10
2/1/2015 DOMANDE E RISPOSTE – Ugo Fabietti, Elementi di Antropologia Culturale | moltofolk https://moltofolk.wordpress.com/2014/06/15/elementidomande/ 1/10 moltofolk Beethoven suonava da cani! DOMANDE E RISPOSTE – Ugo Fabietti, Elementi di Antropologia Culturale Commentare un passo del Fabietti sul legame tra concetto di confine di una cultura e identità. Le culture non hanno confini netti, precisi e identificabili con sicurezza. Hanno però dei nuclei forti che le distinguono da alcune ma che, allo stesso tempo, le assimilano ad altre. Allontanandosi da nuclei forti, le differenze sbiadiscono o si intrecciano. Il problema del confine di una cultura è connesso con quello dell’identità (l’idea di appartenere ad un sé collettivo). Nell’epoca in cui viviamo i contatti umani sono intensificati e gli spostamenti sono sempre maggiori, dunque i confini tendono a moltiplicarsi. Ad esempio, oggi le città del mondo sono caratterizzate dalla presenza in crescendo di minoranze di ogni tipo. È così che l’incontro con la differenza è diventato ormai un tratto costitutivo della nostra vita. Ad esempio, la cultura occidentale è una di quelle che ha più enfatizzato la dimensione dell’identità, tuttavia non si valuta abbastanza che la cultura occidentale è ciò che è in quanto si è plasmata in relazione ad altre culture. In conclusione, il concetto di confine di una cultura e d’identità sono connessi poiché, grazie alla globalizzazione e all’intensificazione dell’economia internazionale, in entrambi le differenze si sono sbiadite o intrecciate tra loro in un intenso processo di incroci e di mutuo arricchimento. Forme di vita economica in antropologia Combinando la teoria di Polanyi sui modelli di scambio (le forme di distribuzione e di scambio presenti nelle diverse società sono fondamentalmente 3: quella retta dal principio della reciprocità, quella basata sulla ridistribuzione e quella fondata sullo scambio) con quella di Marx sui modi di produzione (determinati dalla combinazione dei mezzi di produzione, della manodopera e dei rapporti di produzione), l’analisi antropologica ha potuto accostarsi alle forme di vita economica secondo nuovi orizzonti. Molte società dell’Asia e dell’Africa sono state infatti studiate da un punto di vista che mette in luce alcuni

DOMANDE E RISPOSTE – Ugo Fabietti, Elementi Di Antropologia Culturale

  • Upload
    irabira

  • View
    25

  • Download
    2

Embed Size (px)

DESCRIPTION

DOMANDE E RISPOSTE – Ugo Fabietti, Elementi Di Antropologia Culturale

Citation preview

2/1/2015 DOMANDE E RISPOSTE – Ugo Fabietti, Elementi di Antropologia Culturale | moltofolk

https://moltofolk.wordpress.com/2014/06/15/elementidomande/ 1/10

moltofolk

Beethoven suonava da cani!

DOMANDE E RISPOSTE – Ugo Fabietti,Elementi di Antropologia Culturale

 

Commentare un passo del Fabietti sul legame tra concetto di confine di una cultura eidentità.Le culture non hanno confini netti, precisi e identificabili con sicurezza. Hanno però deinuclei forti che le distinguono da alcune ma che, allo stesso tempo, le assimilano ad altre.Allontanandosi da nuclei forti, le differenze sbiadiscono o si intrecciano. Il problema delconfine di una cultura è connesso con quello dell’identità (l’idea di appartenere ad un sécollettivo). Nell’epoca in cui viviamo i contatti umani sono intensificati e gli spostamentisono sempre maggiori, dunque i confini tendono a moltiplicarsi. Ad esempio, oggi le cittàdel mondo sono caratterizzate dalla presenza in crescendo di minoranze di ogni tipo. È cosìche l’incontro con la differenza è diventato ormai un tratto costitutivo della nostra vita. Adesempio, la cultura occidentale è una di quelle che ha più enfatizzato la dimensionedell’identità, tuttavia non si valuta abbastanza che la cultura occidentale è ciò che è inquanto si è plasmata in relazione ad altre culture. In conclusione, il concetto di confine diuna cultura e d’identità sono connessi poiché, grazie alla globalizzazione eall’intensificazione dell’economia internazionale, in entrambi le differenze si sono sbiadite ointrecciate tra loro in un intenso processo di incroci e di mutuo arricchimento.

Forme di vita economica in antropologiaCombinando la teoria di Polanyi sui modelli di scambio (le forme di distribuzione e discambio presenti nelle diverse società sono fondamentalmente 3: quella retta dal principiodella reciprocità, quella basata sulla ridistribuzione e quella fondata sullo scambio) conquella di Marx sui modi di produzione (determinati dalla combinazione dei mezzi diproduzione, della manodopera e dei rapporti di produzione), l’analisi antropologica hapotuto accostarsi alle forme di vita economica secondo nuovi orizzonti. Molte societàdell’Asia e dell’Africa sono state infatti studiate da un punto di vista che mette in luce alcuni

2/1/2015 DOMANDE E RISPOSTE – Ugo Fabietti, Elementi di Antropologia Culturale | moltofolk

https://moltofolk.wordpress.com/2014/06/15/elementidomande/ 2/10

aspetti centrali del processo produttivo inteso come fenomeno sociale: la natura dei mezzi diproduzione, i loro possessori legittimi, la destinazione sociale dei prodotti, la relazione che siinstaura tra possessori dei mezzi di produzione e quanti lavorano, ecc. Tali analisi hannoprestato attenzione al modo in cui forme di vita economica fondate su relazioni produttivetradizionali, come la parentela o la servitù, entrano in rapporto con l’economia di mercato ele logiche di altri Paesi come gli Stati Uniti, la Cina, l’Europa e il Giappone (i maggiori centridecisionali in materia di economia e finanza). Un esempio di questi studi sono quelli fatti daClaude Mellassoux sulla comunità domestica in Costa d’Avorio. Secondo l’antropologofrancese, la comunità domestica si fonda su un accesso paritario di tutti gli individui almazzo di produzione per eccellenza: la terra. All’interno di tale comunità l’anzianità socialeè fondamento dell’autorità: gli anziani, uomini sposati con prole in grado di lavorare, hannoil controllo delle risorse. Tali risorse non coincidono per forza con la terra e gli attrezzi, mabensì con le donne. Quest’ultime sono il fattore chiave da cui deriva il potere degli anziani:le donne sono la risorsa fondamentale, poiché sposandole e avendo da loro dei figli, ilgiovane diventa indipendente. La circolazione delle donne è stabilita dagli anziani e larelazione sociale che determina il modo di produzione è il rapporto giovane‑anziano.

Concetto di finzioni antropopoieticheL’antropopoiesi fa parte di una famiglia di termini che ruotano attorno all’idea di genesidell’essere umano. Il termine richiama a un processo di formazione: “il cammino versol’umanità”. L’antropopoiesi è vista al contempo sia come antropogenesi(http://it.wikipedia.org/wiki/Antropogenesi) e sia come “rinascita” dell’uomo in quantoessere sociale e fabbricazione di modelli e finzioni d’umanità. Nei testi di Eliade troviamocitati molti dubbi a riguardo: l’antropopoiesi, cioè la costruzione di uomini, potrebbe essereuna fandonia, una presa in giro da attribuire a ignoranza e superstizione, un’illusione oun’auto‑illusione dovuta alle fede in entità sovraumane o una super valutazione dei poteridegli uomini di una società, un’auto‑esaltazione “troppo umana”.

Fare un ragionamento antropologico sulle forme della vita politicaL’attività politica è l’aspetto intenzionale del comportamento individuale e collettivomediante il quale i singoli o i gruppi manipolano le regole e le istituzioni vigenti nella lorosocietà. Un’organizzazione politica può essere considerata come l’insieme delle regole, delleistituzioni e delle pratiche che contribuiscono a definire il quadro entro il quale si svolgel’attività politica. Parlare di organizzazione politica significa evocare la dimensione delpotere e dell’autorità, che possono essere incarnati da figure sociali particolari, che rivestonodelle cariche per eredità, elezione o consenso esplicito. Vi sono anche società in cui le carichesono assenti, così come le istituzioni o i ruoli politici istituzionalizzati. Il rispettodell’autorità, l’esercizio del potere, la difesa degli interessi di un certo gruppo possonoessere ottenuti per vie differenti. Malinowski aveva individuato nella reciprocità ilmeccanismo capace di assicurare il rispetto delle regole in quelle società, chiamate all’epoca,primitive. Nella maggior parte di queste società la parentela e l’età hanno costituito deifattori importanti per assicurare il rispetto dei diritti e delle regole sociali. Si può fare unaclassificazione tipologica in sistemi centralizzati e non centralizzati. All’interno dei sisteminon centralizzati abbiamo: da un lato le bande e dall’altro le tribù (e il Big Man). Nei sistemicentralizzati, invece, abbiamo i potentati e gli Stati, quest’ultimi raggruppabili in statidinastici e stati nazionali. La banda è stata ritenuta, dagli antropologi, la forma più

2/1/2015 DOMANDE E RISPOSTE – Ugo Fabietti, Elementi di Antropologia Culturale | moltofolk

https://moltofolk.wordpress.com/2014/06/15/elementidomande/ 3/10

elementare di organizzazione politica, la più antica e la meno odiernamente diffusa. Ècaratterizzata dai gruppi di cacciatori‑raccoglitori nomadi. Le bande sono sottoposte alflusso, cioè il continuo allontanamento dei membri di una banda e il loro riaggregarsi adun’altra. I membri di questi gruppi sono sostanzialmente eguali e il flusso impedisce diavere un’autorità permanente. Non mancano i motivi di scontro, quali possono essereaccuse reciproche di stregoneria, di adulterio, rivalità tra cacciatori. I comportamentiinadeguati sono sanzionati dalla semplice derisione all’allontanamento dal gruppo. Gliantropologi riservano l’uso del termine tribù a un preciso tipo di organizzazione politica,prevalentemente riscontrabile presso le popolazioni agricole e pastorali. Sono definite tribalile società in cui sono presente più gruppi di discendenza che si considerano discendenti dauno stesso antenato. L’organizzazione politica è definita acefalo, ovvero prima di un poterecentrale con capacità di decisione, di controllo e di coercizione. Queste società si fondano suistituzioni che assicurano la coesione tra i gruppi di discendenza che tenderebbero,altrimenti, a separarsi, in quanto entità largamente autonome. Il Big Man è il capo tribale e sicaratterizza per la loro costante opera di ridistribuzione dei beni e dei benefici, di supporto edi assistenza nei confronti del proprio seguito.Rapporto religione‑globalizzazione con esempiDalla fine del XIX secolo i filosofi hanno cominciato a discutere riguardo la secolarizzazione,cioè la ritrazione progressiva del sacro dalla vita sociale e dalla sensibilità degli individui.Oggi però non pare una tendenza inarrestabile perché c’è una forte crescita di movimenti eculti nuovi. Quindi non sta avvenendo la scomparsa del sacro, ma la sua privatizzazione inquanto è sempre più diffusa una religiosità stile “fai dai te”, cioè una sintesi personale dicredenze e riti provenienti da tradizioni diverse. Questi movimenti possono essere:–         culti di revitalizzazione, cioè quelli in cui un gruppo o una comunità dichiarano dipuntare al miglioramento delle proprie condizioni di vita e i cui riti hanno lo scopo dirivitalizzare il senso di identità di gruppo o della comunità medesima;–         culti millenaristici, accentuano rappresentazioni relative all’avvento di un’epoca dipace e felicità;–         culti nativistici, quelli che fanno propria la protesta contro le condizioni di svantaggiosofferte dalle popolazioni native e che mirano a riaffermare l’identità della cultura nativa;–         culti messianici, sono quelli a sfondo carismatico legati alla presenza di una fortepersonalità e sono in attesa di una rivoluzione socio‑politica radicale.Alcuni culti nati nel contesto degli sconvolgimenti prodotti dal colonialismo possiedono icaratteri dei movimenti organizzati, con obiettivi che spesso finiscono per assumere unasfumatura politica come è avvenuto per i culti millenaristici in Melanesia; altri culti sonoinvece più circoscritti e possiedono finalità molto particolari come quelli che si sviluppanopresso i gruppi occupazionali. Un culto riconducibile a un gruppo occupazionale è adesempio il culto di El Tio, diffusosi ormai da molto tempo tra i minatori boliviani dellostagno. Dai risultati delle ricerche degli antropologi negli anni ’70, sullo studio dellecomunità minerarie boliviane per coglierne le trasformazioni causate dall’inserimento delcontrollo delle multinazionali, si è rivelato che i minatori avevano sviluppato in chiavedemoniaca l’idea del proprio rapporto con il lavoro. El Tio per i minatori rappresenta ilpunto di mediazione e di passaggio concettuale fra il delicato equilibrio delle risorse naturalie il peso di un logica di sfruttamento all’infinito delle risorse stesse.

Etnocentrismo e relativismo culturale

2/1/2015 DOMANDE E RISPOSTE – Ugo Fabietti, Elementi di Antropologia Culturale | moltofolk

https://moltofolk.wordpress.com/2014/06/15/elementidomande/ 4/10

Etnocentrismo e relativismo culturaleEtnocentrismo, coniato dal sociologo e antropologo Sumner nel XX secolo, è il terminetecnico che designa una concezione per la quale il proprio gruppo è considerato il centro diogni cosa, mentre tutti gli altri sono classificati e valutati in rapporto ad esso. Ciò comportala supervalutazione della propria cultura e, di conseguenza, la svalutazione della culturaaltrui. L’etnocentrismo può nelle peggiori delle conseguenze assumerecomportamenti patologici (http://it.wikipedia.org/wiki/Devianza_(sociologia)). Ciò siverifica quando vi è un eccessivo rifiuto verso gli altri fino a sfociare in una vera epropria intolleranza (http://it.wikipedia.org/wiki/Intolleranza_(societ%C3%A0)) o in formementali complesse dirette o indirette in genere dannose per chi non faccia parte del noi.Quando l’etnocentrismo si traduce nella sua forma mentale, sociale e culturale piùesasperata diviene razzismo (http://it.wikipedia.org/wiki/Razzismo), tendenzialmenteorientato non solo al rifiuto ma alla distruzione dell’altro.Con l’espressione relativismo culturale, sviluppata presso la scuola americana di Boas, siindica quell’atteggiamento che consiste nel ritenere che comportamenti e valori, per poteressere compresi, debbano essere considerati all’interno del contesto complessivo entro cuiprendono vita e forma. L’antropologia è relativista quando ritiene che le esperienze culturalialtre non possono venire interpretate attraverso l’applicazione scontata e ingenua dellecategorie della cultura dell’osservatore. Al contrario, per poter essere compresi, icomportamenti e i valori devono essere letti in una prospettiva olistica, cioè in connessionecon tutti gli altri comportamenti e valori che tendono a conferire a essi un senso. Ilrelativismo è un atteggiamento intellettuale che mira a comprendere, dove comprenderenon significa giustificare, ma collocare il senso delle cose nel loro contesto.

Commentare un passo del Fabietti sulla concezione del corpoGli esseri umani hanno esperienza del mondo attraverso il corpo, il quale è una specie dimediatore tra noi e il mondo ed è un mezzo attraverso il quale entriamo in relazione conl’ambiente circostante. La coscienza attraverso il corpo o conoscenza incorporata sta allabase di ciò che Bourdieu ha chiamato “habitus”, cioè il complesso degli atteggiamenti psico‑fisici mediante cui gli esseri umani stanno nel mondo. È importante sottolineare che questo“stare nel mondo” è uno “stare” di natura sociale e culturale, per cui l’habitus varia sullabase delle nostre particolari caratteristiche psico‑fisiche, ma anche a seconda dei modellicomportamentali e rappresentazioni di una determinata cultura. Anche le emozioni e isentimenti sono incanalati dal corpo secondo modelli culturali precisi. Il corpo degli esseriumani è culturalmente disciplinato, nel senso che le tecniche di tale disciplina dipendonodai modelli culturali vigenti (ad esempio: ai bambini da una certa età in poi viene insegnatoa fare i proprio bisogno in luoghi e momenti appropriati). La società cerca di imprimere nelcorpo dei suoi comportamenti i segni della propria presenza. Senza un gruppo che li educa,li forma e li sostiene sarebbero dei derelitti. Il corpo è anche un veicolo privilegiato permanifestare la propria identità sociale e individuale; i tatuaggi, le perforazioni, lecirconcisioni, le infibulazioni, ecc. sono tutte le pratiche finalizzate a quella che lo studiosoRemotti ha definito Antropopoiesi, cioè la fabbricazione dell’umano da parte della società.

Società acquisitive: caratteristicheSi dicono acquisitive le popolazioni che realizzano la propria sussistenza attraverso ilprelievo di risorse spontanee dall’ambiente. La caccia‑raccolta ( a cui possiamo aggiungere

2/1/2015 DOMANDE E RISPOSTE – Ugo Fabietti, Elementi di Antropologia Culturale | moltofolk

https://moltofolk.wordpress.com/2014/06/15/elementidomande/ 5/10

la pesca) si basa su tecniche di sfruttamento delle risorse naturali finalizzate all’acquisizionedi risorse spontanee, di natura animale e vegetale. Caratteristica di questa forma storica diadattamento è che essa, a differenza di altre, non implica alcuna forma di intervento sullanatura che possa determinare un cambiamento della natura stessa. Gli esseri umaniprendono ciò che la natura offre. Nelle società acquisitive il lavoro umano si presenta comeun’attività a rendimento immediato. Per molti antropologi il carattere spontaneo dellerisorse su cui si basano queste società avrebbe ripercussioni importanti sull’organizzazionedelle società stesse, fondate sull’egualitarismo, la cui sopravvivenza è resa possibile solograzie ad un forte sentimento di cooperazione tra gli appartenenti. Anche i rapporti tra isessi sono molto più paritari rispetto ad altri popoli: la divisione del lavoro è quasiinesistente e le donne sono nomadi e non vengono confinati alle mura domestiche. Lecondizioni generali di vita di questi gruppi o bande (l’esiguità numerica, la mobilità,l’assenza di risorse accumulabili, la mancanza di una divisione marcata del lavoro), fanno sìche le differenze tra gli individui non siano stabili, non si ha cioè la formazione pressoqueste società di gruppi socialmente differenziati. Gli studi antropologici su queste societàhanno fatto emergere il flusso, cioè il complesso di movimenti che rende difficile concepirela banda come un’unità stabile dal punto di vista territoriale e sociale.

Spiega il concetto di arte tribaleCon la moltiplicazione dei musei antropologici ed etnologici, nel corso del XIX secolo, inEuropa e negli Stati Uniti arrivarono un enorme quantità di oggetti provenienti dai mondi“primitivi”. Da questo momento notiamo un inglobamento della produzione estetica“primitiva” nella categoria di arte. Tra la fine dell’800 e i primi decenni del ‘900, i pittori e gliscultori europei appartenenti alle correnti di avanguardia cominciarono a prestare unaspeciale attenzione agli oggetti provenienti dall’Africa, dall’Oceania e dalle Americhe.L’attenzione per questi manufatti, objects sauvages, ebbe motivazioni complesse: la correnteprimitivista di Gauguin voleva opporsi alla modernità industriale recuperando modellisottratti dalla modernità; la tendenza del modernismo riprese le arti esotiche come motivo diispirazione, come le sculture o le maschere africane per Picasso. Il modernismo, nei primidel ‘900, considerava le opere primitive come opere senza tempo e dunque prototipi artisticiallo stato puro. Da qui in avanti diventa normale parlare di arte modernista e arte primitiva:si presume ormai che i principi che stanno alla base dei due tipi di arte siano identici. L’artetribale e quella moderna risultano apparentemente affini proprio per la distanza che lesepara entrambe da un universo che ci è familiare e non in ragione di una convergenza deiprincipi che le ispirano. Il mercato dell’arte diede forte impulso all’inglobamento dellaproduzione estetica “primitiva” che, oltre ad una iniziale richiesta dei musei etnografici,parallelamente si sviluppò sempre più nel mercato privato affermandosi con mostre,galleristi, collezionisti e riviste specializzate.Argomentare una citazione tratta da ‘Elementi di Antropologia Culturale’ su cultura,confini della cultura e identità, culture selettive, dinamiche, differenziate e stratificate,chiuse e aperte, ecc..

CULTURAUna cultura è un complesso di idee, di simboli, di comportamenti e disposizionistoricamente tramandati, selezionati, acquisiti e largamente condivisi da un certo numero diindividui, con cui questi ultimi si accostano al mondo, sia in senso pratico che in senso

2/1/2015 DOMANDE E RISPOSTE – Ugo Fabietti, Elementi di Antropologia Culturale | moltofolk

https://moltofolk.wordpress.com/2014/06/15/elementidomande/ 6/10

intellettuale. Ciò che gli antropologi chiamano culture sono modi diversi in cui i gruppiumano condividono certe idee e certi comportamento affrontando il mondo: conoscendolo,interpretandolo, adattandosi ad esso, trasformandolo. La prima definizione antropologica dicultura risale all’antropologo inglese Tylor, autore dell’importante opera “PrimitiveCulture” del 1871. Il suo concetto di cultura si accordava con l’antropologia evoluzionistica econsiderava la cultura quell’insieme complesso che include conoscenze, credenze, arte,morale, diritto, costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo in quantomembro della società. Da Tylor in poi sono state date molte altre definizioni di cultura chenon vanno in contraddizione con quella dell’antropologo inglese, ma che cambiano negliapprocci degli studi antropologici.

CULTURE SELETTIVELa cultura è un complesso di modelli tramandati, acquisiti ma anche selezionati. Ciòsignifica che le generazioni successive ereditano i modelli culturali delle generazioniprecedenti e ne acquisiscono di nuovi, ma in ambedue i casi di trasmissione e assimilazioneagisce sempre un principio di selezione. Quest’ultima si esercita tanto al fine di accoglierequegli elementi culturali che si accordano con i modelli in vigore, quanto allo scopo dibloccare l’eventuale intrusione di modelli incompatibili con quelli in atto. Esempi del primacaso sono costituiti dall’adozione di tecnologie o di tecniche produttive vantaggiose percoloro che le adottano, come è accaduto con la diffusione di alcune colture di cereali in areedove queste erano precedentemente sconosciute. Un esempio di bloccaggio di modelliculturali è il rifiuto degli abitanti delle isole Mantawai di adottare la coltura del riso praticatadai loro vicini malesi. Questo perché la religione mantawai prescrive l’interruzione deilavori agricoli per certi periodi di tempo, un fatto impraticabile nella coltura del riso cherichiede cure continue. Tramite la messa in atto di processi selettivi, le culture rivelano illoro carattere di sistemi aperti e chiuso allo stesso tempo.

CULTURA CHIUSA O APERTATramite la messa in atto di processi selettivi, le culture rivelano il loro carattere di sistemiaperti e chiuso allo stesso tempo. Esistono certamente culture più aperte di altre neiconfronti dell’alterità e delle novità, cioè culture più pronte di altre ad assorbire modelli edelementi proveniente da culture diverse. Tuttavia non esistono situazioni di chiusura o diapertura totali; esistono invece sempre processi selettivi preposti al controllo degli elementiche, ereditati dalle epoche passate, o proveniente dall’estero, possono rivelarsi utili odannosi per una determinata cultura, e come tali inclusi o esclusi dalla dinamica culturale.In molti casi però, come quello delle popolazioni vittime del colonialismo, alcuni modellisono stati imposti con la violenza e con un danno irreparabile per la cultura di coloro che lihanno subiti.

DINAMICITA’ DELLA CULTURAI processi di selezione tipici delle culture lasciano intendere che queste ultime non sono delleentità statiche e fisse, ma piuttosto dei complessi di idee e comportamenti che cambiano neltempo. Le culture sono prodotti storici, cioè il risultato di incontri, prestiti, cessioni eselezioni che producono sempre delle trasformazioni o addirittura dei cambiamentisostanziali dei modelli culturali. Balandier parlando di “dialettica della dinamica interna edella dinamica esterna” intende che le culture si trasformano tanto secondo logiche proprie,

2/1/2015 DOMANDE E RISPOSTE – Ugo Fabietti, Elementi di Antropologia Culturale | moltofolk

https://moltofolk.wordpress.com/2014/06/15/elementidomande/ 7/10

quanto in relazione agli elementi i provenienza esterna con cui esse entrano in contatto. Èper questo motivo che parlare di cultura X e di cultura Y è imprudente, poiché si annida ilrischio di pensare a X o a Y come popoli con una cultura definita. Ma è bene ricordare chetutte le culture hanno una storia, alla cui origine vi è l’impossibilità, per ognuna, di rimanereidentica a se stessa.

CULTURA DIFFERENZIATA E STRATIFICATAAll’interno di una comunità esistono tanti modi diversi di percepire il mondo, di rapportarsiagli altri, di esprimersi, di comportarsi in pubblico. Tali differenze di comportamento e diespressione hanno spesso a che vedere con il potere, la posizione sociale, la ricchezza,l’istruzione; ma anche con le convinzioni politiche o religiose che siano. Solo in poche societàtali differenze sono minime come negli ultimi cacciatori‑raccoglitori delle foreste o deideserti del globo. Nella nostra società, nonostante le disuguaglianze tra ceti sociali si sianoattenuate con l’alfabetizzazione di massa e l’adozione di modelli di comportamentoabbastanza uniformi, i modelli culturali di riferimento risultano spesso molto diversi aseconda del grado di istruzione, di opinione politica e di ricchezza. In passato questedifferenze di cultura erano maggiore, infatti si parlava di cultura colta e di cultura popolare:con la prima si intendono le scienze, le lettere e le arti; mentre con la seconda si intendono lefeste paesane, i rituali, le credenze, il culto delle reliquie e tutto ciò che appartiene alla sferadella superstizione. Sulla base di queste considerazioni possiamo quindi ritenere che leculture non sono costituite da modelli distribuiti in maniera perfettamente uniforme.Gramsci coniò le espressioni: cultura egemonica e cultura subalterna; la prima indica lacultura dei ceti dominanti, mentre la seconda quella dei ceti subordinati. Questa distinzioneè utile per rappresentare, ancora oggi, le situazioni in cui una cultura, espressione didominanti, si impone a un’altra all’interno della medesima società. L’antropologo Keesingafferma che quando studiamo i comportamenti e le rappresentazioni dei soggetti di unacerta cultura, dobbiamo aver presente che queste, presentate come ovvie e naturali, sono difatto le idee e i comportamenti di coloro che sono socialmente prevalenti. Keesing chiamaquesto concetto: controllo culturale. Inoltre, afferma l’antropologo australiano, bisognatenere conto del modo in cui viene distribuita la cultura. Questa distribuzione riguardasoprattutto il modo in cui il sapere è ripartito tra diversi gruppi sociali, ma anche tra gliindividui appartenenti a generazioni diverse, nonché a categorie sessuali differenti. Sullabase di queste considerazioni possiamo quindi ritenere che le culture non sono costituite damodelli distribuiti in maniera perfettamente uniforme.

Rito di passaggioPoiché i simboli sacri rimandano a differenti aspetti della realtà sociale venendo significarecose diverse, non è possibile definire tutti le tipologie di riti. I riti di passaggio furonodefiniti in questo modo per la prima volta da Van Gennep in un libro del 1909 intitolatoappunto “I riti di passaggio“. Questi riti sono quelli che sanzionano pubblicamente ilpassaggio di un individuo, o di un gruppo di individui, da una condizione sociale ospirituale a un’altra (ad esempio: matrimoni, funerali, battesimi, ecc). L’idea di partenza diVan Gennep era che, siccome il mondo sociale è ordinato in ambiti di attività e di posizionisociali, ogni cambiamento all’interno di questi ambiti produce una perdita di equilibrio chedeve essere compensato per esigenze di ordine simbolico. Ogni evento deve essereaccompagnato da riti di passaggio atti a scandire la transizione da una condizione ad

2/1/2015 DOMANDE E RISPOSTE – Ugo Fabietti, Elementi di Antropologia Culturale | moltofolk

https://moltofolk.wordpress.com/2014/06/15/elementidomande/ 8/10

un’altra. Van Gennep distinse, all’interno del rito, tre fasi: la separazione (riti preliminari), ilmargine (riti liminari) e l’aggregazione (riti postliminari). Il margine ha grande importanzaperché è la fase più incerta e delicata del passaggio. Infatti, questa fase avviene subito dopoil distacco di un individuo dalla sua condizione precedente e prima di quella in cuil’individuo stesso assumerà una nuova identità sociale. Nel margine l’individuo, poichédotato di personalità sociale indefinita, potrebbe scatenare forze ambigue, pericolose ecapaci di mettere a repentaglio l’ordine sociale e concettuale. La teoria dei riti di VanGennep si accompagna all’idea secondo cui il mondo primitivo era profondamente segnatodall’opposizione tra profano e sacro, e che ogni passaggio di condizione provocaun’alterazione delle forze che sono alla base dell’ordine del mondo medesimo. Commentare un passo di Fabietti sulla creativitàLa creatività culturale è correlata alla produttività infinita del linguaggio umano, checonsente all’uomo di produrre sequenze comunicative non predeterminate. Allo stessomodo gli esseri umani hanno la possibilità di produrre nuovi significati, a partire daimodelli culturali a loro disposizione. Inoltre la creatività è intesa come capacità di produrredelle novità mediante combinazioni e trasformazioni delle pratiche culturali esistenti, mache ritrovino riscontro in campi molti diversi da quelli in cui tendiamo, per abitudine, acollocarli (come la tecnologia, la scienza e l’arte). Per comprendere la creatività intesanell’antropologia è necessario presentare, per esempio, ciò che accade agli agricoltori delKenya. Questi ultimi conoscono la coca‑cola ma non la usano nella alimentazionequotidiana, bensì è riservata alle cerimonie di iniziazione maschile dall’età pubere a quellaadulta. Se la creatività consiste nell’accostamento inedito di pratiche e significati allo scopodi produrre nuovi modi di vedere la realtà, la creatività non ha nulla di spettacolare, ma visono circostanze in cui questi accostamenti sono più evidenti. Una di queste circostante èquella della festa. Quest’ultima mette in moto comportamenti improntati alla dimensionecollettiva ed è una rottura con il corso ordinario della vita, tanto da scandire il trascorreredel tempo. Tuttavia la festa ha caratteristiche diverse dal rito, che ha un centro e unaperiferia, mentre la festa presenta la tendenza a moltiplicare i centri. La festa dunque sipresenta come un terremo culturalmente creativo, in cui viene sperimentata la dimensionecomunitaria che spesso mira a risaldare il senso di appartenenza ad una comunità o afronteggiare e neutralizzare la negatività dell’esistenza. La creatività della festa non coincidene con il suo carattere trasgressivo, ne con il suo carattere normativo; ma consiste nellapossibilità che si compiano accostamenti simbolici inediti atti ad esprimere concetti e statid’animo difficilmente esprimibili. Commentare un passo di Fabietti sul senso estetico e artisticoUn altro problema dell’antropologia è la traduzione dei significati che un oggetto, undisegno, un canto o una danza, che noi consideriamo arte, riveste laddove esso vieneprodotto o eseguito. Un modo corretto per parlare di arte sarebbe quello di considerarel’espressione estetica come un tratto universale dell’umanità. In tutte le culture vi sono modidi accostare colori, forme, parole, suoni e movimenti del corpo; i quali producono su chi liesegue, li osserva o li ascolta un stato percettivo capace di suscitare reazioni di un tipodiverso da quelli indotti dalle azioni e dalle immagine della vita ordinaria. La percezioneestetica non ha a che vedere soltanto con l’idea della bellezza e del suo contrario. Il senso

2/1/2015 DOMANDE E RISPOSTE – Ugo Fabietti, Elementi di Antropologia Culturale | moltofolk

https://moltofolk.wordpress.com/2014/06/15/elementidomande/ 9/10

estetico è in parte un fatto soggettivo e in parte un fatto collettivo, poiché esistono diversevalutazioni estetiche di un oggetto all’interno di una stessa cultura. Inoltre i cambiamenti, inquel campo che chiamiamo moda, sono la dimostrazione che le percezioni estetiche nonsono statiche; ma cambiano come altri aspetti della cultura perché rinviano a concetti emodelli culturali.

Commentare i tipi di discendenzaIl principio di discendenza si ritrova alla base di gruppi di individui i quali, per il fatto didiscendere da un antenato comune, sono in grado di far coincidere popolazione e risorse edi affermare su queste ultime dei diritti d’uso prioritari e di trasmetterli ai loro discendenti. Itipi di discendenza sono essenzialmente 3:patrilineare o agnatica, stabilita esclusivamente attraverso legami tra individui di sessomaschile; matrilineare o uterina, fondata esclusivamente sui legami tra individui di sessofemminile;cognatica, fondata su legami stabiliti attraverso una linea di discendenza che comprendeindividui sia di sesso maschile sia di sesso femminile.La discendenza di tipo patrilineare e matrilineare vengono definite unilineari, perdistinguerle dalla discendenza di tipo cognatico che non segue alcuna linea prestabilita. Visono poi società a discendenza doppia che associano il principio della patrilinearità a quellodella matrilinearità. Dunque alcune prerogative sono acquisite per via patrilineare, mentrealtre per via matrilineare. Oggi nella società europea non abbiamo gruppi di discendenza,bensì società unilaterali. Discutere antropologicamente i concetti di sesso e genereIn tutte le società umane il confine identitario è quello tra femminile e maschile. L’identitàsessuale di un individuo può non essere legata al suo sesso anatomico, ma per distingueretra identità sessuale anatomica e identità sessuale socialmente costruita, gli antropologiusano rispettivamente i termini: sesso e genere. Le differenze sessuali sarebbero, allora,legate alle caratteristiche anatomofisiologiche di un individuo, mentre le differenze digenere risulterebbero dal diverso modo di concepire culturalmente la differenza sessuale.Tra sesso e genere non vi è un rapporto di tipo biunivoco. L’antropologo ha cercato dispiegare che i tratti femminili e maschili non sono intesi allo stesso modo in tutto il mondo,ma sono piuttosto distinzioni di genere maturate dalle costruzioni culturali. La culturautilizza, in modo simbolico, le differenze biologiche costruendo rappresentazioni sociali eculturali dell’identità sessuale, spesso, profondamente diverse fra loro.

 

 

15 giugno 201415 giugno 2014 ∙ moltofolk ∙ Lascia un commento

Crea un sito o un blog gratuitamente presso WordPress.com. | The Illustratr Theme.

Iscriviti

About these ads(http://wordpress.com/about-these-ads/)

2/1/2015 DOMANDE E RISPOSTE – Ugo Fabietti, Elementi di Antropologia Culturale | moltofolk

https://moltofolk.wordpress.com/2014/06/15/elementidomande/ 10/10

Segui “moltofolk”

Crea un sito Web con WordPress.com