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Furettomania INFORMA estratto pubblico
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Anno 16 - n.96 FURETTOMANIA INFORMA NOVEMBRE DICEMBRE 2015
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FurettoMania Informa
Edizioni Furettomania ONLUS Via Petrarca n.12
21012 Cassano Magnago (Varese)
Nuova brochure informativa per FM ONLUS
Ancora uno strumento per diffondere e agevolare
l'accesso alle informazioni di base!
Disponibili ai nostri eventi e presso i centri
veterinari specializzati.
Direzione e Supervisione: Consiglio Direttivo Furettomania ONLUS Capo Redattori: Patrizia Puccetti e Ariela Trovato Redattore scientifico: Silvia Pizzi
Impaginazione e Grafica: Patrizia Puccetti Collaboratori di Redazione: Lo Staff e i Soci
Spedizioni web: Gaia Franzoso
Hanno collaborato a questo numero
Dott. Kiumars Khadivi-Dinboli Medico Veterinario
Camilla Rigoni Socia FM ONLUS
Daniela Zanirato Socia FM ONLUS
Gilberto Restelli Socio FM ONLUS
Lavinia Cardillo Staff FM ONLUS
Manuela Negri Socia FM ONLUS
Sara Nicolosi Socia FM ONLUS
Tommaso Bobini Socio FM ONLUS
Valentina Novelli Staff FM ONLUS
PERIODICO BIMESTRALE DI INFORMAZIONE MUSTELIDE riservato ai soci di Furettomania ONLUS
NOVEMBRE DICEMBRE 2015
PROSSIMA USCITA LO SPECIALE
CHRISTMAS TAILS 10 DICEMBRE
pag. 2 SOMMARIO-REDAZIONE-DIRETTIVO NEWS pag. 3 EDITORIALE pag. 6 FORSE NON TUTTI SANNO CHE... pag. 10 DICA POT POT pag. 13 PARENTI MUSTELIDI pag. 18 MOLTO RUMORE PER NULLA pag. 22 CONDIVISO CON VOI pag. 25 GRAN BAZAR pag. 27 FOCUS ON: LO STAFF&I SOCI RACCONTANO pag. 35 BRICOFERRET pag. 37 ADOZIONI pag. 40 IL PONTE DELL'ARCOBALENO pag. 42 IL FUROSCOPO pag. 45 PASSAPAROLA: IL PROSSIMO EVENTO pag. 47 PASSAPAROLA: LA CAMPAGNA DEL MESE pag. 48 VOLONTARI IN FM pag. 49 RESPONSABILI FM-CARTA AZZURRA SERVIZI
Anno 16 - n.96 FURETTOMANIA INFORMA NOVEMBRE DICEMBRE 2015
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Le fonti scientifiche per
studiare il processo di
domesticazione di un
animale sono
generalmente tre:
archeologiche, zoologiche
e storiche, ma nello studio
del furetto praticamente
solo le ultime due sono
state seguite (Owen,
2007).
E’ opinione diffusa che la
domesticazione del
furetto sia avvenuta circa
2000-3000 anni fa, ma è
ancora in discussione il
luogo: secondo alcuni
autori è iniziata nel
Nordest dell’Africa e poi
diffusa in Europa con la
pratica della caccia al
coniglio, mentre per altri
autori è più probabile che i furetti derivino originariamente dall’Europa, ove erano presenti le puzzole, tipiche dei climi
temperati (Bulloch & Tynes, 2010). Mustelidi domestici sono stati effettivamente descritti nella letteratura classica più
di un migliaio di anni fa nell’aerea del Nord Africa, ma è ancora in dubbio se si tratti effettivamente di furetti
discendenti dalle puzzole (Fisher, 2006; Owen, 2007; Masseti, 2008). Una interessante analisi sulla semi-
domesticazione dei Mustelidi è proposta nel libro di Marco Masseti, biologo studioso di paleoecologia dell’area
mediterranea e medioorientale: Uomini e (non solo) topi: gli animali domestici e la fauna antropocora.
Nei siti e nei libri si riportano come prime citazioni del furetto fonti di letteratura greca classica (Brown, 2001): il
commediografo Aristofane (450 aC) ne “Gli Acarnesi” usa il termine in senso di ladro, e nell’opera “Storia degli
animali” del filosofo Aristotele (350 aC), viene descritto per la prima volta un animale simile al furetto che si dimostra
delicato e confidente con l’uomo. In realtà la corretta traduzione della parola greca utilizzata in queste fonti (“iktis”) è
stata oggetto di acceso dibattito filologico soprattutto nel XVI° secolo, in un quesito rimasto tuttora non risolto. In
epoca romana, lo scrittore e naturalista Plinio Il Vecchio (23-79 dC) nel
suo libro Naturalis Historia, (XXIX, 60-61) cita: “Esistono due tipi di
mustelide: uno selvatico, chiamato dai greci ictis.
A cura di
Dott.ssa Silvia Pizzi, Docente Biologia
Università degli Studi di Parma
Redazione FM ONLUS
LA STORIA DEL FURETTO:
L'iktis, le donnole di Oderzo, la donnola di Tartesso e il gatto della libia
Anno 16 - n.96 FURETTOMANIA INFORMA NOVEMBRE DICEMBRE 2015
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Si dice che il suo fiele sia efficace contro le aspidi,
in tutte le altre circostanze un veleno. L’altro tipo
invece, comune, che gira per le nostre case e
secondo Cicerone trasporta ogni giorno i suoi
cuccioli e cambia sede e dà la caccia ai serpenti.”
Secondo Masseti, Plinio si riferisce ad un’opera
perduta di Cicerone che potrebbe essere
Admiranda, per cui non è possibile approfondire
chi fossero effettivamente questi mustelidi
domestici. Alla differenza fra due tipi di mustelidi
fa accenno anche Isidoro di Siviglia (“Origines”,
XII 3-3; circa 570-636 dC), teologo e scrittore
spagnolo, che descrive una mustela vulgaris
(comune) ed una mustela silvestris (selvatica). In
realtà, in due diversi capitoli della sua “Storia
degli animali” Aristotele aveva descritto anche un
piccolo carnivoro dal ventre bianco poco più
grande di un topo (“agria gale”), quindi
probabilmente simile alla nostra donnola, oltre al
già citato “iktis” che era più grande, come un
piccolo cane, e quindi più vicino alla martora o
alla puzzola. Plinio sembra identificare con l’iktis
di Aristotele la mustela silvestris, detta anche
mustela rustica. E’ interessante notare come sia
per Aristotele sia per Plinio si tratti di terribili
predatori di serpenti, mentre solo la “gale” di
Aristotele è descritta anche come formidabile
cacciatore di topi (“fa la guerra ai serpenti, e
soprattutto a quelli che predano topi, perché essa
stessa è un predatore di questi roditori” Storia degli animali, IX, 6). E in effetti, nei bestiari medioevali l’immagine di
implacabile cacciatrice di topi è tradizionalmente attribuita alla donnola. Prove decisive di una convivenza fra donnola
ed uomo derivano da una straordinaria scoperta in un pozzo nell’abitato romano di Oderzo (Veneto), risalente al I-II
sec dC, in piena età imperiale. Questo pozzo conteneva un’incredibile varietà di reperti zoologici, ossa attribuibili a
scarti di macellazione e avanzi di pasto di animali domestici: si trattava probabilmente di una discarica. Il fatto
sorprendente risulta la grande concentrazione di reperti di Mustela nivalis, ovvero la donnola: almeno 64 individui
adulti, in una concentrazione relativa pari al doppio di altri mammiferi commensali (come topo ed arvicola), fatto che
ragionevolmente esclude l’ipotesi di una caduta accidentale. Interessante è notare come queste “donnole di Oderzo”
fossero prevalentemente adulti di grossa taglia, con dimensioni maggiori a quelle delle popolazioni attualmente
presenti (Masseti, 2008). Per spiegare la loro massiccia presenza si è ipotizzato un loro uso per ricavarne pellicce, ma i
resti non presentavano le caratteristiche strie da taglio, osservate in altri reperti archeologici derivanti dalla
lavorazione delle pelli per indumenti. Resta probabile l’ipotesi che si trattasse di mustelidi deliberatamente allevati ed
utilizzati dall’uomo per il controllo dei roditori. E’ oltretutto interessante notare come fonti storiche e reperti
archeologici riportino la presenza di mustelidi (martora e faina, oltre alla donnola) in isole dell’area mediterranea
(Ibiza, Majorca, Malta, Minorca, Corsica, Sardegna, Naxos, Creta..) che invece non mostravano presenza di alcun
carnivoro in era preistorica, indicando un’importazione antropica di questi animali. Ancora oggi a Creta gli agricoltori
ricorrono all’espediente di liberare una donnola all’interno delle serre per la riproduzione di ortaggi allo scopo di
tenere lontani i piccoli roditori. Se poi pensiamo all’immagine del furetto attraverso la storia, a partire dal medioevo
fino ai giorni nostri, più che al controllo di dispense e granai dai piccoli roditori o dai serpenti, lo associamo alla caccia
al coniglio, allontanando da noi l’idea che le citazioni aristoteliche si riferissero allo stesso animale.
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Forse la prima vera citazione del “nostro” furetto, è quella del geografo e storico greco Strabone nel suo libro
Geografia (63 aC - 34 dC), ove descrive un animale arrivato dalla Libia come risolutore per l’infestazione delle isole
Baleari da parte di una specie di lepre. Scrive Strabone: “Di animali nocivi è invece scarsissimo quel paese, fuor certi,
simili a lepri, che scavan la terra e sono da alcuni denominati leboridi, i quali rovinano le piante ed i semi, rosicandone le
radici.
Questo male accade in quasi tutta la Spagna e si stende fino a Marsiglia, e danneggia anche le isole. […] del resto contro i
casi ordinarii furono trovate molte maniere di caccia: e nutrono a cotal fine studiosamente certi furetti salvatici che la
Libia produce; poi, dopo aver chiuso loro la bocca, gl’introducono nei fori; ed essi o colle unghie traggono fuori quanti
leboridi possono ghermire, o li costringono di fuggirsene all’aperto, dove sono pigliati dalle persone quivi a tal uopo
appostate.” [Strabone Geografia Vo.2 (Libro III) pg 311-2 volgarizzati da Francesco Amborosoli (1832)]. Questa
citazione oltre a descrivere perfettamente le tecniche di caccia al coniglio col furetto che si ritrovano dal MedioEvo ai
giorni nostri, nel tempo ha supportato la discussa origine africana del furetto domestico, tanto che gli antichi
chiamarono il furetto: “gatto delle Libia” (Licciardelli, 1904), tenendo in considerazione il fatto che all’epoca di
Strabone col termine Libia si intendeva tutto il Nord Africa ad esclusione dell’Egitto. Ed anche Linneo, l’inventore della
moderna classificazione degli esseri viventi, che per primo identificò il furetto come specie a parte (Mustela furo, 1758),
indicò l’Africa come luogo di diffusione della forma tipica, anche se in realtà nessuna specie di puzzola è mai stata
documentata nelle rappresentazioni faunistiche del quaternario (dipinti rupestri) in Nordafrica. Ulteriori dubbi
sull’identità del furetto di Strabone, derivano dal fatto che anche il già citato Plinio il Vecchio riporta la notizia della
devastante infestazione di conigli alla Baleari, ma si riferisce all’animale risolutore col termine di viverra.
Tradizionalmente identificato dai commentatori moderni come furetto, in realtà non ve ne è certezza, dato che questo
nome viene utilizzato da Plinio solo in questa occasione né si sa da quale lingua derivi.
Un’ipotesi plausibile è che Strabone si riferisse ad un’area dell’impero romano famosa per l’allevamento del furetto
piuttosto che alla vera area di origine del progenitore selvatico, probabilmente ormai estinto. Infatti oltre che in
Europa, il furetto viene tuttora allevato ed utilizzato allo stesso modo per la caccia in alcune aree del Marocco.
Anche se la modalità di caccia descritta da Plinio richiama quella tradizionale medioevale col furetto, secondo alcuni
autori data l’area geografica di provenienza, potrebbe trattarsi di un carnivoro di dimensioni simili, ancora oggi
ampiamente diffuso in Nordafrica, ovvero la genetta (Genetta genetta). La genetta infatti fu descritta inizialmente da
Linneo nel 1758 come Viverna genetta sulla base di un esemplare di origine spagnola. Già anticamente lo storico greco
Erodoto (V sec ac) aveva descritto un animale, denominato “donnola di Tartesso” (ndr Tartesso è un’antica città
dell’Iberia/Spagna
meridionale) fra gli
elementi caratteristici
della fauna nordafricana
del suo tempo : “vi sono
anche le donnole che
nascono nel Silfio (ndr.
pianta della Cirenaica che
forniva una resina
preziosa) e sono molto
simili a quelle di Tartesso”
(Le Storie, IV, 191-192) e
secondo alcuni autori
questa potrebbe essere
proprio la genetta. A
conferma alcune antiche
monete della Cirenaica del
VI sec ac raffigurano un
frutto di silfio ed una
genetta.
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Secondo diversi autori questo mammifero era ampiamente diffuso ed utilizzato per la caccia in tutto l’area del Marocco
e delle Baleari, e tuttora è diffuso sulle isole di Majorca, Ibiza e Cabrera. Resta il fatto che la genetta non risulta come
animale presente nel Pleistocene in Europa e Vicino Oriente, ed in base ai reperti fossili viene considerata un invasore
post-glaciale dell’Europa, probabilmente importato addirittura proprio dai Romani, confermando la complessità della
storia del rapporto fra uomo e piccoli carnivori. E’ opportuno ricordare che la genetta NON è un Mustelide.
E allora possiamo vedere come la più antica prova della domesticazione del furetto una scoperta tutta italiana e molto recente (Santini, 2010). Parliamo dell’eccezionale ritrovamento di reperti storico-faunistici negli scavi della villa Bruttiii Praesentes a Scandriglia (Rieti): si tratta di resti di sparviere (Accipiter nisus) e di furetto, resti collocati ad un primo esame fra il IV e il V secolo dC. Per quanto riguarda il furetto si tratta del cranio di un adulto, che conserva parte della dentatura superiore, facilitandone l’identificazione. Le fonti antiche, storiche ed iconografiche fanno pensare che queste due specie non possano essere considerate presenze casuali, ma che fossero “compagni di caccia” dei proprietari. Teniamo presente che le radici storiche della falconeria partono dal V secolo aC, e passano anch’esse dai racconti di Aristotele, Plinio il Vecchio sino alla letteratura classica latina, racconti che riguardano l’Oriente (India e mondo arabo) e di cui sono diffuse anche antiche testimonianze iconografiche (bassorilievi) ittite ed assire (III° millennio - VIII° sec aC), mentre di epoca romana sono alcuni mosaici (mosaico della Piccola Caccia, villa del Casale - Piazza Armerina- Sicilia, mosaico del portico ovest della villa di Argo a Spiro – Grecia, mosaico della personificazione di Cartagine, in Nord Africa). Dal III sec dC la falconeria si afferma in tutto il bacino del Mediterraneo e le attestazioni figurative vanno di pari passo con le fonti storiche, dimostrando come la pratica sviluppatasi per fini alimentari divenga poi un vero e proprio sport per nobili in epoca tardo-antica, fino ad essere definita nel MedioEvo una vera e propria ars venandi (arte venatoria). Non altrettanto definito se non in epoca più tarda è il ruolo del furetto, le prime vere inequivocabile rappresentazioni di caccia col furetto (ferreting) risalgono al 1300-1500: un furetto albino appare dipinto nel Messale di Sherborne (XV sec), (foto 3) in un dipinto del libro dei salmi "Queen Mary's Psalter" (foto 4) è rappresentata una dama ben vestita che caccia col furetto (XIV sec), una scena di caccia col furetto caratterizza un affresco nel Palazzo dei Papi di Avignone (Camera del Cervo, studio di Clemente VI, 1343), (foto 1) Gastone Febo in "The Book of the Hunt" (Il libro della Caccia), (foto 2) descrive le varie tecniche di caccia in uso in Francia, e fra queste cita l’uso del furetto (1387-9). Ma il ritrovamento contemporaneo dello sparviere e del furetto nella villa di antichi signori romani può far pensare che già da secoli entrambi fossero fedeli aiutanti dell’uomo.
Owen C. 2007 ” The domestication of the ferret” in The Domestication and Exploitation of Plants and Animals - Ucko & Dimbleby Eds. Transaction Publishers. Pg 489-493 Bulloch, M.J., Tynes, V.V., 2010. Ferrets. In: Tynes, V.V. (Ed.), Behaviour of Exotic Pets. Wiley-Blackwell Publishing Ltd., USA. Fisher, P.G., 2006. Ferret behavior. In: Bays, T.B., Lightfoot, T., Mayer, J. (Eds.), Exotics Pet Behavior. Birds, Reptiles, and Small Mammals. Saunders, Elsevier Inc., Missouri, USA. Price, E.O., 2002. Animal Domestication and Behaviour. CABI Publishing, CAB International, Wallington, Oxon, UK. Brown, S., 2001 (rev 2006) “History of the ferret”. The Small Mammals Health Series. Veterinary Partner.com http://www.veterinarypartner.com/Content.plx?P=A&A=496&S=0&SourceID=43 Masseti M. “Uomini e (non solo) topi: gli animali domestici e la fauna antropocora” 2008, pg 147-156, Firenze University Press. Licciardelli, G. 1904 Il furetto: Allevamento razionale- ammaestramento - utilizzazione per la caccia - malattie. Hoepli. Santini, 2010 “I “compagni di caccia”: dalle fonti storiche ai reperti faunistici della villa dei Bruttii Praesentes (Scandriglia, Rieti)” p 153 da Atti del Convegno Sesto Incontro di Studi sul Lazio e la Sabina Roma 4-6 marzo 2009
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LO ZIBELLINO
di Ariela Trovato
Consigliere Direttivo FM ONLUS
Anno 16 - n.96 FURETTOMANIA INFORMA NOVEMBRE DICEMBRE 2015
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Per molto tempo con “zibellino” (in inglese “sable” e secondo la classificazione tassonomica Martes zibellina) in ambito
furettaro si è inteso indicare una colorazione di mantello del furetto (ma viene impiegato in generale per descrivere
mantelli scuri anche in conigli e gatti) e addirittura per descrivere il colore nero in araldica.
Ma, ebbene, lo zibellino è un vero e proprio animale, parente non proprio strettissimo del furetto in quanto appartiene
al genere Martes e quindi più vicino alla martora che
non a donnole, visoni, puzzole e furetti (che,
ricordiamo, appartengono al genere Mustela). Sono
state ipotizzate delle sottospecie, ma la definizione
tassonomica è complicata a causa di varie
reintroduzioni in natura ad opera dell'uomo
nell'arco del tempo e questo da adito a dibattiti
scientifici dove vengono indicate dalle sette alle
trenta specie; in ogni caso la distinzione tra le
sottospecie è operata tramite la variazione della
colorazione e la presenza di eventuali macchie negli
individui dell'areale abitato: per esempio, gli
zibellini giapponesi hanno chiazze scure su arti e
zampe.
Zibellino pare che abbia come sostantivo origini
slave, e sia entrato a far parte dei termini utilizzati
nell'Europa occidentale nel primo Medioevo a causa
del commercio di pellicce. Ritroviamo sobol in Russia, sobòl in Polonia, zobel e sabel nel ceppo tedesco; in Francia
diventa zibeline (nel francese antico era sable o saible, che ha originato la forma inglese sable e la voce del latino
medievale sabellum), mentre in spagnolo è cibelina o cebellina.
Rispetto alla martora, a cui nell'apparenza assomiglia molto, lo zibellino si distingue grazie al muso ed alle orecchie più
allungate e alla coda più corta, e per un cranio più largo e robusto con arcate zigomatiche più accentuate. Per il resto,
possiamo notare che esiste il tipico mustelide dimorfismo sessuale, con maschi più grandi delle femmine che misurano
dai trentotto ai cinquantasei centimetri coda esclusa (che di solito oscilla tra i nove e i dodici centimetri) ed un peso che
può arrivare fino ai milleottocento grammi; le femmine viceversa hanno una lunghezza compresa tra i trentacinque e i
cinquantatré centimetri ed un peso di range inferiore. Il pelo invernale è più lungo e folto di quello della muta estiva e
comunque sempre più setoso di quello delle martore americane. La colorazione può variare dal marrone chiaro allo
scuro, con la zona ventrale eventualmente più chiara e arti e zampe più scuri; alcuni individui possono mostrare una
zona del sottogola di colore grigio, bianco e giallo chiaro.
La distribuzione della specie spazia principalmente in Russia
(più che altro ad opera di introduzione da parte dell'uomo),
dagli Urali (dove si sovrappone alla popolazione della martora
europea) attraverso la Siberia, il Kazakhistan orientale, il nord
della Mongolia, la Cina, Nord e Sud Corea e l'isola di Hokkaido
in Giappone.
Originariamente allo stato selvatico abitava anche la Russia
europea, la Polonia e la Scandinavia.
La specie la si può incontrare per lo più nelle foreste di
conifere, nella cui parte più fitta si crea la tana, ma si adatta
anche ad altri habitat, sempre boschivi.
Anno 16 - n.96 FURETTOMANIA INFORMA NOVEMBRE DICEMBRE 2015
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Il bosco e la foresta
permettono una maggior
abbondanza di prede e di
ripararsi dagli attacchi dei
grandi predatori e dei rapaci.
Sembra sia stato riscontrato in
Russia che gli esemplari
giovani abitino la parte più
bassa montana delle distese di
conifere, mentre gli esemplari
più anziani colonizzano ad
altitudini maggiori.
Nei boschi, come già detto,
vive in tane nelle zone più fitte
o nei pressi delle rive dei
fiumi.: scava egli stesso la
propria tana tra le radici degli
alberi e ne nasconde l'entrata con
erba o con il pelo derivato dalla
muta. Tuttavia le tane sono
temporanee, soprattutto in
inverno quando l'animale si sposta
maggiormente nel territorio in
cerca di prede.
Martes zibellina è
prevalentemente terrestre, anche
se all'occasione sa essere un buon
arrampicatore ma non un buon
nuotatore. È primariamente
crepuscolare, caccia durante le ore
del tramonto, anche se diventa più
attivo durante il giorno nella
stagione degli amori.
È territoriale. Difende con
accanimento il territorio (marcato
tramite tracce olfattive rilasciate da ghiandole), che ha una quanto mai variabile estensione tra i quattro e i trenta
chilometri quadrati, in dipendenza dalla disposizione locale del terreno e dalla presenza di maggiori o minori quantità
di cibo; in caso di scarsità di prede possono infatti arrivare a percorre fino a dodici chilometri nell'arco di una giornata
di caccia.
È onnivoro. Si nutre a seconda di quello che la natura offre durante le varie stagioni. Per cui la dieta è prevalentemente
carnivora durante primavera ed estate (mangia scoiattoli, civette, lepri, uova, e roditori in genere), mentre in inverno
sopravvive con ghiande e frutti. Talvolta segue le tracce di predatori più grandi per nutrirsi dei resti dei loro pasti.
Anno 16 - n.96 FURETTOMANIA INFORMA NOVEMBRE DICEMBRE 2015
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Solo raramente cattura pesci (catturati con le zampe e
non con la bocca). Può cacciare anche altri mustelidi,
come ermellini e donnole. Si ciba anche di molluschi
come le lumache, pulendole e sfregandole in terra per
rimuovere il muco.
Per la caccia utilizzano principalmente udito (molto
acuto) e olfatto.
La stagione degli amori è usualmente tra giugno e agosto
(la femmina però entra in estro a tarda primavera),
anche se il periodo può variare a seconda della latitudine
e del clima. La lotta per l'accoppiamento tra maschi è
violenta. Il corteggiamento si compone di corse, salti e
“rotolamenti”seguita da un accoppiamento che può
durare fino ad otto ore. Dopo la fecondazione, l'embrione
non si impianta nell'utero, ma viene tenuto in uno stato
sospeso (cosa che abbiamo già incontrato in altri mustelidi). Di solito l'impianto dell'embrione avviene circa otto mesi
dopo: quindi, con una gestazione che dura tra i duecentoquarantacinque e i duecentonovantotto giorni nel complesso
(ma solo una trentina di vera e propria gravidanza durante i quali l'embrione si sviluppa), i piccoli nascono in tarda
primavera o all'inizio dell'estate, periodo favorevole all'allevamento della nuova cucciolata per il clima più mite e la
maggior disponibilità di prede.
I maschi provvedono ad aiutare le femmine nella difesa del territorio e nella ricerca di cibo durante l'allevamento.
Lo zibellino partorisce in cavità degli alberi, dopo aver costruito e
foderato il nido con muschio, foglie ed erba secca; la cucciolata è
composta da uno a sette piccoli individui (anche se la media più
accreditata è di due o tre esemplari), che nascono con gli occhi chiusi,
coperti da una leggera peluria e del peso di circa trenta grammi con una
lunghezza media di undici centimetri.
Aprono gli occhi circa dopo trenta giorni e poco doo sono capaci di
lasciare il nido; vengono successivamente svezzati con cibo rigurgitato
all'età di sette settimane. Sono maturi sessualmente all'età di due anni,
mentre la vita totale si aggira intorno ai ventidue anni per esemplari in
cattività e ai diciotto allo stato selvaggio.
È saputo che lo zibellino può incrociarsi con la martora del pino in
natura. La cosa viene incoraggiata negli allevamenti al fine di ottenere
una pelliccia più ruvida ma con a coda più lunga e folta. La prole ottenuta
è comunque tipicamente sterile.
La specie al momento si catalogata come Last Concern (cioè a rischio
minimo) secondo l'IUCN e quindi non a rischio di estinzione: questo è
dovuto soprattutto grazie alla sua grande diffusione su varie zone che
raramente vengono danneggiate direttamente dall'uomo, alla sua varietà
di alimentazione e perché la caccia per la pelliccia si è notevolmente
ridotta (permane solo in Russia, ed è attentamente controllata) a
vantaggio dell'allevamento intensivo (che in Russia è monopolio di stato
e vieta l'esportazione di animali vivi). Tuttavia nelle zone meridionali
della sua distribuzione geografica è specie protetta.
Anno 16 - n.96 FURETTOMANIA INFORMA NOVEMBRE DICEMBRE 2015
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In Giappone è stata introdotta la specie Martes melampus che si pensa potrebbe entrare in competizione diretta con la
sottospecie endemica di zibellino.
Allo stato libero Martes zibellina è minacciata da predatori come lupi, linci, tigri, ghiottoni, aquile e grossi gufi.
Tuttavia, sebbene non sia considerata specie in pericolo, è difficile eseguire una stima della popolazione selvatica di
zibellino nè stabilire se sia in crescita, decrescita o stabile.
Storicamente, lo scempio più grande della popolazione di zibellini è stata perpetrato fin dal Medioevo per la caccia allo
scopo di utilizzare la sua pregiata pelliccia, che al giorno d'oggi rimane comunque un bene di lusso, in quanto a
prescindere dal verso in cui venga accarezzata si mantiene comunque morbida, ed è perciò molto costosa.
In passato ha vestito reali, imperatori e nobili di alto lignaggio di tutta Europa (specialmente Inghilterra, Russia,
Francia e Germania), come pure caste del clero, ortodosso o meno.
Al giorno d'oggi la pelliccia di zibellino, a causa del suo alto costo, viene utilizzata per rifiniture: cappelli, colli e maniche
di capi di abbigliamento.
Questa presenza sul mercato è tanto vera che durante le mie ricerche per inserire qualche link di video da YouTube in
questo articolo alla voce “zibellino” compaiono dimostrazioni pubblicitarie di capispalla in pelliccia.
Ve li evito.
Come pure vi evito i video denuncia girati negli allevamenti per pelliccia in Russia.
Io so che esistono e che sono orribili, come pure lo sapete voi: non ho avuto cuore di guardarli e non vi propongo
qualcosa che io stessa non abbia visto.
https://www.youtube.com/watch?v=GG9tw4VCCE0 (video che rende la questione della sicurezza in casa che tanto ci terrorizza una quisquilia per
principianti; e comunque vi consiglio di guardare anche gli altri video del canale https://www.youtube.com/channel/UCe97KvIDP_c_0UmYO6biwYg)
https://www.youtube.com/watch?v=GttDQIWZt5c
https://www.youtube.com/watch?v=O7EHn-3M2tg
Anno 16 - n.96 FURETTOMANIA INFORMA NOVEMBRE DICEMBRE 2015
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Chi l’avrebbe mai detto
che a quasi 50 anni mi
sarei trovato in casa un...
FURETTO!!!
La cosa nasce molto tempo fa quando i miei due ragazzi, Arianna di 10 anni e Andrea di 12, mi hanno espresso il desiderio di avere un animale da accudire. Cosa??? Una bestia che gira per casa mia??? Questa è stata grosso modo la mia reazione. Non c’è molto da stupirsi: non ho mai avuto animali domestici (a parte i miei due cuccioli!!!) a cui badare e francamente ho sempre considerato casa mia come un santuario illibato. Il solo pensiero di trovarmi sorprese male odoranti sparse per casa o peli non nostri sugli arredi mi terrorizzava. Ma l’amore per i bimbi ha avuto il sopravvento sulla repulsione nei confronti dell’idea di un animale che invadesse i miei spazi!!! E così abbiamo iniziato a pensare quale animale avremmo potuto ospitare. Un cane forse? Certo che no, troppo impegnativo ed ingombrante è stata la mia obiezione. Allora un gatto!!! Peggio che andar di notte: Andrea e Arianna li considerano troppo stupidi (ahahahah). Che ne pensate di un acquario??? Ovvio che no, i pesci muoiono troppo alla svelta (sigh). Un uccellino??? E se poi scappa, è stata la loro obiezione??? Insomma erano incontentabili anzi eravamo incontentabili, forse anche per allontanare l’idea malsana.
di Gilberto Restelli
Socio FM ONLUS
...E ALLA FINE ARRIVO’ ZEUS!!!
Anno 16 - n.96 FURETTOMANIA INFORMA NOVEMBRE DICEMBRE 2015
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Un giorno però è successo il patatrac: nel parlare, me ne sono uscito con la notizia che Tania, una mia collega di lavoro, aveva “ereditato” (ma questa è un’altra storia) un furetto di nome Nina. Cosa??? E’ stata la loro reazione (e a dirla tutta anche la mia). Un furetto??? E che animale è??? Scatta la spasmodica ricerca su internet. In primis per vedere che “forma” avesse. Abbiamo visitato pagine e pagine web zeppe di immagini e che dire: era proprio una bella bestiolina e pure con un musetto simpatico. E’ stato amore a prima vista!!! Ma mentre loro si fermavano sull’aspetto esteriore, io mi cimentavo nella ricerca di notizie sulla gestione (dove vive, cosa mangia, che carattere e che abitudini ha, ci sono altri che ce l’hanno, etc.). E nel mio errare nel web chi ti incontro??? FURETTOMANIA – ASSOCIAZIONE ITALIANA FURETTI ONLUS. Però…..hai capito queste bestiole!!! Erano organizzatissime. E leggendo e sfogliando le pagine del sito vengo a conoscenza della possibilità di adottare un furetto. ADOTTARE??? Che cosa bellissima!!! Il mio lato social-umanistico-filantropico ha preso subito il sopravvento. Questa sarebbe stata la soluzione: approfondisco l’argomento divorando in una sola sera tutte le pagine del sito web (e voi sapete che non sono poche) e alla fine mi convinco. Avremmo ADOTTATO un furetto. Convincere i bambini è stato più semplice che bere un bicchier d’acqua. Ormai eravamo lanciatissimi….ma tra il decidere e il mettere in pratica ce ne passa!!! Che fare??? E qui Tania, che intanto portava avanti la sua esperienza con Nina e ci teneva informati sugli sviluppi, ci viene in aiuto. Ci dice che una delle prime domeniche di maggio ci sarebbe stato un “raduno” organizzato da Furettomania in un paese vicino al nostro. Era quello che aspettavamo: sul sito trovo un numero di cellulare di una certa Viviana, membro dell’associazione, e chiamo per auto-invitarci. Viviana, disponibilissima, mi dice che ci aspetta al “raduno” per effettuare il colloquio. COLLOQUIO??? Questo mi era sfuggito….Gli unici colloqui fatti erano quelli per un posto di lavoro e ne era passato di tempo. Ero un po’ arrugginito sull’argomento!!! Mi ributto sul sito e lì approfondisco: in effetti era così. Per iniziare l’iter di adozione occorreva sostenere un colloquio con i membri dell’associazione in cui si sarebbe valutato la nostra idoneità o meno all’adozione. Urca….allora era una cosa seria. Questi trattano i furetti come i bambini e la cosa ci piaceva sempre di più!!! Finalmente la fatidica domenica arrivò. Pranzammo a casa agitati e nel primo pomeriggio ci recammo al sito dell’evento. Un mondo nuovo ci comparve davanti agli occhi!!! C’erano furetti da tutte le parti. Furetti di ogni tipo, di ogni taglia, di ogni colore con “genitori” che provenivano da ogni parte d’Italia (lo capivamo dagli accenti). I bambini letteralmente impazzirono non sapendo più dove guardare e incominciarono a rendersi finalmente conto che quello sarebbe stato il loro futuro prossimo. Gentilissimi, i diversi “genitori” ci hanno fatto “maneggiare” le loro bestiole: ricordiamo Polpetta, Budino, Bigio e tanti
altri. Viviana ci stava aspettando, anche se presissima nell’organizzazione dell’evento. Il colloquio è stato molto piacevole: noi abbiamo parlato della nostra famiglia, delle nostre abitudini e delle nostre possibilità; di contro lei ci ha spiegato molto dettagliatamente gli oneri e gli onori di avere un furetto. Esito: abili e arruolati. Per Furettomania potevamo adottare un furetto. Evviva!!! Dovevamo solo aspettare. ASPETTARE??? E perché aspettare??? Noi eravamo prontissimi e carichi ma Viviana, giustamente e con molto tatto, ci spiegò che ci avrebbe chiamato solamente quando avrebbe avuto tra le mani il furetto GIUSTO per noi, noi che eravamo neofiti sia in materia di furetti sia in materia di animali da accudire!!! Politica correttissima e azzeccatissima che dimostrava quanto questi volontari tenessero al benessere dell’animale prima ancora che al nostro.
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Poco male. Ce ne tornammo a casa contenti e convinti di aver fatto la scelta giusta. Ma ci dovevamo preparare a riceverlo. Tanti erano i preparativi da fare: comprare il cibo, la lettiera, gli arredi e i suppellettili della gabbia, la gabbia stessa….Già la gabbia!!! Questa era una cosa che ci piaceva poco. L’idea di tenerlo rinchiuso in una gabbia proprio non ci andava giù. Lo volevamo libero, libero di girare per casa, o almeno in parte di essa, dopo averla messa in sicurezza.
Prendemmo una decisione: al nostro furetto avremmo dedicato la stanza del computer, un locale poco sfruttato in cui avremmo messo un recinto per la notte, ma che avremmo aperto di giorno. Abbiamo deciso anche le zone off-limits (camere, cucina e bagno padronale) zone in cui il furetto non poteva andare. Sarebbe stato libero di scorrazzare per tutti gli altri spazi al di fuori della sua stanzetta ma solamente in nostra presenza e sotto il nostro controllo. Iniziammo subito la costruzione del recinto. Già perché non ci piaceva l’idea delle sbarre. Così con legno, pannelli di polionda, silicone e viti, in un week end, abbiamo costruito la dépendance del nostro furetto (forse è uscita un po’ troppo grossa!!! Giudicate voi dalle foto). E finalmente alla metà di giugno la telefonata è arrivata. Viviana ci comunicava che in associazione era entrato un furetto giusto per noi!!! Si chiamava ZEUS era un furetto mascherina intero di circa 2 anni che era stato consegnato all’associazione da una famiglia che non poteva più tenerlo. Zeus era abituato all’uomo, non mordeva ed era un campione della lettiera. L’unica pecca era che, non essendo mai stato sterilizzato tramite impianto ed essendo nel pieno della stagione fertile, puzzava come un caprone (parole esatte di Viviana). Poco male pensai!!! Una volta impiantato, sapevo che gli ormoni sarebbero andati a scemare e con loro il suo forte odore. Sabato 20 giugno siamo partiti destinazione Cardano al Campo. Zeus era accudito da Chiara un’altra volontaria dell’associazione. Finalmente l’abbiamo visto!!! Era in una recinto in taverna e stava dormendo in una cuccia. Al primo rumore ha tirato fuori il suo musetto incuriosito: è stato amore a prima vista. I bambini sono letteralmente impazziti. Chiara l’ha tolto dal recinto e lo abbiamo fatto giocare: è stato bellissimo. Penso che quei momenti ce li ricorderemo per tutta la vita. Chiara è stata bravissima: ci ha
fatto vedere come tagliare le unghie, come pulirgli le orecchie e ci ha spiegato tutto quello che avremmo dovuto fare per gestirlo al meglio. Verso mezzogiorno, espletate le pratiche burocratiche per l’adozione, ci siamo salutati e, messo Zeus nel trasportino, ci siamo avviati verso casa. Non vi nego che in quel momento ho avuto un attimo di esitazione e di sbandamento: oddio adesso siamo soli, ce la faremo, saremo in grado di accudirlo?!?!. Tranquilli passa in un secondo: mi è bastato vedere la gioia negli occhi dei bambini per capire che tutto sarebbe andato per il verso giusto. E così è stato: è quasi un mese che Zeus è con noi e devo dire che è una cosa bellissima. Dopo i primi giorni di ambientamento reciproco siamo entrarti in simbiosi con lui imparando a gestirlo, ad accudirlo e a giocare con lui. E’ curiosissimo e la prima settimana l’ha usata per esplorare i suoi spazi trovando i posti preferiti dove nascondere i suoi bottini di guerra. Ci aspetta al mattino per le pulizie di casa (sua) e alla sera quando si ritorna a casa ci aspetta per giocare e per farci gli agguati alle caviglie. Potpotta che è un piacere felice della sua nuova situazione e noi con lui. Insomma è una esperienza che auguro a tutti quanti!!! Non mi resta che ringraziare Tania, che ci ha fatto scoprire l’animale, Viviana e Chiara, che ci hanno seguito ed insegnato come gestirlo, ed infine Andrea e Arianna con cui sto condividendo questi splendidi momenti
Un felice pot pot a tutti quanti!
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