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Estratto Novembre/Dicembre 2015

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Furettomania INFORMA estratto pubblico

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Anno 16 - n.96 FURETTOMANIA INFORMA NOVEMBRE DICEMBRE 2015

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FurettoMania Informa

Edizioni Furettomania ONLUS Via Petrarca n.12

21012 Cassano Magnago (Varese)

Nuova brochure informativa per FM ONLUS

Ancora uno strumento per diffondere e agevolare

l'accesso alle informazioni di base!

Disponibili ai nostri eventi e presso i centri

veterinari specializzati.

Direzione e Supervisione: Consiglio Direttivo Furettomania ONLUS Capo Redattori: Patrizia Puccetti e Ariela Trovato Redattore scientifico: Silvia Pizzi

Impaginazione e Grafica: Patrizia Puccetti Collaboratori di Redazione: Lo Staff e i Soci

Spedizioni web: Gaia Franzoso

Hanno collaborato a questo numero

Dott. Kiumars Khadivi-Dinboli Medico Veterinario

Camilla Rigoni Socia FM ONLUS

Daniela Zanirato Socia FM ONLUS

Gilberto Restelli Socio FM ONLUS

Lavinia Cardillo Staff FM ONLUS

Manuela Negri Socia FM ONLUS

Sara Nicolosi Socia FM ONLUS

Tommaso Bobini Socio FM ONLUS

Valentina Novelli Staff FM ONLUS

PERIODICO BIMESTRALE DI INFORMAZIONE MUSTELIDE riservato ai soci di Furettomania ONLUS

NOVEMBRE DICEMBRE 2015

PROSSIMA USCITA LO SPECIALE

CHRISTMAS TAILS 10 DICEMBRE

pag. 2 SOMMARIO-REDAZIONE-DIRETTIVO NEWS pag. 3 EDITORIALE pag. 6 FORSE NON TUTTI SANNO CHE... pag. 10 DICA POT POT pag. 13 PARENTI MUSTELIDI pag. 18 MOLTO RUMORE PER NULLA pag. 22 CONDIVISO CON VOI pag. 25 GRAN BAZAR pag. 27 FOCUS ON: LO STAFF&I SOCI RACCONTANO pag. 35 BRICOFERRET pag. 37 ADOZIONI pag. 40 IL PONTE DELL'ARCOBALENO pag. 42 IL FUROSCOPO pag. 45 PASSAPAROLA: IL PROSSIMO EVENTO pag. 47 PASSAPAROLA: LA CAMPAGNA DEL MESE pag. 48 VOLONTARI IN FM pag. 49 RESPONSABILI FM-CARTA AZZURRA SERVIZI

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Le fonti scientifiche per

studiare il processo di

domesticazione di un

animale sono

generalmente tre:

archeologiche, zoologiche

e storiche, ma nello studio

del furetto praticamente

solo le ultime due sono

state seguite (Owen,

2007).

E’ opinione diffusa che la

domesticazione del

furetto sia avvenuta circa

2000-3000 anni fa, ma è

ancora in discussione il

luogo: secondo alcuni

autori è iniziata nel

Nordest dell’Africa e poi

diffusa in Europa con la

pratica della caccia al

coniglio, mentre per altri

autori è più probabile che i furetti derivino originariamente dall’Europa, ove erano presenti le puzzole, tipiche dei climi

temperati (Bulloch & Tynes, 2010). Mustelidi domestici sono stati effettivamente descritti nella letteratura classica più

di un migliaio di anni fa nell’aerea del Nord Africa, ma è ancora in dubbio se si tratti effettivamente di furetti

discendenti dalle puzzole (Fisher, 2006; Owen, 2007; Masseti, 2008). Una interessante analisi sulla semi-

domesticazione dei Mustelidi è proposta nel libro di Marco Masseti, biologo studioso di paleoecologia dell’area

mediterranea e medioorientale: Uomini e (non solo) topi: gli animali domestici e la fauna antropocora.

Nei siti e nei libri si riportano come prime citazioni del furetto fonti di letteratura greca classica (Brown, 2001): il

commediografo Aristofane (450 aC) ne “Gli Acarnesi” usa il termine in senso di ladro, e nell’opera “Storia degli

animali” del filosofo Aristotele (350 aC), viene descritto per la prima volta un animale simile al furetto che si dimostra

delicato e confidente con l’uomo. In realtà la corretta traduzione della parola greca utilizzata in queste fonti (“iktis”) è

stata oggetto di acceso dibattito filologico soprattutto nel XVI° secolo, in un quesito rimasto tuttora non risolto. In

epoca romana, lo scrittore e naturalista Plinio Il Vecchio (23-79 dC) nel

suo libro Naturalis Historia, (XXIX, 60-61) cita: “Esistono due tipi di

mustelide: uno selvatico, chiamato dai greci ictis.

A cura di

Dott.ssa Silvia Pizzi, Docente Biologia

Università degli Studi di Parma

Redazione FM ONLUS

LA STORIA DEL FURETTO:

L'iktis, le donnole di Oderzo, la donnola di Tartesso e il gatto della libia

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Si dice che il suo fiele sia efficace contro le aspidi,

in tutte le altre circostanze un veleno. L’altro tipo

invece, comune, che gira per le nostre case e

secondo Cicerone trasporta ogni giorno i suoi

cuccioli e cambia sede e dà la caccia ai serpenti.”

Secondo Masseti, Plinio si riferisce ad un’opera

perduta di Cicerone che potrebbe essere

Admiranda, per cui non è possibile approfondire

chi fossero effettivamente questi mustelidi

domestici. Alla differenza fra due tipi di mustelidi

fa accenno anche Isidoro di Siviglia (“Origines”,

XII 3-3; circa 570-636 dC), teologo e scrittore

spagnolo, che descrive una mustela vulgaris

(comune) ed una mustela silvestris (selvatica). In

realtà, in due diversi capitoli della sua “Storia

degli animali” Aristotele aveva descritto anche un

piccolo carnivoro dal ventre bianco poco più

grande di un topo (“agria gale”), quindi

probabilmente simile alla nostra donnola, oltre al

già citato “iktis” che era più grande, come un

piccolo cane, e quindi più vicino alla martora o

alla puzzola. Plinio sembra identificare con l’iktis

di Aristotele la mustela silvestris, detta anche

mustela rustica. E’ interessante notare come sia

per Aristotele sia per Plinio si tratti di terribili

predatori di serpenti, mentre solo la “gale” di

Aristotele è descritta anche come formidabile

cacciatore di topi (“fa la guerra ai serpenti, e

soprattutto a quelli che predano topi, perché essa

stessa è un predatore di questi roditori” Storia degli animali, IX, 6). E in effetti, nei bestiari medioevali l’immagine di

implacabile cacciatrice di topi è tradizionalmente attribuita alla donnola. Prove decisive di una convivenza fra donnola

ed uomo derivano da una straordinaria scoperta in un pozzo nell’abitato romano di Oderzo (Veneto), risalente al I-II

sec dC, in piena età imperiale. Questo pozzo conteneva un’incredibile varietà di reperti zoologici, ossa attribuibili a

scarti di macellazione e avanzi di pasto di animali domestici: si trattava probabilmente di una discarica. Il fatto

sorprendente risulta la grande concentrazione di reperti di Mustela nivalis, ovvero la donnola: almeno 64 individui

adulti, in una concentrazione relativa pari al doppio di altri mammiferi commensali (come topo ed arvicola), fatto che

ragionevolmente esclude l’ipotesi di una caduta accidentale. Interessante è notare come queste “donnole di Oderzo”

fossero prevalentemente adulti di grossa taglia, con dimensioni maggiori a quelle delle popolazioni attualmente

presenti (Masseti, 2008). Per spiegare la loro massiccia presenza si è ipotizzato un loro uso per ricavarne pellicce, ma i

resti non presentavano le caratteristiche strie da taglio, osservate in altri reperti archeologici derivanti dalla

lavorazione delle pelli per indumenti. Resta probabile l’ipotesi che si trattasse di mustelidi deliberatamente allevati ed

utilizzati dall’uomo per il controllo dei roditori. E’ oltretutto interessante notare come fonti storiche e reperti

archeologici riportino la presenza di mustelidi (martora e faina, oltre alla donnola) in isole dell’area mediterranea

(Ibiza, Majorca, Malta, Minorca, Corsica, Sardegna, Naxos, Creta..) che invece non mostravano presenza di alcun

carnivoro in era preistorica, indicando un’importazione antropica di questi animali. Ancora oggi a Creta gli agricoltori

ricorrono all’espediente di liberare una donnola all’interno delle serre per la riproduzione di ortaggi allo scopo di

tenere lontani i piccoli roditori. Se poi pensiamo all’immagine del furetto attraverso la storia, a partire dal medioevo

fino ai giorni nostri, più che al controllo di dispense e granai dai piccoli roditori o dai serpenti, lo associamo alla caccia

al coniglio, allontanando da noi l’idea che le citazioni aristoteliche si riferissero allo stesso animale.

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Forse la prima vera citazione del “nostro” furetto, è quella del geografo e storico greco Strabone nel suo libro

Geografia (63 aC - 34 dC), ove descrive un animale arrivato dalla Libia come risolutore per l’infestazione delle isole

Baleari da parte di una specie di lepre. Scrive Strabone: “Di animali nocivi è invece scarsissimo quel paese, fuor certi,

simili a lepri, che scavan la terra e sono da alcuni denominati leboridi, i quali rovinano le piante ed i semi, rosicandone le

radici.

Questo male accade in quasi tutta la Spagna e si stende fino a Marsiglia, e danneggia anche le isole. […] del resto contro i

casi ordinarii furono trovate molte maniere di caccia: e nutrono a cotal fine studiosamente certi furetti salvatici che la

Libia produce; poi, dopo aver chiuso loro la bocca, gl’introducono nei fori; ed essi o colle unghie traggono fuori quanti

leboridi possono ghermire, o li costringono di fuggirsene all’aperto, dove sono pigliati dalle persone quivi a tal uopo

appostate.” [Strabone Geografia Vo.2 (Libro III) pg 311-2 volgarizzati da Francesco Amborosoli (1832)]. Questa

citazione oltre a descrivere perfettamente le tecniche di caccia al coniglio col furetto che si ritrovano dal MedioEvo ai

giorni nostri, nel tempo ha supportato la discussa origine africana del furetto domestico, tanto che gli antichi

chiamarono il furetto: “gatto delle Libia” (Licciardelli, 1904), tenendo in considerazione il fatto che all’epoca di

Strabone col termine Libia si intendeva tutto il Nord Africa ad esclusione dell’Egitto. Ed anche Linneo, l’inventore della

moderna classificazione degli esseri viventi, che per primo identificò il furetto come specie a parte (Mustela furo, 1758),

indicò l’Africa come luogo di diffusione della forma tipica, anche se in realtà nessuna specie di puzzola è mai stata

documentata nelle rappresentazioni faunistiche del quaternario (dipinti rupestri) in Nordafrica. Ulteriori dubbi

sull’identità del furetto di Strabone, derivano dal fatto che anche il già citato Plinio il Vecchio riporta la notizia della

devastante infestazione di conigli alla Baleari, ma si riferisce all’animale risolutore col termine di viverra.

Tradizionalmente identificato dai commentatori moderni come furetto, in realtà non ve ne è certezza, dato che questo

nome viene utilizzato da Plinio solo in questa occasione né si sa da quale lingua derivi.

Un’ipotesi plausibile è che Strabone si riferisse ad un’area dell’impero romano famosa per l’allevamento del furetto

piuttosto che alla vera area di origine del progenitore selvatico, probabilmente ormai estinto. Infatti oltre che in

Europa, il furetto viene tuttora allevato ed utilizzato allo stesso modo per la caccia in alcune aree del Marocco.

Anche se la modalità di caccia descritta da Plinio richiama quella tradizionale medioevale col furetto, secondo alcuni

autori data l’area geografica di provenienza, potrebbe trattarsi di un carnivoro di dimensioni simili, ancora oggi

ampiamente diffuso in Nordafrica, ovvero la genetta (Genetta genetta). La genetta infatti fu descritta inizialmente da

Linneo nel 1758 come Viverna genetta sulla base di un esemplare di origine spagnola. Già anticamente lo storico greco

Erodoto (V sec ac) aveva descritto un animale, denominato “donnola di Tartesso” (ndr Tartesso è un’antica città

dell’Iberia/Spagna

meridionale) fra gli

elementi caratteristici

della fauna nordafricana

del suo tempo : “vi sono

anche le donnole che

nascono nel Silfio (ndr.

pianta della Cirenaica che

forniva una resina

preziosa) e sono molto

simili a quelle di Tartesso”

(Le Storie, IV, 191-192) e

secondo alcuni autori

questa potrebbe essere

proprio la genetta. A

conferma alcune antiche

monete della Cirenaica del

VI sec ac raffigurano un

frutto di silfio ed una

genetta.

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Secondo diversi autori questo mammifero era ampiamente diffuso ed utilizzato per la caccia in tutto l’area del Marocco

e delle Baleari, e tuttora è diffuso sulle isole di Majorca, Ibiza e Cabrera. Resta il fatto che la genetta non risulta come

animale presente nel Pleistocene in Europa e Vicino Oriente, ed in base ai reperti fossili viene considerata un invasore

post-glaciale dell’Europa, probabilmente importato addirittura proprio dai Romani, confermando la complessità della

storia del rapporto fra uomo e piccoli carnivori. E’ opportuno ricordare che la genetta NON è un Mustelide.

E allora possiamo vedere come la più antica prova della domesticazione del furetto una scoperta tutta italiana e molto recente (Santini, 2010). Parliamo dell’eccezionale ritrovamento di reperti storico-faunistici negli scavi della villa Bruttiii Praesentes a Scandriglia (Rieti): si tratta di resti di sparviere (Accipiter nisus) e di furetto, resti collocati ad un primo esame fra il IV e il V secolo dC. Per quanto riguarda il furetto si tratta del cranio di un adulto, che conserva parte della dentatura superiore, facilitandone l’identificazione. Le fonti antiche, storiche ed iconografiche fanno pensare che queste due specie non possano essere considerate presenze casuali, ma che fossero “compagni di caccia” dei proprietari. Teniamo presente che le radici storiche della falconeria partono dal V secolo aC, e passano anch’esse dai racconti di Aristotele, Plinio il Vecchio sino alla letteratura classica latina, racconti che riguardano l’Oriente (India e mondo arabo) e di cui sono diffuse anche antiche testimonianze iconografiche (bassorilievi) ittite ed assire (III° millennio - VIII° sec aC), mentre di epoca romana sono alcuni mosaici (mosaico della Piccola Caccia, villa del Casale - Piazza Armerina- Sicilia, mosaico del portico ovest della villa di Argo a Spiro – Grecia, mosaico della personificazione di Cartagine, in Nord Africa). Dal III sec dC la falconeria si afferma in tutto il bacino del Mediterraneo e le attestazioni figurative vanno di pari passo con le fonti storiche, dimostrando come la pratica sviluppatasi per fini alimentari divenga poi un vero e proprio sport per nobili in epoca tardo-antica, fino ad essere definita nel MedioEvo una vera e propria ars venandi (arte venatoria). Non altrettanto definito se non in epoca più tarda è il ruolo del furetto, le prime vere inequivocabile rappresentazioni di caccia col furetto (ferreting) risalgono al 1300-1500: un furetto albino appare dipinto nel Messale di Sherborne (XV sec), (foto 3) in un dipinto del libro dei salmi "Queen Mary's Psalter" (foto 4) è rappresentata una dama ben vestita che caccia col furetto (XIV sec), una scena di caccia col furetto caratterizza un affresco nel Palazzo dei Papi di Avignone (Camera del Cervo, studio di Clemente VI, 1343), (foto 1) Gastone Febo in "The Book of the Hunt" (Il libro della Caccia), (foto 2) descrive le varie tecniche di caccia in uso in Francia, e fra queste cita l’uso del furetto (1387-9). Ma il ritrovamento contemporaneo dello sparviere e del furetto nella villa di antichi signori romani può far pensare che già da secoli entrambi fossero fedeli aiutanti dell’uomo.

Owen C. 2007 ” The domestication of the ferret” in The Domestication and Exploitation of Plants and Animals - Ucko & Dimbleby Eds. Transaction Publishers. Pg 489-493 Bulloch, M.J., Tynes, V.V., 2010. Ferrets. In: Tynes, V.V. (Ed.), Behaviour of Exotic Pets. Wiley-Blackwell Publishing Ltd., USA. Fisher, P.G., 2006. Ferret behavior. In: Bays, T.B., Lightfoot, T., Mayer, J. (Eds.), Exotics Pet Behavior. Birds, Reptiles, and Small Mammals. Saunders, Elsevier Inc., Missouri, USA. Price, E.O., 2002. Animal Domestication and Behaviour. CABI Publishing, CAB International, Wallington, Oxon, UK. Brown, S., 2001 (rev 2006) “History of the ferret”. The Small Mammals Health Series. Veterinary Partner.com http://www.veterinarypartner.com/Content.plx?P=A&A=496&S=0&SourceID=43 Masseti M. “Uomini e (non solo) topi: gli animali domestici e la fauna antropocora” 2008, pg 147-156, Firenze University Press. Licciardelli, G. 1904 Il furetto: Allevamento razionale- ammaestramento - utilizzazione per la caccia - malattie. Hoepli. Santini, 2010 “I “compagni di caccia”: dalle fonti storiche ai reperti faunistici della villa dei Bruttii Praesentes (Scandriglia, Rieti)” p 153 da Atti del Convegno Sesto Incontro di Studi sul Lazio e la Sabina Roma 4-6 marzo 2009

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LO ZIBELLINO

di Ariela Trovato

Consigliere Direttivo FM ONLUS

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Per molto tempo con “zibellino” (in inglese “sable” e secondo la classificazione tassonomica Martes zibellina) in ambito

furettaro si è inteso indicare una colorazione di mantello del furetto (ma viene impiegato in generale per descrivere

mantelli scuri anche in conigli e gatti) e addirittura per descrivere il colore nero in araldica.

Ma, ebbene, lo zibellino è un vero e proprio animale, parente non proprio strettissimo del furetto in quanto appartiene

al genere Martes e quindi più vicino alla martora che

non a donnole, visoni, puzzole e furetti (che,

ricordiamo, appartengono al genere Mustela). Sono

state ipotizzate delle sottospecie, ma la definizione

tassonomica è complicata a causa di varie

reintroduzioni in natura ad opera dell'uomo

nell'arco del tempo e questo da adito a dibattiti

scientifici dove vengono indicate dalle sette alle

trenta specie; in ogni caso la distinzione tra le

sottospecie è operata tramite la variazione della

colorazione e la presenza di eventuali macchie negli

individui dell'areale abitato: per esempio, gli

zibellini giapponesi hanno chiazze scure su arti e

zampe.

Zibellino pare che abbia come sostantivo origini

slave, e sia entrato a far parte dei termini utilizzati

nell'Europa occidentale nel primo Medioevo a causa

del commercio di pellicce. Ritroviamo sobol in Russia, sobòl in Polonia, zobel e sabel nel ceppo tedesco; in Francia

diventa zibeline (nel francese antico era sable o saible, che ha originato la forma inglese sable e la voce del latino

medievale sabellum), mentre in spagnolo è cibelina o cebellina.

Rispetto alla martora, a cui nell'apparenza assomiglia molto, lo zibellino si distingue grazie al muso ed alle orecchie più

allungate e alla coda più corta, e per un cranio più largo e robusto con arcate zigomatiche più accentuate. Per il resto,

possiamo notare che esiste il tipico mustelide dimorfismo sessuale, con maschi più grandi delle femmine che misurano

dai trentotto ai cinquantasei centimetri coda esclusa (che di solito oscilla tra i nove e i dodici centimetri) ed un peso che

può arrivare fino ai milleottocento grammi; le femmine viceversa hanno una lunghezza compresa tra i trentacinque e i

cinquantatré centimetri ed un peso di range inferiore. Il pelo invernale è più lungo e folto di quello della muta estiva e

comunque sempre più setoso di quello delle martore americane. La colorazione può variare dal marrone chiaro allo

scuro, con la zona ventrale eventualmente più chiara e arti e zampe più scuri; alcuni individui possono mostrare una

zona del sottogola di colore grigio, bianco e giallo chiaro.

La distribuzione della specie spazia principalmente in Russia

(più che altro ad opera di introduzione da parte dell'uomo),

dagli Urali (dove si sovrappone alla popolazione della martora

europea) attraverso la Siberia, il Kazakhistan orientale, il nord

della Mongolia, la Cina, Nord e Sud Corea e l'isola di Hokkaido

in Giappone.

Originariamente allo stato selvatico abitava anche la Russia

europea, la Polonia e la Scandinavia.

La specie la si può incontrare per lo più nelle foreste di

conifere, nella cui parte più fitta si crea la tana, ma si adatta

anche ad altri habitat, sempre boschivi.

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Il bosco e la foresta

permettono una maggior

abbondanza di prede e di

ripararsi dagli attacchi dei

grandi predatori e dei rapaci.

Sembra sia stato riscontrato in

Russia che gli esemplari

giovani abitino la parte più

bassa montana delle distese di

conifere, mentre gli esemplari

più anziani colonizzano ad

altitudini maggiori.

Nei boschi, come già detto,

vive in tane nelle zone più fitte

o nei pressi delle rive dei

fiumi.: scava egli stesso la

propria tana tra le radici degli

alberi e ne nasconde l'entrata con

erba o con il pelo derivato dalla

muta. Tuttavia le tane sono

temporanee, soprattutto in

inverno quando l'animale si sposta

maggiormente nel territorio in

cerca di prede.

Martes zibellina è

prevalentemente terrestre, anche

se all'occasione sa essere un buon

arrampicatore ma non un buon

nuotatore. È primariamente

crepuscolare, caccia durante le ore

del tramonto, anche se diventa più

attivo durante il giorno nella

stagione degli amori.

È territoriale. Difende con

accanimento il territorio (marcato

tramite tracce olfattive rilasciate da ghiandole), che ha una quanto mai variabile estensione tra i quattro e i trenta

chilometri quadrati, in dipendenza dalla disposizione locale del terreno e dalla presenza di maggiori o minori quantità

di cibo; in caso di scarsità di prede possono infatti arrivare a percorre fino a dodici chilometri nell'arco di una giornata

di caccia.

È onnivoro. Si nutre a seconda di quello che la natura offre durante le varie stagioni. Per cui la dieta è prevalentemente

carnivora durante primavera ed estate (mangia scoiattoli, civette, lepri, uova, e roditori in genere), mentre in inverno

sopravvive con ghiande e frutti. Talvolta segue le tracce di predatori più grandi per nutrirsi dei resti dei loro pasti.

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Solo raramente cattura pesci (catturati con le zampe e

non con la bocca). Può cacciare anche altri mustelidi,

come ermellini e donnole. Si ciba anche di molluschi

come le lumache, pulendole e sfregandole in terra per

rimuovere il muco.

Per la caccia utilizzano principalmente udito (molto

acuto) e olfatto.

La stagione degli amori è usualmente tra giugno e agosto

(la femmina però entra in estro a tarda primavera),

anche se il periodo può variare a seconda della latitudine

e del clima. La lotta per l'accoppiamento tra maschi è

violenta. Il corteggiamento si compone di corse, salti e

“rotolamenti”seguita da un accoppiamento che può

durare fino ad otto ore. Dopo la fecondazione, l'embrione

non si impianta nell'utero, ma viene tenuto in uno stato

sospeso (cosa che abbiamo già incontrato in altri mustelidi). Di solito l'impianto dell'embrione avviene circa otto mesi

dopo: quindi, con una gestazione che dura tra i duecentoquarantacinque e i duecentonovantotto giorni nel complesso

(ma solo una trentina di vera e propria gravidanza durante i quali l'embrione si sviluppa), i piccoli nascono in tarda

primavera o all'inizio dell'estate, periodo favorevole all'allevamento della nuova cucciolata per il clima più mite e la

maggior disponibilità di prede.

I maschi provvedono ad aiutare le femmine nella difesa del territorio e nella ricerca di cibo durante l'allevamento.

Lo zibellino partorisce in cavità degli alberi, dopo aver costruito e

foderato il nido con muschio, foglie ed erba secca; la cucciolata è

composta da uno a sette piccoli individui (anche se la media più

accreditata è di due o tre esemplari), che nascono con gli occhi chiusi,

coperti da una leggera peluria e del peso di circa trenta grammi con una

lunghezza media di undici centimetri.

Aprono gli occhi circa dopo trenta giorni e poco doo sono capaci di

lasciare il nido; vengono successivamente svezzati con cibo rigurgitato

all'età di sette settimane. Sono maturi sessualmente all'età di due anni,

mentre la vita totale si aggira intorno ai ventidue anni per esemplari in

cattività e ai diciotto allo stato selvaggio.

È saputo che lo zibellino può incrociarsi con la martora del pino in

natura. La cosa viene incoraggiata negli allevamenti al fine di ottenere

una pelliccia più ruvida ma con a coda più lunga e folta. La prole ottenuta

è comunque tipicamente sterile.

La specie al momento si catalogata come Last Concern (cioè a rischio

minimo) secondo l'IUCN e quindi non a rischio di estinzione: questo è

dovuto soprattutto grazie alla sua grande diffusione su varie zone che

raramente vengono danneggiate direttamente dall'uomo, alla sua varietà

di alimentazione e perché la caccia per la pelliccia si è notevolmente

ridotta (permane solo in Russia, ed è attentamente controllata) a

vantaggio dell'allevamento intensivo (che in Russia è monopolio di stato

e vieta l'esportazione di animali vivi). Tuttavia nelle zone meridionali

della sua distribuzione geografica è specie protetta.

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In Giappone è stata introdotta la specie Martes melampus che si pensa potrebbe entrare in competizione diretta con la

sottospecie endemica di zibellino.

Allo stato libero Martes zibellina è minacciata da predatori come lupi, linci, tigri, ghiottoni, aquile e grossi gufi.

Tuttavia, sebbene non sia considerata specie in pericolo, è difficile eseguire una stima della popolazione selvatica di

zibellino nè stabilire se sia in crescita, decrescita o stabile.

Storicamente, lo scempio più grande della popolazione di zibellini è stata perpetrato fin dal Medioevo per la caccia allo

scopo di utilizzare la sua pregiata pelliccia, che al giorno d'oggi rimane comunque un bene di lusso, in quanto a

prescindere dal verso in cui venga accarezzata si mantiene comunque morbida, ed è perciò molto costosa.

In passato ha vestito reali, imperatori e nobili di alto lignaggio di tutta Europa (specialmente Inghilterra, Russia,

Francia e Germania), come pure caste del clero, ortodosso o meno.

Al giorno d'oggi la pelliccia di zibellino, a causa del suo alto costo, viene utilizzata per rifiniture: cappelli, colli e maniche

di capi di abbigliamento.

Questa presenza sul mercato è tanto vera che durante le mie ricerche per inserire qualche link di video da YouTube in

questo articolo alla voce “zibellino” compaiono dimostrazioni pubblicitarie di capispalla in pelliccia.

Ve li evito.

Come pure vi evito i video denuncia girati negli allevamenti per pelliccia in Russia.

Io so che esistono e che sono orribili, come pure lo sapete voi: non ho avuto cuore di guardarli e non vi propongo

qualcosa che io stessa non abbia visto.

https://www.youtube.com/watch?v=GG9tw4VCCE0 (video che rende la questione della sicurezza in casa che tanto ci terrorizza una quisquilia per

principianti; e comunque vi consiglio di guardare anche gli altri video del canale https://www.youtube.com/channel/UCe97KvIDP_c_0UmYO6biwYg)

https://www.youtube.com/watch?v=GttDQIWZt5c

https://www.youtube.com/watch?v=O7EHn-3M2tg

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Chi l’avrebbe mai detto

che a quasi 50 anni mi

sarei trovato in casa un...

FURETTO!!!

La cosa nasce molto tempo fa quando i miei due ragazzi, Arianna di 10 anni e Andrea di 12, mi hanno espresso il desiderio di avere un animale da accudire. Cosa??? Una bestia che gira per casa mia??? Questa è stata grosso modo la mia reazione. Non c’è molto da stupirsi: non ho mai avuto animali domestici (a parte i miei due cuccioli!!!) a cui badare e francamente ho sempre considerato casa mia come un santuario illibato. Il solo pensiero di trovarmi sorprese male odoranti sparse per casa o peli non nostri sugli arredi mi terrorizzava. Ma l’amore per i bimbi ha avuto il sopravvento sulla repulsione nei confronti dell’idea di un animale che invadesse i miei spazi!!! E così abbiamo iniziato a pensare quale animale avremmo potuto ospitare. Un cane forse? Certo che no, troppo impegnativo ed ingombrante è stata la mia obiezione. Allora un gatto!!! Peggio che andar di notte: Andrea e Arianna li considerano troppo stupidi (ahahahah). Che ne pensate di un acquario??? Ovvio che no, i pesci muoiono troppo alla svelta (sigh). Un uccellino??? E se poi scappa, è stata la loro obiezione??? Insomma erano incontentabili anzi eravamo incontentabili, forse anche per allontanare l’idea malsana.

di Gilberto Restelli

Socio FM ONLUS

...E ALLA FINE ARRIVO’ ZEUS!!!

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Anno 16 - n.96 FURETTOMANIA INFORMA NOVEMBRE DICEMBRE 2015

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Un giorno però è successo il patatrac: nel parlare, me ne sono uscito con la notizia che Tania, una mia collega di lavoro, aveva “ereditato” (ma questa è un’altra storia) un furetto di nome Nina. Cosa??? E’ stata la loro reazione (e a dirla tutta anche la mia). Un furetto??? E che animale è??? Scatta la spasmodica ricerca su internet. In primis per vedere che “forma” avesse. Abbiamo visitato pagine e pagine web zeppe di immagini e che dire: era proprio una bella bestiolina e pure con un musetto simpatico. E’ stato amore a prima vista!!! Ma mentre loro si fermavano sull’aspetto esteriore, io mi cimentavo nella ricerca di notizie sulla gestione (dove vive, cosa mangia, che carattere e che abitudini ha, ci sono altri che ce l’hanno, etc.). E nel mio errare nel web chi ti incontro??? FURETTOMANIA – ASSOCIAZIONE ITALIANA FURETTI ONLUS. Però…..hai capito queste bestiole!!! Erano organizzatissime. E leggendo e sfogliando le pagine del sito vengo a conoscenza della possibilità di adottare un furetto. ADOTTARE??? Che cosa bellissima!!! Il mio lato social-umanistico-filantropico ha preso subito il sopravvento. Questa sarebbe stata la soluzione: approfondisco l’argomento divorando in una sola sera tutte le pagine del sito web (e voi sapete che non sono poche) e alla fine mi convinco. Avremmo ADOTTATO un furetto. Convincere i bambini è stato più semplice che bere un bicchier d’acqua. Ormai eravamo lanciatissimi….ma tra il decidere e il mettere in pratica ce ne passa!!! Che fare??? E qui Tania, che intanto portava avanti la sua esperienza con Nina e ci teneva informati sugli sviluppi, ci viene in aiuto. Ci dice che una delle prime domeniche di maggio ci sarebbe stato un “raduno” organizzato da Furettomania in un paese vicino al nostro. Era quello che aspettavamo: sul sito trovo un numero di cellulare di una certa Viviana, membro dell’associazione, e chiamo per auto-invitarci. Viviana, disponibilissima, mi dice che ci aspetta al “raduno” per effettuare il colloquio. COLLOQUIO??? Questo mi era sfuggito….Gli unici colloqui fatti erano quelli per un posto di lavoro e ne era passato di tempo. Ero un po’ arrugginito sull’argomento!!! Mi ributto sul sito e lì approfondisco: in effetti era così. Per iniziare l’iter di adozione occorreva sostenere un colloquio con i membri dell’associazione in cui si sarebbe valutato la nostra idoneità o meno all’adozione. Urca….allora era una cosa seria. Questi trattano i furetti come i bambini e la cosa ci piaceva sempre di più!!! Finalmente la fatidica domenica arrivò. Pranzammo a casa agitati e nel primo pomeriggio ci recammo al sito dell’evento. Un mondo nuovo ci comparve davanti agli occhi!!! C’erano furetti da tutte le parti. Furetti di ogni tipo, di ogni taglia, di ogni colore con “genitori” che provenivano da ogni parte d’Italia (lo capivamo dagli accenti). I bambini letteralmente impazzirono non sapendo più dove guardare e incominciarono a rendersi finalmente conto che quello sarebbe stato il loro futuro prossimo. Gentilissimi, i diversi “genitori” ci hanno fatto “maneggiare” le loro bestiole: ricordiamo Polpetta, Budino, Bigio e tanti

altri. Viviana ci stava aspettando, anche se presissima nell’organizzazione dell’evento. Il colloquio è stato molto piacevole: noi abbiamo parlato della nostra famiglia, delle nostre abitudini e delle nostre possibilità; di contro lei ci ha spiegato molto dettagliatamente gli oneri e gli onori di avere un furetto. Esito: abili e arruolati. Per Furettomania potevamo adottare un furetto. Evviva!!! Dovevamo solo aspettare. ASPETTARE??? E perché aspettare??? Noi eravamo prontissimi e carichi ma Viviana, giustamente e con molto tatto, ci spiegò che ci avrebbe chiamato solamente quando avrebbe avuto tra le mani il furetto GIUSTO per noi, noi che eravamo neofiti sia in materia di furetti sia in materia di animali da accudire!!! Politica correttissima e azzeccatissima che dimostrava quanto questi volontari tenessero al benessere dell’animale prima ancora che al nostro.

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Poco male. Ce ne tornammo a casa contenti e convinti di aver fatto la scelta giusta. Ma ci dovevamo preparare a riceverlo. Tanti erano i preparativi da fare: comprare il cibo, la lettiera, gli arredi e i suppellettili della gabbia, la gabbia stessa….Già la gabbia!!! Questa era una cosa che ci piaceva poco. L’idea di tenerlo rinchiuso in una gabbia proprio non ci andava giù. Lo volevamo libero, libero di girare per casa, o almeno in parte di essa, dopo averla messa in sicurezza.

Prendemmo una decisione: al nostro furetto avremmo dedicato la stanza del computer, un locale poco sfruttato in cui avremmo messo un recinto per la notte, ma che avremmo aperto di giorno. Abbiamo deciso anche le zone off-limits (camere, cucina e bagno padronale) zone in cui il furetto non poteva andare. Sarebbe stato libero di scorrazzare per tutti gli altri spazi al di fuori della sua stanzetta ma solamente in nostra presenza e sotto il nostro controllo. Iniziammo subito la costruzione del recinto. Già perché non ci piaceva l’idea delle sbarre. Così con legno, pannelli di polionda, silicone e viti, in un week end, abbiamo costruito la dépendance del nostro furetto (forse è uscita un po’ troppo grossa!!! Giudicate voi dalle foto). E finalmente alla metà di giugno la telefonata è arrivata. Viviana ci comunicava che in associazione era entrato un furetto giusto per noi!!! Si chiamava ZEUS era un furetto mascherina intero di circa 2 anni che era stato consegnato all’associazione da una famiglia che non poteva più tenerlo. Zeus era abituato all’uomo, non mordeva ed era un campione della lettiera. L’unica pecca era che, non essendo mai stato sterilizzato tramite impianto ed essendo nel pieno della stagione fertile, puzzava come un caprone (parole esatte di Viviana). Poco male pensai!!! Una volta impiantato, sapevo che gli ormoni sarebbero andati a scemare e con loro il suo forte odore. Sabato 20 giugno siamo partiti destinazione Cardano al Campo. Zeus era accudito da Chiara un’altra volontaria dell’associazione. Finalmente l’abbiamo visto!!! Era in una recinto in taverna e stava dormendo in una cuccia. Al primo rumore ha tirato fuori il suo musetto incuriosito: è stato amore a prima vista. I bambini sono letteralmente impazziti. Chiara l’ha tolto dal recinto e lo abbiamo fatto giocare: è stato bellissimo. Penso che quei momenti ce li ricorderemo per tutta la vita. Chiara è stata bravissima: ci ha

fatto vedere come tagliare le unghie, come pulirgli le orecchie e ci ha spiegato tutto quello che avremmo dovuto fare per gestirlo al meglio. Verso mezzogiorno, espletate le pratiche burocratiche per l’adozione, ci siamo salutati e, messo Zeus nel trasportino, ci siamo avviati verso casa. Non vi nego che in quel momento ho avuto un attimo di esitazione e di sbandamento: oddio adesso siamo soli, ce la faremo, saremo in grado di accudirlo?!?!. Tranquilli passa in un secondo: mi è bastato vedere la gioia negli occhi dei bambini per capire che tutto sarebbe andato per il verso giusto. E così è stato: è quasi un mese che Zeus è con noi e devo dire che è una cosa bellissima. Dopo i primi giorni di ambientamento reciproco siamo entrarti in simbiosi con lui imparando a gestirlo, ad accudirlo e a giocare con lui. E’ curiosissimo e la prima settimana l’ha usata per esplorare i suoi spazi trovando i posti preferiti dove nascondere i suoi bottini di guerra. Ci aspetta al mattino per le pulizie di casa (sua) e alla sera quando si ritorna a casa ci aspetta per giocare e per farci gli agguati alle caviglie. Potpotta che è un piacere felice della sua nuova situazione e noi con lui. Insomma è una esperienza che auguro a tutti quanti!!! Non mi resta che ringraziare Tania, che ci ha fatto scoprire l’animale, Viviana e Chiara, che ci hanno seguito ed insegnato come gestirlo, ed infine Andrea e Arianna con cui sto condividendo questi splendidi momenti

Un felice pot pot a tutti quanti!

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