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chimicare.org http://www.chimicare.org/curiosita/la-chimica-dei-materiali/gli-eccipienti-dei-farmaci-natura-e-funzioni-della-chimica-di- supporto/ chimiSpiega 17 luglio 2012 gli eccipienti dei farmaci: natura e funzioni della chimica di supporto di Nicole Ticchi Quando pensiamo ad un qualsiasi medicinale, di qualunque tipo esso sia, il primo pensiero va al principio attivo che lo caratterizza: acido acetilsalicilico, paracetamolo, cortisone, salbutamolo, solo per citarne alcuni, sono tra quelli più comunemente conosciuti. D’altro canto sono proprio i principi attivi a determinare l’attività f armacologica, l’ef f etto benef ico, sono loro i protagonisti indiscussi. Ma c’è un’altra schiera di co-protagonisti, altrettanto importante, se non determinante, rappresentata da tutte le sostanze che insieme al principio attivo compongono il medicinale, gli danno corpo e f orma, ma soprattutto ne modulano il rilascio: gli eccipienti. Se rif lettiamo ci accorgiamo che in etichetta la maggior parte della composizione è data proprio da queste sostanze, di cui spesso ci chiediamo l’utilità, dando poca rilevanza alla dif f erenza f ra l’uno e l’altro. Questa dif f erenza è invece f ondamentale, ed è proprio su questo principio che molte aziende f armaceutiche continuano a proporre lo stesso principio attivo ma con f ormulazioni diverse tra loro. Attenzione: lo stesso principio attivo associato a dif f erenti eccipienti può avere ef f etti molto diversi! Gli eccipienti sono ingredienti f armacologicamente inerti aventi lo scopo di ottenere f orme f armaceutiche con le caratteristiche tecnologiche e biof armaceutiche desiderate; spesso vengono def initi come ingredienti inerti, ma ora si pref erisce def inirli come “altri ingredienti”, ovvero diversi dal principio attivo. Come già accennato ciascuno di essi esplica una o più f unzioni ben def inite nella f ormulazione, pertanto possono se possono essere ritenuti inerti f armacologicamente ma non dal punto di vista tecnologico; al contrario, devono rispondere a determinati requisiti di f unzionalità a seconda dello scopo per cui sono utilizzati. La f orma f armaceutica più comune è senz’ altro la compressa; siamo abituati a vederne di ogni tipo, dimensione, f orma e colore, ma sarebbe errato pensare che si tratti di espedienti puramente estetici; la verità è che per ogni tipo di necessità c’è un ben def inito tipo di f ormulazione, che comprende anche f orma, dimensione e colore. Il colore, in particolare, gioca un ruolo importante per l’effetto placebo e per la funzionalità, soprattutto quando i soggetti in questione sono sottoposti a multi-terapie o si tratta di bambini, notoriamente restii a prendere medicine di ogni genere. Un altro aspetto di cui tener conto riguarda ovviamente la quantità di principio attivo che si deve dispensare: alcune sostanze sono attive a concentrazioni nell’ordine di 0.5-1 g, pertanto la compressa risultante sarà necessariamente voluminosa; in altri casi invece, soprattutto quando si tratta di sostanze ormonali (pillola anticoncezionale, ormoni tiroidei e simili) l’attività si esplica a concentrazioni nell’ordine di microgrammi; in questo caso gli eccipienti saranno aggiunti in quantità tali da produrre una compressa che, seppur di piccole dimensioni, abbia la giusta consistenza da poter essere maneggiata. Tra gli eccipienti di maggiore importanza reperibili nelle compresse troviamo: DILUENTI: servono a disperdere la polvere di principio attivo e a dare, quindi volume e consistenza. Devono

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chimiSpiega 17 luglio 2012

gli eccipienti dei farmaci: natura e funzioni della chimica disupporto

di Nicole Ticchi

Quando pensiamo ad un qualsiasi medicinale, di qualunque tipo esso sia, il primo pensiero va al principioattivo che lo caratterizza: acido acetilsalicilico, paracetamolo, cortisone, salbutamolo, solo per citarnealcuni, sono tra quelli più comunemente conosciuti. D’altro canto sono proprio i principi att ivi a determinarel’att ività f armacologica, l’ef f etto benef ico, sono loro i protagonisti indiscussi.Ma c’è un’altra schiera di co-protagonisti, altrettantoimportante, se non determinante, rappresentata da tuttele sostanze che insieme al principio att ivo compongono ilmedicinale, gli danno corpo e f orma, ma soprattutto nemodulano il rilascio: gli eccipienti. Se rif lett iamo ciaccorgiamo che in etichetta la maggior parte dellacomposizione è data proprio da queste sostanze, di cuispesso ci chiediamo l’utilità, dando poca rilevanza alladif f erenza f ra l’uno e l’altro. Questa dif f erenza è invecef ondamentale, ed è proprio su questo principio che molteaziende f armaceutiche continuano a proporre lo stessoprincipio att ivo ma con f ormulazioni diverse tra loro. Attenzione: lo stesso principio att ivo associato a dif f erenti eccipienti può avere ef f ett i molto diversi!

Gli eccipienti sono ingredienti f armacologicamente inerti aventi lo scopo di ottenere f orme f armaceutichecon le caratteristiche tecnologiche e biof armaceutiche desiderate; spesso vengono def init i come ingredientiinerti, ma ora si pref erisce def inirli come “altri ingredienti”, ovvero diversi dal principio att ivo. Come giàaccennato ciascuno di essi esplica una o più f unzioni ben def inite nella f ormulazione, pertanto possono sepossono essere ritenuti inerti f armacologicamente ma non dal punto di vista tecnologico; al contrario,devono rispondere a determinati requisit i di f unzionalità a seconda dello scopo per cui sono utilizzati.La f orma f armaceutica più comune è senz’ altro la compressa; siamo abituati a vederne di ogni t ipo,dimensione, f orma e colore, ma sarebbe errato pensare che si tratt i di espedienti puramente estetici; laverità è che per ogni t ipo di necessità c’è un ben def inito t ipo di f ormulazione, che comprende anche f orma,dimensione e colore. Il colore, in particolare, gioca un ruolo importante per l’effetto placebo e per laf unzionalità, soprattutto quando i soggetti in questione sono sottoposti a multi- terapie o si tratta dibambini, notoriamente restii a prendere medicine di ogni genere. Un altro aspetto di cui tener contoriguarda ovviamente la quantità di principio att ivo che si deve dispensare: alcune sostanze sono attive aconcentrazioni nell’ordine di 0.5-1 g, pertanto la compressa risultante sarà necessariamente voluminosa; inaltri casi invece, soprattutto quando si tratta di sostanze ormonali (pillola anticoncezionale, ormoni t iroideie simili) l’att ività si esplica a concentrazioni nell’ordine di microgrammi; in questo caso gli eccipienti sarannoaggiunti in quantità tali da produrre una compressa che, seppur di piccole dimensioni, abbia la giustaconsistenza da poter essere maneggiata.

Tra gli eccipienti di maggiore importanza reperibili nelle compresse troviamo:

DILUENTI: servono a disperdere la polvere di principioattivo e a dare, quindi volume e consistenza. Devono

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essere ovviamente inerti e biocompatibili, nonchépossedere proprietà tecnologiche adeguate per lacompattabilità, in modo che non si f ormino crepe odef ormazioni nella compressa una volta che questa vieneprodotta. L’esempio più classico di questo tipo èsicuramente il lattosio, per le sue caratteristiche disolubilità in acqua, compatibilità con principi att ivi, gustoneutro e costo limitato. La problematica relativa al suoutilizzo riguarda la dif f usa intolleranza nei conf ronti ditale sostanza, che comporta una mancata scissione della molecola nei suoi due componenti principali,glucosio e galattosio. A questo scopo, la sostituzione del lattosio con amido di mais o con cellulosemicrocristalline risulta un buon compromesso. Anche quest’ult ima risulta una buona scelta in termini dicompatibilità e compattabilità, nonostante sia leggermente più igroscopica, ovvero in grado di incorporareacqua. Una caratteristica importante in questo contesto è la dimensione delle particelle del diluente e laf orma in cui si trova la sostanza; per esempio, nel caso del lattosio esistono sia la f orma amorf a, piùsolubile in acqua e compattabile, ma anche più instabile f isicamente, e la f orma cristallina, ottenuta perprecipitazione. La stessa cosa vale per la cellulosa: dal t ipo di f orma e granulometria derivano lecaratteristiche di igroscopia e compattabilità. Vi sono diluenti anche di origine inorganica, come calciof osf ato e calcio carbonato, che non hanno caratteristiche particolarmente eccellenti per la compressionepertanto vengono usati in quantità minima.

LEGANTI: sono usati allo scopo di trasf ormare la polvere quando vi sia la necessità di produrre ungranulato. Ricordiamo che il granulato rispetto alla polvere presenta caratteristiche di scorrevolezzamigliori e una maggiore unif ormità nella dimensione delle particelle. In genere si tratta di sostanzepolimeriche aggiunte alla miscela di polveri sotto f orma di soluzione o di polvere. Nel caso siano insoluzione la scelta del solvente ricade su acqua e solventi non acquosi quali etanolo, isopropanolo emiscele; ovviamente il solvente deve essere atossico, non dare degradazione del principio att ivo e nonlasciare residui. Fra questi troviamo le gelatine e i derivati della cellulosa, come idrossipropilmetilcellulosa(HPMC), cellulosa microcristallina, gomma arabica, sciroppo di glucosio e polietilenglicoli

DISGREGANTI: servono a dare una rapida disgregazionedella compressa una volta che questa abbia interagito coni f luidi acquosi. Hanno caratteristiche chimico-f isichedif f erenti tra loro e, tra questi, troviamo: amido di mais ecellulose microcristalline modif icati, polivinilpirrolidoni e,molto importanti, miscele ef f ervescenti t ipo NaHCO3 +acido citrico/acido tartarico che liberando gas permettonola disgregazione della f ormulazione. I meccanismid’azione, oltre all’ef f ervescenza, prevedono il richiamo di acqua all’interno della compressa, rigonf iamentoe disgregazione.

GLIDANTI: Migliorano le proprietà di scorrimento dei granuli o della polvere e quindi f avoriscono ilriempimento della matrice in modo omogeneo, permettendo di ottenere compresse unif ormi in peso;agiscono con una regolarizzazione della f orma della particella in concentrazioni oltre le quali possonoavere un ef f etto controproducente. Essi f avoriscono la comprimibilità delle particelle, diminuendo la f orzad’attrito che si crea quando queste si trovano a contatto; sono inf att i particolarmente utili quando ilprincipio att ivo e l’eccipiente sviluppano un’alta f orza d’attrito. Esempi sono talco, silice colloidale e siliceprecipitata. Esistono anche i lubrif icanti hanno lo scopo di ridurre l’attrito in f ase di compressione, che sisviluppa tra massa di particelle e pareti della matrice durante la compressione e risulta dannoso per il buonesito della compattazione. Pertanto, si usano lubrif icanti di natura cerosa, come stearato di calcio omagnesio e acido stearico e hanno la proprietà di essere f acilmente def ormabili e di adattarsi alle superf icipiù dure rendendole lisce. Mentre i glidanti vanno aggiunti al granulato già f atto prima che vengacompresso è problematico stabilire se conviene oppure no aggiungere i lubrif icanti alla miscela di polveri,oltreché al granulato f inito. La scelta dipende dal meccanismo della compattazione: se i granuli prima di

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compattarsi si def ormano senza rompersi, allora è suf f iciente che il lubrif icante sia sulla loro superf icie.

Ovviamente la lista degli ingredienti non si f erma qui, ci sono molte altre sostanze che contribuiscono allarealizzazione della f orma f inita. Stabilizzanti, antiossidanti, conservanti sono solo alcuni tra questi,necessari af f inchè non si verif ichi la degradazione del principio att ivo per f enomeni ossidativi o diincompatibilità con gli altri componenti della f ormulazione.

Anche l’occhio e il gusto vogliono la loro parte: ecco quindi checoloranti, pigmenti e lacche prendono il loro posto, dando unaspetto più o meno “accattivante”, riconoscibile e f unzionalealla compressa; mannitolo, xilitolo, glucosio, saccarosio,saccarina o aspartame nonchè aromatizzanti di vario generesono tra i dolcif icanti più gettonati per conf erire al tutto unsapore accettabile.Il rivestimento, in particolare, gioca un ruolo f ondamentale peril rilascio del principio att ivo: ritardato, modif icato, le opzionisono tante e la tecnologia f armaceutica of f re un numeroaltrettanto elevato di soluzioni per ogni necessità, soprattuttoquando l’assunzione è per via orale. Inf att i, per regolare ilrilascio di un principio att ivo contenuto in una compressa edif f erenziarlo a seconda dei vari casi è molto importanteconsiderare tutt i i f attori che inf luenzano i tratt i attraverso cuiessa passa (esof ago, stomaco e intestino): il ph, ad esempio,può inf luenzare tantissimo la solubilità del rivestimento, permettendo di avere un rilascio localizzato aseconda della necessità.

Le f orme liquide sono molto più instabili delle f orme solide, datoacqua e aria sono due f attori avversi alla conservazione di unprodotto organico. Lo scopo per cui si usano svariati eccipientinelle f ormulazioni liquide è essenzialmente quello di garantire unacarica batterica molto al di sotto dei limiti consentit i, possibilealzando la percentuale di zucchero nel liquido, aumentandol’acidità, o tramite pastorizzazione o sterilizzazione del prodotto. Negli sciroppi, in particolare, la concentrazione prescritta dallaFarmacopea Italiana è del 66,5 per cento p/p, pertanto si ha unasoluzione satura a temperatura ambiente. L’alta proporzione dizucchero conf erisce stabilità allo sciroppo e resistenza allacrescita microbica a causa della scarsa quantità di acquadisponibile; inf att i la pressione osmotica di questa soluzione èmolto elevata e non adatta allo sviluppo di microrganismi. Altrettanto importante è evitare, per quanto èpossibile, la f ormazione di grumi e depositi durante la vita del prodotto, agendo sulla viscosità del liquido ocon opportuni emulsionanti che riducono la tendenza ad aggregarsi delle sostanze presenti. In particolare,nel caso degli sciroppi, un f enomeno che gioca un ruolo importante nella stabilità della sospensione è laf locculazione . Se le sostanze presenti si aggregano tra loro f ormando dei f locculi, capaci di trattenerenel loro interno una parte di solvente; essi precipitano più rapidamente, ma poiché costituiscono unsedimento abbastanza voluminoso sono f acilmente ridisperdibili con una semplice agitazione. Laf ormazione di un sistema di questo genere è possibile utilizzando una sostanza tensioattiva (es. gommaarabica) che minimizzi le cariche delle particelle in sospensione e aumenti la viscosità del liquido.Diversamente, le particelle tenderebbero ad aggregarsi tra loro f ormando complessi con una minorevelocità di sedimentazione ma in grado di f ormare una crosta che non è possibile poi risospendere.

Da quanto detto f inora risulta chiaro come la percentuale di eccipienti sia di gran lunga superiore rispetto alquantitativo di principio att ivo in una f ormulazione; viene da sé che oltre a considerare le interazioni che ilprincipio att ivo instaura con l’organismo, saranno da considerare anche gli ef f ett i che i vari eccipienti talquali esercitano e le possibilità che diano reazioni di tossicità. Oltre a ciò è necessario considerare che,

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proprio perché una diversa f ormulazione porta ad una diversa modalità di rilascio e assorbimento delf armaco, in alcuni casi è doveroso individuare la giusta “ricetta” e non modif icarne sostanze e quantità.Questo aspetto viene sollevato molto spesso ult imamente, daquando i medicinali equivalenti, detti comunemente generici,sono entrati sul mercato af f iancando le specialità medicinali. Unavolta scaduto il brevetto relativo ad una specialità medicinale èpossibile utilizzare il principio att ivo e riprodurre la stessaf ormulazione reperibile; in alcuni casi, le case f armaceuticheproduttrici di equivalenti apportano modif iche scegliendo eccipientidi diverso tipo, mimando lo stesso tipo di f ormulazione ma concaratteristiche leggermente diverse. Potrebbe sembrare unaspetto di poco conto, ma in alcuni casi l’ef f etto non è lo stesso ein diversi pazienti si verif icano dif f erenze sostanziali che spessopossono risultare nocive. Da qui la dicitura che a volte capita dileggere sulle ricette che impone di non sostituire una specialità medicinale con il suo equivalente. Se peralcuni medicinali è poco inf luente la composizione, bisogna invece f are molta attenzione quando si tratta diterapie delicate come quelle croniche, in quanto la dif f erenza in eccipienti modif ica, alle volte anchesensibilmente, la farmacocinetica del principio att ivo.Il concetto di generico ha messo in luce una questione di notevole importanza, aspetto che anche dal puntodi vista legislativo adesso viene trattato con attenzione, in quanto occorre documentare la compatibilitàdella sostanza attiva con gli eccipienti, le caratteristiche chimico-f isiche f ondamentali della sostanza attivache possono inf luire sull’att ività del prodotto f inito, o la reciproca compatibilità di diverse sostanze attive incaso di prodotti di associazione. Inoltre, occorre documentare la scelta degli eccipienti, soprattutto inrelazione alle loro rispettive f unzioni e concentrazioni. Per legge devono essere elencate tutte le materieimpiegate nel f abbricare gli eccipienti, indicando con precisione dove viene usata nel processo ciascunamateria; vanno f ornite inf ormazioni sulla qualità ed il controllo di tali materie, nonche’ inf ormazioni chedimostrino che esse sono conf ormi a standard adeguati all’uso previsto.

Con una serie di dirett ive relative ai protocolli analit ici,tossico-f armacologici e clinici in materia di proveef f ettuate sui medicinali, negli ult imi anni la ComunitàEuropea ha cercato di sottolineare l’importanza deglieccipienti come parte integrante della formulazione(dirett iva 2001/83/CE Decreto Legislativo 24 aprile 2006, n.219). Per gli eccipienti utilizzati per la prima volta in unmedicinale, o per una nuova via di somministrazione,occorre f ornire inf ormazioni complete sulla f abbricazione, la caratterizzazione e i controlli, con rif erimentiai dati d’appoggio sulla sicurezza, sia non clinici che clinici; a tal scopo deve essere presentato un dossiercontenente inf ormazioni chimiche, f armaceutiche e biologiche particolareggiate, comprendente inf ormazionisugli studi di tossicità. Gli studi inerenti alla tolleranza locale devono individuare se i medicinali, inclusi glieccipienti, sono tollerati nei punti del corpo che possono entrare in contatto con il medicinale a seguitodella sua somministrazione nell’uso clinico; tali prove devono garantire una distinzione tra gli ef f ett imeccanici della somministrazione, oppure un’azione meramente f isico-chimica del prodotto, e gli ef f ett itossicologici o f armacodinamici.Uno dei potenziali rischi in questo ambito è legato alla contraf f azione, sia del principio att ivo che deglieccipienti. Nella preparazione di f armaci contraf f att i possono essere utilizzati eccipienti di scarsa qualità odiversi da quelli originali. L’eccipiente utilizzato può essere tossico, oppure può inf luenzare labiodisponibilità del f armaco, cioè la sua velocità ed entità di assorbimento. Ciò può comportare, da unaparte un ritardo o una incompletezza della risposta terapeutica, dall’altra la manif estazione di ef f ett i tossicidovuti ad un assorbimento immediato e contemporaneo di tutto il principio att ivo contenuto in f ormulazioniche erano invece previste per un’azione graduale e protratta nel tempo.Un altro aspetto importante è l’utilizzo degli eccipienti neimedicinali per l’infanzia. E’ risaputo che quelli utilizzati per gliadulti non sempre hanno gli stessi ef f ett i nei bambini; inoltre, la

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crescita e il livello di sviluppo di f egato e reni inf luenzano ilmetabolismo degli eccipienti. Finora si era sempre assunto che ledosi ott imali per i bambini derivassero semplicemente dalladiminuzione proporzionale in base a peso ed età rispetto a quelledegli adulti; inoltre poca attenzione è stata dedicata alla sicurezzadegli eccipienti, poiché la loro inerzia chimica è stata data perscontata. Pertanto, in mancanza di specif iche linee guida moltieccipienti sono privi di documentazione relativa a metodiche di analisi standardizzate e non sono statisottoposti a rigorosi saggi di tossicità. Questo ha contribuito a rallentare lo sviluppo di nuovi materialiportando le case f armaceutiche a optare per l’utilizzo di quelli già ben conosciuti ma non necessariamentepiù sicuri. Il problema può sorgere nel momento in cui i dati disponibili suggeriscono che potrebbe esserviun problema di tossicità, soprattutto quando un eccipiente approvato per un determinato tipo disomministrazione viene invece usato per un altro t ipo. Ad esempio, il mannitolo è un esempio dieccipiente molto usato, in grado di causare diarrea se somministrato ad alte dosi, quindi andrebbe f attauna valutazione quantitativa per ogni prodotto contenente tale sostanza. In quest’ott ica negli ult imi annil’FDA ha stilato alcune dirett ive per le industrie sulla conduzione di studi volt i a valutare la sicurezza di nuovieccipienti ad uso f armaceutico; inoltre ha creato un database contenente gli ingredienti inerti presenti neimedicinali immessi in commercio.

Un caso ecclatante esemplare in merito alla tossicità di sostanze usatecome eccipienti, ma non solo, è relativo alla presenza di alluminio;solitamente si trova nelle f ormulazioni sottof orma di idrossido,idrossif osf ato, silicato, ma può essere reperibile anche come principioattivo.Non si trova solo in f ormulazioni f armaceutiche ma anche in prodottiper l’igiene personale come deodoranti; in particolare è stato osservatoche alcuni sali, quali il cloruro ed il cloridrato di alluminio o i sali dizirconio (zirconio idrati) sono in grado di ostruire i canali sudoripari edinibire, quindi, il normale processo di traspirazione, rendendoli quindimolto utili al tal f ine. A causa delle loro piccole dimensioni, questicomposti vengono f acilmente assorbit i e potrebbero, con il tempo,accumularsi nell’organismo, attaccare e danneggiare il DNA e la suacapacità di autoriparazione. L’azione cancerogena è supportata anchedalla capacità di questi composti di interf erire con i processi cheregolano la crescita cellulare, nonché dall’ipotesi che essi agiscano non solo bloccando i condotti delsudore ma anche rendendo impraticabili i condotti adiacenti al seno, dando così luogo alla f ormazione dicisti. Inf ine è importante sottolineare che nonostante le sostanze contenute nei deodoranti rispondanoalle linee guida sulla sicurezza dei f armaci esse non presentano sul contenitore indicazioni riguardo allaquantità da utilizzare o alla f requenza delle applicazioni, come invece accade per i prodotti f armaceutici. Questo f a si che si pensi, erroneamente, che tali prodotti possano essere usati in quantità illimitate e adelevata f requenza senza immaginare che un prodotto all’apparenza cosi innocuo potrebbe essere dannosoper la salute. Sarebbe, quindi, opportuna una valutazione retrospettiva sugli ef f ett i a lungo termine deideodoranti sulla popolazione.L’alluminio è stato implicato come f attore eziologico di alcunemanif estazioni patologiche, tra cui encef alopatia, osteopatia eanemia, associate al trattamento dialit ico. E’ stato ipotizzato,inoltre, che l’alluminio possa essere un cof attorenell’eziopatogenesi di alcune malattie neurodegenerative, tra cuila malatt ia di Alzheime r, sebbene una prova diretta in questosenso sia ancora controversa. Tuttavia, la neurotossicità daalluminio è accertata negli animali da esperimento e nei pazienticon insuf f icienza renale e ci sono i presupposti per stabilire lapresenza di un legame tra l’esposizione all’alluminio e lepatologie neurodegenerative. E’ stata anche evidenziata

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un’associazione tra gli elevati livelli di alluminio, presenti inalcune preparazioni alimentari per neonati e nelle soluzioni per la nutrizione parenterale domiciliare, epossibili complicanze come la riduzione della velocità di sintesi ossea. Occorre comunque sottolineare cheil rischio legato alla tossicità dell’alluminio dipende dalla durata dell’esposizione dei pazienti e dalla lorof unzionalità renale. Ad esempio, i pazienti sottoposti per un lungo periodo ad una nutrizione parenteralepresentano un rischio sanitario maggiore a causa della loro prolungata esposizione a bassi livelli dialluminio che, col tempo, possono provocare un accumulo maggiore dell’oligoelemento nei compartimentidell’organismo.[ Darbre PD. Aluminium, antiperspirants and breast cancer. J Inorg Biochem. 2005 Sep;99(9):1912-9. PubMedPMID: 16045991 ][ Vigilanza tossicologica in Francia: rischi dell’alluminio (Prima Conferenza Internazionale metalli e cervello:dalla neurochimica alla neurodegenerazione; 2000 ]

Da tutto questo si può f acilmente dedurre che la potenziale tossicità viene considerata uno dei parametri dimaggior rilievo nella ricerca di nuovi eccipienti. Inoltre, uno dei maggiori inconvenienti nellasomministrazione convenzionale di f armaci è legato alla distribuzione del f armaco in tutto il corpo delpaziente, che si realizza in maniera più o meno indiscriminata ed incontrollata attraverso il circolosanguigno. La quantità desiderata di f armaco non è quindi in grado di raggiungere i sit i recettoriali specif icilocalizzati sulle cellule bersaglio, in quanto penalizzata dalla perdita in compartimenti che nulla o pocohanno a che f are con l’ef f etto terapeutico del f armaco; ciò può indurre all’utilizzazione di dosi maggiori,con rischio di tossicità. Soprattutto per f armaci a breve emivita, per poter mantenere un adeguato livelloterapeutico nell’organo prescelto, si richiede l’impiego di trattamenti ripetuti; ma in questo caso laconcentrazione plasmatica del f armaco segue un tipico andamento pulsato, con indesiderate punte dimassimo che possono superare i limiti di tossicità, e gole di minimo che possono scendere al di sotto dellivello ott imale.Per superare questi problemi, si è cominciato a pensare ai polimeri non solo come eccipienti, ma come veri epropri vettori in grado di riconoscere l’organo bersaglio dove rilasciare il f armaco attivo ad una velocitàcostante. Tra le metodologie utilizzabili per lo sviluppo dif orme f armaceutiche innovative la microincapsulazione ècertamente una delle più importanti. L’interventotecnologico attraverso il quale è possibile includere if armaci in carrier “protett ivi”, consente di superare iproblemi di instabilità, di scarso assorbimento e didegradazione. Un’adeguata scelta della f ormulazione edel metodo di produzione possono, di f atto, ridurre oeliminare totalmente i rischi di degradazione dei principiatt ivi labili nonché agire sul loro tempo di permanenza neltratto gastrointestinale ed esercitare un controllo dellavelocità di rilascio dalla f ormulazione. La possibilità disviluppare nuove f orme f armaceutiche a base di polimeri biocompatibili, in grado di proteggere erilasciare il principio att ivo in tempi prolungati, ha f atto crescere enormemente l’interesse nei conf ronti delleparticelle biodegradabili quali veicoli per f armaci, ma anche di peptidi e proteine. Tra i materialibiodegradabili più utilizzati nell’allestimento di sistemi a rilascio controllato i poliesteri a base di acidolatt ico e i loro copolimeri con acido glicolico rivestono un’importanza centrale in virtù della loro ormaiaccertata biocompatibilità e sicurezza d’uso.I sistemi microparticellari sono particelle con dimensioni comprese tra 1 e 1000 µm, anche se ledimensioni delle microparticelle di maggior interesse sono generalmente comprese nell’intervallo 1-200 µm. Il principio att ivo incapsulato in un sistema microparticellare può essere localizzato in cavità interne alsistema o f inemente disperso nella matrice polimerica, a seconda della tecnica di produzione e/o dellaf ormulazione di partenza. Alla luce degli innumerevoli vantaggi che li caratterizzano, i sistemi a base diacido poliglicolico sono stati ampiamente impiegati per lo sviluppo di carrier per macromolecole di naturainstabile, in particolar modo per proteine, peptidi, vaccini, antigeni, f attori di crescita ed acidi nucleici.

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Quando si trattano patologie che necessitano di terapief armacologiche mirate e particolari come antibiotici, antitumorali,terapia genica e simili, una delle tecniche di rilascio usate è quella deiliposomi, microsf ere cave f ormate da uno o più doppi strati lipidici;l’interesse dei liposomi è relativo alla loro membrana, costituita dacolesterolo e f osf olipidi come la f osf atidilcolina e il diacetilf osf ato, lacui struttura, composizione e proporzioni sono praticamenteidentiche alla membrana delle cellule dell’ospite. Tali sf ere o liposomicostituiscono piccoli depositi che possono contenere un antigene, unantibiotico, un f armaco o un gene ed essere introdotti nell’organismosenza provocare reazioni immunitarie di rigetto: le molecoleliposolubili saranno ospitate nel doppio strato, mentre le molecoleidrosolubili all’interno del liposoma e le molecole con proprietà mistef ra il doppio strato e l’interno. La membrana f osf olipidica, inoltre,può essere f unzionalizzata in maniera specif ica per ott imizzare il targeting del f armaco verso sit i specif ici. Il vantaggio consiste nel f atto che possono essere indirizzati verso tessuti specif ici, essere somministratiper via endovenosa, orale o intramuscolare e, soprattutto, sono biodegradabili e producibili su larga scala. Lo svantaggio, d’altro canto, è legato al f atto che i liposomi sono soggetti a degradazione ossidativa edevono essere conservati e manipolati in atmosf era di azoto; per f avorirne la conservazione nel tempo alf ine della loro commercializzazione i liposomi possono essere liof ilizzati.

Con l’avvento di nuovi materiali nanostrutturati opportunamente sintetizzati, nuovi orizzonti si sonoaperti nel trasporto all’interno delle cellule. Lo sviluppo di una ef f icace metodica per il trattamento chimicodi tali strutture ha condotto alla preparazione di nanoparticelle f unzionalizzate, su cui una larga varietà dimolecole può essere immobilizzata. Le nanostrutture modif icate sono risultate in grado di attraversare lemembrane cellulari seguendo ben def init i meccanismi in presenza di condizioni controllate, sia perendocitosi, attraverso il quale la cellula internalizza molecole o corpuscoli presenti nello spazioextracellulare, che per altre vie. Una tecnologia degli ult imi anni consiste nella liberazione di f armaci permezzo di capsule fotosensibili; il rilascio mirato di specif ici f armaci in particolari tessuti migliorerebbel’ef f icacia dei trattamenti medici evitando l’impatto negativo sul resto del corpo.

Una possibile applicazione nel campo medicoriguarda la terapia genica, i trattamenti post-operatori e, sempre più f requentemente, la cura delcancro. La produzione di tali nanoparticelle prevedeil la f ormazione dapprima di un core di silice su cuiviene adsorbito uno strato di oro colloidale, graziead un f ilm intermedio ricco di gruppi amminici cheaumenta l’af f inità tra silice ed oro; si può in seguitorivestire a seconda delle necessità con sostanzecome, ad esempio, il polietilenglicole (PEG), polimeroutile per disperdere il principio att ivo che si vuoledirezionare. Una volta impiantate nelle cellule, lecapsule sono stabili e in grado di proteggere ilcontenuto dall’azione degli enzimi cellulari. Quandole cellule vengono poi esposte a luce nel campo delvicino inf rarosso (Near Inf raRed, in acronimo NIR)l’energia della radiazione che colpisce lenanoparticelle d’oro che rivestono le pareti dellacapsula viene trasf ormata in energia termica, cheriscaldando causa la rottura del rivestimento insuperf icie e il rilascio del principio att ivo. Disposit ivi già esistenti ad oggi possono rilasciare due f armaciper volta, ma il momento in cui questo deve avvenire non è controllabile dall’esterno del corpo del paziente,va programmato all’interno del disposit ivo stesso. Vi è un nuovo sistema controllato invece dall’esterno, e

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potrebbe essere in grado di rilasciare f ino a tre o quattro f armaci. Il segreto di questo meccanismo d’azioneè nella dif f erente lunghezza d’onda della luce inf rarossa che opera su nanoparticelle dalle f orme dif f erenti. Perciò, per scegliere il momento del rilascio di ogni f armaco, basta intervenire opportunamente sullalunghezza d’onda in questione.

Un approccio simile è sf ruttato da una nuova tecnologia basata su capsule create con nanotubi dicarbonio in uno scheletro di nylon che si scaldano e liberano il loro contenuto quando vengono colpite daluce laser.Il metodo messo a punto dai ricercatori di Berkeley percreare le capsule prevede la preparazione di un mixcostituito dalle sostanze da incapsulare a cui vieneaggiunta una piccola quantità di nanotubi di carbonio e iprecursori utili per f are il nylon. La miscela viene posta inagitazione e questo permette la f ormazione di sf ere dinylon che catturano i nanotubi di carbonio e la sostanza.Quando la capsula viene colpita dal laser, i nanotubi dicarbonio assorbono la luce riscaldando il liquidocontenuto all’interno che si espande e provocal’esplosione del contenitore.Ovviamente anche in questo caso la tossicità dei nuovimateriali risulta un tema “caldo”, studi di controllovengono e dovranno ancora essere ef f ettuati al f ine diverif icare che non vi siano reazioni avverse o che,perlomeno, il bilancio rischio/benef icio non sia sf avorevole al loro utilizzo. Alcuni studi hanno già lanciatol’allarme, in quanto la f orma cilindrica è molto simile a quella delle f ibre dell’amianto che, negli anni passati,analogamente all’attuale successo dei nanotubi, hanno avuto un peso molto importante nelle produzioniindustriali; questa caratteristica del materiale, accompagnata alla sua sempre più larga dif f usione, ha spintogli scienziati a interrogarsi sulla possibilità che anche i nanotubi in carbonio potessero causare ilmesotelioma pleurico. In ef f ett i uno dei problemi avanzati era quello della eliminazione di questi materialiuna volta che il principio att ivo f osse rilasciato, in quanto il nostro sistema immunitario non è in grado dif agocitarli e annientarli. Uno studio recente ha però dimostrato che i nanotubi possono essere suddivisi incomponenti biologicamente innocui grazie ad un enzima chiamato mieloperossidasi, reperibile nei globulibianchi, in grado di scomporre i nanotubi in carbonio e acqua.

La nuova concezione di veicolazione del f armaco apre scenari decisamente interessanti; nell’ott ica didisporre di materiali sempre più “sicuri” e rispettosi dell’ambiente, inteso anche come corpo umano, laricerca ha davanti a sé una sf ida tanto ardua quanto stimolante.