nei 4

rifiuti. 5

La degradazione anaerobica è quella prevalente nelle discariche 6

e dà luogo allo sviluppo di una miscela di gas (biogas) quali metano 7

(gas che a contatto con l'aria diventa esplosivo anche in basse 8

concentrazioni), anidride carbonica, acido solfidrico, ammoniaca, 9

fosfina (questi ultimi tre sono gas nocivi oltre che maleodoranti); si 10

possono formare altri gas che, pur presenti in tracce, come i 11

mercaptani, hanno odore nauseabondo. Teoricamente la produzione 12

di biogas varia da 350 a 750 l/Kg di rifiuti. 13

Se si tratta di impianti di ridotte dimensioni, considerando la 14

composizione chimica del biogas, la presenza o meno di insediamenti 15

umani prossimi alla discarica, la direzione di venti dominanti, ecc., è 16

possibile la libera dispersione in atmosfera del biogas, purchè venga 17

accertato preventivamente, e controllato in fase di esercizio, che 18

tale dispersione non comporti pericoli per la salute dell'uomo e/o per 19

l'ambiente e comunque non arrechi molestie. 20

Altrimenti, gli impianti devono essere dotati di dispositivi per la 21

captazione e il recupero del biogas, basati sul principio che l'intera 22

massa dei rifiuti deve essere attraversata verticalmente da tubi 23

forellati che permettano lo sfiato verso l'alto e l'esterno dei gas 24

prodotti. 25

Nelle discariche di grandi dimensioni, o con particolari tipi di 26

rifiuti, laddove la produzione di biogas è elevata, questo può essere 27

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247

utilizzato per scopi energetici, considerato che circa il 55% di tale 1

miscela è costituito da metano. 2

Al fine di ridurre i rischi di esplosione del metano, in alcune 3

discariche viene praticata la deumidificazione e la diluizione del 4

biogas con aria in modo da abbassare il contenuto di metano al di 5

sotto del 5% di volume. 6

Nel caso non risulti praticabile l'utilizzazione energetica del 7

biogas, questo deve essere bruciato in loco mediante «torce» 8

(«fiaccole») preferibilmente ad accensione automatica. 9

Sono frequenti le migrazioni orizzontali dei gas dalla discarica 10

dovute alla diffusione nel sottosuolo circostante e al gradiente di 11

pressione. 12

Per discariche poco profonde si ritiene che il potenziale di 13

migrazione del gas sia pari ad una distanza uguale a dieci volte la 14

profondità massima della discarica al di sotto del livello originale. 15

Per controllare la migrazione del gas esistono sistemi con 16

barriere passive e con barriere attive: 17

a) Barriere passive : 18

- Setti o paratie di intercettazione. Costituiti da 19 materiali naturali quali argille umide compatte o 20 artificiali, quali asfalti e polimeri; per assicurare la 21 efficacia, i setti devono estendersi fino ad uno 22 strato impermeabile al gas, come il serbatoio 23 roccioso o la falda freatica. Le argille sono 24 impermeabili al gas solo se idricamente sature. 25

- Sistemi di sfiato. Sono trincee colmate con ghiaia o 26 tubi finestrati. Le prime permettono un certo 27 passaggio di gas e sono suscettibili di 28 intasamento (da esse deve essere rimosso il 29

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percolato). I tubi finestrati hanno una efficacia 1 limitata all'interno del tubo stesso e pertanto 2 non offrono un efficace abbassamento della 3 pressione se usati da soli. 4

Anche l'uso combinato di trincee colmate con 5 ghiaia e di tubi finestrati non dà completa 6 assicurazione di smaltimento del gas. Una buona 7 soluzione è data dall'uso combinato delle trincee 8 di ghiaia fuori della discarica abbinate con il setto 9 impermeabile sul fronte della trincea rispetto alla 10 discarica. 11

12

b) Barriere attive : 13

- Pozzi a sfiato forzato, esterni o interni alla 14 discarica. Formati da tubi collegati da un 15 collettore comune a una pompa o a un 16 insufflatore. I gas che fuoriescono possono 17 essere bruciati (fiaccola) o recuperati. Il sistema 18 è efficace ma richiede una notevole 19 manutenzione. 20

- Trincee a sfiato forzato . Costituite da ghiaia e 21 superiormente sigillate, dotate di tubi finestrati 22 collettori uniti ad una pompa o insufflatore. Sono 23 più efficaci dei pozzi a sfiato forzato perchè 24 consentono il controllo delle migrazioni dei gas. 25 Richiedono notevole manutenzione. 26

- Trincee a insufflazione forzata . Sono simili alle 27 precedenti con la differenza che viene introdotta 28 aria in pressione. In questo caso lo smaltimento 29 dei gas avviene per dispersione nell'atmosfera. Un 30 livello troppo alto del flusso di aria può 31 determinare il pericolo di esplosione o può inibire 32 la degradazione anaerobica ed innescare quella 33 aerobica. 34

E' interessante riportare le direttive contenute nella normativa 35

austriaca relative allo smaltimento del gas: 36

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249

Se c'è da aspettarsi una notevole formazione di gas metano 1

(nelle discariche compattate questo accade sempre) prima 2

dell'allestimento della discarica (eventualmente anche in un secondo 3

tempo) occorre adottare delle misure che garantiscano il deflusso dei 4

gas. Ciò può essere ottenuto in vari modi: 5

- Inserendo materiali porosi non degradabili in strati orizzontali 6 e verticali con aperture prefissate, protette in modo 7 particolare, per l'uscita del gas; 8

- ricoprendo la discarica con un materiale molto permeabile, a 9 sua volta coperto da un altro strato difficilmente permeabile 10 e predisponendo alcune bocche d'uscita dei gas; 11

- impiegando tubi forati di acciaio per lo smaltimento dei gas e 12 loro combustione attraverso sistemi di bruciatori; 13 eventualmente i gas possono essere aspirati attraverso 14 questi tubi. 15

In generale occorre tener presente che: 16

- nelle depressioni le pareti laterali sono da rivestire con 17 materiale permeabile, prima di depositarci i rifiuti; 18

- i rifiuti devono essere ben compattati dopo il deposito, 19 affinché non si formino fessure di assestamento, in cui può 20 accogliersi una miscela di metano ed aria facilmente 21 infiammabile ed estremamente esplosiva; 22

- il gas metano che si raccoglie nelle depressioni può dar luogo 23 a deflazioni. Pertanto vanno evitati assestamenti irregolari. 24

La normativa tecnica nel sottoparagrafo 4.2.2. lettera e) 25

prevede che i dispositivi di captazione, recupero e combustione del 26

biogas devono essere mantenuti in esercizio anche dopo la chiusura 27

della discarica per il periodo di tempo stabilito dall'autorità 28

competente. 29

6.6 INFRASTRUTTURE DI SERVIZIO 30

31

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250

6.6.1 Strade 1

E' preferibile che la discarica non sia direttamente su una strada 2

con traffico molto intenso ma su una strada secondaria 3

sufficientemente larga da evitare ingorghi, praticabile in ogni 4

condizione di tempo, che possa sopportare il peso dei veicoli 5

impiegati per il trasporto e che non arrechi agli stessi dei danni. A tal 6

fine si possono usare come materiale di copertura ghiaia e sassi che 7

evitano la impraticabilità delle strade nei periodi piovosi. 8

Anche le vie di circolazioni interne devono avere uno strato 9

sufficientemente resistente per permettere la circolazione dei veicoli. 10

Quest'ultima è molto delicata nel caso delle discariche tradizionali per 11

il modesto compattamento dei rifiuti e per la copertura che diventa 12

fangosa nei periodi piovosi; per questo motivo occorre predisporre 13

una piattaforma su cui i veicoli di raccolta andranno a scaricare il loro 14

contenuto (in tal modo le ruote dei veicoli restano pulite poichè non 15

entrano a contatto con i rifiuti depositati). 16

Per le grandi discariche compattate, la realizzazione di una 17

piattaforma permette di depositare i rifiuti di piccole imprese -18

assimilabili ai rifiuti urbani- senza turbare il lavoro né la circolazione 19

delle macchine della discarica nelle ore di punta. 20

6.6.2 Dispositivi di sicurezza 21

22

a) RECINZIONI 23

Ogni discarica deve essere recintata per la totalità del perimetro 24

da una recinzione di altezza non inferiore a 200 cm., in modo da 25

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251

impedire l'accesso alle persone non autorizzate e agli animali; è 1

spesso opportuno rinforzare la base delle recinzioni con griglie 2

metalliche a maglia fine per impedire l'ingresso di questi ultimi. 3

La recinzione non potrà essere tolta se non quando la discarica 4

sarà totalmente risanata. 5

All'ingresso (o agli ingressi) deve essere installato un robusto 6

cancello scorrevole o a battenti largo tanto da consentire il transito 7

dei veicoli di raccolta, chiudibile con chiave al fine di impedire 8

l'accesso al deposito in ore diverse da quelle di apertura. 9

Tutti gli accessi della discarica vanno sorvegliati durante le ore 10

di utilizzazione e chiusi a chiave nel tempo restante. 11

Se vicino all'impianto si trovano abitazioni o strade molto 12

trafficate, si dovrebbe prendere le misure idonee a deviare i disturbi 13

dovuti ai rumori e al sollevamento della polvere o altri materiali 14

leggeri. Una opportuna piantumazione di alberi e cespugli nasconde il 15

cantiere, attenua i rumori, protegge l'area dal vento. 16

17

b) CARTELLI SEGNALETICI 18

Cartelli segnaletici costituiti da materiale durevole esposti 19

all'entrata della discarica indicheranno, oltre il nome della zona e del 20

proprietario, le ore e i giorni di apertura del cantiere. 21

22

c) LOCALI 23

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252

E' necessario un posto di controllo all'entrata della discarica. 1

Anche se questa è di piccole dimensioni non devono mancare i locali 2

con spogliatoio, servizi igienici e docce e un magazzino per attrezzi. 3

Devono essere sempre disponibili un equipaggiamento di pronto 4

soccorso e dispositivi antincendio. 5

In caso di grandi discariche oppure quando si prevede che la 6

discarica avrà lunga vita, saranno necessari allacciamenti elettrici, 7

idraulici e telefonici. 8

I locali comprenderanno: 9

- il refettorio; 10

- gli spogliatoi; 11

- i servizi igienici; 12

- i laboratori per analisi; 13

- gli uffici; 14

- il magazzino per gli attrezzi; 15

- l'officina e i locali di montaggio; 16

- il deposito per il ricovero delle macchine. 17

saranno previste anche cisterne per l'immagazzinamento del 18

combustibile. 19

20

d) CENTRO DI CONTROLLO E PESA 21

Specie nelle discariche di media e grande capacità, è utile 22

installare all'ingresso un ponte-pesa che consente di dare 23

informazioni precise sulla quantità e sui tipi di rifiuti in entrata. 24

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253

1

e) PULIZIA DELLE RUOTE DEI VEICOLI DI RACCOLTA 2

Un impianto di pulitura delle ruote costituito, ad esempio, da 3

una macchina a spazzole rotanti, ubicato all'uscita della discarica, 4

consente che la strada esterna non sia insudiciata dai veicoli di 5

raccolta dei rifiuti in uscita. 6

7

6.6.3 Sistemi di controllo 8

Bisogna prevedere un sistema di controllo del percolato nonchè 9

delle acque sotterranee che potrebbero venire da questo inquinate. 10

Si parla di «monitoraggio» quando l'apparecchiatura di controllo 11

consente di sorvegliare in modo immediato la qualità del percolato e 12

delle acque sotterranee. 13

Il sistema di controllo del percolato consiste in «lisimetri a 14

vuoto» o altri strumenti opportuni posti nella «zona di aerazione» 15

(tra il fondo della discarica e la più alta quota freatica nota). 16

Un terreno permeabile contenente una falda idrica è saturato 17

completamente dall'acqua per un certo spessore al di sopra del 18

substrato impermeabile, fino ad un certo livello, detto idrostatico; si 19

stabilisce così una superficie di separazione tra due zone nel terreno 20

stesso: 21

- una zona al di sotto della suddetta superficie detta 22 piezometrica, e che prende il nome di zona di saturazione 23 , 24

- la zona al di sopra della superficie piezometrica prende il 25 nome di zona aerazione . 26

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254

Il sistema di controllo delle acque sotterranee comprende 1

almeno due pozzi: 2

a) un pozzo indicato e realizzato in modo da raggiungere 3 la falda dove questa defluisce a monte della discarica, 4 allo scopo di avere indicazioni sulle caratteristiche 5 chimico-fisiche e biologiche delle acque sotterranee 6 prima che esse giungano in prossimità della discarica 7 (50÷100 m a monte della discarica costituirebbero 8 una opportuna distanza); 9

b) un pozzo avente la funzione di controllare le acque 10 sotterranee immediatamente a valle della discarica, 11 nella direzione del flusso sotterraneo. 12

Sarebbe auspicabile installare anche un pozzo nel centro della 13

discarica opportunamente protetto da infiltrazioni. Qualora vi siano 14

più falde, si può collegarle fra loro lateralmente oppure si deve 15

costruire un pozzo per falda. Prima di procedere alla messa in 16

discarica dei rifiuti, è necessario procedere ad una analisi completa 17

delle acque della falda; si dovrà procedere a delle analisi periodiche e 18

frequenti, anche durante l'utilizzazione della discarica. Con una 19

periodicità minore o in caso di anomalie, si dovrà effettuare una 20

analisi completa, identica all'analisi iniziale, al fine di effettuare 21

paragoni. Prima di effettuare il prelevamento, converrà procedere a 22

un pompaggio dell'acqua della falda per qualche ora. 23

E' necessario continuare a svolgere il controllo di qualità delle 24

acque anche quando l'utilizzazione della discarica è terminata. 25

26

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255

CAPITOLO OTTAVO 1

4.12 IMPATTO AMBIENTALE 2

Nel campo della tutela ambientale si sta sempre più affermando la 3

procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), cioè la 4

valutazione dei 5

rapporti esistenti tra un dato progetto di opera e l'ambiente in cui si 6

va ad inserire, tenendo conto degli aspetti tecnici, giuridici, econo-7

mici, sociali ed ambientali per arrivare a formulare un giudizio di 8

fattibilità. 9

Nell'ambito del VIA si procede allo studio ed alla descrizione di: 10

- natura tecnica ed utilità dell'opera; 11

- situazione ambientale in cui essa si colloca ed individuazione 12

degli impatti potenziali; 13

- possibilità di interventi atti a contenere gli impatti potenziali 14

(criteri di contenimento). 15

Fissati gli elementi relativi all'opera vengono individuate le 16

categorie ambientali, viste come insiemi di elementi biotici ed 17

abiotici, per le quali individuare gli impatti potenziali che deter-18

minerebbero effetti negativi sulla qualità della vita delle popolazioni 19

interessate, sulle risorse economiche del territorio, sui valori culturali 20

e naturalistici e sulla funzionalità sociale. 21

Al fine di tutelare questi che possono essere definiti, unitamente 22

alle loro articolazioni, come bersagli potenziali dell'impatto, è 23

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necessario prendere in esame i criteri ed adottare le misure di 1

contenimento dell'impatto stesso. 2

Per diversi impianti di smaltimento dei rifiuti solidi urbani possono 3

4

essere individuati degli impatti potenziali comuni derivanti dalle 5

caratteristiche stesse della funzione che essi sono destinati a 6

svolgere. A questi si aggiungono gli impatti potenziali specifici che 7

dipendono dalle peculiarità dei vari sistemi. Tra gli impatti comuni 8

possono essere annoverati quelli legati alla decisione di utilizzo di una 9

certa area per la realizzazione dell'impianto di smaltimento ed alle 10

operazioni necessarie per tale realizzazione. 11

12

4.12.1 Esempio di valutazione dell'impatto ambientale delle discari-13

che controllate 14

Si riporta una metodologia per la Valutazione dell'Impatto 15

Ambientale di una discarica applicata in uno studio effettuato a 16

Monteruscello (Pozzuoli) che consente di quantificare i singoli impatti 17

elementari e di pervenire ad una valutazione globale dell'impatto 18

ambientale. 19

Questa metodologia può trovare applicazione sia in sede pro-20

grammatica (opere in fieri), che nella successiva fase di gestione. 21

Gli AA. hanno sviluppato lo studio secondo le seguenti fasi: 22

1) identificazione delle componenti ambientali coinvolte dalla 23

infrastruttura; 24

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2) determinazione delle caratteristiche più rappresentative del 1

sito e della discarica (lista dei fattori); 2

3) individuazione di una scala di valori con cui stimare le diverse 3

situazioni di cui ciascun fattore (stima dei fattori); 4

4) definizione dell'influenza ponderale del singolo fattore su 5

ciascuna componente ambientale; 6

5) raccolta dei dati peculiari del sito e loro quantificazione in base 7

alla scala di valori precisata; 8

6) valutazione degli impatti elementari con l'ausilio di un modello 9

di tipo matriciale. 10

11

1. Identificazione delle componenti ambientali 12

In considerazione del tipo di opera si individuano nelle seguenti 13

sette componenti quelle maggiormente influenzate da una discarica 14

controllata: 15

1) uso del territorio; 16

2) estetica; 17

3) quantità delle acque; 18

4) qualità dell'aria; 19

5) livello di rumorosità; 20

6 salute pubblica; 21

7) relazioni biologiche. 22

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Un incremento del numero delle componenti, al fine di una più 1

dettagliata descrizione di tutto il sistema ambientale comporterebbe 2

uno sviluppo più laborioso del procedimento di valutazione di impatto 3

senza un beneficio nei risultati conseguiti. 4

5

2. Lista dei fattori 6

Individuate le componenti ambientali, si procede alla compilazione 7

della lista dei fattori: 8

a) fattori caratterizzanti in sito da adibire a discarica: 9

1) potenziali risorse, in termini strettamente economici; 10

2) tipologia da un punto di vista topografico; 11

3) esposizione; 12

4) distanza dai centri abitati, calcolata rispetto ai primi agglo-13

merati urbani; 14

b) fattori caratterizzanti l'ambiente in cui il sito è inserito: 15

5) sistema viario (tipo di strada, tracciato e densità di traffico); 16

6) piovosità della zona; 17

7) ventosità; 18

8) sismicità; 19

9) livello della falda sottostante l'area impegnata; 20

1O) idrografia superficiale interessata alla discarica; 21

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11) disponibilità di materiale di ricoprimento necessario al 1

corretto esercizio dell'opera. 2

c) elementi legati alle caratteristiche del rifiuto e alle tecniche di 3

smaltimento: 4

12) potenzialità della discarica, intesa come volume da destinare 5

allo smaltimento dei rifiuti; 6

13) tipo di rifiuto in termini qualitativi; 7

14) grado di compattazione del rifiuto sistemato in discarica; 8

15) frequenza e spessore del ricoprimento; 9

16) riempimento e sistemazione finale; 10

17) materiale leggero presente nel rifiuto; 11

18) polveri; 12

19) emissioni gassose dovute alle trasformazioni biochimiche della 13

frazione organica del rifiuto; 14

20) percolato raccolto al fondo della discarica; 15

21) vettori di malattie infettive (mosche, zanzare, roditori, ecc.); 16

22) drenaggio delle acque superficiali relativo all'area della di-17

scarica; 18

23) organizzazione del servizio di gestione della discarica. 19

I primi due gruppi di fattori consentono un accertamento dello 20

stato iniziale del sito e dell'ambiente circostante che verrà inte-21

ressato dall'opera; con il terzo gruppo si possono invece desumere 22

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gli effetti dell'opera, sia a breve (durante l'esercizio della discarica) 1

che a lungo termine (a discarica ultimata). 2

3. Stima dei fattori 3

Per ognuno dei fattori precedentemente elencati gli AA. hanno 4

ipotizzato più casi, rappresentativi di diverse situazioni con definite 5

caratteristiche; a ciascuno di detti casi è stato assegnato un valore 6

compreso nell'intervallo tra 1 e 10, a seconda della presumibile 7

entità degli effetti prodotti sull'ambiente: tanto maggiore è il danno 8

ipotizzato tanto più alto è il numero attribuito. 9

In tabella 51 vengono raccolte le singole situazioni afferenti ai 10

diversi fattori e le «magnitudo» ad esse assegnate. A nessuna si-11

tuazione è assegnato il valore 0 in quanto gli AA. hanno ritenuto che, 12

qualunque sia l'area prescelta ed a prescindere dai criteri progettuali 13

seguiti, si verranno sempre a determinare conseguenze 14

sull'ambiente. 15

Tab.51 Situazioni afferenti ai diversi fattori e rispettive "magnitudo". 16

17

18

19

20

21

22

23

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261

1

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4

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7

8

4. Influenza ponderale di ciascun fattore su ogni componente 9

ambientale. 10

I fattori citati possono avere influenze sia nulle (nel caso di as-11

senza di correlazione) sia massimi (nel caso di correlazione stretta): 12

tra questi due casi estremi possono stabilirsi livelli intermedi di 13

correlazione. 14

Assumendo pari a 10 l'influenza complessiva di tutti i fattori su 15

ciascuna componente, tale valore è distribuito tra i fattori medesimi 16

proporzionalmente al relativo grado di correlazione; la distribuzione è 17

effettuata assegnando al grado massimo di correlazione (livello di 18

correlazione A) un valore doppio rispetto al grado ad essi inferiore 19

(livello B), ed ancora al livello B un valore doppio rispetto a quello di 20

tipo C. 21

Per una componente i valori dell'influenza di ogni fattore sono qui 22

desunti dalle seguenti equazioni: 23

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262

1

∑a + ∑b + ∑c = 10 2

a = 2b 3

b = 2c 4

dove: 5

a, b, c, = valori dell'influenza del fattore il cui livello di correlazione 6

è pari rispettivamente ad A, B, C,. 7

Seguendo il criterio soggettivo sopra esposto si individuano e si 8

ponderano le influenze dirette di ogni fattore su ciascuna com-9

ponente escludendo quelle indirette o per così dire del secondo 10

ordine, indotte dalla modificazione di una componente ambientale 11

(ad esempio il percolato può agire, sì, sulla salute pubblica e sulle 12

relazioni biologiche, ma tale influenza è da ritenersi indiretta in 13

quanto legata all'alterazione della qualità delle acque su cui il 14

percolato stesso svolge un'azione diretta). 15

I risultati conseguiti, riassunti in Tab.52, sono rappresentati at-16

traverso una matrice di 7 righe e 23 colonne, tante quante sono 17

rispettivamente le componenti ambientali e i fattori citati. 18

Dalla matrice si evince che la qualità delle acque è la componente 19

ambientale su cui hanno influenza il maggior numero di fattori (11 su 20

23), seguita dall'estetica (10 su 23). Quanto sopra pone in evidenza 21

che l'acqua è la più esposta agli effetti di una discarica controllata. 22

23

5. Valori attribuiti ai fattori 24

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263

Acquisite le informazioni sulle caratteristiche dell'opera in esame a 1

ciascun fattore viene attribuito una specifico valore utilizzando il 2

prospetto riassuntivo riportato in Tab. 51. 3

Le corrispondenze tra i fattori e le loro «magnitudo» vengono 4

raccolte sottoforma di matrice costituita da 23 righe ed 1 colonna 5

(Tab. 53 ) in cui è riportato un esempio di matrice delle magnitudo 6

dei fattori nella discarica controllata sottoposta a studio dagli AA. 7

Tab.52 Matrice delle influenze ponderali di ciascun fattore su ogni 8

componente ambientale. 9

10

11

12

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14

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16

17

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19

20

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264

1

2

3

4

Tab.53 Esempio di matrice delle "magnitudo" dei fattori. 5

6

7

8

9

10

11

12

13

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15

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6. Valutazione degli impatti elementari. 1

Definite le influenze ponderali «P» di cui ciascun fattore su ogni 2

componente ambientale che assumono validità generale qualunque 3

sia la discarica controllata da esaminare, attribuiti a tutti i fattori quei 4

valori «M» legati al caso particolare, il prodotto P x M fornisce il 5

contributo del singolo fattore all'impatto su di una componente. 6

Alla valutazione di ciascun impatto elementare « Ie» si prevede 7

quindi attraverso l'espressione: 8

9

Ie = ∑n,i (Pi . Mo,i) 10

dove: 11

Ie = impatto elementare su di una componente ambientale 12

Pi = influenza ponderale del fattore -iesimo su di una 13

componente 14

M o,i = magnitudo del fattore -iesimo. 15

L'insieme degli impatti elementari rappresenta l'impatto com-16

plessivo dell'opera sul sistema ambientale. 17

La valutazione degli impatti elementari può essere ottenuta con il 18

metodo di analisi matriciale, come prodotto della matrice delle 19

influenze ponderali di ordine (7, 23), per la matrice del magnitudo di 20

ordine (23, 1). Il risultato di tale prodotto fornisce la matrice degli 21

impianti elementari di ordine (7, 1) (Tab. 54). 22

23

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1 Tab.54 Esempio di matrice degli impatti elementari della discarica di 2

"Monteruscello". 3

4

5

6

7

Oltre ai valori degli impatti elementari della discarica controllata 8

possono anche essere riportati i corrispondenti valori minimi e 9

massimi ottenuti con l'impiego rispettivamente delle magnitudo 10

minime e massime di ogni fattore (Tab. 54). 11

Va evidenziato che alla quantità delle acque compete, 12

nell'esempio riportato, l'impatto più elevato pari a 41, valore circa 13

triplo rispetto alla condizione meno favorevole ma comunque lontano 14

dalla situazione più pregiudizievole per l'ambiente. 15

Per le restanti componenti i cui valori di impatto, nell'esempio, 16

sono compresi tra 20 e 30, si può ritenere che l'opera vi incida in 17

egual misura con entità comunque modesta se rapportato ai valori 18

massimi della tabella. 19

In sintesi, attese le condizioni ambientali esistenti ed i criteri 20

progettuali assunti, la realizzazione della discarica controllata presa 21

ad esempio dai tre Autori, non costituisce una minaccia rilevante per 22

il sistema ambientale in cui essa si inserisce. 23